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TreeSprawl: una piazza verde per Vicopisano.

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Academic year: 2021

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Sommario

1. Piazze ... 1

1.1 Definizione, storia e ruolo della piazza nella cultura occidentale ... 1

1.2 Le piazze verdi ... 6

1.2.1 Gli squares inglesi ... 6

1.2.2 Tipologie di piazza verde ... 9

1.3 Temi e strumenti compositivi della piazza ... 11

2. Alberi in ambiente urbano... 13

2.1 Vantaggi e svantaggi del greening dell’ambiente urbano ... 13

2.2 L’analisi di stabilità degli alberi ... 14

2.3 Indicazioni di progettazione per l’inserimento di alberi nella piazza 17 3. Piazza Domenico Cavalca ... 19

3.1 Il contesto: Vicopisano ... 19

3.1.1 Storia e architettura di Vicopisano ... 19

3.2 Elementi di interesse rilevanti per il progetto ... 22

3.2.1 La Rocca del Brunelleschi ... 22

3.2.2 Il colle Mirra e la chiesa di Santa Maria Addolorata ... 22

3.2.3 Palazzi e case torri ... 23

3.3 Piazza Domenico Cavalca ... 24

3.3.1 Storia della piazza ... 25

3.3.2 Stato di fatto ... 27

4. TreeSprawl: la proposta progettuale ... 43

4.1 Analisi dell’utenza ... 43

4.1.1 Questionario rivolto alla Giunta comunale ... 43

4.1.2 Questionario rivolto alla popolazione ... 44

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4.3 Organizzazione dello spazio ... 52

4.4 Inserimento di elementi vegetali ... 54

4.4.1 Alberature ... 54

4.4.2 Infiltration planters... 57

4.4.3 Prati ... 59

4.5 Inserimento di elementi minerali ... 61

4.5.1 Pavimentazioni ... 61

4.5.2Arredo ... 61

Bibliografia citata ... 66

Bibliografia consultata ... 68

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1

1. Piazze

1.1 Definizione, storia e ruolo della piazza nella cultura

occidentale

La piazza è definibile come uno spazio aperto, facilmente distinguibile e ben definito, racchiuso all’interno del tessuto urbano, che accoglie e rappresenta la vita della collettività. (Ippolito, 2014)

Nella storia della cultura e dell’urbanistica occidentale questo spazio è fortemente rappresentativo di ogni periodo storico e della sua società, essendo tra gli elementi principali che ne soddisfano i bisogni della vita politica (ad esempio comizi, riunioni, rivoluzioni), religiosa (quali processioni e rappresentazioni) e commerciale (come mercati e fiere), esprimendo in un unico luogo una determinata concezione di città e di organizzazione della vita sociale.

L’agorà greca è spazio pubblico di riunione, cuore religioso della polis, circondato da edifici politici e civili, templi e memoriali e in età ellenistica racchiuso da portici. (Paoli & Cultrera, 1929)

Il foro romano è il centro culturale, amministrativo, commerciale e religioso dell’urbe, rettangolare e delimitato da porticati, botteghe, templi ed edifici di pubblica utilità; ma è foro anche uno spazio, detto foro comunale, situato lungo una grande via di comunicazione, in cui i cittadini, sprovvisti di un centro urbano, si riuniscono per commerciare, celebrare cerimonie e svolgere altre attività sociali, e da cui spesso parte il processo di costruzione di un centro abitato. (Guidi, et al., 1932)

Con le città fortificate nel Medioevo le piazze e i fori spariscono occupati da edifici, a causa del grande bisogno di suolo all’interno delle mura, mentre le riunioni si tengono per lo più al di fuori di queste. È dopo il Mille, con il relativo miglioramento delle condizioni di sicurezza, la fondazione di nuove città e la rinascita del commercio, che la piazza riacquista valore all’interno del tessuto urbano fino a diventarne il cuore. Con l’espansione della città medievale e l’ampliamento delle cinte murarie vengono costruiti nuovi sobborghi e piazze in prossimità delle porte delle vecchie mura, fino ad arrivare, con l’evoluzione del tessuto urbano, alla differenziazione precisa di tre tipi di piazza: quella della

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2 cattedrale (religiosa), relativamente piccola e contornata da edifici bassi così da far risaltare la facciata dell’edificio religioso; quella del comune (politica), di dimensioni molto maggiori rispetto alla categoria precedente e dominata dal palazzo pubblico, pensata per le grandi adunate popolari; infine, quella del mercato (commerciale), più lenta nella propria affermazione, tranne che in quei casi dove gli insediamenti nascono come centri commerciali, di cui ne sono il cuore.

Nel Rinascimento la piazza diventa spazio prediletto per le sperimentazioni prospettiche, cuore della formulazione di ipotesi di città ideali e dalla tripartizione medievale delle piazze dettata dalla funzione svolta, si arriva alla concezione di questo spazio come di una sala di ricevimento della città, una dimostrazione estetica, tant’è che le piazze rinascimentali si classificano più in base alla loro morfologia (quadrate, rettangolari, trapezoidali, circolari, ellittiche etc.) che alla loro funzione. Si conserva comunque la chiusura dello spazio, incorniciato da edifici, ma la piazza religiosa perde la sua modestia e quella civile diventa di dimensioni monumentali, in cui all’apparente disordine medievale si contrappone una distribuzione ordinata e armoniosa dei diversi elementi. Vengono aggiunte fontane, vasche, sedili, obelischi, sculture, colonne, monumenti, logge, porticati e pavimenti colorati e decorati.

Nel Settecento la place royale è realizzata per celebrare le grandi monarchie e nell’Ottocento, con l’accentramento della popolazione nelle grandi città e l’aumento dei mezzi di trasporto meccanico, una quantità sempre maggiore di spazio viene destinata al traffico veicolare. Di conseguenza strade e piazze vengono ovunque allargate, modificando le proporzioni studiate nei secoli precedenti. La piazza viene invasa dal frastuono dei mezzi di trasporto e isolata e frammentata dal loro scorrimento, e lentamente assume il semplice significato di slargo, spazio aperto. Le città americane, impostate sullo schema a scacchiera, vedono realizzarsi solo la piazza quadrata o rettangolare, scaturita dalla non costruzione di uno o più isolati, mentre in Europa, in mancanza di particolari concezioni urbanistiche, la forma prediletta è sempre quella quadrata/rettangolare, salvo i casi in cui è “a carosello”, imposta dagli schemi stradali triangolari tipici dell’urbanistica parigina. Sparisce completamente qualsiasi distinzione funzionale di questo spazio aperto, che in ogni caso ha la stessa forma ed è aperto al passaggio su ogni lato

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3 e circondato dal traffico, così che si parla più di piazza di traffico per questo periodo storico. Sempre dell’Ottocento è però caratteristica anche la tipologia “a giardino”, in cui lo spazio centrale è occupato da un’area verde pubblica e il perimetro è adibito alla circolazione del traffico. (Piccinato, 1935)

In epoca contemporanea la piazza è stata rivisitata, riconquistando il proprio significato di ambiente chiuso nel tessuto urbano e differenziandosi in molte tipologie, raggruppabili in tre categorie:

- Di traffico: disposta in un grande nodo stradale, è necessaria allo smistamento del traffico; non è pensata come ambiente chiuso e piazza vera e propria, quanto come spazio utile al traffico veicolare.

- Di utilità: per il funzionamento di grandi edifici pubblici, deve essere facilmente accessibile, permettere la sosta di molti veicoli senza intralciare il traffico e permettere un rapido sfollamento; è chiusa e contigua ad arterie di traffico tangenziali.

- Di soggiorno: è attrezzata per la sosta delle persone, pensata per il ritrovo, il riposo, la vista di un panorama, la celebrazione di cerimonie; anch’essa è chiusa e tangente al traffico.

Inoltre, la piazza contemporanea può essere, a differenza di quella storica, costituita da un insieme di spazi residuali tra loro incoerenti e unificati da un disegno comune, di forma irregolare, talvolta su più livelli, e la sua valenza è completamente cambiata: dallo spazio aperto esistente solo in funzione di un edificio o di un’istituzione, è diventata anche un luogo di raccolta, sosta o passaggio dotato di vita propria. La vita della collettività, infatti, si manifesta in molti altri luoghi e la piazza è stata, in gran parte, sostituita funzionalmente da parchi e giardini. Tuttavia, in alcuni casi ha ancora valore commemorativo (si pensi alla recentissima National September 11 Memorial Plaza di New York (Fig. 1)) e grande importanza politica o sociale come spazio di rivoluzione e simbolo della democrazia (come Piazza Tahrir al Cairo (Fig. 2), simbolo della Primavera Araba del 2011). (Ippolito, 2014)

Nella maggior parte dei casi, però, la piazza nella città contemporanea è uno spazio pensato per il passaggio e la sosta, separata dal traffico veicolare e con più o meno forte presenza di verde

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4 e corpi idrici, con non sempre una pertinenza o un’identità ben definite. (Favole, 1995)

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5 Fig. 2. Piazza Tahrir, Cairo (Egitto)

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1.2 Le piazze verdi

In letteratura non esiste una definizione precisa e univoca per questa tipologia di spazio urbano, ma in questo lavoro viene così descritta: un’area, circondata da edifici che ne definiscono la geometria, che assolva alle stesse funzioni di una piazza “convenzionale” e sia estremamente permeabile ai flussi pedonali generati dal contesto, ma in cui gli elementi vegetali rivestano un ruolo caratterizzante a livello percettivo ed ecologico.

1.2.1 Gli squares inglesi

Uno dei prototipi classici di piazza verde, lo square inglese, da considerarsi uno dei caratteri distintivi dell’urbanistica londinese, nasce dalla conversione di spazi aperti al di fuori della vecchia città fortificata in aree per la ricreazione della popolazione e poi per le abitazioni. Nel XVII secolo iniziano a comparire alcuni casi di aree verdi pubbliche circondate da edifici e il primo vero square realizzato è quello di Covent Garden, completato nel 1631; commissionato da Francis Russell, IV Conte di Bedford vicino alla propria abitazione, è chiuso su tre lati da una chiesa, attività commerciali e abitazioni, pavimentato e con al centro un albero circondato da panchine in legno.

Dopo la Great Plague del 1665 e il Great Fire del 1666, vi è un boom edilizio che è alla base della Londra odierna. Gli squares sono i primi sobborghi londinesi, con un quadrato di grandi palazzi, una chiesa e un mercato, circondati da strade via via meno prestigiose e costose. In particolare, i primi sono poco più che prati circondati da recinti lignei e percorsi in ghiaia per il passeggio.

Il primo square ad essere convertito in un giardino è Soho Square, costruito nel 1681 dal Duca di Macclesfield come luogo di svago.

Nella prima metà del XVII secolo gli squares aumentano sempre di più, ma negli anni ’20 iniziano a diventare teatro di comportamenti criminosi e antisociali, deturpati dalla presenza di immondizia. Di conseguenza, nel 1726 viene emanato il St James’s Square Act, con cui ai residenti di questo square viene fatta pagare la manutenzione dello stesso; questo provvedimento viene subito adottato per molti altri squares, portando ad un forte miglioramento della sicurezza e delle condizioni

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7 generali e nella chiusura al pubblico con recinzioni di queste aree, che divengono utilizzabili solo dai residenti (Fig. 3). Verso la fine del secolo, gli squares sono spesso ancora luoghi caratterizzati da criminalità e disordini pubblici, così che vengono aumentate le guardie e l’illuminazione e si diffondono sempre più le inferriate in metallo. A fine secolo il Lincoln’s Inn Fields è l’unico grande square ancora aperto al pubblico. Sempre più queste aree vengono modificate e realizzate in stile paesistico, con l’idea della rus in urbe, per portare la campagna in città, in alcuni casi, come Cavendish Square, con anche del bestiame al pascolo. (Longstaffe-Gowan, 2001)

Negli anni ’20 del XIX secolo, dopo guerra e recessione economica, vi è un altro boom edilizio, durante il quale viene costruita la maggioranza degli squares oggi esistenti, in particolare nella parte occidentale della città. Nel 1863 il Gardens in Towns Protection Act consente alle autorità locali il recupero e la manutenzione degli squares degradati e molti vengono riaperti al pubblico.

Nel 1931 viene promulgato il London Squares Act per difendere dalla distruzione quattrocentosessantuno squares. L’edificato adiacente, però, non viene protetto e spesso sostituito da nuove costruzioni che modificano profondamente l’aspetto del contesto in cui gli squares sono inseriti. Inoltre, molte delle inferriate vengono rimosse durante la seconda guerra mondiale, così che molti squares ad uso privato divengono di godimento pubblico e in seguito molti vengono anche affittati o venduti dai proprietari alle autorità locali (Fig. 4).

Negli anni ’70 e ’80 molti squares sono soggetti a vandalismo e abbandono e circondati da case in decadenza, talvolta recintati con reti da pollaio o catene o completamente occupati da senzatetto. In diversi casi però sono oggetto di azioni collettive da parte dei residenti, che li salvano dall’edificazione e dalla distruzione dei giardini. Nel 1967, il Civic Amenities Act introduce la tutela di molte aree, tra cui squares, aree verdi di altro tipo ed edifici. (Galinou, 1990)

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8 Fig. 3. Bloomsbury Square nel 1725.

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1.2.2 Tipologie di piazza verde

Gli elementi verdi in una piazza apportano importantissimi benefici bioclimatici che migliorano sensibilmente la vivibilità e il comfort del luogo, ma bisogna premettere come il loro inserimento possa essere inaccettabile in spazi pubblici ad elevato valore simbolico per la comunità, come le grandi piazze storiche italiane.

Le piazze verdi, in merito all’impiego di vegetazione in ambiente urbano al di fuori dei parchi, sono meno vincolate rispetto alle strade alberate in quanto grazie alla loro morfologia consentono l’attuazione di progetti più variegati e ricchi, con i quali si possono sfruttare in modo migliore i benefici ambientali forniti dalle piante. (Ippolito, 2014) (Scudo & Ochoa de la Torre, 2003)

Si possono configurare quattro tipi di piazza verde:

1) Con elementi vegetali puntuali, appropriato per piazze di modesta estensione, in cui il microclima viene modificato principalmente solo nella parte centrale; un esempio è una piazza quadrata con un solo grande albero o un gruppetto di piccoli alberi al centro, come Piazza del Carmine a Firenze dopo la recente sistemazione del 2018.

2) Con alberatura lineare, adatto sia alle forme allungate sia a quelle isodiametriche, caratterizzato da forte influenza microclimatica nelle fasce ove le alberate sono presenti e simile e quella delle strade verdi; un esempio è una piazza con filari di alberi solo lungo alcuni lati, come Piazza Napoleone a Lucca, e l’effetto sul microclima è sovrapponibile a quello di una strada alberata.

3) Con alberatura estesa, per forme compatte o allungate, con alberi messi a dimora su tutta la superficie, come nel caso di Piazza S. Silvestro a Pisa; quando la massa fogliare è consistente si ha elevata interazione con l’insieme degli edifici circostanti con un “effetto oasi”, cioè l’innesco di brezze termiche locali che possono raffrescare lo spazio aperto e il costruito.

4) Misto esteso-lineare, per forme compatte e allungate, ma con scarsa interazione con gli edifici circostanti, come una piazza con un gruppo di alberi centrale, uno spazio libero e due filari perimetrali vicino agli edifici; può sempre innescarsi un effetto oasi, ma, essendo la maggior parte delle alberature lontana dagli

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10 edifici, è più efficace la riduzione delle temperature al suolo nel solo spazio aperto. È il caso di Piazza Cavalca, con quattro pini domestici centrali e due filari di tigli radicati sui lati lunghi in prossimità degli edifici.

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1.3 Temi e strumenti compositivi della piazza

Nella progettazione di una piazza è indispensabile tenere in considerazione dimensioni, rapporto con il contesto, funzioni, attività, flussi pedonali e veicolari e condizioni microclimatiche, oltre alle sensazioni che si vuole indurre nei fruitori. (Clemente & Clemente, 2017)

Diversi i temi importanti, di cui se ne elencano e spiegano alcuni qui di seguito.

1) Conformazione planimetrica: la piazza è uno spazio negativo definito da edifici, alberature, strade, pavimentazione e altri elementi interni o esterni alla stessa, spesso, nel caso delle piazze contemporanee, senza una forma precisa e ottenuta solo dall’unione di spazi aperti residuali. Due modelli ricorrenti sono quello dell’area centrale divisa dagli edifici da una strada per il traffico veicolare, che separa le attività locate ai piani terra dall’utilizzo dello spazio pubblico, e, per piazze di dimensioni più modeste, quello dello spiazzo minerale con un elemento centrale, sia esso un albero o una fontana, attorniato da panchine. Qualsiasi sia la conformazione della piazza, comunque, prendendo spunto dalle riflessioni di Kaplan in Perception and Landscape: Conception and Misconception, per il comfort psicologico del fruitore sono essenziali tre requisiti: leggibilità, mistero e rifugio. Il disegno deve dare senso di unità rendendo comprensibile lo spazio, che deve avere però un grado di complessità tale da renderne stimolante la fruizione e deve dare la possibilità di sostare o sedersi in un luogo riservato e protetto.

2) Pavimentazione: conferisce unità al progetto, specialmente quando la piazza non ha una forma geometricamente definita; pattern, trame e colori diversi possono dare sensazioni completamente differenti, con alterazioni prospettiche, senso di quiete e divisioni dello spazio diverse. Il materiale, inoltre, può svolgere un ruolo significativo nel collegamento della piazza al contesto in cui è inserita tramite, per esempio, la scelta di pietra locale.

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12 3) Vegetazione ed elementi naturali: tutte le componentivegetali verticali e orizzontali, al di là del fondamentale ruolo bioclimatico che svolgono, sono a tutti gli effetti parte della composizione della piazza; gli alberi creano zone d’ombra per la sosta e sono tra i primi elementi ad essere visivamente percepiti, mentre le piante di minor taglia apportano ulteriori variazioni cromatiche e i prati invitano al riposo; le water features, laddove presenti, conferiscono allo spazio una sensazione di tranquillità grazie al loro suono e al movimento e all’aspetto dell’acqua.

4) Arredo: deve servire alla sosta, essere accessibile e attraente, favorire il comfort e aumentare la vivibilità della piazza; se di particolare design uguale a quello degli elementi utilizzati altrove nella città può dare senso di appartenenza della piazza al contesto, ma può anche essere costituito da elementi di design a sé stanti.

5) Illuminazione: il sistema di illuminazione ha una duplice valenza, essendo elemento di design di giorno e anche di lighting design di notte e si può utilizzare per suddividere aree, nascondere ed evidenziare determinati elementi e creare atmosfere.

6) Attrezzature e allestimenti temporanei: il progetto deve avere un approccio flessibile per poter ospitare eventi temporanei, anche semplicemente lasciando spazi “vuoti” per poter accogliere grandi gruppi di persone.

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2. Alberi in ambiente urbano

2.1 Vantaggi e svantaggi del greening dell’ambiente urbano

Gli effetti della vegetazione sul microclima urbano si possono suddividere in diretti, che influenzano in modo percepibile e misurabile le condizioni microclimatiche di un luogo, e indiretti, che interessano spazi più ampi; i primi sono l’incidenza su radiazione solare e velocità e direzione del vento, mentre i secondi sono le variazioni di temperatura e umidità atmosferica.

Chiaramente, l’influenza sul contesto è significativa solo se la massa vegetale è proporzionata al luogo: per avere miglioramenti su una piccola piazza può bastare un gruppo di alberi di dimensioni contenute, ma per aree di dimensioni maggiori questo non sarebbe sufficiente se non a creare una nicchia microclimatica in corrispondenza dello stesso. Lo stesso ragionamento vale anche per gli effetti indiretti, che, invece, interessano aree ampie perché le modifiche di temperatura e umidità atmosferica indotte dall’evapotraspirazione e dal calore sensibile emesso dalla vegetazione vengono dissipate dai movimenti dell’aria, eccetto che per contesti particolarmente protetti. (Scudo & Ochoa de la Torre, 2003)

L’uso appropriato di alberature può ridurre i consumi energetici degli edifici vicini, come appare chiaro pensando a una casa ombreggiata da un grande albero in estate, ma un uso errato può causare risultati opposti, come nel caso di un filare alberato così vicino a un palazzo da causare l’utilizzo di illuminazione elettrica di giorno per via dell’eccessivo ombreggiamento della chioma. Tuttavia, se si considerano i pro e i contro dell’influenza degli alberi sulle prestazioni energetiche delle città, generalmente si ha un bilancio positivo.

Inoltre, al di là dei cambiamenti microclimatici, la vegetazione aumenta il comfort e la salubrità dell’ambiente urbano, attenuando i rumori, fornendo senso di privacy, assorbendo anidride carbonica ed emettendo ossigeno, catturando il particolato atmosferico e altri inquinanti, intercettando e purificando le acque meteoriche,

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14 proteggendo il suolo dall’erosione e offrendo rifugio per la fauna locale. (Harris, Clark, Matheny, & Harris, 2003)

Di contro, una progettazione e una gestione errata degli elementi verdi, e degli alberi in particolare, può causare danni a pavimentazioni ed edifici, interferenze con questi e con altre infrastrutture ipo- ed epigee, eccessivo consumo idrico per l’irrigazione, imbrattamento delle superfici, incremento della presenza di allergeni nell’aria, emissione di composti organici volatili, problemi per l’incolumità pubblica, eccessivi costi di gestione e scadimento della qualità dei luoghi. (Scudo & Ochoa de la Torre, 2003)

Appare comunque chiaro come gli argomenti a favore della presenza di verde in città siano indiscutibili e gli alberi in particolare offrono all’ambiente urbano servizi di importanza fondamentale e non svolgibili da artefatti umani (ecosystem services). Quelli a sfavore, invece, sono più o meno facilmente evitabili e superabili con un’attenta progettazione e, forse ancor più, un’adeguata gestione.

2.2 L’analisi di stabilità degli alberi

Gli alberi in ambiente urbano forniscono servizi fondamentali per garantire una vivibilità adeguata, ma possono anche costituire un pericolo in quanto la possibilità di schianto di piante intere o anche solamente di parti di esse in ambienti altamente frequentati pone un rischio per l’incolumità pubblica. Contrariamente ai luoghi comuni, sui quali è spesso basata la gestione del verde, la pericolosità di un albero non è necessariamente correlata con, per esempio, la sua altezza o la densità della chioma, ma a difetti morfologici, danni agli apparati ipo- ed epigei e presenza di agenti cariogeni: un albero di notevoli dimensioni che non è mai stato sottoposto a taglio di radici e/o capitozzatura e con una buona integrità del legno può essere molto più sicuro di un altro, di dimensioni molto minori, ma che ha subito errati interventi di potatura e con presenza di carie.

Per questo è molto spesso necessaria la valutazione di stabilità delle alberature, che si pone come obiettivo l’analisi delle loro caratteristiche fisiche, l’accertamento della presenza di eventuali stress biotici (ad esempio funghi agenti di carie) e l’entità del danno da questi

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15 causato, al fine di elaborare un giudizio complessivo che consideri anche l’ubicazione e i possibili bersagli in caso di cedimento dell’intera pianta o di sue parti.

Il VTA, metodologia adottata nel caso di studio, (Visual Tree Assessment) è un protocollo di analisi visiva concepito dal Prof. Claus Mattheck che consente, in virtù degli assiomi di tensione costante, dello stress minimo e della crescita adattativa, di comprendere eventuali anomalie strutturali, anche interne, grazie all’analisi delle caratteristiche esterne dell’albero.

I dati raccolti, di tipo qualitativo, consentono di determinare la classe di propensione al cedimento della pianta, che ne definisce il livello di pericolosità e il periodo di ricontrollo, e di individuare le eventuali operazioni necessarie alla messa in sicurezza.

Nei casi in cui l’albero presenti difetti per la cui interpretazione non si considera sufficiente l’analisi visiva, si approfondisce l’indagine passando al piano strumentale, con lo scopo di quantificare i danni e le lesioni presenti, a volte non visibili dall’esterno. Questa viene condotta basandosi sui punti critici rilevati con visivamente, confermandone l’importanza e fungendo da integrazione e non da sostituzione. Generalmente vengono effettuati test con dendrodensimetro e/o tomografo sonico, di seguito illustrati e utilizzati in questo studio, ma in altri casi può venire condotta anche una prova di carico, che stabilisce una correlazione tra forza a cui è sottoposto l’albero a causa del vento e inclinazione del fusto, indice della tenuta dell’apparato radicale.

Il Resistograph® è un dendrodensimetro, cioè uno strumento in parte analogo ad un comune trapano, che misura l’energia necessaria alla perforazione del legno dell’albero con una micro-trivella con punta da 3 mm. Questa è maggiore per porzioni di legno sano e via via minore per quelle sempre più degradate. Le informazioni ottenute vengono restituite tramite un tracciato grafico che, in campo, restituisce immediatamente informazioni circa lo stato d’integrità dei tessuti legnosi grazie a una piccola stampante o a connessione Bluetooth con tablet o smartphone. I dati vengono inoltre salvati su una scheda di memoria per poterli successivamente trasferire su PC. La misurazione è strettamente puntuale perché viene analizzata solo la porzione attraversata dalla trivella, quindi un numero maggiore di rilievi consente una miglior

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16 comprensione dello stato d’integrità generale. Grazie all’analisi con questo strumento si può definire il rapporto t/R, postulato da Mattheck, dove t è la porzione di legno sano e R è il raggio dell’albero nella porzione analizzata. Alberi con t/R inferiore a 0.3 hanno alta probabilità di cedimento, per cui questo valore è considerato generalmente come soglia sotto alla quale si considera molto compromessa la stabilità della pianta.

Arbotom® è un tomografo sonico a impulsi per l’analisi dello stato del legno interno degli alberi. Grazie ad appositi sensori, posti intorno al fusto o alla branca analizzati su chiodi speciali (con testa a sistema chiave-serratura con i sensori) inseriti per pochi centimetri, lo strumento registra la velocità di propagazione nel legno degli impulsi provenienti da uno di questi quando colpito con un martello. Il tempo di propagazione dell’onda nella pianta viene registrato dai diversi sensori e permette di ricavare la velocità dell’impulso, correlata all’integrità dei tessuti: questa è maggiore nel legno sano e minore in quello degradato. I dati ottenuti vengono inviati in tempo reale a un software su PC o tablet che, interpolando i diversi tempi di percorrenza registrati, genera un modello 2D e, nel caso si allestiscano più palchi, 3D, rappresentante lo stato d’integrità. La rappresentazione grafica risultante riporta con colori diversi le aree in cui la velocità di propagazione dell’onda è differente, basandosi su una scala colorimetrica, leggibile in legenda, che ha come estremi i valori massimo e minimo per la specie dell’albero analizzato, inserita nel software prima o dopo aver effettuato le misurazioni.

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2.3 Indicazioni di progettazione per l’inserimento di alberi nella

piazza

Gli spazi aperti devono essere accessibili per tutta la popolazione ed è fondamentale che gli utenti possano fruirne in sicurezza, salute e comfort fisico e mentale, con meno fattori di disturbo possibili. Specialmente in estate, periodo di grande utilizzo degli spazi esterni, lo stress causato da temperatura, radiazione solare, luminosità etc. è massimo e la vegetazione svolge un ruolo di primaria importanza nella riduzione di questi fattori di disturbo. (Clemente & Clemente, 2017)

Riprendendo i modelli proposti nel paragrafo 1.1.2, nelle piazze di forma compatta (il tipo 1) il comportamento radiativo è indipendente dall’orientamento e se l’altezza del costruito è simile a quella delle dimensioni trasversali della piazza, l’elemento verde centrale, quando alto come gli edifici, ombreggia in modo significativo solo gli edifici posti a est e a ovest rispetto allo stesso.

Le piazze allungate di tipo 2, cioè con solo verde perimetrale, hanno un comportamento radiativo fortemente dipendente dall’orientamento e, con rapporto H/D < 1 (cioè il rapporto tra altezza degli edifici e asse minore), le alberature nelle fasce est e ovest determinano sempre effetti positivi di ombreggiamento al mattino e al pomeriggio in estate e soleggiamento in inverno; se, invece, i fabbricati sono più alti, prevale l’effetto di ombreggiamento di questi e la vegetazione è importante non tanto per l’intercettazione della radiazione solare, quanto per l’abbassamento della temperatura, in particolar modo per piazze sufficientemente chiuse da ridurre le dissipazioni per convezione orizzontale e verticale.

Le piazze di tipo 3, come gli squares inglesi, hanno un modello di comportamento bioclimatico dipendente più dalle dimensioni che dalla forma e si possono individuare due sottotipi: l’oasi, in cui le piante presenti costituiscono una massa tale da indurre brezze termiche fresche grazie alla differenza di temperatura tra l’area prossima alla vegetazione e quella adiacente agli edifici; la pergolata, in cui la biomassa è di entità modesta, quindi lo è anche il raffrescamento, e le piante agiscono solo come ombrello verde che fornisce ombra.

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18 Le piazze di tipo 4, infine, hanno spesso alberature utilizzate più per scopi mirati all’influenza su singole parti, come l’ombreggiamento dei parcheggi adiacenti al costruito nel caso di Piazza Domenico Cavalca, che per effetti microclimatici. (Scudo & Ochoa de la Torre, 2003)

La scelta degli elementi vegetali è simile a quella che si attua per le strade e bisogna considerare la canopy degli alberi. Chiome molto spesse tendono a smorzare e sfasare l’andamento della temperatura, mentre quelle leggere seguono in misura maggiore l’andamento della temperatura perché, pur intercettando gran parte della radiazione visibile, non riescono ad attenuarne gli effetti termici e si hanno temperature più elevate di giorno e raffreddamento più rapido di notte. (Scudo & Ochoa de la Torre, 2003). Il portamento e la forma della chioma, inoltre, devono essere scelti in base alle caratteristiche d’uso dello spazio e alle caratteristiche architettoniche delle diverse specie/cv.

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3. Piazza Domenico Cavalca

3.1 Il contesto: Vicopisano

Vicopisano è un Comune della provincia di Pisa di circa 8.000 abitanti e con un’estensione di 26,92 km2, composto da diverse frazioni: Vicopisano,

San Giovanni alla Vena, Cucigliana, Lugnano, Uliveto Terme e Caprona, tutte dislocate lungo la Strada Provinciale vicarese, che porta a Pisa.

Il territorio comunale è compreso tra il fiume Arno, a sud, e il Monte Pisano, a nord; la grande eterogeneità che ne consegue ha offerto agli abitanti di questi centri di sfruttare le potenzialità economiche e produttive di entrambi gli ambienti: dai boschi agli oliveti, dal trasporto fluviale allo sfruttamento delle acque.

Inoltre, vi sono numerose attrazioni paesaggistiche e artistiche, motivo della crescita del turismo che sta interessando Vicopisano e il suo territorio negli ultimi anni.

3.1.1 Storia e architettura di Vicopisano

Vicopisano sorge su un colle, probabilmente già abitato in epoca etrusca, alla confluenza tra l’Arno, che lo collega con Pisa e il mare, e l’Auser, che lo collega al lago di Sextum e alla Lucchesia.

Durante il X secolo viene costruito il Castello di Auserissola (da Auseris Sala, toponimo longobardo indicante un appezzamento di terreno vicino al fiume Auser) che, oltre ad offrire rifugio, fa da catalizzatore per gli scambi commerciali attraendo la popolazione del borgo di Vicus, antico insediamento non difeso posto ai piedi del colle in corrispondenza della Pieve di S. Maria. Questo fenomeno porta alla fusione dei siti al punto che nell’XI secolo, quando il complesso viene acquisito dai Vescovi di Pisa, il nucleo ha il nome di Vicus Auserissola. (Boncinelli, 1886)

Nel XIII secolo la Repubblica Pisana si sostituisce ai Vescovi e sfrutta Vicopisano per l’organizzazione militare del suo contado, rendendolo sede di Capitania (una delle circoscrizioni militari del Contado pisano) nel 1230; diventando quindi partecipe delle fortune marinare pisane, vengono a raccogliersi tra le sue mura diverse famiglie di ricchi mercanti

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20 che iniziano la costruzione di case e torri, dando all’insediamento l’aspetto di una vera e propria cittadina. (Cabras, 1990)

Verso la fine del secolo, con il declino di Pisa, Vicopisano viene fortificata ulteriormente e nel 1330 viene eretta la Rocca. Nel 1406, tuttavia, Vicopisano cade nelle mani di Firenze, che la rifortifica secondo il progetto di Brunelleschi, che include anche la costruzione della Rocca Nuova, completata nel 1434. Vicopisano rimane, tranne che brevi periodi, sempre sotto il dominio di Firenze, che la rende sede del Vicariato del Valdarno Inferiore, una suddivisione del territorio a fini amministrativi.

Con la dinastia dei Medici parte la ricostruzione di Pisa e del suo Contado, distrutti da un secolo e mezzo di guerre e in particolare dal 1560 iniziano opere di miglioramento idrogeografico tra Bientina e Vicopisano, con la deviazione dell’Arno e altre opere idrauliche. Vicopisano diventa la sede della corte e del vicario, in quanto centro del Vicariato delle valli dell’Arno e del Serchio, comprendente numerose comunità riunite in tre grandi podesterie (Vicopisano, Cascina-Pontedera e Ripafratta).

La pacifica situazione politica porta allo sviluppo di numerose attività artigianali, sebbene l’agricoltura sia comunque la maggiore occupazione della popolazione, con specializzazioni in diversi campi di San Giovanni alla Vena, Uliveto e Buti; Vicopisano, perso il suo ruolo di avamposto economico e militare pisano, si regge sull’agricoltura e mantiene la sua importanza come centro politico locale, grazie alla presenza di vicario, cancelliere, tribunale e carceri vicariali. (Banti)

Tra il XVI e il XVII secolo, con l’abbandono delle tradizionali attività mercantili e lo sfruttamento estensivo dei terreni, anche molti appezzamenti di Vicopisano vengono acquisiti dalla classe dirigente fiorentina e dalla nobiltà pisana, e fino a metà Settecento i Medici gestiscono la Fattoria di Vicopisano. La disponibilità di pianure fertili e la presenza di corsi d’acqua con i quali trasportare le merci costituiscono in questo periodo un altro elemento in favore della prosperità dell’area di Vicopisano.

Nella seconda metà del XVII secolo, con il Granducato di Toscana e la spinta illuminata di Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena, sono coinvolti anche i centri minori. Nel 1776 tutte le piccole comunità locali vengono riunite sotto la Comunità di Vicopisano e governate da un unico Consiglio, con la parallela limitazione dei poteri del vicario. Nel 1786 viene

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21 abolita la pena di morte e l’anno seguente anche a Vicopisano viene attuata la rimozione delle forche e degli strumenti di tortura che fino ad allora erano sempre rimaste all’ingresso del paese all’inizio della Via Crucis. Si dà avvio alle allivellazioni, cioè le vendite di grandi patrimoni terrieri ed immobiliari, al fine di formare un ceto di piccoli proprietari terrieri così da creare un benessere più diffuso e meno accentrato nelle mani di pochi grandi possidenti; con questo processo, anche la Fattoria Granducale di Vicopisano viene smembrata e affidata a più proprietari.

Nel 1782 viene soppresso il Convento dei Francescani, per cui la chiesa, sostituita da una villa nel 1838, il convento e la rocca diventano di proprietà privata. Nel 1799 la Toscana viene conquistata dall’esercito napoleonico e vengono apportati diversi cambiamenti, controbilanciati tuttavia da una forte tassazione e dalla dipendenza economica dalla Francia. Con la fine del periodo napoleonico, nel 1815, tornano al potere i Granduchi di Lorena, che continuano le riforme iniziate da Pietro Leopoldo, con la differenza che, dato il diverso contesto socioculturale, queste vengono richieste dalla popolazione e non sono introdotte ad opera di una classe dirigente illuminata, che si trova in difficoltà nel soddisfare le richieste crescenti della società. Il Governo toscano, inoltre, viene ideologicamente contrastato dall’ideale dell’Unità d’Italia, che si concretizza nei moti del 1848 ai quali segue l’allontanamento del Granduca Leopoldo II da Firenze.

Sempre nel 1848 scompare definitivamente il vicariato di Vicopisano, sostituito dal sistema amministrativo toscano. Oltre all’agricoltura inizia la diversificazione di attività manifatturiere ed estrattive, ma a Vicopisano rimane ancora dominante l’attività agricola. Nella prima metà del secolo, inoltre, viene completata l’opera di bonifica del territorio con il prosciugamento del Padule di Bientina.

Nel 1923, con l’abolizione della pretura circondariale, cessa l’ultimo ruolo di rilevanza rivestito da Vicopisano. La seconda guerra mondiale lascia fortunatamente intatto il centro storico di Vicopisano, nonostante causi comunque uccisioni di civili durante le ultime fasi del conflitto.

Nel Dopoguerra le attività artigianali diventano prevalenti sull’agricoltura e vengono realizzate zone produttive in molte aree pianeggianti del territorio comunale.

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3.2 Elementi di interesse rilevanti per il progetto

Vicopisano possiede una notevole quantità di edifici religiosi e civili di grande pregio ed è circondato da un paesaggio particolarmente interessante, ma sono qui di seguito, per semplicità, descritti solo gli elementi inerenti al progetto trattato visibili dalla Piazza. (Fig. 3).

3.2.1 La Rocca del Brunelleschi

La Rocca viene edificata nel 1435, su commissione del governo fiorentino e affidata a Filippo Brunelleschi. Per la realizzazione vengono abbattuti palazzi e chiese presenti sulla sommità del colle e inglobata la Torre di Santa Maria, risalente al XII secolo.

Innovativo è il sistema di ponti levatoi esterni che, se alzati, isolano la rocca dal resto del borgo per proteggersi da eventuali nemici e interni, che consentono di separare parti progressive della Rocca fino ad arrivare a potersi confinare nella sola torre, munita di cisterna e magazzino per i viveri.

Dalla Rocca fino ai piedi del colle viene costruito il muraglione merlato, che termina con la Torre del Soccorso: anche se il nemico dovesse prendere Vicopisano, non gli sarebbe possibile prendere la Rocca per fame, perché questa torre consente di ricevere soccorsi dall’esercito fiorentino, grazie a una piccola caletta di approdo fortificata da cui poter far entrare uomini, armamenti e viveri attraverso uno stretto portello, quindi una scala a pioli fino ad arrivare al secondo piano della torre, dove si può accedere al muraglione merlato e quindi alla Rocca. Se anche il nemico dovesse conquistare la Torre del Soccorso, gli sarebbe impossibile risalire il muraglione, esposto al tiro dalla rocca, con la quale tra l’altro è presente un ponte levatoio di 3 metri su uno strapiombo di 15 metri. (Fascetti, 1999)

3.2.2 Il colle Mirra e la chiesa di Santa Maria Addolorata

Il colle Mirra, prevalentemente boscato, ospita sulla sua sommità la chiesa di Santa Maria Addolorata, detta anche della Via Crucis, che è uno degli edifici religiosi più recenti del territorio vicarese (risale infatti al 1720) ed è collegata alla pianura da una salita scandita dalle quattordici stazioni della Via Crucis.

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23 Oggi la chiesa non è più visibile dalla piazza perché occultata dalla vegetazione, ma nel caso di una gestione differente della vegetazione lo sarebbe, come dimostrato da alcune cartoline degli Anni ’10 e ’20.

3.2.3 Palazzi e case torri

Vicopisano possiede un rilevante patrimonio di case torri medievali in buono stato di conservazione, erette per la maggior parte tra l’XI e il XII secolo da famiglie ricche per dimostrare il proprio potere.

Nel centro storico sono presenti nove torri medievali del periodo tra XI e XV secolo.

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3.3 Piazza Domenico Cavalca

La Piazza oggetto di questo studio, Piazza Domenico Cavalca, è situata nell’area tra le sopraccitate Chiesa di Santa Maria Addolorata e Rocca del Brunelleschi (Fig. 5).

Escluse le sedi stradali circostanti, l’area attualmente adibita a piazza occupa un’area di circa 1'500 m2, che aumenta a circa 5'000 m2 se si

calcola lo spazio negativo tra gli edifici che racchiudono quest’apertura del tessuto urbano.

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3.3.1 Storia della piazza

In epoca medievale era presente una Piazza del Mercato, separata dal borgo da un fossato attraversabile all’altezza dell’odierna Via Lante con il cosiddetto “ponte di mercato”, completamente vuota eccetto che per la colonna della gogna pubblica, situata dove oggi è presente l’edicola e dov’è rimasta fino al Settecento. La prima rappresentazione nota è quella del catasto storico regionale dell’Ottocento (Fig. 6): di forma approssimativamente triangolare, è racchiusa a est dagli edifici che sono oggi presenti lungo il lato orientale, a nord dal palazzo Cei e a ovest da una fila di case poi demolite. La maggior parte dello spazio attualmente occupato dalla Piazza è un grande giardino, confinante a nord con un altro giardino, quello privato in parte visibile ancora oggi, e a sud-ovest da un piccolo corso d’acqua, denominato Riu Maggiore, deviato nel 1855 per farlo confluire nel Rio della Pieve.

La prima fotografia risale al 1901: il perimetro della piazza, denominata Piazza XX Settembre, è quello odierno e si vede la fontana, costruita collettivamente dalla comunità vicarese, chi contribuendo economicamente, chi lavorando gratuitamente, per ovviare al problema della mancanza di acqua nelle case. Eccetto che per la fontana centrale, lo spazio si configura come un’area sterrata aperta tra gli edifici. Successivamente la superficie viene coperta con del ghiaino e vengono mantenuti due prati nella parte antistante all’allora edificio scolastico (attualmente in disuso, dominante il lato ovest).

Pochi anni dopo la Piazza viene intitolata a Domenico Cavalca, frate domenicano nato a Vicopisano intorno al 1270 e già à inizio Novecento sono presenti diverse attività commerciali: alcuni bar, un’osteria, un botteghino col gioco del lotto e una tabaccheria-spezieria. Negli anni ’30 vengono piantati due filari di piccoli alberi nella posizione in cui sono oggi i tigli, sotto ai quali negli anni ’40 vengono aggiunte delle panchine.

Nel 1960, essendo ormai presente in tutte le case l’acqua corrente, essa viene dirottata dalla fontana ai lavatoi pubblici costruiti negli anni ’50 e nel 1965 la Piazza viene riprogettata, con la posa dell’attuale pavimentazione in pietra, la realizzazione di quattro quadranti inerbiti e la messa a dimora di quattro pini in posizione centrale insieme a rose e ad altri arbusti. Le panchine in pietra presenti sotto ai filari di tigli vengono

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26 tolte e a poco a poco, con l’aumentare della presenza di automobili, i lati della Piazza diventano parcheggi. (Bertini, 2009)

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3.3.2 Stato di fatto

L’impostazione attuale, frutto della sistemazione del 1965, è così articolata: la sede stradale, coperta con conglomerato bituminoso tradizionale, circonda interamente l’area pedonale (xxx mq), separandola dagli edifici e lasciando spazio a numerosi parcheggi per gli autoveicoli (Fig. 7).

Al centro, lo spazio adibito a Piazza vera e propria è sollevato rispetto al piano stradale e diviso in quattro quadranti inerbiti che racchiudono un quadrato centrale ricavato intorno alla fontana, in verrucano e marmo bianco, e arredato con panchine in disposizione regolare. La pavimentazione, in pietra, copre quest’ultima parte, i quattro vialetti che si dipartono verso i punti centrali dei quattro lati, il marciapiede perimetrale e quelli a ridosso degli edifici (Fig. 8).

Al centro della Piazza sono posizionati quattro Pinus pinea, uno per quadrante e a un paio di metri di distanza dal quadrato centrale, che presentano abbondanti radici affioranti, che non hanno tuttavia ancora intaccato la pavimentazione, e la cui chioma è stata deformata da interventi di innalzamento della chioma errati. Nel quadrante di sud-est, inoltre, è presente un Cedrus deodara in buone condizioni e non interferente con alcuna infrastruttura. Ai vertici opposti dei quadranti rispetto ai pini sono presenti tre cespugli di Platycladus orientalis (Fig. 9).

La porzione corrispondente all’area mercatale medievale è completamente coperta con conglomerato bituminoso, divisa tra la sede della SP38, una fermata dei bus, un’area utilizzata come spazio esterno di uno dei bar e cintato con piante in vaso e un parcheggio per motoveicoli, in cui sono presenti tre Pyrus calleryana ‘Chanticleer’ in ottime condizioni e poste a dimora in aiuole di dimensioni ragionevoli. A ovest vi è l’ex edificio scolastico, rispetto al quale vi sono:

- a est una striscia inerbita in cui sono stati posti a dimora due esemplari di Prunus cerasifera ‘Pissardii’ e Hibiscus syriacus ad alberello, tutti danneggiati da interventi di capitozzatura, che ne ha rovinato irrimediabilmente il portamento, e Olea europaea, potato come da olivicoltura, ma assolutamente non adatto e privo di significato per questo luogo;

- a nord uno spiazzo coperto con ghiaia, in cui sono presenti due individui di Platanus x hybrida, anch’essa danneggiati in passato

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28 con un intervento di capitozzatura e con diverse cavità al fusto (Fig. 10);

- a sud un’area giochi inerbita, con un esemplare di Pinus pinea, di cui uno eccessivamente prossimo all’edificio, due di Cedrus deodara, di cui uno con chioma completamente sbilanciata su di un lato, e uno di Cupressus sempervirens ‘Pyramidalis’ (Fig. 11); - a ovest, tra l’ex scuola e un muro di cinta privato, un budello

inerbito che collega le ultime due aree.

Lungo largo Guglielmo Marconi, di cui sede stradale e marciapiedi sono pavimentati coerentemente con la piazza, sono presenti su entrambi i lati diversi Quercus ilex che, per via delle dimensioni eccessive di questa specie in forma libera per lo spazio a disposizione, risultano oggi completamente sfigurati da continue potature drastiche volte a contenerne le chiome. È chiaro come le nuove piante messe a dimora, della stessa specie, andranno incontro allo stesso destino qualora non mantenute costantemente, con notevole dispendio e ridotti benefici eco-sistemici forniti, in forma obbligata.

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29 Fig. 9. I fusti eccessivamente slanciati dei pini e la radici affioranti; ai vertici opposti, arbusti di Platycladus orientalis.

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30 Fig. 10. Prunus cerasifera ‘Pissardii’, Hibiscus syriacus e Platanus sp. capitozzati

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31 Qui di seguito sono proposte le analisi condotte nel mese di dicembre 2018 su due tigli e uno dei pini centrali.

Tilia x eropaea n °1

Il primo tiglio di cui viene qui riportata sinteticamente l’analisi di fitostabilità fa parte del filare posto lungo il lato N della Piazza, tra la sede stradale (a S rispetto all’albero) e gli edifici residenziali (a N). È radicato all’interno di un’aiuola non delimitata e circondata da conglomerato bituminoso. In direzione NE è presente il passo carraio di un’abitazione privata, il cui percorso di collegamento alla strada risulta adiacente all’albero preso in esame mentre verso W un centro di raccolta rifiuti (Fig. 12).

L’albero, alto tra 8 e 8,5 m, non è inclinato e la chioma è solo moderatamente sbilanciata, senza limitazioni allo sviluppo (Fig. 13).

Si riscontrano sollevamento della zolla radicale e presenza di riscoppi. Il fusto non è perfettamente in asse ed è evidente una grande ferita longitudinale lungo il lato S, che lascia scoperto il legno sottostante, di colore grigiastro, screpolato e con fori da insetti xilofagi, causata dall’urto di un camion (secondo quanto riportato da fonti locali). A una quota inferiore rispetto a questa ferita è presente una cavità molto più piccola, ma leggermente più profonda (circa 4 cm), in cui è stata ritrovata una colonia di formicidi annidata sotto frammenti di corteccia in vista dell’inverno imminente. Sono, inoltre, visibili rigonfiamenti in corrispondenza delle sedi di taglio dovuti alla rimozione di succhioni, presenti anche al momento del rilievo, e ferite da operazioni di potatura aperte o cicatrizzate (Fig. 14).

La chioma, leggermente asimmetrica, ha l’apice spezzato e molte branche di simile diametro ben distribuite, di cui però alcune codominanti, in alcuni casi fino ad essere anastomizzate alla base. Una delle branche laterali e il leader centrale mostrano ferite aperte con fessurazioni e screpolature. Vi sono anche leggeri seccumi nella porzione distale della chioma.

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32 Fig. 12. Vista aerea.

Fig. 13. Inquadramento generale

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33 Su di essa è stata condotta, a scopo didattico, un’indagine con

Arbotom®, come qui illustrato in Fig.15.

Da questa prima restituzione colorimetrica si nota come il legno sia generalmente in ottimo stato e il cerchio blu evidenzia come il rapporto t/R sia rispettato (sopra al valore soglia di 0.3). Le intere sezioni sono infatti di colore verde, corrispondente alla massima velocità di propagazione dell’impulso, indice di legno sano. Nella sezione del secondo palco, tuttavia, si rileva una leggera colorazione tendente al giallo nella porzione centrale, sintomo di un inizio di degradazione del legno.

Tale colorazione è meglio riscontrabile nella restituzione tridimensionale riportata qui sotto in cui si nota come il legno leggermente degradato sia presente lungo tutta la parte di fusto analizzata, anche se in misura minore verso le estremità (Fig. 16).

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34 In conclusione, dall’analisi visiva e strumentale l’albero si presenta, nonostante lo scarso valore estetico, in buone condizioni e stabile, per cui è stato assegnato alla classe di propensione al cedimento B (analogamente a quanto riportato in una precedente campagna di monitoraggio condotto dalla ditta TreeLab su incarico del Comune di Vicopisano). Tuttavia, nell’ottica di rifacimento totale della piazza, questo esemplare non ha caratteristiche di pregio e anzi, i danni riportati sono tollerabili nel breve periodo, ma nel lungo sarà inevitabile la degradazione del legno, quindi se ne propone l’abbattimento.

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Tilia x europaea n° 2

Questo albero fa parte del filare posto lungo il lato S, tra la sede stradale (a N rispetto all’albero) e gli edifici residenziali (a S). È radicato all’interno di un’aiuola non delimitata e circondata da conglomerato bituminoso. A meno di un metro, in direzione E, è inoltre l’edicola, sopra alla quale si sviluppa parte della chioma (Fig. 17).

L’albero, alto circa 7 m, non è inclinato, ma presenta una chioma fortemente sbilanciata, formata da tre branche protese verso l’edicola e la sede stradale. Sono presenti inoltre succhioni al castello in direzione S e, sopra all’edicola, un moncone degradato (Fig. 18) causato dalla rottura della rispettiva branca. Il diametro totale della chioma è di 3,5-4 m in direzione E-W e circa 5 m in direzione N-S e vi è interferenza con la chioma dell’albero radicato dalla parte opposta dell’edicola.

È a dimora lungo il margine stradale asfaltato in un’aiuola di forma quadrata non delimitata con terreno costipato e contenente anche un palo in alluminio zincato (del tipo per segnaletica stradale verticale) posto a nord rispetto all’albero.

Si denota un’importante esposizione dell’apparato radicale dovuta al costante riporto di terra intorno all’albero al di sotto del colletto effettuato in passato (come riportato dai cittadini

intervistati). È scoperto e presenta due cavità, una verso S profonda 25 cm e una verso S-SW profonda 15 cm. I contrafforti sono lesionati, in parte scortecciati e con ferite. Sono inoltre presenti giovani riscoppi.

Dal castello a scendere lungo tutto il tronco sul lato W, vi è una cavità longitudinale profonda mediamente 25 cm che segue l’andamento del tronco, leggermente in torsione (Fig. 19).

All’inserzione delle branche questa cavità si divide in altre due di diametro inferiore che penetrano nel moncone degradato per almeno 80 cm e nella branca che si sviluppa verso W (la cui profondità non è stata stimata per via delle difficoltà riscontrate nelle misurazioni a causa della conformazione dell’albero e della palina utilizzata).

Diametralmente opposto all’apertura della cavità principale vi è, sempre lungo tutto il fusto e con andamento sinuoso, un cretto cicatrizzato visibile sia dall’esterno sia dall’interno della cavità.

La conformazione della cavità suggerisce, per via dell’andamento longitudinale che attraversa diametralmente tutto il fusto, che la sua

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36 formazione sia stata causata dalla caduta di un fulmine oppure, per via della forma dell’apertura alla corona, dalla potatura o dallo scosciamento di una delle branche principali.

Quest’ultime, oltre a quanto descritto sopra, presentano ferite da tagli di potatura aperte e cicatrizzate. Quella che si sviluppa verso E, inoltre, mostra una fessurazione longitudinale sul lato superiore da cui si sviluppa verso l’interno del ramo una cavità profonda circa 10 cm, il cui margine è parzialmente richiuso nella porzione inferiore.

Su tutta la pianta crescono muschi e licheni e sono presenti fori di insetti xilofagi, all’esterno su colletto e branche e all’interno della cavità sul fusto.

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37 Fig. 18. Inquadramento generale

dell’albero

Questa pianta è stata analizzata, a fini didattici, con Resistograph®, di cui

Fig. 17 Vista aerea.

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38 vengono riportati i risultati.

La misurazione n° 70 è stata effettuata al colletto (lato SW) in corrispondenza di una porzione apparentemente sana ma, come visibile dal grafico, il legno nella porzione indagata è sano solo per il 21% del raggio totale (Fig.20).

t/R = 23/77 = 0,30

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39 La n° 79 è stata effettuata all’inserzione delle branche del lato W, in direzione da SE a NW (Fig. 21).

t/R = 29/95 = 0,30

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40 La n° 82 è stata effettuata all’inserzione al castello della branca verso E e del moncone degradato, quindi nella stessa porzione di albero della n° 80, ma a quota inferiore e sempre partendo dalla direzione del moncone degradato (Fig. 22).

t/R = 1/97 = 0,01

In sintesi, i valori di t/R calcolati, tranne che per la porzione indagata di apparato radicale, sono, sia per il colletto sia per le branche, uguali o inferiori al valore critico di 0.3. Considerando anche il fusto, per il quale non è stato necessario l’uso del dendrodensimetro poiché il t/R è chiaramente non rispettato già con l’analisi visiva, in generale l’albero presenta diverse porzioni la cui stabilità è critica.

In conclusione, viste le pessime condizioni fitostatiche – ed estetiche – dell’albero chiaramente visibili a occhio, non si sarebbe resa necessaria alcuna analisi sul piano strumentale ed è chiara l’assegnazione alla classe di propensione al cedimento D (da segnalare come tale esemplare non fosse stato censito e valutato nella precedente campagna di monitoraggio condotta dalla ditta TreeLab).

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Condizioni generali di altri alberi

Analogamente ai due tigli le cui analisi sono state sopra riportate, gli esemplari coevi mostrano condizioni fitostatiche medio-basse, mentre quelli giovani sono già irrimediabilmente rovinato da legature errate (Fig. 23).

I quattro pini in posizione centrale causano problemi alla circolazione delle persone durante gli eventi mercatali con le estese radici superficiali. Inoltre, sono stati rovinati da continue errate potature di innalzamento della chioma, che li ha portati ha sviluppare un fusto sempre più alto e snello. Questo ha determinato uno spostamento del carico di branche, rami e fogliame verso l’apice del fusto, condizione che rende più critica la stabilità delle piante.

Considerando inoltre lo scarso contributo che danno al miglioramento del microclima della piazza, a causa della massa fogliare molto ridotta, l’ombreggiamento minimo dell’area sottostante, il disturbo causato dalla caduta dei coni, l’ostacolo posto ad alcune visuali (Fig. 24) e l’assenza di un reale valore storico, se ne propone l’abbattimento.

L’esemplare di Cedrus deodara posizionato nel quadrante di sud-est, invece, si mostra in buone condizioni, con fusto dritto e chioma bilanciata, e non interferisce con alcuna infrastruttura; per questi motivi, viene conservato nella proposta progettuale.

Gli alberi prossimi all’ex edificio scolastico sono già stati descritti precedentemente e si è optato per l’abbattimento per i seguenti motivi:

- scarso pregio causato da capitozzature di tutte le piante appartenenti alle specie Platanus sp., Prunus cerasifera ‘Pissardii’, Hibiscus syriacus, Olea europaea e Quercus ilex;

- particolare vicinanza agli edifici, chioma sbilanciata e scarso pregio degli alberi presenti nell’attuale area giochi a sud dell’ex edificio scolastico;

- mancanza di un disegno coerente e scarsa valenza ambientale degli arbusti di Platycladus orientalis e Rosa sp.

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42 Fig. 23. Danno da legatura errata su tiglio giovane.

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4. TreeSprawl: la proposta progettuale

Conclusa l’analisi dello stato di fatto, è iniziato il percorso progettuale che ha portato alla formulazione della presente proposta.

4.1 Analisi dell’utenza

Al fine di comprendere eventuali desiderata della Giunta comunale (e della popolazione) e rilevare i problemi riscontrati nel sito, sono stati stilati due questionari, differenti per i due gruppi.

4.1.1 Questionario rivolto alla Giunta comunale

Questo primo documento è stato impostato su domande aperte poiché dedicato ad un gruppo ristretto di persone, la cui risposta è stata prevista come univoca.

Si riportano qui le domande con le rispettive risposte:

1) a) Quali sono le problematiche della piazza? b) Quali invece i punti di forza?

a) Deflusso acque, parcheggi, traffico; b) Rilancio attività commerciali e organizzazione di numerosi eventi.

2) Quali miglioramenti attuereste e quali sono già stati realizzati?

Miglioramento del decoro pubblico, inserimento di fiori, panchine e aiuole mantenendo i necessari spazi per gli eventi (es. Castello in fiore, mercatino dell'antiquariato, ecc.)

3) Quale sarà la destinazione d'uso principale? Centro di aggregazione.

4) Quali sono le attività e/o gli edifici maggiormente influenti sulla vita della piazza?

Attività commerciali.

5) Quali sono le conflittualità con l'utilizzo della piazza? Mercato, eventi e attività commerciali.

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44 6) Che cosa incentiva e che cosa invece disincentiva la permanenza? Piccioni e traffico.

7) Siete favorevoli o meno all'abbattimento dei pini? Sì, ma attenzione massima alle sostituzioni.

8) Nell'ottica di un ampliamento dell'area pedonale, quale parte della sede stradale preferireste chiudere?

Dal ristorante Aurora alla banca.

4.1.2 Questionario rivolto alla popolazione

Le domande rivolte alla popolazione, invece, sono state proposte sottoforma di risposta multipla secondo una scala di gradimento da 1 (per niente) a 5 (molto), così da poter sintetizzare le molte opinioni in un’unica posizione espressa dalla media dei voti. Oltre a due domande circa la residenza a Vicopisano e la fascia d’età (così da inquadrare le caratteristiche del fruitore della Piazza), è stato lasciato uno spazio ad eventuali osservazioni e note generali per garantire ad ognuno di esprimere liberamente il proprio punto di vista. Per raccogliere le risposte si è utilizzata la modalità dell’intervista diretta basata sui punti del questionario.

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45 Fig. 25. Questionario di gradimento relativo alla Piazza Domenico Cavalca

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46 Le risposte di novantacinque cittadini sono state sintetizzate con l’uso del software Microsoft® Office Excel e il risultato è quanto segue:

Domanda Media numerica

La piazza necessita di un intervento di riqualificazione

4,2

La piazza deve essere in stile e con gli edifici circostanti e rispecchiare la storia di Vicopisano

4,5

La piazza deve avere un aspetto moderno e innovativo, anche se contrastante con gli edifici vicini

1,6

Servono panchine e lampioni nuovi in sostituzione di quelli presenti

3,7

I pini devono essere rimossi 3,0

Deve essere aumentata la superficie pavimentata

1,9

L’uso della piazza è scoraggiato dalla presenza di parcheggi e del traffico

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4.2 Concept

Sinteticamente viene qui riportata la riflessione alla base della nascita di TreeSprawl:

I) Unità dello spazio.

Rispetto allo stato attuale, le immagini storiche della precedente sistemazione di Piazza Domenico Cavalca mostrano un luogo decisamente più armonico e a misura d’uomo: uno spazio omogeneo, non frammentato disposto sullo stesso livello, in cui le persone erano libere di circolare e scegliere i propri percorsi con una grande apertura del tessuto urbano in cui spiccava la fontana e da cui erano godibili le viste verso la Rocca del Brunelleschi e il colle Mirra (Figg. 26, 27).

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48 Fig. 26. Cartolina degli anni ’20 in cui si notano lo spazio omogeneo della Piazza e la vista sul centro storico.

Fig. 27. Cartolina degli anni ’20 in cui si vedono spuntare dal bosco gli edifici posti sulla sommità del colle Mirra.

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49 II) Inserimento nel contesto.

Come visto precedentemente, Piazza Domenico Cavalca è situata tra il colle Mirra, luogo quasi completamente boscato, e quello su cui sorge la Rocca del Brunelleschi, prevalentemente minerale. Da qui l’idea di una “colata” di alberi (uno sprawl, riadattando il concetto di urban sprawl) che dal bosco si insinua tra gli edifici invadendo la Piazza (Fig. 28).

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50 III) Greening.

Nell’ottica di non ricreare una “semplice” piazza completamente minerale, ma di realizzarne una verde, alla luce dei benefici di quest’ultimo in ambito urbano, è stata ideata una copertura arborea omogenea in modo da ricreare sì uno spazio non frammentato, come a inizio/metà Novecento, ma anche verde (Fig. 29).

Fig. 29. Gli alberi, passando attraverso gli edifici, si spargono omogeneamente per tutta l’area.

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51 IV) Visuali.

Volendo aprire la vista sulla Rocca del Brunelleschi, si è proceduto eliminando alcuni alberi dal disegno (Fig. 30) in modo da creare un’iperbole libera da ostacoli visivi (Fig. 31) che, con il fulcro spostato verso il colle Mirra, si apre poco prima della fontana per poi allungarsi in direzione del centro storico.

Fig. 30. Gli alberi in conflitto con altri elementi o visuali vengono eliminati dal disegno.

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52 Fig. 32. Schema della tripartizione dell’area di Piazza Domenico Cavalca.

4.3 Organizzazione dello spazio

I) Tripartizione e recupero delle tracce storiche.

Come visibile dal foglio del catasto storico ottocentesco, nella porzione a E era presente un’area mercatale di epoca medievale di cui viene richiamata la conformazione coprendo il suolo con una pavimentazione differente dal centro della Piazza. Si viene così a costituire una prima piazza di forma approssimativamente triangolare. Nella porzione centrale, l’iperbole arborea indirizza lo sguardo verso il centro storico e si allunga abbracciando la fontana (elemento storico caratterizzante il luogo). L’area pavimentata e i prati, uniti da un disegno coerente, formano una seconda piazza, che si pone come spazio fondamentale su cui tutto è incardinato, dalla fruibilità al disegno.

Infine, nella porzione a W, dove è ora presente l’ex edificio scolastico, è stata richiamata la presenza, prima della sua deviazione, del Riu Grande, sempre posando una pavimentazione diversa da quella della piazza centrale, analoga a quella del lato opposto, per creare un terzo spazio occupato in parte dalla carreggiata e che, qualora venga pedonalizzato in occasione di eventi particolari, funge da spazio omogeneo di pertinenza dell’ex edificio scolastico, probabile futuro centro civico e biblioteca (Fig. 32).

(55)

53 II) Pedonalizzazione

Punto fondamentale alla base del progetto e della sua vivibilità è stata la pedonalizzazione di tutta l’area. Sono state ridotte al minimo le sedi stradali frammentanti lo spazio, lasciando il minimo indispensabile: la SP38, la via antistante l’ex edificio scolastico e una strada laterale per l’accesso carrabile ad alcune proprietà private lungo il lato N. Le strade attualmente presenti, che frammentano lo spazio, sono attraversate da traffico di intensità molto bassa, che può essere indirizzato lungo altri percorsi. I molti parcheggi, inoltre, sono stati spostati in posizioni periferiche e fortemente ridotti di numero, considerata la presenza di altre aree per la sosta dei veicoli limitrofe all’area di progetto.

III) Modalità d’uso

Attualmente la Piazza è utilizzata come piazza da mercato, con l’occupazione, in alcuni casi, anche di tutta la superficie pavimentata e di alcune sedi stradali, che vengono interdette al traffico. In caso di grandi manifestazioni, come la primaverile Castello in fiore, vengono utilizzati anche i prati per la collocazione degli stand. Da questa modalità di utilizzo, è derivata la necessità di lasciare più superficie libera possibile, non occupando la Piazza con aiuole o arbusti e riducendo le superfici non calpestabili solo ad alcuni bioswales.

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