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Messa a punto e validazione di un metodo, mediante Real Time PCR, per l'analisi dei miR-142-3p, miR-223-3p, in pazienti sottoposti a trapianto di organo solido.

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Relatori:

Prof. Aldo Paolicchi

Dr. Michele Curcio

Candidata: Federica Fabbri

Anno Accademico 2015-2016

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Biologia Applicata alla Biomedicina

Tesi di Laurea Magistrale

“Messa a punto e validazione di un metodo, mediante Real

Time PCR, per l’analisi dei miR-142-3p, miR-223-3p, in

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SOMMARIO

RIASSUNTO ... 4

1. INTRODUZIONE ... 7

1.1 I microRNA ... 7

1.1.1 Biogenesi dei miRNA ... 9

1.1.2 Meccanismo d'azione dei miRNA ... 11

1.2 I miRNA circolanti ... 14

1.3 I miRNA e la regolazione della risposta immunitaria ... 17

1.3.1 I miRNA regolano la risposta immunitaria innata ... 18

1.3.2 I miRNA regolano la risposta immunitaria adattativa ... 19

1.4 Trapianto di organo solido e miRNA ... 22

1.4.1 Generalità ... 22

1.4.2 Principali forme di rigetto ... 22

1.4.3 miRNA circolanti come potenziali biomarker nel monitoraggio del “graft” ... 25

1.5 Tecniche utilizzate per l'analisi dei miRNA ... 29

1.5.1 Microarray ... 29

1.5.2 Deep sequencing ... 30

1.5.3 La qRT-PCR nello studio dei miRNA ... 31

1.6 Analisi quantitativa ... 38

1.6.1 Quantificazione assoluta ... 38

1.6.2 Quantificazione relativa ... 40

2. SCOPO DELLA TESI ... 44

3. MATERIALI E METODI ... 46

3.1 Estrazione e conservazione dell'RNA ... 46

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3.3 Retro-Trascrizione (RT) ... 48

3.3.1 Protocollo di RT... 49

3.4 Progettazione dei primer... 52

3.5 Controllo qualità mediante curva di Melting ... 56

3.6 Reference gene ... 60

3.7 Efficienza e linearità dei primer ... 62

3.8 Protocollo Real-Time PCR ... 63

3.9 Raccolta dei campioni ... 67

4. RISULTATI ... 69

4.1 Ottimizzazione delle reazioni ... 69

4.2 Introduzione di una sequenza nucleotidica "Spaziatrice" ... 75

4.3 Scelta dei reference genes ... 77

4.4 Curve di amplificazione ... 78

4.5 Riproducibilità, Sensibilità e Specificità ... 80

4.7 Analisi dell'espressione dei miR-142-3p e miR-223-3p in pazienti sottoposti a trapianto di rene ... 84 4.7.1 miR-142-3p ... 85 4.7.2 miR-223-3p ... 89 5. DISCUSSIONE ... 92 6. CONCLUSIONI ... 96 7. BIBLIOGRAFIA ... 97

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RIASSUNTO

I microRNA (miRNA) sono delle piccole molecole endogene di RNA non codificante, a singolo filamento, della lunghezza di 19-22 bp, filogeneticamente conservate con funzione regolatoria. Nell’uomo i meccanismi attraverso i quali i miRNA svolgono le diverse attività regolatorie sono ancora in corso di studio. Comunque, la modulazione negativa dell’espressione genica a livello post trascrizionale, attraverso il legame a sequenze complementari presenti nella regione 3'UTR di un determinato RNA messaggero (mRNA) target, rappresenta uno dei meccanismi meglio conosciuti.

In ambito trapiantologico sono in corso studi allo scopo di valutare se e come i miRNA influenzano i processi immuno-fisiopatologici a carico del “graft”. Inoltre, dato che i miRNA hanno un'espressione organo/tessuto specifica e sono ubiquitari nei diversi liquidi biologici, alcuni autori credono che essi potrebbero essere utilizzati come biomarker nel follow-up dei pazienti trapiantati.

Lo scopo della tesi è stato quello di mettere a punto, ottimizzare e validare una metodica per la determinazione dell'espressione del miR-142-3p e del miR-223-3p, i quali sembrerebbero essere coinvolti nella regolazione di numerosi processi immunologici.

Il miR-142 è un regolatore essenziale dello sviluppo dei linfociti ed è necessario per la generazione dell'immunità umorale e cellulare; in particolare il miR-142-3p regola l'omeostasi delle cellule B controllando l'espressione del recettore del fattore di attivazione delle cellule B (BAFF-R).

Il miR-223 è un microRNA specifico per linee cellulari emopoietiche, coinvolto nella regolazione della risposta infiammatoria acuta innescata dall’attivazione dei recettori Toll-like da parte dell’agente patogeno.

La valutazione dell'espressione dei microRNA è stata effettuata utilizzando la tecnica della Real-Time quantitativa PCR (qRT-PCR), la quale è considerata, dal punto di vista tecnico, il "gold standard" per lo studio di queste molecole.

Il lavoro di tesi è stato sviluppato in due fasi: una prima parte inerente la messa a punto, la validazione e l’ottimizzazione della tecnica d'analisi dei miR-142-3p e miR-223-3p; una seconda parte, nella quale il metodo è stato utilizzato per valutare il livello di espressione dei due miRNA in una popolazione di pazienti

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sottoposti a trapianto di rene da cadavere. I pazienti sono stati stratificati sulla base del valore della velocità filtrazione glomerulare (VGF) in: pazienti con funzionalità renale stabile (SRF, VGF>35 ml/min) e pazienti con disfunzione d'organo (OD, VGF<35 ml/min). La popolazione di controllo (PC) è costituita da donatori volontari di midollo osseo.

I test di specificità, sensibilità ed efficienza sono risultati molto soddisfacenti sia per i geni targets sia per i reference genes. Dei cinque reference genes inseriti nello studio solamente due, la β-2-Microglobulina (B2M) e la β-actina (ACTB), hanno mostrato un’elevata stabilità d’espressione genica all'interno della popolazione. La stabilità dei reference genes è stata valutata mediante l'ausilio dell’algoritmo GeNorm attraverso il calcolo del valore M.

L’analisi d'espressione del miR-142-3p è risultata essere significativamente aumentata nella sottopopolazione dei pazienti SRF vs OD (p<0,05). E' interessante osservare che i livelli di espressione del miR-142-3p degli OD sono stati pressoché identici a quelli riscontrati nella popolazione di controllo.

Infine, i livelli di espressione del miR-223-3p sono risultati essere costanti in tutte e tre le popolazioni analizzate: SRF vs OD (p>0,05) sia OD vs PC (p>0,05). Sulla base di quanto osservato sperimentalmente si potrebbe ipotizzare che i livelli aumentati del miR-142-3p siano probabilmente necessari per il mantenimento di uno stato di equilibrio immunologico tra il ricevente ed il

“graft”. Verosimilmente, nella popolazione dei pazienti OD, i livelli normali di

espressione del miR-142-3p potrebbero contribuire a rendere maggiormente visibile il “graft” al sistema immunitario dell'ospite.

I dati a disposizione non consentono di dare una spiegazione esaustiva dell'aumento di espressione del miR-142-3p. Infatti, una seconda ipotesi potrebbe essere che nei pazienti OD la terapia farmacologica non abbia l'effetto terapeutico sperato. Di conseguenza, i livelli aumentati di espressione del miR-142-3p nei pazienti SRF potrebbero essere un epifenomeno conseguente alla efficacia del trattamento farmacologico.

In conclusione, il metodo della qRT-PCR, se finemente ottimizzato, può essere uno strumento estremamente valido per la valutazione dell'espressione dei miRNA. Nel nostro studio esso ha permesso di mettere in evidenza un aumento

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del livello di espressione del miR-142-3p nella popolazione dei pazienti SRF. Inoltre, in accordo con quanto riportato in letteratura, i nostri dati suggeriscono che la comprensione dei meccanismi di regolazione di tali molecole in ambito trapiantologico potrebbero contribuire in maniera significativa al miglioramento della sopravvivenza dell’organo trapiantato. Infine, i miRNA potrebbero essere utilizzati come biomarker per valutare l’efficacia dei trattamenti immunoterapici, contribuendo direttamente alla personalizzazione della terapia immunosoppressiva ed indirettamente al miglioramento della qualità di vita del paziente trapiantato. Le prospettive future sono quelle di:

1) confermare i dati ottenuti su una numerosità maggiore di campioni;

2) eseguire una valutazione temporale (follow-up a tempi predefiniti) dei livelli di espressione del miR-142-3p nella popolazione dei pazienti sottoposti a trapianto;

3) analizzare, se esiste una correlazione tra la tipologia di terapia immunosoppressiva e la variazione dei livelli di espressione del miR-142-3p;

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1. INTRODUZIONE

1.1 I microRNA

I microRNA, o miRNA, sono una famiglia di piccole molecole endogene di RNA non codificante, a singolo filamento, della lunghezza di 19-22bp. Fanno parte di una grande rete di geni regolatori e svolgono diverse funzioni, tra cui la più nota è quella di regolare negativamente l'espressione genica a livello post-trascrizionale. In particolare, essi agiscono legandosi a sequenze complementari presenti nella regione 3'UTR di un determinato RNA messaggero (mRNA) target, al fine di determinarne la degradazione o la repressione della traduzione. Mediante la loro funzione, i miRNA possono regolare importanti processi fisiologici, quali lo sviluppo embrionale e cellulare, il differenziamento cellulare, la proliferazione, la carcinogenesi e il danno tissutale.

La scoperta del primo miRNA risale al 1993, quando i ricercatori Victor Ambros, Rosalind Lee e Rhonda Feinbaum condussero uno studio sul gene lineage-4

(lin-4), essenziale regolatore della divisione cellulare allo stato larvale del nematode Caenorhabditis elegans (C. elegans)(1). Quando isolarono il gene si accorsero che

esso, invece di produrre un RNA messaggero, generava piccoli filamenti di RNA, uno dei quali era lungo 22 nucleotidi. Tale prodotto mostrava una perfetta complementarietà antisenso ad un tratto della regione 3'UTR del gene lin-14, e quando lin-4 veniva espresso, si assisteva alla scomparsa sia della proteina LIN-14 che del messaggero dal quale veniva tradotta. Fu proposto quindi per queste molecole appena scoperte un ruolo nel silenziamento dell'espressione genica di

lin-14, ma si pensò fosse un prodotto genico caratteristico di C.elegans, dato che

non esistevano geni ortologhi in lin-4 all'interno di altre specie. Successivamente nel 2000 il gruppo Reinhart scoprì il gene lethal-7 (let-7) sempre in C.elegans (2), codificante per un secondo miRNA di circa 22 nucleotidi e coinvolto nella transizione dallo stato larvale a quello adulto, con meccanismi d’azione analoghi al precedente. Tale gene presentava però delle sequenze identificate poi in diverse specie, che andavano dalle mosche agli esseri umani (3), indicando che tali molecole sono state conservate nel corso dell'evoluzione.

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Approssimativamente il 50% dei loci dei miRNA nei mammiferi sono in stretta vicinanza con altri miRNA e spesso questi cluster sono trascritti come singola unità trascrizionale (T.U.) policistronica (4); nonostante ciò esistono casi eccezionali nei quali tali molecole vengono individualmente trascritti da promotori separati. Circa il 40% dei loci dei miRNA sono localizzati in regioni introniche di T.U. non codificanti, mentre il 10% è situato in regioni esoniche (Figura 1). Alcuni loci di miRNA vengono invece definiti "misti", poiché la loro localizzazione è intronica o esonica a seconda del pattern di splicing (5).

Ad oggi sono stati identificati 1100 miRNA umani, secondo la più recente versione del database miRBase, un vero e proprio registro in cui sono annotate tutte le caratteristiche di tali molecole.

Figura 1. Localizzazione genomica e struttura dei microRNA.(Figura da: Kim, VN. Nat Rev Mol Cell Biol. 2009. 10: 126-39).

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1.1.1 Biogenesi dei miRNA

Il processo mediante il quale si giunge alla formazione dei miRNA maturi è piuttosto complesso e si compone di numerose tappe: esso ha origine nel nucleo e giunge a completamento a livello del citoplasma (Figura 2).

La trascrizione dei geni per i miRNA è mediata prevalentemente dalla RNA Polimerasi II (Pol II) (6,7) sebbene esistano casi di trascrizione da parte della RNA polimerasi III (Pol III) (8): il risultato è la formazione di una molecola precursore chiamata pri-miRNA, della lunghezza di diverse centinaia di nucleotidi, che nel nucleo si ripiega a formare una struttura a forcina a doppio filamento (stem-loop), spesso contenente la sequenza per miRNA maturi differenti. Questa molecola viene processata nel nucleo dalla RNasi III Drosha, caratterizzata da un'attività endonucleasica, la quale forma un complesso microprocessore con la proteina Pasha (DGCR8). Il complesso Drosha/Pasha scinde il pri-miR generando una molecola con struttura a forcina di circa 70 nucleotidi, chiamata miR. Dopo l’iniziale clivaggio da parte di Drosha, il pre-miR viene esportato dal nucleo al citoplasma ad opera dell’Esportina 5 (Exp5), un trasportatore nucleo/citoplasmatico GTP-dipendente (9). Una volta all’interno del citoplasma, il precursore subisce un ulteriore step di maturazione mediato dall’RNasi III Dicer, il quale genera un RNA a doppio filamento (dsRNA) della lunghezza di circa 22 nucleotidi, chiamato dsmiR/miR*. Tale dsRNA viene successivamente legato dalla proteina Argonaute (Ago) ed incorporato nel complesso proteico noto come "Complesso che Induce il Silenziamento di RNA" (RISC). Le proteine Ago fanno parte di una antica famiglia, le "Argonaute", presenti in tutti gli eucarioti e dotate di tre domini specifici: PAZ che riconosce l'estremità 3' sporgente del miRNA duplex, MID che lega invece l'estremità 5' contenente il fosfato e PIWI che esegue il taglio. A questo punto, uno dei due filamenti di RNA rimane legato alla proteina Ago e costituirà il miRNA maturo, mentre l’altro filamento sarà sottoposto a degradazione da parte di un enzima con attività di elicasi. La stabilità di entrambe le estremità del dsRNA è fondamentale nella determinazione di quale sarà il filamento guida: al momento in cui l'RNA duplex è stato formato in seguito all’azione di Dicer, i due filamenti presentano infatti una stabilità differente da un punto di vista termodinamico a livello

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dell’estremità 5’; sebbene il miRNA maturo possa essere localizzato in uno o nell’altro filamento in modo indistinto, esso si origina quasi sempre dal filamento che presenta l’estremità 5’ più instabile, mentre l’altro filamento verrà degradato

(10).Tuttavia, nei rari casi in cui le due estremità 5’ presentano una stabilità

paragonabile, ognuno dei due filamenti può con la stessa probabilità andare a costituire il miRNA maturo dotato di attività biologica (11).

Figura 2.Biogenesi, processazione e maturazione dei microRNA (miR). (Figura da: Iorio MV. et al., J Clin Oncol., 2009, 27:5848-5856).

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1.1.2 Meccanismo d'azione dei miRNA

Una volta avvenuta la formazione del RISC, contenente il miRNA maturo, può avvenire l’appaiamento di questo con le sequenze complementari presenti nella regione 3’UTR di mRNA target e regolarne l’espressione genica a livello post-trascrizionale. La regolazione da parte dei miRNA può avvenire attraverso due differenti meccanismi d’azione, che variano a seconda dell'appaiamento tra la sequenza complementare, corrispondente ai nucleotidi 2-8 dell’estremità 5’ del miRNA, nota come “seed sequence”, e l’mRNA bersaglio. Quando vi è il 100% di complementarietà, meccanismo che avviene più di frequente nelle piante, l’appaiamento perfetto del microRNA determinerà la degradazione dell’mRNA; viceversa, quando la complementarietà delle basi è imperfetta, meccanismo che avviene più di frequente negli animali, l’appaiamento del microRNA al suo sito bersaglio porterà più probabilmente al blocco della traduzione, senza la degradazione dell’mRNA (Figura 3).

Figura 3. Meccanismo d'azione dei miRNA con successiva inibizione della traduzione o degradazione dell'mRNA. (Figura da: Megumi Y. et al., Oncol Lett., 2010, 1(6):935-940).

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Normalmente nella fase d'inizio della traduzione degli eucarioti, viene riconosciuto il cappuccio (cap) in 5’ dell'mRNA da parte delle proteine eIF4E, eIF4F, eIF4G; quest’ultime, legandosi alla proteina PABP1, legata a sua volta alla coda di polyA, permette l’avvicinamento delle due estremità del trascritto, favorendo cosi il posizionamento della subunità 40S del ribosoma sul messaggero. Quando i miRNA intervengono in queste prime fasi del processo di traduzione, le proteine Ago, pur avendo minor affinità per il cap rispetto ad eIF4E, competono con quest’ultimo e impediscono così l’inizio della traduzione (Figura 4C). Un'altra ipotesi di blocco traduzionale è che le proteine Argonauta reclutano il fattore di inizio eucariotico umano 6, eIF6, che impedisce l’inappropriato legame tra la subunità ribosomiale grande 60S e la subunità piccola 40S (Figura 4D). I microRNA sono in grado di regolare l'espressione proteica anche bloccando la fase di “elongazione” o promuovendo il distacco prematuro dei ribosomi determinando così la fine della traduzione (Figura 4A). Un altro evento di silenziamento genico ad opera dei miRNA è la degradazione co-traduzionale delle proteine, durante la quale la traduzione non è inibita, ma la catena polipeptidica nascente viene degradata co-traduzionalmente (Figura 4B).

È ben noto che se la proteina citoplasmatica (PABPC1) è associata alla coda di polyA di un mRNA, essa può interagire col fattore d'inizio della traduzione 4G (eIF4G). Quest'ultimo è legato alla struttura del cap mediante interazioni con eIF4E e ciò induce l'mRNA a formare un anello chiuso che migliora notevolmente il processo di traduzione (Figura 4B). Gli mRNA silenziati non riescono a formare l'anello chiuso poiché vengono deadenilati dai miRNA. Quindi la struttura del cap ed la coda di polyA non possono interagire tra di loro e di conseguenza la traduzione viene repressa (Figura 4E).

Infine, un ulteriore meccanismo d'azione dei miRNA è la degradazione (decay) del target. Questa avverrebbe secondo un meccanismo ancora poco chiaro, in cui il complesso RISC recluterebbe i componenti di degradazione dell’RNA (esonucleasi) sul target: ciò inizierebbe a livello citoplasmatico e poi seguirebbe in organuli specializzati, i P-bodies (12).

Gli mRNA legati ai miRNA subiscono una deadenilazione seguita dalla rimozione del cap provocandone la degradazione (Figura 4F). La degradazione dell'mRNA

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potrebbe essere un meccanismo indipendente dal silenziamento o una conseguenza della repressione della traduzione, sia che essa si verifichi al livello di inizio o di post-inizio della traduzione.

Figura 4. Meccanismo di silenziamento genico ad opera dei miRNA. [Figura da: Eulalio A. et al., 2008, (13)]. (A) I microRNA sono in grado di regolare l'espressione proteica bloccando la fase di “elongazione” o promuovendo il distacco prematuro determinando così la fine della traduzione. (B) Questo modello propone che il processo di traduzione non sia inibito, ma la catena polipeptidica nascente venga degradata. (C-E) Meccanismi di competizione dei microRNAs nella fase iniziale della traduzione. (C) Le proteine Argonaute(AGO) competono con eIF4E nel legame del cap. (D) Le proteine AGO reclutano eIF6, che impedisce il legame della subunità ribosomiale maggiore a quella minore. (E) Le proteine AGO impediscono la formazione dell’anello chiuso dell’mRNA mediante deadenilazione. (F) Degradazione degli mRNAs legati ai miRNA in seguito a deadenilazione e rimozione del cap.

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1.2 I miRNA circolanti

I miRNA vengono espressi sia nei tessuti sia nei fluidi corporei sotto forma di miRNA circolanti. Nel 2008 è stato pubblicato, dal gruppo di Lawrie, il primo studio che ha identificato la correlazione tra i livelli sierici di miR-21 e la sopravvivenza in pazienti affetti da linfoma diffuso a cellule B. Da quel momento in poi più di 100 studi hanno valutato il potenziale ruolo dei miRNA plasmatici come biomarker in diversi tipi di neoplasie. Ad oggi si può affermare che tali molecole sono a tutti gli effetti considerate biomarcatori nella diagnosi delle neoplasie, ma sono utili anche nella definizione della prognosi e della risposta al trattamento (14).

La biogenesi dei miRNA è un processo del tutto intracellulare, ma tali molecole vengono poi rilasciate dalle cellule nell’ambiente circostante, e possono essere internalizzate dalle cellule target su cui esplicano la loro attività biologica.

La loro azione risulta quindi di tipo paracrino. Il rilevamento di microRNA in circolo ha dimostrato però che tali molecole possono agire anche a distanza, muovendosi appunto attraverso il torrente circolatorio. Una delle proprietà più vantaggiose dei microRNA circolanti è la loro stabilità, sia in circolo che durante i processi di stoccaggio. Non sono infatti soggetti alla degradazione da parte delle RNAsi plasmatiche e si mantengono inalterati se sottoposti ad aggressioni chimico fisiche (variazioni di pH, bollitura, crioconservazione prolungata, ripetuti cicli di congelamento-scongelamento) (15). Il motivo per cui i miRNA circolanti non vengono degradati da parte delle RNAsi plasmatiche è attribuibile al fatto che sono inclusi all’interno di complessi lipidici o lipoproteici, chiamati esosomi (16). Queste vescicole contenenti miRNA al loro interno, oltre a proteggerli dall’azione degradante delle RNA-si, svolgono anche la funzione di comunicazione intracellulare tramite gli stessi microRNA. Sulla superficie esterna presentano appunto delle proteine che fungono da recettori per la comunicazione cellulare: ciò consente alle microvescicole di essere assorbite da una cellula ospite e rilasciare il loro contenuto nel citoplasma del ricevente. In questo caso i miRNA sono potenzialmente attivi e funzionali per svolgere la loro funzione di silenziamento genico con lo stesso meccanismo dei miRNA intracellulari.

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Oltre al meccanismo di rilascio esosomiale, un’importante quota di microRNA circolanti vengono rilasciati dalle cellule apoptotiche. Recentemente sono stati individuati dei corpi apoptotici di cellule endoteliali ricchi di miR-126. Questi corpi, incubati con cellule ombelicali (HUVEC) hanno prodotto il trasferimento del miR-126 nelle cellule "accettrici" e la conseguente diminuzione di espressione del gene RGS16, un target conosciuto del miR-126 (17).

Un altro meccanismo è il trasporto proteina-mediato: alcuni studi hanno messo in evidenza come alcuni miRNA non sono presenti all’interno dei sistemi sopra citati, ma sono liberi nel torrente sanguigno. Essi verrebbero immediatamente degradati se non fossero complessati con proteine quali Ago2 o NPM1 (Nucleophoismin 1) o con alcuni metaboliti cellulari come le lipoproteine ad alta densità (HDL), che ne permettono la sopravvivenza nel sangue. Questi complessi proteina-miRNA vengono poi riconosciuti da cellule e possono esser degradati o assorbiti nel citoplasma ricevente (Figura 5).

Secondo un’altra ipotesi, anche le cellule immunitarie infiltranti il tumore rilasciano miRNA nel microambiente circostante (18). Si instaura così una comunicazione reciproca tra le cellule maligne che rilasciano miRNA con azione favorente l’immunotolleranza, e le cellule immunitarie che producono miRNA tumore specifici per inibire o promuovere la proliferazione o l’apoptosi.

I miRNA circolanti rappresentano quindi dei potenziali biomarcatori sistemici che potrebbero avere valenza clinica per la diagnosi/prognosi di specifiche patologie umane.

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Figura 5: Rappresentazione schematica della produzione di miRNA circolanti. [Figura da: Ming Zhou, 2016, (18)]. I miRNA circolanti possono essere attivamente secreti dalle cellule viventi, principalmente sotto forma di microvescicole o associati alle proteine Ago. Essi possono anche essere rilasciati passivamente dalle cellule apoptotiche o in necrosi.

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1.3 I miRNA e la regolazione della risposta immunitaria

Recenti studi hanno dimostrato che una vasta gamma di miRNA svolge un ruolo importante nella regolazione del sistema immunitario, in particolare nello sviluppo e differenziazione delle cellule B e T, nella proliferazione dei monociti e dei neutrofili, nella ricombinazione genica degli anticorpi e nel rilascio di fattori infiammatori. Infatti, l’espressione tessuto specifica di alcuni miRNA in organi, quali il timo ed il midollo osseo, sono prova della loro implicazione nella differenziazione delle cellule staminali emopoietiche in componenti del sistema immunitario (Figura 6). In particolare, i miR-155 e miR-181 sono implicati nella regolazione della risposta immunitaria cellulo-mediata influenzando lo sviluppo delle cellule B e T; mentre i miR-146, miR-155 e miR-223, sono coinvolti nella regolazione della risposta infiammatoria acuta innescata dall’attivazione dei recettori Toll-like da parte dell’agente patogeno (19). Al tempo stesso una disregolazione dell’espressione di questi microRNA può costituire un evento centrale nello sviluppo di alcune patologie del sistema immunitario.

Altro miRNA abbondantemente espresso nelle cellule del sistema immunitario è il miR-142, che esplica le sue funzioni sulle cellule di origine ematopoietica e da cui si originano due molecole di miRNA mature (miR-142-3p e miR-142-5p), derivanti da filamenti opposti.

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Figura 6: Panoramica del ruolo dei miRNA durante la differenziazione e la maturazione delle cellule del sistema immunitario. [(Figura da: Lindsay M., 2008 (19)]. I miRNA regolano più fasi nello sviluppo delle cellule del sistema immunitario, tra cui i linfociti (cellule B e T) e le cellule mieloidi (monociti e neutrofili).

1.3.1 I miRNA regolano la risposta immunitaria innata

Le cellule del sistema immunitario innato, come granulociti, monociti (che si differenziano in cellule mieloidi quali cellule dendritiche (DC) o macrofagi) e le cellule natural killer (NK), forniscono un'importante prima linea di difesa contro le infezioni. Studi emergenti hanno identificato un importante contributo dei miRNA nello sviluppo e funzione delle cellule implicate nella risposta immunitaria innata.

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Per quanto riguarda i granulociti, diversi studi hanno messo in evidenza che in cellule del midollo osseo, la sovraespressione di miR-21 e miR-196 blocca la granulopoiesi durante la differenziazione cellulare; mentre l'espressione di miR-155 può aumentare il numero di granulociti immaturi in vivo.

Altro ruolo importante è svolto dal miR-223 che esplica la sua funzione regolando negativamente sia la proliferazione che l'attivazione dei neutrofili (20).

Come nella granulopoiesi, diversi studi hanno dimostrato che i fattori di trascrizione coinvolti nella monocitopoiesi sono regolati da miRNA specifici. In particolare è stato osservato che i livelli di espressione di miR-17-5p, miR-20a e miR106a, diminuiscono durante la differenziazione delle cellule progenitrici emopoietiche umane in monociti (21).

I miRNA regolano infine anche le cellule dendritiche, in questo modo sono coinvolti nel collegamento cruciale tra la risposta immunitaria innata e adattativa. Per esempio i miR-34 e miR-21 reprimono gli mRNA codificanti Wnt1 e Jagged1 (JAG1), promuovendo la differenziazione delle cellule dendritiche (22).

1.3.2 I miRNA regolano la risposta immunitaria adattativa

Come nella risposta immunitaria innata, anche in quella adattativa, i miRNA svolgono un ruolo importante regolando lo sviluppo e la funzione dei linfociti T e B. Infatti, lo sviluppo di cellule T nel timo e la loro attivazione in periferia sono controllati da complesse reti di segnalazione di proteine che sono soggetti a regolazione da parte di specifici miRNA. Il silenziamento genico di componenti del sistema di processamento dei miRNA (Drosha, Dicer, etc.) o la sregolata espressione di alcuni specifici miRNA, compromette gravemente diverse fasi del processo ematopoietico e della risposta immunitaria e ciò può portare allo sviluppo di disordini immunitari e di neoplasie ematopoietiche (23). La delezione di Dicer-1 (Dcr-1), enzima chiave della biogenesi dei miRNA, in timociti immaturi allo stadio di doppi negativi (DN), porta alla riduzione di 10 volte del numero di timociti totali, associato ad un drastico calo di cellule a stadi più avanzati di maturazione, quali CD4+ e CD8+, nonché di linfociti T periferici (24). Quando invece Dicer-1 viene deleto in timociti allo stadio di doppi positivi (DP), si assiste ad una riduzione più modesta solo nel numero dei timociti maturi singoli

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positivi (SP), con un dimezzamento del numero dei linfociti CD4+ periferici. In tutti i casi, le cellule T portatrici della mutazione a carico di Dicer mostrano una ridotta capacità proliferativa ed un’aumentata tendenza all’apoptosi, dopo attivazione in vitro.

Due miRNA specifici sono stati implicati nello sviluppo delle cellule T: miR-181a e miR-155. Il miR-181a è in grado di controllare la sensibilità intrinseca delle cellule T all’antigene, modulando la forza del segnale trasmesso dal TCR dopo stimolazione (25). I livelli di sensibilità all’antigene sono regolati nel corso della maturazione di queste cellule al fine di permettere lo sviluppo del repertorio immunitario e della tolleranza nei linfociti T. Il miR-181a è quindi altamente espresso nella popolazione timocitaria immatura DP (26), che riconosce antigeni self a bassa affinità, mentre è down-regolato nelle popolazioni T più mature (quali i timociti SP ed i linfociti T periferici), che devono essere reattive solo nei confronti di antigeni non-self ad alta affinità. Di fatto il silenziamento del miR-181 nei timociti DP, diminuendone la sensibilità all’antigene, ne inibisce i processi di selezione positiva e negativa; al contrario, la sua over-espressione nei T maturi ne aumenta la sensibilità del TCR, portandoli a reagire anche ad antigeni peptidici normalmente identificati come antagonisti. Questi effetti sono mediati dal targeting coordinato di questo miRNA con diversi bersagli fra cui alcune fosfatasi associate alla via di ERK ed alcuni geni coinvolti nella selezione positiva dei timociti, quali Bcl-2, CD69 e TCR.

Oltre a miR-181a, anche miR-155 sembra svolgere un ruolo importante nella differenziazione e nell’attivazione linfocitaria. Alti livelli di miR-155 sono presenti nelle cellule T attivate, nonché nei monociti attivati. Nei linfociti T, il miR-155 partecipa al controllo della differenziazione delle cellule T helper. Nei topi knockout per il miR-155, le cellule T CD4+producono aumentati livelli di citochine IL-4, IL-5 e IL-6 e sono intrinsecamente prone al differenziamento in senso Th2. L’alterata sintesi di citochine sembra essere dovuta all’up-regolazione di c-Maf, fattore di trascrizione attivante l’espressione di citochine associate al fenotipo Th2, nonché target di miR-155. In aggiunta, FoxP3 regola direttamente la trascrizione del miR-155, che a sua volta contribuisce a mantenere le cellule T

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21

regolatorie altamente responsive a IL-2, fattore di crescita e di sopravvivenza fondamentale per le cellule T.

Altri due miRNA considerati importanti per il mantenimento delle cellule T regolatorie sono i miR-146 e miR-223. Questi miR, già noti per i loro ruoli nel sistema immunitario innato, sono stati individuati come over-espressi specificamente nelle cellule T regolatorie (T reg) rispetto alle cellule T in stato di attivazione, nonostante l’ampia sovrapposizione dei profili d’espressione dei miR in queste due popolazioni cellulari (27-30).

Per quanto riguarda invece i linfociti B, la delezione di Dicer-1 in stadio precoce di sviluppo porta al blocco quasi totale della transizione dallo stadio pro-B a quello pre-B, dovuto almeno in parte all’apoptosi indotta nelle cellule pre-B knockout per Dicer. Anche per i linfociti B, il miR-155 svolge importanti ruoli in quanto contribuisce alla formazione del centro germinativo, all’induzione della risposta anticorpale T-dipendente, allo switch isotipico degli anticorpi ed alla formazione di cellule B della memoria.

Infine, un altro miRNA molto importante nella fisiologia e nello sviluppo linfocitario è miR-150. MiR-150 è espresso specificamente nei linfociti B e T maturi non attivati, ma non nei loro precursori. L’over-espressione di miR-150 in cellule staminali ematopoietiche (HSC) causa il blocco della linfopoiesi B con una significativa riduzione dei livelli di cellule B in circolo, nella milza e nei linfonodi. Successivamente è stato dimostrato che l’espressione del miR-150 contrasta la transizione dei precursori linfocitari dallo stadio pro-B a quello pre-B, inibendo la generazione di cellule B mature (31). Il gruppo di ricerca di Xiao ha dimostrato che miR-150 controlla l’espressione di c-Myb, fattore di trascrizione fondamentale in diverse fasi dello sviluppo linfocitario e necessario per la generazione della sottopopolazione B matura denominata B1.

(22)

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1.4 Trapianto di organo solido e miRNA

1.4.1 Generalità

Il trapianto è una procedura con cui si prelevano da un individuo cellule, tessuti oppure organi e si trasferiscono in un individuo diverso. L'individuo che fornisce il trapianto è detto donatore e quello che lo riceve è detto ricevente oppure ospite. La storia scientifica dei trapianti ebbe inizio negli anni '50 a Boston, quando il chirurgo Murray eseguì con successo il trapianto di un rene da un donatore vivente, consanguineo e geneticamente identico al ricevente (32). Più avanti con gli anni furono poi eseguiti trapianti di fegato (1963), polmone (1963) e pancreas (1966). Il 3 dicembre 1967 il chirurgo sudafricano Christian Neethling Bernard tentò con successo il primo trapianto di cuore nella storia, impiantando nel corpo di un uomo di 55 anni il cuore di una giovane donna (33).

Gli studiosi di immunologia dei trapianti hanno adottato una loro terminologia per definire le diverse tipologie di trapianti. In linea generale si possono distinguere trapianti:

Autologhi: quando vengono effettuati nell'ambito di uno stesso individuo;

Singenici: quando vengono eseguiti fra individui geneticamente identici;

Allogenici: quando vengono effettuati tra due soggetti geneticamente diversi appartenenti ad una stessa specie.

Xenogenici o xenotrapianti: quando vengono eseguiti tra individui di specie diversa.

(A.K. Abbas, A. H. Lichman, Pober. Immunologia cellulare e molecolare).

1.4.2 Principali forme di rigetto

Uno dei principali problemi che occorre affrontare per la riuscita del trapianto è impedire che il sistema immunitario del paziente ricevente sviluppi risposte immunitarie acquisite contro gli antigeni delle cellule trapiantate. Le molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex-MHC) sono le responsabili della maggior parte delle reazioni di rigetto. Esse vengono presentate per il riconoscimento ai linfociti T in due modi differenti:

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nel modo diretto: ovvero esposte sulle cellule APC del donatore e riconosciute dai linfociti T del ricevente.

nel modo indiretto: ovvero vengono processate come normali proteine antigeniche dalle APC del ricevente ed espresse dalle MHC del donatore come semplicissimi peptidi e riconosciute dai linfociti T del ricevente. Il rigetto da trapianto è classificato in base alle caratteristiche istopatologiche e cinetiche in iperacuto, acuto e cronico.

Il rigetto iperacuto è caratterizzato dall'occlusione trombotica dei vasi del trapianto e inizia entro pochi minuti dalla formazione dell'anastomosi dei vasi sanguigni del ricevente con i vasi del trapianto. Il tutto è mediato da anticorpi preesistenti nel circolo del ricevente che si legano all'endotelio del trapianto attivando il complemento il quale provoca trombosi vascolare e danno tissutale. Si ha l'esposizione di proteine della membrana basale che attivano le piastrine e innescano il meccanismo di adesione e aggregazione piastrinica. Oggigiorno il rigetto iperacuto è mediato da alloanticorpi IgG diretti contro alloantigeni come MHC. Questi si sono formati in seguito a precedenti trasfusioni, trapianti o gravidanze multiple ovvero ogni contatto con cellule contenenti MHC diversi dai propri.

Il rigetto acuto è un processo di danno sia vascolare che parenchimale mediato sia da anticorpi che da linfociti T e inizia dopo circa una settimana dal trapianto. In questo caso gli anticorpi non sono preesistenti bensì vengono sviluppati dalla risposta immunitaria umorale ed è per questo che il tempo di risposta è più lento. Il quadro istologico è caratterizzato da necrosi transmurale e infiammazione acuta dei vasi del trapianto senza tuttavia il verificarsi di trombosi come nel caso del rigetto iperacuto. Sia linfociti CD4 che CD8 contribuiscono al rigetto acuto: i CD8 nella lisi delle cellule endoteliali e i CD4 nell'infiammazione e nelle reazioni di ipersensibilità di tipo ritardato (Delayed Type Hypersensitivity-DHT).

Il rigetto cronico e vasculopatia: i trapianti vascolarizzati che sopravvivono più di 6 mesi sviluppano una lenta occlusione arteriosa, risultato di una proliferazione delle cellule muscolari lisce. Queste modificazioni prendono il nome di vasculopatie del trapianto. Questa proliferazione è dovuta a una serie di interazioni tra citochine e fattori di crescita prodotti da macrofagi e cellule

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endoteliali stimolati da linfociti T alloreattivi. Con il progredire dell'ischemia il parenchima viene sostituito da tessuto fibroso; questo processo fibrotico viene anche chiamato rigetto cronico.

Fisiologicamente se il ricevente di un trapianto ha un sistema immunitario funzionante, il trapianto va in contro a qualche forma di rigetto. Alcune strategie usate nella pratica per prevenire tale rigetto consistono nell'induzione di momentanee immunosoppressioni. Attualmente uno degli obbietti principali in trapiantologia è quello di indurre uno stato di tolleranza specifica senza bisogno di immunosoppressioni aspecifiche.

Il principio base su cui si basa l'immunosoppressione è quello di inibire o uccidere il linfociti T momentaneamente. L'uso di farmaci immunosoppressori è il metodo più usato e tra i più comuni sono da ricordare la ciclosporina e il tacrolimus(noto anche come FK-506) entrambi importanti inibitori della calcineurina. La calcineurina è essenziale per la trasmissione del segnale di IL-2 e altre citochine. Bloccando la calcineurina si va ad inibire l'attivazione e la proliferazione dei linfociti T.

Il rigetto può essere evitato rendendo l'ospite tollerante agli alloantigeni del trapianto. In questo contesto tolleranza significa che l'ospite non danneggia il trapianto. L'induzione di tolleranza costituisce quindi un enorme vantaggio rispetto all'immunosoppressione in quanto diminuisce la suscettibilità ad infezioni, riduce il rischio di tossicità farmacologica, abbassa il rischio di sviluppare neoplasie conseguenti alla terapia immunosoppressiva, migliora la funzionalità dell'organo e riduce o annulla l'evoluzione verso il rigetto cronico. Essa consiste nell'induzione di anergia periferica e delezione o soppressione attiva di cellule T alloreattive.

(25)

25

1.4.3

miRNA

circolanti

come

potenziali

biomarker

nel

monitoraggio del “graft”

I miRNA circolanti possono essere degli utili biomarcatori per monitorare cambiamenti fisiologici e patologici, come il cancro, lesioni di organi, il diabete e anche la gravidanza, poiché essi sono resistenti alle condizioni avverse, facilmente rilevabili e quantificabili, e soprattutto sono prontamente accessibili con metodi non invasivi. Tali caratteristiche li rendono ottimi biomarcatori nel monitoraggio dell’allo (xeno)-trapianto d’organo. La morte cellulare, come apoptosi o necrosi, è il risultato finale del rigetto immunitario. Teoricamente, i miRNA intracellulari vengono passivamente rilasciati dalle cellule rigettate e successivamente diventano parte dei miRNA circolanti. In realtà, questa è la base scientifica per la maggior parte dei biomarcatori legati al rigetto, tra cui proteine, DNA e RNA, che seguono la morte cellulare una volta che l’organo trapiantato viene attaccato dal sistema immunitario dell'ospite. Rispetto alle proteine ed al DNA, i miRNA circolanti, sembrerebbero essere molto più sensibili e versatili quando utilizzati come biomarker non invasivi. Questo indica che i miRNA potrebbero rappresentare in generale dei potenti biomarcatori nella diagnosi e nella prognosi di sopravvivenza dell’organo e del rigetto immunitario. Nelle persone sane i livelli dei miRNA circolanti sono abbastanza stabili, ma in seguito a determinate condizioni, come ad esempio cambiamenti fisiologici, infiammazione e morte cellulare, possono subire una disregolazione (34).

Una caratteristica molto importante dei miRNA circolanti è che sono organo/tessuto specifici e possono monitorare la malattia e anche lo stadio della patologia stessa.

I miRNA circolanti abbondanti nei tessuti sono ubiquitariamente espressi nel trapianto d’organo, in quanto sono indicatori specifici dello stato dell’organo trapiantato, cioè indicano se è presente morte cellulare oppure un danno diretto sul tessuto o sull’organo stesso. I miRNA circolanti associati alla risposta immunitaria possono invece servire da sensori dello stato immunitario. Una combinazione di quest’ultimi con i miRNA organo/tessuti specifici, potrebbe essere utile per distinguere diverse malattie, come ad esempio il danno polmonare causato da un infezione da citomegalovirus (CMV) o da rigetto immunitario.

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26

1.4.3.1 Pattern di specificità nel fegato

Il fegato è uno degli organi più importanti nell'uomo ed è implicato in una vasta gamma di funzioni, tra cui detossificazione di vari metaboliti, la sintesi proteica e la produzione di bile (35). Il miRNA più abbondantemente espresso nel fegato (>70%) è il miR-122 (36, 37), il quale è anche epatocita-specifico. Esso agisce in qualità di nuovo regolatore nei diversi aspetti della funzione epatica, incluso il metabolismo, la risposta allo stress e il mantenimento del fenotipo epatico.

In condizioni patologiche, come citotossicità indotta da alcool o droghe, infezioni virali e malattie epatiche, i livelli del miR-122 vengono alterati. Numerosi studi indicano quindi che tale miRNA può essere applicato come biomarker non invasivo per un ampio spettro di quadri clinici e patologici specifici per il fegato, comprese infezioni e danni epatici, cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare (38). Anche altri miRNA circolanti abbondanti nel fegato, come il 22 (39), miR-125b (40), miR-99a (41) e miR-192 (42),potrebbero servire come biomarker per le malattie epatiche (Figura 7).

Figura 7: miRNA circolanti abbondanti e tessuto/specifici per il fegato come biomarcatori per le diverse malattie del fegato. [Figura da: Ming Zhou, 2016, (18)]. I profili di espressione dei miRNA specifici per il fegato sono stati ottenuti da un database accessibile dal Web (http://www.mirz.unibas.ch/), dove si trova una piccola biblioteca di sequenze di RNA.

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27

1.4.3.2 Pattern di specificità nel cuore

Il cuore è un muscolo in grado di pompare il sangue attraverso i vasi sanguigni del sistema circolatorio (43). Il miRNA tessuto specifico per il cuore è il miR-208, mentre i miRNA circolanti abbondanti nel tessuto cardiaco sono ad esempio miR-1, miR-133a, miR-499 e miR-296. Quando il cuore subisce dei danni, il miR-208 e gli altri miRNA abbondanti vengono rilasciati nei fluidi corporei e possono essere utilizzati come nuovi biomarcatori per le patologie cardiache (44).

Il cuore è ricco di vasi sanguigni, come arterie, vene e capillari. Quindi i miRNA specifici e abbondanti nelle cellule endoteliali vascolari, come il miR-126, possono anche essere indicatori di malattie cardiovascolari. Infatti, il miR-126 circolante è significativamente down-regolato nei pazienti affetti da aterosclerosi sintomatica, infarto miocardico acuto e insufficienza cardiaca.

1.4.3.3 Pattern di specificità nel rene

A differenza del fegato e del cuore, il rene possiede diversi tipi di cellule e strutture che svolgono funzioni complesse, tra cui la regolazione dell'equilibrio idrico ed elettrolitico nei liquidi corporei, il mantenimento dell'equilibrio acido base (controllo pH ematico), la regolazione della pressione sanguigna e la regolazione del volume dei liquidi corporei mediante meccanismi che permettono il recupero e l'eliminazione di acqua con conseguente escrezione di urina.

Esiste un insieme di miRNA specifici per il rene, la cui espressione favorisce la comprensione e la diagnosi per le malattie renali (45). Questi miRNA specifici includono miR-192, miR-194, miR-204, miR-215 e miR-216, che hanno una bassa espressione nel fegato, polmone e cuore. I diversi tipi cellulari del rene possiedono diversi profili di espressione di miRNA, che possono essere indicatori di diverse patologie, a seconda del diverso distretto renale. Ad esempio, il miR-192 e il miR-194 sono molto più abbondanti nella corteccia del rene, mentre il miR-30c e il miR-200c sono altamente espressi nella zona midollare.

Sono stati studiati raramente i miRNA circolanti inerenti alla diagnosi delle malattie renali. Tra le poche ricerche fatte è stato osservato che i livelli circolanti

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di miR-16 e miR-320 sono down-regolati, mentre il miR-210 è up-regolato nei pazienti con danno renale acuto (46). Nei modelli di ratto, miRNA circolanti rene specifici nel plasma (miR-10a, miR-192 e miR-194), sono stati segnalati per essere potenziali biomarcatori per un danno renale ischemico.

L'urina, che è un fluido più accessibile del siero e del plasma, può fornire un campione non invasivo per verificare la malattia renale. I miRNA localizzati nell'urina sono filtrati o escreti dal rene mediante le vie urinarie. Se viene danneggiata la funzione di filtraggio renale, i miRNA plasmatici possono diventare miRNA urinari, e questi possono essere degli utili biomarker di malattie renali. Infatti tali molecole possono essere considerate simili a certe proteine urinarie che sono normalmente assenti dalle urine, ma se presenti, fungono da sensori del danno renale.

I livelli urinari del miR-200a sono utili per la diagnosi di una disfunzione tubulare renale (47); mentre un elevato livello urinario del miR-494 precede un aumento della creatinina sierica in pazienti con danno renale, indicando che tale miRNA può servire come indicatore precoce e non invasivo del danno renale acuto (48). I miRNA urinari escreti mediante le vie urinarie sono anche dei buoni sensori di malattie del sistema urinario. Ad esempio, un gruppo di miRNA (126, miR-152 e miR-182) aumenta significativamente nelle urine dei pazienti con carcinoma uroteliale della vescica (49), il che suggerisce che i miRNA urinari possono essere utilizzati come biomarcatori di cancro alla vescica.

1.4.3.4 Pattern di specificità del polmone

Il polmone è l'organo principale del sistema respiratorio, la cui principale funzione è il trasporto dell'ossigeno atmosferico ai fluidi corporei come sangue o emolinfa, e l'espulsione dell'anidride carbonica da essi all'atmosfera. Mediante la metodica Real-Time PCR quantitativa, sono stati trovati miRNA altamente espressi nei tessuti delle vie aeree, quali 92, 26a, 200c, 16, let-7b, miR-125a e miR-125b (50). Nei pazienti affetti da fibrosi idiopatica polmonare, i livelli di miR-200c sono significativamente aumentati nel siero rispetto ai controlli sani

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(51). La down-regolazione dei miRNA circolanti miR-195 e miR-21 prevede una

scarsa differenziazione del carcinoma polmonare non a piccole cellule (52). Non ci sono altre informazioni sui biomarker polmonari poiché probabilmente esistono pochi studi condotti in questo ambito.

1.5 Tecniche utilizzate per l'analisi dei miRNA

Attualmente per il rilevamento e l'analisi dei miRNA sono comunemente usate diverse metodiche, tra cui le principali sono la tecnologia microarray, il deep sequencing e la Real Time quantitativa PCR(qRT-PCR).

1.5.1 Microarray

La tecnologia microarray è un potente strumento in grado di monitorare, in un singolo esperimento, l'espressione di migliaia di piccoli RNA non codificanti all'interno di decine di campioni processati in parallelo. Il test è semplice, può essere facilmente standardizzato e permette di riprodurre un profiling di RNA totale fino a 24 campioni entro 24 h (53). Il suo costo è relativamente basso se confrontato con altre metodiche ed è adatto per lo screening dei miRNA (54). All'inizio dell'applicazione di questa tecnologia nello studio di tali molecole, si sono dovute affrontare una serie di problematiche: queste sono riconducibili sia alla natura delle molecole, quali la corta sequenza e il basso livello di espressione, che inerenti alla tecnologia stessa, quali analisi qualitativa e biologica del dato ottenuto. Dalla prima applicazione della tecnologia microarray per profiling di miRNA (55, 56), ne sono state sviluppate altre (57). La maggior parte usa oligo a DNA, alcune delle quali sfruttano degli acidi nucleici sintetici, noti come LNA ("Locked Nucleic Acid"), che permettono di aumentare l'affinità tra le sonde e il miRNA e ottenere così una più uniforme ibridazione tra le differenti sonde (58). La tecnologia ideale dovrebbe essere in grado di rilevare i miRNA senza alcun tipo di manipolazione dei campioni, compresi l'arricchimento delle specie di RNA a basso peso molecolare, la retrotrascrizione e l'amplificazione dei miRNA. Allo

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stesso modo, tale tecnologia dovrebbe essere in grado di discriminare le due forme predominanti di miRNA, maturo e precursore, in quanto differenze nella loro espressione possono rappresentare una caratteristica significativa della biogenesi del miRNA. Le sonde antisenso sintetizzate vengono immobilizzate su una piattaforma di supporto di nylon mediante un strumento di "spotting" gestito a mano. Questo è un metodo relativamente a basso costo e facilmente accessibile ai laboratori senza una robotica specializzata e attrezzature dedicate alla fabbricazione dell'array. Uno svantaggio di questo metodo è la sua scala. Gli spot a oligo effettuati mediante un dispositivo gestito a mano sono macroscopici in natura, così l'array risultante è relativamente grande (55). Per affrontare questo problema, sono stati impiegati robot automatizzati per spottare gli oligo microscopici su un vetrino (56, 58, 59). Un altro vantaggio degli oligo microscopici è un'aumentata densità delle sonde in un data area. Un'evoluzione di questo processo è la sintesi fotochimica diretta di sonde su una piattaforma di quarzo (57).

1.5.2 Deep sequencing

Il recente sviluppo della tecnologia di sequenziamento massivo parallelo ha permesso di ottenere i profili di tutti i miRNA espressi, sequenziando una regione genomica più volte. Questo approccio di sequenziamento di nuova generazione (NGS) e la sua versatilità, lo hanno reso nel tempo uno strumento indispensabile di analisi dei miRNA nel campo della biologia. Il sistema utilizza una piccola libreria di RNA-cDNA come materiale di partenza, che viene costruita mediante una trascrizione inversa di piccole frazioni di RNA. Dopo l'amplificazione, i campioni vengono analizzati mediante sequenziamento massivo parallelo (60). Questo tipo di sequenziamento non ha solo permesso l'identificazione di nuovi miRNA, ma ha anche rivelato una varietà di versioni alternative, chiamate isomiRNA, tra cui alcuni sono noti per essere associati ad uno specifico stadio di sviluppo e stato di malattia (61). Potenziali limitazioni di tale metodica includono problemi tecnici, come costi relativamente elevati e la necessità di bioinformatici addestrati per analizzare i dati abbondanti (Tabella 1).

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Tabella 1: Le principali tecnologie per quantificare i miRNA. [Figura da Schwarzenbach H., 2014 (54)].

1.5.3 La qRT-PCR nello studio dei miRNA

La metodica della qRT-PCR è considerata, dal punto di vista tecnico, il "gold

standard" per l'analisi quantitativa dei miRNA in quanto molto sensibile ed

accurata. Difatti, dopo un primo screening di massa con le tecniche di microarray, la precisa caratterizzazione e quantificazione di determinati marker deve essere confermata ed eseguita mediate qRT-PCR. Essa consente di quantificare la sintesi del prodotto di PCR ad ogni ciclo di amplificazione in tempo reale e si basa sul principio della PCR (Polymerase Chain Reaction, Reazione a Catena della Polimerasi), introdotta dal Dottor Kary Mullis nel 1983.

Durante una reazione di Real Time PCR possiamo distinguere 4 principali fasi (Figura 8): fase lineare di fondo, fase esponenziale, fase lineare e fase di “plateau”

(62). Durante la fase definita “lineare di fondo”, solitamente i primi 10-15 cicli

della reazione, la fluorescenza emessa dalla presenza degli amplificati non risulta essere più alta rispetto alla fluorescenza “di fondo”, data invece dalla presenza dell’agente intercalante stesso. Quindi durante questa fase la fluorescenza data dai pochi prodotti di reazione è oscurata dalla fluorescenza di fondo.

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Durante la fase esponenziale invece l’emissione di fluorescenza data dall’agente intercalante tra le basi dei prodotti di reazioni ci denota quello che viene definito “ciclo soglia” (o Threshold cycle, Ct), ossia il ciclo in cui l’emissione di fluorescenza risulta essere maggiore rispetto al segnale fluorescente di fondo di circa 10 volte. Questo valore, di notevole importanza nell’ambito della valutazione dell’espressione tramite qRT-PCR, predice la quantità del target da noi ricercato. Infatti il ciclo soglia sarà raggiunto a seguito di un numero sempre minore di cicli di reazione quanto maggiore sarà l’ammontare della sequenza di interesse nel templato iniziale. La Real Time PCR darà dunque dei prodotti di reazione durante la fase esponenziale che saranno proporzionali alla quantità iniziale di templato (cDNA o DNA) in condizioni ideali (63).

Durante la fase lineare la reazione procede con un andamento lineare e l’incremento del segnale fluorescente accresce linearmente ad ogni ciclo. Successivamente, quando i reagenti diventano il fattore limitante non avviene più l’accumulo dei prodotti di reazione, raggiungendo così la cosiddetta fase di plateau. Poiché la reazione che porta alla formazione dei prodotti di amplificazione avviene con efficienza solo fino al punto in cui si giunge alla fase di plateau, non è possibile calcolare in maniera affidabile la quantità della sequenza ricercata nel nostro campione di partenza basandoci solo sulla quantità di prodotto di reazione finale. Infatti è proprio questa la potenzialità della tecnica Real time PCR, che permettendoci di determinare il ciclo soglia nel punto esponenziale della reazione, dove l’efficienza è massima, è possibile ricavare informazioni sulla quantità iniziale della sequenza ricercata (64).

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Figura 8: Rappresentazione grafica delle 4 principali fasi della Real Time PCR: fase lineare di fondo, fase esponenziale, fase lineare e fase di “plateau”.

Il segnale che viene quantificato è rappresentato dalla fluorescenza emessa da fluorofori, cioè coloranti fluorescenti in grado di legarsi alle molecole di DNA prodotte ad ogni ciclo di amplificazione. I fluorofori possono intercalarsi al DNA in maniera aspecifica, oppure fungere da marcatori di sonde oligonucleotidiche complementari a specifiche sequenze. Le informazioni che si ottengono con questa tecnica sono quindi maggiori rispetto a quelle di una classica PCR. La real-time PCR è spesso utilizzata in combinazione con la reazione di retro-trascrizione (RT), per quantificare i livelli di espressione di specifici geni di interesse.

I fluorofori usati in real-time PCR sono caratterizzati dallo sviluppare fluorescenza solo quando vengono incorporati nei filamenti di DNA neosintetizzati. La fluorescenza emessa aumenta in rapporto al numero di siti di legame ai doppi filamenti di DNA prodotti. La quantità di prodotto amplificato può essere quindi determinata ad ogni ciclo di amplificazione, rilevando al termine della fase di estensione, la radiazione emessa del fluoroforo. Uno dei fluorofori più utilizzati è il SYBR Green, una molecola fluorescente che durante le reazione di PCR si intercala nel doppio filamento di DNA.

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Come si nota dalla figura 9 il complesso DNA-SYBR Green assorbe luce blu ad una lunghezza d’onda =488 ed emette luce verde a una lunghezza d’onda =522 . Altri picchi di assorbimento, molto più deboli, li troviamo nella regione dell’ultravioletto.

Figura 9: Spettro di assorbimento ed emissione del complesso DNA-SYBR Green.

Durante la fase di denaturazione, il SYBR-Green si trova libero nella miscela di reazione, successivamente nella fase di annealing esso si posiziona in maniera aspecifica nel solco minore del DNA. Nella fase di elongazione il colorante si intercala nella molecola di DNA e quando eccitato emette fluorescenza in modo proporzionale al numero di copie di DNA prodotte (Figura 10).

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Figura 10: Incorporazione del SYBR Green nelle tre fasi di PCR.

Nelle analisi basate sull’utilizzo di sonde specifiche invece, il segnale fluorescente viene rilevato solo in conseguenza dell’appaiamento della sonda alla sequenza bersaglio. Le sonde tipicamente usate possono essere di due tipi: sonde idrolitiche o di ibridazione.

Le sonde idrolitiche presentano rispettivamente alle due estremità un fluoroforo ad alta energia (reporter) e un inibitore del fluoroforo (quencher). Quando la sonda è appaiata alla sequenza bersaglio, l’inibitore è sufficientemente vicino al fluoroforo da bloccarne l’emissione del segnale fluorescente. Durante l’allungamento, in ogni ciclo di amplificazione, la polimerasi idrolizza la sonda. In questo modo il fluoroforo viene liberato nella miscela di reazione e si allontana dall’azione dell’inibitore, con conseguente emissione del segnale fluorescente (Figura 11). Quindi nelle analisi che utilizzano sonde idrolitiche l’emissione del segnale fluorescente dipende dall’attività della Taq DNA polimerasi. Le sonde idrolitiche vengono anche chiamate sonde TaqMan.

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Figura 11: Sonda idrolitica TaqMan. R=Reporter, Q=Quencher.

Le sonde di ibridazione, invece, permettono di rilevare il segnale nel momento in cui si legano alla sequenza bersaglio. Esistono diversi modelli di sonde di ibridazione, tra queste troviamo un tipo di sonda che sfrutta il trasferimento di energia per risonanza fluorescente (FRET). Durante il processo di FRET, l’eccitazione di un fluoroforo donatore provoca il trasferimento di energia ad un fluoroforo accettore. Le sonde FRET sono formate da una coppia di oligonucleotidi, progettati in modo tale da ibridarsi sulla sequenza bersaglio. Il segnale che si rileva è proporzionale alla quantità di sonda ibridata e, di conseguenza, alla quantità di prodotto amplificato (Figura 12).

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Figura 12: Sonda FRET. R1 rappresenta il fluoroforo donatore, mentre R2 è il fluoroforo accettore.

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1.6 Analisi quantitativa

Mediante la metodica della Real-Time PCR si può effettuare una quantificazione

assoluta o relativa (65). La prima rappresenta una misura del numero di copie di

DNA target di partenza e viene valutata utilizzando una curva di calibrazione. La quantificazione relativa, invece, rappresenta una misura relativa dei livelli di espressione rispetto a un gene di riferimento.

1.6.1 Quantificazione assoluta

La quantificazione assoluta è un metodo di analisi molto accurato per la misurazione e la determinazione del numero di copie della sequenza target nel campione. Questo tipo di quantificazione richiede la creazione di curve di calibrazione standard create attraverso diluizioni seriali di un gene standard di concentrazione e numero di copie note che possa fornire dei dati specifici e riproducibili. La lineare correlazione tra il Ct e la quantità di cDNA usato per la costruzione delle curve di calibrazione standard consente la determinazione della concentrazione del campione sconosciuto affidandoci al valore di Ct (66). È necessario però controllare l’efficienza della reazione di amplificazione della Real Time PCR. L’efficienza di amplificazione dello standard e del gene target di nostro interesse devono essere approssimativamente uguali e le concentrazioni delle diluizioni seriali devono essere nel range di quelle del campione, per assicurare un risultato corretto. Interpolando i valori di Ct del campione in esame sulla curva standard è possibile ottenere un valore quantitativo preciso in termini di numero di copie.

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Figura 13.i) Diluizioni seriali del campione noto; ii) Curve di amplificazione ottenute dai campioni e i rispettivi cicli soglia (Ct); iii) Curva standard di calibrazione.

Nell’analisi di quantificazione assoluta l’accuratezza della retta di calibrazione è verificata valutando il valore del coefficiente di determinazione 2 della retta. Questo valore fornisce un parametro di misura della precisione con cui la retta approssima i dati sperimentali; rappresenta quindi una valutazione della correttezza delle diluizioni effettuate. Quanto più è vicino al valore 1, tanto più la retta riproduce l’andamento dei dati sperimentali: buone rette di calibrazione hanno 2 pari a 0,99.

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1.6.2 Quantificazione relativa

Il metodo della quantificazione relativa è più semplice e permette di determinare cambiamenti dei livelli di espressione genica dei campioni in analisi mediante l'ausilio di geni di riferimento per normalizzare l'espressione genica. L’utilizzo di tale approccio è vantaggioso poiché non è necessario quantificare in maniera accurata il templato iniziale (mRNA), non è richiesta la conoscenza della concentrazione dello standard e dunque non è necessario riferirsi ad una curva di calibrazione. La strategia di questo tipo di quantificazione è proprio quella di valutare l’espressione di un determinato gene, comparando i valori di Ct del gene di interesse con quello di uno o di più geni di riferimento. Grande importanza ed attenzione deve essere posta nella scelta del gene o dei geni di riferimento in quanto fattori determinati per una corretta e precisa quantificazione. Non esiste un

reference gene da utilizzare in maniera universale, piuttosto esso deve essere

scelto e valutato sulla base della tipologia dell'esperimento che si vuole condurre. In particolare è buona norma prendere in considerazione il tipo cellulare, la patologia di base e la presenza o meno di una terapia farmacologica.

Quest’analisi quantitativa relativa si basa sulla creazione di un rapporto “ratio” (R) basato dunque sulla comparazione dei differenti valori di ciclo soglia.

Sono disponibili due modelli di quantificazione relativa:

Quantificazione relativa senza la correzione dell’efficienza d’amplificazione o metodo comparativo Ct: questo modello

matematico, basato sull’analisi comparativa del Ct, non tiene conto del fattore “efficienza di amplificazione”, dunque viene assunto come presupposto che la reazione avvenga con un'efficienza del 100%. Esistono due tipologie di analisi basate su questo modello:

Espressione Non-Normalizzata o analisi Delta-Ct (ΔCt);

Espressione Normalizzata o analisi del Delta-Delta-Ct (ΔΔCt).

Quantificazione relativa tenente conto della correzione d’efficienza o

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1.6.2.1 Espressione Non-Normalizzata o analisi Delta-Ct (ΔCt)

Questo metodo utilizza la differenza fra i valori di Ct di un calibratore interno e del gene espresso per ogni campione. Quindi in questo caso il valore di Ct non viene normalizzato utilizzando un reference gene. Con il seguente metodo viene valutata l’espressione relativa attraverso la comparazione tra il valore di Ct di un calibratore interno, che funge da controllo, e il valore di Ct dello stesso gene di interesse nel campione. Le differenze di espressione (ratio) del gene target nel campione e nel controllo sono calcolate utilizzando la differenza di valore di Ct come esponenziale in base 2, secondo la seguente formula:

R=2ΔCt dove ΔCt = Ct (calibratore) - Ct (campione) R = 2Ct(calibratore) – Ct(campione)

1.6.2.2 Espressione Normalizzata o analisi del Delta-Delta-Ct

(ΔΔCt)

La quantificazione relativa dei campioni in analisi rispetto al gene di riferimento può essere ottenuta utilizzando il metodo del ΔΔCt, con cui vengono eliminati tutti i problemi e le imperfezioni derivate da differenze di caricamento della reazione. Quindi in questo caso i valori di Ct del calibratore e del campione per il gene di interesse o target, sono normalizzati attraverso un appropriato reference

gene. Tale metodo è anche conosciuto come metodo 2-ΔΔCt , dove: ΔΔCt= ΔCt (campione) – ΔCt (calibratore).

Matematicamente, il calcolo del ratio (R): R=2 –ΔΔCt

R= 2-[ΔCt (campione) – ΔCt (calibratore)]

ΔCt (campione) = Ct (target campione) – Ct (gene riferimento campione) ΔCt (calibratore) = Ct (target calibratore) – Ct (gene riferimento calibratore)

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Questo metodo viene accettato come primo approccio d’analisi di espressione genica, ma i modelli che tengono conto del fattore di correzione dato dall’efficienza di reazione sono i più utilizzati nello studio di espressione genica. Il risultato ottenuto è l'aumento o diminuzione del gene target nel campione di prova relativa al campione calibratore, ed è normalizzato all'espressione di un gene di riferimento. Normalizzare l'espressione del gene target a quella del gene di riferimento compensa la differenza nella quantità di campione di tessuto.

1.6.2.3 Metodo Pfaffl

Questo metodo combina la quantificazione genica e la normalizzazione all’efficienza d’amplificazione del target e del gene di referenza. Secondo questo modello matematico il “ratio” che esprime la quantificazione relativa del gene di interesse sarà uguale a:

Dove:

- Etarget ed Eref sono le efficienze di amplificazione dei geni target e di riferimento.

- ΔCt, target (calibratore - test) = Ct del gene bersaglio nel calibratore meno il Ct del gene target nel campione.

- ΔCt, ref (calibratore - test) = il Ct del gene di riferimento nel calibratore meno il Ct del gene di riferimento nel campione.

Questa formula assume che ciascun gene (target e riferimento) ha la stessa efficienza di amplificazione nei campioni in esame e nei campioni calibratore, ma non è necessario che i geni bersaglio e di riferimento abbiano inizialmente la stessa efficienza di amplificazione come nel metodo del ΔΔCt.

Il metodo 2-ΔΔCt e il metodo Pfaffl sono strettamente correlati; infatti, il metodo 2-ΔΔCtè semplicemente un caso particolare del metodo Pfaffl, dove:

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Se sostituiamo Etarget e Eref con 2, allora il metodo Pfaffl viene semplificato come

segue:

= 2–[(Ct, target (test) – Ct, target (calibratore)] – [(Ct, ref (test) – Ct, ref (calibratore)] = 2–∆∆Ct

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