Capitolo VI
Risultati Sperimentali
Questo capitolo riporta e commenta gli esiti delle esperienze sperimentali svolte.
Vista l’impronta biologica degli esperimenti, è stata necessaria una costante raccolta dati che ha poi permesso di avere un quadro chiaro sull’evoluzione del lavoro. Essendo tali dati essenzialmente costituiti da immagini, particolare riguardo è dedicato alla loro elaborazione.
In questo contesto c’è da mettere in evidenza che il primo impatto con un laboratorio di colture cellulari non è da prendere con leggerezza: bisogna tenere in considerazione il
“punto di vista” delle cellule poiché quello che per l’operatore è un banalissimo dettaglio, può rappresentare un gesto improprio che compromette l’esito di settimane di lavoro.
L’errore umano non è il solo fattore di rischio, anche la sterilità dell’ambiente assume un ruolo determinante.
6.1. Suddivisione dei gruppi e raccolta dei dati
La fase di osservazione in coltura è stata implementata per 19 giorni sui seguenti campioni:
Gruppo A: fili in nylon (diametro nominale 100 μm) con terreno RPMI standard
(gruppo di controllo);
Gruppo B: fili in nylon (diametro nominale 100 μm) con aggiunta di 50 μg/ml di acido ascorbico al terreno RPMI standard;
Gruppo C: fili in nylon (diametro nominale 100 μm) con aggiunta di 100 μg/ml di acido ascorbico al terreno RPMI standard.
I campioni di filo riassorbibile sono invece stati mantenuti in coltura per un periodo durato 32 giorni. Le immagini relative a questi campioni, acquisite durante la coltura, non si sono rivelate idonee per una valutazione quali-quantitativa e sono per questo motivo state analizzate soltanto alla fine del periodo.
La principale difficoltà è da ricercarsi nella colorazione verde del filo che non permette di distinguere in modo chiaro la quantità di cellule presenti su di esso. Per mettere bene in evidenza la presenza e l’espansione cellulare in condizioni come questa si ricorre di solito a metodi di colorazione a fluorescenza (e.g. DAPI) ma tali tecniche richiedono il fissaggio in formaldeide del campione che in questo modo non potrà continuare il suo sviluppo.
In secondo luogo, hanno inciso molto anche i fenomeni di capillarità che caratterizzano, seppur in diversa misura, qualsiasi tipologia di filo multifilamento intrecciato. Soggette a questi fenomeni, le cellule vengono a trovarsi negli interstizi tra le fibre del filo e risultano di difficile osservazione.
I dati raccolti consistono in immagini in formato jpg acquisite attraverso una fotocamera digitale connessa ad un microscopio ottico invertito (IX81 Olympus) per mezzo di un apposito oculare.
Figura 6.1: Microscopio ottico invertito impiegato per le osservazioni.
L’acquisizione è stata portata avanti con una cadenza di 48 ore (fili di nylon) mentre l’elaborazione è stata fatta in una fase successiva.
L’intento era quello di tenere sotto osservazione la crescita delle cellule sui supporti e di mettere in luce le eventuali differenze tra i diversi materiali e tra i diversi mezzi di coltura.
Alcuni campioni sono stati sottoposti a metodi di colorazione che evidenziassero in modo qualitativo la struttura della ECM.
6.2. Elaborazione dei dati
Le immagini acquisite non si presentavano idonee per nessun tipo di analisi se non per una generica analisi qualitativa. Le condizioni di illuminazione ambientale e i settaggi delle apparecchiature in fase di acquisizione erano causa di effetti non desiderati. Le immagini risultanti si presentavano di difficile analisi e richiedevano una fase di elaborazione.
Elaborare un’immagine in genere vuol dire modificarla, mirando alla rimozione dei difetti di acquisizione ed al ripristino dell’immagine “vera”, oppure aumentare la visibilità di alcune parti, aspetti o componenti dell’immagine a scapito di altre [1]. Quindi, come per l’elaborazione dei dati, l’elaborazione delle immagini ha come fine l’estrazione dell’informazione “importante” dalle immagini, cioè quello che interessa veramente che può essere una struttura, una forma, un conteggio.
In questo contesto, l’elaborazione delle immagini è stata caratterizzata dalla seguente successione:
manipolazione del contrasto tramite operazione di window/level;
segmentazione per mezzo del metodo di region growing;
conteggio dei pixel della object mask.
6.2.1 ― Manipolazione del contrasto
L’occhio umano non è molto sensibile ai livelli e ai colori assoluti di un’immagine e riesce a percepire solo qualche decina di livelli di grigio e qualche centinaio di livelli di colore, a meno che non siano posti uno accanto all’altro.
Le immagini acquisite in questo contesto non sfruttavano in pieno l’intervallo di valori
disponibili; questo avviene comunemente quando ci sono molti valori chiari (o scuri) simili fra loro e quando non sono usati tutti i livelli tra bianco e nero (o tutto lo spazio dei colori, in caso di codifica RGB).
Per descrivere le modifiche al contrasto di un’immagine si può utilizzare la DTF (Display Transfer Function) che è una funzione definita come
) (x f y =
dove x rappresenta i valori di grigio (o RGB) dell’immagine di partenza e y rappresenta i valori di grigio (o RGB) dell’immagine elaborata.
Figura 6.2: Miglioramento del contrasto su un immagine continua.
Figura 6.3: Miglioramento del contrasto su un’immagine quantizzata.
La DTF può essere una funzione qualsiasi disegnata per rispondere alle specifiche esigenze
o una funzione matematica “semplice” (esponenziale, logaritmica, inversa, ecc.).
Una delle funzione più usate è definita operazione di window/level (o anche operazione di finestratura) e consiste nella modifica lineare di una zona di valori dell’immagine. Questo operatore appartiene alla classe degli operatori reversibili in quanto, grazie a opportune trasformazioni inverse è possibile ottenere l’immagine originale di partenza.
La logica di funzionamento di questo operatore, nel caso di una immagine RGB, si può così riassumere:
1) si scelgono due valori nell’immagine: a(r, g, b) e b(r, g, b);
2) i pixel con valori minori di a vengono portati a nero (0, 0, 0);
3) i pixel con valori maggiori di b vengono portati a bianco (255, 255, 255);
4) la zona di valori compresa fra a e b viene rimappata in modo da coprire tutto l’insieme di livelli di colore utilizzabili.
Matematicamente, per un’immagine su livelli di grigio, posto C=NumLivelli, sarà
⎪⎩
⎪⎨
⎧
>
≤
− ≤
− <
=
=
b x C
b x a a C
b a x
a x x
f y
per
per
*
per 0 )
(
Questo operatore si mostra adatto all’elaborazione delle immagini acquisite in questo contesto poiché l’insieme dei valori è sottoutilizzato, cioè il pixel più chiaro non è bianco (255, 255, 255) e il pixel più scuro non è nero (0, 0, 0).
Figura 6.4: Esempi di manipolazione del contrasto: a sinistra l’immagine originale, a destra la stessa immagine dopo l’operazione di window/level; dal confronto si evince il guadagno in termini di contrasto.
6.2.2 ― Segmentazione
Dopo aver sottoposto le immagini ad una fase, che si può definire di pre-elaborazione, è stato implementato un processo di segmentazione. La definizione di segmentazione è divisione dell’immagine in regioni che corrispondono ad unità strutturali della scena. In pratica, il processo serve a isolare gli oggetti di interesse dal resto dell’immagine che viene classificato come sfondo.
In termini formali: “Sia F l’insieme di tutti i pixel di un’immagine e P(·) un predicato di omogeneità definito su gruppi di pixel connessi, allora la segmentazione è un partizionamento dell’insieme F in un insieme di sottoinsiemi connessi o regioni (S
1, S
2, …, S
n), tali che
I
U
i=n1Si =F con Si Sj =∅ i≠ je risulta che ∀ 1 i , ≤ i ≤ n
True ) P(S
i=
False )
S P(S
iU
j= se S
ie S
jsono adiacenti.
In termini pratici, la segmentazione di un’immagine consiste nel definire una maschera (chiamata object mask) che partiziona l’immagine e classifica ciascun pixel come appartenente ad una determinata struttura.
Il metodo di sogliatura è tra i più semplici metodi di segmentazione e consiste nella selezione di un intervallo di livelli di luminosità. I pixel dell’immagine con valori all’interno dell’intervallo costituiscono la figura quelli con valori esterni all’intervallo vengono classificati come sfondo e scartati. I parametri dell’operazione di sogliatura sono, come nell’operazione di window/level, l’ampiezza e posizione dell’intervallo di valori selezionato. Tali parametri possono essere scelti a mano dall’utente o possono essere acquisiti a partire dall’istogramma dell’immagine.
Questo metodo, proprio per la sua semplicità, ha mostrato delle performances non ottimali nella segmentazione delle immagini acquisite. Si è deciso allora di utilizzare il metodo del region growing in quanto caratterizzato da maggiore efficienza.
Nel metodo del region growing, per segmentare una struttura è necessario individuare un
punto al suo interno, manualmente o automaticamente. A partire da questo punto, detto
seed (seme), viene fatta crescere una cosiddetta regione di interesse (ROI, region of intrest)
in base ad una serie di regole: vincoli di luminosità, forma, granularità, regolarità, ecc.
Quando la crescita si arresta, il processo è giunto al termine e la struttura è stata segmentata.
Per acquisire i dati necessari a descrivere una regione omogenea S
idi un’immagine, si può effettuare un accrescimento regolare della regione, agglomerandone i punti uno dopo l’altro, a partire da un punto seme k
i. Per decidere se assimilare un nuovo punto a quelli della regione in via d’accrescimento, si deve stabilire se un criterio d’omogeneità E
irisulta soddisfatto.
Il posizionamento dei punti seme all’interno delle regioni non è critico ma la regola principale da seguire impone che la scelta del numero dei semi deve corrispondere al numero delle regioni effettivamente presenti. Il metodo più semplice per indicare un punto seme è quello manuale (cliccandoci sopra con il mouse) ma esistono anche metodi automatici basati ad esempio su considerazioni di carattere euristico o statistico (e.g.
rilevamento di zone a forte costanza di certe caratteristiche statistiche, come il valor medio di grigio o la dispersione).
I metodi di region growing hanno in primo luogo lo scopo di elaborare singole regioni, tuttavia, combinando diversi processi di accrescimento successivi, si possono raggruppare in regioni tutti i punti di un’immagine. In Figura 6.5 si può osservare il diagramma di flusso di un generico algoritmo di region growing.
Figura 6.5: Diagramma di flusso per un generico algoritmo di region growing
.
Con riferimento al diagramma di flusso, dopo aver determinato i punti seme, è utile definire il concetto di vicinanza:
- il punto p(x, y) è 4-vicino di:
(x+1, y) (x-1, y) (x, y+1) (x, y-1) ∈ N
4(p);
- il punto p(x, y) è vicino diagonale di:
(x+1, y+1) (x+1, y-1) (x-1, y+1) (x-1, y-1) ∈ N
D(p);
- il punto p(x, y) è 8-vicino di:
N
4(p) ∪ N
D(p) = N
8(p).
Figura 6.6: Schematizzazione dei concetti di 4-vicinanza (a), vicinanza diagonale (b) e 8-vicinanza (c).
Successivamente occorre stabilire un criterio di omogeneità, E
i, che nel caso più semplice esso può essere dato dallo scarto assoluto tra il valore di grigio del punto in esame n
pj∈ vicino(p) e quello del seme k
i; formalmente si scrive
i pj pj
i
i
K N T n R
E : − < ⇔ ∈
dove K
ie N
pjsono rispettivamente i livelli di grigio del seme k
ie de punto n
pje T è una soglia di contrasto prefissata.
Spesso però E
ideve tenere conto non solo del valore di grigio di base, ma anche di alcune caratteristiche (e.g. la tessitura) indispensabili per descrivere una regione in modo adeguato.
Nel presente lavoro, per ragioni di praticità e per il numero non eccessivo delle immagini
da elaborare, la segmentazione delle immagini non è stata effettuata con un software
custom-made bensì con un pacchetto commerciale (Photoshop 7.0, Adobe System
Incorporated, USA) destinato ad un uso professionale.
Figura 6.7: Immagine pre-elaborata.
Figura 6.8: Immagine segmentata.
Figura 6.9: Object mask pronta per il conteggio dei pixel.
6.2.3 ― Conteggio dei pixel
Una volta creata l’object mask, era necessario quantificare l’area della regione di interesse in modo da poterne osservare l’espansione durante la coltura.
Per questo scopo è stato implementato su Matlab (The MathWorks Inc., USA) un software
in grado di ricevere in ingresso una immagine in formato jpg, fare una scansione pixel dopo pixel e restituire in uscita tre valori che rappresentano il numero dei pixel per ognuno dei tre canali RGB.
A seguire viene riportato il codice che permette di implementare quanto detto.
---
close all clear all clc
x1= imread('img.jpg');
i1=double(x1)/255;
length=size(x1);
r=0;
g=0;
b=0;
for y=1:1: length(1);
for x=1:1: length(2);
if x1(y,x,1)> 240
r=r+1;
end;
if x1(y,x,2)> 240
g=g+1;
end;
if x1(y,x,3)> 240
b=b+1;
end;
end;
end;
r g b
---
Per evitare errori di conteggio, dovuti alla perdita di livelli che caratterizza la compressione jpg, si è deciso di adottare un margine di 15 livelli.
Nel presente caso, l’uscita prevede solo il valore sul canale R (red) in quanto l’object mask che costituisce l’immagine sulla quale effettuare il conteggio si sviluppa solo sul canale rosso; tutto il resto viene definito come sfondo.
Figura 6.10: Evoluzione di una object mask fino all’undicesimo giorno di coltura.
6.3. Discussione dei dati
Dall’analisi dei dati è stato possibile ottenere delle curve di crescita relative ai campioni in nylon. I campioni in Dexon, come già detto in precedenza, non si sono mostrati idonei alla medesima valutazione.
Figura 6.11: Andamento della crescita delle popolazioni cellulari su fili in nylon.
L’osservazione della Figura 6.11 fornisce lo spunto per una serie di importanti considerazioni.
In prima analisi si nota una differenza della crescita nelle diverse tipologie di terreno: una concentrazione di acido ascorbico pari a 50 μg/ml nel mezzo di coltura sembra favorire maggiormente la crescita dell’agglomerato cellulare classificato come gruppo B. Di contro, un più lento sviluppo della popolazione del gruppo A (gruppo di controllo) è collegabile all’assenza di tale componente nel mezzo. Una concentrazione di acido ascorbico di 100 μg/ml nel mezzo di coltura sembra invece essere eccessivamente elevata, tanto da caratterizzare una minore pendenza nella curva di crescita dei campioni appartenenti al gruppo C.
La motivazione di quest’ultimo fenomeno è attribuibile alla eccessiva formazione di matrice extracellulare la quale, creando un reticolato maggiormente denso e compatto, ostacola sia lo spreading cellulare che da diffusione di metaboliti e cataboliti.
Per tutti i gruppi di osservazione, nei primi giorni di coltura si nota una iniziale fase di
organizzazione, contraddistinta da una curva di crescita relativamente piatta. Questo fenomeno potrebbe essere imputabile al fatto che, quando posti in coltura su superfici nuove, in una prima fase i fibroblasti tendono a rimanere ammassati mentre in contemporanea producono le componenti di matrice extracellulare che andranno a formare una sorta di rete tridimensionale di macromolecole. Tale reticolato costituirà il substrato per l’adesione e lo spreading delle stesse cellule nei giorni di coltura successivi.
Altro fenomeno particolarmente interessante, emerso dall’osservazione durante il periodo di coltura è riportato in Figura 6.12. Le cellule crescono sul filo e sui supporti-connettori in vetro formando una sorta di connessione delle due strutture.
Figura 6.12: A sinistra il filo di nylon all’interno di un capillare in vetro prima della semina cellulare; A destra, lo stessa immagine acquisita dopo 22 giorni di coltura.
Riepilogando brevemente quanto detto nei capitoli precedenti, il design della cella di coltura prevede che la fase statica venga portata avanti fino a quando lo spessore dello strato cellulare, che avvolge i fili, è ritenuto sufficiente per sostenere un flusso di liquido con valori nel range fisiologico. Successivamente all’estrazione del filo, dovrà iniziare la fase di coltura dinamica, per mezzo della connessione della cella ad un sistema di perfusione esterno. Tuttavia, tale fase non potrebbe essere implementata se non ci fosse una stabile connessione tra la componente artificiale (i supporti-connettori) e la componente biologica (le cellule).
In questo lavoro di Tesi è stato dimostrato che tale connessione è possibile (Figura 6.12) e
questo è uno dei presupposti fondamentali per qualsiasi sviluppo futuro del dispositivo
progettato nel presente contesto.
6.4. Sezionamento e colorazione dei campioni
Per mettere in evidenza la porzione di matrice extracellulare prodotta dai fibroblasti è stata utilizzata la colorazione PAS (Periodic Acid-Schiff reagent reaction). Tale metodica è la più utilizzata per dimostrare in sezioni di tessuto la presenza di gruppi 1,2 glicolici. Le macromolecole organiche che contengono questi gruppi sono in pratica quelle che costituiscono la ECM: polisaccaridi, glucosamminoglicani, glicoproteine, glicopeptidi, lipidi insaturi e fosfolipidi. Il protocollo per questa colorazione prevede:
- fissaggio dei campioni per 10 minuti in una soluzione 9:1 di etanolo puro e formaldeide al 40%;
- lavaggio in acqua distillata per 5 minuti;
- trattamento di 10 minuti in soluzione acquosa di acido periodico all’1%;
- asciugatura all’aria;
- trattamento per 15 minuti con reattivo di Schiff;
- due successivi lavaggi di 10 e 5 minuti in acqua distillata;
- controcolorazione in emallume (ematoxilina) per 5 minuti;
- risciacquo in acqua per 5 minuti.
Tutti i passaggi devono essere effettuati a temperatura ambiente.
Con questo procedimento, l’acido periodico ossiderà i gruppi 1,2 glicol in gruppi aldeidici mentre il reattivo di Schiff andrà a reagire proprio con questi gruppi sviluppando una colorazione rosso-magenta. I nuclei delle cellule appariranno invece viola-blu.
Sui campioni in nylon, tale colorazione è stata soddisfacente in quanto il materiale di supporto non partecipa minimamente a nessuna delle reazioni sopra citate (Figura 6.13).
La stessa cosa non può dirsi per i campioni in filo riassorbibile. Il materiale registrato come Dexon infatti, altro non è che PGA (PolyGlicolic Acid) il quale, a causa della sua struttura chimica (vedi capitolo IV), è soggetto alla colorazione in maniera comparabile alle componenti della ECM.
Dai campioni in nylon è stato possibile ottenere delle sezioni trasversali che mostrano una disposizione grossomodo regolare degli aggregati cellule-ECM.
Lo spessore della parete dei segmenti microvascolari sviluppatisi durante il periodo di
coltura (interrotto a circa 20 giorni) è comparabile con quello delle venule. Questa
tipologia di condotto infatti presenta uno strato cellulare interno (tunica intima) composto
da cellule endoteliali e una struttura portante formata da componente fibrosa (vedi capitolo
II). I rapporti tra queste due componenti, ritrovati in letteratura, sono dello stesso ordine di quelli sperimentalmente ottenuti (una tipica venula con calibro di 20 μm presenta una parete vasale di circa 1 μm mentre i microvasi ottenuti sperimentalmente hanno un diametro interno di circa 100 μm e una parete con spessore di 14 μm).
Figura 6.13: Immagini al microscopio ottico di fili in nylon con crescente grado di copertura da parte di fibroblasti e matrice extracellulare.
Figura 6.14: Sezione trasversale di un filo di nylon ricoperto di fibroblasti e ECM dopo un periodo di coltura di 21 giorni.
6.5. Reti complesse grazie a nuovi polimeri
Un ulteriore sviluppo che potrebbe nascere da questa Tesi è rappresentato da una
ulteriore configurazione della cella per lo sviluppo di microvasi. L’idea si è manifestata
durante la ricerca bibliografica e consiste nell’utilizzo di un nuovo elastomero
biocompatibile e biodegradabile trattato con tecniche di microfabbricazione.
Per quanto riguarda il polimero, si tratta del PGS, poly(glycerol sebacate), un elastomero biodegradabile che mostra numerose caratteristiche di sfruttabilità nel campo dell’Ingegneria Tissutale e in generale nel campo biotech [2]. Tali caratteristiche sono appunto le seguenti:
- il meccanismo di degradazione idrolitico svincola il processo di degradazione dalle varie attività enzimatiche;
- i legami idrolizzabili in forma estere conferiscono stabilità e facilità di sintesi;
- il basso grado di cross-linking rende il materiale non rigido ma morbido e gommoso;
- la degradazione eterogenea è minimizzata grazie alla presenza di legami idrolizzabili nella catena principale;
- i monomeri di partenza non sono tossici e sono approvati FDA per le applicazioni mediche;
- il materiale presenta un elevato grado di biocompatibilità anche senza alcun trattamento superficiale;
- la degradazione in vivo è completa in 60 giorni e si manifesta con una erosione delle superfici che lascia per certi versi intatta la forma dell’impianto (ad esempio gli angoli).
Trattandosi di un poliestere, tra le unità costitutive troviamo un monomero alcolico, il glicerolo
1, e un monomero acido, l’acido sebacico
2.
Il processo di polimerizzazione avviene per policondensazione dei due monomeri (in rapporto 1:1) a 120 °C sotto Argon per 24 h alla pressione di 1 torr, dopodichè la pressione viene portata a 40 mtorr in 5 h e così rimane per altre 48 h. Il materiale appare incolore, quasi trasparente e molto idrofilico grazie ai gruppi COOH attaccati alla catena principale
1 Struttura di base dei lipidi; formula bruta CH2(OH)CH(OH)CH2OH.
2 Prodotto intermedio del naturale metabolismo degli acidi grassi; formula bruta HOOC(CH)COOH.
(l’angolo di contatto water-in-air è di 32.0°, e.g. quello del collagene è 31.9°). Insolubile in acqua, presenta un leggero swelling (2 %) dopo essere stato a bagno per 24 h; per essere processato tramite stampaggio può essere sciolto in qualsiasi comune solvente organico (e.g. etanolo).
Figura 6.15: Caratteristica sforzo-deformazione di PGS e gomma vulcanizzata: l’andamento non-lineare della curva è tipico dei materiali elastomerici.
Dopo quanto detto, è facile prevedere un processamento con tecniche di microfabbricazione (ad esempio soft lithography) allo scopo di ottenere una rete polimerica, di struttura qualsiasi, che si sviluppi su un piano e che presenti l’elevato livello di dettaglio geometrico proprio di questa tecnologia [3].
Figura 6.16: Stampo positivo per soft lithography realizzato su wafer di silicio.
Con questa tecnica potrebbero essere realizzati due stampi positivi e simmetrici che sovrapposti creano tra di essi una rete di canali della forma e delle dimensioni desiderate.
Iniettando il polimero nei canali in fase fluida, dopo il cross-linking si dovrebbe ottenere una rete pseudo-microvascolare con canali di sezione pressoché circolare o ellissoidale.
Tale rete potrebbe essere inserita all’interno di una cella di coltura simile a quelle descritte in precedenza, con un unico ingresso e una sola uscita.
Figura 6.17: Cella per la realizzazione in vitro di reti microvascolari complesse.