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La soddisfazione di vita dei preadolescenti e la capacità di relazionarsi con i propri pari

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

GIOVANNA CAPOFERRI

MASTER OF ARTS SUPSI IN INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA MEDIA

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

LA SODDISFAZIONE DI VITA DEI PREADOLESCENTI E

LA CAPACITÀ DI RELAZIONARSI CON I PROPRI PARI

RELATORI

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Un grazie particolare va ai relatori Luciana Castelli, Luca Sciaroni e Alberto Crescentini, per avermi seguito ed aiutato nella stesura del lavoro di diploma; inoltre ringrazio Beltrami Martina, Beltramini Michele e Iulia Vassalli le cui ricerche nell’ambito dell’educazione socio-emotiva mi sono state di ispirazione e punto di partenza per la stesura di questo lavoro di diploma.

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Sommario

1. Introduzione

... 1  

1.1 Motivazione della scelta del tema di ricerca ... 1

1.2 Origine del progetto ... 2

2. Quadro teorico

... 3  

2.1. L'intelligenza emotiva e le competenze socio emotive ... 3

2.2. Il comportamento prosociale ... 6

2.3. L'apprendimento collaborativo ... 7

2.4. L'autostima ... 8

3. Impianto metodologico

... 11  

3.1. Domande di ricerca e obiettivi ... 11

3.2. Strumenti della ricerca ... 12

3.3. Fasi della ricerca ... 13

4. Analisi dei dati

... 15  

4.1. Costrutti ... 15

4.1.1. Gruppo Soddisfazione di vita ... 16  

4.1.1.1. Soddisfazione di vita ... 16

4.1.1.2. Ottimismo ... 16  

4.1.1.3. Autostima ... 16

4.1.1.4. Depressione (Autocritica negativa) ... 16

4.1.2. Gruppo Comportamento altruista ... 17  

4.1.2.1. Comportamento altruista ... 17

4.1.2.2. Ansia (Preoccupazione per ciò che pensano gli altri) ... 17  

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4.2.1. Risultati per lingua parlata a casa ... 24

4.2.2. Risultati per genere ... 25

4.3. Discussione dei risultati ... 25

5. Conclusioni

... 29  

5.1. Limiti del lavoro, impatto e possibili sviluppi futuri ... 30

6. Bibliografia

... 33  

7. Allegati

... 37

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1. Introduzione

1.1. Motivazione della scelta del tema di ricerca: l’importanza delle competenze socio-emotive

C’è una parola tradizionale per designare quell’insieme di abilità che sono rappresentate dall’intelligenza emotiva: il carattere. Il carattere, scrive Amitai Etzioni, teorico sociale della George Washington University, è il “muscolo psicologico richiesto dalla condotta morale” (Goleman, 1996, p. 150). Lo sviluppo del carattere è un fondamento della società democratica oltre che della scuola pubblica. Alla base del carattere c’è la disciplina che come i filosofi a partire da Aristotele hanno sempre osservato, si costruisce sull’autocontrollo. Ma avere carattere significa anche essere capaci di motivare e guidare se stessi in ogni situazione, rinviare la gratificazione e incanalare i propri impulsi verso un agire costruttivo. Queste caratteristiche sono vere e proprie abilità emozionali fondamentali che vanno coltivate e sviluppate appena è possibile farlo; una fascia di età particolarmente propensa a questi insegnamenti è proprio quella della preadolescenza, del passaggio cioè dalla scuola elementare alla scuola media. In questa particolare fase di transizione verso la vita adulta, il docente può assumere un ruolo chiave nello sviluppo armonico dei suoi studenti. Nelle vesti di educatore, consapevole del fatto che la capacità di accantonare gli impulsi egoistici presenta benefici sociali, può facilitare l’entrata nella strada dell’empatia, agevolare l’ascolto tra gli individui e l’accettazione delle differenze, capacità fondamentali in una società sempre più pluralista come la nostra. Il rapporto educativo è quindi un tipo di rapporto che si giustifica e si spiega in relazione ad altre realtà in cui si articola e si struttura la vita associata. In una società come la nostra, caratterizzata da istituzioni democratiche il rapporto docente – allievo deve impostarsi e realizzarsi secondo i principi della vita democratica. La scuola è quindi impegnata a trovare le vie e i modi per rendere i ragazzi corresponsabili del processo educativo. Come futuro docente di scuola media ritengo sia indispensabile costruire un percorso di apprendimento intorno a queste constatazioni per agevolare il più possibile lo sviluppo armonico ed equilibrato di ogni ragazzo e facilitare il suo inserimento nella società.

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1.2. Origine del progetto

L’indagine condotta grazie a questo progetto di diploma e svolta per il secondo anno consecutivo in Ticino, ha come antecedente un primo lavoro svolto dal progetto Call Them Emotions del DFA, basato sulla sperimentazione di percorsi di educazione socio-affettiva e sull’indagine della percezione, da parte di famiglie, insegnanti, dirigenti scolastici e politici, dell’importanza di un lavoro sulle emozioni nella scuola dell’infanzia e nelle scuole elementari ticinesi. In questo modo è stato fatto un primo importante passo per valutare le possibili modalità di inserimento e di realizzazione di tali progetti nella scuola ticinese e sulla possibilità, rispettivamente utilità, di proporre un’educazione alle emozioni dentro la scuola. Per quanto concerne l’ambito di nostro interesse, ovvero la fascia d’età dei preadolescenti, le conclusioni del rapporto redatto dai curatori del progetto evidenziano la necessità di realizzare programmi e progetti basati sull’educazione socio-emotiva anche in altri ordini di scuola, tra questi la scuola media (Antognazza & Sciaroni, 2009). La ricerca è inoltre strettamente collegata agli studi condotti nel distretto della British Columbia in Canada e di conseguenza anche ai presupposti metodologici che vi stanno alla base, che verranno esplicitati in seguito. Al fine di ottenere informazioni riguardo alla salute e al benessere dei preadolescenti ticinesi e strutturare la mia ricerca, ho circoscritto il vasto campo di indagine ad alcune aree di interesse ben precise. Ho dunque scelto di focalizzare la mia attenzione e contestualizzare il mio lavoro all’interno di un quadro teorico che prendesse in esame quattro concetti chiave per lo sviluppo evolutivo del preadolescente: le competenze emotive, il

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2. Quadro teorico

2.1. L'intelligenza emotiva e le competenze socio-emotive

Fu probabilmente grazie all’apporto di Gardner (1987) e alla teorizzazione delle intelligenze multiple che la contrapposizione tra intelligenza razionale ed emozioni venne sfumata. Egli teorizzò l’esistenza di svariate intelligenze pressoché completamente indipendenti tra loro, fra le quali figura quella personale (capacità di accedere alla propria vita affettiva, di riconoscere le proprie emozioni e di gestirle in modo adeguato) e l’abilità di percepire e d’interpretare gli stati d’animo del prossimo e d’interagire di conseguenza con questo (intelligenza interpersonale; Gardner, 1987). I primi veri studiosi e teorici dell'Emotional Intelligence furono però Salovey e Mayer (1990). Essi scoprirono il forte collegamento che intercorre tra intelligenza ed emozioni: queste ultime contribuiscono a rendere il pensiero più intelligente, a patto però che questo riesca a riconoscerle, interpretarle e a gestirle opportunamente. La loro scoperta ha rappresentato una reale “rivoluzione copernicana” nel modo di guardare all’intelligenza, che da allora non può più essere esclusivamente considerata pura razionalità, ma deve tenere anche presente aspetti di conduzione di sé e di gestione delle proprie relazioni sociali” (Antognazza & Sciaroni, 2009, p. 7). Fu invece Goleman (1996), grazie al suo libro intitolato L’intelligenza emotiva ad ampliare e ridefinire alcune caratteristiche dell'intelligenza emotive e a divulgare la nuova scoperta anche al grande pubblico, praticamente su scala planetaria. Intelligenza emotiva è un termine che include una serie di competenze o caratteristiche, fondamentali per sapere affrontare bene la vita. Si può possedere questo tipo di intelligenza ma si può, anche, impararla col tempo, poiché, per nostra fortuna, non è un valore univoco come il Q.I., che rimane lo stesso durante il corso della vita. Essa si può apprendere e perfezionare. Goleman (2004) ha riconosciuto delle componenti che costituiscono l’intelligenza emotiva, e sono:

- competenza personale (la consapevolezza di sé e la gestione di sé);

- competenza sociale (la consapevolezza sociale e la gestione delle relazioni interpersonali).

Le due competenze elencate si possono racchiudere sotto la grande denominazione di Scienza del

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altri. Questa Scienza sta diffondendosi sempre più nelle scuole degli Stati Uniti e il suo obiettivo principale è quello di aumentare il livello di competenza sociale ed emozionale in tutti i giovani e non solo in quelli ritenuti più difficili o deboli. Dai risultati di alcune valutazioni emerge che i giovani che hanno seguito corsi di competenza sociale ed emozionale ne hanno certamente beneficiato, incrementando alcuni aspetti, come descritto da Goleman (1996), che sono:

Autoconsapevolezza emozionale: migliore capacità di riconoscere e denominare le nostre emozioni; migliore capacità di comprendere le cause dei sentimenti; capacità di riconoscere la differenza tra sentimenti e azioni.

Controllo delle emozioni: migliore sopportazione della frustrazione e controllo della collera; minor frequenza di umiliazioni verbali, scontri e disturbi in classe; [...] sentimenti più positivi sul proprio io, sulla scuola e sulla famiglia; migliore capacità di affrontare lo stress; minor solitudine e ansia nei rapporti sociali.

Indirizzare le emozioni in senso produttivo: maggior senso di responsabilità; maggiore capacità di concentrarsi sul compito che si ha di fronte e di fare attenzione; minore impulsività, maggiore autocontrollo; migliori risultati nelle prove scolastiche.

Empatia - leggere le emozioni: migliore capacità di assumere il punto di vista altrui; maggiore empatia e sensibilità verso i sentimenti altrui; migliore capacità di ascoltare gli altri.

Gestire i rapporti: migliore capacità di analizzare e comprendere i rapporti; migliore capacità di risolvere i conflitti e negoziare i contrasti; migliore capacità di risolvere i problemi nei rapporti; maggior sicurezza di sé e capacità di comunicare; maggior simpatia e socievolezza; comportamento più amichevole con i coetanei e maggior legame reciproco; maggior interesse da parte dei coetanei; maggior interesse e premura verso gli altri; minor individualismo e maggiore disposizione alla collaborazione in gruppo; maggior spirito di condivisione, di collaborazione e di disponibilità a rendersi utili agli altri; maggior democrazia nel trattare con gli altri (p. 187).

Grazie a questi insegnamenti viene sottolineato come controllare le emozioni e imparare ad approcciarsi ad esse, nonché capire ciò che sta dietro ad un determinato sentimento. La gestione delle emozioni sembra rivestire un ruolo centrale per l’automotivazione e la realizzazione personale di ogni individuo: “nella misura in cui le emozioni intralciano o potenziano le nostre capacità di pensare, di fare progetti, di risolvere problemi, [di impegnarci] in vista di un obiettivo lontano, esse

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non fanno che definire i limiti della nostra capacità di usare abilità mentali innate, e pertanto determinano il nostro successo […]” (Goleman, pp.106-7).

In particolare, Goleman (1995) individua cinque “atteggiamenti emotivi” che possono influenzare le probabilità di riuscita nella vita:

1. l’ansia, che confonde e inganna l’intelletto e lo priva della lucidità e della memoria necessarie per svolgere bene i compiti assegnati. “Le risorse mentali impiegate in un’attività cognitiva – la preoccupazione ansiosa – vengono sottratte dalle risorse disponibili per elaborare altre informazioni". […]. Le nostre preoccupazioni non solo predicono il disastro […], ma ci spingono verso di esso” ( p. 111).

2. la speranza, che fornisce “la sensazione di avere le risorse necessarie per raggiungere i propri obiettivi, l’abilità di rassicurare se stessi nei momenti difficili […], e una flessibilità sufficiente a escogitare modi diversi per raggiungere gli obiettivi prefissati […]” (p. 114).

3. l’ottimismo, che permette di affrontare le difficoltà e gli insuccessi reagendo attivamente, escogitando piani d’azione o cercando un sostegno esterno. “Gli ottimisti attribuiscono il fallimento a dettagli che possono essere modificati in modo da garantirsi buoni risultati nei futuri tentativi” (p. 115) e “considerano l’insuccesso qualcosa alla quale si può rimediare” (p. 116). 4. l’autoefficacia, ossia il convincimento di poter esercitare un certo controllo sugli eventi della

propria vita e di poter accogliere le sfide nel momento in cui esse si presentano. “Chi è dotato di [autoefficacia] […] si [accosta] alle situazioni pensando a come fare a gestirle, senza preoccuparsi di ciò che potrebbe eventualmente andare storto (p. 117).

5. il flusso, e cioè la capacità di concentrarsi profondamente su ciò che si sta facendo senza preoccuparsi di null’altro. “[…] è uno stato in cui l’individuo si disinteressa di sé, […], mostra un controllo magistrale su ciò che sta facendo, […] non è mai preoccupato di far bene, non indugia a pensare al successo e al fallimento: il puro e semplice piacere dell’atto in se stesso basta a motivarlo” (p. 119).

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2.2. Il comportamento prosociale

Tra le diverse forme d’intelligenza quella interpersonale (Gardner, 1987) rappresenta la forma di intelligenza insostituibile per la qualità delle relazioni, perché nel complesso intreccio tra cognizioni, sentimenti ed emozioni, sa orientare il proprio e altrui comportamento verso mete e azioni positive, rivolte all’aiuto di persone o di gruppi. Il comportamento prosociale è definito come “un insieme di comportamenti che, senza ricercare gratificazioni intrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi (secondo i criteri propri di questi) o il raggiungimento di obiettivi sociali positivi che aumentano la probabilità di dare inizio ad una reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali conseguenti, salvaguardando l’identità, la creatività e l’iniziativa delle persone o dei gruppi coinvolti” (Roche, 1999, p. 24). L’esistenza nell’essere umano di autentiche e profonde motivazioni al comportamento prosociale è un fattore importante per favorirne lo sviluppo. I fondamenti della prosocialità sono: la stima per se stessi e per gli altri attraverso il riconoscimento del proprio e dell’altrui valore, l’accettazione e l’apprezzamento dei comportamenti altrui, la creatività e l’iniziativa utilizzata per la risoluzione di problemi, la capacità comunicativa e la condivisione dei propri vissuti emozionali, l’empatia e la compassione. La compassione è una forma di empatia che si sviluppa nei confronti dei sentimenti di debolezza o di abbandono provati dall’altro e contribuisce a mitigare i conflitti nelle relazioni. Con l’autocontrollo, compassione ed empatia sono capacità fondamentali per il comportamento prosociale, che richiede di gestire in maniera efficace le emozioni proprie e di entrare in relazione con quelle degli altri (Roche Olivar, 1999). Il comportamento prosociale è dunque legato alle capacità empatiche di chi interviene in aiuto, capacità che permettono di sintonizzarsi emotivamente e cognitivamente con la persona osservata. “Attraverso l’osservazione ripetuta degli altri si imparerebbe a sperimentare le emozioni dell’altro e ciò svilupperebbe un più forte sentire empatico; le emozioni di compartecipazione e di compassione andrebbero però gestite con un piccolo e sano distacco, affinché queste attitudini siano principalmente fonte di benessere e non di empathic distress. Infatti, come attestano precedenti ricerche (Davis, 1980; Hoffman, 2000) non sempre bambini e ragazzi dotati di una certa empatia riescono a scindere dalla propria persona la situazione per la quale provano compartecipazione e compassione, con il risultato di provare, sperimentare e in taluni casi subire quella che Hoffman (2000) definisce empathic distress” (Beltramini, 2012).

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2.3. L’apprendimento collaborativo

L’intelligenza prosociale, oltre che venir promossa nell’ambito famigliare e in altri contesti, può essere sviluppata in ambito scolastico grazie al gruppo di apprendimento. L’apprendimento collaborativo è un metodo di lavoro che facilita lo scambio reciproco, tende ad eliminare la competitività fine a se stessa, evidenzia le capacità di apprendimento e di integrazione e porta ad acquisire una modalità di lavoro di reciproca responsabilità. Il rapporto interpersonale viene considerato il perno attorno al quale ruotano le altre variabili (motivazione, processi cognitivi, organizzazione della classe, valutazione) necessarie per l’apprendimento. Per creare gruppi di apprendimento collaborativo non basta esortare gli studenti ad aiutarsi reciprocamente o assegnare un lavoro da fare in comune. È necessario che siano presenti alcune caratteristiche specifiche e fondamentali: un’interdipendenza positiva (gli studenti si impegnano ed interagiscono in maniera equilibrata perché il successo del singolo è subordinato a quello del gruppo), responsabilità individuale e di gruppo (ogni membro è responsabile del proprio contributo per raggiungere gli obiettivi del gruppo), un’interazione costruttiva (ogni membro sa riconoscere e valorizzare il contributo dei compagni), attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo (gli studenti rispettano i propri compiti e condividono con fiducia e serenità le proprie scoperte), autovalutazione di gruppo (il gruppo autovaluta il proprio operato e riconosce i margini di miglioramento futuri) (Atzei, 2003). “Il gruppo di apprendimento è un sistema formato da reciproche relazioni di simpatia, antipatia, aspettative e timori, da legami affettivi e cognitivi che bisogna far affiorare e contribuire a coltivare attraverso un processo di valorizzazione reciproca. Il gruppo costituisce una preziosa risorsa – ricca di percorsi e punti di vista diversi e di differenti profondità di pensiero – dove ognuno può attingere l’energia e il sostegno per dedicarsi alla propria autorealizzazione: è un luogo in cui è possibile costruire con gli altri la propria mappa cognitiva e la propria personalità. Coltivando il benessere, l’accoglienza, la solidarietà e la responsabilità, si rende più piacevole ed efficace il processo di formazione. I componenti di un gruppo che possiede una buona consapevolezza formativa sono in grado di: esercitare l’ascolto reciproco, esprimere disaccordi e accettare le divergenze senza timori, negoziare e mediare, condividere curiosità, timori e bisogni, sostenere le reciproche idee e progetti, rispettare la riservatezza, incoraggiarsi ed entusiasmarsi vicendevolmente, essere orgogliosi del successo degli altri, ed essere propositivi e ricchi di iniziative (Polito, 2000).” (Vassalli, 2012). Ricerce in ambito educativo (Riel, 1993) hanno rilevato che le strategie di apprendimento collaborativo accrescono le capacità scolastiche, sviluppano le abilità sociali, facilitano l’accesso all’istruzione

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normale da parte degli studenti portatori di handicap, riducono le tensioni etniche ed aumentano l’autostima degli studenti.

2.4. L'autostima

L’autostima si sviluppa in seno alla famiglia grazie ai legami privilegiati che si stabiliscono tra il bambino e gli altri membri dello stesso nucleo e alle competenze che via via si acquisiscono; in seguito questo processo continua attraverso le relazioni che si stabiliscono con i coetanei, gli insegnanti e gli altri adulti significativi. Pertanto, anche se le basi della stima di sé vengono messe nell’infanzia, le relazioni, la società, le esperienze continuano ad influenzarla lungo tutto l’arco della vita. La stima di se stessi non ha nulla a che vedere col valore reale della persona in quanto tale; è un sentimento soggettivo che dipende piuttosto dal valore che una persona si attribuisce e dalle competenze che essa crede di possedere. L’autostima deriva dal modo in cui una persona si vede e dal giudizio che da a se stessa; quindi non dipende dalla riuscita in se ma dalla presenza di un forte valore personale che permetta di affrontare sia i fallimenti che i successi. (Riva, 2007) L'autostima è indubbiamente una potente leva della crescita. Essa si costruisce grazie ai feedback percepiti dalla realtà in cui si vive ed è mediata dalle ispirazioni (caratteristiche, abilità, qualità) che si vorrebbero possedere ma che non sono al momento acquisite. Possedere una sana autostima significa avere un'equilibrata visione di sé riconoscendo di avere carenze e difetti senza esserne scoraggiati. Una persona con un'autostima positiva si sente bene in virtù dei suoi punti di forza e lavora per migliorare le sue aree di debolezza. È inoltre in grado di perdonarsi se non riesce a raggiungere un obiettivo. I problemi di autostima provengono dal disequilibrio che si crea tra sé ideale e sé percepito. La persona è portata a pensare che ci sia poco in lei di cui andare fieri. Vive nella costante minaccia di essere rifiutata e manca della capacità di guardarsi dentro e di guardare gli altri e gli eventi intorno a lei in prospettiva positiva.

Esistono cicli di opinioni positive e negative di sé: un’opinione positiva di noi stessi ci porta ad avere delle aspettative positive nei confronti della vita; questo atteggiamento influenza positivamente il nostro comportamento che diventa più efficace e deciso, rinforzando la nostra autostima (Plummer, 2002). Succede invece il contrario quando si soffre della mancanza di autostima. Chi ha una bassa autostima tende a dubitare di se stesso, ad esitare quando deve fare delle scelte, a mettersi in discussione e a ricercare, sempre, l’approvazione degli altri. I ragazzi e le ragazze con una bassa autostima hanno molta paura di provare nuove esperienze o affrontare i problemi e le difficoltà, e, anche quando riescono ad ottenere dei risultati positivi, attribuiscono

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questo alla fortuna o all’aiuto degli altri: non rafforzano quindi il sentimento di stima di sé. In caso di errore invece si sentono incapaci e si svalorizzano, diminuendo ancora di più la propria autostima. Sono spesso adolescenti che si chiudono in se stessi, timorosi del contatto con gli altri poiché convinti che prima o poi verranno rifiutati. Ma anche dietro ad atteggiamenti di sfida e provocazione si nascondono adolescenti insicuri e fragili che cercano di provare agli altri, e soprattutto a se stessi, di essere all’altezza.

Se un’autostima sana è considerata un fattore positivo di un buon adattamento, una valutazione eccessivamente positiva di se stessi che non tiene conto dei propri limiti e debolezze, spinge la persona ad affrontare nuove esperienze sottovalutando i rischi connessi. Inoltre troppa stima di sé può rendere la persona arrogante e pretenziosa arrivando ad essere isolata dagli altri.

L’autostima si compone di diverse dimensioni la cui importanza varia da individuo ad individuo e per la stessa persona può variare da un periodo all’altro della vita. Nell’adolescenza per esempio può essere data maggior importanza al proprio aspetto fisico rispetto al periodo dell’infanzia. Ogni persona si costruisce un’opinione di se stessa su diversi ambiti (Radix, 2011, pp. 9-10):

Immagine corporea: è una combinazione di aspetto fisico e di capacità. Poiché le persone sono i loro corpi, esse ricevono continui feedback diretti o indiretti sul loro aspetto. La bellezza, la prestanza, l’abbigliamento, l’altezza, il peso sono attributi corporei ai quali tutti restano teone. Le reazioni altrui, così come il confronto che l’adolescente fa tra le sue caratteristiche e quelle degli altri, contribuiscono alla sua stima corporea: apprezzo il mio corpo? Piaccio agli altri? Sono forte, veloce?

Sociale (relazioni interpersonali): l’autostima degli adolescenti è influenzata dalle reazioni delle persone con cui entra in contatto, dal grado in cui questi scambi e contatti avvengono in maniera positiva. È chiaro che i familiari, gli insegnanti, i compagni di classe costituiscono il gruppo di persone con cui la maggior parte dei ragazzi e ragazze interagiscono maggiormente. Gli altri mi accettano? Mi vogliono bene? Interesso loro? Apprezzano le mie idee?

Vita familiare: gli adolescenti trascorrono molto tempo nel loro ambiente familiare. Sicuramente il sentirsi amati, accettati e sentire di essere apprezzati ha un’influenza importante sull’autostima.

Successo scolastico: riguarda il valore che una ragazza o un ragazzo sttribuisce a se stesso come studente. L’autostima non ha a che vedere solo con i successi e le capacità, ma a quanto la persona si percepisce bravo quanto basta per raggiungere i suoi standard di successo scolastico

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(questi standard sono modellati dalla famiglia, ma anche dai compagni e dagli insegnanti): sono capace? Sono intelligente? Riesco nelle cose che faccio?

I diversi ambiti non si escludono a vicenda, sono in stretta relazione: per esempio le attrattive fisiche di una persona, le sue competenze, le abilità interpersonali e il supporto fornito dalla famiglia sono tutti fattori che influiscono sul successo scolastico. Le persone che hanno una buona immagine di se stessi nella maggior parte degli ambiti per loro importanti, hanno una buona stima globale.

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3. Impianto metodologico

3.1. Domande di ricerca e obiettivi

Il progetto a cui questo lavoro di diploma fa capo si configura principalmente come una ricerca basata su dati quantitativi. Il mio lavoro si focalizza principalmente sulla soddisfazione di vita degli allievi di prima e di seconda media e sulle eventuali correlazioni significative fra la capacità di relazionarsi tra pari e il senso di appartenenza ad un gruppo. Si articola dunque intorno a due domande di ricerca concernenti questi legami, e a due sotto-domande tese a verificare se alcune variabili socio-anagrafiche incidono significativamente su questi rapporti.

Domanda 1: “La soddisfazione di vita dei preadolescenti si correla alla capacità di relazionarsi con propri pari?”

Domanda 2: “Il sentirsi parte di un gruppo (a scuola e nel tempo libero) ha un impatto significativo sulla propria autostima?”

sotto-domande:

A: “Parlare l'italiano a casa aiuta maggiormente a sentirsi parte di un gruppo (a scuola e nel tempo libero)?”

B: “Il genere ha un impatto sul sentimento di appartenenza ad un gruppo (a scuola e nel tempo libero)?”

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3.2. Strumenti della ricerca

Per la raccolta dei dati si è deciso di utilizzare un questionario già utilizzato nella British Columbia, per ottenere informazioni riguardo alla salute e al benessere dei preadolescenti di età compresa tra i 9 e i 12 anni, il Middle Years Development Instrument (MDI; Schonert-Reichl, 2010), tradotto dall’inglese ed adattato alla realtà culturale ticinese. L’efficacia e la comprensibilità della traduzione dall’inglese del MDI è stata verificata nelle ultime settimane dell’anno scolastico 2010/11, attraverso la somministrazione ad alcune classi di prima media. I dati ottenuti non sono stati però presi in considerazione ai fini della ricerca propria qui presentata, ma sono stati visionati esclusivamente per capire se la traduzione necessitasse di una revisione tesa a rendere alcuni suoi passaggi più chiari e meno fraintendibili per degli alunni di prima e seconda media. Il questionario, ridenominato “Capire le nostre vite”, oltre a raccogliere alcune informazioni sulla composizione della famiglia dei preadolescenti interessati, e sulla lingua/e che utilizzano a casa propria, si focalizza su cinque aspetti ritenuti fondamentali per la valutazione del benessere dei preadolescenti (Beltrami, 2012):

1. Sviluppo socio emotivo - al giovane sono state poste 23 domande chiuse riguardanti le sensazioni che prova verso se stesso e verso gli altri (domande dalla 1 alla 23).

2. La relazione con gli adulti - in questa sezione si è indagato il rapporto del ragazzo con gli adulti della sua vita, siano essi insegnanti o membri della sua famiglia (domande dalla 24 alla 36).

3. Le esperienze a scuola - in questa parte il preadolescente è stato interrogato, con una serie di domande chiuse, sul suo rapporto con la scuola, le materie e il rendimento, gli insegnanti e i compagni (domande dalla 37 alla 56).

4. Salute e benessere - qui si è chiesto al ragazzo di rispondere a domande inerenti la sua salute, il rapporto con il suo fisico, il suo stile di vita e l’alimentazione che segue (domande dalla 57 alla 65).

5. Il tempo libero - questa sezione è stata dedicata a capire come i giovani utilizzano il loro tempo libero, cosa fanno e con chi (domande dalla 66 alla 71).

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3.3. Fasi della ricerca

Il team di ricerca è composto dagli studenti del DFA che hanno deciso di partecipare al progetto per l’anno scolastico 2012/13. Ogni studente coinvolto, a seconda delle classi assegnategli e della disponibilità dei propri colleghi, ha somministrato il questionario ad almeno due classi di prima e di seconda media; pertanto i dati sono stati raccolti su un campione, seppur ampio, non rappresentativo. I questionari sono stati somministrati due mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico per dare modo agli allievi, soprattutto a quelli di prima, di ambientarsi a scuola e d’intessere relazioni con i propri pari, con gli insegnanti e con gli altri adulti presenti in sede, affinché disponessero di un background esperienziale per rispondere con cognizione di causa alle domande del questionario. I membri del team di ricerca hanno presentato la versione tradotta del MDI alle loro classi, e a quelle degli altri colleghi, spiegando il suo scopo, leggendo ogni domanda ad alta voce e dando ulteriori ed eventuali spiegazioni agli allievi in difficoltà nel corso della compilazione. La compilazione del questionario da parte delle classi ha richiesto circa un’ora di lezione per classe. Il questionario è stato complessivamente somministrato a 645 allievi, 305 maschi (47,7%) e 335 femmine (52,3%), di cui 333 frequentano la prima media (51,6%) e 312 la seconda (48,4%). Le sedi interessate sono state quelle di Acquarossa, Agno, Ambri, Bellinzona 1, Biasca, Chiasso, Faido/Giornico, Morbio Inferiore, SM Morbio e Tesserete. I dati raccolti da ogni docente sono stati poi condivisi con le altre persone coinvolte nel progetto. Dopo aver ritirato i questionari, i dati sono stati raccolti e analizzati. La raccolta e la classificazione dei dati è stata possibile grazie alla collaborazione con i ricercatori del CIRSE. Ogni partecipante al progetto si è poi concentrato sulle proprie specifiche domande di ricerca.

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4. Analisi dei dati

Per la definizione dei seguenti costrutti si è fatto riferimento a studi precedenti, almeno in parte analoghi, per ambito e caratteristiche, a quello qui presentato: gli item sono stati raggruppati secondo la loro scala o sottoscala di provenienza, in maniera che tutti quelli utilizzati per valutare uno specifico aspetto, provenissero dalla medesima. Prima di iniziare l’analisi vera e propria dei dati, si è deciso di verificare l’affidabilità delle scale isolate in precedenza, misurandone l’attendibilità, ossia la coerenza interna dei raggruppamenti di item attraverso il calcolo dell’Alfa di Cronbach. Gli elevati valori di Alfa indicano che i soggetti esaminati rispondono in modo coerente. I valori possibili per Alfa vanno da 0 a 1 e Alfa ha un valore accettabile quando questo è superiore a 0,6. I valori qui di seguito riportati, e le relative considerazioni1 fanno riferimento a quelli ottenuti nel corso dell’indagine svolte nell’anno scolastico 2011/2012 tramite l’utilizzo dello stesso questionario, somministrato ad un campione dalle caratteristiche analoghe a quello considerato per la presente indagine dal precedente team di ricerca di docenti abilitandi del DFA

4.1. Costrutti

La prima domanda di ricerca si concentra sui primi 23 items del MDI, che indagano alcune aree relative alle competenze socio-emotive. Ogni item è stato considerato su una scala Likert di cinque punti, dove, per gli items 1-20, 1 corrisponde a Per niente e 5 a Molto, mentre, per quelli da 21 a 23, 1 è uguale a Per niente quest’anno e 5 a Più volte a settimana. ). Ai fini della domanda di ricerca sono stati raggruppati questi items in due macro gruppi:

1. Soddisfazione di vita (Ottimismo, Autostima e depressione)

2. Comportamento altruista (Ansia ed Empatia)

                                                                                                                          1

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4.1.1. Gruppo “Soddisfazione di vita”

4.1.1.1 Soddisfazione di vita

La soddisfazione di vita è calcolata sulla base di un adattamento della scala Satisfaction With Life

Scale (SWLS; Diener 1985), pensato per adeguarla ad un pubblico di bambini, attraverso una

riformulazione delle domande e delle possibili risposte, tesa a renderle maggiormente comprensibili a questo tipo di rispondenti (SWLS-C; Gadermann, 2010), e si compone degli items 16-20. Il valore dell’alpha di Cronbach per il campione considerato si è rivelato soddisfacente (0,837).

4.1.1.2 Ottimismo

Resilience Inventory (RI; Oberle et al. 2010; Gadermann et al., 2012). Il valore dell’alpha di

Cronbach si è rivelato accettabile (0,647).

4.1.1.3 Autostima

L’autostima è calcolata con una scala di sette items (7-9/43-45/57/59-60). L’autostima si sarebbe dovuta calcolare con una scala di tre items (7-9), ricavata ed adattata dal Self Description

Questionnaire (SDQ; Gadermann et al., 2012), ma dato che, per il campione considerato, il valore

dell’alpha di Cronbach del costrutto si è rivelato insufficiente, seppur per pochi punti percentuale (0,571), gli items che avrebbe dovuto comprendere sono stati analizzati e correlati con gli altri gruppi individualmente.

4.1.1.4 Depressione (Autocritica negativa)

Questo costrutto, basato su un adattamento della sottoscala omonima del The Seattle Personality

Questionnaire (SPQ; Rains, 2003; Gadermann et al., 2012), che valuta la presenza dei sintomi della

depressione, si compone di 3 items (10-12), i cui valori sono calcolati in modo inverso rispetto alla norma (alla risposta 1, Per niente, viene assegnato un valore di 5 punti e viceversa): più il punteggio del costrutto è alto, meno l’informante presenta segni di depressione. Il valore dell’alpha di Cronbach si è rivelato accettabile (0,644).

(25)

4.1.2 Gruppo “Comportamento altruista”

4.1.2.1 Comportamento altruista

Con questo costrutto, composto da 3 items (21-23), presi ed adattati dalla sottoscala Altruism del

Student Questionnaire (Developmental Studies Center [DSC], 2005) si vuole valutare l’inclinazione

dell’informante ad aiutare il prossimo in difficoltà. Il valore dell’alpha di Cronbach per il campione considerato si è rivelato soddisfacente (0,802).

4.1.2.2 Ansia (Preoccupazione per ciò che pensano gli altri)

Lo scopo di questo costrutto è quello di valutare il grado di ansia dei rispondenti. Si tratta di un adattamento dell’omonima sottoscala del The Seattle Personality Questionnaire (SPQ; Rains, 2003) e si compone di 3 items (13-15), i cui valori, come per i gruppi Ansia e Benessere psicologico, sono calcolati in modo inverso alla norma. Il valore dell’alpha di Cronbach per il campione considerato si è rivelato soddisfacente (0,801).

4.1.2.3 Empatia

L’empatia si sarebbe dovuta valutare con una scala di 3 items (1-3), basata sul Thoughts and

Feelings Questionnaire (TFQ), adattato a sua volta dall’Interpersonal Reactivity Index (IRI; Davis

1983; Funke 2003), ma dato che, per il campione considerato, il valore dell’alpha di Cronbach del costrutto si è rivelato insoddisfacente (0,535), gli items che avrebbe dovuto comprendere sono stati analizzati e correlati singolarmente con gli altri gruppi.

4.1.2.4 Empatia e comportamento altruista

Il costrutto, come indica il suo nome, comprende il gruppo Empatia e Comportamento altruista, il primo adattato dal Thoughts and Feelings Questionnaire (Funke 2003), il secondo dal Student

Questionnaire (DSC, 2005), si compone dunque di 6 items (1-3/21-23). Si è scelto di utilizzare

questo costrutto, anche se, a differenza degli altri, comprende items adattati da scale differenti, data la significativa correlazione esistente tra empatia e prosocial behavior, attestata già da molte ricerche (es. McMahon 2005, cit. in Beltramini 2012), e la sua affidabilità per il campione di rispondenti considerato: il valore dell’alpha di Cronbach è più che accettabile (0,702).

(26)

Per rispondere alla seconda domanda di ricerca sono stati raggruppati gli items delle domande 37-42/49-50/52a del questionario (in cui il preadolescente è stato interrogato, con una serie di domande chiuse, sul suo rapporto con i compagni a scuola), nel gruppo etichettato “percezione di essere parte di un gruppo a scuola”:

Item 37: “Mi sento parte di un gruppo di amici che fanno delle cose insieme” Item 42: “C’è qualcuno della mia età che davvero mi capisce”

Item 49: “Mi sento ben integrato nella mia scuola “ Item 50: “Mi sento importante per questa scuola”

Item 52a: “A scuola, quanto importante è per te farsi degli amici? “

Per quanto riguarda invece il gruppo “percezione di sentirsi parte di un gruppo nel tempo libero”, sono stati raggruppati gli items delle domande 66/67b - 67c - 67d - 67e/68c – 68e/69j, la cui sezione è stata dedicata a capire come i giovani utilizzano il loro tempo libero, cosa fanno e con chi:

Item 66: “Durante la settimana, con chi passi il tuo tempo nel pomeriggio?”

Item 67b: “Quante volte a settimana dopo la scuola partecipari ad attività extra scolastiche (per

esempio: sport, club, studio). “

Item 67c: “Quante volte a settimana dopo la scuola Partecipi a un programma di doposcuola “ Item 67d: “Quante volte a settimana dopo la scuola vai a casa di amici”

Item 67e: “Quante volte a settimana dopo la scuola vai in un parco giochi o un centro giovanile.“ Item 68c: “Dopo la scuola quante volte hai preso parte a organizzazioni giovanili (p.es: scout o

altro)? “

Item 68e: “Dopo la scuola quante volte hai preso parte a sport di gruppo con allenatore (p.es:

calcio, hockey, pallavolo o altro)? “

(27)

4.2. Risultati 2

Per rispondere alle domande di ricerca formulate, sono state calcolate le correlazioni (cioè la relazione che esiste tra due variabili casuali, di modo che i valori della prima variabile corrispondano, con una certa costanza, ai valori della seconda variabile) tra gli items delle domande del questionario.

Domanda 1: “La soddisfazione di vita dei preadolescenti si correla alla capacità di relazionarsi con propri pari?”

Domanda 2: “Il sentirsi parte di un gruppo (a scuola e nel tempo libero) ha un impatto significativo sulla propria autostima?”

                                                                                                                          2

Gli indici di correlazione di Pearson assumono valori compresi tra -1 (quando le variabili sono inversamente correlate) e +1 (quando alla variazione della prima variabile corrisponde la variazione della seconda); un valore pari a zero indica l’assenza di correlazione tra le variabili. (Wikipedia, 2013)

(28)

Tab. 4.2.1 – Correlazioni tra gli items delle domande appartenenti al gruppo “Soddisfazione di vita” e “Comportamento altruista”

Per quanto concerne la prima domanda di ricerca che cerca di indagare se e che tipo di correlazioni esistono tra la soddisfazione di vita dei ragazzi e la capacità di relazionarsi tra di loro, dalla tabella presa in esame (Tab. 4.2.1) emergono valori significativi al 99% dagli incroci tra gli items delle domande 16-20 del questionario: Per molti aspetti la mia vita è come vorrei che fosse / La mia vita

è eccellente / Sono contento della mia vita / Fino ad ora ho ottenuto tutte le cose importanti che desideravo dalla vita / Se potessi rivivere la mia vita la vorrei esattamente com’è stata finora,

appartenenti all'insieme Soddisfazione di vita e l'item della domanda 3 del questionario Sono una

persona a cui interessa come stanno gli altri appartenente al gruppo Empatia, i cui valori positivi

spaziano da .109 a .199.

(29)

Ho aiutato qualcuno che era ferito,  appartenenti all'insieme comportamento altruista e l'item della domanda 9 del questionario Ci sono molte cose positive che mi riguardano (appartenente al gruppo

Autostima) che hanno ottenuto valori positivi da .103 a .143.

Sempre in relazione all'item della domanda 9 del questionario Ci sono molte cose positive che mi

riguardano, emergono valori significativi al 99% (.187 e 181) dall'incrocio con gli items 2 e 3 del

questionario Mi spiace quanto gli altri bambini non hanno le stesse cose che ho io e Mi spiace

quando vedo qualcuno che viene trattato male, appartenenti al gruppo Empatia.

Non è invece emerso nessun dato rilevante dall'incrocio dell'item della domanda 1 del questionario

Mi spiace quanto gli altri bambini non hanno le stesse cose che ho io appartenente alla gruppo Empatia con gli items del gruppo Comportamento altruista.

Valori ancora maggiori (da .239 a .326) sono emersi dall'incrocio degli items delle domande 13-15

Mi preoccupo di quello che gli altri bambini potrebbero dire di me / Spesso sono preoccupato

perché penso di non piacere agli altri / Ho paura di essere preso in giro,  appartenenti al gruppo

Ansia con gli items delle domande 10-12 Mi sento spesso infelice / Ci sono delle cose che mi

turbano / Spesso mi sembra di fare male le cose,  appartenenti all'insieme Depressione e sono

significativi al 99%. Le domande del questionario relative alla sensazione di ansia provata dai ragazzi, sono strettamente collegate alle preoccupazioni che provano per ciò che gli altri ragazzi possono pensare di loro e si correlano in maniera significativa all'autostima negativa rappresentata dall'insieme Depressione.

Statisticamente significative sono anche le correlazioni negative evidenziate dagli incroci degli items delle domande 13-15 del questionario (gruppo Ansia) con gli items delle domande 10-12 e 16-20 (gruppi Depressione e Soddisfazione di vita), i cui valori spaziano da -.109 a -.299. Sono state inoltre riscontrate correlazioni significative al 95% rispetto agli incroci ottenuti dagli items delle domande 2 del questionario e Mi spiace quando vedo qualcuno che viene trattato male con i gruppi Ottimismo e Soddisfazione di vita. I valori positivi spaziano da .080 al .100.

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Tab. 4.2.2 – Correlazioni tra gli items delle domande appartenenti al gruppo “Autostima” e “Percezione di essere parte di un gruppo a scuola”

Per rispondere alla seconda domanda di ricerca Il sentirsi parte di un gruppo (a scuola e nel tempo

libero) ha un impatto significativo sulla propria autostima, si è deciso di procedere incrociando gli

item delle domande del questionario appartenenti al gruppo Autostima con quelle del gruppo

percezione di sentirsi parte di un gruppo di pari a scuola e nel tempo libero. Per quanto riguarda la

percezione di sentirsi parte di un gruppo di pari a scuola, come emerso dall’analisi dei dati (Tab.

4.2.2), quasi tutti gli incroci sono risultati significativi al 99% con valori positivi che spaziano da

.109 a . 387.

In particolare, valori positivi più elevati sono emersi dalle correlazioni tra gli items delle domande 7-9 del questionario: In generale mi piace essere come sono / In generale ci sono molte cose di cui

vado fiero / Ci sono molte cose positive che mi riguardano, appartenenti all'insieme Autostima, con

gli items delle domande 49 Mi sento ben integrato nella mia scuola  e 50 Mi sento importante per

questa scuola  del questionario appartenenti al gruppo Percezione di essere parte di un gruppo a

scuola.

Altrettanto elevati sono risultati i valori emersi dalle correlazioni tra l'item della domanda 49 Mi

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che riuscirò a imparare quello che ci insegneranno a scuola quest’anno / Se ho abbastanza tempo

posso riuscire a fare bene tutti i compiti / Anche se il lavoro a scuola è duro, ce la farò,  

appartenenti all'insieme Autostima.

Poco significativi si sono invece rivelati gli incroci tra gli items delle domande 57/59/60 (appartenenti al gruppo Autostima - percezione del proprio corpo) con la percezione di essere parte

di un gruppo a scuola.

Tab. 4.2.3 – Correlazioni tra gli items delle domande appartenenti al gruppo “Autostima” e “Percezione di essere parte di un gruppo nel tempo libero”

Sono invece solo tre gli incroci significativi al 99% emersi dalle correlazioni tra Autostima e

percezione di essere parte di un gruppo nel tempo libero (tab. 4.2.3). Il primo concerne la

correlazione positiva che intercorre tra l'item della domanda 66 del questionario Durante la

settimana, con chi passi il tuo tempo nel pomeriggio? e l'item della domanda 43 Sono certo che riuscirò a imparare quello che ci insegneranno a scuola quest’anno. Il valore è pari a .299. Il

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come descriveresti il tuo stato di salute? e l'item della domanda 60 Ti piace il tuo aspetto fisico?

(entrambi gli items appartenenti al gruppo Autostima) con l'item della domanda 68e del questionario Nell’ultima settimana, dopo la scuola quante volte hai preso parte a sport di gruppo

con allenatore? Appartenente all'insieme percezione di sentirsi parte di un gruppo nel tempo libero.

Nel primo caso il valore è .180 mentre nel secondo è .151.

4.2.1. Risultati per lingua parlata a casa

Tab. 4.2.1.1 – Correlazioni tra i gruppi “Percezione di essere parte di un gruppo a scuola e nel tempo libero” e “Lingua parlata a casa”

Group Statistics

Quale lingua parli a casa N Mean Std. Deviation Std. Error Mean

Essere_parte_di_un_grup po_a_scuola 1 574 4.0718 .61575 .02570 0 70 4.0450 .75171 .08985 Essere_parte_di_un_grup po_tempo_libero 1 573 2.0599 .60302 .02519 0 71 2.1550 .66858 .07935

Sono state svolte anche delle analisi raggruppando i rispondenti secondo alcune variabili socio anagrafiche: il sesso e la prima lingua imparata a casa. Questo per capire quanto e se la lingua parlata a casa incide sulla percezione dei ragazzi di sentirsi parte di un gruppo, sia a scuola che nel tempo libero. Per quanto riguarda i risultati ottenuti raggruppando gli rispondenti per lingua parlata a casa, risulta evidente il divario esistente tra rispondenti di madre lingua italiana e straniera. In entrambi i contesti indagati (scuola e tempo libero) la percezione di sentirsi parte di un gruppo è pari a 574 tra i ragazzi di madre lingua italiana mentre è solo di 70 per i ragazzi di madre lingua straniera.

(33)

4.2.2. Risultati per genere

Tab. 4.2.1.1 – Correlazioni tra i gruppi “percezione di essere parte di un gruppo a scuola e nel tempo libero” e Genere.

Group Statistics

Sesso N Mean Std. Deviation Std. Error Mean

Essere_parte_di_un_gruppo_a_ scuola 1 335 4.1067 .58655 .03205 0 304 4.0254 .67341 .03862 Essere_parte_di_un_gruppo_te mpo_libero 1 334 1.9525 .53990 .02954 0 305 2.2039 .65402 .03745

Per quanto riguarda i risultati ottenuti raggruppando i rispondenti per genere, non emerge invece alcun dato significativo.

4.3. Discussione dei risultati

I risultati presentati sembrano confermare l'ipotesi che la soddisfazione di vita dei rispondenti sia strettamente e positivamente correlata alla capacità di relazionarsi con i propri pari. Attraverso l'analisi dei dati raccolti è stato inoltre possibile affermare che la soddisfazione di vita dei preadolescenti è correlata positivamente alla qualità di vita dei loro coetanei e all'interesse dimostrato nei loro confronti. Questo particolare aspetto della vita dei rispondenti può essere spiegato grazie alla presenza di una delle competenze dell’intelligenza emotiva chiamata “competenza sociale” che implica una maggiore capacità di relazionarsi con i propri compagni con maggiore premura ed interesse nei loro confronti. Questo tipo di comportamento e le emozioni che porta con sé sono anche definite “contagiose come virus”, siccome il cervello è per sua natura socievole (Goleman, 2004); è dunque possibile che all’interno di un realtà solidale, tutti gli attori coinvolti siano spinti in maniera naturale ad “esercitare” un comportamento collaborativo. Sembrerebbe auspicabile aggiungere che alcuni dei comportamenti di cui i rispondenti vanno fieri sono correlati all'aiuto e al sostegno psicologico che investono per il benessere dei propri pari. Questa ipotesi può essere associata al fatto che esiste nell’essere umano una spontanea e profonda motivazione che lo porta ad intervenire in aiuto dei suoi simili senza che questo gli venga ordinato e senza il bisogno di ottenere qualcosa in cambio. Questo comportamento, appartenente alla sfera dell’intelligenza interpersonale è anche un fondamento del comportamento prosociale. Il

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comportamento prosociale è inoltre strettamente correlato alla stima che una persona ha di sé e al pari valore, in termini di importanza e dignità, che conferisce agli altri. Capacità come l’empatia, la compassione e l’autostima sono dei potenti catalizzatori del comportamento prosociale. Attraverso la sua attuazione, è possibile rafforzare la propria autostima e conseguentemente definire maggiormente il proprio carattere, essendo l’autostima un bisogno fondamentale dell’essere umano. “L’educazione alla prosocialità è fondamentale anche per un’educazione alla pace, non soltanto come assenza di guerra ma come ricerca positiva di un tessuto vivo a livello sociale che si traduca in rapporti interpersonali costruttivi tra gruppi e fra popoli, improntati a una maggiore cooperazione, giustizia, solidarietà e aiuto” (Roche Olivar, 1999, p. 9).

I risultati della ricerca rivelano inoltre anche la stretta correlazione tra la preoccupazione che i preadolescenti provano nei confronti di ciò che altri ragazzi pensano di loro e l'autostima negativa che deriverebbe da un loro giudizio negativo. La soddisfazione di vita è dunque correlata anche a ciò che i ragazzi rappresentano per i loro coetanei; più lo sguardo sull'altro è positivo, maggiore sarà il vantaggio in termini di autostima e qualità di vita. Temere in maniera eccessiva il giudizio degli altri è una caratteristica legata ad una bassa autostima. Ogni ragazzo si costruisce un’opinione di sé su diversi ambiti e quello legato all’immagine corporea è particolarmente importante e delicato nell’adolescenza. Questo particolare aspetto della vita intima del ragazzo, se riconosciuto, potrebbe inoltre rappresentare un’aiuto prezioso per la sua crescita in un clima sereno e collaborativo. Dai risultati emerge anche in maniera evidente quanto la buona integrazione dei ragazzi all'interno dell’istituto scolastico e nell'ambito di sport di squadra accresca la positività nei confronti del proprio futuro e delle proprie capacità. Il sentirsi parte di un gruppo come membro riconosciuto ed integrato è di sicuro una delle caratteristiche più positive e significative in termini di ottimismo e benessere psicologico per un preadolescente.

È stato inoltre possibile rilevare da ulteriori analisi che non esiste una differenza di genere significativa tra maschio o femmina; per entrambi i generi, il sentirsi parte di un gruppo è importante per gli stessi motivi, rafforza cioè la loro autostima positiva.

Le analisi effettuate sulla percezione di sentirsi parte di un gruppo integrato per i rispondenti di lingua straniera, evidenziano invece una forte differenza rispetto ai coetanei di lingua italiana. Sono infatti solo il 10% circa i ragazzi che nonostante non parlino italiano a casa si sentono ben integrati nella realtà in cui vivono. È probabile che in alcuni casi, la scarsa padronanza della lingua in cui buona parte della vita associata del ragazzo è inserita, inibisca lo sviluppo di una comunicazione verbale chiara e la condivisione di emozioni e vissuti con i coetanei. Il sentirsi maggiormente isolati dagli altri ha delle ricadute non sempre positive in termini di autostima. La condizione di

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isolamemto che questi ragazzi sembrerebbero percepire potrebbe essere anche legata ad una bassa stima di sé che potrebbe generare scarso interesse nell’interagire con gli altri. Partendo da questo presupposto, il ragazzo potrebbe non ritenere importante farsi degli amici o collaborare a scuola coi propri coetanei e ritenere che il successo scolastico (ottenere dei buoni voti dagli insegnanti) possa essere sufficiente a mantenere una buona visione di sé.

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(37)

5. Conclusioni

Il mio obiettivo iniziale era scoprire se esisteva, tra i preadolescenti ticinesi che hanno compilato il questionario proposto, una relazione rilevante tra la loro soddisfazione di vita e le modalità e capacità adottate per relazionarsi con i propri coetanei, sia a scuola che nel tempo libero. In maniera più specifica ho cercato di capire se e quanto questa soddisfazione fosse legata ad atteggiamenti empatici e altruistici. Per cercare di isolare i dati da analizzare sono partita da due domande di ricerca:

Domanda 1: “La soddisfazione di vita dei preadolescenti si correla alla capacità di relazionarsi con propri pari?”

Domanda 2: “Il sentirsi parte di un gruppo (a scuola e nel tempo libero) ha un impatto significativo sulla propria autostima?”

Grazie all’analisi e all’interpretazione dei risultati ottenuti attraverso le risposte date nei questionari ho potuto stabilire una relazione tra queste due importanti sfere, scoprendo che, per quanto riguarda il campione analizzato, tra di esse c’è un legame.

Sentirsi parte di un gruppo di pari come membro riconosciuto e considerato ha un impatto positivo sulla propria vita, favorendo lo sviluppo di una buona autostima e di un comportamento maggiormente empatico, costruttivo e solidale. Pertanto è possibile rispondere in maniera affermativa ad entrambe le domande di ricerca. Grazie a questi dati si può inoltre comprendere che in generale il rapporto tra pari all’interno della scuola media ticinese è generalmente buono, ma che occorre investire delle risorse per fare in modo che le relazioni positive interessino una percentuale sempre maggiore di ragazzi, soprattutto quelli di madre lingua straniera che dai dati analizzati risultano penalizzati nel sentimento di integrazione con i propri coetanei. Non è infatti scorretto evidenziare quanto la lingua parlata a casa sia un fattore che influenza fortemente il sentimento di appartenenza ad una comunità (sia in classe che al di fuori della scuola).

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5.1. Limiti del lavoro, impatto e possibili sviluppi futuri

Il presente studio ha riconfermato la grande importanza che le competenze socio-emotive rivestono per la qualità e la soddisfazione di vita dei preadolescenti, facendo comprendere con maggiore chiarezza il perché mettere a punto veri e propri interventi di alfabetizzazione emotiva nelle scuole non possa che apportare benefici sempre più tangibili.

Questo lavoro ha messo pure in evidenza quelle che potremmo definire delle “zone sensibili”, delle competenze socio-emotive, sulle quali sembrerebbe necessario agire più prontamente. I dati raccolti sottolineano infatti l’importanza di pianificare degli interventi mirati tesi ad “educare” l’autostima degli studenti, specie quelli di madre lingua straniera, affinché questi acquisiscano, forti dei loro pregi, una maggiore fiducia in se stessi e di conseguenza una maggiore capacità di integrazione all’interno della classe e dell’ambiente in cui vivono. A questo proposito è possibile pianificare all’interno della propria programmazione annuale (indipendentemente dalla disciplina di insegnamento) interventi atti a riconoscere e rafforzare l’autostima sana degli studenti, anche grazie ad alcune pubblicazioni attualmente in commercio che fungono da linee guida per l’organizzazione di queste attività (Radix, 2011; Di Pietro, 1999).

Facendo riferimento al quadro teorico all’interno del quale ho pianificato la mia indagine e nello specifico quello riguardante l’apprendimento collaborativo, è corretto aggiungere che mettere gli allievi con limitate abilità sociali all’interno di un gruppo e provare ad indurre la cooperazione non garantisce che saranno capaci di farlo in maniera efficace. L’apprendimento in gruppo presenta molte difficoltà; apprendere dagli altri e con gli altri presuppone l’acquisizione di importanti competenze socio-emotive, quali la capacità di negoziare i conflitti, prendere iniziative, riconoscere le capacità dell’altro, accettare le diversità e comunicare in maniera chiara. Questa consapevolezza da parte del docente è fondamentale nell’ambito della progettazione e dell’animazione di situazioni di insegnamento-apprendimento centrate sul lavoro di gruppo. Insomma, questo studio non rappresenta certo un punto di arrivo, bensì una base di partenza da cui proseguire il discorso: una conferma chiara dell’importanza, per il benessere dei nostri allievi, delle competenze socio-emotive, e uno stimolo per continuare a cercare degli approcci efficaci per aumentarlo.

A partire dalle analisi effettuate non è possibile inferire, oltre alle correlazioni individuate, una relazione di causalità fra i fenomeni osservati. Come scritto in precedenza, questo contributo alla ricerca nel vasto campo dell’educazione non è altro che un punto di partenza per chi, come noi, decidesse di approfondire ulteriormente alcuni aspetti caratterizzanti questo campo. Questa ricerca non è inoltre in grado di approfondire perché tra ragazzi di madre lingua straniera, il sentimento di

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appartenenza ad un gruppo sia poco presente e in che modo questo aspetto si rifletta sulla società in generale. Inoltre, il campione di rispondenti preso in esame non è rappresentativo della popolazione ticinese; sarebbe invece auspicabile una replicazione dello studio attraverso l’individuazione a priori di un campione rappresentativo della popolazione in esame, o una sua estensione al maggior numero possibile di allievi delle classi di prima e seconda media presenti sul territorio ticinese.

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6. Bibliografia

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(44)
(45)

7. Allegati

Questa pubblicazione, La soddisfazione di vita dei preadolescenti e la capacità di relazionarsi con i propri pari, scritta da Giovanna Capoferri, è rilasciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.

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7.1. Questionario a scelta multipla ! [ ]

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