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La sepsi neonatale precoce: analisi retrospettiva dei valori di PCR e PCT in una popolazione di neonati con distress respiratorio.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

“La sepsi neonatale precoce: analisi retrospettiva dei

valori di PCR e PCT in una popolazione di neonati

con distress respiratorio”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Antonio Boldrini

CORRELATORI

Dr. Emilio Sigali

Dr. Massimiliano Ciantelli

CANDIDATA

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INDICE

RIASSUNTO 4 INTRODUZIONE 6 1. La sepsi neonatale 6 1.1 Definizione 6 1.2 Classificazione 8 2. La sepsi neonatale precoce 11 2.1 Epidemiologia e microbiologia 11 2.2 Fattori di rischio 12 2.3 Prevenzione 15 2.3.1 Prevenzione primaria 15 2.3.2 Prevenzione secondaria 16 2.4 Terapia 17 3. La sepsi neonatale tardiva 18 3.1 Epidemiologia e microbiologia 18 3.2 Fattori di rischio 21 3.3 Prevenzione 22 3.4 Terapia 24 4. Presentazione clinica della sepsi neonatale 26 4.1 Manifestazioni cliniche 26 4.2 Diagnosi differenziale 28 4.3 Lo score di Tollner 29 5. Le problematiche della sepsi neonatale 31 5.1 Problematiche diagnostiche 31 5.1.1 Diagnosi basata su esami colturali 32 5.1.2 Diagnosi non basata su esami colturali 33 5.1.2.1 Conta cellulare 33 5.1.2.2 Citochine 34 5.1.2.3 I reattanti di fase acuta 35 5.1.2.3.1 La proteina C-Reattiva (PCR) 35 5.1.2.3.2 La procalcitonina (PCT) 37 5.2 Problematiche di gestione 39 6. Il distress respiratorio 41 6.1 Definizione 41 6.2 Epidemiologia e fattori di rischio 42 6.3 Eziologia 42 6.3.1 Cause non polmonari 43 6.3.2 Cause polmonari 45 6.3.2.1 La Tachipnea transitoria del neonato (TTN) 46 6.3.2.2 La Sindrome da distress respiratorio (RDS) 48 6.3.2.3 La Sindrome da inalazione di meconio (MAS) 50 6.3.2.4 La Polmonite neonatale 53 RAZIONALE DELLA TESI 55 7. Evidenze e considerazioni 55

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8. Scopo della tesi 55 PAZIENTI E METODI 56 9. Pazienti 56 9.1 Criteri di inclusione ed esclusione 56 9.2 Definizione dei gruppi di studio 57 10. Il metodo retrospettivo 57 11. Variabili analizzate 57 12. Analisi statistica 58 RISULTATI 58 DISCUSSIONE 66 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE 68 BIBLIOGRAFIA 69

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RIASSUNTO

Background: La sepsi neonatale precoce è un’infezione sistemica che si realizza entro le 72

ore di vita, ancora oggi responsabile di un’elevata morbidità e mortalità tra i neonati, soprattutto nei pretermine e con basso peso alla nascita.

La diagnosi precoce di sepsi è di fondamentale importanza: la corretta gestione e la somministrazione di un trattamento adeguato consentono di evitare lo sviluppo di molteplici complicanze, fino all’exitus. Ancora oggi, il riconoscimento di tale condizione infettiva è reso difficoltoso dalla presentazione clinica aspecifica e dall’assenza di esami laboratoristici in grado di fornire una diagnosi certa. Una comune modalità di presentazione della sepsi in epoca neonatale è la presenza di un quadro clinico di distress respiratorio: termine generale che indica la presenza segni di sforzo respiratorio, che possono essere riconducibili a cause polmonari e non propriamente polmonari.

Come la sepsi, il distress respiratorio è più comune nei pazienti pretermine e con basso peso alla nascita. Da ciò deriva un over-treatment mediante antibiotici di pazienti non settici, ma che hanno un quadro clinico che assomiglia a quello dei pazienti settici: il distress respiratorio. Nel sospetto di infezione, dato il rischio di rapido deterioramento clinico, si inizia la somministrazione di una terapia antibiotica empirica nell’attesa dell’emocoltura e dei risultati di laboratorio. Tuttavia anche quando tali risultati siano stati ottenuti, per la mancanza di sensibilità e specificità degli stessi, può essere difficile capire chi realmente ha un’infezione tale da necessitare la prosecuzione della terapia antibiotica e chi, invece, sia stato sottoposto ad una terapia antibiotica empirica senza che questo fosse necessario, favorendo lo sviluppo di antibiotico-resistenze. A complicare questo quadro, i marker laboratoristici attualmente più usati e promettenti nell’identificare un paziente infetto da un paziente sano, quali la PCR (proteina-C-Reattiva) e la PCT (procalcitonina), sono influenzati dalla presenza di una condizione di distress respiratorio sottostante, rendendo ancora più difficile l’identificazione di un paziente infetto da un paziente non infetto, ma affetto da distress respiratorio.

Obiettivi: Lo scopo della tesi è stato quello di valutare, in una popolazione di pazienti con

distress respiratorio, la sensibilità e la specificità di PCR e PCT nell’identificare sia le sepsi precoci (confermate all’emocoltura e cliniche), che le polmoniti. Altro obiettivo è stato quello di identificare il cut-off di questi stessi marker che consenta di distinguere, all’interno della popolazione di pazienti con distress respiratorio, i pazienti infetti dai non infetti.

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Metodi: Lo studio è stato condotto in modo retrospettivo, analizzando le cartelle di neonati

degenti presso la U.O. di Neonatologia di Pisa dal Gennaio 2013 a Dicembre 2016 inclusi. Sono stati inclusi nello studio neonati che abbiano presentato distress respiratorio entro le 48 ore di vita e sono stati distinti in due gruppi principali in base alla presenza o meno di sepsi e/o polmonite. Le variabili principalmente analizzate sono state la PCR e la PCT nelle prime 48 ore di vita.

Risultati: Sono stati inclusi nello studio 105 pazienti, di cui 78 neonati non settici e 27

neonati con infezione, tra cui 18 neonati con diagnosi di sepsi precoce (10 sepsi cliniche e 8 sepsi confermate all’emocoltura) e 9 pazienti con polmonite precoce. Dall’analisi dei dati è risultata una differenza statisticamente significativa dei valori di PCR e PCT entro le 48 ore tra i due gruppi (PCR: infetti 2,52 ± 3,14, non infetti 0,32 ± 1,10; PCT: infetti 39,10 ± 41,45, non infetti 12,13 ± 34,45). In termini di accuratezza di marker diagnostici, lo studio ha mostrato una differenza significativa tra i due marker (PCR AUC 0,787; PCT AUC 0,903); inoltre la PCT è risultata essere più sensibile della PCR (PCT sensibilità 100%, PCR sensibilità 70,4%).

Conclusioni: in assenza di biomarker in grado di identificare il 100% dei neonati con

infezione precoce, la PCT risulta essere secondo questo studio l’indice più accurato e sensibile, e quindi più idoneo, nell’aiutare il Neonatologo a decidere se iniziare o meno la somministrazione della terapia antibiotica empirica nei neonati che presentano un quadro di distress respiratorio nelle prime 48 ore di vita, contribuendo così a ridurre la mortalità e morbilità neonatali, nonché lo sviluppo di farmaco-resistenze e la spesa sanitaria.

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INTRODUZIONE

1. La sepsi neonatale

1.1 Definizione

La sepsi neonatale è un’infezione sistemica che si realizza nei primi 28 giorni di vita1. Nel 2015, tra le morti entro i 5 anni di vita, il 45,1% dei decessi è avvenuto nel periodo neonatale; tra questi, sepsi e meningite hanno rappresentato il 6-8% delle cause2.

Ancora oggi, nonostante lo sviluppo di nuovi e più potenti antimicrobici, la sepsi rimane un’importante causa di morbidità e mortalità, specialmente nei neonati pretermine VLBW (very-low-birth-weight, con peso alla nascita < 1500g).3

L’incidenza varia da 1 a 5 su 1000 nati vivi.3

La sua definizione è resa complessa dall’esistenza di molteplici condizioni non infettive che hanno una presentazione simile e dall’assenza di test diagnostici ottimali; infatti, nonostante il “Gold standard” per la diagnosi definitiva sia l’emocoltura o la crescita in coltura di microrganismi derivanti da siti sterili, non sempre è possibile identificare l’agente patogeno responsabile.

Un’ulteriore difficoltà deriva dal fatto che neonati con infezioni invasive possono presentarsi in maniera paucisintomatica4 o comunque con segni clinici aspecifici 5.

Nell’adulto l’inquadramento della sepsi è più semplice, definita dalla presenza di una risposta infiammatoria sistemica associata all’identificazione di un focolaio infettivo.6 I parametri fisici e laboratoristici utilizzati per definire la risposta infiammatoria sistemica (SIRS) e la sepsi nell’adulto non possono essere gli stessi applicati al bambino e al neonato, per questo la Pediatric Consensus Conference del 2005 ha modificato tali criteri, identificando quelli più opportuni per ogni fase dell’età pediatrica (tabella 1).7

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Tabella 1- Definizione di risposta infiammatoria sistemica (SIRS), infezione e sepsi.

Nonostante questa definizione sia importante per fornire una base uniforme a successivi studi clinici nell’ambito della ricerca della sepsi in età pediatrica, è considerata dagli stessi autori un “Work in progress” che dovrà essere modificato di pari passo alle nuove conoscenze sulla materia; in particolare gli autori auspicano che in futuro saranno integrati nuovi marker biologici di sepsi7.

L’attuale definizione di sepsi presenta infatti alcuni limiti, specialmente nell’ambito neonatale:

- I neonati pretermine (<37 settimane di età gestazionale) sono specificatamente esclusi in quanto l’immaturità complica l’interpretazione di parametri inclusi nella definizione stessa8.

- La definizione di sepsi nei neonati a termine non è accurata perché include tra i parametri la conta dei globuli bianchi che in epoca neonatale non è abbastanza accurata nell’identificare tale condizione9: la conta leucocitaria è influenzata da molti fattori tra cui l’ipertensione materna, il sesso e le ore di vita del neonato e infine dal metodo di campionamento e dal trasporto del campione di sangue analizzato8.

- La definizione di sepsi nell’adulto, si basa sull’identificazione di una soglia oltre la quale il paziente può essere considerato settico, per tanto è una definizione di tipo statico. Questo potrebbe rappresentare un limite nella diagnosi di una condizione in epoca

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L’identificazione di criteri clinici e laboratoristici accurati per definire una condizione di sepsi è di fondamentale importanza dato che solo il 5% delle terapie antibiotiche somministrate nelle unità di terapia intensiva neonatale si basa sul riscontro di un’emocoltura positiva; la maggior parte delle terapia antibiotiche empiriche sono iniziate nelle prime 72 ore di vita e il 60% di queste sono prolungate per circa 48-72 ore nonostante un’emocoltura negativa e condizioni cliniche stabili.6

Se il trattamento della sepsi fosse completamente innocuo ciò non comporterebbe alcuna complicanza anche quando somministrato a neonati con la minima probabilità di infezione; tuttavia, somministrare una terapia antibiotica per 5-7 giorni in un neonato non infetto comporta l’esposizione agli effetti collaterali dei farmaci, lo sviluppo di una flora batterica antibiotico-resistente e incrementa la possibilità che quel neonato vada incontro a morbidità più gravi nel corso dell’ospedalizzazione11.

Ad oggi, non ci sono approcci clinici che abbiano dimostrato un’accuratezza diagnostica del 100% per i neonati affetti da sepsi e rimane estremamente difficile la diagnosi differenziale da condizioni non infettive11.

1.2 Classificazione

Sulla base dell’età di comparsa e alla modalità di trasmissione si distinguono:

-La sepsi precoce ( Early-onset neonatal sepsis, EOS): batteriemia o meningite batterica che si realizza entro 72 ore dalla nascita in neonati ospedalizzati nelle unità di terapia intensiva neonatale o entro 7 giorni nei neonati a termine1.

Le sepsi precoci sono acquisite per trasmissione verticale dalla madre (prima della nascita o durante il passaggio attraverso il canale del parto) hanno solitamente un esordio rapido con coinvolgimento multiorgano, si associano allo sviluppo di polmonite e/o meningite ed hanno un tasso di mortalità maggiore ( 5-20%) rispetto alle sepsi tardive.3

Più frequentemente sono di origine batterica, ma possono anche riconoscere eziologia virale o fungina.1

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-La sepsi tardiva ( Late-onset sepsis, LOS): sepsi che ha luogo dopo le 72 ore dalla nascita in neonati ospedalizzati nelle unità di terapia intensiva neonatale o dopo 7 giorni fino ai 3 mesi successivi nei neonati a termine.1

Le sepsi tardive sono più spesso acquisite dall’ambiente in epoca post-natale, hanno generalmente un esordio insidioso ma talora anche acuto, si possono associare allo sviluppo di meningite ed hanno un tasso di mortalità minore rispetto alle sepsi precoci (5%).3

Sulla base della modalità di diagnosi si distinguono:

-Sepsi diagnosticata sulla base di esami colturali: il gold standard è rappresentato dalla conferma all’emocoltura5, che ne rende certa la diagnosi; rappresentano la quota minore, in particolare 16 su mille nati vivi nei paesi in via di sviluppo6.

-Sepsi clinica: diagnosi posta in assenza di un riscontro colturale positivo, ma sostenuta da segni e sintomi fortemente indicativi di infezione5; data la modalità aspecifica di presentazione della sepsi, questa diagnosi non è considerata certa, bensì probabile o possibile12( tabella 2); rappresentano la quota maggiore, in particolare 49-170 su 1000 nei paesi in via di sviluppo6.

Nonostante siano stati pubblicati criteri per la diagnosi di sepsi clinica, essi non vengono applicati in modo rigoroso e la decisione viene talora presa sulla base della soggettiva opinione del clinico13.

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2. La sepsi neonatale precoce

2.1 Epidemiologia e microbiologia

In tutti gli studi, il rischio di sepsi e di mortalità aumenta con la riduzione dell’età gestazionale e del peso alla nascita14.

Secondo recenti studi, l’incidenza di sepsi precoci tra i neonati VLBW varia dal 2,4 al 7%.15

Globalmente le popolazioni neonatali maggiormente a rischio sono i neonati di razza nera (0,89 su 1000 nati vivi) e i pretermine, sempre con maggiore incidenza nella razza nera rispetto ai caucasici (5,14 su 1000 nati vivi vs 2,27 su 1000 nati vivi), nei quali anche la mortalità risulta più elevata (24,4%)16 .

Le nuove conoscenze in ambito ostetrico e neonatale hanno comportato una riduzione dell’incidenza delle sepsi precoci. Prima che il Centers for Disease Control and

Prevention (CDC) introducesse nelle linee guida l’uso della profilassi antibiotica

intrapartum per prevenire l’infezione perinatale da parte dello Streptococco di gruppo B

(GBS), l’incidenza delle sepsi precoci da GBS negli USA era di 3-4 casi su 1000 bambini

nati vivi .

Ad oggi l’incidenza delle sepsi da GBS si è ridotta a 0,3-0,4 casi su 1000 nati vivi, e la totalità dell’incidenza delle sepsi precoci si è ridotta a 0,8-1 casi per 1000 nati vivi17.

Gli agenti patogeni maggiormente responsabili della sepsi neonatale tendono a modificare nel corso del tempo. Negli USA, l’infezione da cocchi gram-positivi, incluso lo Streptococcus pneumonie di gruppo A, erano molto comuni prima dell’introduzione degli antibiotici, ma successivamente al loro utilizzo l’infezione predominante è diventata quella dei bacili gram-negativi. Dal 1950 agli inizi del 1960, i patogeni predominanti erano Staphylococcus Aureus e Escherichia Coli. Verso la fine degli anni ‘60, lo

Streptococco di gruppo B (GBS) è emerso come patogeno perinatale, insieme a E.Coli3.

Nell’era della profilassi antibiotica per GBS la microbiologia delle sepsi precoci è cambiata: anche se il GBS permane l’agente patogeno più comunemente responsabile,

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Nell’insieme, GBS ed E.Coli sono responsabili di circa il 70% dei casi di sepsi precoce nel periodo neonatale; anche se meno comunemente anche la Listeria Monocytogenes è associata ad infezioni sistemiche nel periodo neonatale, aborto spontaneo o nati morti se acquisita durante la gravidanza.18 Altri patogeni implicati sono: Streptococcus

pneumoniae, Staphylococcus aureus, Enterococcus spp., bacilli Gram-negativi come Enterobacter spp. ed Haemophilus influenzae.1

I patogeni responsabili di sepsi precoci sono tipicamente colonizzatori del tratto genito-urinario materno, che possono contaminare il liquido amniotico, la placenta, la cervice o il canale vaginale. Il patogeno può risalire al momento della rottura delle membrane amniotiche o anche prima dell’inizio del travaglio, causando un’infezione intra-amniotica. Così i neonati possono acquisire l’infezione sia in utero sia durante il parto.1

Vi sono una serie di evidenze che suggeriscono che l’infezione di GBS sia correlata ad una più alta incidenza di neonati pretermine e con basso peso alla nascitagto19.

Il quadro microbiologico nei paesi in via di sviluppo è diverso: i tassi di incidenza di infezione da GBS in Sud Asia, Asia Centrale, Medio Oriente e Pacifico sono molto bassi, in contrasto agli alti tassi riportati invece in Africa19.

Il motivo della bassa incidenza in alcuni paesi in via di sviluppo non è chiaro, ma si suppone che alla base vi possa essere una più bassa virulenza del patogeno, una differenza genetica nella suscettibilità alla malattia, la presenza di un’elevata concentrazione di anticorpi GBS-specifici19.

2.2 Fattori di rischio

La mancanza di un quadro clinico specifico, insieme all’elevato tasso di mortalità e alle importanti sequele neurologiche delle sepsi20, rende fondamentale l’identificazione dei neonati a maggior rischio di sviluppare una infezione21.

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• I fattori di rischio materni includono:

- Colonizzazione vaginale da GBS e/o batteriuria da GBS; storia di precedente parto con neonato infetto da GBS; inadeguata risposta immune materna: gli anticorpi IgG presenti nel siero della madre diretti contro antigeni saccaridici capsulari di GBS sono fattori protettivi contro l’infezione;

- Corioamnionite (infezione del liquido amniotico, membrane, placenta, e/o decidua22): la presenza di febbre materna maggiore di 38° rappresenta il criterio clinico essenziale per la diagnosi22, gli altri criteri tra cui leucocitosi (> 15,000 globuli bianchi), tachicardia materna (> 100 bpm), liquido amniotico maleodorante, tachicardia fetale alla nascita (> 160 bpm) sono relativamente insensibili. La diagnosi di corioamnionite deve essere considerata anche quando la febbre materna è l’unico reperto riscontrato22.

I fattori di rischio materni per lo sviluppo di corioamnionite includono una lunga durata del travaglio, rottura prolungata delle membrane, esplorazioni vaginali multiple, posizionamento di un sistema di monitoraggio fetale e presenza di liquido amniotico tinto da meconio1.

L’incidenza di corioamnionite è inversamente proporzionale all’età gestazionale22.

L’infezione delle membrane fetali espone il feto ad un ambiente infiammatorio, il quale può danneggiare lo sviluppo cerebrale causando importanti complicanze23.

Secondo studi basati su modelli animali, la corioamnionite può anche modulare la risposta immunitaria del feto, effetto che è stato denominato “Paralisi-immune”23.

L’inalazione in utero di liquido amniotico da parte del feto potrebbe parzialmente spiegare l’alta incidenza di sepsi in neonati con madre con corioamnionite; una spiegazione alternativa potrebbe essere la colonizzazione di pelle e mucose delle membrane da parte dei patogeni coinvolti che può causare infezione subito dopo la nascita, nel momento in cui queste barriere perdono la loro integrità1.

Prolungata rottura delle membrane e febbre materna: il rischio di sepsi precoce aumenta dell’1% quando la rottura delle membrane è prolungata oltre le 18 ore antecedenti al

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Molti dei patogeni identificati nel liquido amniotico nelle donne con rottura prematura delle membrane o parto pretermine (Ureaplasma, Mycoplasma) non causano sepsi precoce; tuttavia questi microrganismi possono essere identificati nel sangue nei neonati con peso alla nascita < a 1500g22 con possibili effetti negativi successivi.

Il riscontro nel liquido amniotico di un patogeno (ad esempio GBS) aumenta il tasso di incidenza di sepsi neonatale fino al 20%. I neonati nati da donne con rottura prematura delle membrane e colonizzate da GBS hanno una incidenza di infezione stimata dal 33% al 50% quando non viene somministrata una profilassi durante il parto22.

- Procedure eseguite durante la gravidanza quali cerchiaggio cervicale ed amniocentesi, che lesionando la cavità amniotica possono favorire l’infezione del liquido amniotico;

- Fattori etnici e sociali: basso livello socio-economico della madre, malnutrizione, razza nera (soprattutto donne di origine Africana hanno un tasso maggiore di colonizzazione di GBS)1;

- Fattori di rischio non specifici: taglio cesareo, giovane età della madre, uso prenatale di steroidi, eclampsia;21

I fattori di rischio neonatali includono:

- Prematurità e basso peso alla nascita1; l’immaturità del sistema immune del prematuro si associa alla presenza di bassi livelli di immunoglobuline IgG materne (il passaggio transplacentare incrementa notevolmente verso il termine di gravidanza) 24; inoltre nel prematuro la funzione di barriera svolta dalla pelle e dalle mucose è alterata e può essere ulteriormente compromessa dalle molteplici procedure invasive, tra cui l’accesso intravenoso e l’intubazione a cui vengono sottoposti1.

- Parto complicato o medicalmente assistito 1,

- Sofferenza perinatale, definita da uno score APGAR a 5 minuti dalla nascita <6, in associazione ad alterazione degli scambi gassosi e acidosi metabolica 3,

- Sesso maschile (probabilmente in relazione a geni immunoregolatori a trasmissione x-linked3).

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-Predisposizione metabolica25.

2.3 Prevenzione

2.3.1 Prevenzione primaria

La profilassi intrapartum basata sull’uso di antibiotici somministrati per via endovenosa si è dimostrata in grado di ridurre l’incidenza di sepsi da GBS. La profilassi consiste nella somministrazione di penicillina, ampicillina o cefazolina (in caso di allergia verso penicillina) almeno 4 ore prima del parto.

La cefazolina va somministrata solo se il GBS isolato risulta sensibile, altrimenti si utilizza la vancomicina. L’eritromicina non è più raccomandata per l’elevato tasso di resistenze sviluppate.

La profilassi antibiotica ha un’efficacia del 90% nel prevenire la sepsi da GBS.

La somministrazione della profilassi antibiotica per GBS è oggi raccomandata nelle seguenti situazioni:

1. Riscontro molecolare o colturale positivo per GBS prima del parto (eccetto per le donne che vanno incontro a taglio cesareo senza rottura delle membrane);

2. Stato di colonizzazione della madre sconosciuto, in presenza di rottura delle membrane o temperatura maggiore a 38°, ed età gestazionale < alle 37 settimane

3. Batteriuria da GBS durante la gravidanza;

4. Precedente neonato con infezione sistemica da parte di GBS.

La prevenzione della sepsi da GBS ha subito un’evoluzione nelle ultime decadi. Inizialmente, l’approccio era basato sull’identificazione di fattori di rischio sulla base dei quali veniva poi eseguito lo screening. Successivamente, uno studio retrospettivo ha mostrato la superiorità di un approccio basato su screening universale che consente l’identificazione di donne in gravidanza colonizzate da GBS anche in assenza di fattori di rischio18.

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Lo screening universale eseguito alla 35-37 settimana di gestazione per la valutazione della colonizzazione materna da parte di GBS in sede rettale e vaginale e l’uso della profilassi antibiotica intrapartum ha determinato una sostanziale riduzione della sepsi precoce da GBS.

Anche se la sepsi precoce da GBS è diventata relativamente meno comune negli ultimi anni, i tassi di colonizzazione materna (e quindi il rischio di sepsi precoce da GBS in assenza di profilassi antibiotica) sono rimasti immodificati dal 1970. Sono pertanto necessari continui sforzi per migliorare i progressi finora raggiunti nella prevenzione di tale infezione.

È necessario monitorare anche le potenziali conseguenze avverse della profilassi antibiotica (incremento delle resistenze microbiche, aumento dell’incidenza o gravità delle infezioni da parte di altri patogeni diversi da GBS), anche se ad oggi non sembrano esserci. Dato che al momento non esiste un vaccino a disposizione, lo screening e la profilassi antibiotica intrapartum continuano a rappresentare i punti chiave della prevenzione26.

2.3.2 Prevenzione secondaria

Nonostante le strategie attualmente disponibili nell’ambito della prevenzione di GBS, non tutti i casi possono essere prevenuti. Una rapida identificazione dell’infezione neonatale nel caso di sospetto e l’inizio di un trattamento adeguato è indispensabile per ridurre al minimo la morbidità e la mortalità26.

Secondo i criteri attuali del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) è importante un’accurata valutazione dei fattori di rischio prenatali in caso di sospetta sepsi precoce, dato che questa può guidare la scelta della terapia (tabella 3).

Tra questi fattori sono inclusi: la documentazione dello status di colonizzazione della madre da parte di GBS, l’età gestazionale del neonato, la presenza di prolungata rottura delle membrane, presenza di corioaminionite, precedente parto con neonato affetto da infezione sistemica da GBS1.

Sulla base dei fattori di rischio e delle manifestazioni cliniche verrà scelto l’approccio gestionale migliore: dalla semplice osservazione all’inizio di una terapia antibiotica ad ampio spettro.

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Tabella 3-Algoritmo del CDC per la prevenzione secondaria delle sepsi precoci da GBS.

2.4 Terapia

Il trattamento empirico è raccomandato nei neonati a rischio di sepsi, sia sulla base di segni e sintomi, sia sulla base di fattori rischio associati alla gravidanza.

La terapia empirica di scelta delle sepsi precoci si basa sull’utilizzo di ampicillina e di un aminoglicoside (generalmente gentamicina), a meno che non ci sia un indicazione clinica o

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In caso di mancata conferma colturale di infezione e in assenza di evidenze cliniche, la terapia dovrebbe essere interrotta dopo 48 ore. Tuttavia la profilassi intrapartum per GBS durante il travaglio, può ridurre la possibilità di isolare l’agente patogeno nel neonato. L’uso empirico di cefalosporine è sconsigliato per l’aumentato rischio di sviluppare resistenze e candidiasi; tuttavia, data la loro capacità di penetrare meglio il liquor, la somministrazione è indicata qualora si sospetti meningite da gram-negativi.

Tra le cefalosporine di terza generazione, si preferisce il cefotaxime rispetto al ceftriaxone, in quanto quest’ultimo spiazza la bilirubina dell’albumina con rischio di kernicterus.

Per quanto concerne la durata, in presenza di batteriemia in assenza di un focus, il trattamento viene portato avanti da 7 fino a 10 giorni. Nel caso in cui venga diagnosticata meningite non complicata attribuibile a GBS, la terapia è estesa fino a 14 giorni. La presenza di altre infezioni secondarie da GBS tra cui cerebriti, osteomieliti ed endocarditi richiede una durata maggiore del trattamento, fino a 21 giorni.

Secondo alcuni studi, il trattamento antimicrobico di durata maggiore a 5 giorni nei neonati con sepsi clinica e coltura negativa, può aumentare il rischio di morte ed enterocolite necrotizzante. La presenza di un’eziologia non infettiva sconosciuta che mima il quadro clinico della sepsi può essere responsabile dell’inizio della terapia empirica antimicrobica, che, se di lunga durata, favorisce l’insorgenza di complicanze 4.

3. La sepsi neonatale tardiva

3.1 Epidemiologia e microbiologia

Le sepsi tardive sono causate da infezioni di microrganismi acquisiti dall’ambiente dopo il parto (infezioni nosocomiali per i pazienti ospedalizzati); i neonati pretermine, specialmente VLBW, sono più frequentemente coinvolti a causa dell’immaturità del sistema immunitario27.

La sua incidenza nei paesi sviluppati è del 3-3,7 ogni mille nati vivi6.

L’andamento epidemiologico mostra una maggior incidenza rispetto al passato, la cui crescita è parallela all’aumento della sopravvivenza dei prematuri, specialmente VLBW,

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indicando un ruolo chiave dell’ospedalizzazione e dei dispositivi medici invasivi per sostenere le funzioni vitali nella patogenesi delle sepsi tardive28.

L’incidenza delle sepsi tardive è inversamente proporzionale al peso alla nascita e all’età gestazionale; il 36,3% dei neonati estremamente pretermine (con età gestazionale < 28 settimane) vanno incontro ad un episodio di sepsi tardiva, mentre l’incidenza è del 29,6% nei moderatamente pretermine (età gestazionale tra le 29 e le 32 settimane), del 17,5% nei late preterm (33-36 settimane) e del 16,5 % nei neonati a termine28.

I tassi di mortalità aumentano con l’età post-natale raggiungendo il 36 % nei neonati di 8-14 giorni e il 52% in quelli tra i 15 e i 28 giorni.27

Il progressivo miglioramento dei livelli assistenziali dei neonati pretermine ha comportato un incremento significativo della sopravvivenza, la quale è associata al maggiore tempo di ospedalizzazione e di ventilazione meccanica, maggiori procedure invasive e utilizzo di dispositivi ( tra cui cateteri intravascolari e tubi endotracheali), a loro volta fattori di rischio per le sepsi tardive.27

La rottura prematura delle membrane, la presenza di febbre durante il parto e il trattamento con CPAP (continous positive airway pressure) non sembrano essere fattori predisponenti27.

Il 70% delle infezioni sono dovute a microrganismi Gram-positivi tra cui gli

Staphylococchi Coagulasi negativi (CONS) sono responsabili del 48% dei casi; i

Gram-negativi sono isolati nel 18% casi e i funghi soltanto nel 2%27.

Le infezioni da CONS generalmente non sono virulente come quelle fungine e quelle da batteri Gram-negativi, e questo spiega il basso tasso di complicanze a breve termine e la bassa mortalità associate alle sepsi da CONS. Ad ogni modo, il rischio di sequele neurologiche, quali disabilità neurologiche e cognitive, paralisi cerebrale, disturbi visivi, dipende dal patogeno responsabile e, in particolare, i CONS sono in grado di causare danni a lungo termine sull’ospite, specialmente nei neonati più immaturi con peso alla nascita <1000g29.

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Tra i CONS S. Epidermidis è l’agente patogeno più comunemente riscontrato nelle infezioni nosocomiali; S. Aureus è isolato nell’8% dei casi, mentre S. Capitis, S.

Haemolyticus e S. Omnis sono raramente implicati27.

I CONS sono comuni commensali della cute e delle mucose; nonostante una piccola parte dei neonati acquisisca l’infezione da parte di questi microrganismi per trasmissione verticale, l’acquisizione è prevalentemente orizzontale. Dato che i CONS sono commensali ubiquitari della cute, alcuni autori hanno supposto che la colonizzazione cutanea e l’utilizzo di cateteri intravascolari sia un’importante sorgente di sepsi; tuttavia alcuni studi hanno mostrato che altri siti epiteliali, come le narici, possono essere un importante punto di accesso per i microrganismi30.

I CONS sono parte della flora commensale della cute e pertanto anche comuni contaminanti, per questo distinguere una contaminazione da una vera e propria infezione può essere una sfida. Il National Institute of Child Health and Human Development

(NICHD) Neonatal Research Network ha pubblicato alcuni criteri specifici per definire la

sepsi da CONS: i requisiti sono la presenza di due emocolture positive o la presenza di una sola emocoltura insieme alla positività della PCR. Se mancano tali requisiti, ma il paziente riceve una terapia anti-stafilococcica per più di 5 giorni, l’episodio può essere considerato una probabile sepsi6.

Recenti studi hanno mostrato una notevole variabilità genetica di Staphylococcus

epidermidis, che lo rendono in grado di acquisire nuove caratteristiche, come la capacità

di formare biofilm e di sviluppare resistenze antimicrobiche per adattarsi all’ambiente nosocomiale.

L’ampia diffusione di S. epidermidis è proprio da ricondurre alla sua capacità di formare biofilm, che gli consente di:

1. Indurre una down-regulation delle attività metaboliche e così facendo ridurre l’efficacia di antibiotici che hanno come target i batteri ad elevata attività replicativa (beta-lattamici, aminoglicosidi);

2. Proteggersi dall’attacco di antibiotici e del sistema immunitario grazie alla presenza della matrice extracellulare;

3. Passare ad un altro sito di infezione, favorendo la disseminazione dell’infezione31 .

(21)

In aggiunta, i CONS isolati dalle unità di terapia intensiva neonatale sono diventati sempre più resistenti alla vancomicina e agli antisettici28

.

Anche per lo Staphylococcus Aureus stanno diventando sempre più frequenti le infezioni da parte di germi meticillino-resistenti32

.

Per quanto riguardo invece i bacilli gram-negativi, i più frequentemente implicati sono

Escherichia coli, Klebsiella spp., Enterobacter spp. and Pseudomonas spp. Le infezioni

da Gram-negativi sono generalmente acquisite dal personale sanitario, contaminazione di cateteri venosi e vescicali e soluzioni parenterali27

.

È importante sottolineare come l’impiego nelle scorse decadi di antibiotici a largo spettro, abbia comportato un aumento delle resistenze dei Gram-negativi a molteplici farmaci; oggi i Gram-negativi multi-resistenti rappresentano circa il 20% dei casi di batteriemia e sono associati ad un tasso di mortalità maggiore rispetto ai Gram-negativi non resistenti28. Tra i funghi, il patogeno maggiormente implicato è la Candida Albicans.

La distribuzione dei microrganismi responsabili di sepsi varia a seconda dell’area geografica considerata e può cambiare nel tempo all’interno di uno stesso ospedale a seconda delle caratteristiche demografiche dei pazienti, del tipo di microflora che colonizza l’ambiente nosocomiale e in base all’utilizzo di antibiotici28

.

3.2 Fattori di rischio

I fattori di rischio più importanti sono il peso alla nascita e l’età gestazionale. La nascita pretermine infatti comporta una immaturità del sistema immunitario, altre a un maggiore ricorso a procedure interventi invasive quali la ventilazione meccanica, la cateterizzazione intravascolare, interventi chirurgici e una lunga durata dell’ospedalizzazione.

Altri fattori di rischio implicati sono il fallimento dell’allattamento precoce al seno materno, una prolungata durata della nutrizione parenterale e la presenza di sottostanti malattie cardiovascolari e respiratorie28. Anche fattori genetici, come polimorfismi di

(22)

geni associati alla risposta immunitaria, possono essere fattori predisponenti per le sepsi tardive33.

3.3 Prevenzione

Alla luce del fatto che il trattamento delle sepsi tardive non sempre protegge i neonati dai rischi a lungo termine, in particolare dalle alterazioni dello sviluppo neurologico, la migliore strategia è senz’altro la prevenzione.

L’utilizzo di strategie preventive evidence-based quali l’igiene delle mani, l’utilizzo antisettici cutanei con clorexidina, la riduzione dell’impiego dell’accesso femorale e la pronta rimozione di cateteri non necessari, consente un’importante riduzione delle infezioni sistemiche da catetere venoso centrale. Tuttavia, in considerazione del fatto che circa un terzo delle sepsi precoci non sono associate all’uso dei cateteri intravascolari, ulteriori progressi nella prevenzione possono essere ottenuti con l’uso degli steroidi prenatali, con la riduzione della ventilazione meccanica e il precoce utilizzo di CPAP, l’impiego tempestivo di surfactante e strategie per un’alimentazione adeguata28.

L’impiego “giudizioso” della terapia antibiotica consente inoltre una riduzione dell’insorgenza di resistenze antibiotiche e fungine; in tal senso occorrerebbe limitare l’uso della terapia antibiotica a situazioni nelle quali l’infezione batterica è molto probabile, interrompere la terapia quando l’infezione batterica non è confermata e modulare l’antibioticoterapia in base allo spettro di suscettibilità del patogeno34. È dimostratoinfatti come la causa più comune dell’insorgenza di antibiotico-resistenze sia l’eccessivo prolungamento della terapia piuttosto che un inappropriato inizio35.

Collaborazioni interdisciplinari tra la microbiologia e l’immunologia hanno recentemente ispirato nuove strategie preventive per le sepsi tardive28.

Tra queste la promozione della nutrizione precoce con latte materno rappresenta sicuramente una delle più efficaci.

Tuttavia l’introduzione della nutrizione enterale è spesso ritardata nei neonati VLBW, a causa della ridotta tolleranza alimentare che potrebbe portare allo sviluppo di

(23)

enterocolite necrotizzante. In realtà la nutrizione enterale precoce con dosi minime (minimal enteral feeding), iniziata entro i primi giorni dalla nascita, ha mostrato importanti benefici nella prevenzione delle infezioni nosocomiali, senza incrementare il rischio di complicanze intestinali28.

Il latte materno inoltre contiene anticorpi, cellule del sistema immunitario, lattoferrina e probiotici che possono stimolare la crescita della flora batterica intestinale.

La lattoferrina, glicoproteina che lega il ferro e componente della risposta immunitaria innata alle infezioni, è stata proposta come profilassi per la prevenzione delle sepsi neonatali, specialmente nei neonati pretermine VLBW. Al momento non è raccomandato il suo uso routinario, ma sono incentivati ulteriori studi multicentrici per valutare il suo rapporto in termini di costi-benefici nella prevenzione delle sepsi tardive.

I probiotici, definiti come preparati costituiti da agenti microbici non patogenetici che colonizzano l’intestino, hanno mostrato di essere promettenti nella prevenzione di gravi malattie gastro-intestinali tra cui l’enterocolite necrotizzante, ma non sembrano efficaci nella prevenzione delle sepsi tardive, pertanto il loro impiego a questo scopo non è raccomandato34.

La nutrizione enterale consente inoltre di ridurre l’uso dei cateteri venosi centrali e la sospensione più precoce della nutrizione parenterale34. Al tempo stesso la nutrizione enterale favorisce la maturazione del sistema immunitario gastro-enterico, riducendo il rischio di infezione.

Un altro approccio preventivo alle sepsi neonatali tardive si basa su terapie di supporto per il sistema immunitario, allo scopo di correggere i deficit immunitari e così prevenire le infezioni neonatali.

Il sistema immunitario dei neonati, specialmente di quelli più immaturi, è caratterizzato da una bassa riserva di neutrofili per cui durante la sepsi si verifica un rapido esaurimento delle riserve dal midollo osseo; di conseguenza la sepsi può causare neutropenia. Tuttavia fattori stimolanti le colonie di granulociti e macrofagi (CSF), citochine che promuovono la proliferazione e la funzione antimicrobica dei neutrofili, di monociti e macrofagi, non hanno mostrato un ruolo significativo nella prevenzione di infezioni.

(24)

Anche l’immunità umorale risulta essere inadeguata; il passaggio transplacentare di IgG si verifica soprattutto verso il termine di gravidanza. Ciò comporta un importante deficit di IgG nei neonati pretermine.

La somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG), le quali possono potenziare l’attività delle opsonine, l’attivazione del complemento, la citotossicità anticorpo-dipendente e la fagocitosi neutrofila, non ha mostrato un effetto profilattico per le sepsi neonatali. Neanche la somministrazione di specifiche immunoglobuline antimicrobiche dirette contro S.epidermidis e S. Aureus ha dimostrato effetti significativi nella prevenzione della sepsi neonatale.

Rispetto agli adulti, il sistema immunitario innato dei neonati ha diverse caratteristiche in termini di capacità, quantità e qualità di risposta verso i patogeni24.

Il fallimento delle terapia di sostituzione del sistema immunitario a scopo profilattico suggerisce che il sistema immunitario neonatale non sia semplicemente immaturo, ma piuttosto diversamente regolato nelle prime fasi della vita postnatale, per cui le gestione delle sepsi tardive dovrebbe basarsi sulle specificità biologiche del neonato28.

Infine nelle unità di terapia intensiva con alti tassi di infezione sistemica da Candida risulta molto efficace la profilassi con fluconazolo per le prime 6 settimane di vita in neonati con peso alla nascita <1000g36.

3.4 Terapia

La gestione delle sepsi tardive nei pretermine consiste nella terapia di supporto e nel trattamento antibiotico, il quale include inizialmente una terapia empirica ad ampio spettro e successivamente una terapia specifica in base al patogeno isolato.

La terapia di supporto ha lo scopo di assicurare un’adeguata ossigenazione sistemica e perfusione periferica. In particolare, sono necessari interventi particolarmente invasivi nei pazienti con sepsi fulminante, definita come sepsi grave o shock settico che può condurre alla morte in meno di 48 ore.

(25)

mantenimento di un’adeguata perfusione tissutale (somministrazione endovenosa di fluidi e/o inotropi), steroidi e il mantenimento di un ambiente ad adeguata temperatura.

La terapia antibiotica empirica dovrebbe essere iniziata tempestivamente qualora ci sia il sospetto di sepsi, dato l’elevato rischio di mortalità e morbidità.

La scelta del tipo di terapia empirica iniziale dovrebbe basarsi sui patogeni che si ritengono più probabilmente responsabili di infezione in un certa unità di terapia intensiva e il loro pattern di suscettibilità, la presenza di una possibile origine dell’infezione (cute, ossa, cateteri..) e le manifestazioni cliniche associate.

La scelta della terapia empirica è influenzata anche dall’incidenza di infezioni da S.Aureus

meticillino-resistenti; se l’incidenza di S.Aureus meticillino-resistenti isolati è bassa, la

prima linea antibiotica consiste nella somministrazione di oxacillina o flucloxacillina insieme alla gentamicina, altrimenti è consigliata una combinazione di vancomicina e gentamicina .

Regimi microbici alternativi possono essere somministrati in presenza di altri fattori clinici. Nel sospetto di meningite si aggiunge la somministrazione di una cefalosporina ad ampio spettro (cefotaxime). Nel sospetto di un’infezione da gram-negativi o se il decorso dell’infezione è fulminante, si aggiungono ceftazidime e amikacina o piperacillina/ tazobactam per avere una copertura da una potenziale infezione da Pseudomonas34.

Nel sospetto di Candidiasi, si consiglia la rapida somministrazione di una terapia antifungina, oltre che la valutazione di condizioni predisponenti e la rimozione o la sostituzione di cateteri. Le linee guida della ESCMID (European Society of Clinical

Microbiology and Infectious Desease) raccomandano l’uso di micafungina, fluconazolo e

formulazioni lipidiche di amfotericina B; tuttavia, a differenza dei pazienti adulti, nessuno di questi agenti antifungini appartiene alla classe di raccomandazione A-I, a causa dell’assenza di trials clinici condotti secondi adeguati protocolli di randomizzazione, che avrebbero dovuto mostrare la loro efficacia e i loro benefici clinici nel neonato. Secondo la

ESCMID, nonostante il largo impiego nella pratica clinica delle echinocandine, l’uso di

micafungina e caspofungina dovrebbe essere attentamente valutato proprio per la presenza di limitati dati clinici e di sicurezza37.

(26)

dello spettro di suscettibilità dell’agente patogeno isolato.

Generalmente se l’infezione è causata da CONS si somministra vancomicina, ma nel caso in cui lo S.Aureus isolato sia meticillino-sensibile è sufficiente continuare la terapia con la sola nafcillina.

Nelle infezioni da E.Coli generalmente i patogeni isolati risultano ampicillino-resistenti, per cui si può usare un aminoglicoside (gentamicina) o una cefalosporina ad ampio spettro (cefotaxime).

Le infezioni da Klebsiella e Serratia sono trattate con cefalosporine di terza generazione insieme ad amikacina o ad una combinazione di piperacillina-tazobactam.

L’uso del meropenem deve essere preservato nel caso di Gram-negativi multiresistenti. Per quanto riguarda la durata della terapia, essa è di circa 10-14 giorni nel caso di infezioni con emocoltura positiva; ad ogni modo nei pazienti con meningite da Gram-positivi la terapia antibiotica ha una durata di circa 2-3 settimane e addirittura oltre le 3 settimane nelle meningiti da Gram-negativi.

Nei neonati in apparente stato di buona salute e in assenza di riscontro colturale positivo è suggerita l’interruzione della terapia antibiotica dopo 48 ore, dato che molto probabilmente non sono pazienti settici.

Nei neonati con diagnosi di sepsi clinica in assenza di riscontro colturale positivo, il miglioramento del quadro clinico o la normalizzazione di marker infiammatori come la PCR può suggerire la durata della terapia, che normalmente è di circa 5-7 giorni34.

4.

Presentazione clinica della sepsi neonatale

4.1 Manifestazioni cliniche

Le sepsi precoci e tardive hanno in comune la modalità aspecifica di presentazione clinica27.

I segni e i sintomi clinici di sepsi neonatale variano con l’età gestazionale e con la gravità dell’infezione1.

(27)

L’infezione può presentarsi con sintomi subdoli che progrediscono in maniera graduale, oppure con un rapido deterioramento delle condizioni cliniche fino allo stato di shock38.

La diagnosi clinica è particolarmente difficile nei neonati pretermine e con basso peso alla nascita a causa dello stato clinico di base, che risulta spesso già compromesso27.

La temperatura di un neonato con sepsi può essere elevata, ridotta o addirittura normale3. Raramente il neonato mostra un rialzo termico, a meno che non sia nato da madre con febbre e sia diventato febbrile immediatamente dopo il parto. È molto più comune che il bambino si presenti ipotermico all’esordio. La febbre è uno tra i segni sistemici non specifici di sepsi1.

I segni e sintomi generali includono: letargia, ipotermia, difficoltà ad alimentarsi, apnee, anuria ed acidosi.

Dato che la polmonite rappresenta la modalità con cui spesso si presenta l’infezione, i sintomi respiratori sono comuni ed includono apnea, tachipnea, desaturazione, grunting, alitamento delle pinne nasali e retrazioni intercostali.

I sintomi cardiaci possono includere cianosi, bradicardia, ridotta perfusione, aumento del tempo di riempimento capillare ed ipotensione.

È importante porre attenzione a subdoli cambiamenti della funzione respiratoria, instabilità della temperatura o problemi di nutrizione che possono rappresentare i primi segni di una condizione di minaccia per la vita del neonato1.

Un coinvolgimento del sistema nervoso centrale può causare sonnolenza, irritabilità, letargia, convulsioni e fontanella anteriore prominente. Anoressia, rigurgiti, distensione addominale, vomito, diarrea ed enterocolite necrotizzante sono sintomi comuni di interessamento gastrointestinale27.

I neonati pretermine mostrano spesso apnea, bradicardia, cianosi, come primo segno di infezione1, ma tali manifestazioni sono a comune con molte altre condizioni patologiche. Inoltre sono stati riportati segni di ridotta attività, quali letargia ed incremento dello sforzo respiratorio39. In generale, i sintomi sono più gravi nel caso di infezioni da Gram-negativi e funghi rispetto ad infezioni da Gram-positivi1.

(28)

Nei neonati a termine i segni di sepsi precoce sono generalmente presenti nelle prime 6 ore di vita, nella maggior parte dei casi entro le 24 ore.

Le sepsi neonatali possono essere precedute o accompagnate da infezioni focali tra cui: cellulite, impetigine, ascessi di tessuti molli, onfalite, congiuntivite, otite media, osteomielite e meningite. La presenza di un focolaio infettivo certo può suggerire l’agente patogeno responsabile, come nel caso di Streptococco per la cellulite, Stafilococco per l’ascesso e Pseudomonas Aeruginosa nel caso di infezioni cutanee necrotiche3.

Le complicanze delle sepsi neonatali includono focolai metastatici di infezione, coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza cardiaca congestizia fino allo shock3.

4.2 Diagnosi differenziale

Molti neonati settici presentano difficoltà respiratoria, la quale tuttavia è a comune con numerose altre condizioni patologiche tra cui malattie congenite cardiache, sindrome da distress respiratorio (RDS), pneumotorace, tachipnea transitoria del neonato, ernia congenita diaframmatica o altre masse congenite del torace.

La sepsi dovrebbe rappresentare la diagnosi differenziale iniziale per ognuna di queste patologie1. Fortunatamente molte di queste diagnosi differenziali possono essere confermate o escluse con altre indagini strumentali o laboratoristiche.

La presenza di rash, attacchi epilettici, meningoencefalite, disfunzione epatica o miocardica dovrebbe indurre il sospetto di infezione virale, tra cui infezione da HSV,

Enterovirus, HPeV.

Sfortunatamente, fatta eccezione per la miocardite, che è più frequentemente associata ad infezioni enterovirali, l’identificazione di questi virus rispetto ad altri patogeni è impossibile sull’unica base di segni e sintomi1.

I sintomi neurologici associati alla sepsi vanno distinti da altre cause quali l’emorragia intracranica, sindrome da astinenza ed errori metabolici.

(29)

I sintomi intestinali associati alla sepsi vanno distinti da altre cause quali ostruzione intestinale, perforazione gastrica ed enterocolite necrotizzante3.

4.3 Lo score di Tollner

Lo score di Tollner è stato creato nel 1982 allo scopo di favorire l’identificazione precoce e la diagnosi differenziale delle sepsi con altre patologie, fondamentale per iniziare un trattamento tempestivo.

I criteri di questo score sono stati ottenuti da uno studio che ha analizzato retrospettivamente elementi clinici ed ematologici in 83 neonati non selezionati e da uno studio prospettico in cui sono stati indagati 39 neonati con sepsi, 183 neonati come gruppo di controllo, 42 neonati con infezione del liquido amniotico, 28 neonati con sindrome post-asfittica e 28 neonati prematuri con emorragia cerebrale.

La storia clinica, gli elementi clinici ed ematologici raccolti sono stati inseriti in una banca dati, distinguendone l’evoluzione in 3 momenti in particolare:

1. Prima della malattia: quando il paziente non mostrava alcun sintomo clinico o ematologico;

2. All’apice della malattia: quando il paziente mostrava apprezzabili sintomi clinici o modifiche ematologiche;

3. In presenza di tutti i sintomi clinici della setticemia, fino allo shock settico.

Successivamente è stata valutata tramite analisi statistica la distribuzione della frequenza dei sintomi nelle varie fasi della sepsi; l’incidenza dei sintomi e delle caratteristiche cliniche nei tre stadi della sepsi sono state utilizzate per sviluppare uno score.

Lo score è stato dapprima applicato alla stessa popolazione in cui è stato eseguito lo studio retrospettivo (cioè la stessa da cui i criteri sono derivati) e successivamente ai vari gruppi di studio prospettici.

Lo score è stato creato sulla base di segni clinici (colorito cutaneo e microcircolazione, temperatura corporea, tono muscolare, frequenza cardiaca, sintomi respiratori e gastrointestinali) e di parametri ematologici (acidosi metabolica, conta leucocitaria e

(30)

piastrinica, rapporto dei neutrofili immaturi/totali) (tabella 4). Per ciascun parametro è stato assegnato un punteggio in relazione alla gravità.

VARIABILE

PUNTEGGIO

Colorito cutaneo

normale

0

modicamente alterato

2

notevolmente alterato

4

Microcircolo

normale

0

alterato

2

notevolmente alterato

3

Acidosi metabolica

assente

0

pH ≥ 7,20

1

pH < 7,20

2

Ipotono muscolare

no

0

ipotono

1

floppy

2

Bradicardia

no

0

2

Apnea

no

0

2

Distress respiratorio

no

0

2

Epatomegalia

0-2 cm

0

2-4 cm

0,5

< 4 cm

1

Sintomi

gastrointestinali

no

0

1

Conta leucocitaria

normale

0

leucocitosi

1

leucopenia

3

Shift to the left

no

0

moderato

2

notevole

3

Trombocitopenia

no

0

2

Tabella 4- Lo score di Tollner

(31)

Con un punteggio totale < 5 la sepsi può essere esclusa con ampia probabilità; un punteggio tra 5 e 10 necessita di un’attenta osservazione perché potrebbe esserci un’infezione che conduce alla sepsi; oltre i 10 punti la diagnosi di setticemia è sempre più certa con l’aumentare dello score40.

5. Le problematiche della sepsi neonatale

5.1 Problematiche diagnostiche

Ottenere una diagnosi di certezza è una tra le maggiori difficoltà nella gestione delle sepsi in epoca neonatale. Come già detto precedentemente il quadro clinico, a differenza dei pazienti di età più avanzata, è di scarsa utilità in epoca neonatale in quanto la presentazione è molto subdola e vi sono molteplici condizioni che possono somigliare ad un quadro infettivo. Test ausiliari hanno un valore limitato e sono difficili da interpretare per la bassa sensibilità e per la variabilità dei range di normalità nel periodo neonatale.

Anche le emocolture, che costituiscono il gold standard diagnostico, hanno una bassa sensibilità a causa di specifiche caratteristiche della popolazione neonatale.

Da ciò ne deriva che per giungere ad un’adeguata diagnosi di sepsi neonatale, è necessaria la combinazione di diversi elementi clinici e laboratoristici.

Decidere in che modo combinare tra loro i test diagnostici è oggetto di notevole controversia6.

Sebbene i marker infiammatori sierici (reattanti di fase acuta, citochine infiammatorie) possano essere d’aiuto, nessun test laboratoristico da solo ha volare predittivo positivo o negativo del 100%. Questo può portare a ritardi diagnostici importanti, aumentando il rischio di complicanze come la paralisi cerebrale e l’emorragia intraventricolare, o di contro può favorire la somministrazione di una terapia non necessaria determinando l’insorgenza di resistenze da parte dei patogeni e la crescita della spesa sanitaria 27.

(32)

aggiungere ulteriori informazioni. Allo stesso modo, se il neonato è evidentemente in salute, un test positivo non incrementerà in modo significativo la probabilità che il bambino sia infetto. Sono le situazioni in cui il quadro clinico lascia il medico in dubbio sullo stato infettivo o meno che traggono maggiormente vantaggio dalla presenza di un test diagnostico di ausilio. Alla luce di ciò, il risultato di un test diagnostico deve sempre essere valutato nel contesto delle condizioni cliniche del neonato41.

5.1.1 Diagnosi basata su esami colturali

Come già accennato l’emocoltura è il gold standard per la diagnosi di sepsi neonatale. Per ottenere un campione laboratoristico valido è necessario inoculare almeno 1 ml di sangue in ciascuna bottiglia di emocoltura analizzata. Fino al 25% dei neonati con sepsi batterica ha una bassa concentrazione di microrganismi nel sangue, che non potrebbero essere identificati con campioni di volume minore4

.

Avere a disposizione più di un’emocoltura può aiutare a distinguere le contaminazioni dalla presenza di reali patogeni. Per evitare le contaminazioni, il campione di sangue non dovrebbe essere ottenuto da uno stick capillare o da cateteri ombelicali, se non subito dopo il loro inserimento3

.

L’analisi del liquor è necessaria per la diagnosi di meningite. La sua esecuzione è raccomandata in tutti i neonati in cui si sospetti una sepsi clinica o con emocoltura positiva, se le condizioni cardiorespiratorie e lo status coagulativo sono stabili.

La meningite si realizza in circa il 23 % dei neonati con batteriemia. I microrganismi non vengono identificati all’emocoltura nel 38% dei pazienti in cui essi sono invece isolati dal liquor4

.

Nella maggior parte dei casi l’urinocoltura non è richiesta tra gli esami di valutazione per la sepsi precoce, questo perché nelle prime 72 ore è inusuale lo sviluppo di un’infezione del tratto urinario in assenza di batteriemia.

L’urinocoltura può essere un esame molto utile nel sospetto di sepsi tardiva, soprattutto da Candida4

. Uno studio ha mostrato come la presenza di Candiduria in neonati ELBW (early-low-birth-weight), in presenza o meno dell’isolamento del microrganismo da un

(33)

sito sterile, determini un rischio maggiore per il neonato di andare incontro a complicanze di neurosviluppo e morte, rispetto agli stessi neonati ELBW con infezione sospetta, ma non dimostrata. Il riscontro di Candiduria in un neonato ELBW dovrebbe comportare una somministrazione tempestiva della terapia42

.

Se ci sono elementi diagnostici che lo suggeriscono dovrebbero essere richiesti esami colturali aggiuntivi.

L’esame colturale dell’aspirato tracheale dovrebbe essere ottenuto da neonati intubati con un quadro clinico suggestivo di polmonite, o quando la qualità e il volume delle secrezioni cambia sostanzialmente divenendo compatibile con una possibile polmonite. Ad ogni modo è difficile distinguere le contaminazioni dalle infezioni.

Anche aspirati o campioni bioptici cutanei e dei tessuti molli possono essere utilizzati per esami colturali.

L’esame colturale delle feci può supportare la diagnosi di sepsi sostenuta da patogeni enterici quali Shigella, Salmonella e Campylobacter, ma più spesso i batteri isolati sono responsabili di una colonizzazione gastro-enterica piuttosto che di un’infezione3

.

5.1.2 Diagnosi non basata su esami colturali

5.1.2.1 Conta cellulare

Test diagnostici non colturali possono essere d’aiuto soprattutto per escludere i neonati che hanno bassa probabilità di avere un’infezione, quando gli esami colturali sono risultati inconclusivi.

I neonati a termine o pretermine hanno una ridotta funzione dei neutrofili rispetto a quella pazienti con età maggiore.

(34)

gestazionale, alla modalità del parto espletato, al tempo dalla nascita e al tipo di campionamento venoso o arterioso.

La conta dei globuli bianchi ottenuta nelle prime 6-12 ore sembra essere troppo precoce per riflettere una risposta infiammatoria occulta e dovrebbe essere ripetuta nel sospetto di sepsi.

Alcuni studi hanno mostrato che una bassa conta dei globuli bianchi associata ad un elevato rapporto tra globuli bianchi maturi e totali (I/T) è suggestiva di sepsi precoce43. Una bassa o alta conta dei globuli bianchi, neutrofilia, elevato rapporto I/T e una bassa conta piastrinica possono essere spie di una sepsi tardiva9.

L’utilizzo della conta di neutrofili immaturi o della conta assoluta di neutrofili ha una sensibilità non ottimale nel distinguere sepsi precoci da una condizione non infettiva. Il rapporto I/T è un indicatore di sepsi più sensibile. Gli indici che derivano dalla conta dei neutrofili sono più d’aiuto nell’escludere i neonati senza infezione rispetto ad includere i neonati infetti (sono più sensibili che specifici)22.

Nei neonati con sepsi confermata da emocoltura, il marker dei neutrofili CD64 è aumentato nelle prime 24 ore dopo l’infezione. Anche questo marker, per quanto sensibile, non dovrebbe essere utilizzato da solo nella diagnosi di sepsi neonatale, bensì integrato con altri test ed elementi clinici44.

Per quanto concerne la conta piastrinica, sia la trombocitopenia che la trombocitosi sono elementi riscontrati tardivamente nel corso di infezioni batteriche e fungine. Nonostante la trombocitopenia sia un fattore di rischio per l’infezione disseminata da Candida, può persistere nonostante un’adeguata terapia e il miglioramento del quadro clinico45.

5.1.2.2 Citochine

Numerose citochine sono state studiate per la diagnosi di sepsi, tra cui IL-1b, TNF-alfa e soprattutto IL-6 e IL-8; la loro concentrazione potrebbe essere utile per una diagnosi precoce di infezione. Tuttavia il loro rapido aumento a seguito di un’infezione batterica e la loro normalizzazione prima delle 24 ore ne limita l’uso clinico46.

(35)

5.1.2.3 I reattanti di fase acuta

I reattanti di fase acuta sono proteine prodotte dagli epatociti in risposta ad un processo infiammatorio. L’infiammazione può essere secondaria ad un’infezione, a un trauma o qualsiasi altro processo di distruzione cellulare. Esistono molti diversi reattanti di fase acuta tra cui PCR (proteina C-Reattiva), PCT (procalcitonina), fibrinogeno, alfa1-glicoproteina acida, alfa1-antitripsina, elastasi e inibitori di proteasi. Si distinguono tra loro per un diverso incremento in risposta all’infiammazione e una diversa emivita. Grazie allo sviluppo di specifici “Immunoassay” rapidi, automatizzati e quantitativi, la determinazione dei reattanti di fase acuta è migliorata. Numerosi studi hanno valutato il loro ruolo nella diagnosi precoce di sepsi: elevati livelli di reattanti di fase acuta non sembrano essere in grado di distinguere tra cause infettive e non infettive di infiammazione3.

5.1.2.3.1 La proteina C-Reattiva (PCR)

Struttura biologica e funzione

La proteina C-Reattiva è stata scoperta per la prima volta nel 1930 esaminando il siero di pazienti adulti con diagnosi di polmonite pneumococcica: essa reagisce con un componente polisaccaridico della parete batterica dello Pneumococco, andando incontro a precipitazione47.

Successivamente si comprese che tale reazione è il risultato del legame della PCR con il polisaccaride C in presenza di calcio48.

Le particolari caratteristiche di legame di questa molecola, sono responsabili dell’aumento della sua concentrazione in numerosi disordini infettivi e non infettivi, associati a processi infiammatori acuti e cronici negli adulti, nei bambini e nei neonati49.

La comprensione della sua struttura biochimica e della sua funzione è fondamentale per comprenderne l’utilizzo clinico. La PCR è un membro della famiglia delle pentrassine, reattanti di fase acuta aspecifici, costituiti da 5 subunità polipeptidiche identiche ciascuna da 23-kDa, assemblate in un pentamero. Ciascuna subunità contiene un sito di legame per una molecola di fosfocolina e 2 siti di legame per il calcio48. Tali siti di legame

(36)

cui la fosfocolina e i componenti fosfolipidici della parete delle cellule danneggiate, ma anche la cromatina e gli antigeni nucleari delle stesse. I complessi che ne derivano, possono:

• attivare il sistema del complemento;

• comportarsi come opsonine, facilitando la fagocitosi e la rimozione del materiale rilasciato dalle cellule danneggiate, oltre che di sostanze tossiche che derivano da microrganismi patogeni;

• legarsi direttamente a neutrofili, macrofagi ed altre cellule fagocitarie inducendo un potenziamento della risposta infiammatoria e il rilascio di citochine50.

Produzione

Il feto è in grado di produrre la PCR ed altri reattanti di fase acuta già a partire dalla 4^-5^ settimana di gestazione. La PCR della madre non passa attraverso la placenta e non c’è alcuna correlazione tra la concentrazione di PCR materna e quella del neonato al momento della nascita51.

Durante processi infiammatori causati da danno tissutale o di natura infettiva, alcune citochine, in particolare da IL-1, TNF e soprattutto IL-6 rappresentano lo stimolo alla produzione epatica di PCR52.

Metodi laboratoristici per la misurazione

La PCR può essere misurata con 3 diversi metodi laboratoristici: qualitativo, semiquantitativo e quantitativo. Ognuno di questi metodi si basa sulla capacità della PCR di legare un’ampia varietà di ligandi dando origine alla formazione di complessi che, precipitando, possono essere visualizzati e misurati53.

Il test qualitativo di agglutinazione al lattice è il primo metodo laboratoristico sviluppato per misurare la PCR; esso valuta esclusivamente la presenza o meno di PCR nel campione sulla base dell’evidenza di una reazione di agglutinazione e la conseguente precipitazione54.

Il test quantitativo generalmente non è impiegato per la sua bassa sensibilità, che determina risultati positivi in presenza di processi infiammatori di qualsiasi natura.

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Per questo motivo, in presenza di un test qualitativo positivo, dovrebbe essere eseguito un test semiquantitativo, che è più sensibile54. Esistono vari tipi di analisi, come l'ELISA, l'immunodiffusione rapida e l'immunoturbidimetro.

Secondo la letteratura, il sospetto di sepsi si dovrebbe avere per valori di PCR superiori a 1 mg/dl3.

Ruolo nella diagnosi e nella gestione della sepsi

La PCR aumenta in risposta ad un’infezione batterica entro 6-8 ore dall’infezione, raggiungendo un picco nelle 24-48 ore successive55. La bassa sensibilità che ha nelle prime ore potrebbe essere dovuta ad un ritardo nella produzione di IL-6 durante la risposta immunitaria. Bassi livelli di PCR dovrebbero essere rapportati alla tempistica di infezione. Due riscontri laboratoristici di PCR entro i range di normalità (uno tra le 8 e le 24 ore dopo la nascita e l’altro dopo le 24 ore) hanno un alto valore predittivo negativo (99,7%). La sensibilità aumenta dopo determinazioni seriali eseguite 24-48 ore dopo la l’inizio dei sintomi56.

Le caratteristiche del paziente, tra cui l’età gestazionale, dovrebbero essere tenute di conto nell’interpretazione dei valori di PCR, in particolare i neonati pretermine senza grave compromissione dello stato generale hanno un picco più basso e corto di PCR57. I valori di PCR sono influenzati da condizioni non infettive, quali distress respiratorio e aspirazione di meconio58.

Due riscontri laboratoristici negativi di PCR possono essere usati per decidere di interrompere la terapia dopo 48 ore dall’inizio di un trattamento empirico, ma non per decidere la durata totale della terapia53.

5.1.2.3.2 La procalcitonina (PCT)

Struttura biologica e funzione

La procalcitonina è una proteina costituita da 116 amminoacidi e con un peso molecolare di 13 kDa. Fisiologicamente, è sintetizzata dalle cellule C della tiroide, in quanto precursore della calcitonina; tuttavia in risposta a stimoli indotti da citochine e

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