• Non ci sono risultati.

Valutazione di sicurezza statica e vulnerabilità sismica dell'Istituto "E. Barsanti" di Massa e ipotesi d'intervento

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Valutazione di sicurezza statica e vulnerabilità sismica dell'Istituto "E. Barsanti" di Massa e ipotesi d'intervento"

Copied!
184
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

LM IN INGEGNERIA EDILE E DELLE COSTRUZIONI CIVILI

Tesi di Laurea Magistrale

VALUTAZIONE DI SICUREZZA STATICA E

VULNERABILITA’ SISMICA DELL’ISTITUTO

“E. BARSANTI” DI MASSA

E IPOTESI D’INTERVENTO

A.A. 2019/2020

Relatori

Prof. Ing. Silvia Caprili

Prof. Ing. Walter Salvatore

Ing. Antonella Cosentino

Ing. Andrea Piscini

Candidato

Luca Ostrogovich

(2)
(3)

Sommario

INTRODUZIONE ... 1

1. IL RISCHIO SISMICO ... 5

1.1 L’intensità dei terremoti ... 5

1.1.1 Altri parametri per valutare l’intensità dei terremoti ... 6

1.2 La pericolosità sismica ... 7

1.3 La vulnerabilità sismica ... 12

1.4 L’esposizione ... 12

1.5 La valutazione del rischio sismico ... 12

2. LA VULNERABILITA’ SISMICA NEGLI EDIFICI IN CALCESTRUZZO ARMATO ... 13

2.1 Gli edifici esistenti in C.A. nelle NTC2018 ... 13

2.2 Valutazione della sicurezza di edifici esistenti... 16

2.2.1 Fase conoscitiva ... 18

2.2.2 Modellazione e Analisi Strutturale ... 25

2.2.3 Verifica della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica ... 32

3. INTERVENTI SUGLI EDIFICI ESISTENTI IN CALCESTRUZZO ARMATO ... 33

3.1 Classificazione degli interventi ... 33

3.1.1 Riparazione o intervento locale ... 33

3.1.2 Interventi di miglioramento ... 34

3.1.3 Interventi di adeguamento ... 34

3.2 Valutazione e progettazione degli interventi in presenza di azioni sismiche ... 35

3.3 Esempi dei principali interventi sugli edifici esistenti in calcestruzzo armato ... 35

3.3.1 Interventi locali ... 35

3.3.2 Interventi globali... 39

4. OBIETTIVI DELLA TESI E METODOLOGIA ... 44

5. DESCRIZIONE DEL CASO STUDIO: L’ISTITUTO “E. BARSANTI” DI MASSA ... 46

5.1 Descrizione del complesso scolastico ... 46

5.2 Fasi costruttive ... 46

5.3 Normative vigenti all’epoca di costruzione ... 48

5.4 Descrizione Architettonica ... 49

6. INDAGINI CONOSCITIVE IN SITU ... 50

6.1 Rilievo geometrico e strutturale ... 50

6.2 Rilievo dei dettagli costruttivi dell’A.S.1 dell’Istituto Barsanti ... 53

6.3 Prove di caratterizzazione dei materiali ... 65

6.4 Definizione del livello di conoscenza ... 67

(4)

7.1 Analisi dei carichi e delle azioni ambientali sulla struttura ... 68

7.1.1 Analisi dei carichi ... 68

7.1.2 Azione del Vento... 71

7.1.3 Azione della Neve ... 71

7.1.4 Azione Sismica ... 72

7.2 Combinazioni delle azioni ... 77

7.3 Definizione delle caratteristiche dei materiali ... 77

7.4 Definizione dei modelli agli elementi finiti e analisi numerica ... 78

7.4.1 Descrizione del modello numerico e modellazione dei carichi ... 79

7.4.2 Modellazione dell’azione sismica ... 82

7.4.3 Risultati delle analisi numeriche ... 82

8. VERIFICHE SULLA STRUTTURA NELLO STATO DI FATTO ... 92

8.1 Verifiche nei confronti delle azioni statiche sugli impalcati ... 93

8.1.1 Risultati delle verifiche ... 94

8.1.2 Proposta di ulteriori indagini sugli impalcati – Prova di carico distribuito ... 95

8.2 Verifiche nei confronti delle azioni statiche degli elementi strutturali principali ... 101

8.2.1 Verifiche agli SLU delle Travi (flessione e taglio) ... 103

8.2.2 Verifiche agli SLU dei Pilastri (pressoflessione biassiale e taglio) ... 105

8.2.3 Considerazioni sui risultati nei confronti dello Stato Limite Ultimo ... 107

8.3 Verifiche nei confronti delle azioni sismiche degli elementi strutturali principali ... 108

8.3.1 Verifiche agli SLV - Travi ... 109

8.3.2 Verifiche agli SLV - Pilastri ... 112

8.3.3 Considerazioni sui risultati - SLV ... 114

9. PROPOSTE D’INTERVENTO ... 121

9.1 Definizione delle principali fonti di vulnerabilità... 121

9.2 Obiettivi degli interventi strutturali ... 122

9.3 Definizione dell’intervento ... 122

9.3.1 Definizione della geometria strutturale ... 122

9.3.2 Progettazione dell’intervento ... 123

9.4 Modellazione e analisi della struttura a seguito dell’intervento ... 128

9.4.1 Modellazione della struttura modificata ... 128

9.4.2 Analisi della struttura modificata ... 128

9.5 Verifica della struttura a seguito dell’intervento ... 133

9.5.1 Verifiche agli SLV – Modello Modificato – Travi (flessione e taglio) ... 133

9.5.2 Verifiche agli SLV – Modello Modificato – Pilastri (flessione e taglio) ... 135

(5)

9.6 Progetto e verifica dei collegamenti ... 138

9.7 Interventi locali: rinforzo con FRP ... 144

9.7.1 Verifiche di sicurezza nei confronti del distacco dal supporto ... 144

9.7.2 Rinforzo a flessione ... 146

9.7.3 Rinforzo a taglio ... 149

9.7.4 Rinforzo a pressoflessione ... 150

9.7.5 Confinamento ... 152

9.8 Definizione di massima delle fasi d’intervento ... 155

CONCLUSIONI ... 160

BIBLIOGRAFIA ... 164

(6)
(7)

1

INTRODUZIONE

Gli eventi sismici sono, per loro natura, imprevedibili, ma per un territorio come quello del nostro Paese che, vista la sua formazione dovuta in grandissima parte all’azione di agenti endogeni, è fortemente segnato da caratteristiche geologiche e tettoniche in grado di produrre attività sismica frequente e di notevole intensità - da ricorrente sciame sismico ai livelli massimi delle scale di misura – occorre pensare ai terremoti non come ad un caso fortuito, ma come ad una legge naturale.

Data perciò la natura del suo territorio è “normale” che l’Italia sia colpita periodicamente da eventi sismici. Grazie al patrimonio culturale del nostro Paese, fin dall’antichità questi fatti sono stati registrati e tramandati alla memoria, così che sappiamo con certezza i dati relativi a partire dal V secolo a.C..

Tali eventi si concentrano in alcune aree in modo più frequente e intenso (aree del Centro, Centro Sud e della zona insulare), data la natura geologica della Penisola, segnata dalla lunga ed ininterrotta catena montuosa Appenninica, ma, come ci dicono i dati, riguardano tutto il territorio, dall’area piemontese alla Valle dell’Adige, dal territorio friulano alla pianura Padana, alle zone costiere (la città di Livorno è stata più volte interessata da questi fenomeni, senza contare centri come Catania e Messina dove alla forza del sisma si è aggiunta l’azione vulcanica e il fenomeno dei maremoti. Quindi, come anche mostrato nella classificazione in Fig. 1.1, non esistono sul nostro territorio aree geografiche più al sicuro o addirittura indenni da eventi di tal genere.

Fig. I.1 – Classificazione sismica dell’Italia al 2015

Questi eventi sono stati in numerose occasioni storiche molto rovinosi, addirittura origine di pesanti tragedie umane, visto che in alcune situazioni si sono contate circa 30 000 vittime (1783 terremoto dell’Aspromonte,

(8)

2 1915 terremoto di Avezzano), 60 000 vittime (1693, Val di Noto, definito catastrofico se non apocalittico) o 100 000 vittime (1908 Messina e Reggio Calabria). A ciò si aggiunge il grave danno sia sul patrimonio edilizio storico che su quello comune e sull’economia. Sono andate perse nel corso dei secoli importanti strutture architettoniche e opere d’arte; anche se non in maniera irrimediabile, numerose volte quello che è ritenuto attualmente nel mondo il simbolo archeologico del nostro Paese, il Colosseo, è stato danneggiato dagli eventi sismici. Anche negli ultimi anni eventi sismici disastrosi hanno colpito l’Italia, causando morti e danni ingenti: L’Aquila (2009) ed Emilia-Romagna (2012).

Per questo motivo dobbiamo tenere sempre alta l’attenzione su questi fenomeni, approntare misure atte a limitarne il più possibile gli effetti distruttivi. Perché questo avvenga, è necessario nel nostro Paese un cambio culturale di mentalità: occorre una maggiore sensibilizzazione anche dell’opinione pubblica perché si capisca che il rischio sismico non è un evento casuale o una fatalità ma una certezza, una legge naturale: a intervalli quasi regolari il fenomeno si ripresenta.

L’attività normativa dello Stato, volta ad intervenire su questa realtà, è iniziata tardi ed in maniera non adeguata se si considera che, in seguito al disastroso terremoto di Messina, venne emanato il Regio Decreto del 18 aprile 1909 dove furono definite per la prima volta le zone sismiche, fornendo una mappa dei territori italiani colpiti da forti terremoti, mentre la maggior parte dell’Italia non veniva classificata come sismica. Per le prime norme antisismiche bisogna attendere gli anni ’70: nel 1971 viene emanata la Legge 1086/1971, ovvero le Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, e nel 1974 la Legge 64/1974, ovvero Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche. Proprio quest’ultima legge ha stabilito il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio nazionale, oltre che fornire le basi tuttora utilizzate nelle norme tecniche per le prescrizioni in zona sismica.

Solo recentemente si è ravvisata la necessità di fornire dei riferimenti normativi relativi all’intervento sul patrimonio edilizio esistente con le NTC2008, seguite nel 2011 dalle Linee guida per la valutazione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 14 gennaio 2008, dove vengono forniti criteri e tecniche d’intervento sui beni di valore storico e artistico.

È di quest’anno il Decreto-Legge 19 Maggio 2020, n. 34 - Decreto Rilancio – in cui il Governo prevede agli Artt. 119-121 la detrazione del 110% per le spese sostenute per interventi alla riduzione del rischio sismico. È positivo l’interesse mostrato dalla politica per questa delicata tematica; tuttavia, occorre verificare le effettive possibilità di applicazione di queste misure e augurarsi che, per il patrimonio edilizio esistente, questo sia l’inizio di una più rigorosa e sistematica attenzione, capace di ridurre i danni in termini di vite umane e materiali derivanti dagli eventi sismici.

Per gli ingegneri e i tecnici che hanno il compito di affrontare e risolvere questo genere di problemi, risulta pertanto indispensabile prestare particolare attenzione alle tecniche costruttive utilizzate nel passato: come detto sopra, prima degli anni ’70, poiché il problema della progettazione sismica in Italia non è stato affrontato a livello normativo, gli edifici progettati e realizzati fino a tale periodo, ovvero la maggior parte di quelli che compongono l’attuale tessuto edilizio nazionale, presentano frequentemente un’errata concezione strutturale o un’inadeguata progettazione, da cui il rischio sia per il manufatto, sia per gli utenti in caso di un evento sismico. Contrariamente a come nel nostro Paese vengono progettate attualmente le strutture antisismiche di nuova costruzione, ovvero in capacità, cioè con l’obiettivo di evitare il danneggiamento della struttura per eventi sismici di media intensità e scongiurare la perdita di vite umane per i terremoti di notevole intensità (evitando dunque il collasso strutturale e sfruttando il danneggiamento di determinati elementi in modo da dissipare energia), nel passato si è costruito considerando solo i carichi gravitazionali e quindi non attribuendo la giusta importanza agli elementi strutturali deputati a far fronte ai carichi orizzontali, quali sono le forze sismiche.

(9)

3 Ciò comporta che gli edifici costruiti fino agli anni ’70 e in parte anche successivamente presentano vari tipi di vulnerabilità causate da fattori morfologici, di dettaglio e meccanici così che allo stato di fatto i più comuni fattori di vulnerabilità negli edifici in calcestruzzo armato sono:

- assenza di giunti sismici adeguati; - telai solo in una direzione; - assenza del piano rigido;

- effetti torsionali molto intensi in presenza di nuclei di controvento eccentrici; - interazione tra telai e tamponature;

- ribaltamento fuori piano dei pannelli di tamponamento a causa dell’insufficiente collegamento con travi e pilastri;

- formazione di meccanismi di piano;

- crisi per taglio dei pilastri con altezza libera ridotta a causa di parziale interazione con le tamponature; - scarsa resistenza del sistema di fondazione.

In presenza di tali criticità occorre perciò mettere in atto interventi di miglioramento o adeguamento per aumentare la sicurezza strutturale preesistente. Tali interventi possono essere o locali – che mirano a riparazione, rinforzo, eliminazione o sostituzione del singolo elemento – o globali, con l’obiettivo o di ridurre le forza agenti o l’incremento della duttilità e della resistenza dell’intera struttura. Intervenire su una struttura esistente rappresenta un notevole risparmio non solo considerando l’aspetto economico, in quanto senza dubbio il costo degli interventi è inferiore al costo della realizzazione di una nuova struttura, ma soprattutto considerando il prezzo da pagare in termini di vite umane.

Diventa pertanto necessario studiare gli edifici ed eventualmente intervenire in maniera efficace su di essi soprattutto quelli con elevata possibilità di affollamento, come ospedali, scuole, cinema e teatri, tanto più che, con il Decreto Rilancio, anche gli organi di Governo sembrano prestare maggiore attenzione e dare maggiore importanza agli interventi di adeguamento sismico sulle strutture esistenti.

Alla base di questo lavoro di tesi sta l’interesse per questa problematica e la volontà di sperimentare quanto la scienza ingegneristica sia in grado di affrontare una situazione specifica e proporre possibili soluzioni. Nel caso specifico l’obiettivo della presente tesi è quello di valutare e evidenziare le principali criticità nello studio della vulnerabilità nei confronti sia dei carichi statici sia dei carichi sismici di un edificio in calcestruzzo armato, progettato secondo normative che non richiedevano l’adozione di criteri antisismici o comunque con un’attenzione rispetto all’azione sismica molto lontana dalle richieste degli standard attuali. Un obiettivo secondario è quello di valutare possibili soluzioni progettuali che permettano, sulla base delle principali carenze evidenziate attraverso la valutazione della sicurezza e della vulnerabilità sismica, di migliorare il comportamento globale e locale dell’edificio.

Per raggiungere tale obiettivo, è svolto in prima analisi uno studio conoscitivo sulle normative e sulla letteratura tecnica sul tema in questione. Basandosi sullo studio dello stato dell’arte è quindi affrontata la valutazione della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica di un edificio caso studio e proposta un’ipotesi di intervento. In particolare, il presente lavoro di tesi si articola in tre parti.

- Nella prima parte, tenendo presente quanto definito nelle normative di riferimento, ovvero le NTC2018 e le VSCA della Regione Toscana, è contenuta una panoramica sulle procedure teoriche per la valutazione di sicurezza statica e di vulnerabilità sismica degli edifici, sull’iter di approccio per gli interventi di adeguamento sismico su edifici in calcestruzzo armato, oltre che sui possibili interventi. Pertanto, nei primi tre capitoli verranno esposti i seguenti argomenti secondo questa disposizione: nel primo capitolo verrà trattata la valutazione del rischio sismico e verranno esposti i principali metodi di analisi lineare e non lineare; nel secondo capitolo saranno esposte le vulnerabilità tipiche degli edifici in calcestruzzo armato e verrà indicata la metodologia proposta dalla Regione Toscana per la conoscenza delle caratteristiche dei materiali con prove in situ; infine, nel terzo capitolo

(10)

4 saranno presentati esempi dei più comuni interventi locali e globali sugli edifici esistenti in calcestruzzo armato.

- Nella seconda parte, invece, viene applicata la teoria sull’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato “E. Barsanti” (edificio 2) di Massa (MS), scelto come caso studio, realizzato intorno agli anni ’50 e pertanto secondo le direttive fornite dal Regio Decreto 2228/1939, dove non era previsto alcun criterio antisismico. Viene seguito il seguente iter, proposto dalle NTC2018:

 Fase conoscitiva: analisi della documentazione disponibile, rilievo geometrico, indagini sui dettagli costruttivi e caratteristiche meccaniche dei materiali. In particolare, per il caso studio scelto non è stato possibile recuperare alcun riferimento progettuale, pertanto si farà riferimento alle indagini effettuate nel 2015 dal Laboratorio Delta Lucca e nel 2019 dal Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università di Pisa.

 Modellazione e analisi: sulla base dei dati ricavati durante la fase conoscitiva verranno sviluppati dei modelli di calcolo agli elementi finiti, realizzati col software SAP2000 e sui quali verrà effettuata un’analisi dinamica lineare.

 Verifiche strutturali: verranno condotte verifiche su tutti gli elementi strutturali sia per i carichi verticali sia per azioni orizzontali, seguendo i metodi previsti dalle NTC2018.

- Nella terza ed ultima parte dell’elaborato, infine, viene presentata una proposta d’intervento per il caso studio, finalizzata a correggere l’errata concezione strutturale dell’edificio, andando, in particolare, a migliorare il comportamento dell’intera struttura nei confronti dell’azione sismica. L’intervento prevede:

 inserimento di telai sismoresistenti nella direzione in cui non sono presenti;  inserimento di controventi concentrici;

 interventi locali su travi e pilastri con FRP.

Operando in tal modo si ritiene che possa migliorare il comportamento globale della struttura, riducendo innanzitutto gli spostamenti laterali in entrambe le direzioni e scongiurando quindi il fenomeno del martellamento; irrigidendo la costruzione nella direzione in cui si richiede l’intervento così da diminuire i moti torsionali dell’edificio. Con gli interventi locali, infine, si andrà a rinforzare i singoli elementi che, a seguito delle verifiche svolte, evidenzieranno eventuali carenze, dovute, in particolar modo, all’insufficiente presenza di armatura.

(11)

5

1. IL RISCHIO SISMICO

La letteratura tecnica definisce il termine “rischio” come la possibilità che un fenomeno naturale o indotto dalle attività dell’uomo possa causare effetti dannosi sulla popolazione, sugli insediamenti abitativi e produttivi e le infrastrutture, all’interno di una particolare area, in un determinato periodo di tempo.

Il rischio può essere anche espresso in termini matematici, essendo determinato dalla probabilità che si verifichi un certo evento (pericolo, P), da quanto un elemento è propenso a subire danneggiamenti in seguito a tale fenomeno (vulnerabilità, V) e da quanti elementi sono presenti nell’area investita dal fenomeno (esposizione, E). Si può dire pertanto che.

𝑅 = 𝑃 × 𝑉 × 𝐸

Applicando tale concetto al rischio in ambito sismico per gli edifici, il pericolo è rappresentato dalla probabilità di accadimento di un evento sismico, la vulnerabilità è la suscettibilità dell’edificio al danneggiamento, mentre l’esposizione necessita di una valutazione più complessa in quanto comprende numerosi aspetti diversi tra loro e difficili da quantificare come, ad esempio, la salvaguardia della vita umana, il valore storico-culturale dell’edificio e del suo contenuto e la sua importanza all’interno del tessuto sociale del luogo.

Fra i tre fattori quello su cui è più efficace intervenire per ridurre il rischio sismico è la vulnerabilità sismica: questo perché, la pericolosità sismica legata essenzialmente al luogo ed alla stratificazione del suolo, sul quale è quasi impossibile intervenire, mentre si può intervenire solo in misura limitata sull’esposizione. La vulnerabilità sismica, invece, è il fattore che è più facilmente quantificare in termini ingegneristici, ma anche quello su cui è più possibile scalare gli interventi in base alle esigenze e alle disponibilità economiche tramite operazioni di consolidamento, irrobustimento e riprestino, fino ad arrivare ai casi più estremi dove è necessaria l’aggiunta di sistemi resistivi rispetto allo schema originario dell’edificio.

1.1

L’intensità dei terremoti

L’intensità di un terremoto può essere espressa secondo due approcci diversi, ossia valutando i danni subiti dal costruito oppure dalla misura dell’energia sprigionata dal sisma. Il primo è un metodo in parte soggettivo, basato sull’osservazione e definisce le scale d’intensità macrosismiche, il secondo, invece, richiede l’utilizzo di apposite strumentazioni, quali il sismografo, e definisce delle scale d’intensità relative ed assolute che, basandosi su criteri energetici, permettono un confronto tra terremoti diversi indipendentemente dal sito d’interesse.

Le prime scale d’intensità sismica, sviluppate a partire dal XIX secolo, furono del primo tipo: in Italia nel 1902 venne adottata la scala Mercalli (che inizialmente prevedeva 10 gradi d’intensità), successivamente rielaborata nella Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS, utilizzata dalla Protezione Civile) e nella Mercalli Modificata (MM, attualmente in uso negli Stati Uniti). In Europa viene utilizzata invece la scala Medvedev-Sponheuer-Karnik (MSK), poi rielaborata nella definitiva EMS-98. Le scale MCS, EMS-98 e MM presentano tutte 12 gradi d’intensità.

Il principale pregio delle scale d’intensità macrosismica è quello di poter accedere in maniera diretta ai dati della sismologia storica: le cronache antecedenti al XX secolo, infatti, non potevano disporre di strumenti di misurazione degli spostamenti e delle accelerazioni imposte dal terremoto ma si limitavano a riportare gli effetti del terremoto. Alcuni autori, studiando la documentazione storica dei terremoti hanno proposto una correlazione fra i gradi delle scale macrosismiche e i valori di accelerazione di picco al suolo; queste correlazioni sono, tuttavia, affette da notevole approssimazione e utilizzabili solo per alcuni gradi d’intensità; ad ogni modo, tali dati estrapolati dalla sismologia storica vengono ritenuti validi solo per la scala urbanistica, mentre non risultano affidabili per il grado di dettaglio richiesto dalla scala architettonica. Sostanzialmente i risultati del lavoro INGV, che utilizza quattro formule di correlazione macrosismiche diverse differenziate in base alla zona, sono stati rielaborati con riferimento alle intensità calcolate, ora in termini di magnitudo

(12)

6 momento e di magnitudo input per formule di attenuazione, ed integrando in tal modo il catalogo dei terremoti post-1980.

Dopo la nascita del sismografo Wood-Anderson, è stato possibile misurare gli spostamenti imposti e le accelerazioni dovute al terremoto; questo, nel 1935, ha portato Richter a definire la magnitudo come la differenza fra i logaritmi dell’ampiezza del terremoto misurato e quello di un terremoto di riferimento, detto “0”, corrispondente ad un ipotetico terremoto che causa uno spostamento di 1 μm alla distanza epicentrale di 100 km su un sismografo Wood-Anderson. È pertanto una scala d’intensità relativa ed in particolare risulta necessario ai fini del calcolo della magnitudo la stima di due parametri a e b dipendenti dal territorio e dal sito in oggetto. La distanza epicentrale risulta invece ininfluente nella misurazione della magnitudo definita da Richter, essendo una differenza tra ampiezze, si ottiene quindi che la magnitudo di un terremoto dove, ad una distanza epicentrale R, è stata misurata l’ampiezza dello spostamento massima S, esprimibile come:

𝑀 = 𝑙𝑜𝑔(𝑆) − 𝑎 𝑙𝑜𝑔 𝑅

100 − 𝑏 𝑙𝑜𝑔(𝑅 − 100)

È evidente notare che la stima della magnitudo fra terremoti posti in luoghi diversi dipende dalla valutazione dei parametri a e b; inoltre è valida solo per una distanza epicentrale massima di 600 km dallo strumento di misura e per valori superiori a 7 tende a giungere a saturazione per i limiti fisici del sismografo scelto. Negli anni ’70, per ovviare a questi problemi, è stato introdotto da Kanamori il concetto di magnitudo momento Mw: questo è un numero adimensionale ottenuto dalla trasformazione del momento sismico M0 al fine di rendere possibile il paragone, per ordine di grandezza, dell’intensità stimata con quest’ultimo metodo e quella stimata con la scala Richter. In breve, il momento sismico è una misura dell’energia rilasciata da un terremoto, definibile come il prodotto tra il modulo di taglio μ delle rocce coinvolte, espresso in MPa, l’area di rottura interessata S, espressa in metri, e lo spostamento medio u lungo la faglia, espresso in metri. Si tratta pertanto di una scala d’intensità assoluta, poiché quantifica l’energia liberata dal terremoto.

𝑀 =2

3[𝑙𝑜𝑔 𝑀 − 9,1] 𝑀 = 𝜇𝑆𝑢

1.1.1 Altri parametri per valutare l’intensità dei terremoti

In campo ingegneristico l’intensità dei terremoti viene valutata con parametri diversi dalla magnitudo, questo perché la parte di maggior interesse è rappresentata dagli effetti del sisma sulle strutture, ed il parametro più utilizzato è l’accelerazione di picco al suolo o PGA (Peak Ground Acceleration); tale parametro è molto più pratico in quanto rappresenta l’accelerazione a cui è sottoposta la struttura, supposta infinitamente rigida, ed è quello su cui sono impostati la maggior parte dei codici internazionali tra cui anche le NTC2018.

Altri due parametri degni di nota sono l’intensità di Housner (SI) e l’intensità di Arias (Ia): 𝑆𝐼(𝜉) = 𝑃𝑆𝑉(𝑇, 𝜉) 𝑑𝑇

,

,

𝐼 = 𝜋

2𝑔 𝑎 (𝑇) 𝑑𝑇

L’intensità di Housner si riferisce alla pseudo-velocità dello spettro di risposta ed è espressa come una lunghezza, l’integrale è compreso tra i limiti di 0,1 e 2,5 secondi in quanto la maggior parte delle strutture ha un periodo fondamentale interno a tale intervallo; l’intensità di Arias è un integrale dell’ampiezza dell’accelerogramma, esteso a tutta la durata dell’evento: dimensionalmente è una velocità e costituisce la misura dell’energia dissipata per unità di massa dalle strutture. Tra questi tre parametri, quello che meglio rappresenta il danno subito dalle costruzioni è l’intensità di Housner, mentre l’intensità di Arias include informazioni sulla durata del terremoto; entrambi possono essere usati come riferimento per gli

(13)

7 accelerogrammi da impiegare nelle analisi non-lineari, mentre la PGA si utilizza nelle analisi lineari, rappresentando uno dei parametri fondamentali per la costruzione degli spettri di risposta.

1.2

La pericolosità sismica

La valutazione della pericolosità sismica con metodo probabilistico (PSHA) è stata introdotta da Cornell nel 1968 e si basa sullo studio delle misurazioni numeriche degli eventi sismici avvenuti in una certa zona con lo scopo di determinare il periodo di ritorno dei vari eventi sismici. Per ottenere una popolazione sufficientemente ampia in modo da consentire lo studio del fenomeno risulta spesso necessario attingere alla sismologia storica, dal momento che il sisma è un evento raro. In Italia in modo particolare si può attingere ad una documentazione storica degli eventi sismici del passato unica nel suo genere. Come visto nel §1.1, dalla sismologia storica è possibile ricavare l’intensità dei terremoti tramite scale macrosismiche dalle quali è poi possibile ottenere una stima ingegneristica del terremoto in termini di PGA, ottenendo quindi una popolazione di base per considerazioni statistiche, affetta dalle incertezze dovute alla trasformazione da scale macrosismiche a scale relative o assolute.

Cornell, nella formulazione della frequenza dell’evento, riprende la formulazione espressa dalla legge di Gutenberg-Richter:

𝑙𝑜𝑔 𝜈 = 𝑐 − 𝑑𝑀

dove c e d sono due costanti definite dalla popolazione e dal trattamento statistico dei dati, mentre ν rappresenta la frequenza cumulata della magnitudo. Successivamente Cornell ipotizza che la probabilità del sisma, evento raro, sia rappresentabile come un processo stazionario di Poisson:

𝑃(𝑛) =(𝜈𝑇 ) 𝑛! ⋅ 𝑒

la cui densità di probabilità esprime la probabilità che accadano n eventi in un tempo Td, arco di tempo su cui mediamente sono stati osservati vTd eventi. Ponendo n = 0, l’espressione 1- P(0) esprime la probabilità che si verifichi almeno un evento con frequenza ν secondo la legge di Gutemberg-Richter, ovvero la probabilità che la magnitudo M venga superata almeno una volta nell’arco del tempo Td.

Nella maggior parte delle attuali normative e nell’ingegneria strutturale, si fa riferimento ad uno spettro elastico di risposta convenzionale in accelerazione che esprime il contenuto in frequenza del segnale per rappresentare l’azione sismica. Nelle NTC2018 lo spettro elastico è caratterizzato dai seguenti fattori, tutti riferiti al bedrock: ag, che rappresenta l’accelerazione orizzontale massima del terreno, espressa in termini di accelerazione di gravità, F0 valore del fattore massimo di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale e T*c, periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale. Tali parametri possono essere ricavati con delle leggi di attenuazione che correlano la magnitudo ad altri parametri sismici come la PGA. Mentre a livello europeo la legge più utilizzata è quella di Ambraseys, in Italia si fa riferimento alla legge di Sabetta-Pugliese:

𝑙𝑜𝑔 ϒ = 𝑎 + 𝑏𝑀 + 𝑐 𝑙𝑜𝑔 𝑅 + ℎ + 𝑒 𝑆 + 𝑒 𝑆 ± 𝜎

dove il parametro ϒ viene utilizzato per la redazione delle attuali mappe di pericolosità sismica, R è la distanza epicentrale, h la profondità fittizia, S1 e S2 le caratteristiche del suolo, σ l’incertezza correlata alla legge dovuta alla trattazione statistica ed M la magnitudo. Riferendoci al suolo italiano, considerando un oscillatore con smorzamento convenzionale pari al 5% si ottiene:

𝑙𝑜𝑔 𝑃𝐺𝐴(𝑔) = −1,562 + 0,306𝑀 − 𝑙𝑜𝑔 𝑅 + 5,8 + 0,169𝑆 ± 0,173 𝑙𝑜𝑔 𝑃𝐺𝑉(𝑐𝑚/𝑠) = −0,710 + 0,455𝑀 − 𝑙𝑜𝑔 𝑅 + 3,6 + 0,133𝑆 ± 0,215

(14)

8 Una volta determinato il parametro ϒ, i parametri F0 e T*c sono definiti in base al sito di riferimento, in modo tale che le forme spettrali in accelerazione, velocità e spostamento previste dalle NTC scartino al minimo delle corrispondenti forme spettrali previste: queste sono caratterizzate da prescelte probabilità di superamento (1-P(O)vr) e vite di riferimento (Vr).

Successivamente con tale metodo sono state elaborate da Meletti e Montaldo le mappe di pericolosità sismica, utilizzando la zonazione sismogenetica del 2004 (ZS9). Queste mappe sono calcolate con riferimento al datum ED50, corrispondente ad una griglia approssimativamente quadrata con lato pari a 5 km che va ad individuare un totale di 10751 punti. Utilizzando tale sistema occorre procedere per interpolazione come descritto nelle NTC2018; questo procedimento può, tuttavia, far nascere qualche problema. A titolo esemplificativo si riporta la mappa di pericolosità sismica relativa allo Stato Limite di Salvaguardia della Vita presente nella OPCM 3519/2006 ed attualmente in vigore.

Precedentemente, la normativa italiana semplificava notevolmente il problema di stima dell’azione sismica affrontandolo in maniera deterministica: erano infatti prescritte delle forze orizzontali che variavano in base alla zona sismica (ZS) e al peso della costruzione. Riguardo alle sole azioni sismiche si ricordano:

 RDL 2105/1937, Art. 31: si prevedeva carico verticale complessivo pari al peso proprio più 1/3 del sovraccarico aumentato del 40& (ZS1) o del 25% (ZS2), mentre le forze orizzontali dovevano essere applicate alle masse delle varie parti dell’edificio per entrambe le direzioni, ed erano quantificate indipendentemente dal numero di piani o dall’altezza rispetto al suolo sempre pari ad 1/10 (ZS1) o 1/20 (ZS2) del peso proprio.

 DM 3/3/1975, Capo B e C: le forze risultanti equivalenti totali per le analisi statiche (lineari) si calcolavano tramite i carichi verticali con le seguenti formule:

𝐹 = 𝐶 ⋅ 𝑅 ⋅ 𝑊 𝐹 = 𝑚 ⋅ 𝐶 ⋅ 𝑊

dove C = (S-2)/100, con S grado di sismicità maggiore o uguale a 2, R è il coefficiente di risposta relativo alla direzione considerata, W è il peso complessivo delle masse strutturali e m è un coefficiente generalmente assunto pari a 2, se non per casi specifici evidenziati nella norma stessa. Le sollecitazioni α e gli spostamenti η sia orizzontali (h) che verticali (v) erano poi combinati secondo le seguenti equazioni:

𝛼 = 𝛼 + 𝛼

𝜂 = 𝜂 + 𝜂

Venne inoltre introdotta la possibilità di eseguire analisi con almeno tre modi di vibrazione utilizzando delle accelerazioni spettrali calcolate secondo la seguente equazione:

𝛼 𝑔= 𝐶 ⋅ 𝑅 con 𝑅 = 0,862 𝑇 / 1 𝑠𝑒 𝑇 < 0,8 𝑠 𝑠𝑒 𝑇 ≥ 0,8 𝑠 𝛼 = ∑𝑎 𝜂 = ∑𝜂

(15)

9  OPCM 3274/2003, Capitolo 3: viene introdotto il concetto di spettro di risposta elastico di progetto, la cui forma era determinata dal tipo di suolo e dalla PGA, stabilita in base alla zona sismica. Si permette inoltre l’uso di accelerogrammi.

 NTC2008: dopo la zonazione del 2003 il territorio italiano è stato considerato tutto sismico, con una zonazione quadripartita aggiornata nel 2015. Con questa normativa, tuttavia, dove occorre rifarsi alla pericolosità sismica di riferimento, questa suddivisione ha perlopiù un carattere legislativo, imponendo delle accortezze tecniche di base per tutti i nuovi edifici, anche nelle zone a bassa sismicità. Inoltre le NTC2008 hanno reso obbligatorio il metodo di calcolo agli stati limite ed hanno introdotto il concetto di norma prestazionale, dove l’azione sismica è definita in termini probabilistici di periodo di ritorno: è quindi necessario stabilire a priori una prestazione da raggiungere, individuata nei livelli di sicurezza che le nuove costruzioni devono rispettare in funzione dello stato limite d’interesse, valutato a sua volta su una finestra temporale chiamata Vr (vita di riferimento) ed espressa in anni. Questo intervallo di tempo non ha lo scopo di porre una garanzia sulla sicurezza dell’immobile con relativa scadenza, ma è piuttosto un termine matematico indispensabile per definire in termini di probabilità l’azione sismica.

La vita di riferimento è composta a sua volta da due fattori, la classe d’uso con il relativo coefficiente d’uso Cu e la vita nominale Vn, stabiliti in funzione dell’opera e dell’importanza strategica della stessa.

𝑉 = 𝐶 ⋅ 𝑉

Gli stati limite possono essere visti come le richieste nei confronti della struttura sotto determinate condizioni. Le NT2008 prevedono due gruppi di stati limite a loro volta suddivisi in due tipologie, a cui è associata una probabilità di superamento (1-P(O)vr); questa probabilità è quella indicata dal processo stazionario di Poisson e permette di ricavare il tempo di ritorno Tr del sisma associato allo stato limite.

𝑇 = − 𝑉

𝑙𝑛 1 − 𝑃(0) = −

𝐶𝑢 ⋅ 𝑣 𝑙𝑛 1 − 𝑃(0)

Una volta stabilito il periodo di ritorno, è necessario costruire lo spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti orizzontali secondo la normativa, ed in particolare questo ha una forma convenzionale stabilita dalle seguenti formule, valide nel piano accelerazione – periodo (o frequenza): 0 ≤ 𝑇 < 𝑇 𝑆 (𝑇) = 𝑎 ⋅ 𝑆 ⋅ 𝜂 ⋅ 𝐹 ⋅ + ⋅ 1 − 𝑇 ≤ 𝑇 < 𝑇 𝑆 (𝑇) = 𝑎 ⋅ 𝑆 ⋅ 𝜂 ⋅ 𝐹 𝑇 ≤ 𝑇 < 𝑇 𝑆 (𝑇) = 𝑎 ⋅ 𝑆 ⋅ 𝜂 ⋅ 𝐹 ⋅ 𝑇 ≤ 𝑇 𝑆 (𝑇) = 𝑎 ⋅ 𝑆 ⋅ 𝜂 ⋅ 𝐹 ⋅ ⋅ ⋅ dove:

 Se(T) è il valore dell’accelerazione spettrale in corrispondenza di un determinato periodo (frequenza);

 ag e F0 sono i coefficienti relativi alla posizione geografica ed allo stato limite scelto;  Tb, Tc e Td sono le ascisse dei punti angolosi dello spettro, stabilite a priori, e dipendenti

(16)

10 𝑇 = 𝐶 ⋅ 𝑇∗ 𝑇 =𝑇 3 𝑇 = 4,0 ⋅𝑎 𝑔 + 1,6

dove Cc è un coefficiente che dipende dalla categoria del sottosuolo;

 S è un coefficiente che tiene conto della categoria del sottosuolo e delle condizioni topografiche tramite i parametri Ss e St mediante la relazione:

𝑆 = 𝑆 ⋅ 𝑆

La categoria del sottosuolo e le condizioni topografiche che influenzano la forma dello spettro di risposta sono tabellate nella tab.3.2.VI presente nelle NTC2018 e riportata di seguito. La categoria del sottosuolo è stabilita in base ai valori della velocità media di propagazione delle onde di taglio Vs,30 degli ultimi trenta metri del sottosuolo, oppure, in sua mancanza, tramite la resistenza penetrometrica dinamica equivalente Nspt,30 o la resistenza non drenata equivalente cu,30, anch’esse riferite agli ultimi 30 metri di sottosuolo:

𝑉, = 30 ℎ 𝑉, , [𝑚/𝑠] 𝑁 , = ∑, ℎ ℎ 𝑁 , , [𝑚/𝑠] 𝑐 , = ∑, ℎ ℎ 𝑐 , , [𝑚/𝑠] dove:

 h è lo spessore in metri dell’i-esimo strato compreso nei primi 30 m di profondità;  Vs,i velocità delle onde i taglio nell’i-esimo strato;

 cu,i resistenza non drenata nell’i-esimo strato;

 N numero di strati compresi nei primi 30 m di profondità;

 M numero di strati a grana grossa compresi nei primi 30 m di profondità;  K numero degli strati a grana fine compresi nei primi 30 m di profondità.

(17)

11 Se si ha una stratificazione del terreno con strati a grana grossa e fine ricadenti nelle categorie A ed E, qualora non si disponga di Vs,30, si calcola nei primi 30 m sia la Nspt,30 che la cu,30 riferite agli strati o a grana grossa o fine e si considera come categoria di sottosuolo la peggiore derivante dalle due.

 η è il fattore che altera lo spettro elastico per valori dello smorzamento viscoso associato alla costruzione diversi dal 5% tramite la relazione:

𝜂 = 10

5 + 𝜉≥ 0,55

 La normativa impone di utilizzare lo spettro elastico così formulato per gli stati limite di esercizio, mentre consente per i soli stati limite ultimi di effettuare una riduzione delle ordinate spettrali mediante l’utilizzo del fattore di struttura q, un coefficiente che rappresenta il comportamento post-elastico della struttura nell’ipotesi che al collasso gli spostamenti in condizioni elasto-plastiche siano identici a quelli delle condizioni elastiche, come già osservato da Newmark, effettuando la sostituzione η = 1/q. Il fattore di struttura, o di comportamento (behavior factor), è definito in base alle caratteristiche dell’edificio, sia architettoniche che strutturali, nel capitolo 7 delle NTC2008. In ogni caso, per l’ordinata spettrale deve sempre valere la condizione Sd ≥ 0,2 g per qualunque fattore di struttura.

È ora possibile definire lo spettro di accelerazione orizzontale, di cui si riporta un esempio allo stato limite di salvaguardia della vita in condizioni elastiche (Se) e di progetto con fattore di struttura q (Sd). Sulla base di quanto visto fino ad ora, con opportuni accorgimenti è possibile costruire sia lo spettro di risposta per le componenti sussultorie (verticali) del sisma, sia lo spettro di risposta in termini di spostamento imposto alla struttura.

(18)

12

1.3

La vulnerabilità sismica

La valutazione di vulnerabilità sismica può essere condotta in almeno due diverse modalità, ovvero basandosi su considerazioni globali, ma sommarie, della costruzione e riferendosi a degli schemi già noti, oppure sfruttando l’analisi strutturale e quantificando in maniera sostanzialmente più precisa la vulnerabilità stessa. La prima modalità definisce le così dette analisi speditive che, fornendo indicazioni sul probabile livello di danneggiamento dell’edificio in base al terremoto, risultano utili per la valutazione di grandi popolazioni di edifici e quindi per stimare la vulnerabilità complessiva di una determinata zona. La seconda consiste nel quantificare il rapporto tra la massima azione sismica associata ad un certo stato limite e la massima azione sismica sopportabile dall’edificio. Essendo tutto il problema impostato su base probabilistica, con accelerazioni di picco derivanti dal periodo di ritorno, la vulnerabilità vera e propria è quindi esprimibile come il rapporto fra il periodo di ritorno associato al massimo sisma che la struttura è in grado di sopportare (capacità, Tr,C) ed il periodo di ritorno richiesto da un determinato stato limite (domanda Tr,D), ovviamente qualora la struttura soddisfi perlomeno la domanda ai carichi statici in combinazione sismica

1.4

L’esposizione

L’esposizione è forse l’aspetto più difficile da quantificare, poiché comprende fattori che sono relativi alle condizioni socio-economiche del territorio e la loro stima richiederebbe, anche limitandosi ai soli edifici strategici, un’analisi estremamente complessa, oltretutto soggetta a continue variazioni. I punti da sviluppare per gli edifici strategici, secondo il CNR, sarebbero:

 individuazione, per ognuna delle funzioni svolte all’interno degli edifici esaminati, delle relazioni tra la funzione stessa e le attività socio-economiche;

 valutazione delle conseguenze economiche e sociali di una interruzione o di un rallentamento dell’erogazione dei servizi previsti per ogni funzione considerata;

 definizione di correlazioni tra i livelli di danneggiamento del contenitore e la possibilità di garantire, almeno in parte, l’erogazione dei servizi;

 valutazione della possibilità di garantire l’erogazione dei servizi in sedi alternative e stima dei tempi necessari per la messa in opera delle soluzioni alternative di emergenza.

1.5

La valutazione del rischio sismico

Il rischio sismico, come si può intendere da quanto detto in precedenza, non è una semplice stima, ed in particolare risulta difficoltoso definire un’unità di misura. Molti metodi presenti in letteratura utilizzano come unità l’indice delle perdite attese in un anno (Expected Annual Loss index, EALi), tuttavia, come si è potuto notare, questo approccio non solo è molto complesso, ma dipende in misura sostanziale dall’accuratezza della conoscenza delle distribuzioni probabilistiche che influenzano il rischio. In tal senso, può spesso risultare più conveniente (vista la natura stessa del rischio sismico e la sua funzione, ovvero dare informazioni relative sia a singoli edifici che a popolazioni di edifici) riferirsi a modelli basati sulle scale macrosismiche, oppure su metodi semplificativi derivanti da livelli di conoscenza molto bassi.

(19)

13

2. LA VULNERABILITA’ SISMICA NEGLI EDIFICI IN CALCESTRUZZO ARMATO

La vulnerabilità degli edifici in calcestruzzo nei confronti delle azioni sismiche è influenzata da fattori morfologici, meccanici e di dettaglio. Variazioni singole in ciascuno di questi fattori (che in ultima analisi determinano il flusso degli sforzi in una struttura in modo più o meno favorevole) possono determinare comportamenti significativamente diversi a livello globale dell’edificio. In tal senso, l’ingegneria sismica ha sviluppato nuove modalità di progettazione, ad esempio, introducendo il capacity design, ovvero la progettazione in capacità attraverso una gerarchia delle resistenze degli elementi strutturali, che si riflette anche a livello di danneggiamento. Un altro approccio che è stato sviluppato è quello della riduzione del segnale sismico in ingresso tramite isolatori sismici, ovvero dei dispositivi che consentono al complesso terreno-fondazione di effettuare spostamenti relativi rispetto alla sovrastruttura dell’edificio, che deve comunque possedere una sufficiente rigidità. In questo caso, anziché intervenire direttamente sulla resistenza dell’edificio, si attenua l’azione esterna sugli elementi. In questo capitolo si prenderanno in considerazione solamente gli aspetti sulle costruzioni in calcestruzzo che possono aumentare la vulnerabilità degli edifici in base alle loro caratteristiche tipologiche, facendo un confronto con la normativa attuale.

2.1

Gli edifici esistenti in C.A. nelle NTC2018

Nella progettazione sismica si fa affidamento sulla duttilità strutturale per i sismi di maggiore intensità e si progetta con il concetto di gerarchia delle resistenze. Qui il concetto di duttilità si accompagna a quello di dissipazione strutturale, data la natura dinamica dell’azione. Al sopraggiungere dell’azione sismica di progetto, la struttura nel suo complesso deve poter funzionare come un sistema in cui tutti gli elementi duttili dissipano, proporzionalmente alla loro capacità, l’energia fornita dal sisma sotto forma di deformazioni anelastiche. Gli elementi e i meccanismi privi di duttilità (fragili) devono rimanere integri per consentire il funzionamento del sistema dissipativo.

Questo comportamento richiede una progettazione mirata e l’adozione di molte regole sul dimensionamento degli elementi e sui dettagli costruttivi, pertanto esso non può in generale essere atteso dagli edifici esistenti, anche se di buona qualità.

Comportamento degli edifici esistenti in occasione di precedenti terremoti

In occasione dei passati eventi sismici, negli edifici esistenti il collasso è avvenuto per l’incapacità della struttura di trasformarsi in un meccanismo globale di collasso, a causa di:

 presenza di difetti “locali” come salti di rigidezza/resistenza tra piani contigui, fragilità dei nodi trave-pilastro;

 errata concezione strutturale (presenza di forti eccentricità tra masse e rigidezze, discontinuità sull’altezza delle pareti di controvento, ecc…)

Vulnerabilità tipiche degli edifici esistenti in C.A.

Le vulnerabilità tipiche degli edifici esistenti possono essere causate da vari fattori: fattori morfologici, fattori di dettaglio e fattori meccanici.

 Fattori morfologici: legati ad una concezione della struttura senza rispettare criteri di simmetria o regolarità geometrica in pianta (presenza di rientranze o sviluppo planimetrico troppo allungato dell’edificio) o in elevazione (errata distribuzione delle masse e delle rigidezze).

Nelle NTC2018:

- Geometria in pianta approssimativamente simmetrica e compatta;

(20)

14  Fattori di dettaglio: “errata” disposizione delle armature, percentuali minime e massime di armatura al di fuori delle limitazioni ammesse dalle norme, e dimensioni minime delle sezioni dei pilastri non conformi ai minimi imposti dalle normative.

Questi elementi di vulnerabilità definiscono all’interno dell’organismo strutturale punti deboli il cui comportamento durante il terremoto potrebbe non garantire né la resistenza né la duttilità necessaria al superamento dell’evento sismico creando quindi fenomeni di collasso parziale o globale della struttura.

 Fattori meccanici: confrontando le prove di compressione su cubetti di calcestruzzo coi risultati ottenuti, ad esempio, su carote prelevate da una struttura a distanza di anni, si evince che il materiale perde parte delle sue caratteristiche di resistenza.

Alcuni dei più comuni fattori di vulnerabilità negli edifici esistenti in C.A. sono: - Assenza di giunti sismici adeguati;

- Telai solo in una direzione; - Assenza del piano rigido;

- Effetti torsionali molto intensi in presenza di nuclei di controvento eccentrici; - Interazione tra telai e tamponature;

- Ribaltamento fuori piano dei pannelli di tamponamento a causa dell’insufficiente collegamento con travi e pilastri;

- Formazione di meccanismi di piano debole per distribuzione non uniforme di tamponamenti o elementi di controvento in pianta ed altezza (ad esempio, la presenza di porticati al piano terra); - Crisi per taglio dei pilastri con altezza libera ridotta a causa di parziale interazione con le tamponature

(ad esempio in presenza di finestre a nastro);

- Scarsa resistenza del sistema di fondazione con probabile attivazione di moti di corpo rigido o crisi locali per schiacciamento.

Questi fattori sono dovuti principalmente alla errata concezione strutturale: infatti, gli edifici realizzati prima del 2003, presentano un meccanismo di collasso di piano (telai shear type), dove la formazione delle cerniere avviene prevalentemente in testa ai pilastri di un piano (travi forti e colonne deboli). Questo porta al coinvolgimento di un minor numero di elementi strutturali, ovvero unicamente dei pilastri di un piano che, per la funzione che svolgono, sono soggetti a sforzi di compressione che ne riducono la duttilità e pertanto la capacità dissipativa d’insieme della struttura, causando quindi possibili rotture fragili per schiacciamento. Questo meccanismo, inoltre, può essere accelerato e aggravato dalla presenza dei piani soffici: le tamponature, normalmente non considerate ai fini sismici in fase di calcolo, svolgono una funzione di dissipazione dell’energia simile a quella delle pareti di taglio, pur presentando una rigidezza decisamente inferiore. Ciò porta alla formazione di cerniere plastiche alla testa e al piede dei pilastri del piano, rendendo la struttura estremamente vulnerabile: gli spostamenti ai piani alti saranno maggiori e le sollecitazioni al piede insostenibili, fino al raggiungimento del collasso per rottura dei pilastri.

Per le strutture in c.a. il meccanismo di rottura favorevole è quello che esclude le rotture fragili a taglio nei nodi e negli elementi strutturali e dunque quello che prevede la plasticizzazione delle travi a tutti i piani e alla base dei pilastri del solo piano terra (travi deboli e colonne forti), in modo tale da avere la formazione del maggior numero possibile di cerniere plastiche. Le strutture che rispondono ad un tale cinematismo hanno una buona regolarità nella distribuzione in altezza della resistenza e delle rigidezze, fattore che garantisce l’assorbimento delle forze orizzontali da parte dell’intera struttura, con conseguente distribuzione uniforme del danno e, di conseguenza, una minimizzazione delle deformazioni locali.

Per realizzare questo meccanismo, però, è necessaria un’accurata progettazione basata sul principio di gerarchia delle resistenze o Capacity Design (EC8), esplicitata in Italia solo a partire dal 2003 dall’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n° 3274 del 20/03/2003.

(21)

15 I criteri di progettazione più recenti hanno introdotto il concetto di duttilità del nodo trave-pilastro, con l’obiettivo di determinare la seguente gerarchia di danno nel meccanismo di collasso di una struttura intelaiata sottoposta ad azioni taglianti:

 formazione delle cerniere plastiche in corrispondenza delle estremità delle travi; ciò non comporta il crollo dei solai e la maglia strutturale rimane iperstatica. La formazione delle cerniere plastiche alle estremità delle travi e non sui pilastri assicura la stabilità della struttura ai carichi verticali e di conseguenza l’incolumità delle persone.

 formazione di cerniere plastiche alle estremità dei pilastri; ciò rende la struttura labile per le forze orizzontali e, conseguentemente, causa il crollo dell’edificio per rottura dei pilastri.

Per ottenere questo tipo di gerarchia nel meccanismo di danno di una struttura occorre armare i nodi trave-pilastro in maniera che risultino duttili.

Le principali novità introdotte dalle NTC2018 riguardo agli edifici esistenti

 Introduzione di parametri sintetici (i coefficienti ζ) per definire il livello di sicurezza nei confronti dei carichi statici e sismici;

 In alcuni casi la possibilità di adeguare sismicamente la struttura considerando una percentuale dell’azione sismica pari all’80% (volontà di distribuire il numero di interventi ad un certo numero di edifici);

 Indicazioni più ragionate per progettare la campagna di indagini sui dettagli costruttivi nelle strutture in c.a. (o per il rilievo dei dettagli negli edifici in muratura);

 Possibilità di adottare valore di FC diversi per la stessa costruzione (per gruppi di elementi o diversi per materiale);

 Indicazioni aggiuntive sui ponti esistenti.

Il Programma Regionale Vulnerabilità Sismica Edifici Cemento Armato (VSCA)

Le indagini di valutazione delle qualità del calcestruzzo condotte dalla Regione Toscana sugli edifici strategici e rilevanti, in particolare scuole, delle zone a maggior rischio sismico, hanno fornito un quadro dello stato di salute, in relazione all’età, del patrimonio edilizio regionale ed informazioni utili ad una successiva valutazione in termini di vulnerabilità sismica.

I risultati di tali indagini hanno evidenziato per molti edifici realizzati principalmente nel ventennio 1950-1970, la presenza di conglomerati con caratteristiche strutturali inferiori sia, ovviamente, a quelle richieste dalla normativa attualmente in vigore sia, dato sicuramente preoccupante, a quelle richieste dalla normativa vigente all’epoca della costruzione del fabbricato (ad esempio R.D. 2229/39). La presenza di queste condizioni ha reso poco affidabili in termini di sicurezza e di esposizione al rischio sismico parte delle strutture esistenti in cemento armato presenti sul territorio regionale, rendendo improrogabile lo sviluppo di attività finalizzate all’approfondimento delle conoscenze sulle caratteristiche prestazionali di tale materiale, al fine di determinare in maniera univoca la resistenza effettiva delle strutture esistenti, valida anche per un’eventuale progettazione degli interventi di adeguamento e miglioramento sismico.

La Regione Toscana, in relazione alle indagini svolte sino ad oggi nelle zone a maggior rischio sismico del proprio territorio, ha predisposto le “Istruzioni tecniche con criteri per lo svolgimento delle indagini diagnostiche finalizzate alla valutazione della qualità dei materiali in edifici esistenti in cemento armato”, contenenti le informazioni necessarie a cui attenersi per la programmazione delle indagini sul calcestruzzo e per l’elaborazione dei dati di prova quali elementi propedeutici per la vulnerabilità sismica degli edifici in cemento armato.

La Regione Toscana nel 2004 ha redatto un Programma d’Indagini mirato ad aiutare i progettisti nella valutazione degli interventi sugli edifici esistenti in cemento armato, questo perché in particolare gli edifici costruiti prima dell’entrata in vigore della L.64/74 presentano un elevato stato di degrado e problematiche strutturali connesse principalmente ai seguenti fattori:

(22)

16 a) scarsa resistenza della struttura dovuta a bassi valori dell’Rck del calcestruzzo;

b) problemi di duttilità della struttura dovuti alla insufficiente presenza di staffature in acciaio e/o alla non accurata realizzazione delle stesse;

c) bassa resistenza a taglio degli elementi;

d) espulsione del copriferro per l’aumento di volume delle armature colpite dalla ruggine a causa dei fenomeni di carbonatazione;

e) errori progettuali e di messa in opera;

f) prescrizioni normative vigenti all’epoca meno restrittive delle attuali;

g) mancato rispetto della normativa vigente all’epoca della costruzione e carenza di controlli sul cantiere;

h) mancata corrispondenza tra gli elaborati di progetto e lo stato di fatto dell’immobile.

Al valore di resistenza del calcestruzzo si arriva valutando i valori ottenuti da una campagna di indagine che prevede prove dirette (carotaggi) e prove indirette combinate (metodo Sonreb). Le verifiche effettuate vengono considerate positive se il valore di resistenza del calcestruzzo è superiore o uguale a 150 Kg/cmq, valore minimo previsto dalla normativa vigente al momento delle indagini per materiali strutturali (D.M. 16/01/96). Per gli edifici dove si riscontra un valore di Rck minore di 150 Kg/cmq è prevista un’estensione delle indagini, al fine di accertare il valore ottenuto ed escludendo dunque la possibilità di aver indagato zone dove il calcestruzzo presenta un particolare deterioramento e non è dunque possibile considerarlo rappresentativo della qualità media dei getti. La demolizione del manufatto è prevista solo nel caso in cui vengano registrati valori della resistenza del calcestruzzo sensibilmente inferiori ai minimi previsti dalla normativa (Rck < 120 Kg/cmq) e se l’Amministrazione Comunale valuta più vantaggioso economicamente intervenire in tale modo rispetto all’apportare un intervento di miglioramento o adeguamento; in tutti gli altri casi si procede al progetto di adeguamento o miglioramento della struttura dal punto di vista sismico.

2.2

Valutazione della sicurezza di edifici esistenti

La valutazione della sicurezza di una struttura esistente è un procedimento quantitativo, volto a determinare l’entità delle azioni che la struttura è in grado di sostenere con il livello di sicurezza minimo richiesto dalla attuale normativa.

L’incremento del livello di sicurezza si persegue, essenzialmente, operando sulla concezione strutturale globale con interventi, anche locali.

La valutazione della sicurezza, argomentata con apposita relazione, deve permettere di stabilire se: - L’uso della costruzione possa continuare senza interventi;

- L’uso debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni e/o cautele nell’uso);

- Sia necessario aumentare la sicurezza strutturale, mediante interventi.

La valutazione della sicurezza deve effettuarsi quando ricorra anche una sola delle seguenti situazioni:  Riduzione evidente delle capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti

dovuta a:

o Significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, deformazioni significative conseguenti anche a problemi in fondazione;

o Danneggiamenti prodotti da azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), da azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni) o da situazioni di funzionamento ed uso anomali.  Provati gravi errori di progetto o di costruzione;

(23)

17  Cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei

carichi variabili e/o passaggio ad una classe d’uso superiore;

 Esecuzione di interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità e/o ne modifichino la rigidezza;

 Ogni qualvolta si eseguano interventi strutturali di miglioramento e adeguamento sismico;

 Opere realizzate in assenza o difformità dal titolo abitativo, ove necessario al momento della costruzione, o in difformità alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della costruzione.

Qualora le circostanze enunciate riguardino porzioni limitate della costruzione, la valutazione della sicurezza potrà essere effettuata anche solo sugli elementi interessati e su quelli con essi interagenti, tenendo presente la loro funzione nel complesso strutturale, posto che le mutate condizioni locali non incidano sostanzialmente sul comportamento globale della struttura.

Nella valutazione della sicurezza, da effettuarsi ogni qual volta si eseguano interventi di miglioramento o adeguamento, il progettista dovrà esplicare in un’apposita relazione, esprimendoli in termini di capacità e domanda, i livelli di sicurezza precedenti l’intervento e quelli raggiunti con esso.

La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti potranno essere eseguite con riferimento ai soli SLU, salvo che per le costruzioni di classe d’uso IV, per le quali sono richieste anche le verifiche SLE specificate al §7.3.6 delle NTC2018; in quest’ultimo caso potranno essere adottati livelli prestazionali ridotti.

Per la combinazione sismica le verifiche agli SLU possono essere eseguite rispetto alla condizione di salvaguardia della vita umana (SLV) o, in alternativa, con condizione di collasso (SLC), secondo quanto specificato al §7.3.6.

Nelle costruzioni esistenti le situazioni concretamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindi impossibile prevedere le regole specifiche per tutti i casi. Di conseguenza, il modello per la valutazione della sicurezza dovrà essere definito e giustificato dal progettista, caso per caso, in relazione al comportamento strutturale atteso, tenendo conto delle indicazioni generali di seguito esposte.

L’ideale iter da seguire è composto principalmente da tre fasi, che verranno affrontate nel dettaglio nei paragrafi successivi di questo capitolo:

1) Fase conoscitiva: vengono recuperati gli elaborati progettuali dell’edificio in esame e attraverso il rilievo geometrico e prove in situ vengono definite le caratteristiche dei materiali;

2) Modellazione e analisi strutturale: note le caratteristiche geometriche e le caratteristiche dei materiali di costruzione è possibile definire un modello di calcolo su cui effettuare l’analisi;

3) Verifiche di sicurezza statica e vulnerabilità sismica: dai risultati dell’analisi è possibile dare una valutazione sulla sicurezza dalla struttura e, eventualmente, ipotizzare interventi di miglioramento o adeguamento

(24)

18

2.2.1 Fase conoscitiva

La Regione Toscana ha provveduto ad indicare sul programma VSCA delle linee guida da seguire dai progettisti per la valutazione della sicurezza degli edifici esistenti in cemento armato; tale procedura è ampliamente utilizzata anche a livello nazionale.

La programmazione delle indagini su edifici in cemento armato si svolge secondo le seguenti fasi:

1. Reperimento degli elaborati progettuali originali presso le Amministrazioni Locali competenti: elaborati strutturali, disegni architettonici, relazioni di calcolo, documenti di cantiere, notizie storiche sul progetto (normative vigenti all’epoca) e sulla costruzione, modifiche e condizioni di manutenzione.

2. Esecuzione di sopralluoghi finalizzati a:

a) Verifica della corrispondenza tra lo stato attuale dell’edificio e gli elaborati strutturali di progetto, nel caso siano stati reperiti o, in caso contrario, esecuzione di un rilievo speditivo ex novo dell’organismo strutturale con:

- verifica delle geometrie e dei dettagli costruttivi, - verifica delle dimensioni degli elementi strutturali,

- verifica, mediante pacometro e/o rimozione del copriferro, della quantità e disposizione delle armature principali e delle staffe, della chiusura delle stesse e loro raffittimento ai nodi. Ciò costituisce una preliminare ed essenziale operazione da effettuare al fine di non incorrere nel taglio di porzioni di barre di armatura durante il prelievo dei campioni e consente, inoltre, di acquisire informazioni sulla duttilità dell’elemento strutturale;

b) esecuzione di saggi in situ per la caratterizzazione tipologica dei solai e dei tamponamenti, finalizzata alla determinazione dei pesi propri da computare nell’analisi dei carichi;

c) analisi dello stato di degrado delle strutture: qualità del calcestruzzo da esame visivo, espulsione del copriferro da parte delle armature ossidate;

d) accertamento di eventuali quadri fessurativi;

e) rilevamento di danneggiamenti provocati da installazioni impiantistiche;

f) individuazione preliminare degli elementi strutturali indagabili, in considerazione di vari fattori quali: l’accessibilità degli elementi (travi emergenti, pilastri con lati opposti liberi), il confinamento garantito da pareti di tamponamento e la disposizione di barre longitudinali e staffe per i pilastri da sottoporre a carotaggio.

3. Verifica dei tassi di lavoro per i carichi verticali e per le aree di influenza dei pilastri da sottoporre a prelievo di campioni di calcestruzzo. Vengono esclusi dalle operazioni di carotaggio gli elementi che presentano un valore del tasso di lavoro > 60/70% della tensione ammissibile.

4. Stesura del Programma delle Indagini

5. Controllo in corso d’opera delle attività del laboratorio autorizzato

6. Interpretazione dei dati di prova e stesura della Relazione Tecnica di valutazione della qualità del calcestruzzo.

Il Servizio Sismico Regionale della Toscana ha predisposto un’apposita “Scheda Prove Qualità Calcestruzzo” da compilarsi in situ a cura dei tecnici del Laboratorio Ufficiale Prove Qualità Materiali in occasione dello svolgimento delle prove per ogni elemento strutturale indagato; questo in modo da uniformare su tutto il territorio regionale ed indipendentemente dalle tipologie edilizie le informazioni rilevate sugli edifici indagati. La corretta e completa compilazione di tale elaborato risulta di fondamentale importanza per avere un quadro esauriente sugli elementi che concorrono a definire la resistenza del calcestruzzo.

Questo documento è composto da una prima parte per la notazione di informazioni sia di carattere generale (dimensioni dell’elemento strutturale indagato, quantità e disposizione delle barre d’armatura e delle staffe, passo delle staffe ai nodi e chiusura delle stesse, spessore del copriferro e posizione dell’elemento nell’organismo strutturale) sia relative alla qualità del calcestruzzo da esame visivo; segue una seconda scheda per il rilevamento dei dati di prova ed infine le istruzioni per la compilazione della scheda stessa.

(25)

19 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza

Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive riportate precedentemente, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello e definiti i correlati fattori di confidenza, da utilizzare nelle verifiche di sicurezza.

Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per informazione crescente:

LC1 – LC2 -LC3

Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso. Specifica attenzione dovrà essere posta alla completa individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili.

Per gli edifici in calcestruzzo armato la normativa fornisce una definizione per i tre livelli di conoscenza a titolo orientativo:

 LC1: si ritiene raggiunto quando è stata effettuata l’analisi storico-critica, la geometria della struttura è nota in base ai disegni originali (è comunque necessario un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito coi disegni) o ad un rilievo, in caso non si disponga dei dettagli disegni costruttivi, e i dettagli costruttivi sono stati ricavati tramite progetto simulato e con indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti degli elementi più importanti. I valori delle caratteristiche meccaniche dei materiali possono essere assunti pari a i valori usuali adottati nella pratica costruttiva dell’epoca e devono essere convalidati da prove limitate in situ sugli elementi principali. A questo livello di conoscenza le NTC2018 fanno corrispondere un FC = 1,35;

 LC2: si ritiene raggiunto quando è stata effettuata l’analisi storico-critica, la geometria della struttura è nota dai disegni originali (è comunque necessario un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o dal rilievo, i dettagli costruttivi sono noti, interamente o parzialmente, dai disegni costruttivi originali o da indagini limitate in situ delle armature e sui collegamenti degli elementi principali a seguito di un’indagine estesa in situ; le caratteristiche meccaniche dei materiali devono essere note attraverso i disegni costruttivi, integrati da prove limitate in situ o da prove estese in situ. A questo livello di conoscenza le NTC2018 fanno corrispondere un FC = 1,20;

 LC3: si intende raggiunto quando è stata effettuata l’analisi storico-critica, la geometria della struttura è nota dai disegni originali o dal rilievo, i dettagli costruttivi sono noti dai disegni costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti degli elementi principali a seguito di un’indagine esaustiva in situ, le caratteristiche meccaniche dei materiali devono essere note dai disegni costruttivi e dai certificati originali di prova, integrate da prove limitate in situ (in caso i valori derivanti dalle indagini in situ fossero minori dei corrispondenti valori indicati nei certificati di prova è necessario eseguire prove esaustive in situ) o con prove esaustive in situ. A questo livello di conoscenza le NTC2018 fanno corrispondere un FC = 1,00.

Di seguito sono riportate le tabelle, tratte dalla Circolare 7 del 21 gennaio 2019, con la definizione del livello di indagine e prove e con la definizione del Livello di Conoscenza:

(26)

20 Metodologie per la conoscenza delle caratteristiche dei materiali

Il calcestruzzo

La metodologia proposta dalle VSCA per le indagini finalizzate alla conoscenza della qualità del calcestruzzo in edifici in c.a. gettato in opera, ovvero per la valutazione del valore di Rck da assumere in fase di verifica sismica e progettazione di eventuali interventi di adeguamento sismico, prevede l’esecuzione di due tipologie di prove:

 Prove non distruttive o indirette

Il principio sul quale si basano le prove non distruttive è quello di non arrecare alcun danno alla struttura, analizzandola dall’esterno con metodi di misurazione che ricavano in modo indiretto la qualità dei calcestruzzi indagati.

La Regione Toscana prescrive l’utilizzo del solo Metodo Sonreb, che prevede l’uso combinato di due metodi d’indagine indiretti, ovvero di prove sclerometriche e di prove ad ultrasuoni. Questo metodo è ritenuto particolarmente valido poiché i principali fattori perturbativi dei singoli metodi, ovvero la carbonatazione e l’umidità superficiale, vengono compensati e pertanto i risultati finali ottenuti sono più affidabili. La Regione Toscana fornisce anche dei criteri specifici da seguire per l’esecuzione sia delle battute sclerometriche che per le letture ultrasoniche.

La formula di correlazione del metodo Sonreb è ritenuta applicabile per valori della velocità di attraversamento superiori a 3100/3200 m/s mentre per valori inferiori il giudizio risulta meno attendibile poiché esterna al dominio delle curve Sonreb ricavate sperimentalmente e su cui si basa tale formula. Ad ogni modo, per valori della velocità più bassi, compresi tra i 2500 e i 3000 m/s, la Rck del calcestruzzo risulta quasi sicuramente < 150 Kg/cmq mentre per valori ancora più bassi (1000/2000 m/s) il dato ottenuto perde praticamente di significato.

Per quanto riguarda i dati forniti dallo sclerometro, invece, si ritengono buoni i valori dell’indice medio di rimbalzo Im = 30, prendendo come minimo accettabile Im = 27/28.

Confrontando il valore di resistenza stimata ottenuto tramite il metodo Sonreb con quello di resistenza cubica convenzionale, stimata col carotaggio, sono accettabili differenze al massimo del 20%.

Metodologia R.T. nel metodo Sonreb - Metodo sclerometrico

1. Rilevazione dei ferri di armatura dell’elemento strutturale indagato mediante pacometro e loro segnatura sull’elemento stesso con gessetti o altro.

2. Individuazione delle aree d’indagine: la prima all’interno del quadrante compreso tra due staffe consecutive e posto ad un’altezza da terra pari a hpilastro/2; la seconda all’interno del quadrante superiore od inferiore al primo e in asse con la precedente.

Riferimenti

Documenti correlati

Analisi di vulnerabilità sismica del Nuovo Palazzo Pretorio a Suvereto (LI)

3.4.5 Caratterizzazione della tipologia di fondazione 45 3.4.6 Caratterizzazione della tipologia di terreno 45 3.5 Livelli di conoscenza e caratterizzazione meccanica

enterprise performance in Western Europe1 1 ; forthcoming in Jahrbuch der Wirtschaft Osteuropas, Vol. European University Institute. Available Open Access on Cadmus,

Gli acidi grassi possono contenere all’interno della catena doppi legami che se sono presenti in numero uguale o superiore a due, possono rendere le

The complexity of water resource systems emphasizes the need of adopting an integrated approach for the analysis of both the social-economical agents and the

In Opinion 2/13 the Court of Justice of the European Union found that the draft agreement on the EU’s accession to the European Convention on Human Rights was “liable adversely

Figures 3 and 4 - Comparison between the minimum annualised investment cost of a demand response program and its annual revenue from the arbitrage between the day-ahead and real

Per la realizzazione del terzo modello (N3), viene ripreso il primo (si hanno quindi setti modellati con elementi shell) ma vengono aggiunte delle diagonali equivalenti