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Federica Depaolis, Tra i libri di Indro. Percorsi in cerca di una biblioteca d’autore, con un saggio di Marcello Staglieno, Pontedera, Bibliografia e Informazione, 2013, p. 243 (Notiziario bibliografico toscano; 9)

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Biblioteche oggigiugno 2014

una biblioteca d’autore. L’autrice si è concentrata sul lascito e da esso ha estratto circa la metà delle ope-re pope-resenti, in base ai segni e alle in-dicazioni o dichiarazioni di lettu-ra del proprietario, nel tentativo di avvicinarsi al “cuore” dei libri di In-dro; ha filtrato, dunque, la raccolta privata, i libri a cui era più affezio-nato e che ha conservato per tut-ta la vitut-ta. Il catut-talogo, dunque, può ben definirsi un “catalogo d’auto-re” di una “biblioteca d’autod’auto-re”. Scrive Depaolis: “Nei libri ho cerca-to i segni, le tracce di possesso, le dediche, la formazione culturale, il gusto, i maestri, cercando di capire quanto Montanelli fosse in contat-to con il suo tempo, come si evince dalle oltre 400 dediche che rendo-no quelle copie preziose e irripeti-bili”. Nel catalogo selettivo manca, stranamente, il primo libro di Egi-sto Lotti su Fucecchio, Medioevo in un castello fiorentino del 1936, di cui Montanelli scrisse la prefazione (assente anche da SBN). Dai nume-ri citati, si deduce che la biblioteca privata di Montanelli non è quan-titativamente all’altezza del suo possessore, un protagonista lon-gevo della cultura (e della politica) italiana del Novecento; altri gior-nalisti a lui coetanei e considerati amici vantavano raccolte di decine di migliaia di volumi, a comincia-re da Giovanni Spadolini che, tra la casa a Firenze e la villa a Pian dei Giullari, “magnificava” una rac-colta di circa sessantamila volu-mi, molti dei quali, occorre preci-sare, ottenuti grazie alla sua carica di presidente del Senato. Commen-ta sarcasticamente Giuseppe Mar-cenaro in Biblioteche che ci parlano di loro edito su “Il Venerdì di Repub-blica” del 15 novembre 2013: “Men-tre con la consueta facondia [Spa-dolini] esibiva ad alcuni venerandi sue esigenze (1967), in cui si

sottoline-ava con forza il fallimento della poli-tica accentratrice dello Stato, che per decenni ha preteso di gestire diretta-mente un elevato numero di struttu-re, senza però riuscire a coordinarle, ammodernarle, svilupparle efficace-mente. La sovrapposizione di funzio-ni e la povertà di investimenti risulta-va lampante agli occhi di Casamassi-ma nel caso delle Nazionali di RoCasamassi-ma e Firenze, le quali – denunciava senza mezzi termini – non erano state an-cora dotate di un assetto istituzio-nale credibile, che fosse basato sulla distribuzione e complementarità di funzioni e compiti.

Rimane, in conclusione, da loda-re l’eccezionale lavoro di confronto, collazione e ordinamento compiuto da Tiziana Stagi negli anni del dotto-rato svolto presso l’Università di Udi-ne (tutor Mauro Guerrini), di fronte all’ampia documentazione resa di-sponibile da fonti molto eterogenee (i carteggi personali con personag-gi del calibro di Francesco Barberi, Giorgio De Gregori, Diego Malte-se, custoditi presso l’AIB; l’archivio dell’Istituto dell’Enciclopedia ita-liana, per il quale egli redasse mol-tissime voci; carte e documenti del-le Biblioteche nazionali, degli uffici della BNI, del Ministero per la pub-blica istruzione; l’archivio del CRIA di Harvard e molto altro ancora). Di questo lavoro sulle fonti sono pre-ziose testimonianze, oltre agli spun-ti crispun-tici che percorrono tutto il volu-me, soprattutto due strumenti posti a compimento dell’opera, e cioè l’ Ap-pendice documentaria (che occupa ol-tre 150 pagine) e il corredo iconogra-fico (una trentina di cartelle).

Domenico ciccarello

Università di Palermo [email protected]

DOI: 10.3302/0392-8586-201405-072-1

Federica Depaolis

Tra i libri di Indro.

Percorsi in cerca

di una biblioteca d’autore

con un saggio di Marcello

Staglieno, Pontedera,

Bibliografia e Informazione,

2013, p. 243 (Notiziario

bibliografico toscano; 9).

Federica Depaolis, bibliotecaria del- l’Università di Firenze e volontaria per anni alla biblioteca della Fon-dazione Montanelli Bassi di Fucec-chio (FI), presenta un catalogo sui generis, originale e stimolante nel suo insolito impianto bibliografi-co: pilucca tra i libri appartenuti a Indro Montanelli – lasciati in dono alla fondazione che porta il nome della sua famiglia – quelli ritenuti più importanti in base a un interes-se manifesto dimostrato dal pos-sessore: libri che il famoso giornali-sta (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Mi-lano, 22 luglio 2001) ha recensito, citato, ricordato in articoli, libri e interviste. Più che di una biblioteca d’autore si può, pertanto, parlare di un catalogo d’autore, costituito dalla selezione delle opere a cui In-dro era maggiormente affezionato, scelte dopo una ricognizione accu-rata della sua vastissima produzio-ne letteraria. Per capire l’operazio-ne condotta da Depaolis credo si debbano tener presenti tre numeri: 7.858, i libri posseduti dalla Fonda-zione Montanelli Bassi al 31 dicem-bre 2012; 4.984, i libri del lascito Montanelli (un sottoinsieme del-la prima), tutti catalogati in Rea-net, la rete bibliotecaria della zona; 1.905, i libri registrati nel catalogo Tra i libri di Indro. Percorsi in cerca di

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do (ventimila volumi e molte rivi-ste letterarie del primo Novecento conservati nella casa del giornali-sta a Genova), Giuseppe Prezzoli-ni (una raccolta prevalentemente di storia e filosofia), Guido Piovene (una ricca biblioteca di incunabo-li, cinquecentine di cultura veneta), Henry Furst (opere teatrali e

stori-che), Giovanni Spadolini (di cui si è detto, con opere rare e di pregio, quali l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert nell’edizione livornese del 1770), Giorgio Zampa (visi-tata insieme a Mimy Piovene e Staglieno stesso a San Se-verino Marche, con opere di filosofia, storia e altre disci-pline). Staglieno cita ulterio-ri visite a raccolte altrettan-to importanti: quelle di Emi-lio Cecchi, Mario Missiroli e Leo Longanesi. Montanelli amava i suoi amici bibliofi-li, ma non perdeva occasione per deriderli alla toscana (si scherza solo su cose che in-teressano davvero) con il suo stile pungente e acuto. Sem-bra che Montanelli regalasse o gettasse tutto ciò che non gli interessava. Che fine han-no fatto i libri di cui si è “di-sfatto”? Come mai la biblio-teca è così limitata per nume-ro di opere? Perché non gli interessava costituire una bibliote-ca, ma ammirava quelle altrui? La risposta a questa domanda sarebbe importante per capire il rapporto di Montanelli con i libri e, soprat-tutto, con i loro autori.

mauro Guerrini

Università di Firenze [email protected]

DOI: 10.3302/0392-8586-201405-074-1

colleghi il numero dei suoi volumi, sessantamila, un dispettoso Carlo Bo, dopo aver ascoltato, fintamen-te assorto, flautò d’averne cento-mila”. Fu un trauma per Spadoli-ni, che non si dette pace per giorni. Montanelli, al contrario, non ave-va alcun rapporto feticistico con i libri, non era un collezionista, né tantomeno un bibliofilo; del libro amava il contenuto e non l’oggetto, la confezione del testo. Apprezzava, tutta-via, la rarità; la sua biblioteca conserva alcune perle, come per esempio un volume di Camillo Berneri, con cuciti all’interno fogli manoscritti. Indro ha invece sempre avu-to attenzione per la sua cre-atura “Il Giornale”, possedu-to integralmente, in volumi rilegati, dal 1974 al 1994. Ciò che resta della gran massa di libri acquistati o, per la gran parte, ricevuti, e che costitu-isce il lascito alla Fondazione (4.984 titoli) deriva da “sot-trazioni”, ovvero da selezio-ni radicali che il possessore compiva per non saturare di zavorra le due case di Milano e Roma; egli conservava solo i libri che gli servivano, in par-ticolare i vocabolari e i libri storici. Le “assenze”, scrive Staglieno, sono ben superio-ri alle “presenze”; le presenze han-no un forte significato metaforico: Indro – scrive Depaolis – conside-rava “il libro come simbolo e segno d’amicizia”, come testimonianza “di rapporti” forti sul piano perso-nale e culturale. È questo il motivo, per esempio, per cui egli “ha con-servato tutte le prime edizioni con dedica” ricevute da Giovanni Spa-dolini, suo grande amico.

Montanelli era stato un gran

let-tore fin da piccolo; divenuto gior-nalista, cambia il suo rapporto con la lettura: si dota di un “bagaglio leggero”, seleziona una sorta di li-bri da “bisaccia”, che porta con sé nel suo viaggio culturale e profes-sionale come strumenti di lavoro e di consultazione. Non ama con-servare i libri ma ama visitare le

bi-blioteche altrui e si lascia affascina-re volentieri dalla loro grandezza e importanza. Marcello Staglieno, nel bellissimo saggio introduttivo al catalogo, ne elenca sette princi-pali, che hanno segnato nel tempo la sua vita intellettuale: le bibliote-che private di Ugo Ojetti (dodici-mila volumi di letteratura, storia dell’arte e della musica conservati alla Villa il Salviatino a Maiano, nei pressi di Firenze), Giovanni

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