Novembre 2017 Anno XXXIV - N. 11 € 7,00
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ALIANE s.p.a. - SPED . IN A bb. POST . D.L. 353/2003 ( conv .in L. 27/02/2004 n° 46) ar t. 1, comma 1, DC b T orino - ISSN 0393-3903 -
Data prima uscita: 3 novembre
2017
LIBRO DEL MESE: I Cazalet di Elizabeth Jane Howard
Ahi-MATTICCHIO, rigogliosa immaginazione, inquietudine e magia
Il GRANDE RIMOSSO: uno “speciale” su Curzio Malaparte
N. 11 30
Poliziesco universitario
di Federica Arnoldi
Ricardo Piglia
SOLO PER IDA BROWN
ed. orig. 2013, trad. dallo spagnolo di Nicola Jacchia, pp. 234, € 17,
Feltrinelli, Milano 2017
I
n Bersaglio Notturno (Feltrinelli,2011) lo avevamo lasciato nella provincia remota di Buenos Aires.
Questa volta, invece, in Solo per
Ida Brown, l’ultimo romanzo di
Ricardo Piglia pubblicato prima della sua morte, Emilio
Renzi è in partenza per il New Jersey. Come Piglia, che ha insegna-to per molti anni negli Stati Uniti, il suo alter ego è stato chiamato da una prestigiosa uni-versità in qualità di vi-siting professor. Alcuni
colleghi hanno pensato proprio a lui per il se-minario di
letteratu-ra inglese sull’opeletteratu-ra di William Henry Hudson i cui destinatari sono giovani dottorandi cinici e preparatissimi, come il nostro avrà modo di notare fin dalla prima lezione: “Le sei reclute sedute in-sieme a me intorno alla scrivania erano tese e all’erta come giovani assassini alle prime armi rinchiusi in una prigione federale”. Prematu-ramente consumati dalla rivalità, naufraghi nelle acque ferme degli studi postcoloniali, la loro caratte-rizzazione anticipa, per analogia, l’ingresso in scena dei professori, tutti potenziali serial killer, perché nel campus serpeggia una ferocia sotterranea cui nessuno è estraneo.
Dopo qualche tentennamento, Emilio Renzi coglie l’occasione che gli è stata offerta, anche per al-lontanarsi da un lungo periodo di stasi esistenziale: “Mi ero da poco separato dalla mia seconda moglie, vivevo da solo in un appartamento di Almagro che un amico mi ave-va prestato; non pubblicavo nulla da così tanto tempo che una sera, all’uscita da un cinema, una bion-da che avevo abborbion-dato con un pretesto qualsiasi rimase di stucco
quando seppe il mio nome perché credeva fossi morto”. Tuttavia, riesce a congedarsi da Buenos Ai-res ma non dall’inerzia allucinata in cui è caduto, che il suo medico tende ad attribuire a un eccesso di alcol e di stanchezza. Il suo stato psicofisico altera il soggiorno sta-tunitense potenziando le sue già sviluppate doti investigative, cui deve fare ricorso fin da subito. Ha avuto appena il tempo di trasfe-rirsi nel tranquillo sobborgo, di
infilarsi in una relazio-ne clandestina, ed ecco si trova coinvolto in una macabra vicenda; la vittima è proprio la sua nuova fiamma. Si chiama Ida Brown e ha mantenuto fede al suo
nome (Ida in
spagno-lo significa “andata”, il sostantivo derivato dal verbo andare) morendo in un incidente strada-le la cui dinamica rimane a lungo poco chiara. Emilio Renzi resta inchiodato al suo ricordo, ossessio-nato dalla risoluzione del caso, che sembrerebbe coinvolgere anche un gruppo terrorista. Fino a qualche attimo prima dell’incidente, Ida Brown era una celebrità del mon-do accademico, “sempre circonda-ta da studenti (...) dicevano fosse una snob, che cambiasse teoria ogni cinque anni e che ogni suo libro fosse diverso dal precedente perché rispecchiava la moda del momento, ma in realtà tutti ne in-vidiavano l’intelligenza e il valore”.
È la letteratura che condurrà il professore-detective alla risoluzio-ne del caso: le opere analizzate da Ida, i libri che ha sottolineato, su cui ha scritto appunti, il pensiero degli autori che trattava nei suoi corsi, che erano i più gettonati dell’ateneo, perché dedicati alla “tradizione di quegli scrittori che si opponevano al capitalismo da una posizione arcaista e preidu-striale”. Dalla beat generation agli
ecologisti, dai populisti russi agli autori anarchici attratti dal primi-tivismo, il succoso materiale
ide-ologico tanto apprezzato dai gio-vani letterati alla ricerca di forme di radicalizzazione diventa la pista valida per le indagini solitarie di Emilio Renzi, che è innanzitutto un lettore insaziabile, come ave-va già dimostrato in Respirazione artificiale (Sur, 2012). Il nodo
in-terpretativo che riesce a sciogliere riguarda tanto gli studi di Ida, il segreto del suo successo, quanto il suo omicidio, solo in apparenza scollegati. Infatti, si dà il caso che Unabomber, il celebre bombarolo seriale, abbia ispirato Ricardo Pi-glia nell’elaborazione del profilo di un omicida la cui idea di robin-sonismo assume una forma tipica-mente odierna di prevaricazione, in cui l’esercizio della violenza è dettato dalla volontà di farsi ascol-tare, come i terroristi e gli autori delle stragi, perché disseminare la paura apre le porte dell’opinione pubblica e accompagna verso le luci della ribalta del dibattito in-ternazionale.
La trama investigativa e l’am-pia panoramica che Piglia regala al lettore sulla letteratura della
wilderness, da Thoreau a Conrad,
passando per Horacio Quiroga, si appoggiano a personaggi me-morabili che di letteratura sono imbevuti. Un paio di esempi: Don
D’Amato, chair di Modern
Cultu-re and Film Studies, nonché vete-rano della guerra di Corea, nella cantina della casa vittoriana dove vive ha fatto costruire un acqua-rio per dare alloggio al suo squalo; l’anziana vicina Nina Andropova, a cui è dedicato un intero capito-lo, un viaggio sorprendente nella lingua e nella letteratura russa in-trapreso nel salotto di questa mite signora “estranea alle contingenze del momento”.
Con Solo per Ida Brown,
Ricar-do Piglia pare suggerire, e lo fa ma-gistralmente, l’importanza della lettura in uno scenario poliziesco in cui non è la realtà a trarre in in-ganno con le sue apparenze, bensì l’universo narrativo alternativo che scaturisce dalla letteratura a suggerire la verità.
federica.arnoldi@unibg.it
F. Arnoldi è dottore di ricerca in letteratura ispanoamericana
Letterature
La strategia della murena
di Lia Ogno
Juan José Millás
DALL’OMBRA
ed. orig. 2016, trad. dallo spagnolo di Paolo Collo, pp. 142, € 17,
Einaudi, Torino 2017
L
a murena è un pesce schivoche suole rintanarsi in anfratti bui, fenditure delle rocce, vecchie anfore o relitti dove trascorre la maggior parte del tempo e dai quali esce solo la notte per procac-ciarsi il cibo di cui
abbi-sogna. Adora la penom-bra e i luoghi oscuri ed è un animale prevalente-mente solitario.
Con tali caratteristi-che non c’è da stupirsi se, in una società in cui pesce grande mangia pesce piccolo, alla
do-manda dell’anchorman
televisivo se si identifi-chi maggiormente con
lo squalo o con la sardina, Damián Lobo, il protagonista dell’ultimo romanzo di Millás, scelga la mu-rena. D’altronde, ancor prima di perdere il lavoro, ancor prima di ritrovarsi a vivere all’interno di un armadio, la sua era stata una vita solitaria e trascorsa nell’ombra. E poco importa se intervista, studio televisivo e intervistatore siano solo frutto dell’immaginazione del protagonista, sta di fatto che, dopo aver perso il lavoro che aveva svolto per ben 25 anni, Damián si sente smarrito, attanagliato dalla paura e, da animale stanato, forse sta solo cercando un altro nascon-diglio dove continuare a condurre la sua esistenza passiva, alla ricerca di un senso. Con l’ironia e la fe-roce lucidità che hanno da sempre caratterizzato la sua scrittura, con
Dall’ombra, Juan José Millás ci
re-gala un romanzo agile e brillante per struttura e tono narrativo, ma tutt’altro che frivolo e superficia-le. Per sua stessa ammissione: il romanzo più politico da lui mai pubblicato.
L’intreccio parte da un evento insolito e bizzarro, ma plausibile, che l’autore valenciano esplora e conduce fino alle estreme conse-guenze: in un mercatino dell’u-sato, per sfuggire a una guardia di sicurezza che l’aveva sorpreso a effettuare un piccolo furto, Da-mián Lobo si rifugia all’interno di un armadio. Ma ancor prima che riesca a uscirne, il vecchio guardaroba viene imballato, ca-ricato su un furgone e trasporta-to presso la villetta dove l’ignara Lucía, che ha appena acquistato il mobile, abita con il marito e una figlia adolescente. Nel timore di essere scoperto, Damián aspetta il momento opportuno per potersi dileguare. Ma la mattina seguen-te, quando tutta la famiglia lascia l’abitazione per correre dietro alle proprie occupazioni, l’uomo, an-ziché approfittarne per scappare, si guarda attorno e si mette a rias-settare casa, a lavare i piatti spor-chi che la famiglia aveva lasciato dalla colazione e dalla cena della
sera prima. Ora non è che non ri-esca a fuggire, è che non vuole più farlo. Ora riesce a sentirsi nuova-mente utile e decide, così, di fare dell’armadio la sua nuova dimora, dove correrà a rintanarsi non ap-pena la famiglia farà rientro a casa, trasformandosi in una sorta di be-nevolo fantasma.
Ed è in questa svolta parados-sale che risiede tutta la forza e la profonda carica simbolica della godibilissima narrazione. È infatti
grazie al contrasto che viene a generarsi tra una premessa logica e un comportamento as-surdo e irragionevole che Millás riesce a con-fezionare, con sapiente misura e originalità, una favola morale dei nostri giorni che in-daga sui meccanismi psicologici che pos-sono interagire in un uomo il quale, per l’esclusione dal mondo lavorativo, vive la perdita del proprio ruolo sociale. Sullo sfondo, si delinea un quadro chia-rissimo e disincantato della nostra società, quella dei reality show, di
YouPorn, dell’obsolescenza pro-grammata. D’altronde Millás, sia nei romanzi sia dalle colonne dei giornali, si è sempre rivelato un acuto osservatore della realtà in cui viviamo.
U
na realtà da lui osservata conocchio da entomologo, ma ricreata letterariamente come at-traverso uno specchio deformante capace, da una parte, di stupire e divertire il lettore e, dall’altra, di mettere in evidenza aspetti nasco-sti e spesso scomodi della nostra esistenza. Così anche l’intervista televisiva immaginaria ‒ con tan-to di pubblico e di applausi ‒ che scandisce l’intera narrazione, ol-tre a essere un originale espedien-te per fornire al lettore tutta una serie di informazioni sul vissuto del protagonista e sui suoi stati d’animo, diviene un’aspra critica alla nostra società plurimediatica, malata di audience e di spettacola-rizzazione.
Dall’ombra è uno di quei
ro-manzi destinati a restare nei ri-cordi del lettore, non solo per la singolarità e la stranezza della sua trama, ma perché ha identificato un tipo: Damián Lobo, l’uomo-murena. Nel fondo, alla stregua di Cosimo di Rondò — il
prota-gonista di Il barone rampante —
Damián è un ribelle: scegliendo di non fuggire, attua la sua persona-lissima fuga dal mondo, e afferma così la propria insoddisfazione nei confronti di un sistema capitalista che lo ha prima fagocitato e poi espulso, ma avvertendo tutti noi che il suo fallimento individuale è solo il riflesso del nostro fallimen-to collettivo.
lia.ogno@unito.it
Lia Ogno insegna letteratura spagnola all’università di Torino