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L'eliminazione dei geoblocchi in funzione della realizzazione di un mercato unico digitale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

L’ELIMINAZIONE DEI GEOBLOCCHI IN

FUNZIONE DELLA REALIZZAZIONE DI UN

MERCATO UNICO DIGITALE

Il Candidato Il Relatore

Cozzi Gabriele Prof. Simone Marinai

(2)

INTRODUZIONE... 5

CAPITOLO PRIMO IL QUADRO GIURIDICO RILEVANTE 1.1 LA BASE GIURIDICA CHE CONSENTE IL RAVVICINAMENTO DELLE LEGISLAZIONI IN FUNZIONE DELLA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI DEL MERCATO INTERNO. ... 9

1.2 IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE RICHIAMATO DALLA “DIRETTIVA SUI SERVIZI”. ... 12

1.3 LA DIRETTIVA SUL COMMERCIO ELETTRONICO ... 14

1.4 IL MERCATO UNICO DIGITALE ... 15

CAPITOLO SECONDO

IL GEOBLOCKING

2.1 LA CONSULTAZIONE PUBBLICA AVVIATA DALLA COMMISSIONE EUROPEA ... 31

2.1.1 FORME DI GEOBLOCCHI ... 34

2.1.2.

E

SPERIENZA CON GEOBLOCCHI O ALTRE RESTRIZIONI SU BASE GEOGRAFICA

... 38

2.1.3.

G

IUSTIFICAZIONI PER I GEOBLOCCHI

... 40

2.1.4

R

ISPOSTE POLITICHE

... 42

2.1.4.1. Esclusione delle PMI ... 45

(3)

2.1.5

L'

IMPATTO SUL MERCATO

... 47

2.1.6

PRIME RIFLESSIONI ALLA LUCE DELLA CONSULTAZIONE

PUBBLICA AVVIATA DALLA COMMISSIONE

... 48

2.2 LA PROPOSTA LEGISLATIVA ... 50 2.3 L’IMPATTO ECONOMICO DELLA RIMOZIONE DEI BLOCCHI GEOGRAFICI INGIUSTIFICATI ... 58

2.4 SEGUE: I RISULTATI ATTESI DALLA RIMOZIONE DI TUTTI I BLOCCHI GEOGRAFICI ... 67

CAPITOLO TERZO

L'ARMONIZZAZIONE DELL'IVA QUALE

STRUMENTO PER SUPERARE I BLOCCHI

GEOGRAFICI

3.1 PREMESSA ... 71 3.2 LA DIRETTIVA 2006/112/CE ... 72 3.3 LA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AVENTE COME OGGETTO UN PIANO D’AZIONE SULL’IVA ... 75 3.4 VERSO UN SOLIDO SPAZIO UNICO EUROPEO DELL’IVA ... 82 3.5 L’AMMODERNAMENTO DELLE ALIQUOTE ... 86

(4)

CAPITOLO QUARTO

I CASI "SIMBOLO" DEI BLOCCHI GEOGRAFICI.

IL ROAMING NELLA TELEFONIA MOBILE E LA

PORTABILITA' TRANSFRONTALIERA DEI

SERVIZI DI CONTENUTO ONLINE

4.1 IL ROAMING NELLA TELEFONIA MOBILE: L’EUROTARIFFA

... 90

4.2 LA PORTABILITÀ TRANSFRONTALIERA DEI SERVIZI DI CONTENUTI ONLINE. ... 98 CONCLUSIONI FINALI ... 106 BIBLIOGRAFIA……….………110 ATTI E DOCUMENTI……….115 SITOGRAFIA………..………119 RINGRAZIAMENTI……….121

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Introduzione

A partire dalla metà degli anni ’90 internet ha fatto il proprio ingresso nel mondo dei privati cittadini e vent’anni dopo risulta che all’interno dell’Unione Europea l’81% della popolazione ha accesso ad internet e di questo il 78% attraverso la banda larga. La vera e propria crescita si è avuta però negli ultimissimi anni. Infatti la svolta epocale si è avuta nel 2007 quando si è superata la soglia della metà della popolazione europea con accesso ad internet toccando la quota del 55%1.

Alla luce di tali dati, non dobbiamo stupirci più di tanto se tra le priorità della Commissione Europea (CE) presieduta dal lussemburghese Jean Claude Juncker troviamo la necessità di creare un mercato unico digitale connesso. Juncker, nel luglio 2014, poco dopo la sua nomina a presidente della Commissione europea, affermava: “sono convinto che dobbiamo sfruttare in

maniera decisamente migliori le notevoli opportunità offerte dalle tecnologie digitali, che non conoscono confini. Per realizzare questo obbiettivo dovremo avere il coraggio di superare i compartimenti stagni delle regolamentazioni nazionali nel settore delle telecomunicazioni, nella legislazione sui diritti d’autore e sulla protezione dei dati, nella gestione delle onde radio e nell’applicazione del diritto alla concorrenza”2.

1

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Information_society_statistics_-_households_and_individuals/it#Accesso_a_Internet

2 JEAN-CLAUDE JUNCKER, “Un nuovo inizio per l’Europa. Il mio

programma per l’occupazione, la crescita, l’equità e il cambiamento democratico.” 2014, pagina 2 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni,

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Tra i punti chiave della realizzazione del mercato unico digitale si trova l’eliminazione dei blocchi geografici ingiustificati. L’espressione “blocco geografico” (o geoblocco) fa riferimento a pratiche, attuate da venditori online per motivi commerciali, che impediscono al consumatore di accedere a siti web basati in altri Stati membri ovvero che, sebbene il consumatore possa accedere al sito, gli impediscono di compiervi acquisti di prodotti o servizi3.

Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di analizzare la problematica derivante dall’esistenza di geoblocchi all’interno del mercato comune. A tal fine, rilievo primario assumerà la proposta elaborata dalla Commissione riguardante l’eliminazione dei geoblocchi ingiustificati e delle altre forme di discriminazione basate su un criterio strettamente geografico collegato alla nazionalità o residenza dei consumatori. Il problema individuato dalla Commissione riguarda da vicino tutti noi in qualità di utenti internet e acquirenti online pertanto per raggiungere lo scopo prefissato ci si baserà su un doppio binario: i presupposti che stanno alle fondamenta della nascita dei blocchi geografici e i rimedi individuati per superare questi presupposti.

Nel primo capitolo andremo ad analizzare la base giuridica su cui si fonda il lavoro della Commissione ovvero la procedura di “riavvicinamento” delle legislazioni e il divieto di non discriminazione individuati rispettivamente dall’articolo 114 TFUE e dall’articolo 20 della “Direttiva sui servizi”; sempre con riferimento alle basi giuridiche verrà gettato anche uno sguardo

Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in

GUUE Com. del 06-05-2015.

3 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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alla “Direttiva sull’e-commerce”. Sempre nel primo capitolo verranno descritti i caratteri del “mercato unico digitale” e la strategia inerente frutto della volontà della Commissione.

Nel secondo capitolo verrà analizzata nel dettaglio la recente proposta legislativa presentata dalla Commissione al Parlamento Europeo avente ad oggetto l’eliminazione dei blocchi geografici ingiustificati. Il documento presentato dalla Commissione è stato accompagnato da una valutazione d’impatto ed anch’essa sarà oggetto di esame in questo capitolo. Non possiamo neanche esimerci dal presentare i risultati di una consultazione pubblica avvenuta nel dicembre 2015 in cui si chiedeva ai diversi soggetti interessati dai geoblocchi ingiustificati, quali imprese, consumatori e associazioni dei consumatori, di esprimersi su questo problema.

Il terzo capitolo prenderà in esame un nuovo aspetto preso in considerazione dalla Commissione per prevenire i geoblocchi e andare verso un mercato unico digitale ovvero un piano di azione sull’IVA. L’Imposta sul Valore Aggiunto rappresenta una barriera alla concorrenza ed è una tra le varie motivazioni che danno vita ai blocchi geografici. Il progetto di parificare l’IVA nei paesi membri potrebbe portare un significativo miglioramento degli scambi commerciali e notevoli vantaggi per i consumatori.

Il quarto capitolo chiuderà la presente trattazione affrontando due casi concreti. Da un lato il roaming telefonico, esempio emblematico per quanto riguarda la presenza di blocchi geografici. Infatti, attraverso di essi veniva posta una significativa limitazione alla libera concorrenza tra imprese nel campo delle compagnie telefoniche. Verrà fatta un’analisi della situazione prima dell’entrata in vigore del Regolamento UE 2120/2015 e lo stesso verrà analizzato più nel dettaglio. Verificheremo poi come gli operatori della telefonia mobile si siano adeguanti alla

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disciplina vigente e cosa è cambiato rispetto alla situazione precedente. Infine si andrà a osservare quali potranno essere i futuri risvolti legati al roaming prendendo anche in esame la possibilità che questo venga eliminato a partire dal 2017.

Dall’altro lato, invece, come secondo caso concreto andremo ad analizzare la proposta di Regolamento sulla portabilità dei servizi online. Proposta sulla quale il 7 febbraio 2017 è stato raggiunto un accordo tra il Consiglio e il Parlamento.

Nelle conclusioni finali verrà valutato il lavoro fin qui svolto dalla Commissione europea nell’ottica di riavvicinare maggiormente le legislazioni nazionali al fine di creare un vero mercato unico digitale.

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Capitolo Primo

Il quadro giuridico rilevante

1.1

La

base

giuridica

che

consente

il

ravvicinamento delle legislazioni in funzione della

realizzazione degli obiettivi del mercato interno.

Per individuare il quadro giuridico rilevante non possiamo che partire dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito TFUE.

In particolare, l’articolo 114 del TFUE, in precedenza articolo 95 TCE, contiene le regole attraverso cui le istituzioni dell’Unione Europea possono adottare atti il cui obiettivo è di costruire un ravvicinamento tra le legislazioni degli Stati membri.

Il campo di applicazione della norma in questione lo ritroviamo all’interno del III° paragrafo che così recita: “la Commissione, nelle

sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento Europeo ed il Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo”. La

protezione dei consumatori, ovvero il cuore della presente trattazione, è una delle materie in cui gli organi europei possano intervenire affinché ci sia una disciplina quanto più omogenea tra Stati membri. Inoltre la protezione dei consumatori, così come le

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altre materie elencate, richiede un elevato standard di tutela e questo, come indica l’articolo stesso, deve essere rapportato agli eventuali sviluppi scientifici tra cui possono rientrare anche gli sviluppi tecnologici. Sulla base di quanto scritto possiamo di conseguenza affermare che la Commissione abbia sviluppato il suo progetto sull’idea di un’armonizzazione della disciplina del mercato unico digitale tra i Paesi membri al fine di favorire l’incremento degli scambi commerciali transfrontalieri.

Un secondo elemento di vitale importanza è contenuto nel VI° paragrafo dell’articolo 114 in cui possiamo ritrovare il principio di non discriminazione: “la Commissione, entro sei mesi dalle

notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno”. L’articolo

114 ai paragrafi 4 e 5 permette, nei campi di intervento degli organi europei, agli Stati membri di mantenere o di introdurre proprie legislazioni sulla base della necessità o di esigenze importanti. Questi interventi devono essere previamente notificati alla Commissione la quale avrà facoltà di respingere gli interventi legislativi i quali potrebbero costituire una discriminazione all’interno dell’UE. Nel campo della protezione dei consumatori l’armonizzazione deve essere quanto più ampia possibile e proprio i recenti interventi oggetto della presente trattazione sono stati emanati sulla base di questo principio. Attraverso un blocco geografico ingiustificato si crea una discriminazione tra cittadini di Stati membri diversi in quanto per alcuni è possibile acquisire beni o servizi online pagando un determinato prezzo e per altri lo stesso bene o servizio può essere acquistato ad un prezzo superiore e questo oggi non è più

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ammissibile. Gli atti astrattamente adottabili dagli organi dell’Unione possono prevedere una diversa incidenza a seconda della forma dell’atto stesso. Quanto più questa incidenza sarà significativa, quanto meno margine di discrezionalità verrà lasciato al legislatore nazionale. I due principali strumenti a disposizione delle istituzioni europee sono le Direttive e i Regolamenti, i quali prevedono un’incidenza assai diversa. Infatti, le prime prevedono una maggiore discrezionalità in quanto gli Stati membri devono trasporre quanto affermato nella Direttiva stessa in un testo legislativo; i secondi, al contrario, sono direttamente applicabili e quindi i legislatori nazionali si possono limitare ad adottare norme di mera esecuzione del Regolamento. Sembrerebbe quindi che alla luce dell’articolo 114 TFUE lo strumento da adottare per riavvicinare le legislazioni sia la Direttiva, ma come vedremo in realtà nel campo oggetto di questa tesi lo strumento adottato con maggior frequenza è quello del Regolamento. Questa piccola impasse è stata superata tramite la prassi specialmente nel campo della protezione dei diritti dei consumatori. Questo campo è stato oggetto dell’intervento del legislatore europeo sin dagli anni ’70 attraverso l’uso di direttive, le quali sono confluite poi nella direttiva 2011/83 la quale ha previsto la sua trasposizione, molto stringente in virtù dell’articolo 4, entro il 2013, impedendo di fatto di mantenere standard di protezione diversi rispetto a quanto affermato dalla Direttiva stessa. Inoltre, la prassi ha fatto si che i termini “riavvicinamento” e “armonizzazione” fossero usati in maniera intercambiabile, non derivando da essi uno specifico strumento da adottare da parte del legislatore comunitario. Alla luce di quanto detto è quindi possibile affermare la piena legittimità nell’adozione di Regolamenti sulla base dell’articolo 114 TFUE per armonizzare le legislazioni nazionali.

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1.2 Il principio di non discriminazione richiamato

dalla “Direttiva sui servizi”.

Il secondo fondamento giuridico su cui si basa l’emanazione della proposta di Regolamento riguardante l’eliminazione dei blocchi geografici ingiustificati trova il suo appoggio nell’articolo 20 della Direttiva sui servizi4. L’articolo in questione recita così: “ 1. Gli Stati Membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. 2. Gli Stati Membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni di accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi”. Rispetto al precedente articolo 114 TFUE, in

cui il principio di non discriminazione era letto in un’ottica più generale, tale da poter essere utilizzato in un campo di applicazione più ampio, l’articolo in questione prevede una descrizione più puntuale del principio in oggetto. Il primo paragrafo impone agli Stati membri di provvedere affinché ai destinatari di servizi non vengano imposti requisiti discriminatori basati sulla loro nazionalità o sul luogo in cui risiedono. Questo sta a significare che qualsiasi discriminazione da parte di uno Stato membro fondata sui requisiti in oggetto quali ad esempio tariffe discriminatorie o requisiti imposti ai

4 Direttiva (CE) n°2006/123 del Parlamento europeo e del

Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, in GUUE L. 123 del 12-12-2006.

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cittadini di un altro Stato membro deve essere eliminata. Va considerato, in ogni caso, che non tutte le differenze di trattamento costituiscono discriminazione. Infatti, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, oggi conosciuta come Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), una discriminazione consiste nell’applicazione di norme diverse a situazioni comparabili o nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse.5 Il secondo paragrafo impone agli

Stati membri di provvedere affinché le condizioni generali di accesso a un servizio offerto al pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sui criteri di nazionalità o luogo di residenza dei destinatari. Tuttavia, è evidente che lo scopo che non è quello di vietare in modo assoluto le differenze di trattamento. A tale proposito, il paragrafo in analisi precisa che il divieto di non discriminazione non preclude la possibilità per i prestatori di servizi di applicare condizioni d’accesso differenti allorché queste siano giustificate sulla base di criteri oggettivi. 6

Abbiamo quindi esplicitato il significato del principio di non discriminazione su cui la Commissione ha posto le basi per la legislazione sui blocchi geografici ingiustificati.

5 Sentenza Corte di Giustizia del 29 aprile 1999, Royal Bank of

Scotland, causa C-311/97.

6 Manuale per l’attuazione della direttiva servizi, Ufficio delle

pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo, 2007.

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1.3 La Direttiva sul Commercio Elettronico

Il terzo fondamento proviene dalla Direttiva sul Commercio Elettronico7. La direttiva in esame “mira a contribuire al buon

funzionamento del mercato garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione tra Stati membri.”8 Al suo

interno non si prevede un divieto di discriminazione come abbiamo visto nei paragrafi precedenti del presente lavoro, tuttavia s’impedisce agli Stati membri, nell’ambito regolamentato, di limitare la circolazione dei servizi società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.9 Attraverso questo

impedimento si vuole ampliare la possibilità data alla società dell’informazione di interagire nei confronti dei consumatori in un’ottica transazionale, fermo restando comunque il rispetto delle legislazioni nazionali come indicato dal primo paragrafo dell’articolo 3 della presente Direttiva. I geoblocchi ingiustificati, come vedremo oltre, si palesano nei confronti dei consumatori proprio nell’ambito del commercio elettronico.

L’insieme dei dati forniti fino a questo momento ci consente di avere un background giuridico su cui la Commissione ha lavorato per estendere uno dei fondamenti dell’Unione Europea stessa: il principio di libera circolazione delle persone, dei mezzi, dei servizi e dei capitali. Fin dalla costituzione della Comunità Economica Europea nel 1957 con il Trattato di Roma, gli Stati membri hanno lavorato affinché la libera circolazione all’interno della Comunità stessa diventasse realtà e oggi possiamo

7 Direttiva (CE) n° 2000/31 del Parlamento europeo e del

Consiglio dell’8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, in GUUE L. 31 del 08-06-2000.

8 Art. 1 della Direttiva (CE) n° 2000/31, cit. 9 Art. 3 della Direttiva (CE) n° 2000/31, cit.

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tranquillamente affermare che la tutela impartita sia sufficiente, ma il progresso tecnologico e lo sviluppo scientifico pongono ai legislatori europei nuove sfide da affrontare e nuovi problemi da risolvere. Il lavoro costante della Commissione è basato sostanzialmente su un sistema alluvionale costituito da Regolamenti e Direttive succedutesi nel tempo. Il contenuto, oggetto del presente lavoro, non è esente da tale schema, come abbiamo visto in questo e nei paragrafi precedenti.

1.4 Il Mercato Unico Digitale

Nel momento in cui Jean-Claude Juncker venne nominato Presidente della Commissione europea era ben noto il suo programma per l’occupazione, la crescita, l’equità e il cambiamento democratico in seno all’Unione europea. Tra le priorità che il politico lussemburghese aveva inserito nel suo programma, troviamo al punto due il mercato unico del digitale connesso.

Con l’espressione mercato unico digitale intendiamo un mercato in cui è garantita la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e in cui, quale che sia la loro cittadinanza o nazionalità o il luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online in condizioni di concorrenza leale e potendo contare su un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali. 10

10 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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Attraverso la creazione del mercato unico digitale, così come disegnato dalla Commissione, l’Unione europea potrà continuare ad essere uno dei leader mondiali dell’economia digitale aiutando la crescita delle proprie imprese su scala globale creandosi così di fatto un aumento dei posti di lavoro e una conseguente diminuzione del tasso di disoccupazione che si attesta al momento della redazione del presente lavoro intorno all’8.5%11.

Inoltre, si avrà anche un beneficio nei confronti dei consumatori una volta che l’abbattimento dei geoblocchi diverrà realtà in quanto essi potranno approfittare di servizi migliori a prezzi migliori e dell’aumento dei beni offerti sul mercato digitale. L’UE è bloccata da una frammentazione e da barriere che nel mercato unico geografico non esistono: l’abbattimento di queste barriere all’interno dell’Europa potrebbe arricchire il PIL europeo di 415 miliardi di euro.12

La strategia per il mercato unico digitale poggerà su tre pilastri: • Migliorare l’accesso online ai beni e servizi in tutta Europa per

i consumatori e le imprese;

• Creare un contesto favorevole affinché le reti e i servizi digitali possono svilupparsi;

• Massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea.13

11http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&languag

e=en&pcode=teilm020&tableSelection=1&plugin=1

12 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

13 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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La strada tracciata dall’attuale Commissione è ben definita sia da un punto di vista degli obiettivi, sia di quello del percorso da seguire per raggiungerli. L’Europa ha bisogno di una spinta economica forte per poter rimanere al passo delle super potenze mondiali, quali Stati Uniti e Cina, ed in un epoca in cui l’impiego di tecnologie digitali è sempre più marcato la via intrapresa dalla Commissione non si più può definire una scommessa come poteva essere qualche anno fa, ma si può essere certi che sia la strada corretta da intraprendere. Se i tempi e le scadenze fissate dalla Commissione verranno rispettati e gli Stati membri collaboreranno in maniera costruttiva intorno a questo progetto, in poco tempo, potremo dire di avere un’Europa più unita e più forte rispetto al presente.

Per quello che interessa ai fini della presente trattazione si prenderà in esame soltanto il contenuto di cui al primo punto nell’elenco sopraindicato, poiché in esso è indicata la volontà di eliminare i blocchi geografici ingiustificati.

La struttura della strategia per il mercato unico digitale come abbiamo precedentemente osservato si basa su tre pilastri ed il primo di questi riguarda la necessità di migliorare l’accesso online in tutta Europa per i consumatori e le imprese. In particolare, per le imprese comunitarie la creazione e la regolamentazione di questo mercato unico digitale permetterà nuove possibilità di espansione nella stessa Europa in primis, ma sicuramente con uno sguardo verso anche oltre i confini del Vecchio Continente. È quindi necessaria un’azione immediata per abbattere le barriere che bloccano le attività online attraverso le frontiere. Queste barriere sono costituite tra l’altro dalle divergenze tra i diversi Stati membri nel diritto dei contratti e nella disciplina del diritto d’autore e dall’onere dell’IVA. La strategia vuole inoltre tracciare un quadro adeguato per il

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commercio elettronico e impedire che i consumatori e le imprese subiscano ingiustamente discriminazioni quando tentano di accedere a contenuto o di acquistare beni e servizi online all’interno dell’Unione Europea. 14

Analizzando il primo pilastro della strategia intrapresa dalla Commissione per la regolamentazione del mercato unico digitale, possiamo già renderci conto di come la prevenzione dei blocchi geografici basati su criteri discriminatori quali la nazionalità o la residenza sia un tema molto importante. Infatti, si sottolinea sin da subito quanto la presenza di restrizioni sia dannosa per questo progetto.

Prima di continuare l’analisi del primo punto, dobbiamo specificare che anche questo primo pilastro così come la strategia nella sua globalità si compone di diversi punti. Non è compito del presente lavoro scendere nel dettaglio di ognuno di essi, ma ai fini della trattazione stessa è però necessaria una breve analisi di ognuno affinché sia maggior comprensibile il lavoro stesso. Il primo aspetto da affrontare riguarda la necessità di una regolamentazione del commercio elettronico transfrontaliero degna della fiducia dei consumatori. Per cominciare indichiamo alcuni dati che vengono riportati nella comunicazione effettuata dalla Commissione il 6 maggio 2015 e segnatamente:

• Se per gli acquisti online potessero scegliere fra l’intera gamma di beni e servizi offerti nell’UE, i consumatori europei potrebbero risparmiare 11.7 miliardi di euro l’anno;

• Il 61% dei consumatori dell’UE si sente sicuro acquistando via internet da un dettagliante ubicato nel medesimo Stato

14 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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membro, mentre solo il 38% si sente sicuro acquistando in un altro stato membro dell’UE;

• Solo il 7% delle PMI dell’UE vende oltre frontiera.15

È possibile interpretare negativamente, tant’è che è risulta evidente una certa difficoltà nel commercio transfrontaliero online sia da parte del consumatore, ma soprattutto da parte delle piccole, medie e microimprese (PMI) le quali costituiscono il 99% delle imprese europee.16

La difficoltà nasce per due ordini di motivi strettamente collegati tra di loro: l’estensione raggiunta oggi dall’Unione Europea fa si che siano presenti 28 normative nazionali differenti in materia sia di protezione del consumatore sia di contrattualistica e da questo deriva inoltre anche una complessità, mancanza di chiarezza e tendenziale diversità di applicazione normativa, scoraggiando di fatto le imprese ad intraprendere la strada del commercio elettronico transfrontaliero e negando ai consumatori di approfittarsi da un lato di offerte più convenienti e dall’altro di poter scegliere tra una platea di prodotti più ampia. Sarebbe quindi auspicabile un mercato unico in cui le imprese possano gestire la propria attività sotto l’egida di una legislazione comune. Nel campo dei diritti dei consumatori e del diritto dei contratti molto è già stato fatto: nel campo delle vendite online come a titolo esemplificativo le informazioni da fornire al consumatore prima che sottoscriva il contratto oppure le norme che disciplinano il diritto del consumatore di recedere dall’acquisto in caso di ripensamenti. Al contrario è anche vero che in altri ambiti,

15 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-06-05-2015, cit., p. 4.

16http://www.europarl.europa.eu/atyourservice/it/displayFtu.ht

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come ad esempio i rimedi disponibili in caso di bene materiale non conforme al contratto di vendita, si applicano soltanto quelle norme comunitarie che stabiliscono un’armonizzazione tra legislazioni nazionali de minimis e di conseguenza si viene a creare quella criticità riscontrata poco sopra. Inoltre esistono campi, come ad esempio quello sui rimedi disponibili in caso di contenuti digitali acquistati online che si rivelano difettosi, in cui è presente una lacuna normativa nel diritto dell’UE e le discipline nazionali sono poco corpose potendo risultare inadeguate.

Con norme moderne e semplificate sugli acquisti transfrontalieri online e digitali, più imprese si sentirebbero incoraggiate a vendere online oltre frontiera e aumenterebbe la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico transfrontaliero. Il 57% delle imprese dichiara che, se il commercio elettronico fosse disciplinato dalle stesse norme in tutti gli Stati membri dell’UE, si lancerebbe nella vendita online o intensificherebbe tale attività verso gli Stati membri.17

Affinché si sviluppino le condizioni propizie per il commercio elettronico transfrontaliero, la Commissione presenterà in diversi step temporali alcune proposte legislative al riguardo: una modifica del Regolamento relativo a un diritto comune della vendita18 in modo da permettere ai venditori di basarsi sulla

normativa del proprio paese, grazie a un’ulteriore armonizzazione dei principali diritti e obblighi delle parti del contratto di vendita; una modifica del regolamento sulla

17 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

18 Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E

DEL CONSIGLIO relativo a un diritto comune europeo della vendita, Com(2011) 635, 2011/0284/COD.

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cooperazione per la tutela dei consumatori19 con lo scopo di

precisare e sviluppare le competenze delle autorità di esecuzione, rilevare più rapidamente le infrazioni e migliorare il coordinamento delle loro attività di monitoraggio del mercato e dei meccanismi di allerta; infine si prevede la nascita di una piattaforma unionale di risoluzione delle controversie online. Il secondo aspetto da affrontare riguarda l’accessibilità economica e qualità della consegna transfrontaliera dei pacchi. Anche in questo caso partiamo dall’esporre alcuni dati significativi:

• Il 62% delle imprese che attualmente non vendono online, ma che vorrebbero lanciarsi in tale attività sostiene che l’esosità dei costi di consegna costituisce un problema;

• Si stima che le tariffe ufficiali applicate dagli operatori postali nazionali per la consegna transfrontaliera dei pacchi spazino dal doppio al quintuplo delle tariffe nazionali.20

Una disponibilità di servizi postali per la consegna transfrontaliera a prezzi accessibili e di qualità elevata potrebbe rafforzare la fiducia dei consumatori nelle vendite online attraverso le frontiere, poiché effettivamente il costo della spedizione ricade molto frequentemente sull’utente finale il quale trarrebbe sicuramente un giovamento dalle politiche che la Commissione sta mettendo in atto. Nel giugno 2015 ha ricevuto i risultati di un’autoregolamentazione di settore che non aveva ad

19 Regolamento (CE) n°2006/2004 del parlamento Europeo e del

Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori («Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori»), in GUUE L. del 27-10-2004.

20 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-06-05-2015, cit., p. 6.

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oggetto la dimensione tariffaria e la sorveglianza regolamentare, ma si occupava più dell’aspetto qualitativo del servizio di spedizione avendo come oggetto la tracciatura elettronica e la maggior celerità nella consegna dei pacchi. La Commissione ha valutato le azioni intraprese dal settore e ha proposto ulteriori misure complementari nei campi non autoregolati dal settore medesimo per consentire il corretto funzionamento delle consegne transfrontaliere. Decorsi due anni dall’adozione delle misure in questione, la Commissione dovrà valutare se sarà necessario attuare ulteriori misure per raggiungere gli scopi prefissati tenendo chiaramente di conto dei progressi ottenuti fino a questo momento.

Il terzo aspetto su cui si concentra il primo pilastro della strategia per il mercato unico digitale è rappresentato dal cuore del presente lavoro: impedire i geoblocchi ingiustificati. Di seguito si darà, come per gli aspetti precedenti, un rapido accenno che avrà in questo caso però l’ulteriore funzione di introdurre l’argomento in oggetto nel secondo capitolo.

Riprendiamo la definizione di geoblocco ingiustificato così come definito nella oramai già citata comunicazione della Commissione del 6 maggio 2016: l’espressione “blocco geografico” (o geoblocco) fa riferimento a pratiche, attuate da venditori online per motivi commerciali, che impediscono al consumatore di accedere a siti web basati in altri stati membri ovvero che, sebbene il consumatore possa accedere al sito, gli impediscono di compiervi acquisti di prodotti o servizi. I casi attraverso i quali si può esplicare il blocco geografico sono diversi, a partire dal caso del reindirizzamento dal sito con dominio straniero a cui siamo acceduti attraverso internet per giungere al sito con dominio dello Stato membro da cui il consumatore accede, che può comportare una variazione dei prezzi o catalogo di prodotti

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differenti, per arrivare al caso in cui la vendita è possibile, ma tramite attività di geolocalizzazione si determina un’applicazione automatica di prezzi diversi in base alle coordinate geografiche. Per esempio, questo accade nel caso del noleggio in cui a parità di luogo di noleggio e di veicolo, un cliente di uno Stato membro paga online di più di un cliente che paga online, ma è di un diverso Stato membro. Un dato interessante è rappresentato dalle denunce pervenute alla rete dei centri europei dei consumatori. Infatti il 74% di esse hanno riguardo a differenze di prezzo o ad altre discriminazione geografiche subite dai consumatori e si riferiscono agli acquisti oltre frontiera21. È una percentuale molto

elevata a riprova del fatto che il consumatore risente in modo assai importante dei blocchi geografici ingiustificati. Essi possono avere diverse origini. Questa pratica può infatti derivare da una decisione unilaterale degli operatori di mercato, da accordi tra concorrenti per spartirsi il mercato o da accordi verticali. Inoltre le eventuali limitazioni delle offerte oppure la differenziazione nel prezzo in alcuni casi possono essere originate da obblighi giuridici che il venditore è tenuto a rispettare e di conseguenza sono giustificabili; in altri casi, invece, non si hanno giustificazioni e l’unico rimedio applicabile rimane il divieto di applicare tale pratica e permettere così ai consumatori e imprese dell’UE di godere di tutti i benefici del mercato unico sia da un punto di vista dell’offerta di beni e servizi presenti nel mercato stesso, sia in termini di prezzi più bassi.

Vedremo più avanti nel corso della trattazione quali misure sono state prese in concreto dalla Commissione e analizzeremo più

21 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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specificatamente anche le opinioni degli utilizzatori del mercato unico.

Il quarto e penultimo aspetto da analizzare riguarda la volontà di realizzare un migliore accesso ai contenuti digitali e una disciplina moderna e più europea del diritto di autore. Seguendo il medesimo schema adottato fino a questo momento passiamo subito alla presentazione di alcuni dati:

• Il 56% degli europei usa internet con finalità culturali e le previsioni indicano che, nei prossimi cinque anni, la spesa per l’intrattenimento e i media digitali registrerà un tasso di crescita a due cifre (intorno al 12%);

• Il 45% delle imprese che ipotizzano la vendita online di servizi digitali alla persona ravvisa un problema nelle restrizioni dovute al diritto di autore che impediscono loro di vendere all’estero;

• Nell’UE è accessibile oltre frontiera meno del 4% di tutti i contenuti di video a richiesta. 22

Il diritto di autore è il supporto alla creatività e dell’industria della cultura in Europa. 23 L’UE ritiene molto importante la

creatività tanto da farci affidamento per essere competitiva a livello mondiale e come cittadini europei ci possiamo considerare i leader in diversi campi in cui si applica il diritto di autore. Con l’evoluzione delle tecnologie e l’avvento di smatphone e tablet, i consumatori si aspettano sempre più la possibilità di visualizzare i propri contenuti digitali preferiti in ogni occasione e in ogni

22Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-06-05-2015, cit., p. 7

23 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

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luogo si trovino, ma ciò non è sempre possibile. Infatti in diversi campi, tra cui spicca quello dei programmi audiovisivi, sono sempre presenti le barriere che impediscono all’utente di accedere oltre frontiere ai servizi contenutistici protetti da diritto d’autore limitando di conseguenza la relativa portabilità. Spesso effettivamente, i consumatori che sono intenzionati ad accedere da un altro Stato membro a contenuti digitali protetti dal diritto di autore, oppure che sono intenzionati ad acquistarli si vedono costretti a rinunciarvi poiché ricevono un messaggio in cui si afferma che il contenuto richiesto non è disponibile o non vi si può accedere dal proprio paese. La presente situazione può venire alla luce in conseguenza di due fattori, il primo fattore a cui si fa riferimento è quello della territorialità del diritto di autore e alle difficoltà associate alla relativa liberatoria; il secondo fattore a cui ci riferiamo è quello costituito dalle limitazioni contrattuali concordate tra titolare del diritto e distributore del diritto stesso oppure da decisioni commerciali del distributore medesimo. Inoltre, è pur sempre vero che in questo campo siamo in presenza di un quadro giuridico poco chiaro e molto frammentato dato dalle diverse impostazioni derivanti dalle legislazioni nazionali. Il compito della Commissione in questo campo è quello di valutare la necessità di una maggiore certezza del diritto, in modo tale da permettere ai ricercatori e agli istituti d’istruzione d’intensificare l’uso del materiale coperto da diritto di autore, anche oltre frontiera, così da poter sfruttare le potenzialità che offrono queste tecnologie e trarre beneficio dalle collaborazioni transfrontaliere, così come ogni parte delle proposte inerenti al diritto d’autore dovrà essere valutata alla luce dei suoi effetti su tutte le parti interessate.24

24Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

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Passo importante per investire nell’innovazione e creare posti di lavoro ingenerando così un aumento dell’occupazione è l’esistenza di un apparato di giustizia civile che sia equilibrata ed efficace, affiancato da un sistema sanzionatorio volto a reprimere le violazioni su scala commerciale del diritto di autore. Inoltre, nel campo della distribuzione dei contenuti vanno sempre più assumendo un ruolo di notevole importanza gli intermediari online. Con riferimento a questi è quindi necessario chiarire la disciplina applicabile alle loro attività ricomprendenti le opere protette da diritto di autore. Al fine di sostenere la creazione di contenuti nel prossimo futuro vanno ricercate soluzioni affinché la creatività venga equamente remunerata. Abbiamo visto inoltre che i problemi, a livello europeo, in questo campo derivano dalla frammentazione normativa e sarebbe auspicabile un’armonizzazione del regime del diritto di autore, anche in funzione d’investimenti nei contenuti e per permettere la trasmissione e il consumo oltre frontiera. Ulteriori compiti della Commissione riguardano la ricerca di soluzioni per arricchire l’offerta ai consumatori e aprire nuove occasioni per i creativi, senza dimenticare la salvaguardia del finanziamento dei media dell’UE e dei contenuti innovativi. Inoltre la Commissione dovrà riesaminare la direttiva sulla trasmissione via satellite e via cavo25 per valutare se sia opportuno estendere l’ambito di

applicazione alle trasmissioni online degli emittenti e se occorre varare altre misure ai fini di una maggiore apertura

delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

25Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il

coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, in GUUE L. 248 del 27-09-1993

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transfrontaliera dell’accesso ai servizi di radiodiffusione in Europa.26

Ultimo aspetto da prendere in considerazione con riguardo al primo pilastro del mercato unico digitale riguarda un altro argomento oggetto del presente lavoro ovvero alleviare gli oneri e ostacoli legati all’IVA nella vendita frontiera. Quindi anche in questo caso, come nel precedente in cui oggetto era il geoblocco ingiustificato, la breve analisi avrà la doppia valenza di presentazione e d’introduzione al terzo capitolo.

Per iniziare prendiamo subito in mano alcuni dati che ci offrono un punto di partenza e un primo approccio al primo al problema: • Per conformarsi ai regimi IVA, l’impresa dell’UE desiderosa di

vendere oltre frontiera si ritrova ogni anno un costo pari ad almeno 5000 euro per ciascuno Stato membro in cui opera; • Le imprese dell’UE si trovano di fronte a considerevoli

distorsioni del mercato dovute alla possibilità delle imprese extra UE di offrire merci in esenzione da IVA. Tali distorsioni determinano per il fatturato delle imprese dell’UE un costo annuo fino a 4.5 miliardi di euro.27

Precedentemente, con riguardo ai blocchi geografici ingiustificati, avevamo fatto cenno alla possibilità che essi venissero generati per motivi giuridici e si considerava in tale contesto quel blocco geografico come giustificato. Uno dei motivi giuridici da cui può scaturire un blocco geografico si ritrova appunto nell’IVA, infatti la tassa sul valore aggiunto viene regolata con leggi nazionali ed

26Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

27Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-06-05-2015, cit., p. 9

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in più sono presenti delle deroghe in base a caratteristiche oggettive che creano dei vantaggi nel campo della concorrenza. Con riguardo all’IVA, a partire dal 1° gennaio 2015, sono entrate in vigore nuove regole: per tutti i servizi elettronici, di telecomunicazione e di radiodiffusione l’IVA è riscossa nel luogo in cui è basato il cliente e non in quello in cui è ubicato il prestatore. Questo nuovo sistema risponde alle esigenze delle imprese, le quali manifestando la volontà di vendere oltre frontiera, si trovavano di fronte ostacoli reali. Di fatti esse si trovavano a operare nel quadro di molti sistemi nazionali diversi. Parallelamente a quanto entrato in vigore nel 2015 è stato varato anche un sistema elettronico di registrazione e pagamento i cui intenti sono quelli di abbassare i costi e alleggerire l’onere amministrativo nei confronti delle imprese. Questo nuovo regime dovrebbe essere utilizzato anche per i beni materiali ordinati in rete tanto entro i confini dell’UE quanto al di fuori di essi. Il vecchio sistema prevedeva la dichiarazione e il versamento dell’IVA in ciascun singolo Stato membro in cui erano ubicati i clienti; il sistema attuale invece prevede la possibilità per le imprese di compiere un’unica dichiarazione nel proprio Stato membro, nel quale è anche possibile pagare l’IVA in un’unica soluzione.

Oggi la merce che viene ordinata a fornitori di paesi extra UE può usufruire della deroga per l’importazione di piccole spedizioni, la quale esenta dall’IVA le spedizioni dirette alla clientela privata dell’UE. Questo sistema crea uno svantaggio nei confronti delle imprese europee. Se la riscossione dell’IVA si realizzasse tramite un sistema semplificato e un pagamento unico questa deroga non sarebbe più necessaria.

La Commissione si sta adoperando per alleviare al massimo gli oneri di cui i diversi regimi dell’IVA gravano il commercio

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elettronico transfrontaliero, per offrire alle imprese dell’UE pari condizioni di concorrenza e per assicurare che il gettito dell’IVA vada allo Stato membro del consumatore. 28 Inoltre la

Commissione prenderà in esame le modalità di trattamento fiscale di alcuni di alcuni servizi elettronici.

Nella comunicazione del 6 maggio 2015 si fa riferimento a un piano di azione su un rinnovato approccio alla tassazione dei redditi delle società nel mercato unico, in base al quale gli utili saranno tassati nel paese in cui sono generati, ivi incluso nell’economia digitale. Si fa inoltre riferimento ad alcune proposte legislative che la Commissione dovrebbe elaborare nel corso del 2016 aventi ad oggetto la riduzione dell’onere amministrativo gravante sulle imprese, una riduzione da attuarsi mediante:

I. L’estensione dell’attuale meccanismo di registrazione elettronica e pagamento unici alle vendite online di beni materiali all’interno dell’UE e con paesi terzi;

II. L’introduzione di una misura semplificata comune a dimensione UE (soglia dell’IVA) a sostegno delle piccole start-up che operano nel commercio elettronico;

III. La previsione di controlli del paese d’origine, compreso un audit unico delle imprese transfrontaliere ai fini dell’IVA; IV. La soppressione dell’esenzione dall’IVA per l’importazione di

piccole spedizioni provenienti da fornitori di paesi terzi.29

28Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-05-2015.

29Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al

Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 06-05-2015, in GUUE Com. del 06-06-05-2015, cit., p. 9

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La strategia per il mercato unico digitale prosegue su altri temi, ma che non presentano collegamenti con il lavoro oggetto di questa tesi.

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Capitolo Secondo

Il geoblocking

2.1 La consultazione pubblica avviata dalla

Commissione europea

Con riguardo al tema specifico dei blocchi geografici ingiustificati, la Commissione europea dal 24 settembre al 28 dicembre 2015 ha organizzato una consultazione pubblica. Questa rientrava all’interno delle strategie per il mercato unico digitale e aveva lo scopo di interagire con le parti interessate per raccogliere le diverse opinioni. Il questionario proposto è stato suddiviso in tre sezioni: 1) consumatori e relative associazioni, 2) operatori commerciali, 3) autorità statali.

Mentre la maggior parte delle domande erano comuni alle tre sezioni del questionario, ogni sezione conteneva altresì domande specificatamente adattate a ciascuna delle suddette categorie di rispondenti. Per un’analisi più dettagliata della prospettiva dei rispondenti, le categorie sono suddivise in ulteriori gruppi (vedi schema oltre). Sono pervenute 433 risposte30.

30 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”.

https://ec.europa.eu/digital- single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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Il questionario è stato proposto in 24 lingue e la consultazione era stata pubblicizzata attraverso i siti web della Commissione, i social media e durante gli incontri delle parti interessate.

Come si evince dal grafico sopra riportato,31 il nucleo principale

di rispondenti proviene dai consumatori unitamente alle proprie associazioni o autorità, i quali rappresentano la categoria maggiormente colpita dai blocchi geografici ingiustificati in quanto utenti finali dei beni e servizi che le imprese UE forniscono nel mercato.

Interessante è analizzare anche la seconda categoria più rappresentativa di rispondenti ovvero le imprese e le sue associazioni di categoria. La maggior parte delle imprese che hanno trasmesso i loro pareri ha indicato di esercitare l’attività di vendita principalmente online oppure sia online che offline. Solo un’impresa rispondente vende esclusivamente in punti vendita non virtuali.32Questo ci permette di capire che il problema

31 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. cit., pag. 3 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking

32 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

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geoblocchi è un problema che viene sentito anche dai fornitori di beni e servizi stessi.

Con riguardo alla tipologia d’imprese rispondenti, un dato significativo riguarda le dimensioni delle imprese stesse. Infatti le risposte sono giunte sia da grandi che piccole imprese, ma le seconde sono in numero maggiore e con riguardo ai problemi evidenziati nell’ambito dei blocchi geografici sono quest’ultime ad essere più colpite a causa degli oneri e dei costi che la vendita fuori dai confini genera. Le imprese rispondenti operano in settori diversi dalla vendita al dettaglio ai settori di software, tecnologie dell’informazione, telecomunicazione e trasporti. Per quanto riguarda le associazioni d’imprese, invece, la maggior parte di esse opera in settori specifici e soltanto alcune operano come categorie generali. I settori rappresentati sono quelli della vendita al dettaglio, il commercio elettronico, i media, l’industria, il turismo, la moda, i trasporti, il gioco d’azzardo o i servizi giuridici.

Alla consultazione pubblica, come evidenziato dal grafico precedente, hanno partecipato anche autorità di Stati membri, ma a causa dell’esiguità del numero di rispondenti la loro partecipazione non verrà analiticamente analizzata.

Di seguito si analizzeranno nel dettaglio le risposte fornite nell’ambito della consultazione pubblica sulla base del questionario proposto.

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”.

https://ec.europa.eu/digital- single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking

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2.1.1 Forme di geoblocchi

Le diverse categorie di rispondenti partecipanti a questa consultazione pubblica concordano sull’appoggiare il principio generale secondo cui tutti i soggetti presenti nell’UE, siano essi consumatori o imprese, devono poter accedere all’acquisto di beni e servizi da tutti gli Stati membri.

Le associazioni d’imprese oltre ad altre categorie sollevano un problema riguardante la definizione di geoblocchi. Infatti la maggior parte ritiene i blocchi geografici una forma di blocco dell’accesso online a un’offerta dovuta alla collocazione geografica dei clienti, diversa dalle restrizioni relative all’acquisto e alla consegna33.

Si concorda dal punto di vista dei rispondenti, in riferimento alla domanda sulle forme dei geoblocchi e di altre restrizioni basate su motivazioni geografiche, che le pratiche che impediscono l’accesso a beni e/o servizi creino barriere rilevanti.

Le opinioni espresse riguardo alla misura in cui le pratiche di geoblocco costituiscono barriere per il mercato unico sono rispecchiate altresì dalla rilevanza attribuita alle diverse pratiche di geoblocco. (figura 1)34

33 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”.

https://ec.europa.eu/digital- single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

34 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 6

https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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Quattro rispondenti su cinque tra i consumatori o le organizzazioni di consumatori concordano sul fatto che le forme di geoblocchi elencate in precedenza creino ostacoli significativi al mercato unico. Le barriere dovute a un accesso limitato a siti web sono considerate le più rilevanti. Sebbene il questionario non concernesse le restrizioni relative ai diritti d’autore, molti singoli consumatori hanno sottolineato che i geoblocchi connessi ai contenuti digitali danno origine a specifiche preoccupazioni (ad esempio, l’accesso alle trasmissioni televisive o a piattaforme per applicazioni o contenuti audiovisivi). Nel classificare per rilevanza tali barriere, i consumatori hanno considerato estremamente rilevanti tutte le forme di pratiche di geoblocco elencate (l’85-90% dei rispondenti le ha classificate come “rilevanti”/”molto rilevanti”). Le barriere più rilevanti sono quelle che bloccano l’accesso alle offerte (>90%), mentre le restrizioni per beni/servizi digitali (87%) sono considerate più rilevanti rispetto ai servizi/beni non digitali (82%). Per quanto riguarda le ragioni addette dagli operatori commerciali in caso di rifiuto di vendita o per l’applicazione di un prezzo più elevato per motivi di residenza, circa la metà dei rispondenti (46%) non ha ricevuto

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alcuna spiegazione. Solo circa un rispondente su 10 (11%) ha dichiarato di aver chiesto spiegazioni per la discriminazione basata sulla residenza e, nella maggior parte dei casi, di averne ricevute dall’operatore commerciale. In circa un quarto dei casi (27%), il consumatore ha chiesto, ma non ha ricevuto alcuna spiegazione dal rivenditore riguardo la ragione per cui la vendita è stata rifiutata o per cui è stato applicato un prezzo più elevato. Nel 16% dei casi riportati l’operatore ha fornito previamente una spiegazione.35

Invece per le imprese e le relative associazioni si ha un punto di vista differente. Da un lato per il 75% dei rispondenti ritengono che bloccare l’accesso a siti web crei delle barriere, dall’altro per più della metà delle imprese e associazioni considerano che le restrizioni per motivi legati alla consegna o al pagamento causino notevoli ostacoli al commercio36.

Si pone soprattutto in risalto la necessità in tema di diritti d’autore/concessioni di chiarire, per il futuro, eventuali implicazioni. Rispetto ai consumatori le forme di geoblocchi precedentemente elencate sono ritenute dai rispondenti della suddetta categoria meno rilevanti.

Tuttavia, due imprese su tre, ritengono che il reindirizzamento o il rifiuto d’accesso a un sito web rappresentino barriere

35 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 7 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

36 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 7 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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“rilevanti” o “molto rilevanti”. Sebbene alcune imprese rispondenti sostengono che la pratica del geoblocco apporti benefici per i consumatori, reindirizzandoli verso siti web più adatti al loro mercato locale, in circa la metà delle risposte date, le imprese affermano che costi di spedizione eccessivi o l’impiego di uno specifico formato nazionale (ad esempio per indirizzi, codici postali, numeri telefonici, ecc.) rappresentino barriere rilevanti. Le imprese che esercitano attività di acquisto e vendita di bene e servizi hanno ricevuto una spiegazione previa del rivenditore in circa un caso su otto (14%): la stessa frequenza con cui è stata ricevuta una spiegazione riguardo al rifiuto di vendita o all’applicazione di un prezzo superiore in funzione del luogo di residenza/della sede. In poco più di un terzo di tutti i casi (36%) il rivenditore non ha fornito ai consumatori alcuna spiegazione, mentre poco più di un terzo dei rispondenti ha indicato di non aver chiesto al rivenditore alcuna spiegazione. Secondo i rivenditori, le spiegazioni per l’uso dei geoblocchi o di altre restrizioni su base geografica vengono fornite a meno di un cliente su tre (29%). Circa un terzo delle imprese (34%) precisa di fornire una spiegazione preliminare completa sul rispettivo sito web, su materiale pubblicamente disponibile o presso il punto vendita. Meno di un terzo (31%) dei rispondenti afferma di non aver ricevuto richieste di spiegazioni, mentre sono rari i casi di operatori commerciali che hanno fornito spiegazioni su richiesta di un’associazione di consumatori (solo il 6% dei casi). Tuttavia, è opportuno osservare che sono pervenute poche risposte a questa domanda37.

37 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 7

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2.1.2. Esperienza con geoblocchi o altre restrizioni su base geografica

Le varie categorie di rispondenti hanno avuto la possibilità di esprimersi sulle relative esperienze con i geoblocchi e le altre restrizioni su base geografica in sede di acquisti oltre frontiera. In questo campo incontriamo forti differenze tra i consumatori e le relative associazioni e tra le imprese e le relative associazioni. Infatti i primi affermano che nella stragrande maggioranza dei casi (89.4%) sono stati soggetti a blocchi geografici, mentre per le seconde questa percentuale scende al 63%, con il 37% di esse che afferma di non aver mai subito nell’ambito della propria attività restrizioni geografiche38.

Tra le forme più comuni di restrizioni incontrate dai consumatori troviamo: rifiuto di vendita (compreso il reindirizzamento automatico), rifiuto di spedizione, differenza di prezzo e rifiuto di applicare una riduzione. Per quanto invece riguarda i settori di applicazione delle restrizioni geografiche i consumatori e le relative associazioni affermano che queste sono presente nei diversi settori in cui si imbattono: vendita al dettaglio di diversi beni (ad esempio abiti, calzature, hardware per computer, ecc.), settore di digitale (ad esempio acquisto di servizi streaming, libri elettronici, mp3, ecc.), settore dei servizi di accoglienza e svago, servizi di cultura e intrattenimento. È stato riscontrata la pratica

https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

38 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 8 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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dei blocchi geografici anche nel campo del noleggio di auto e nei siti di gioco di azzardo.

Interessante da analizzare riguarda il versante opposto ovverosia l’applicazione da parte delle imprese di blocchi geografici. Il primo dato interessante riguarda il basso numero di risposte pervenute di conseguenza dobbiamo affermare che quanto segue è da considerarsi con beneficio di inventario.

Poco meno della metà imprese (45%) dichiara di aver applicato geoblocchi o altre restrizioni su base geografica nel corso della rispettiva attività (sia nel rapporto tra imprese che in quello tra impresa e cliente)39.

Inoltre divergono le motivazioni da cui nascono i geoblocchi e le restrizioni su basi geografiche. Tra le ragioni principali s’incontra la normativa in materia di IVA, le divergenze dei regolamenti nazionali, le leggi in materia di tutela dei consumatori e le spese di spedizione. A queste ragioni di carattere più generale s’incontrano altre a carattere più specifico. Si fa menzione alle restrizioni in materia di diritti d’autore e licenze, ai requisiti per la comunicazione e la revisione fiscale, agli obblighi contrattuali e ai modelli imprenditoriali. Altre imprese infine indicano ulteriori motivi che le portano ad applicare restrizioni su base geografica. Per le imprese le sopra dette ragioni sono giustificative dell’applicazione dei blocchi geografici. Inoltre per gli operatori economici alcune forme di restrizioni geografiche sono benefiche per i consumatori come a titolo esplicativo il reindirizzamento verso siti web i cui beni e/o servizi sono adattati al mercato

39 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 9 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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locale. In ottemperanza ai requisiti giuridici dei diversi Stati membri in alcuni casi si considera la “geodifferenziazione” necessaria.

2.1.3. Giustificazioni per i geoblocchi

Con riferimento ad eventuali giustificazioni per l’applicazione di blocchi geografici notiamo delle discrepanze nelle risposte rispetto alle precedenti domande su cui vi era una maggior comunione di intenti.

Per quanto riguarda i consumatori e le associazioni di consumatori si afferma una sostanziale contrarietà al ricorso alle situazioni sopra elencate come possibile giustificazione di restrizioni geografiche. In particolare questa contrarietà si riscontra nei casi in cui la consegna sia accessibile, laddove il consumatore sia disponibile a pagare costi supplementari (oltre l’80%), qualora non vi siano costi o oneri amministrativi supplementari (oltre il 90%) e nel caso in cui il pagamento sia effettuato con modalità di pagamento valide e accettate a livello internazionale (87%)40.

Dal lato delle imprese invece abbiamo risposte che si distribuiscono più equamente tra i geoblocchi “giustificati” e quelli “ingiustificati”.

Per quanto concerne le giustificazioni connesse alla consegna, circa la metà dei rispondenti considera giustificato un trattamento differenziato, mentre quasi un quinto dei rispondenti

40 Sintesi delle risposte fornite nell’ambito della consultazione

pubblica della Commissione europea del 2005 “blocchi e altre

restrizioni di natura geografica che impediscono gli acquisti e l’accesso alle informazioni nell’UE”. Cit., pag. 9 https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/full-report-results-public-consultation-geoblocking.

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