Rivista dell’Istituto
di Storia dell’Europa Mediterranea
ISSN 2035‐794Xnumero 9, dicembre 2012
L’uso della metafora nella “letteratura migrante”.
Il case study dei romanzi di Amara Lakhous
Grazia Biorci
DOI 10.7410/1005Segreteria di redazione Esther MARTÍ SENTAÑES Comitato di redazione Grazia BIORCI, Maria Eugenia CADEDDU, Monica CINI, Alessandra CIOPPI, Yvonne FRACASSETTI, Raoudha GUEMARA, Maurizio LUPO,
Alberto MARTINENGO, Maria Grazia Rosaria MELE, Maria Giuseppina MELONI, Sebastiana NOCCO, Michele M. RABÀ, Riccardo REGIS, Oscar SANGUINETTI,
Giovanni SERRELI, Giovanni SINI, Luisa SPAGNOLI, Patrizia SPINATO BRUSCHI, Massimo VIGLIONE, Isabella Maria ZOPPI Comitato scientifico Luis ADÃO DA FONSECA, Sergio BELARDINELLI, Michele BRONDINO, Lucio CARACCIOLO, Dino COFRANCESCO, Daniela COLI,
Miguel Ángel DE BUNES IBARRA, Antonio DONNO, Giorgio ISRAEL, Ada LONNI, Massimo MIGLIO, Anna Paola MOSSETTO, Michela NACCI, Emilia PERASSI, Adeline RUCQUOI, Flocel SABATÉ i CURULL, Gianni VATTIMO, Cristina VERA DE FLACHS, Sergio ZOPPI Comitato di lettura In accordo con i membri del Comitato scientifico, la Direzione di RiMe sottopone a referee, in forma anonima, tutti i contributi ricevuti per la pubblicazione Responsabile del sito Claudia FIRINO RiMe – Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea (http://rime.to.cnr.it) Direzione: via S. Ottavio, 20 ‐ 10124 TORINO ‐ I Tel. +39 011670 3790 ‐ Fax +39 0118124359 Segreteria editoriale: via G.B. Tuveri 128 ‐ 09129 CAGLIARI ‐ I Telefono: +39 0704036 35 / 70 ‐ Fax: +39 070498118
Indice
Corrado Zedda “Amani judicis” o “a manu judicis”? il ricordo di una regola proce‐ durale non rispettata in una lettera dell’arcivescovo Guglielmo di Cagliari (1118) 5‐42 Gianluca Scroccu Il problema del sionismo e la questione araba nelle pagine de La Ri‐ voluzione liberale di Piero Gobetti 43‐56 Giulia Medas La guerra civile spagnola nella recente storiografia 57‐79 Valeria Deplano Educare allʹoltremare. La Società Africana dʹItalia e il colonialismo fascista 81‐111 Grazia BiorciL’uso della metafora nella “letteratura migrante”. Il case study dei romanzi di Amara Lakhous 113‐131
Dossier
Bernard Zadi Zaourou, quelques mois après...
ou l’exigence de donner la voix
a cura di
Nataša Raschi e Antonella Emina
Nataša Raschi – Antonella Emina Bernard Zadi Zaourou, quelques mois après... ou l’exigence de don‐ ner la voix 135‐141 Eugène Zadi Le frère et le Maître 143 Véronique Tadjo L’homme‐initiateur 145‐150Jean Derive Du théâtre historique au théâtre initiatique: le parcours d’un drama‐ turge engagé 151‐161 Valy Sidibe La dramaturgie de Bottey Zadi Zaourou ou la révolution esthétique au cœur des mythes anciens 163‐172 François Atsain N’cho Zadi Zaourou: l’écriture de modèles 173‐192 Logbo Blédé L’image symbolique chez le dramaturge Zadi 193‐203 Jacqueline Soupé Lou
La dramaturgie du conte dans «La guerre des femmes» de Zadi Zaourou
205‐216 Cisse Alhassane Daouda
Zadi Zaourou dans le prisme de sa méthode: la stylistique 217‐228
Angeline Otre
Les fondements épiques, lyriques et idéologiques de la poétique de Bernard Zadi Zaourou dans «Fer de lance 1» 229‐243 Aboubakar Ouattara Étude de sémantique linguistique textuelle sur un poème de Bottey Zadi Zaourou: «Didiga des origines» 245‐255 Yagué Vahi Lecture sémiotique de «Gueule‐tempête» de Bottey Zadi Zaourou 257‐275 Nanourougo Coulibaly Bernard Zadi, le polémiste 277‐297 Octave Clément Deho Ce que Zadi m’a dit. Ce que Zadi mʹa enseigné. Mon cours de fran‐ çais L1 en suivant l’exemple (selon moi) de mon Maître 299‐306 Frédéric Grah Mel Bernard Zadi, une figure de la jeunesse ivoirienne 307‐321
L’uso della metafora nella “letteratura della migrazione”.
Il case study dei romanzi di Amara Lakhous
Grazia Biorci RiassuntoLa metafora in ogni lingua attinge a un set di immagini che rispondono, e corrispondono, culturalmente alla so‐ cietà. La metafora è espressa attraver‐ so un rapido passaggio da un domi‐ nio concettuale ad un altro per ren‐ dere più efficace un’emozione, un’idea o una situazione.
La metafora è studiata qui nel campo di specifico della produzione lettera‐ ria di autori migrati in Italia che han‐ no scelto l’italiano come lingua delle lette‐re benché non nativa. Scontro di
civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio
e Divorzio all’islamica a Viale Marconi di Amara Lakhous sono l’oggetto di questa indagine.
Parole chiave
Metafora; letteratura della migrazio‐ ne; Lakhous, Amara.
Abstract
In every language, metaphors corre‐ spond to a specific set of images and concepts dealing with the culture of the speaking community. In this pa‐ per the results of a research con‐ ducted on the use of the metaphors in Amara Lakhous’ novels Scontro di
civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio
and Divorzio all’islamica a Viale Mar‐
coni. Novels written in Italian by an
Algerian author who has decided to adopt Italian as literacy language.
Keywords
Metaphor; Migration Literature; Lak‐ hous, Amara. Negli ultimi venti anni si è sviluppata in Italia una nuova produzio‐ ne letteraria da parte di autori che, pur non essendo parlanti nativi, hanno adottato l’italiano come lingua per le loro opere di fantasia o di autobiografia. Questo fenomeno, definito dal suo primo studioso
Armando Gnisci1, “letteratura della migrazione”2, si afferma inizial‐
mente come categoria letteraria di nicchia evolvendosi successiva‐ mente in una tipologia letteraria, “assimilata” ai generi letterari pub‐ blicati in Italia (romanzo, antologie di racconti, racconti, poesia, pièce teatrali, autobiografie, ecc.) la cui peculiarità è determinata dall’essere prodotta da autori italiani non nativi. Tale condizione di base richiama molti e diversi spunti di riflessione sia per quello che riguarda il posizionamento di questa letteratura all’interno della let‐ teratura italiana, sia relativamente agli spaccati sociali e individuali che tali scritti testimoniano in ambito di storia della migrazione, di studio demografico e sociologico e di costume, sia per quanto ri‐ guarda l’uso della lingua e delle sue diverse sfumature di registro, di accezione e di uso. L’uso della lingua e in particolare l’uso delle for‐ me figurate nella lingua italiana sono state l’oggetto di uno studio di cui si espongono i risultati3.
La scelta del case study sulla produzione dello scrittore algerino Amara Lakhous è stata stimolata dalla fortunata occasione di cono‐ scere personalmente l’autore e di aver potuto discutere con lui alcuni aspetti linguistici che alla lettura mi avevano colpito, come l’uso delle metafore. Un uso linguistico che sottende un lavoro molto profondo di mediazione e integrazione delle due culture in contatto: la propria di nascita e quella nuova acquisita e ancor di più scelta. Amara ha
1 A. Gnisci, Il rovescio del gioco, 1992. In cui si delinea per la prima volta l’idea della
“letteratura migrante” ossia le opere letterarie pubblicate in italiano da autori im‐ migrati, poi denominata dallo stesso studioso “letteratura della migrazione” nel 1998.
2 A. Gnisci, La letteratura italiana della migrazione, 1998.
3 Il punto di osservazione delle forme fisse e figurate in uso nei testi della
letteratura della migrazione è quello italiano. Le ipotesi di calco, prestito e trascrizione da forme analoghe nella lingua di origine, sono solo accennate, poiché la questione non è tanto da quale codice derivi una forma figurata, piuttosto dal modo in cui essa si integra all’interno di uno scritto letterario italiano. Di fatto, l’osservazione e l’elencazione di nuove forme, qualunque sia la loro provenienza linguistica, nel lessico figurato italiano è lo scopo di questa indagine, che potrebbe avere come ricaduta una lessicalizzazione nel tempo di queste forme, ora in uso all’interno di una categoria letteraria che presto, si spera, sarà a buon diritto inserita nella categoria letteratura italiana del XXI secolo, affrancandosi, in questo modo, dalla nicchia peculiare distinta dall’”altra” letteratura.
trovato l’argomento interessante e si è soffermato a ragionare se que‐ sto movimento di mediazione e integrazione fosse consapevole o no. Di sicuro ha portato entrambi a chiederci se i romanzi in italiano fos‐ sero stati scritti (o pensati) prima in arabo e poi tradotti in lavoro di auto‐traduzione in italiano. Il focus quindi della ricerca è stato quello di trovare delle categorie di descrizione delle forme figurate come collocazioni, fraseologia idiomatica, similitudini e metafore cercando di confrontarle con i modelli della lingua italiana standard osservan‐ done analogie e differenze.
Nel lavoro di indagine sulle metafore utilizzate nei romanzi di Amara, che l’autore dichiarava essere «scritti direttamente in italia‐ no», e nel concentrami sulle metafore impiegate e sulle forme che tali metafore assumevano nel testo, avevo tralasciato un particolare im‐ portante che M. G. Negro4 mi ha fatto notare: quei testi erano la ver‐
sione italiana che lo stesso autore aveva composto sulla versione in arabo. La mia idea, supportata dalle parole dell’autore, che il testo fosse stato scritto direttamente in italiano5 (attraverso tutta una serie
di passaggi, di mediazione, di trasferimento concettuale e culturale fra le immagini metaforiche della propria lingua di origine e l’italiano) è stata ridimensionata dal confronto, in corpore vivo, con un traduttore arabofono e una studiosa poliglotta come M. G. Negro.
È stato illuminante, infatti, scoprire che alcune espressioni, come avere «un posto sotto il cielo», siano calchi veri e propri dall’arabo, o come altre espressioni ricorrenti come «aver perso il concetto» o «controllare i nervi» siano traduzioni letterali dall’arabo. Allora dove è l’originalità in questi romanzi? È nel suo mescolarsi con agio nel
4 Di persona a Oxford in occasione del Final Conference Of The Leverhulme Trust
International Network – Destination Italy: Representing Migration In Contempo‐ rary Media And Narrative, Pembroke College, Oxford, 13th – 15th April 2012 e nel suo articolo M. G. Negro, “L’Upupa o l’Algeria perduta: i nuclei tematici, il processo di riscrittura e la ricezione nel mondo arabo di Amara Lakhous”.
5 Cosa che in effetti è stata perché la traduzione è stata fatta dall’autore stesso che
ha integrato o cambiato a seconda delle esigenze del testo dettagli o caratteriz‐ zazioni, se non addirittura riferimenti a fatti o cose pertinenti alla cultura italiana‐ target del romanzo. Operazioni, queste, che di solito vengono discusse e valutate in fase di traduzione fra il traduttore e l’autore.
lessico italiano, senza stridere e senza sapere di esotico. Le variazio‐ ni, gli spostamenti, soprattutto nei domini delle immagini e dei con‐ cetti, sono accettabili e potrebbero fare parte anche della competenza linguistica individuale o dell’elaborazione originale di immagini
bl
sc
ended6 fra due lingue e due culture.
Il dibattito sulla questione della lingua nella letteratura della mi‐ grazione si sviluppa su piani diversi. Da un lato c’è la questione della lingua in quanto oggetto di riflessione da parte degli autori di lettera‐ tura della migrazione, una sorta di riflessione metalinguistica “rac‐ contata” dagli autori stessi che, nel processo di acquisizione e di riu‐ so del codice adottato per l’espressione artistico ‐ letteraria, colgono l’occasione per fare considerazioni sulla funzione della lingua pro‐ pria e quella di contatto, sulle identità linguistiche e sull’importanza dello strumento comunicativo che ha il potere sia di avvicinare sia di relegare e allontanare7. Dall’altra c’è la questione della lingua in
quanto sistema osservato dal punto di vista lessicologico e lessicogra‐ fico. Considerare le varianti linguistiche della letteratura della mi‐ grazione insieme alle varianti socioculturali e agli aspetti creativi de‐ gli autori, potrebbe rappresentare un approccio interdisciplinare, con i rischi di debordo disciplinare che questo comporta, verso una vi‐ sione delle variazioni della lingua italiana che accadono grazie agli
ambi fra le molteplici lingue in arrivo in Italia e l’italiano standard.
Questo aspetto della validità della mutualità delle lingue in contat‐ to si ritrova anche nella letteratura critica ultimamente prodotta. In particolare, l’affermarsi della valenza della scrittura migrante e del suo determinate ruolo non solo all’interno dello scenario letterario e linguistico italiano, è sottolineato da Gabriella Romani8, che, pren‐
dendo spunto dall’osservazione dei registri linguistici di due autori migranti, sottolinea quanto l’espressione finale in lingua, è il frutto di stratificazioni e evoluzioni, di interazione e scambi. Romani chiama
6 Z. Kövecses, Metaphors, p. 267 e ss. 7 L. Menna, “Il tallone di Achille, la leva di Archimede: la questione della lingua nei testi letterari della migrazione”, p. 209‐231. 8 G. Romani, “Al di là della parola: affabulazione e linguaggio nella narrativa mi‐ grante” pp. 101‐111.
la lingua un ‘epifenomeno’ di un movimento lungo secoli e largo quanto il pianeta. Nell’articolo si fa menzione inoltre a un’intervista allo scrittore Jadelin Mabiala Gangbo9 che, alla ricerca di una sua i‐
dentità, «Io sono un ibrido (...). Mi sono sentito spesso come un os‐ servatore alla ricerca di un’identità» realizza la narrazione attraverso l’ erse, come in r i e efficacia delle immagini, in una lingua che di fatto è «costellata di metafore e linguaggi contaminati.» Nel contatto e nella reciprocità degli scambi tra lingue e tradizioni culturali, non è raro individuare nella scrittura migrante usi diversi della lingua, «contaminazioni», e esempi di code‐mixing e di scrittura multilingue. Una particolarità molto viva nei romanzi, dove convi‐ vono sia inserimenti dialettali italiani, anche di regioni div
Scontro di Civiltà la compresenza del romanesco e del lombardo, sia inse iment dalle lingue di origine, o loro trascrizioni10.
Per l’indagine che sto conducendo sull’uso della metafora nella lingua della letteratura della migrazione, sto sviluppando un database di metafore reperite nei diversi scritti di autori che scrivono in italiano. La collazione di dati è in continua evoluzione, natural‐ mente, ed è necessariamente incrementabile. La costruzione del database si è fondata sul principio di poter ritrovare metafore utiliz‐ zate dagli autori secondo diversi criteri: per autore, per parola conte‐ nuta nella metafore, per qualità di metafora (se cioè si tratta di una metafora in forma di similitudine o di proverbio o di modo di dire o di collocazione); per campo semantico. Si sono inoltr divise le forme metaforiche in metafore che appartengono tout court alla lingua ita‐ liana standard, a metafore che appartengono strutturalmente all’italiano standard ma presentano uno scarto lessicale rispetto ad esso; a metafore che presentano delle varianti rispetto allo standard rappresentato da diminutivi o inserimenti personali all’interno della forma fissa; metafore che non appartengono né strutturalmente né lessicalmente all’italiano standard. Lo stesso è stato fatto per le collo‐ cazioni e per i modi di dire. Quanto ai proverbi, essi sono general‐ mente indicati dall’autore con un inciso in cui si definisce non solo il
9 T. Carpinelli, “Personaggi senza identità”.
10 Sul multilinguismo si veda l’approfondimento specifico di C. Kiemle, Ways out of
proverbio, ma anche la sua appartenenza culturale e linguistica. Un ulteriore criterio di inserimento e ricerca della metafora è sul domi‐ nio semantico cui si riferisce: memoria, vita, madre, infanzia, ecc. Ad og relativo. l momento il database è un foglio di lavoro in progress, il progetto è renderlo consultabile on‐line.
ni metafora è associato perciò un macro campo etichettato secon‐ do, appunto, il dominio semantico A di La metafora alcune caratteristiche La letteratura relativa alla metafora è sconfinata e l’interesse per que‐ sta forma del comunicare umano continua a rinnovarsi. La sua eti‐ mologia può aiutare nella comprensione. Il termine deriva dal greco
metá – oltre e phérein – portare11. Oltre a essere, secondo Aristotele,
un modo di conoscere12 è dunque soprattutto un modo di trasferire,
attraverso immagini note e condivise, concetti da un dominio concet‐ tuale a un altro. La metafora può essere considerata una sorta di mappatura della conoscenza, il passaggio incrociato di elementi figu‐ rati, concettuali e letterari che si esprimono in superficie in frasi e co‐ struzioni linguistiche particolari nella forma, ma anche molto comuni e note. Spesso tali forme sono utilizzate con poca consapevolezza e in modo automatico. Una caratteristica della metafora espressa attra‐ verso la lingua è che, nel passaggio dalla lettura alla comprensione, 11 A. Duranti (a cura di), Culture e discorso, p. 207. 12 «1. Aspetti conoscitivi della metafora in Aristotele. Aristotele è stato il primo a cercare di definire tecnicamente la metafora, sia nella Poetica sia nella Retorica, ma quelle sue definizioni inaugurali fanno qualche cosa di
più: mostrano come essa non sia puro ornato bensì una forma di conoscenza. Il suggerimento principale della Poetica è da individuare in 1459a8, dove si dice che la metafora è il migliore di tutti i tropi perché capire metafore vuole dire sapere
scorgere il simile o il concetto affine. Il verbo usato è theoreîn, che vale per scorgere,
investigare, paragonare, giudicare. Si tratta pertanto e chiaramente di un verbum
cognoscendi. Aristotele fornisce esempi di metafore banali, come quella da genere a
specie o da specie a genere, ma già elenca metafore poeticamente più interessanti quando parla della metafora da specie a specie. Quanto alle metafore per analogia sembra che elenchi espressioni già abbastanza codificate come lo scudo di Dioniso e il boccale di Marte, o la sera come vecchiaia del giorno». U. Eco, p. 5.
evoca dei concetti costituiti spesso da immagini che a loro volta pos‐ sono essere ontologicamente formate. È riconosciuto, inoltre, che la metafora si formi in ogni lingua in modo spontaneo attingendo a quegli elementi figurati che culturalmente e territorialmente appar‐ tengono proprio a quella lingua13. Negli anni ‘80 Lakoff e Johnson nel
famoso volume Metaphores we live by hanno portato la riflessione lin‐ guistica su aspetti socio culturali (e ultimamente anche politici) di tr lturale, si aggiunge la definito il pr
adizione wittgensteiniana proponendo modelli interpretativi della metafora in chiave linguistico‐cognitiva.
La metafora infatti appartiene a quella forma di espressione che “dà un corpo”(embodies) alla mente. Tale embodiment14 (che si realizza attraverso la parola) è frutto di uno sviluppo della conoscenze (onto‐ logiche) tradizionali condivise e spontanee all’interno di una comuni‐ tà di parlanti. Più il pensiero è complesso, maggiori – e complesse – sono le metafore che lo arricchiscono, e questo è ancora più vero per la produzione letteraria. Nello stesso scenario cu voce di Fillmore15 che introduce il concetto di frame all’interno dei quali i parlanti si comprendono reciprocamente. C’è dunque un legame reciproco fra metafora e cultura: si può fare un uso ontologico della metafora per rappresentare un mondo di co‐ noscenza. I concetti possono obbedire a quello che viene
incipio di invarianza16, che rende comprensibile una metafora an‐ che da lettori formati ontologicamente in modo differente. La conoscenza è, infatti, la base concettuale della metafora, la sua manifestazione nella lingua rivela in realtà la parte di superficie17 di questa conoscenza che si realizza attraverso uno sguardo sul mondo
13«The natural and physical environment shapes a language, primarily its
vocabulary, in an obvious way; consequently, it shapes metaphors as well. Given a certain kind of habitat, speakers living there will be attuned (mostly subconscieously) to things and phenomena that are characteristic to that habitat, and they will make use of these things and phenomena for the metaphorical comprehension and creation of their conceptual universe». Z. Kovecses, Metaphor, p. 219. 14 G. Lakoff, M. Johnson, Metaphors We Live By, passim. 15 C. J. Fillmore, “Frame semantics”, pp. 111‐137. 16 Z. Kövecses, Metaphor, p. 131. 17 G. Lakoff, M. Johnson, Metaphors We Live By, p. 3.
che si sviluppa sia individualmente – grazie all’esperienza e all’emo‐ tività dell’autore – sia attraverso la cultura e lo script ontologico che ha
altro allo scopo di rendere in modo efficace, utiliz‐ za
ambio. Espressioni che, passando anche attra‐ ve anche se, pr a umanità. Alcune sono molto diffuse e alcune, in erse. formato e condizionato l’individuo e le sue espressioni anche arti‐ stiche.
Nella scrittura, così come nel discorso parlato, la metafora si e‐ sprime attraverso un passaggio rapido da un dominio concettuale, e semantico, ad un
ndone anche il senso figurato, un concetto, un’emozione, un’idea, una situazione.
In questo contesto teorico, la letteratura migrante diventa un og‐ getto di speculazione interessante non solo in quanto testimonianza del fenomeno migratorio che per la prima volta interessa l’Italia co‐ me paese scelto, ma soprattutto quanto all’aspetto linguistico: è la prima volta, infatti, che in letteratura gli autori “arrivati” di prima generazione scelgono espressamente la lingua del paese di arrivo per i loro romanzi. Le metafore sembrano essere il mezzo privilegiato per sondare il fenomeno attraverso quelle espressioni che rappresentano la convivenza e lo sc
rso l’ibridazione linguistica, possono svilupparsi ulteriormente e andare oltre ad essa.
Alla lettura di alcuni romanzi di letteratura migrante, e in partico‐ lare qui osservo i romanzi di Amara Lakhous, mi sono domandata in quale frame o in quale paradigma si collochino le metafore utilizzate dagli “autori migranti” che scrivono in italiano LS o L2 o come lin‐ gua scelta. Ho provato a descrivere le forme linguistiche dividendole in categorie (collocazioni, metafore, proverbi e modi di dire) secondo uno schema usualmente adottato per l’analisi linguistica,
obabilmente, tali categorie andrebbero riviste e aggiornate proprio a causa della presenza di una nuova letteratura.
Nelle teorizzazioni di Lakoff e Johnson e in quelle della scuola di Berkeley si legge che la metafora in senso linguistico non è che la rappresentazione superficiale della metafora concettuale. Le metafo‐ re concettuali, stando al principio di invarianza, sono comunemente condivise e parte dell
quantità inferiore, sembrano invece essere specifiche della cultura in cui sono imm
Nei romanzi di Amara Lakhous scritti in italiano, quali paradigmi si incontrano?
Proverò qui a mostrare alcune osservazioni derivate dallo studio
versi
lingua di contatto (l’italiano) as‐ ici
i che non appar‐ tengono né alla lingua di origine né a quella di contatto, ma che diventano la consapevole scelta per la scrittura.
a
della lingua dei romanzi dell’autore algerino, ponendo l’attenzione alla mediazione fra paradigmi di
all’utilizzo delle strutture della sumendone i canoni metafor all’espressione con conii nuovi al fare un’ auto‐traduzione
alle proposte di nuove forme e nuovi paradigm
Mediazione fra paradigmi diversi
Che cosa succede quando l’autore inizia a formarsi e a crescere in una cultura e continua la sua formazione in un’altra, compenetran‐ dola e conoscendola al punto da scegliere la lingua di questa cultura come mezzo per l’espressione e la realizzazione dei suoi pensieri e della sua fantasia? Se la metafora è una formazione che si realizza nella lingua, ma che emerge dalla conoscenza e dalla coscienza indi‐ viduale e ontologica (che spesso è costituita appunto da immagini e non da verbalizzazioni, che avvengono a livello più cognitivo), è proprio l metafora che dovrebbe rivelare maggiormente il movi‐ mento d’ibridazione di integrazione, di nuova composizione che ar‐ ricchisce l’esperienza linguistica sia dell’autore sia del lettore. L’autore non italofono nativo può attingere a più serbatoi di imma‐ gini e conoscenze, elaborarle attraverso al sua esperienza e sensibili‐ tà, per realizzare un oggetto d’arte originale e mai visto. Il romanzo non diventa una traduzione, non è neanche un’auto‐traduzione. È una produzione differente. C’è differenza, per esempio, tra un Pirata
piccolo piccolo e Scontro di civiltà o Divorzio. Il primo è una traduzione
dall’arabo fatta da un traduttore italiano, gli altri due, sebbene ab‐ biano avuto una prima stesura in arabo, sono stati poi riscritti dall’autore stesso in italiano. Il processo di traduzione è avvenuto fuori dall’ideazione del libro. È avvenuto sulla carta direttamente,
sulle espressioni esistenti in arabo. L’autore stesso chiama questo processo una riscrittura: certo i caratteri dei personaggi, le situazioni e le battute sono identici nella versione araba e nella versione italia‐ na. La rielaborazione del testo, come l’autore stesso spiega, consiste in una «arabizzazione dell’italiano e una italianizzazione dell’ara‐ bo»18. Si riconoscono nei tre romanzi i ritmi e il lessico, si riconosce lo
stile, la lingua però è differente, in Pirata è una traduzione vera e propria, mentre in Scontro e in Divorzio, la traduzione, a livello co‐
nitivo, ha imposto all’autore uno sforzo sia di mediazione, sia ’integrazione su una lingua acquisita e non nativa. tilizzo di canoni esistenti: assunzione e assimilazione e forme sintagmati‐ le forme sin g d U che di largo uso Amara Lakhous utilizza nella sua prosa in italiano molte collocazioni e forme sintagmatiche comuni. La maggior parte di esse è di caratte‐ re colloquiale. La sua prosa, infatti, si presenta o come un dialogo in‐ teriore o come un dialogo esplicitato. In Scontro di civiltà i capitoli sembrano essere le deposizioni dei diversi protagonisti, mentre in
Divorzio all’Islamica le due voci narranti si alternano in un dialogo in‐
teriore ed esteriore, in un flusso continuo di elaborazione e azione. In tale processo, le parole fluiscono come in un discorso diretto, con le imprecazioni, le citazioni e le pause che caratterizzano il discorso parlato. La scelta è dunque il registro colloquiale, quotidiano, che prevale soprattutto in Divorzio. Similmente sono numerose
tagmatiche di uso comune in italiano, che vengono proposte nella prosa senza mediazioni, in uno sgorgare libero e continuo.
Non si riscontra lo stesso fenomeno in Scontro. Qui le forme sin‐ tagmatiche, per quanto di largo uso, sono meno numerose che nell’altro romanzo e in un certo senso appaiono come ibridazioni con sfumature personali e originali. Fra i due romanzi intercorrono quat‐ 18 Destination Italy, 14th April, Literature panel 11.30‐13: Amara Lakhous author of Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio; Divorzio all’islamica a Viale Marconi in conversation with Michele Campanini & Maria Grazia Negro chair: Grace Russo Bullaro.
tro anni. La maggiore confidenza con le forme sintagmatiche della lingua potrebbe derivare da un’accresciuta competenza e da una maggiore consapevolezza metalinguistica. La prosa in Divorzio sem‐ brerebbe progredire verso un’assimilazione alla prosa italiana, che può significare anche la perdita di quella sensibilità lessicale e di forma che caratterizzava la prosa di Scontro. Se da un lato l’aver as‐ sunto forme che osservano il paradigma italiano sancisce un comple‐ to dominio della L2, dall’altro questa fluency incide sull’originalità linguistica dello scritto, in un certo senso impoverendolo, o comun‐
ue deprivandolo di quella peculiarità, non esotica, che incuriosisce lettore. moda, enclave egiziano») alter‐ na q il Espressione con conii nuovi (evangelista musulmano) Fortunatamente non mancano interpretazioni della metafora fatte at‐ traverso l’uso di forme e conii nuovi. Anche se non sono molto fre‐ quenti in Amara Lakhous, se non per alcuni stilemi dell’autore, che ricorrono nei romanzi: le figlie femmine sono chiamate «bombe a mano», le divorziate o le zitelle «bombe atomiche», tali metafore rac‐ contano il processo di mediazione e ibridazione, andando anche ol‐ tre. Il più rappresentativo di tale processo è la metafora «evangelista mussulmano», un esempio di diversi affondi di matrice religiosa che si palesano nella prosa («Mecca della ndosi con espressioni corrispondenti allo standard («calvario, mo‐ strare la retta via, angelo custode»). Le immagini evocate nelle metafore di Lakhous appaiono come il risultato di un processo culturale e linguistico molto interessante. A livello concettuale sia per modo di sentire, per le parole usate per de‐ scrivere, sia per i paradigmi ibridi e integrati da una «addizione» (copiando questa espressione a Carmine Abate19) di esperienze, di
cultura di vita. Si tratta, sembrerebbe, più frequentemente di un la‐ voro di mediazione fra l’attingere da domini esperienziali e emotivi diversi ma vicini, lontani e uguali, in un processo di ibridazio‐ ne/addizione di esperienze e descrizioni. Le diverse immagini evo‐
cate relative all’infanzia, il bambino abbracciato appena tornato da scuola fradicio di pioggia, o che si addormenta esausto dopo aver giocato tutto il giorno o la contentezza del giorno di Natale, non solo rivelano la sensibilità dell’autore e il suo calarsi in quel modo di sen‐ tire da condividere con il lettore20, ma rivela anche un modo di met‐
tere alcune emozioni e modi di sentire in un frame concettuale e lin‐ guistico personalmente artistico, ma anche culturalmente com‐ prensibile. Queste immagini che spiegano un sentimento, un modo di affrontare e vedere le cose, appartengono all’autore e alle culture con le quali è entrato in contatto, in un gioco creativo di finzione e rimodellamento e interpretazione, produzione fantasiosa o intima, mediazione fra l’esperienza e l’arte. Si tratta comunque di un embo‐
di
ha allattato la lupa?», preferisce i rig
ment della metafora, un calare nella carne, nel sangue della materia
delle immagini e dei sentimenti.
È interessante l’uso della metafora del calcio che ricorre nei ro‐ manzi di Lakhous. Il calcio è una «scuola di vita». L’accenno al fair
play, è utilizzato nuovamente come metafora di un modo di vivere le
relazioni con il mondo21. Il calcio serve anche all’autore per dipingere
il senso di comunità degli italiani, anche se lo mette in bocca a un ita‐ liano. Amhed, Amedeo per la comunità di Piazza Vittorio che lo con‐ fonde con un italiano: «Amede’ ti
ori ai goal. Preferisce prendersi il tempo, studiare la situazione, adattarsi ad essa e colpire sicuro.
Nel passaggio fra domini diversi, si collocano le metafore che mo‐ strano un altro movimento. Vivere e muoversi con il filtro di due cul‐ ture che si affiancano nella scrittura. Si tratta delle metafore com‐ poste con immagini del deserto e del mare. Nella prosa di Amara ri‐
20 In particolare l’associazione bambino e Natale è parte un immaginario lontano
dalla cultura algerina e vicinissimo alla cultura italiana, eppure l’autore la “incarna” facendola sua e riproponendola come topos condiviso.
21 Riguardo alle correlazioni metaforiche alle quali l’individuo ricorre nel discorso,
Kövecses sottolinea l’importanza della storia personale dell’oratore e in particolare, si riferisce all’uso di metafore sportive da parte di politici che personalmente praticavano lo sport citato, cfr. Zoltán Kövecses, Metaphor, p. 227, «if we match these activities with the actual metaphors used by politicians, we find remarkable fit that indicate a close correlation between personal history and the metaphors used by individuals».
corrono spesso queste due immagini associate al tema del perdersi. Il «naufrago» può andare alla deriva nella sabbia o nell’acqua, il suo destino può essere identico, così come analoghe le poche strategie di so
ngue.
L’originalità della definizione e dell’uso della metafora consente al lettore d’immedesimarsi nella percezione tangibile del disagio. afore e stilemi che vanno oltre l’ibridazione disegnando un vo‐ ca concettuale e materico nuovo. Le espressioni che ne deri‐ vano scarpe più sono strette più fanno male marito, un figlio, una madre e la Ver‐ ta si butta nella spazzatura
pravvivenza. Amara definisce la similitudine fra mare e deserto che sembra andare oltre l’apparenza visiva.
Ugualmente originale l’embodiement della memoria come ferita, come tatuaggio indelebile e stomaco che vomita ricordi del sa
Auto‐traduzione e ibridazione
Se nella stesura di un romanzo l’autore mette in atto l’auto‐ traduzione è un quesito al quale solo l’autore può rispondere22. Si
può rilevare che a livello di forma e di utilizzo delle metafore, sebbe‐ ne il romanzo tradotto Pirata contenga lo stile e il ritmo dei due ro‐ manzi scritti o auto‐tradotti in italiano, in Scontro e in Divorzio si os‐ serva un’evoluzione linguistica che va oltre l’auto‐traduzione. Come si è accennato, l’uso consapevole della lingua risulta dalla creazione di met ‐bolario come una moneta, ha due facce sono come le la tv è un amico, un fratello, un gine Maria la memoria è la pietra di Sisifo il calcio è una scuola di vi come il pesce si mangia fresco e poi 22 A questo proposito si veda l’articolo di Loredana Polezzi, “Questioni di lingua: fra traduzione e auto traduzione” pp. 19 ‐ 21, in cui l’autrice sottolinea il fatto che il modello classico di traduzione, basato su originale e traduzione, per la scrittura migrante non ha senso, in quanto sostanzialmente non esiste un originale e una traduzione, né un originale perduto, piuttosto un «’urtesto’ mai compiutamente realizzato».
la cucina come una nave derubato come un turista qualsiasi scappare come una gallina sul punto di essere sgozzata bianca, non nera l’ambizione è una trappola per le donne non corrispondenti ad un cano‐ e lessicale ed espressivo noto al lettore, ma anzi, testimonianza di
ondializzazione24 della letteratura.
vi paradigmi che non appartengono né alla ngua di origine né a quella di contatto, ma che diventano la consapevole
vivere come una pecora, preferibilmente scatenati come dei pit bull comunicare a gesti come gli scimpanzé ero come il sacco di sabbia sopravvivere tra branchi di lupi sono espressioni adeguate23 anche se n m
Proposte di nuove forme e nuo li
scelta per la scrittura artistica.
Certamente ogni autore, in qualunque lingua scriva, mette nel suo lavoro scelte individuali e artistiche originali e sue proprie. L’ibrida‐ zione consapevole o inconsapevole nell’uso della lingua e nella pro‐ duzione di metafore è un fenomeno che lo studioso osserva nel testo. È parte del lavoro del critico che, a romanzo stampato, osserva e ca‐ tegorizza idee e espressioni. Lo spogliare a posteriori un testo, stu‐ diarlo e sezionarlo per ricondurlo a delle categorie note, forse è un processo che si dovrebbe cominciare ad abbandonare. Soprattutto quando sulla scena letteraria italiana si pubblicano di romanzi come questi, in cui le categorie di interpretazione della metafora appaiono
23 Adeguate nell’accezione di E. Coseriu, La Linguistica del testo, passim.
24«Per la prima volta, forse, nella lettura, la letteratura italiana si mondializza ogni
qual volta viene letta da una mente europea o non europea. E questo accade ora che siamo arrivati a riconoscerlo nella realtà, perché gli stranieri sono venuti a stare con noi, spesso per rimanere, e sicuramente per apprendere la nostra lingua (...)
Penso che questa dinamica transletteraria sia una forma nuovissima e sorprendente della mondializzazione progressiva dei cittadini di tutto il mondo attraverso la letteratura». A. Gnisci, F. Sinopoli, N. Moll, La letteratura del mondo nel
meno adeguate rispetto ai nuovi modelli espressivi. L’apertura a una nuova libertà di scrivere e di usare la lingua potrebbe essere in segno di
po. Impongono una riflessione sull’uso della lingua, e della metafora in particolare, che si allarga in diver nostalgia (…) inferno della tristezza ia inferno lo da portare sulla coscien‐ della nostra diversità ccesso oco d’ azzardo la nostalgia] algia ricucire lo strappo un progresso culturale e sociale del vivere con persone venute per «stare, e spesso rimanere, con noi» 25. I paradigmi proposti da Amara Lakhous stimolano il ripensare le posizioni culturali, e linguistiche, agite in Italia. Chiamano ad una educazione letteraria nuova, che si apra alla visione delocalizzata di occhi esterni e interni allo stesso tem
se direzioni. Espressioni come spegnere il fuoco della il diavolo della nostalg un diluvio di lacrime tempesta di tristezza inferno della povertà vivo nell’inferno del caos sudava come fuggito dall’ sono un intruso nella pelle di un altro creare bordello nella vita nome cucito addosso […], nome un fardel za […] una vera croce […] il nome è un marchio immigrato condannato ad avere su immigrazione è una forma di gi mi trasformo in un toro scatenato abbaio come un cane randagio come un lupo affamato la brutta bestia [= fardello della nost ingoiare il rospo è un libro aperto la storia è un buco nero buttare benzina sul fuoco
solo per citare qualche esempio, abbinano forme sintattiche strut‐ turate all’italiana con un lessico in cui si intuiscono i diversi passaggi
di acquisizione, assimilazione, ibridazione e nuova formazione di pa‐ role concetti e immagini che a questo punto ha senso identificare con un appellativo o una categoria? Su questo argomento Amara La‐ khous in Scontro scrive: «È meraviglioso potersi liberare delle catene dell’identità che ci portano alla rovina. Chi sono io? Chi sei? Chi so‐ no? Sono domande inutili e stupide»26. rmette più incisivamente alla lingua di evolvere e allo sc
illazione che parte dal linguista, a testo fatto) le categorie del
Conclusioni
Da un punto di vista strettamente formale, la metafora utilizzata in una situazione interlinguistica, come quella delineata nella letteratu‐ ra migrante, nella quale non solo gli aspetti propriamente formali dell’espressione, ma anche gli aspetti profondi della concezione della realtà e dell’astratto sono sostanzialmente differenti, possono convi‐ vere e fiorire in espressioni adeguate e originali che sfuggono alle consuete categorie concettuali e formali. L’uso della metafora nei te‐ sti letterari pe ript concettuale di allargarsi verso nuovi input e nuove, vitali, con‐ taminazioni. Uno scrittore di letteratura è un creativo, trasferisce sulla scrittura, attraverso la lingua, un mondo interiore ed esteriore fatto di imma‐ gini pensieri e suggestioni originali e nuove. Il suo lavoro contamina la visione del mondo dei lettori, contamina la loro lingua, suggerisce o traduce in altre parole un universo sensoriale e emotivo e spirituale che a volte coincide con un sentire o abbozzato o profondo del letto‐ re, a volte lo scuote con proposte inusitate, rivoluzionarie che per‐ mettono anche al linguaggio di sperimentare altre vie (per usare una metafora della montagna). E il linguista diventa un ermeneuta. Il lin‐ guista osserva la forma del testo, ne osserva il lessico e lo confronta con un ipotetico modello, corrispondente a una lingua irreale e non contestualizzata, senza anima e emozioni. Gli autori, invece, attra‐ verso l’uso della lingua creano, sfidando (ma questo è un’ afferma‐
zione/
lin
o i n
al contesto e al te‐ sto, nonostante la loro forma e il loro senso sembrino non essere del tutto aderenti e corrispondenti alle forme abituali.
Ca identità” in Fucinemute n. 69, guista grazie a quei giochi creativi e stilistici che lo rendono origi‐ nale.
Nei romanzi di Amara Lakhous si rintracciano degli aspetti lessi‐ cali e strutturali che ricordano alcuni passi di Pirandello e di Sciascia, autori, a detta dello stesso Lakhous, che hanno fortemente influenza‐ to la sua formazione e la sua opera. In effetti, alcune scelte lessicali operate da Amara sembrano ricordare quelle dei grandi autori sici‐ liani. S’individuano nella prosa le scelte parlate27, per esempio, l’uso
di plurilinguismo gl inserimenti dialettali, che ei romanzi di A‐ mara Lakhous si realizzano attraverso l’espressione sulla pagina di aspetti prosodici di termini già italianizzati, così come alcu‐ ne«creazioni isolate»28, che componendosi nei modi originali di cui si
è detto, esaltano l’originalità dello scritto, la sua forza e la sua impor‐ tanza nello scenario letterario. Uno scenario all’interno del quale le opere di tali autori si stanno affermando non tanto e non solo per di‐ chiarare la loro esistenza, ma per trovare uno spazio riconosciuto, che forse per la prima volta passa attraverso il riconoscimento dell’uso della lingua in modo prioritario rispetto alla qualità lettera‐ ria dell’opera. Leggendo i romanzi di Amara Lakhous, le coseriane teorie della Linguistica del testo, infine, trovano un’applicazione viva, proprio in quelle espressioni metaforiche adeguate Bibliografia Abate, Carmine. Vivere per addizione e altri viaggi, Milano, Mondadori, 2010. Ben‐Amos, Dan. “Metafora/Metaphor” in Alessandro Duranti (a cura di), Culture e discorso, Roma, Meltemi 2001.
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