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CAPITOLO 7
Conclusioni
Lo studio condotto negli anni 2004 – 2005 nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, fornisce pareri di tipo preliminare su aspetti strutturali e demografici della popolazione di cervo, in previsione di doverosi studi futuri più approfonditi.
Dall’analisi della struttura della popolazione si può osservare come la popolazione di cervo sia ben assestata sul territorio, mostrando una forte componente di individui adulti che garantiscono la permanenza delle popolazioni come unità. La sex-ratio a favore delle femmine è una condizione naturale per questa specie, la discreta produttività presentata fa presupporre un aumento di questa specie nel versante romagnolo, dove si colloca l’area di studio. La presenza cospicua di individui giovani, che presentano una naturale tendenza alla dispersione, ci fa supporre una capacità di diffusione con ampliamento dell’areale distributivo.
La consistenza e la densità di tale popolazione appaiono in crescita, avvalorando l’ipotesi di una propensione all’espansione distributiva per la probabile immigrazione, dal versante toscano, di nuovi individui in grado di potenziare il nucleo della vallata e, contemporaneamente, di consentirne un allargamento territoriale. Le dimensioni dei gruppi formati dal cervo sono minori rispetto a quelle formate dalla stessa specie in contesti ambientali diversi, ciò potrebbe essere ricondotto all’alta boscosità della zona che può
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della minore richiesta di aggregazione a scopi antipredatori.
Dallo studio condotto circa la possibile influenza delle mandrie al pascolo, nel periodo maggio - novembre, sull’avvistabilità di cervi e daini (le due specie più abbondanti nell’area di studio), non risulta nessuna interazione, negativa o positiva. La diminuzione degli avvistamenti dei due ungulati si ha nel periodo invernale, di assenza delle mandrie nelle zone pascolive, fenomeno probabilmente legato all’innevamento del suolo.
Dai valori degli I.K.A., calcolati per ogni percorso standardizzato, le quattro specie di ungulati si mostrano relativamente abbondanti, pur con una disomogeneità nella distribuzione degli avvistamenti sul territorio. Non sembrerebbero delinearsi condizioni di competizione inter – specifica, ma anzi la situazione ci mostra popolazioni viventi in simpatria, ciò per l’abbondante quantità di risorse alimentari ben distribuite sul territorio, che permettono alle diverse specie di orientarsi in maniera alternata e sovrapposta su fonti trofiche diverse, contemporaneamente presenti.
Numerosi sono i punti che emergono da questo studio e che maggiormente andrebbero approfonditi:
- stima demografica per le diverse popolazioni di ungulati presenti, secondo corrette metodologie di censimento ed elaborazione, al fine di gestire i potenziali problemi di “coabitazione” con attività antropiche;
- studio dell’impatto, del cervo in particolare, sugli ecosistemi forestali;
118 - ampliamento dello studio, oltre che ai parametri strutturali e
demografici, all’indagine fenologica sui gruppi, all’uso delle fasce altitudinali, degli habitat vegetazionali, dei versanti, operato dal cervo e dalle altre specie;
- studio specifico (es. tramite radio-tracking) delle direttrici di distribuzione della specie cervo verso la Romagna, per capire la reale tendenza all’espansione di areale della popolazione, rispetto ai parametri demografici che presenta;
- indagine sulle dimensioni e sulla conformazione dei trofei, considerati frequentemente come indice dello stato di salute di un cervide.
