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Caratterizzazione di clasti litici cristallini dell?eruzione della Secca d'Ischia e del Tufo Verde del Monte Epomeo

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze della Terra

Corso di Laurea

Scienze e Tecnologie Geologiche

Tesi di laurea

Caratterizzazione di clasti litici cristallini dell’eruzione della Secca d’Ischia e

del Tufo Verde del Monte Epomeo

Candidato Lanati Ludovica Angelica

Relatore Prof. Sbrana Alessandro Correlatore Prof. Marianelli Paola

ANNO ACCADEMICO

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Abstract

The thesis deals with crystalline rocks (lithic clusters) coming from pyroclastic volcanic deposits of various eruptions that occurred in Ischia around 60.000 years ago. The rocks come mainly from deposits of the volcano of Secca d'Ischia and those of the eruption of the ignimbritic unit of the Tufo Verde of Monte Epomeo.

The thesis work was entirely done in laboratory on crystalline rocks, sampled for a previous thesis work.

The samples were first observed at the optical microscope, then processed in a thin section form and observed and analyzed in more detail through the electronic scanning microscope (SEM EDS).

The microanalysis was performed on each mineral that makes up the sample trough the electron scanning microscope EDS. The data has been properly recalculated and processed. With some microanalysis data we could apply geothermometers, to obtain the

crystallization temperature of some minerals.

The samples studied are mainly made up of K-Feldspato, in part by Plagioclase, Pyroxene and Clay minerals, and some mineral accessories such as Iron Oxides, Apatite, Titanite and Thorite.

From the data obtained from microanalysis it has been seen that the rocks from Secca d'Ischia, according to the observed samples, show an alteration more or less pervasive. This alteration is represented by the presence of many crystals of K-Feldspato replaced by Albit, and by the presence of alteration minerals such as Mixed Layers, Illite and Clorite which are formed on other minerals by altering them.

The inequigranular olocrystalline texture of these rocks suggests an intrusive origin, but the absence of a peritic texture it means a faster cooling of a deep intrusive body, so they are considered to be rocks that are formed at low depths, probably subvulcanic .

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Indice

INTRODUZIONE………1 1. INQUADRAMENTO GEOLOGICO……….2 1.1. Assetto strutturale………...3 1.2. Sistema idrotermale………...7 1.3. Storia eruttiva………...7 2. METODOLOGIE DI LAVORO………11 2.1. Lavoro di laboratorio……….11

2.1.1 Scelta dei campioni………11

2.1.2 Microanalisi al microscopio elettronico a scansione (SEM - EDS)………..14

2.1.3 Microanalisi delle fasi minerali……….16

2.1.4 Ricalcolo dei dati………...16

2.1.5 Uso dei geotermometri………...16

3. PRESENTAZIONE DEI DATI……….18

3.1. Campioni provenienti dai depositi dell’eruzione della Secca d’Ischia…………...18

3.1.1 Campioni provenienti dall’affioramento 1……….19

3.1.2 Campioni provenienti dall’affioramento 2……….21

3.2. Campioni provenienti dai depositi dell’eruzione del Tufo Verde di Monte Epomeo………...23

3.3. Dati ottenuti attraverso l’uso del microscopio elettronico a scansione (SEM - EDS)………24 3.3.1 Campione 1MM3B……….27 3.3.2 Campione 1MM3C……….47 3.3.3 Campione 1MM3D………64 3.3.4 Campione 1MM3 5………76 3.3.5 Campione 1MM3 3………90 3.3.6 Campione 1MM3 C1………102 3.3.7 Campione 2MM2B D………...112 3.3.8 Campione 2MM2C A………...120 3.3.9 Campione 2MM2C B………...124 3.3.10 Campione 2MM2C C……….126 3.3.11 Campione 2MM2C A……….127 3.3.12 Campione 2MM2C C……….140 3.3.13 Campione AS 10-2……….141

3.3.14 Campione ISC 05-112 A………157

3.3.15 Campione ISC 05-112 E………169

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4. DISCUSSIONE ED INTERPRETAZIONE DEI DATI………..194

4.1 Classificazione delle rocce……….194

4.1.1 Diagramma di classificazione di Streckeisen………...198

4.1.2 Pertiti………199

4.2 Confronto tra le sieniti della Secca d’Ischia e quelle del Tufo Verde di Monte Epomeo………200

4.2.1 Sieniti provenienti dalla Secca d’Ischia……….200

4.2.1.1 Osservazioni mineralogiche………...200

4.2.1.2 Osservazioni vulcanologiche………..207

4.2.2 Sieniti provenienti dall’eruzione del Tufo Verde di Monte Epomeo………….208

4.2.2.1 Osservazioni mineralogiche………208

4.2.2.2 Osservazioni vulcanologiche………..213

5. CONCLUSIONI………...214

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Introduzione

La tesi tratta dello studio di rocce cristalline provenienti dai depositi vulcanici dell’eruzione della Secca d’Ischia e di quella del Tufo Verde di Monte Epomeo, verificatesi nell’isola di Ischia rispettivamente 58 ka e 55 ka fa.

Questo lavoro è stato svolto prevalentemente in laboratorio su rocce campionate per un precedente lavoro di tesi. Le attività di laboratorio, svolte presso il dipartimento di Scienze della Terra di Pisa, sono state di diverso tipo, ed in particolare hanno interessato i campioni che presentavano un alto grado di alterazione.

Le rocce sono state inizialmente osservate al microscopio ottico, successivamente sono state studiate più in dettaglio tramite microanalisi EDS al microscopio elettronico a scansione (SEM), in modo da identificarne la paragenesi primaria e secondaria ed il grado di alterazione che presentavano.

In un secondo momento si sono messe a confronto le microanalisi fatte sulle rocce provenienti dai depositi della Secca d’Ischia con quelle provenienti dai depositi del Tufo Verde di Monte Epomeo, in modo da avere un confronto tra le rocce provenienti dalle due diverse eruzioni, ed avere così anche più informazioni per formulare un’ipotesi sull’origine e la storia di queste rocce.

Lo scopo di questa tesi è quello di studiare i clasti di rocce cristalline provenienti dall’eruzione della Secca d’Ischia confrontandole con quelle dei depositi dell’eruzione ignimbritica parossistica del Tufo Verde di Monte Epomeo. Quello che vogliamo studiare in particolare è la loro origine, capire se sono rocce di origine subvulcanica o intrusiva, e la storia che le caratterizza, studiando la loro paragenesi primaria e secondaria in modo da capire se sono rocce più o meno alterate e qual è la causa di questa loro alterazione. L’obiettivo finale è portare informazioni sul substrato del campo vulcanico ischitano e sul suo sistema di alimentazione superficiale, e sistema di circolazione idrotermale/magmatico associato.

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1. Inquadramento Geologico

L’isola di Ischia fa parte del Distretto Vulcanico Flegreo (DVF), che insieme all’isola di Procida ed ai Campi Flegrei, rappresenta l’area quaternaria più importante di tutto il Mediterraneo. Il Distretto comprende due grandi campi vulcanici, quello dei Campi Flegrei e quello di Ischia, ed un terzo minore che è il campo vulcanico di Procida. Ischia è un’isola di origine vulcanica facente parte della Provincia Magmatica Campana (PMC), ed è la più grande isola del DVC, con i suoi 46,3 Km² di superficie. Si colloca a Nord-Ovest del Golfo di Napoli, da cui dista circa 33 Km. Il Campo Vulcanico di Ischia (CVI), analogamente agli altri complessi del distretto flegreo, è un campo vulcanico di grandi dimensioni, in buona parte sottomarino, e si estende per una superficie di circa 500-600 Km². La nascita di Ischia risale almeno al Pleistocene superiore, infatti le vulcaniti più antiche dell’isola hanno un’età di circa 160 ka (Sbrana et alii, 2011). L’isola di Ischia è interamente formata da vulcani, cresciuti per lungo tempo dal fondo del mare sino ad emergere dall’acqua intorno a 150.000 anni fa. La sua attività eruttiva è sia esplosiva che effusiva, le eruzioni sopra il livello del mare sono continuate sino al 1302 (la colata dell’Arso è stato l’ultimo episodio) e l’accumulo dei prodotti vulcanici ha contribuito a costruire l’isola. Ogni eruzione ha trasformato l’isola, lasciando nei depositi i segni della grande quantità e dei diversi tipi di eruzioni che l’hanno caratterizzata.

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1.1 Assetto strutturale

Come già accennato poco sopra, Ischia è un campo vulcanico di grandi dimensioni (esteso su circa 600 Km² di superficie), in buona parte sottomarino; si colloca in corrispondenza di una struttura regionale ad andamento anti-appenninico, e sul suo terreno sono riconoscibili non solo le strutture tettoniche ad andamento regionale, di ordine maggiore, ma anche tutta una serie di faglie e fratture di ordine minore associate al sollevamento del blocco risorgente del Monte Epomeo (Sbrana et alii, 2011) . Quest’ultimo costituisce la zona centrale sollevata dell’isola, anche chiamato horst vulcano-tettonico del Monte Epomeo.

Figura 2 raffigurante l’inquadramento geologico strutturale dell’isola di Ischia e del distretto Flegreo

Ischia è a tutti gli effetti una caldera risorgente, la struttura calderica si è formata durante un primo ciclo di attività vulcanica che ha avuto inizio più di 150 ka fa e che si è concluso circa 75 ka fa. La caldera è stata poi riattivata 55 ka fa con l’eruzione del dell’unità ignimbritica del Tufo Verde di Monte Epomeo. La struttura del blocco risorgente si trova in posizione

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centrale rispetto alla caldera, e presenta in pianta una forma quadrangolare delimitata da fagli econ direzione NO e NE (Sbrana et alii, 2011).

Vezzoli (1988) ha suddiviso l’isola in tre zone principali, a seconda delle caratteristiche tettoniche prevalenti:

• L’horst vulcano-tettonico del Monte Epomeo

• I rilievi strutturali del Monte dei Vezzi, Panza e Monte Vico • Il graben di Ischia

Figura 3 mappa strutturale di Ischia (Sbrana et alii, 2011; Vezzoli, 1988)

Il blocco risorgente del monte Epomeo si trova nella parte centrale dell’isola, ha un’altezza di circa 787 m ed un superficie di circa 16km²; e delimitato da un sistema di faglie ad andamento quadrangolare e la struttura è formata principalmente dai prodotti ignimbritici del Tufo Verde di Monte Epomeo e dai successivi sedimenti epiclastici. La letteratura scientifica propone tre diversi modelli per il sollevamento del blocco di Monte Epomeo:

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1. Il primo modello, chiamato Modello dell’horst vulcano-tettonico, è stato proposto inizialmente da Rittman (1930) poi successivamente da altri autori, quali Gillot et alii (1982), Vezzoli (1988) e Fusi et alii (1990). In questo modello si attribuisce il sollevamento del blocco alla spinta verticale di un corpo magmatico in espansione, e questo innalzamento è avvenuto attraverso più fasi di crisi. Secondo questi autori la risorgenza del Monte Epomeo è dovuta sia ad un meccanismo di tipo piston-like sia ad uno dome-like, che poi sono i due modelli più utilizzati in letteratura per spiegare le caldere risorgente (Sbrana et alii, 2011).

2. Il secondo modello è chiamato Modello di simple-shearing, proposto da Orsi et alii (1991) e propone la risorgenza del blocco per taglio semplice. Questi autori interpretano il sollevamento del blocco in assenza di deformazioni delle aree circostanti e di variazioni di volume. I margini del blocco risorgente sono svincolati da faglie ad alto angolo immergenti verso l’interno; è possibile che queste faglie derivino dalla riattivazione delle fratture della caldera. La risalita senza deformazione del blocco implicherebbe la formazione di un vuoto; per accomodare questo vuoto il blocco ruota intorno ad un asse con direzione NE-SO ortogonale alla sua massima lunghezza orizzontale, causando una deformazione interna del blocco attraverso un meccanismo di taglio semplice (simple-shearing) (Sbrana et alii, 2011). Questo meccanismo ha portato alla formazione di diverse strutture ai bordi del blocco, infatti sono presenti faglie inverse nel settore Nord Occidentale e faglie normali nel settore opposto.

3. Il terzo, è il Modello di Zuppetta et alii (1993) e riguarda l’evoluzione dell’isola negli ultimi 35 ka. Il modello è stato ricostruito attraverso uno studio delle forme ottenuto abbinando le immagini multispettrali di aere ai dati di campagna. Dall’analisi statistica dei lineamenti e delle faglie ha permesso l’individuazione sull’isola di trends direzionali i cui valori angolari sono molto vicini a quelli evidenziati da ricerche svolte nell’Appennino campano. Risulta quindi che l’attività vulcanica recente, che ha seguito direzioni preferenziali, sia stata guidata, a Ischia e più in generale nella Piana Campana, dalla tettonica regionale. Se ne deduce che i lineamenti dell’isola sono l’espressione di superfici strutturali antiche che hanno

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svolto un ruolo importante fino alle fasi tettoniche del Pleistocene inferiore e che sono state successivamente riprese anche per la messa in posto di prodotti dell’attività vulcanica recente. Il sollevamento del blocco dell’Epomeo e la genesi del graben di Ischia, interpretato come un bacino di pullapart di primo ordine dovuto all’attività delle faglie strike-slip sinistre ad andamento antiappenninico, sono determinati proprio dai movimenti lungo queste faglie (Sbrana et alii, 2011).

I rilievi strutturali del Monte di Vezzi, Panza e Monte Vico costituiscono i resti di un complesso vulcanico del ciclo pre Tufo Verde e sono separati dall’horst da sistemi di faglie regionali NO-SE e NE-SO (Vezzoli, 1988). Il Monte di Vezzi è un rilievo che si allunga in direzione NE-SO nella regione sud orientale dell’isola ad una altitudine variabile tra 250 e 400 metri sopra il livello del mare. La struttura è separata dal graben di Ischia da una faglia regionale NE-SO che si sviluppa tra Carta Romana ed il Lido dei Maronti. L’area di Panza è costituita da un rilievo che si estende in direzione NO-SE tra il promontorio di Punta Imperatore e la penisola di S. Angelo. Una faglia regionale NO-SE, parzialmente obliterata da depositi di frana, ma sottolineata dalla presenza di attività idrotermale, separa questa struttura dal Monte Epomeo (Vezzoli, 1988). Il promontorio di Monte Vico, situato nell’area nord occidentale, è separato dall’horst del Monte Epomeo da una faglia regionale NE-SO, mentre una struttura NO-SE la separa dal centro eruttivo di Zaro. Questa area è ciò che rimane di un complesso vulcanico precedente al Tufo Verde, poi coperto dalle unità piroclastiche successive; la frattura eruttiva si estende da NE a SO. In questa zona è particolarmente evidente attività idrotermale associata a faglie e fratture (es. Lacco Ameno) (Sbrana et alii, 2011).

Per quanto riguarda il Graben di Ischia invece, questo è una vasta area ribassata di forma triangolare che si estende tra il monte Epomeo e il rilievo del Monte di Vezzi, tra Casamicciola, Barano e Ischia Ponte. In questo settore è avvenuta nel 1302 l’ultima eruzione dell’isola (Sbrana et alii, 2011).

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1.2 Sistema idrotermale

Un sistema idrotermale è può essere definito come un insieme di fluidi caldi che circolano lateralmente e verticalmente al di sotto della superficie terrestre. Un sistema idrotermale per essere tale deve avere 3 componenti essenziali: una sorgente di calore, una fase fluida acquosa e delle rocce serbatoio. Le rocce interessate dalla circolazione di fluidi idrotermali subiscono vari gradi di trasformazioni chimiche e mineralogiche (alterazioni idrotermali). L’alterazione idrotermale è un processo molto complesso che comprende una serie di trasformazioni chimiche, mineralogiche e tessiturali derivanti dall’interazione di soluzioni acquose calde con le rocce da esse attraversate. I fluidi idrotermali esercitano un attacco chimico-fisico sulle associazioni mineralogiche costituenti le rocce incassanti; da questa interazione ne risulta che le associazioni mineralogiche primarie vengono rese instabili da questi fluidi caldi, e tendono a riequilibrarsi formando nuove associazioni mineralogiche stabili alle nuove condizioni chimico-fisiche (Sbrana et alii, 2011). L’isola di Ischia rappresenta una delle principali realtà termali italiane, grazie alla sua natura vulcanica ed alla presenza di corpi intrusivi che ne caratterizzano il sottosuolo. Ischia presenta molte aree interessate da alterazione idrotermale superficiale, le quali sono state distinte in:

1. Aree Attive, dove tuttora sono presenti manifestazioni di attività fumarolica e di steaming ground, le quali testimoniano processi di alterazione idrotermale in atto; 2. Aree Fossili, dove sono ormai assenti manifestazioni idrotermali attive, ma c’è

evidenza di associazioni mineralogiche e tessiturali che testimoniano un’alterazione idrotermale che ha interessato queste aree nel passato.

1.3 Storia eruttiva

L’inizio dell’attività vulcanica di Ischia non è ancora noto con certezza, questo perché le rocce più antiche sono poco esposte poiché appartengono ad un complesso vulcanico in parte eroso e ricoperto dai prodotti dell’attività recente. Le rocce più antiche che sono state datate hanno un’età di 150 ka, ma i dati geofisici indicano che l’isola è il risultato di un tempo più ampio che riguarda un vecchio complesso vulcanico che si estende a Ovest (Brown et alii, 2008). Ischia è quasi completamente costituita da rocce vulcaniche, prodotte da eruzioni

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effusive (duomi e colate di lava viscosa) ed esplosive (depositi piroclastici e vulcanoclastici) e le sue rocce più antiche (datate a più di 150 ka) affiorano nel settore Sud-orientale dell’isola. I prodotti dell'attività compresa tra 150 e 75 ka sono costituiti da coni di tufo idromagmatici, da piccoli duomi lavici e rocce piroclastiche a composizione trachitica e fonolitica. Nuovi dati consentono di evidenziare che si è sviluppata un’attività esplosiva molto intensa intorno ai 100 ka (Sbrana et alii, 2011). Durante il periodo successivo, tra i 98 ka ed i 73 ka, si registra soltanto l’effusione di lave nell’area NO e SE dell’isola (Sbrana et alii, 2011). La fase successiva che va da 73 a 56 ka è caratterizzata da numerose eruzioni esplosive, con la messa in posto della formazione delle pomici pliniane di Pigniatiello e delle ignimbriti del Pizzone, di Frassitelli e del Tufo Verde dell’Epomeo. L’emissione di grandi volumi di magmi e lo svuotamento della camera magmatica del vulcano provoca il collasso di ampi settori e la formazione di una caldera (Sbrana et alii, 2011). Lo sprofondamento della parte centrale dell’isola ha modificato profondamente l’aspetto del campo vulcanico, e la circolazione idrotermale ad alta temperatura nella depressione calderica ha provocato la trasformazione delle piroclastiti cineritiche, pomicee ed ignimbritiche che si erano depositate al suo interno, in tufi idrotermalizzati che oggi caratterizzano la geologia della zona dell’Epomeo. Da 56 ka in poi, Ischia subisce un ulteriore drastico cambiamento, questa volta legato a fenomeni di sollevamento, dovuti alla rialimentazione della camera magmatica superficiale del vulcano. L’intrusione di nuovo magma provoca il sollevamento della parte centrale dell’isola, che era sprofondata nella fase di attività esplosiva precedente, con la formazione del blocco risorgente del Monte Epomeo, delimitato da grandi faglie dirette (Sbrana et alii, 2011). Tra 40 e 14 ka il vulcanismo si sviluppa intorno al blocco del monte Epomeo con centri eruttivi allineati lungo le faglie che delimitano il blocco sollevato, con centri eruttivi esplosivi ed effusivi. In questo periodo sono attivi anche i vulcani sommersi ad ovest dell’isola. In questa fase il blocco risorgente del Monte Epomeo raggiunge quasi le quote attuali (Sbrana et alii, 2011). Tra 8 ka e 6 ka il vulcanismo si concentra nella parte Nord dell’isola, formando duomi lavici, colate laviche, e coni di tufo; oltre a questi avvenimenti, l’intera isola è interessata da un ulteriore forte sollevamento. L’attività eruttiva termina nel 1302 con l’eruzione dell’Arso, avvenuta nella zona di Faiano. L’inizio dell’eruzione viene datato 18 Gennaio 1302 e si manifesta con attività esplosiva, intensa, di tipo vulcaniano, che si protrae per circa due giorni. Tale eruzione e la successiva attività effusiva, con associata debole attività esplosiva nella zona craterica, porta alla costruzione di un cono di scorie (Le Cremate) e di vari conetti minori, visibili nel Bosco d’Argento. La colata dell’Arso si incanala, a partire dal cono di scorie, verso Nord-Est, in una insenatura

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marina preesistente, andando a formare il nuovo promontorio di Punta Molino. L’effusione delle lave perdura per circa due mesi (Sbrana et alii, 2011).

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Ad oggi il campo vulcanico di Ischia è in fase di quiescenza, caratterizzato da un’intensa attività fumarolica e idrotermale causata dall’intrusione in profondità di un corpo magmatico a temperatura elevata (≈1000°C). L’isola di Ischia è tutt’ora un sistema vulcanico attivo, e questo è indicato dai movimenti storici del terreno, dalla sismicità (per esempio il terremoto di Casamicciola del 1883), dalle fumarole e dalle sorgenti termali (Brown et alii, 2008).

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2. Metodologie di lavoro

In questo lavoro di tesi si sono utilizzate diverse metodologie di lavoro, le quali sono state svolte tutte prevalentemente in laboratorio.

2.1 Lavoro di laboratorio

Il lavoro di laboratorio è stato svolto in più parti ed in diversi modi. Prima sono stati selezionati i campioni di interesse, poi osservati al microscopio ottico ed infine sono stati utilizzati per le microanalisi al SEM - EDS.

2.1.1 Scelta dei campioni

Per prima cosa si sono prese le rocce di interesse, che provenivano da un precedente lavoro di tesi (Martina Mameli, “I depositi dell’eruzione della Secca di Ischia (Campo vulcanico di Ischia), 2016”). Queste rocce provengono da due affioramenti della Secca d’Ischia. Quelle che abbiamo selezionato in particolare quelle facenti parte degli strati che

mostravano un maggior contenuto di rocce cristalline al loro interno. Dopo questa prima suddivisione, sono state scelte le rocce che ad occhio nudo mostravano un’evidente alterazione.

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I campioni sono stati poi lavati, asciugati ed osservati al binoculare in modo da avere una prima idea di quali minerali li formavano. Ognuna delle rocce selezionate è stata

fotografata e successivamente mandata in laboratorio dove il tecnico le ha tagliate ed ha creato inglobati e sezioni sottili, attraverso le quali è stato possibile analizzare le varie rocce al microscopio elettronico. Prima di venire analizzati, le sezioni lucide e gli inglobati sono stati metallizzati con grafite.

Figura 7 raffigurante un campione proveniente dallo strato 2MM2C

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Figura 9 raffigurante i campioni provenienti dallo strato 2MM2C

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2.1.2 Microanalisi al microscopio elettronico a scansione (SEM - EDS)

La strumentazione utilizzata nel Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa per l’analisi delle fasi mineralogiche è rappresentata da un microscopio elettronico a scansione (S.E.M. Philips XL 30, equipaggiato con un sistema microanalitico a dispersione di energia EDAX - GENESIS). I campioni analizzati possono essere sezioni sottili lucide oppure inglobati lucidi, ma devono essere entrambi metallizzati. La metallizzazione avviene in una camera dove è stato creato il vuoto mediante l’uso di una pompa turbomolecolare. La

metallizzazione consiste nel ricoprire in modo uniforme il campione attraverso un sottile strato conduttivo di carbonio dello spessore compreso tra 20 e 40 nm, derivante dalla vaporizzazione di grafite. Il funzionamento del SEM è basato sull’emissione di un fascio di elettroni emanati da un filamento di tungsteno di 100 +/- 150 micrometri di diametro con la forma di una v rovesciata ed accelerati da una differenza di potenziale. Il fascio di elettroni incide perpendicolarmente la superficie metallizzata del campione, originando l’emissione di elettroni secondari, elettroni retrodiffusi e raggi x. Gli elettroni secondari vengono generati dall’impatto tra il fascio di elettroni primari ed il campione stesso, e forniscono un’immagine superficiale del campione; gli elettroni retrodiffusi mostrano un’immagine del campione in base al numero atomico medio dei cristalli osservati; i raggi x vengono emessi a causa dell’interazione degli elettroni del fascio con quelli degli atomi del campione, e questo origina due tipi di spettri: uno spettro continuo ed uno a righe discontinuo. Lo spettro continuo è generato dalla perdita di energia degli elettroni del fascio quando interagiscono con gli atomi del campione, mentre lo spettro a righe

discontinuo viene generato come conseguenza dell’energia liberata da un elettrone quando passa da un livello energetico esterno ad uno interno (in questo modo viene a prodursi uno spettro a righe caratteristico delle specie atomiche presenti nel campione). Quindi, per fare identificare i minerali presenti all’interno del campione in studio si devono utilizzare i raggi x, sfruttando, tramite un rivelatore, l’energia quantica della radiazione emessa da ciascun atomo eccitato, dalla quale si ricava il valore della lunghezza d’onda dei vari elementi chimici appartenenti al minerale analizzato. I valori degli impulsi energetici già integrati per uno stesso elemento, vengono riportati sull’ascissa di uno spettro continuo dove compaiono i picchi caratteristici degli elementi, la cui altezza corrisponde

all’intensità calcolata come funzione dell’energia relativa alle lunghezze d’onda caratteristiche di ogni elemento chimico. Lo spettrometro usato nel SEM, è del tipo “a

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dispersione di energia” (EDS), il quale consiste in un rivelatore allo stato solido, costituito da un cristallo di Si e Li che viene ionizzato per assorbimento di raggi x, davanti al quale è posizionato una finestra di Be. Le cariche che si vengono così a produrre sono

proporzionali all’energia dei raggi, e determinano un voltaggio che viene amplificato ed inviato ad un analizzatore multicanale, il quale misura l’energia di ogni impulso integrato e la esprime attraverso un numero. Per avere una valutazione accurata dei dati acquisiti si deve effettuare una procedura di correzione, chiamata ZAF, la quale tiene conto

dell’influenza del numero atomico (Z), dell’assorbimento dei raggi x (A) e della fluorescenza secondaria (F). Il tempo di raccolta è di circa 100 secondi ed il fascio è regolato in modo che il numero di colpi per secondo rimanga costante in un intervallo compreso fra 2200 e 2400 colpi al secondo. Il programma di calcolo EDAX GENESIS elabora poi i dati i dati fornendo le analisi in percentuali in peso degli ossidi normalizzati a 100. Prima di iniziare le analisi è necessario effettuare una calibrazione in modo in ridurre al minimo l’errore che viene commesso, e per questo la calibrazione viene effettuata su degli standard (minerali di composizione nota), quali albite, olivina, ortose e diopside. La misurazione degli standard è stata ripetuta in ogni sessione di lavoro.

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2.1.3 Microanalisi delle fasi minerali

Le microanalisi è stata svolta sulle sezioni sottili ed agli inglobati in esame per determinare la composizione chimica dei minerali presenti. Prima di fare la microanalisi, sia le sezioni che gli inglobati vengono metallizzati con la grafite. Le microanalisi che abbiamo svolto sui nostri campioni sono incentrate in particolare sullo studio della loro paragenesi primaria e secondaria.

2.1.4 Ricalcolo dei dati

I dati ottenuti dalla microanalisi al SEM – EDS sono state successivamente riportati su fogli di ricalcolo di Excell. Ogni analisi è stata ricalcolata con le opportune formule di ricalcolo. La formula strutturale di Feldspati e Plagioclasi è stata ricalcolata sulla base di 8 ossigeni, mostrandoci così la percentuale di Albite, Anortite ed Ortose presente all’interno dei minerali analizzati. I dati così ottenuti poi sono stati riportati all’interni di diagrammi ternari in modo da vedere in che campo dei diagrammi ternari dei Feldspati e dei

Plagioclasi ricadevano i dati ottenuti. La formula strutturale dei Pirosseni invece è stata ricalcolata sulla base di 6 ossigeni, mostrandoci la percentuale di Wollanstonite, Enstatite e Ferrosilite presente all’interno dei minerali analizzati. Anche questi dati sono stati poi riportati all’interno di diagrammi triangolari, in modo da vedere in che campo del diagramma ternario dei Pirosseni ricadevano. La formula strutturale delle Miche trovate invece è stata ricalcolata sulla base di 22 ossigeni. Sono stati riconosciuti vari tipi di fillosilicati, le Miche (Biotite, Flogopite, Illite) e gli Strati misti sono stati ricalcolati sulla base di 22 ossigeni, mentre la Clorite su 28. Alcune analisi di Illite e Clorite sono state utilizzate per l’applicazione di geotermometri mineralogici.

2.1.5 Uso dei geotermometri

Come detto poco sopra, su alcune analisi di Illite e Clorite si sono potuti applicare i geotermometri, in modo da avere una stima della temperatura di formazione di questi

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minerali di origine idrotermale. Per quanto riguarda le analisi di Illite, si è utilizzato il geotermometro dell’Illite proposto da Bishopp & Bird (1987), basato sulla variazione di attività di Muscovite e Pirofillite nella struttura della mica in funzione della temperatura di cristallizzazione. Per quanto riguarda le analisi di Clorite invece si sono potuti utilizzare 3 diversi geotermometri: il geotermometro della Clorite proposto da Cathelineau (1988), per il quale, la formula strutturale della Clorite è stata ricalcolata non su 28 ossigeni ma su 14 ossigeni; il geotermometro della Clorite proposto da Jowett (1991), per il quale, la formula strutturale delle Cloriti è stata ricalcolata non su 22 ossigeni ma su 14 ossigeni; il

geotermometro della Clorite proposto da Kranidiotis & MacLean (1987), per il quale, la formula strutturale della Clorite è stata ricalcolata non su 28 ossigeni bensì su 28 ossigeni. Qui di seguito sono riportate le equazioni dei geotermometri:

Geotermometro di Cathelineau

T° = -61,92 + 321,98 AlIV

Geotermometro Kranidiotis & MacLean

AlcIV = AlIV + 0,7 (Fe / [Fe + Mg])

T° = 106 AlcIV + 18

Geotermometro Jowett

AlcIV = AlIV + 0,1 (Fe / [Fe + Mg])

T° = 319 AlcIV - 69

Tutti e tre i geotermometri si basano sulla variazione dell’alluminio in posizione tetraedrica in funzione della temperatura di formazione.

(23)

18

3. Presentazione dei dati

I campioni presi in studio provengono dai depositi dell’eruzione della Secca d’Ischia e dai depositi dell’eruzione dell’unità ignimbritica del Tufo Verde di Monte Epomeo; queste rocce sono state campionate per un precedente lavoro di tesi (Mameli, 2016), quindi i riferimenti fatti alla denominazione e descrizione di affioramenti e campioni sono relativi a tale lavoro. Su queste rocce sono state fatte microanalisi SEM-EDS.

3.1 Campioni provenienti dai depositi dell’eruzione della Secca d’Ischia

I campioni provenienti dall’eruzione della Secca d’Ischia fanno parte di due affioramenti (affioramento 1 e affioramento 2) di depositi piroclastici situati nella zona di Grotta di Terra della Secca d’Ischia (zona sud – orientale dell’isola). Questi affioramenti presentano degli strati con litici dalla forte colorazione rossa, gialla ed arancione, indicativa di alterazione idrotermale.

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19

Figure 12-13-14 rappresentative di campioni che presentano una vistosa patina di alterazione rossa, arancio

scuro e gialla.

3.1.1 Campioni provenienti dall’affioramento 1

L’affioramento 1 è stato suddiviso in cinque diversi strati, ma è stato preso in considerazione solo il terzo, ovvero quello che da studi precedenti, presentava la maggior percentuale di litici cristallini al suo interno.

“Lo strato n°3 è stato chiamato 1MM3, ha uno spessore complessivo di 10,5 cm ed è costituito da quattro livelli ben distinti. Il primo livello, nominato 1MM3A, è spesso 3 cm, si presenta clasto-sostenuto con granulometria da lapilli medi a grossolani, e un grande quantitativo di litici molto alterati di colore rosso. Il secondo livello, 1MM3B, ha uno spessore di 1,5 cm ed è formato da lamine di cenere grossolana di colore arancione a causa dell’alterazione. Il terzo livello, 1MM3C, è spesso 2,5 cm, è clasto-sostenuto con dimensioni granulometriche da lapilli medi a grossolani, ed è costituito quasi interamente da litici, anche questi molto alterati, di colore rosso per via dell’ossidazione. Infine il quarto livello, nominato 1MM3D, ha uno spessore di 3,5 cm ed è costituito da lamine di cenere coesiva. Tra i litici del primo e del terzo livello, pur essendo molto alterati, si nota la comparsa di sieniti (non presenti negli strati sottostanti).”

L’affioramento è 1 ulteriormente suddiviso in cinque diverse unità eruttive che rappresentano diverse fasi dell’eruzione della Secca d’Ischia, e lo strato 3 fa parte dell’UE3:

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20

• L’UE 3 (terzo strato chiamato 1MM3), è un altro deposito di caduta che suggerisce un’attività esplosiva freatomagmatica. Infatti, oltre ad essere costituito da un sottile livello di cenere coesiva nella parte alta, ciò che lo differenzia dal resto del deposito è la presenza di una grande quantità di litici rossi fortemente idrotermalizzati che rappresentano il componente principale di questo livello. Inoltre, una buona parte di questi litici alterati è costituita da sieniti olocristalline che compaiono per la prima volta in questo strato. Il fatto che questo livello sia formato quasi interamente da litici (lapilli medi e grossolani) è un’altra caratteristica che potrebbe suggerire un’attività esplosiva freatomagmatica. Un’ulteriore considerazione riguardante questi litici è il fatto che abbiano una marcata alterazione idrotermale, che potrebbe essere interpretabile attraverso il “flashing” del sistema idrotermale probabilmente collegato alla camera magmatica; in altre parole potrebbe essersi creata una condizione di sovrappressione all’interno del serbatoio geotermico, che ne ha provocato l’esplosione e la conseguente espulsione di questi litici idrotermalizzati.

Di questo strato sono stati analizzati le seguenti sezioni sottili ed inglobati:

• Sezione 1mm3 5 • Sezione 1mm3 B • Sezione 1mm3 C • Sezione 1mm3 D

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21 • Inglobato 1mm3 3

• Inglobato 1mm3 C1

Figura 16 raffigurante gli inglobati presi in analisi provenienti dall’Affioramento 1

3.1.2 Campioni provenienti dall’affioramento 2

L’affioramento 2 è stato suddiviso in 2 strati, e quello che è stato preso in considerazione è lo strato n°2:

“Lo strato n° 2 è stato chiamato 2MM2, ha uno spessore di 15 m, e si presenta matrice-sostenuto. La matrice è costituita da cenere fine, e al suo interno sono immersi pomici e litici. Sono visibili strutture di trasporto, anche se poco marcate. Una particolarità è che in mezzo alla matrice sono presenti vescicole d’aria e piccoli aggregati di cenere (pisoliti). Questo strato è stato suddiviso approssimativamente in tre parti in base alle dimensioni dei clasti immersi al suo interno. Nel primo livello, 2MM2A, le pomici hanno dimensioni che variano da meno di 1 mm a 1,5 cm, e i litici da meno di un millimetro sino a 1 cm. Nel secondo livello, 2MM2B, le dimensioni delle pomici aumentano, anche se di poco, e variano da meno di 1 mm a 2 cm, invece i litici rimangono invariati. Nel terzo livello, 1MM2C, che è la parte più alta del deposito, è presente un notevole aumento dei clasti immersi nella matrice: le pomici variano da dimensioni inferiori a un millimetro sino a un massimo di 18x15 cm (bombe), e il litici da meno di un millimetro sino a un massimo di 15x10 cm (blocchi).”

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22

Anche l’affioramento 2 è stato correlato alla suddivisione del precedente affioramento 1, ed i suoi due strati corrispondono rispettivamente all’UE 4 e all’EU5.

Lo strato 2MM2 fa parte dell’UE 5:

• L’UE 5 (secondo strato chiamato 2MM2) è un deposito di flusso piroclastico dove dal basso verso l’alto è presente un aumento delle dimensioni dei clasti immersi all’interno della matrice cineritica, e questa caratteristica potrebbe essere riconducibile alla deposizione da un flusso turbolento. Un’altra particolarità è data dalla presenza di ceneri e lapilli accrezionali (pisoliti) e la matrice cineritica è caratterizzata da vescicolarità.

Di questo strato sono stati analizzati le seguenti sezioni sottili ed inglobati:

• Sezione 2mm2B – D • Sezione 2mm2C – A • Sezione 2mm2C – B • Sezione 2mm2C – C

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23 • Inglobato 2mm2C – A

• Inglobato 2mm2C – C

Figura 18 raffigurante gli inglobati presi in analisi provenienti dall’Affioramento 2

3.2 Campioni provenienti dai depositi dell’eruzione del Tufo Verde di Monte Epomeo

I campioni provenienti dall’eruzione dell’unità ignimbritica del Tufo Verde di Monte Epomeo (Sbrana et al., 2009) rappresentano delle rocce cristalline simili a quelle prese in studio provenienti dall’eruzione della Secca d’Ischia, per questo ci sono state utili per fare una comparazione tra le diverse eruzioni. Di questa eruzione sono state analizzate le seguenti sezioni sottili:

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24 • Sezione ISC 05 – 112 A

• Sezione ISC 05 – 112 E • Sezione ISC 05 – 112 F

Figura 19 rappresentante sezioni sottili di campioni provenienti dall’eruzione Tufo Verde di Monte Epomeo

3.3 Dati ottenuti attraverso l’uso del microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS)

Attraverso le microanalisi ottenute utilizzando il microscopio elettronico a scansione dotato di microanalisi EDS (SEM), abbiamo studiato la paragenesi dei diversi campioni in analisi, differenziandola ulteriormente in paragenesi primaria e secondaria.

La mineralogia primaria dei campioni studiati è composta principalmente da minerali quali: K-Feldspato, Anortoclasio, Plagioclasio, Pirosseno, Biotite, Anfibolo e Biotite-Flogopite. I cristalli di K-Feldspato sono quelli che maggiormente compongono le rocce in studio. Si presentano fratturati e con piccole cavità. La maggior parte dei cristalli di K-Feldspato analizzati appare sostituita dall’Albite, escludendo quelli appartenenti ai campioni dell’eruzione del Tufo Verde di Monte Epomeo. Questi ultimi non presentano alcun tipo di alterazione.

I cristalli di Anortoclasio appaiono anch’essi fratturati e con piccole la cavità sulla loro superficie. Anche questi cristalli si presentano per la maggior parte sostituiti dall’Albite.

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25

I Plagioclasi analizzati si presentano sotto forma di fenocristalli zonati lievemente fratturati e con piccole cavità. I bordi sono perlopiù frastagliati e mostrano un evidente zonatura: i bordi più scuri vengono man mano sostituiti dall’albite, mentre il nucleo mostra una composizione più anortitica. Nella maggior parte dei cristalli di Plagioclasio analizzati, la zonatura è molto evidente, quello che cambia nella composizione è il contenuto di Na che aumenta dal nucleo spostandosi verso il bordo, ed il contenuto di Calcio che invece diminuisce spostandosi dal nucleo verso il bordo.

I cristalli di Pirosseno sono presenti solo in alcune sezioni, e dove lo sono, si presentano in minor quantità e di piccole dimensioni. I cristalli sono molto fratturati ed in alcuni casi mostrano una lieve zonatura, dove nella composizione cambiano prevalentemente i contenuti di Fe e Mg: zone chiare denotano un aumento del Fe ed una diminuzione del Mg, zone scure invece denotano un aumento di Mg ed una diminuzione del Fe.

I cristalli di Biotite e di Flogopite spesso sono stati trovati insieme (cristalli zonati da Biotite a Flogopite e viceversa); i cristalli di Biotite analizzati si presentano con bordi netti, ed alcuni anche con una lieve zonatura. Nonostante la zonatura, le microanalisi effettuate su nucleo, parte intermedia e bordi di queste Biotiti, non mostrano variazioni composizionali importanti da fare distinzioni tra nucleo e bordo. I cristalli di Flogopite si presentano con alcune cavità e fratturati; la maggior parte di essi presenta bordi netti ed una zonatura molto evidente. I bordi si presentano di un colore molto più chiaro e dalle analisi si nota che la percentuale di Mg e Ti all’interno diminuisce dal nucleo spostandosi verso il bordo, mentre il Fe tende ad aumentare spostandosi dal nucleo verso il bordo.

Gli Anfiboli analizzati si presentano in minor quantità rispetto agli altri minerali sopracitati. I cristalli sono molto fratturati e presentano bordi frastagliati e sostituiti da altri minerali. La mineralogia secondaria dei campioni in studio invece, è composta principalmente da questi minerali: Albite, Strati Misti, Clorite, Illite, Adularia e Calcite.

I cristalli di Albite analizzati, si trovano perlopiù ad alterare minerali quali K-Feldspato, il quale in alcune sezioni risulta quasi completamente sostituito dall’Albite, e Plagioclasio, i cui bordi appaiono spesso albitizzati.

Gli Strati Misti vengono a trovarsi maggiormente in prossimità di cavità e fratture, come a riempirle. Dalle microanalisi svolte su questi cristalli si è visto che mostrano diverse composizioni: Clorite-Smectite.

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26

I cristalli analizzati di Clorite, come gli Strati Misti, vengono a trovarsi anch’essi maggiormente in prossimità di cavità e fratture, come a riempirle, ed i loro bordi si presentano frastagliati.

La maggior parte dei cristalli di Illlite analizzati appare con i bordi tutti frastagliati, i quali ne rendono quasi impossibile il riconoscimento se non attraverso la microanalisi; la restante parte di cristalli di Illite che si sono trovati invece, mostrano bordi netti che ne rendono possibile il riconoscimento. I cristalli di Illite vengono a trovarsi prevalentemente in associazione con l’Albite. L’associazione mineralogica Illite – Albite la si trova in particolare ad alterare e sostituire i cristalli di K-Feldspato.

I cristalli di Adularia analizzati si presentano per lo più ad alterare la superficie dei K-Feldspati. Vengono a trovarsi in prossimità di cavità e fratture ed i bordi si presentano frastagliati.

I cristalli di Calcite analizzati vengono a trovarsi come riempimento di cavità e fratture, di fatto li troviamo anche sotto forma di vene.

Oltre a questi minerali sono state trovate fasi accessorie quali: Ossidi di ferro, Titanite, Magnetite, Parizite, Zircone, Apatite, Thorite, Monazite e Sfene.

Alcuni campioni selezionati macroscopicamente, ad un uno sguardo più attento tramite il microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS) si sono rivelati non essere rocce cristalline. Solo su alcuni di essi sono state fatte microanalisi.

Nelle figure presentate nelle schede dei campioni analizzati, sono riportati i punti delle microanalisi svolte tramite il microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS); i segni riportati sono di due tipi: l’asterisco (*), che sta a significare “microanalisi puntuale” (analisi effettuata in un punto preciso della sezione sottile), ed il cerchiolino (°), il quale invece sta a significare “microanalisi areale” (analisi effettuata su un area, solitamente non minore ai 10micron, della sezione sottile).

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Campione 1MM3B

Figure 20-21 raffiguranti il campione 1MM3B

Macroscopicamente questo campione si presenta completamente ricoperto da una patina arancio scura - rossa, indicativo di alterazione idrotermale. La grana dei cristalli si presenta medio fine, i cristalli sono visibili e distinguibili ad occhio nudo, in particolare si nota la presenza di K-Feldspato, Biotite, Plagioclasio, e di molti minerali dal colore arancio, i quali vengono a trovarsi perlopiù in prossimità di cavità e fratture.

La tessitura è olocristallina inequigranulare, non c’è presenza di una matrice di fondo ed i cristalli presentano dimensioni diverse tra di loro.

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Figura 22 raffigurante la sezione sottile lucida del campione 1MM3B

Figura 23 raffigurante la foto panoramica rappresentante la sezione 1MM3B

La mineralogia primaria di questo campione è rappresentata principalmente da cristalli di K-Feldspato, i quali compongono per circa il 75% la roccia totale. All’osservazione al microscopio elettronico a scansione, i cristalli di K-Feldspato appaiono fratturati e con piccole cavità. La maggior parte dei cristalli di K-Feldspato appare albitizzata.

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La formula strutturale dei Feldspati è stata ricalcolata sulla base di 8 ossigeni. Tutte le microanalisi realizzate cadono nel campo dei Sanidini, (vedi analisi 72-73-308-309-311-312-314-317-318-319), le quali mostrano una composizione intermedia tra i due termini estremi di Albite ed Ortoclasio. Due analisi si discostano dal trend avvicinandosi

all’estremo dell’Ortoclasio (vedi analisi 314-317).

Figura 24 raffigurante cristalli di K-Feldspato (analisi 72-73-74)

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30 Analisi n° 72 73 308 309 310 SiO2 66,73 65,94 66,81 66,22 66,26 Al2O3 19,16 19,19 19,32 19,26 19,31 FeO 0 0,21 0,31 0,08 0,37 CaO 0,39 0,26 0,42 0,29 0,2 Na2O 6,53 5,92 6,35 5,67 5,31 K2O 7,19 8,48 6,8 8,48 8,55 BaO Formula su 8 ossigeni Si 2,99 2,97 2,99 2,98 2,98 Al 1,01 1,02 1,02 1,02 1,02 Fe 0 0,01 0,01 0,00 0,01 Ca 0,02 0,01 0,02 0,01 0,01 Na 0,57 0,52 0,55 0,50 0,46 K 0,41 0,48 0,39 0,49 0,49 Ba 0 0 0 0 0 An 1,88 1,23 2,10 1,41 1,00 Ab 56,9 50,85 57,43 49,69 48,07 Or 41,22 47,92 40,47 48,90 50,93 Cs 0 0 0 0 0 Si+Al 4,00 3,99 4,00 4,00 4,01

Tabella 1 raffigurante le microanalisi fatte sui Feldspati del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su 8

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31 Analisi n° 311 312 313 318 319 SiO2 66,27 66,6 66,46 66,11 65,93 Al2O3 19,24 19,37 19,28 19,44 19,7 FeO 0,14 0,17 0,13 0,16 0,19 CaO 0,16 0,21 0,39 0,38 0,32 Na2O 5,1 6,48 6,21 5,8 5,96 K2O 9,11 7,17 7,52 8,1 7,8 BaO 0,1 Formula su 8 ossigeni Si 2,99 2,98 2,98 2,97 2,96 Al 1,02 1,02 1,02 1,03 1,04 Fe 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 Ca 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02 Na 0,45 0,56 0,54 0,51 0,52 K 0,52 0,41 0,43 0,47 0,45 Ba 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 An 0,79 1,03 1,90 1,85 1,57 Ab 45,61 57,28 54,60 51,15 52,79 Or 53,60 41,70 43,50 47,00 45,64 Cs 0,00 0,00 0,00 0,00 0,39 Si+Al 4,01 4,00 4,00 4,00 4,01

Tabella 2 raffigurante le microanalisi fatte sui Feldspati del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su 8

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32

Figura 26 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sui Feldspati del campione 1MM3B

Come mineralogia primaria troviamo, in percentuale minore rispetto al K-Feldspato, alcuni cristalli di Anfibolo. I cristalli di Anfibolo si presentano molto fratturati e sulla superficie troviamo molte cavità; i bordi si presentano frastagliati, in alcune zone vengono alterati da Strati Misti Biotite - Vermiculite.

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33

Figura 27 raffigurante cristalli di Anfibolo (analisi 85-86) alterati da Strati Misti (analisi 87)

Figura 28 raffigurante cristalli di Anfibolo (analisi 321-322-323) alterati da Strati Misti con accanto cristalli

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34 Analisi n° 85 86 320 321 322 323 Na2O 2,87 3,12 3,19 2,85 2,97 3,01 MgO 11,49 11,63 12,16 11,53 11,93 11,61 Al2O3 9,67 9,75 9,38 9,24 9,3 9,51 SiO2 43,98 43,07 44,02 44,16 44,01 43,55 K2O 1,73 1,67 1,55 1,51 1,7 1,64 CaO 10,51 10,84 10,66 10,89 10,89 10,83 TiO2 1,56 1,69 1,64 1,78 1,72 1,64 MnO 2,72 2,71 2,57 2,88 2,46 2,62 FeO 15,46 15,52 14,83 15,16 15,03 15,59

Tabella 3 raffiguranti le microanalisi fatte sugli Anfiboli del campione 1MM3B

Sempre come mineralogia primaria del campione ma in percentuale minore rispetto sia al K-Feldspato che all’Anfibolo, troviamo alcuni cristalli di Flogopite.

I cristalli di Flogopite si presentano molto fratturati e con cavità riempite da altri minerali, probabilmente Strati Misti; i bordi sono netti e non presentano zonature.

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35 Analisi n° 80 81 82 SiO2 42,89 43,37 42,92 TiO2 1,17 1,09 2,06 Al2O3 12,28 12,66 12,31 Fe2O3 FeO 9,46 8,82 9,81 MnO 1,55 1,72 1,63 MgO 21,98 21,88 20,49 CaO 0 0 0 Na2O 0,48 0,26 0,23 K2O 10,19 10,21 10,54 Formula su 22O Si 5,97 6,00 5,99 Al iv 2,03 2,00 2,01 Al vi -0,02 0,07 0,01 Ti 0,12 0,11 0,22 Fe3+ 0,00 0,00 0,00 Fe2+ 1,10 1,02 1,14 Mn 0,18 0,20 0,19 Mg 4,55 4,51 4,26 Ca 0,00 0,00 0,00 Na 0,13 0,07 0,06 K 1,81 1,80 1,87 OH- 0,00 0,00 0,00 F 0,00 0,00 0,00 Cl 0,00 0,00 0,00

Criteri di bonta' dell'analisi

Si+Al(tot)>=8 7,98 8,07 8,01

Si<=8 5,97 6,00 5,99

cat. Y <=6 5,94 5,91 5,82

cat. X <=2 1,94 1,87 1,94

Tabella 4 raffigurane le analisi fatte sulle Flogopiti del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su 22

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La mineralogia secondaria di questo campione è composta da cristalli di Albite, Adularia e Strati Misti Biotite-Vermiculite.

All’interno di questo campione l’Albite tende ad alterare in maniera non pervasiva e cristalli di K-Feldspato, che risultano, in parte sostituiti, ma non completamente.

Analisi n° 74 315 316 SiO2 68,37 67,95 67,98 Al2O3 20,08 20,08 19,97 FeO 0 0,06 0,05 CaO 0,39 0,4 0,45 Na2O 10,81 11,13 11 K2O 0,35 0,38 0,54 BaO Formula su 8 ossigeni Si 2,98 2,97 2,98 Al 1,03 1,04 1,03 Fe 0,00 0,00 0,00 Ca 0,02 0,02 0,02 Na 0,91 0,94 0,93 K 0,02 0,02 0,03 Ba 0,00 0,00 0,00 An 1,92 1,91 2,14 Ab 96,04 95,94 94,80 Or 2,05 2,16 3,06 Cs 0,00 0,00 0,00 Si+Al 4,02 4,01 4,01

Tabella 5 raffigurante le microanalisi fatte sulle Albiti del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su 8

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Figura 31 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sulle Albiti del campione 1MM3B

I cristalli di Adularia sono presenti in percentuale di molto minore rispetto all’Albite, presentano bordi frastagliati e vengono a trovarsi perlopiù in prossimità di cavità e fratture, ad alterare i cristalli di K-feldspato.

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38

Figura 32 raffigurante cristalli di K-Feldspato (analisi 312-313-315-316), cristalli di Adularia (microanalisi

314-317) ed un cristallo di Anfibolo (analisi 320)

Analisi n° 314 317 SiO2 64,83 64,86 Al2O3 18,55 18,74 FeO 0,15 CaO Na2O 0,92 2,02 K2O 15,7 14,24 BaO Formula su 8 ossigeni Si 2,99 2,98 Al 1,01 1,02 Fe 0,00 0,01 Ca 0,00 0,00 Na 0,08 0,18 K 0,92 0,84 Ba 0,00 0,00 An 0,00 0,00 Ab 8,18 17,74 Or 91,82 82,26 Cs 0,00 0,00 Si+Al 4,00 4,00

Tabella 6 raffigurante le microanalisi fatte sulle Adularie del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su 8

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Figura 33 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sulle Adularie del campione 1MM3B

Gli Strati Misti vengono a trovarsi maggiormente in prossimità di cavità e fratture, come a riempirle, in particolar modo li troviamo accanto ai cristalli di Anfibolo come alterazione di queesti. La formula strutturale degli Strati Misti è stata ricalcolata sulla base di 22 ossigeni, e si è visto che la composizione della maggior parte di essi è rappresentativa di Strati Misti Biotite-Vermiculite.

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Figura 34 raffigurante cristalli di Strati Misti attorno ad una cavità, Ossidi e cristalli di K-Feldspato

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Figura 36-37 raffiguranti cristalli di Strati Misti

Figura 38-39 raffiguranti cristalli di Strati Misti

(47)

42 Analisi n° 75 76 77 87 88 SiO2 46,18 46,65 40,57 48,04 46,67 TiO2 0,07 0 0 0,22 0,09 Al2O3 15,47 15,85 13,6 14,16 15,5 Fe2O3 FeO 20 19,74 19,91 18,95 6,82 MnO 1,15 1,4 8,57 0,95 0,16 MgO 9,92 9,66 10,39 11,83 23,92 CaO 0,89 0,87 2,41 1,88 2,97 Na2O 0,82 0,47 0,29 0,4 1,7 K2O 5,51 5,35 4,26 3,56 2,17 Formula su 22O Si 6,45 6,49 5,95 6,59 6,09 Al iv 1,55 1,51 2,05 1,41 1,91 Al vi 0,99 1,09 0,29 0,88 0,48 Ti 0,01 0 0 0,02 0,01 Fe3+ 0 0 0 0 0 Fe2+ 2,33 2,29 2,44 2,17 0,74 Mn 0,14 0,16 1,06 0,11 0,02 Mg 2,06 2 2,27 2,42 4,65 Ca 0,13 0,13 0,38 0,28 0,42 Na 0,22 0,13 0,08 0,11 0,43 K 0,98 0,95 0,8 0,62 0,36 OH- 0 0 0 0 0 F 0 0 0 0 0 Cl 0 0 0 0 0 Criteri di bonta' dell'analisi Si+Al(tot)>=8 8,99 9,09 8,29 8,88 8,48 Si<=8 6,45 6,49 5,95 6,59 6,09 cat. Y <=6 5,54 5,55 6,06 5,6 5,9 cat. X <=2 1,34 1,21 1,26 1,01 1,21

Tabella 7 raffigurante le microanalisi fatte sugli Strati Misti del campione 1MM3B con relativo ricalcolo su

22 ossigeni

In questa sezione sono stati trovati minerali accessori quali alcuni cristalli di Rutilo, Titanite, Apatite, Zircone, Ossidi di Fe e Thorite. I cristalli di Rutilo fanno parte della mineralogia secondaria del campione.

(48)

43

Figura 41 raffigurante cristalli di Rutilo (analisi 78-79)

(49)

44

Figura 43 raffigurante cristalli di Apatite (analisi 89-90), Ossidi di Ferro e K-Feldspato

Analisi n° 78 79 Na2O 0,4 0,77 MgO 10,05 3,17 Al2O3 11,88 4,92 SiO2 37,58 17,88 K2O 3,6 1,02 CaO 3,23 0,54 TiO2 0,15 63,44 Ce2O3 1,81 0,33 MnO 12,03 1,45 FeO 19,26 6,48

(50)

45

Figura 44 raffigurante lo spettro del Rutilo preso al microscopio elettronico a scansione

(SEM-EDS) Analisi n° 83 84 Al2O3 2,28 2,47 SiO2 31,55 32,12 CaO 28,88 28,72 TiO2 33,86 33,57 MnO 0,27 0,4 FeO 3,16 2,72

Tabella 9 raffigurante le analisi fatte sui cristalli di Titanite del campione 1MM3B

Analisi n° 89 90 FO 4,99 5,97 SiO2 3,78 2,88 P2O5 30,7 29,13 ClO 0,06 0,05 CaO 56,44 58,52 La2O3 1,54 1,19 Ce2O3 2,48 2,26

(51)

46 Analisi n° 91 92 SiO2 44,74 22,54 ZrO2 48,53 0 PbO 0,2 ThO2 2,73 60,84 UO2 4 16,42

Tabella 11 raffigurante le analisi fatte sui cristalli di Thorite del campione 1MM3B

Figura 45 raffigurante lo spettro della Thorite preso al microscopio elettronico a scansione

(52)

47

Campione 1MM3C

Figure 46-47 raffiguranti il campione 1MM3C

Macroscopicamente questo campione si presenta di colore grigio chiaro ricoperto da una patina gialla – arancio scura, sinonimo di alterazione. La grana si presenta medio fine, i cristalli sono visibili e distinguibili ad occhio nudo, in particolare si nota la presenza di K-Feldspato, Biotite, Plagioclasio, ed alcuni minerali dal colore arancio.

La tessitura è olocristallina inequigranulare, non c’è presenza di una matrice di fondo ed i cristalli presentano dimensioni diverse tra di loro.

(53)

48

Figura 49 raffigurante la foto panoramica della sezione 1MM3C

La mineralogia primaria di questo campione viene rappresentata principalmente da cristalli di K-Feldspato, i quali compongono per circa il 65% la roccia totale. All’osservazione al microscopio elettronico a scansione, i cristalli di K-Feldspato appaiono fratturati e con piccole cavità. La maggior parte dei cristalli di K-Feldspato appare albitizzata.

La formula strutturale dei Feldspati è stata ricalcolata sulla base di 8 ossigeni. Tutte le microanalisi realizzate cadono nel campo dei Sanidini (vedi microanalisi 328-329-330-331-332-333-337-338-339), le quali mostrano una composizione intermedia tra i due termini estremi di Albite ed Ortoclasio.

(54)

49

Figure 50-51 raffiguranti cristalli di K-Feldspato con relative microanalisi

(328-329-330-331-332-333-337-338-339) di K-Feldspato Analisi n° 328 329 330 331 332 333 337 SiO2 64,85 65,04 65,21 65,22 64,93 65,17 64,44 Al2O3 20,03 20,18 20,39 19,75 19,81 19,9 20,16 FeO 0,3 0,08 0,41 0,17 0,35 0,16 0,34 CaO 0,86 1,07 1,14 0,75 0,9 0,83 1,28 Na2O 4,62 5,17 5,09 4,69 5,03 4,63 4,78 K2O 9,21 8,45 7,52 9,41 8,52 9,03 8,89 BaO 0,14 0,25 0,46 0,28 0,11 Formula su 8 ossigeni Si 2,94 2,93 2,93 2,95 2,94 2,95 2,92 Al 1,07 1,07 1,08 1,05 1,06 1,06 1,08 Fe 0,01 0,00 0,02 0,01 0,01 0,01 0,01 Ca 0,04 0,05 0,06 0,04 0,04 0,04 0,06 Na 0,41 0,45 0,44 0,41 0,44 0,41 0,42 K 0,53 0,49 0,43 0,54 0,49 0,52 0,51 Ba 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,01 0,00 An 4,25 5,22 5,88 3,67 4,43 4,14 6,23 Ab 41,31 45,67 47,49 41,52 44,81 41,76 42,08 Or 54,44 49,11 46,63 54,81 50,76 54,10 51,69 Cs 0,47 0,00 1,01 0,00 1,63 0,94 0,38 Si+Al 4,01 4,01 4,01 4,00 4,00 4,01 4,00

Tabella 12 raffigurante le microanalisi fatte sui Feldspati del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 8

(55)

50 Analisi n° 338 339 SiO2 64,67 65,14 Al2O3 19,89 19,9 FeO 0,26 0,24 CaO 1,13 0,87 Na2O 4,56 4,25 K2O 9,37 9,44 BaO 0,11 0,16 Formula su 8 ossigeni Si 2,93 2,95 Al 1,06 1,06 Fe 0,01 0,01 Ca 0,06 0,04 Na 0,40 0,37 K 0,54 0,55 Ba 0,00 0,00 An 5,49 4,38 Ab 40,10 38,73 Or 54,41 56,89 Cs 0,36 0,52 Si+Al 4,00 4,01

Tabella 13 raffigurante le microanalisi fatte sui Feldspati del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 8

ossigeni

(56)

51

Come mineralogia primaria troviamo, in percentuale minore rispetto al K-Feldspato, alcuni fenocristalli di Plagioclasio. Questi cristalli si presentano lievemente fratturati e con piccole cavità, ed i bordi si presentano frastagliati e con un evidente zonatura (i bordi più scuri vengono man mano sostituiti dall’albite, mentre il nucleo mostra una composizione più anortitica). La zonatura di questi cristalli è molto evidente, quello che cambia nella composizione è il contenuto di Na che aumenta dal nucleo spostandosi verso il bordo, ed il contenuto di Calcio che invece diminuisce spostandosi dal nucleo verso il bordo.

La formula strutturale dei Plagioclasi è stata ricalcolata sulla base di 8 ossigeni. Le microanalisi fatte sui bordi mostrano una composizione prettamente albitica (microanalisi 324-340), i nuclei si mantengono con una composizione a metà tra l’estremo albitico e quello anortitico cadendo nel campo delle Labradoriti (microanalisi 324-342), una sola microanalisi (n° 341, presa tra il nucleo ed il bordo) mostra invece una composizione intermedia tra i due gruppi di microanalisi precedentemente citate, con circa il 60% di Albite cade nel campo delle Andesine.

Figura 53 raffigurante un Plagioclasio zonato e relative microanalisi (325 bordo-324 nucleo), a contatto con

(57)

52

Figura 54 raffigurante un Plagioclasio zonato e relative microanalisi (340 bordo-341 medio-342 nucleo)

Analisi n° 324 325 340 341 342 SiO2 55,1 67,9 67,31 59,58 55,15 Al2O3 28,65 20,33 20,58 25,2 28,58 FeO 0,46 0 0 0,46 0,45 CaO 10,25 0,38 1,28 6,64 10,12 Na2O 5,3 11,18 10,51 6,94 5,33 K2O 0,23 0,21 0,31 1,18 0,37 MgO Formula su 8 ossigeni Si 2,48 2,97 2,95 2,67 2,49 Al 1,52 1,05 1,06 1,33 1,52 Fe 0,02 0,00 0,00 0,02 0,02 Ca 0,50 0,02 0,06 0,32 0,49 Na 0,46 0,95 0,89 0,60 0,47 K 0,01 0,01 0,02 0,07 0,02 Mg 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 An 50,96 1,82 6,19 32,23 50,09 Ab 47,68 96,98 92,02 60,95 47,74 Or 1,36 1,20 1,79 6,82 2,18 Si+Al 4,01 4,01 4,01 4,00 4,01

Tabella 14 raffigurante le microanalisi fatte sui Plagioclasi del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 8

(58)

53

Figura 55 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sui Plagioclasi del campione

1MM3C

Sempre come mineralogia primaria del campione ma in percentuale minore rispetto sia al K-Feldspato ed al Plagioclasio, troviamo alcuni cristalli di Flogopite e Biotite.

I cristalli di Flogopite si presentano con alcune cavità e fratturati; i bordi sono netti e presentano una zonatura molto evidente. I bordi si presentano di un colore molto più chiaro e dalle analisi si nota che la percentuale di Mg e Ti all’interno diminuisce dal nucleo spostandosi verso il bordo, mentre il Fe tende ad aumentare spostandosi dal nucleo verso il bordo.

(59)

54 Analisi n° 126 SiO2 42,19 TiO2 2,47 Al2O3 12,45 Fe2O3 FeO 11,27 MnO 0,65 MgO 19,91 CaO 0 Na2O 0,3 K2O 10,75 Formula su 22 ossigeni Si 5,92 Al iv 2,08 Al vi -0,03 Ti 0,26 Fe3+ 0,00 Fe2+ 1,32 Mn 0,08 Mg 4,16 Ca 0,00 Na 0,08 K 1,92 OH- 0,00 F 0,00 Cl 0,00

Criteri di bonta' dell'analisi

Si+Al(tot)>=8 7,97

Si<=8 5,92

cat. Y <=6 5,79

cat. X <=2 2,00

Tabella 15 raffigurante le microanalisi fatte sulle Flogopiti del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su

22 ossigeni

I cristalli di Biotite si presentano con i bordi netti, rendendole facilmente riconoscibili. Presentano anche una lieve zonatura, col nucleo leggermente più scuro dei bordi. Nonostante la zonatura, le microanalisi effettuate su nucleo, parte media e bordi delle Biotiti, non mostrano variazioni composizionali importanti da fare distinzioni tra nucleo e bordo.

(60)

55

Figura 56 raffigurante cristalli di Biotite e relative microanalisi (343-344-345)

Analisi n° 127 343 344 345 SiO2 47,29 38,25 37,48 38,63 TiO2 0 6,66 7,35 5,54 Al2O3 33,76 14,89 14,74 13,93 Fe2O3 FeO 6,21 14,64 16,41 15,77 MnO 0,48 0,69 0,84 MgO 1,48 15,07 13,46 14,94 CaO 0 0,08 0 0,12 Na2O 0 0,34 0,47 0,42 K2O 11,26 9,59 9,4 9,83 Formula su 22 ossigeni Si 6,16 5,45 5,39 5,55 Al iv 1,84 2,55 2,61 2,45 Al vi 3,35 -0,05 -0,11 -0,09 Ti 0,00 0,71 0,80 0,60 Fe3+ 0,00 0,00 0,00 0,00 Fe2+ 0,68 1,74 1,97 1,89 Mn 0,00 0,06 0,08 0,10 Mg 0,29 3,20 2,89 3,20 Ca 0,00 0,01 0,00 0,02 Na 0,00 0,09 0,13 0,12 K 1,87 1,74 1,73 1,80 OH- 0,00 0,00 0,00 0,00 F 0,00 0,00 0,00 0,00 Cl 0,00 0,00 0,00 0,00

Criteri di bonta' dell'analisi

Si+Al(tot)>=8 11,35 7,95 7,89 7,91

Si<=8 6,16 5,45 5,39 5,55

cat. Y <=6 4,31 5,66 5,63 5,70

cat. X <=2 1,87 1,85 1,86 1,94

Mg/(Mg+Fe) 0,298 0,647 0,594 0,628

Tabella 16 raffigurante le microanalisi fatte sulle Biotiti del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 22

(61)

56

La mineralogia secondaria di questo campione è composta per la maggior parte da Albite, Adularia, Strati Misti Clorite – Smectite ed Illite.

L’albite tende ad alterare in maniera pervasiva i cristalli di K-Feldspato, andando a sostituirli quasi completamente, mentre va ad alterare i bordi dei cristalli di Plagioclasio (vedi sopra microanalisi 324-340 fatte sui bordi dei cristalli di Plagioclasio).

Analisi n° 128 138 141 SiO2 68,7 68,61 67,95 Al2O3 19,78 19,99 20,66 FeO CaO 0,39 0,26 0,42 Na2O 11 10,95 10,71 K2O 0,13 0,19 0,26 BaO Formula su 8 ossigeni Si 2,99 2,99 2,96 Al 1,02 1,03 1,06 Fe 0,00 0,00 0,00 Ca 0,02 0,01 0,02 Na 0,93 0,93 0,91 K 0,01 0,01 0,01 Ba 0,00 0,00 0,00 An 1,91 1,28 2,09 Ab 97,34 97,61 96,37 Or 0,76 1,11 1,54 Cs 0,00 0,00 0,00 Si+Al 4,01 4,02 4,03

Tabella 17 raffigurante le microanalisi fatte sulle Albiti del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 8

(62)

57

Figura 57 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sulle Albiti del campione

1MM3C

I cristalli di Adularia sono presenti in percentuale di molto minore rispetto all’Albite, presentano bordi frastagliati e vengono a trovarsi perlopiù in prossimità di cavità e fratture, ad alterare i cristalli di K-feldspato.

(63)

58

Figura 58 raffigurante una porzione della sezione 1MM3C con relative microanalisi (334 – 335 - 336) di

Adularia Analisi n° 136 137 327 334 335 336 SiO2 64,7 64,85 64,66 64,3 64,03 64,68 Al2O3 18,58 18,37 18,81 18,53 18,92 18,57 FeO 0,16 0,31 0 0,08 0,08 0 CaO 0 0 0 0 0,07 0 Na2O 0,3 0,68 0,7 0,5 0,48 0,12 K2O 16,25 15,79 15,71 16,38 16,03 16,52 BaO 0,12 0,2 0,39 0,12 Formula su 8 ossigeni Si 2,99 3,00 2,98 2,98 2,97 2,99 Al 1,01 1,00 1,02 1,01 1,03 1,01 Fe 0,01 0,01 0,00 0,00 0,00 0,00 Ca 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 Na 0,03 0,06 0,06 0,05 0,04 0,01 K 0,96 0,93 0,93 0,97 0,95 0,98 Ba 0,00 0,00 0,00 0,00 0,01 0,00 An 0,00 0,00 0,00 0,00 0,35 0,00 Ab 2,73 6,14 6,33 4,42 4,31 1,09 Or 97,27 93,86 93,67 95,58 95,35 98,91 Cs 0,00 0,00 0,23 0,37 0,74 0,22 Si+Al 4,00 4,00 4,01 4,00 4,00 4,01

Tabella 18 raffigurante le microanalisi fatte sulle Adularie del campione 1MM3C con relativo ricalcolo su 8

(64)

59

Figura 59 raffigurante il diagramma triangolare delle microanalisi fatte sulle Adularie del

campione 1MM3C

Gli Strati Misti sono presenti in percentuale minore dell’Albite, ma mostrano anch’essi un’alterazione perlopiù pervasiva. Questi vengono a trovarsi maggiormente in prossimità di cavità e fratture, come a riempirle. La formula strutturale degli Strati Misti è stata ricalcolata sulla base di 22 ossigeni, e si è visto che la composizione della maggior parte di essi è rappresentativa di Strati Misti Clorite – Smectite.

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