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Switch flussimetrico dell'arteria vertebrale fetale come possibile meccanismo protettivo del sistema nervoso centrale in risposta allo stimolo ipossico.

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INDICE

RIASSUNTO ANALITICO ... 2 INTRODUZIONE ... 4 CRESCITA FETALE ... 6 Ipossia fetale……….………10 Monitoraggio ed evoluzione dell’ ipossia fetale ... 11 PROTEINA PLASMATICA ASSOCIATA ALLA GRAVIDANZA (PAPP-A) ... 14 ENCEFALO ... 16 Vascolarizzazione ... 17 Sviluppo embriologico dell’arteria vertebrale ... 19 Valutazione ecografica dell’arteria vertebrale fetale ... 21 OBIETTIVI ... 24 MATERIALI E METODI ... 25 POPOLAZIONE DI PAZIENTI ... 25 METODICHE DI ACQUISIZIONE ... 27 ANALISI STATISTICA ... 30 RISULTATI ... 32 PRIMO TRIMESTRE ... 32 SECONDO TRIMESTRE ... 41 DISCUSSIONE……….51 CONCLUSIONI ... 55 BIBLIOGRAFIA ... 56

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RIASSUNTO ANALITICO

In condizioni di ipossia cronica il circolo sanguigno fetale subisce una ridistribuzione a favore di organi nobili, encefalo e cuore, attraverso l’effetto di “Brain sparing”. Tale fenomeno è rilevabile a livello delle principali arterie encefaliche, tramite Eco-color Doppler (ECD), come variazione del Pulsatility Index (PI).

Lo studio dell’arteria cerebrale media (ACM) è stato sviluppato da vari Autori nei tre trimestri di gravidanza, la misurazione del flusso in suddetta arteria costituisce al momento un elemento, codificato nelle Linee Guida, per il monitoraggio dei feti a rischio di restrizione della crescita. Lo studio dell’ACM nel corso del terzo trimestre di gravidanza non sì è però dimostrato sufficientemente valido nel predire gli outcome neonatali.

Nel nostro studio abbiamo eseguito la misurazione del flusso in arteria vertebrale (AV), vaso finora poco esplorato, durante il primo e secondo trimestre di gravidanza. Il valore del PI ottenuto durante la valutazione intrauterina è stato messo in relazione a numerosi parametri rilevati al momento della nascita, come: peso, lunghezza, circonferenza cranica, Apgar 5° minuto, durata della gestazione, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale.

I risultati dimostrano una correlazione diretta tra il PI dell’AV durante il I trimestre e il peso alla nascita, pertanto a valori di PI inferiori corrispondono valori di peso inferiori. Al contrario, non si dimostra una differenza riguardo gli altri parametri neonatali tra i feti nei quali si è misurato un basso PI dell’AV e quelli in cui il flusso era nella norma. Il dato riscontrato ci dimostra come l’attivazione del meccanismo di “Brain sparing” a livello dell’arteria vertebrale permetta di salvaguardare il circolo cerebrale posteriore, sede di numerose funzioni fondamentali per la sopravvivenza dell’individuo, determinando un

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peso inferiore alla nascita. L’AV svolge, quindi, un ruolo imprescindibile nel determinare un corretto afflusso sanguigno al Sistema Nervoso Centrale; infatti, in tutti i pazienti studiati i parametri neonatali come l’Apgar 5° minuto si sono dimostrati sostanzialmente normali, a prescindere dal PI dell’AV.

Nel II trimestre la correlazione tra il PI dell’AV e il peso alla nascita è inversa: a valori di PI maggiori corrispondono neonati di peso inferiore. Il meccanismo di “Brain sparing” privilegia l’arteria cerebrale media durante questa fase della gravidanza, a dimostrazione di come nel II trimestre il circolo posteriore si sacrifichi a favore di quello anteriore. Nonostante l’andamento rilevato sembri evidenziare un PI dell’AV aumentato nei feti in cui c’è stata l’attivazione del meccanismo di “Brain sparing”, il vaso si dimostra sufficientemente responsivo alle variazioni di flusso, permettendo comunque di ottenere neonati con una normale circonferenza cranica e un ottimo Apgar 5° minuto.

Il nostro studio ha evidenziato come l’AV si dimostri essere un vaso altamente responsivo nelle condizioni di ipossia fetale durante il I e II trimestre di gravidanza. Il suo ruolo sembrerebbe essere quello di salvaguardia della porzione più ancestrale dell’encefalo, la quale presiede all’esecuzione delle funzioni vitali, diversamente dall’arteria cerebrale media, che irrora la porzione anteriore dell’encefalo, sede delle funzioni cognitive superiori.

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INTRODUZIONE

La gravidanza rappresenta un percorso importante per entrambe le figure in essa coinvolte, la madre e il feto, che compongono due elementi strettamente interdipendenti a cui è necessario pensare come un’unica entità clinica.

L’identificazione di un ambito medico specifico noto come Medicina-Materno-Fetale è di fondamentale importanza nel corretto sviluppo di una gravidanza che preveda il minor numero possibile di complicanze.

La Medicina-Materno-Fetale è una specialità multidisciplinare dedicata all’ottimizzazione della gestazione e degli esiti perinatali. Essa è il frutto dell’esigenza di combinare il trattamento di gravidanze ad alto rischio di complicanze materne e il trattamento di anomalie fetali.

Le patologie croniche materne si ripercuotono sul feto durante le fasi iniziali e avanzate della gravidanza, così come durante la vita neonatale, comportando un significativo rischio di morbosità a lungo termine.

La necessità di una precoce identificazione di potenziali disturbi in ambito sia materno che fetale, ha determinato un’evoluzione del percorso assistenziale durante il periodo gestazionale, teorizzato da Nicolaides nell’ipotesi dell’ “Inversione della piramide delle cure gestazionali”.1 In passato la frequenza dei controlli aumentava a partire dalla

16°settimana, ponendo grande attenzione alle fasi finali del percorso, secondo l’idea che in questa finestra temporale si rendono manifeste la maggioranza delle complicanze materne legate alla gravidanza ( diabete gestazionale, pre-eclampsia, parto pretermine). L’utilizzo di screening biochimici materni alla 11-13°settimana, la valutazione di distretti anatomici fetali, il doppler delle arterie uterine e del dotto venoso fetale, associati ai dati clinici ed anamnestici della gestante, permettono di avere informazioni circa possibili

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complicanze a carico dell’entità madre-feto.

Elemento imprescindibile per la disciplina è l’ecografia, la quale svolge un ruolo di primo piano nella valutazione del corretto sviluppo fetale, permettendo di indagare strutture materne, fetali e di interfaccia, quali la placenta. Lo sviluppo della tecnica ecografica, nella sua variante eco-color doppler permette di valutare con precisione il flusso sanguigno a livello dei vasi uterini, cordonali e fetali. Da quanto enunciato finora nasce la spinta a ricercare possibili parametri che permettano di prevedere, già a partire dal primo trimestre di gravidanza, le possibili anomalie di sviluppo del feto, così da poter mettere in atto le misure necessarie alla correzione delle stesse.

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CRESCITA FETALE

Lo sviluppo fetale è un processo caratterizzato da accrescimento e specializzazione degli elementi cellulari, sia in termini numerici che dimensionali.

Il raggiungimento di un determinato traguardo dal punto di vista delle proporzioni e delle dimensioni del singolo feto è influenzato in modo preponderante dal patrimonio genetico del feto stesso; d’altra parte la potenzialità genetica del feto è influenzata da quelle che sono le condizioni ambientali nelle quali lo stesso si sviluppa.

Il processo di crescita inizia sin dalle prima fasi della formazione dell’embrione e prosegue durante la gravidanza secondo velocità diverse: è massima all’inizio e diminuisce progressivamente sino al termine. La crescita intesa nell’ordine del peso corporeo segue un andamento diverso, esprime la sua massima velocità durante la 37°-38° settimana di gestazione per poi diminuire nuovamente.

La presenza di fattori che influiscono negativamente sulla gravidanza riduce la completa attuazione del potenziale di accrescimento originale. Si osserva una restrizione della crescita (Intrauterine Growth Restriction, IUGR), con conseguenze diverse a seconda dell’epoca gestazionale in cui avviene l’insulto: un danno durante le prime settimane comporta una riduzione dell’iperplasia cellulare fetale e generalmente produce una restrizione di crescita simmetrica; un insulto che avviene nel III trimestre, invece, incide principalmente sull’ipertrofia cellulare comportando una restrizione di crescita asimmetrica.

La definizione di restrizione della crescita ha subito negli anni diverse modifiche riguardo i parametri da utilizzare per poterla identificare. Negli anni Sessanta il solo parametro del peso inferiore a 2500g, indipendentemente dall’epoca gestazionale, permetteva di definire il “neonato di basso peso”. Un criterio del genere si dimostra insufficiente nel

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definire correttamente le caratteristiche di accrescimento del singolo neonato, poiché riunisce nella stessa categoria neonati prematuri e neonati a termine con restrizione della crescita.

L’introduzione nel 1963 della valutazione del peso in funzione dell’età gestazionale permise la definizione di “neonati piccoli per età gestazionale”. Si considerano appartenenti a tale categoria i neonati con peso alla nascita inferiore di 2DS rispetto al peso medio per età gestazionale, come teorizzato da Gruenwald 2, oppure al di sotto del 10° percentile, secondo quanto teorizzato da Lubchenco.3

La valutazione delle dimensioni fetali durante il corso della gravidanza si avvale della tecnica ecografica. Durante la vita intrauterina, a partire dai valori biometrici (diametro biparietale, circonferenza cranica, circonferenza addominale e lunghezza del femore) e con l’applicazione di apposite formule matematiche è possibile stimare il peso fetale; tale stima non rappresenta però un parametro preciso ed è gravata da un margine di errore uguale o superiore al 10%. Nel corso degli anni è stato infatti dimostrato che le misurazioni biometriche fetali sono più precise e più accurate della stima algoritmica ponderale; tra queste la circonferenza addominale è stata considerata il parametro migliore per l’identificazione dell’accrescimento in gravidanza.4

Si considera SGA il feto con circonferenza addominale inferiore al 10° percentile per l’epoca considerata o il neonato di peso inferiore al 10° percentile alla nascita.5 Il 10° percentile è stato scelto quale limite di riferimento risultando il parametro che fornisce il miglior compromesso tra sensibilità e specificità nell’identificazione del feto SGA, anche se gli esiti perinatali peggiori, in termini di morbosità e mortalità, si verificano nei casi inferiori al 5° o al 3° percentile.

La crescita è un processo evolutivo e la valutazione della sua espressione non può quindi limitarsi ad un singolo momento, che permette solo di individuare il feto SGA, ma

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richiede una serie di misurazioni ripetute nel tempo. Il feto con restrizione della crescita, che quindi manifesta un rallentamento rispetto al suo potenziale originale, può essere identificato solo dopo aver eseguito misurazioni in serie.

La corretta identificazione dei feti con restrizione di crescita è strettamente dipendente da una datazione certa della gravidanza, che può essere stimata tramite ecografia nel I trimestre, mediante la misurazione della lunghezza vertice-sacro, cui si può aggiungere, dopo le 12 settimane, quella del diametro biparietale (BPD).

L’ecografia del II trimestre può essere utile in caso di una mancata misurazione nel I. Si utilizza il BPD, eventualmente integrato con altre misurazioni (circonferenza cefalica, lunghezza del femore, diametro trasverso del cervelletto). L’ecografia del III trimestre, invece, è utile per la valutazione dei parametri antropometrici fetali, ma la biometria relativa a quest’epoca non può essere utilizzata per la datazione della gravidanza; discrepanze rispetto ai valori biometrici attesi e rispetto ai precedenti controlli possono infatti indicare un deficit di crescita e devono essere quindi adeguatamente valutati.6 La biometria addominale viene scelta quale parametro di riferimento per l’identificazione ecografica della restrizione di crescita: si definisce IUGR un feto con circonferenza addominale inferiore al 10° percentile o con una diminuzione di oltre 40 percentili rispetto al controllo precedente. 78

Un più preciso riconoscimento dei feti con restrizione di crescita è possibile facendo riferimento a normogrammi adeguati; è stato proposto l’utilizzo di curve di crescita personalizzate, in grado di stimare il potenziale di crescita fetale in base al sesso e ai parametri costituzionali materni all’inizio della gravidanza (altezza, peso, parità ed etnia). L’utilizzo di queste curve avrebbe il vantaggio di identificare i feti con reale restrizione di crescita, escludendo invece i bambini costituzionalmente piccoli. La popolazione di feti con riduzione della crescita, identificati mediante le curve personalizzate, presenta un

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tasso di esiti avversi (morte in utero, Apgar inferiore a 4, ricovero in terapia intensiva) superiore alla popolazione identificata con le curve di riferimento standard. Escludendo la quota di feti costituzionalmente piccoli ma sani, si ottiene la vera popolazione di feti con restrizione di crescita e realmente a rischio di esiti sfavorevoli. 910

La placentazione si pone come elemento determinante dello sviluppo di IUGR, sia essa Precoce (Early-IUGR) o Tardiva (Late-IUGR)11; questi due fenomeni sono distinti dal momento di insorgenza, evoluzione, modifiche dei parametri doppler e outcome postnatali. Il cut-off della 32° settimana di gestazione tra E-IUGR e L-IUGR è quello che meglio rappresenta le differenze tra i due fenomeni.

Lesioni massive strutturali o funzionali delle strutture placentari sono all’origine dei casi di E-IUGR, si sviluppano durante il I e II trimestre di gravidanza, quale effetto dell’inadeguata invasione trofoblastica da parte delle arterie spiraliformi.

L’alterata placentazione ha impatto sulla crescita fetale e la circonferenza addominale è il parametro che ne risente in quota maggioritaria rispetto al diametro bi-parietale e alla lunghezza del femore.12 La precoce insorgenza del deficit di nutrienti determina con maggiore frequenza rispetto al L-IUGR lo sviluppo di una ipotrofia asimmetrica.

Il mancato raggiungimento del potenziale genetico di crescita configura il quadro di L-IUGR, la cui diagnosi si dimostra di difficile definizione a causa della difficoltà riscontrabile nel definire i valori dimensionali ideali del singolo feto. L’inquadramento di questa condizione fa pertanto affidamento alla curva di crescita del singolo individuo, particolarmente nel caso in cui questa subisca un appiattimento o un’inversione di tendenza in senso negativo. L’incremento del rapporto circonferenza cranica/circonferenza addominale rientra tra i parametri caratterizzanti un feto che subisce una restrizione della crescita.

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Ipossia fetale

L’ipossia assume un ruolo centrale nel determinare restrizioni della crescita fetale, rappresentando un pericolo per la sopravvivenza del feto. La deprivazione di ossigeno è uno dei pericoli più comuni della vita intrauterina. Essa può essere definita come ipossia fetale acuta, nel caso in cui si protragga per brevi periodi di tempo, influendo poco sul programma di crescita. Una deprivazione di ossigeno che si protrae per settimane o mesi viene denominata ipossia fetale cronica.

L’ipossia fetale cronica è la più frequente conseguenza di gravidanze con complicanze dovute ad incremento della resistenza vascolare placentare, così come avviene in caso di insufficienza placentare, pre-eclampsia o una qualsiasi condizione infiammatoria quali: corioamnioniti, diabete gestazionale e obesità materna. Una inadeguata risposta all’ipossia acuta/cronica rende il cervello fetale suscettibile ad una encefalopatia ischemico-ipossica, la cui durata si riflette sul rischio di paralisi cerebrale e disturbi cognitivi dell’età adulta. I feti con restrizione della crescita hanno un rischio aumentato di mortalità e morbosità severe come: emorragia intraventricolare, displasia broncopolmonare, enterocoliti necrotizzanti, emorragie polmonari, ipotermia e ipoglicemia.13

L’apporto di sangue ossigenato è limitato dalla funzione placentare, si dimostra sufficiente nelle condizioni basali con un discreto margine di sicurezza. Il metabolismo fetale reagisce all’ipossia acuta consumando meno ossigeno, estraendone una maggiore percentuale dall’emoglobina o facendone un uso più accurato.14

Durante le ultime fasi della gestazione l’esposizione del feto ad episodi di ipossia acuta determina riduzione dei movimenti fetali, rallentamento della frequenza cardiaca con aumento del tempo di riempimento diastolico ventricolare, permettendo di mantenere un adeguato output cardiaco anche a fronte di un ritmo bradicardico. L’aumentato tempo di

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transito del sangue all’interno del sistema vascolare incrementa l’efficienza dello scambio di gas, il volume circolante subisce una ridistribuzione del suo territorio di irrorazione, viene ad essere favorito il circolo degli organi nobili, quali il cervello, secondo il meccanismo del “Brain sparing”.

Il processo di salvaguardia del circolo cerebrale è regolato dal chemoriflesso carotideo, il quale produce un effetto bradicardizzante mediato dalla predominante influenza vagale sul cuore fetale, oltre che vasocostrittivo periferico, per mezzo del rilascio in circolo di ossido nitrico e specie reattive dell’ossigeno.15

Monitoraggio ed evoluzione dell’ipossia fetale

Il feto a rischio di ipossia necessita di un monitoraggio intensivo dell’accrescimento e del benessere, questo a causa del maggior rischio di mortalità e morbosità perinatale rispetto a feti con un normale apporto di ossigeno.

La tecnica Doppler con la misurazione della velocità di flusso all’interno dei vasi uterini materni e ombelicali fetali può servire per il riscontro di anomalie nello sviluppo della placenta.

Un’invasione trofoblastica inefficace e la conseguente insufficiente modificazione dei vasi uterini sono alla base dell’aumento degli indici Doppler di resistenza o della persistenza dell’incisura protodiastolica a livello delle arterie uterine.

Le anomalie del tono vascolare e l’obliterazione dei vasi villari fetali comportano un aumento di resistenza a carico delle arterie ombelicali. Quali marcatori del corretto funzionamento placentare possono essere utilizzati i parametri di valutazione del flusso in arteria ombelicale: un incremento di questi indici può infatti suggerire la presenza di resistenze placentari aumentate. Il riscontro di un Doppler ombelicale alterato impone la

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valutazione degli indici di resistenza dell’arteria cerebrale media, quale indicatore dei meccanismi di compenso fetale. La condizione di ipossia cronica instauratasi in questi feti, infatti, produce un’attivazione dei chemocettori, che comporta una ridistribuzione del circolo fetale, di cui la diminuzione delle velocità telediastoliche in arteria cerebrale media è un evidente manifestazione.

I vasi venosi fetali, vena ombelicale e dotto venoso, costituiscono il tramite tra sangue ossigenato materno e cuore fetale; un’alterazione del profilo delle onde di questi vasi è frequentemente associata ad esiti sfavorevoli, rientrano quindi tra gli elementi da analizzare per poter delineare il quadro di benessere fetale.

L’aumento delle resistenze del flusso placentare e la diminuzione del trasporto di gas nutrienti producono ingenti effetti sulla circolazione fetale16,17: inizialmente si sviluppa una diminuzione della velocità telediastolica dell’arteria ombelicale, cui segue la redistribuzione dell’output cardiaco in favore del ventricolo sinistro per garantire sia la perfusione del miocardio che del sistema nervoso centrale. Si osserva, quindi, una diminuzione degli indici Doppler a livello dell’arteria cerebrale media. Tale diminuzione produrrà aumento dei flussi a livello delle strutture cerebrali in accordo con la teoria del “Brain-sparing”.

In arteria ombelicale gli indici di resistenza peggiorano nel tempo: il flusso subisce una riduzione in diastole, quindi si azzera, fino ad arrivare ad un’inversione dello stesso. I meccanismi di compenso fetale producono nuovi effetti: centralizzazione del circolo con dilatazione dell’arteria cerebrale media, fino ad arrivare alla dilatazione del dotto venoso. L’alterazione del flusso dei vasi venosi indica l’esaurimento della capacità dei vasi arteriosi di garantire i meccanismi compensatori e di supportare ulteriormente il cuore.

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meccanismi di compenso: nel dotto venoso si produce una riduzione dell’onda relativa alla contrazione atriale di fine diastole (onda “a”), il flusso nel dotto venoso risulta invertito, da ultimo si arriva alla pulsazione della vena ombelicale. Questa ha normalmente un flusso continuo ed è il vaso che risente per ultimo delle modificazioni pressorie nell’atrio destro; la presenza di un flusso pulsatile, associato alla riduzione del flusso telediastolico nel dotto venoso, rappresenta un allarmante indice di compromissione fetale, indicativo di un imminente scompenso cardiaco destro da considerare quindi quale segno “preterminale”. Contemporaneamente, i valori dell’arteria cerebrale media, precedentemente vasodilatata, si normalizzano. La perdita della vasodilatazione cerebrale potrebbe esser dovuta all’instaurarsi di un edema cerebrale che determina compressione dei vasi e quindi aumento della resistenza al flusso; tuttavia, la vasocostrizione indotta dall’alterato equilibrio nella produzione di fattori regolatori (trombossano-prostaciclina) potrebbe rappresentarne la vera causa. La sequenza di eventi descritti è il risultato del fallimento dei meccanismi autoregolatori di compenso.

In conseguenza della centralizzazione del circolo e riduzione della perfusione renale, si osserva una progressiva diminuzione del volume di liquido amniotico, fino ad arrivare all’anidramnios.

Le modificazioni della tensione di ossigeno, causate dall’ alterazione dei processi di trasporto, si rendono manifeste con la progressiva diminuzione dei movimenti globali fetali e di quelli respiratori e con la diminuzione, fino all’assenza totale, di variabilità della frequenza cardiaca all’indagine cardiotocografica. Una riduzione critica della pO2 e del pH nel sangue fetale determina il verificarsi di un grave danno d’organo fino alla morte del feto.

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PROTEINA PLASMATICA ASSOCIATA ALLA GRAVIDANZA (PAPP-A)

La placenta è l’organo di raccordo tra la madre e il feto, pertanto, un suo corretto sviluppo è fondamentale per permettere una crescita fetale regolare. Tale struttura fornisce al feto l’apporto di sangue necessario al suo accrescimento; produce, inoltre, gli ormoni necessari per il regolare proseguimento della gravidanza.18

Lo sviluppo placentare durante il primo trimestre di gravidanza è regolato dalla concentrazione ematica della Proteina Plasmatica associata alla gravidanza (PAPP-A). La PAPP-A è una glicoproteina ad alto peso molecolare (800 KD) formata da quattro subunità19 e appartenente alla famiglia delle metalloproteasi zinco-dipendenti20. Durante la gravidanza viene prodotta principalmente dal sinciziotrofoblasto, poi riversata nel circolo materno dove assume una concentrazione crescente durante il decorso della gravidanza stessa. 21

Nonostante il nome faccia pensare ad una proteina specifica della gravidanza, essa è presente fisiologicamente in circolo anche in donne non gravide e negli uomini. L’esecuzione di studi, anche con tecniche immunoistochimiche, ha permesso di localizzarla in diversi tessuti e cellule del feto e dell’adulto: liquido follicolare preovulatorio, endometrio secretivo, endotelio vascolare.22

Numerosi studi ipotizzano un suo ruolo come importante fattore di regolazione della crescita. La PAPP-A proteolizza in modo specifico la IGFBP-4 (Insuline-like Growth Factor Binding Protein-4), una proteina in grado di regolare la biodisponibilità locale di Insulin-like Growth Factor (IGF). IGF I e II, quando legati alle IGFBPs, sono più stabili ma presentano una biodisponibilità ridotta 23; la scissione delle binding protein in frammenti più piccoli diminuisce la loro affinità per gli IGF.24 Una bassa concentrazione di PAPP-A determina una minore proteolisi di IGFBP, che sarà quindi disponibile per il legame con IGF.

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La correlazione tra il peso alla nascita, il peso della placenta ed i livelli ematici cordonali di IGF-I e IGF-II sembrerebbe ormai chiarita25, al contrario, poco si sa sul ruolo del sistema IGF nella crescita della placenta umana. L’esecuzione di studi su diverse specie animali ha permesso di dimostrare l’importanza del sistema degli IGF per sviluppo e crescita appropriati dell’embrione e del feto2627 : esso sembrerebbe svolgere un ruolo rilevante sia nell’invasione deciduale che nel turnover del trofoblasto. Numerosi studi hanno valutato l’espressione dell’IGF-II nel trofoblasto extravilloso che invade la parete uterina e quella delle IGFBP-1 e 4 sulle cellule deciduali28 ; l’interazione tra IGF e IGFBP all’interfaccia materno-fetale assume un ruolo fondamentale nel limitare l’invasione trofoblastica e la successiva migrazione del trofoblasto nelle arterie spiraliformi. Si può quindi dedurre che un’alterata concentrazione di IGF potrebbe portare ad una riduzione del flusso ematico placentare, con conseguente restrizione della crescita della stessa e del feto nel suo insieme. Un ridotto apporto di ossigeno e nutrienti si dimostra essere all’origine della ridotta crescita del trofoblasto villoso. 29

La PAPP-A regola la biodisponibilità dell’IGF, pertanto, bassi livelli della proteina determinano una difettosa funzione del trofoblasto, quindi della placenta.

Prendendo in considerazione il peso alla nascita quale indicatore della funzione placentare, numerosi studi hanno dimostrato una correlazione positiva tra i livelli ematici materni di PAPP-A nel primo trimestre di gravidanza e il peso del neonato. Il riscontro di bassi livelli di PAPP-A può rappresentare un utile parametro per l’identificazione precoce di gravidanze a rischio di ipossia da difettoso funzionamento placentare , quindi di restrizione di crescita .30313233

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ENCEFALO

L’encefalo è una parte del sistema nervoso centrale completamente contenuta nella scatola cranica e divisa dal midollo spinale tramite un piano convenzionale passante subito sotto la decussazione delle piramidi.

Dal punto di vista embriologico, l'encefalo si sviluppa da tre vescicole del primitivo tubo neurale: il prosencefalo, che evolve in telencefalo e diencefalo, il mesencefalo e il romboencefalo, da cui originano bulbo, ponte e cervelletto.

Anatomicamente, quindi, l'encefalo è costituito dal cervello (diviso in telencefalo e diencefalo), dal tronco encefalico (le cui parti sono mesencefalo, ponte e bulbo) e dal cervelletto.34

In una descrizione cranio-caudale ritroviamo:

o Cervello: centro integrativo delle funzioni superiori della specie, è possibile suddividerlo in:

- Telencefalo: porzione più superficiale dell'encefalo, costituito dagli emisferi cerebrali e dai nuclei della base.

- Diencefalo: posto internamente alla sostanza bianca telencefalica, è costituito da cinque porzioni (talamo, epitalamo, metatalamo, ipotalamo, subtalamo) strutturalmente e funzionalmente legate ai nuclei della base. Si continua, caudalmente, con il mesencefalo tramite i due peduncoli cerebrali

o Cervelletto: situato nella scatola cranica posteriore, svolge la funzione di centro di coordinazione motoria sfruttando le informazioni ottenute dalla sensibilità vestibolare e recettiva.

o Tronco encefalico: prosecuzione craniale del midollo spinale, contiene circuiti da cui si generano gli archi riflessi dei nervi cranici e i processi integrativi legati al controllo

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delle funzioni vitali. È costituito a sua volta da tre porzioni, in senso cranio-caudale: - Mesencefalo: in continuità superiormente con il diencefalo, costituito dai due

peduncoli cerebrali ventralmente e dal complesso del tetto dorsalmente.

- Ponte: posizionato ventralmente al cervelletto, origina come espansione dello stesso.

- Bulbo o midollo allungato o mielencefalo, segmento inferiore dell'encefalo il quale prosegue in basso, senza interruzione, nel midollo spinale.35

Vascolarizzazione

I vasi cerebroafferenti sono rappresentati dalle due arterie carotidi interne, da cui originano le arterie comunicanti posteriori e le cerebrali anteriori e medie, e dalle due arterie vertebrali, le quali riunendosi nell’arteria basilare danno origine alle arterie cerebrali posteriori.

Le cerebrali anteriori sono anastomizzate tra loro grazie all'arteria comunicante anteriore e, tramite le arterie comunicanti posteriori, con le cerebrali posteriori: si forma così l’anello vascolare detto poligono di Willis, che permette di regolare le variazioni di pressione e di portata ematica all'encefalo.

Le arterie vertebrali originano entrambe dall'arteria succlavia omolaterale. Si dirigono verso l'alto, indietro e lateralmente, giunte all'altezza della sesta vertebra cervicale si inseriscono nei forami trasversari, decorrono verticalmente fino all'atlante, da qui si portano dietro la massa laterale della vertebra e si inseriscono nel forame occipitale anastomizzandosi poi con l'arteria controlaterale a livello del solco bulbopontino. Da questa anastomosi ha origine l'arteria basilare che irrora la parte ventrale del ponte. Le due arterie vertebrali staccano diversi rami collaterali lungo il loro percorso, questi

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vengono distinti in cervicali ed intracranici a seconda della loro origine lungo il decorso dell’arteria.

I rami cervicali sono le arterie spinali anteriori e posteriori e i rami muscolari, che assicurano l'irrorazione del midollo spinale cervicale e di alcuni dei muscoli del collo. I rami intracranici sono invece i rami meningei, che vascolarizzano la dura madre e le ossa della fossa cerebellare; l'arteria spinale posteriore e quella anteriore, l'arteria cerebellare inferiore posteriore.

L’arteria basilare (o tronco basilare) origina dalla confluenza delle due arterie vertebrali a livello del solco bulbopontino. Decorre nel solco basilare della superficie ventrale del ponte, nella cisterna pontina, fino al margine superiore del ponte, dove termina dividendosi nelle due arterie cerebrali posteriori. Il suo territorio di distribuzione riguarda: ponte, orecchio interno, cervelletto, corteccia dei lobi temporale e occipitale, III ventricolo, talamo, ipotalamo e mesencefalo.36

Figura 1. Origine e decorso dell'arteria vertebrale.

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Le strutture irrorate dal tronco basilare sono fondamentalmente quelle più antiche, accomunano l’essere umano ad animali filogeneticamente meno evoluti, governando esse funzioni basilari per la sopravvivenza dell’organismo e per la regolazione del sistema circolatorio e respiratorio.

Il ruolo di primo piano svolto dal tronco cerebrale è stato evidenziato in diversi studi riguardanti gli adattamenti del circolo fetale nei confronti di eventi ischemici di breve o lunga durata.

Il tronco encefalico riceve un flusso di sangue per grammo di tessuto superiore a quello di qualsiasi altra regione encefalica; durante eventi ipossici il flusso di sangue aumenta in tutte le regioni dell’encefalo fetale, tuttavia il tronco encefalico si è dimostrato ricevere un aumento proporzionalmente maggiore rispetto ad ogni altra regione corticale e subcorticale. Si tratta di una risposta osservabile sia nel feto che nel neonato.37

Sviluppo embriologico dell’arteria vertebrale

Lo sviluppo embriologico dell’arteria vertebrale non è ancora completamente definito. Durante le fasi iniziali dello sviluppo embrionario si descrivono un’aorta dorsale ed un’aorta ventrale.

L’aorta ventrale primitiva persiste bilateralmente; dalla sua porzione di destra prendono origine l’arteria innominata (o brachiocefalica), l’arteria carotide comune destra e l’arteria carotide esterna di destra; dalla sua porzione di sinistra deriva un breve tratto dell’arco aortico, l’arteria carotide comune di sinistra e l’arteria carotide esterna di sinistra. All’inizio della sesta settimana di vita, quando l’embrione raggiunge un CRL (crown-rump length) di 7mm, si osserva la prima fase di sviluppo dell’arteria vertebrale; questo processo si protrae fino circa all’ottava settimana corrispondente ad un CRL di

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14-17mm.

Durante la sesta settimana inizia dall’aorta dorsale di destra e di sinistra lo sviluppo della 7 coppie di arterie cervicali intersegmentali (CIAs); quando il feto raggiunge la lunghezza di 10-12mm tra le 7 arterie cervicali intersegmentali si sviluppa un’anastomosi longitudinale laterale.

Arrivati ad un CRL di 14-17mm, il tratto orizzontale dei primi 6 CIAs si riassorbe, e la rimanente settima arteria cervicale intersegmentale diviene parte della futura arteria succlavia. A sinistra l’intera arteria succlavia prossimale (LSCA) fino al livello dell’arteria toracica interna risulta esclusivamente dalla persistenza della settima arteria segmentale dorsale omolaterale, mentre, a destra la settima arteria dorsale segmentale forma il terzo distale della RSCA prossimale. Il rimanente tratto medio e prossimale della RSCA si forma invece a partire dal quarto arco aortico di destra e dai segmenti dal 3 al 7 della radice aortica dorsale omolaterale.

I segmenti dal 3-7 originanti dalla radice aortica dorsale di sinistra formano un piccolo segmento dell’aorta all’origine di LSCA.

La nascita dell’arterie vertebrali potrebbe derivare o dalle anastomosi longitudinali delle CIAs che persistono dopo l’involuzione dei segmenti orizzontali, oppure dal tratto distale della settima arteria dorsale segmentale.38

(21)

Figura 2. Sviluppo embriologico dell'arteria vertebrale.39

Valutazione ecografica dell’arteria vertebrale fetale

Il crescente interesse per lo studio della circolazione ematica cerebrale è una naturale conseguenza della scoperta del fenomeno del “Brain Sparing”, evento dimostrato dalla centralizzazione della circolazione fetale tramite studio Eco-Color Doppler (ECD) dei vasi cerebrali fetali, in particolare dell’arteria cerebrale media (ACM) e più recentemente dell’arteria vertebrale (AV).

L’arteria cerebrale media in condizioni normali presenta una elevata velocità di picco sistolico e una bassa velocità diastolica. In condizioni di sofferenza fetale il flusso ematico subisce una ridistribuzione a favore degli organi nobili, tra i quali il cervello, con una vasodilatazione dell’ACM. Tale evento è quantificabile attraverso la misurazione di una diminuzione del Pulsatility Index (PI) e un aumento del flusso diastolico.40

Un ulteriore parametro utile nel valutare una situazione di ipossia fetale è rappresentato dall’aumentato rapporto tra l’indice di pulsatilità dell’arteria ombelicale e l’indice di

(22)

Il cerebro-placental ratio (CPR) costituisce il rapporto tra Pulsatility Index (PI) dell’arteria cerebrale media e Pulsatility Index (PI) della arteria ombelicale, un rapporto che nei feti normalmente perfusi assume un valore superiore ad 1. Il CPR si è dimostrato utile nella valutazione dell’emodinamica cerebrale di gravidanze complicate da IUGR poiché realizza una quantificazione dell’effetto di brain sparing.42

Gli studi riguardanti l’arteria vertebrale stanno suscitando interesse negli ultimi anni, da questi sì è potuto rilevare come in condizioni d’ipossia ,nel corso del primo e terzo trimestre di gravidanza, l’arteria vertebrale assume un comportamento simile a quello della arteria cerebrale media: si rileva infatti una diminuzione della sua impedenza, quindi del PI.43

Il persistere della condizione ipossica oltre l’evento acuto produce meccanismi di adattamento in grado di salvaguardare l’irrorazione delle strutture del tronco encefalico: dilatando i vasi sanguigni preesistenti, sviluppandone di nuovi attraverso la microangiogenesi, ottenendo complessivamente un aumento dell’afflusso di sangue e garantendo pertanto un’adeguata ossigenazione.

Nel primo trimestre di gravidanza un aumentato flusso sanguigno alle strutture del tronco encefalico permette un maggior grado di resistenza nei confronti di un eventuale insulto ipossico rispetto ad altre aree della corteccia cerebrale.

Un evento ipossico instauratosi o protrattosi fino al terzo trimestre determina un aumentato afflusso ematico sia nelle regioni anteriori che posteriori dell’encefalo, come testimoniato dalla riduzione del PI dell’ACM e della AV. L’eccessivo protrarsi dell’insufficiente ossigenazione fetale produce un ulteriore rimaneggiamento dei flussi ai territori cerebrali nel tentativo di salvaguardare quelle che sono le funzioni essenziali per la sopravvivenza dell’organismo: il PI dell’arteria cerebrale media aumenterà, il PI a livello dell’arteria vertebrale si manterrà pertanto basso per preservare un flusso adeguato

(23)

ai territori del tronco encefalico e al cervelletto, sedi delle funzioni motorie, posturali, respiratorie e cardiocircolatorie. 44

La possibilità di prevedere attraverso indagini ECD il rischio di un outcome neonatale avverso è stata verificata da Akolekar et all. 45 attraverso la ricerca di un rapporto tra il Cerebroplacentar Ratio, rapporto tra PI dell’arteria cerebrale media e PI dell’arteria uterina, e le caratteristiche neonatali. IL CPR valutato alla 35°-37° settimana di gestazione non si è dimostrato sufficientemente sicuro nel prevedere il rischio di sofferenza neonatale al momento del parto.

La difficoltà nell’eseguire un corretto campionamento dell’Arteria Cerebrale Media, specialmente nei casi in cui la testa fetale è localizzata in profondità nella pelvi materna, suggerisce la possibilità di affidare alla misurazione degli indici di flusso dell’arteria vertebrale il ruolo predittivo nello studio del rischio di eventi avversi neonatali.46

(24)

OBIETTIVI

I dati della Letteratura sono tutt’oggi scarsi o quasi assenti per quanto riguarda la valutazione flussimetrica dell’Arteria Vertebrale fetale.

L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare questo parametro ipotizzandone un ruolo fondamentale nello sviluppo del Sistema Nervoso Centrale nel I e II trimestre di gravidanza e la sua correlazione con i parametri neonatali: peso, lunghezza, circonferenza cranica, durata della gestazione, Apgar 5° minuto, pH arterioso e venoso ombelicale.

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MATERIALI E METODI

POPOLAZIONE DI PAZIENTI

Lo studio, a carattere prospettico, è stato condotto in 45 pazienti giunte alla nostra osservazione in un periodo compreso tra Febbraio e Luglio 2016.

Una prima popolazione di 23 pazienti è stata selezionata e studiata nel primo trimestre di gravidanza, mentre una seconda popolazione di 22 pazienti è stata studiata nel secondo trimestre.

La popolazione selezionata nel primo trimestre presentava la mediana dell’epoca gestazionale di 12+3 settimane (range 11+4 - 13+4), mentre la mediana dell’età materna risultava di 32 anni (range 24 - 40).

Per le pazienti studiate nel secondo trimestre, la mediana dell’epoca gestazionale era di 21+1 settimane (range 19+1 - 25+0) e la mediana dell’età materna di 32 anni (range 20 -

41).

L’epoca gestazionale di ogni paziente è stata ricalcolata in base alla lunghezza del CRL, misurato mediante ecografia, in modo da avere una standardizzazione dei valori sulla base della lunghezza del feto.

Per ciascuna gestante sono stati raccolti i seguenti dati anamnestici: parità e tipo di concepimento, etnia, peso e altezza, abitudine al fumo, presenza di patologie ed eventuale trattamento farmacologico in atto, familiarità di primo grado per trisomie e malformazioni strutturali.

Nei casi di multiparità, veniva indagato il decorso delle gravidanze precedenti, in particolare pregresse complicanze quali il parto pretermine, la pre-eclampsia, il diabete gestazionale ed anomalie cromosomiche e/o strutturali.

(26)

Sono state escluse dallo studio le gestanti che assumevano farmaci capaci di influenzare l’emodinamica vascolare, che riferivano tabagismo persistente anche in gravidanza o affette da patologie autoimmunitarie, tutte condizioni che di per sé possono causare un’alterazione della placentazione e dell’endotelio.

Il dosaggio plasmatico della PAPP-A in entrambi i gruppi è stato effettuato nel primo trimestre, in occasione del test di screening per le cromosomopatie.

Il dosaggio è stato eseguito mediante strumentazione BRAHMS KRYPTOR certificata dalla Fetal Medicine Foundation (FMF).

I parametri biochimici ottenuti sono stati convertiti in multipli della mediana (MoM) con il software ASTRAIA 2.8.0_3 che utilizza algoritmi stabiliti dalla FMF.

La conversione permette di correggere il valore della concentrazione plasmatica della PAPP-A sulla base del valore atteso in una gravidanza con le stesse caratteristiche quali parità, peso, etnia, abitudine al fumo, familiarità, anamnesi ostetrica, epoca gestazionale e metodo di concepimento opportunatamente indagate al momento della visita per il test di screening del primo trimestre.

(27)

METODICHE DI ACQUISIZIONE

Il campionamento dell’arteria vertebrale nel primo trimestre è stato eseguito con ECD durante l’ecografia di screening per le cromosomopatie.

L’acquisizione ecografica è stata eseguita tramite strumentazione Voluson E8 Expert, con sonda addominale convex-array ad un PRF di 4-4.5 kHz; l’operatore incaricato della rilevazione è una figura certificata dalla Fetal Medicine Foundation (FMF). Ogni misurazione è stata rilevata per almeno due volte considerando valido il valore ottenuto dalla loro media.

Per il campionamento del secondo trimestre è stata utilizzata la stessa strumentazione con lo stesso operatore; il reclutamento delle gestanti è avvenuto in occasione dell’ecografia morfologica, eseguita, secondo le Linee Guida SIEOG, nell’intervallo tra la diciannovesima e la ventunesima settimana di gestazione, in alternativa si è sfruttata l’ecografia eseguita per la valutazione dello screening della pre-eclampsia tra la ventiduesima e la ventiquattresima settimana di gestazione.

Il punto di repere ecografico dell’arteria vertebrale è individuabile partendo dal piano coronale della fossa cranica posteriore, raggiunto l’arco posteriore dell’atlante si identifica l’arteria vertebrale nel punto in cui attraversa il forame trasverso e si avvolge intorno alla massa laterale della vertebra in direzione mediana.

Una volta identificato il vaso, seguendone il decorso, ci si sposta inferiormente e, con un gate di 0.7-1mm per il primo trimestre, di 2-3mm per il secondo, si ottiene la misurazione del PI dall’onda Doppler.

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Figura 3. Eco-Color Doppler arteria vertebrale fetale Figura 4. Onda Doppler arteria vertebrale fetale

(29)

I dati relativi alle caratteristiche del parto, spontaneo o con taglio cesareo, sono stati ottenuti consultando i registri della sala parto dell’UO Ginecologia Universitaria dell’AOUP.

Le informazioni riguardanti il neonato quali: peso alla nascita, lunghezza, circonferenza cranica, Apgar 5° minuto, ammissione in terapia intensiva o sub-intensiva neonatale, durata della gestazione, pH arteria e vena ombelicale, sono stati rilevati dalla consultazione delle cartelle cliniche presso l’UO Neonatologia Universitaria dell’AOUP.

(30)

ANALISI STATISTICA

I valori rilevati durante lo studio sono stati ordinati in un database Excel 2016.

I valori di PI dell’AV registrati durante il primo trimestre di gravidanza mediante ECD sono stati correlati con peso alla nascita, lunghezza, circonferenza cranica, Apgar 5° minuto, durata della gestazione, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale.

Nel caso del peso alla nascita, lunghezza e circonferenza cranica i valori rilevati sono stati convertiti in centili secondo quanto riportato nella carte INeS47, quindi secondo sesso,

durata gestazione.

I dati inseriti sono stati trasferiti sul software Sigmaplot che è stato utilizzato al fine di calcolare la correlazione dei dati tramite test di Pearson: è stato considerato quale coefficiente di correlazione significativo la presenza di valori di p<0.05.

Tramite lo stesso software sono stati inoltre costruiti grafici di tipo scatter che permettono di identificare la distribuzione dei valori, ponendo sempre come variabile indipendente il PI dell’arteria vertebrale e variabili dipendenti i seguenti parametri:

• Peso alla nascita in centili • Lunghezza in centili

• Circonferenza cranica in centili • Apgar 5° minuto

• Durata gestazione • pH arteria ombelicale • pH vena ombelicale

Le pazienti sono state divise sulla base dei valori della PAPP-A in CASI e CONTROLLI: Ø CASI, valori di PAPP-A ≤ 0,4 MoM

(31)

La PAPP-A rappresenta la principale proteina coinvolta nei processi di placentazione, un suo deficit può essere espressione di un’alterata perfusione feto-placentare, quindi di ipossia fetale.

Procedimento analogo a quello del primo trimestre è stato eseguito anche per le pazienti studiate nel secondo trimestre di gravidanza, il PI dell’AV è stato quindi correlato con:

• Peso alla nascita in centili • Lunghezza in centili

• Circonferenza cranica in centili • Apgar 5° minuto

• Durata gestazione • pH arteria ombelicale • pH vena ombelicale

Per le pazienti del secondo trimestre così come quanto fatto per quelle del primo trimestre sono stati costruiti grafici scatter per la distribuzione dei valori.

Le pazienti sono state divise sulla base dei valori della PAPP-A in CASI e CONTROLLI: Ø CASI, valori di PAPP-A ≤ 0,4 MoM

(32)

RISULTATI

PRIMO TRIMESTRE

-Correlazione peso alla nascita in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del peso alla nascita in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 23 pazienti copre un range di peso alla nascita compreso tra il 16° e il 91° centile.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 5. Distribuzione Peso alla nascita verso PI dell'arteria vertebrale.

(33)

Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 1. Test di Pearson Peso vs PI Arteria Vertebrale Le variabili correlano positivamente per valori di p<0,05 (0,0380).

Il coefficiente di correlazione è positivo (+0,435), pertanto la correlazione è diretta, all’aumentare della variabile dipendente (Peso) si ha un corrispondente aumento della variabile indipendente (PI).

Per confermare quanto riscontrato le pazienti sono state divise in CASI e CONTROLLI sulla base dei valori della PAPP-A.

Le pazienti con valori di PAPP-A > 0,4 MoM sono rientrate nel gruppo CONTROLLI rappresentato numericamente da 19 casi, le pazienti con valori di PAPP-A ≤ 0,4 MoM sono rientrate nel gruppo CASI rappresentato numericamente da 4 pazienti.

Mediante l’utilizzo di Sigmaplot è stato costruito il grafico a Vertical Box Plot sottostante che identifica la media del PI dell’arteria vertebrale in relazione ai due diversi gruppi di pazienti.

Cell content PESO (centili)

Correlation Coefficient 0,435

P Value 0,0380

(34)

Figura 6. CASI VS CONTROLLI

Calcolando la media del PI dei due gruppi raffigurati tramite Sigmaplot sono stati ottenuti i seguenti valori:

Media (PI) CASI 1,8125

Media (PI) CONTROLLI 2,2468

Tabella 2. PI CASI vs PI CONTROLLI

La media del PI dei pazienti con valori di PAPP-A considerati patologici risulta inferiore a quella dei pazienti con valori di PAPP-A nella norma.

(35)

-Correlazione lunghezza in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori della lunghezza in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 23 pazienti copre un range di lunghezza compreso tra il 2° e il 100° centile.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 7. Distribuzione Lunghezza verso PI dell'arteria vertebrale.

Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 3. Test di Pearson Lunghezza vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra

Cell content LUNGHEZZA (centili)

Correlation Coefficient 0,141

P Value 0,521 NS

(36)

-Correlazione circonferenza cranica in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori della circonferenza cranica in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 23 pazienti copre un range di circonferenza cranica compreso tra il 3° e il 98° centile. Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 8. Distribuzione Circonferenza Cranica verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 4. Test di Pearson Circonferenza cranica vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content CIRCONFERENZA CRANICA

(centili)

Correlation Coefficient 0,155

P Value 0,481 NS

(37)

-Correlazione Apgar 5° minuto-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori dell’Apgar 5° minuto, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 23 pazienti copre un range di valori compreso tra 6 e 10.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 9. Distribuzione Apgar 5° minuto verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 5. Test di Pearson Apgar 5° minuto vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content APGAR 5° MINUTO

Correlation Coefficient -0,111

P Value 0,614 NS

(38)

-Correlazione durata gestazione-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori di durata della gestazione, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 23 pazienti copre un range di durata gestazione compreso tra il 37+3 settimane e 41+5 settimane.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 10. Distribuzione Durata gestazione verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 6. Test di Pearson Durata gestazione vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content DURATA GESTAZIONE

Correlation Coefficient 0,00496

P Value 0,982 NS

(39)

-Correlazione pH arteria ombelicale-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del pH dell’arteria ombelicale, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 12 pazienti copre un range di valori compreso tra 7,20 e 7,37.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 11. Distribuzione pH arteria ombelicale verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 7. Test di Pearson pH arteria ombelicale vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra

Cell content pH ARTERIA OMBELICALE

Correlation Coefficient 0,290

P Value 0,361 NS

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-Correlazione pH vena ombelicale-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del pH della vena ombelicale, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 12 pazienti copre un range di valori compreso tra 7,26 e 7,46.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 12. Distribuzione pH vena ombelicale verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 8. Test di Pearson pH vena ombelicale vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content pH VENA OMBELICALE

Correlation Coefficient -0,130

P Value 0,686 NS

(41)

SECONDO TRIMESTRE

-Correlazione peso alla nascita in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del peso alla nascita in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 22 pazienti copre un range di peso alla nascita compreso tra il 13° e il 100° centile.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 13. Distribuzione Peso alla nascita verso PI dell'arteria vertebrale.

(42)

Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 9. Test di Pearson Peso vs PI Arteria Vertebrale

Le variabili correlano positivamente per valori di p<0,05 (0,0328).

Il coefficiente di correlazione è negativo (-0,456), pertanto la correlazione è indiretta, all’aumentare della variabile dipendente (Peso) si ha una corrispondente diminuzione della variabile indipendente (PI).

Per confermare quanto riscontrato le pazienti sono state divise in CASI e CONTROLLI sulla base dei valori della PAPP-A.

Le pazienti con valori di PAPP-A > 0,4 MoM sono rientrate nel gruppo CONTROLLI rappresentato numericamente da 14 casi, le pazienti con valori di PAPP-A ≤ 0,4 MoM sono rientrate nel gruppo CASI rappresentato numericamente da 8 pazienti.

Mediante l’utilizzo di Sigmaplot è stato costruito il grafico a Vertical Box Plot sottostante che identifica la media del PI dell’arteria vertebrale in relazione ai due diversi gruppi di pazienti.

Cell content PESO (centili)

Correlation Coefficient -0,456

P Value 0,0328

(43)

Figura 14. CASI VS CONTROLLI

Calcolando la media del PI dei due gruppi raffigurati tramite Sigmaplot sono stati ottenuti i seguenti valori:

Media (PI) CASI 2,7562

Media (PI) CONTROLLI 2,2514

Tabella 10. PI CASI vs PI CONTROLLI

La media del PI dei pazienti con valori di PAPP-A considerati patologici risulta superiore a quella dei pazienti con valori di PAPP-A nella norma.

(44)

-Correlazione lunghezza in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori della lunghezza in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 22 pazienti copre un range di lunghezza compreso tra il 8° e il 100° centile.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 15. Distribuzione Lunghezza verso PI dell'arteria vertebrale.

Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 11. Test di Pearson Lunghezza vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content LUNGHEZZA (centili)

Correlation Coefficient -0,337

P Value 0,126 NS

(45)

-Correlazione circonferenza cranica in centili-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori della circonferenza cranica in centili, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 22 pazienti copre un range di circonferenza cranica compreso tra il 1° e il 99° centile. Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 16. Distribuzione Circonferenza Cranica verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 12. Test di Pearson Circonferenza cranica vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra

Cell content CIRCONFERENZA CRANICA

(centili)

Correlation Coefficient -0,289

P Value 0,193 NS

(46)

-Correlazione Apgar 5° minuto-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori dell’Apgar 5° minuto, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 22 pazienti copre un range di valori compreso tra 8 e 10.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 17. Distribuzione Apgar 5° minuto verso PI dell'arteria vertebrale.

Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 13. Test di Pearson Apgar 5° minuto vs PI Arteria Vertebrale

Cell content APGAR 5° MINUTO

Correlation Coefficient -0,648

P Value 0,00112

(47)

Le variabili correlano positivamente per valori di p<0,05 (0,00112).

Il coefficiente di correlazione è negativo (-0,648), pertanto la correlazione è indiretta, all’aumentare della variabile dipendente (Apgar 5° minuto) si ha una corrispondente diminuzione della variabile indipendente (PI).

(48)

-Correlazione durata gestazione-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori di durata della gestazione, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 22 pazienti copre un range di durata gestazione compreso tra il 36+0 settimane e 41+5 settimane.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 18. Distribuzione Durata gestazione verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 14. Test di Pearso Durata gestazione vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content DURATA GESTAZIONE

Correlation Coefficient -0,259

P Value 0,245 NS

(49)

-Correlazione pH arteria ombelicale-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del pH dell’arteria ombelicale, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 18 pazienti copre un range di valori compreso tra 7,13 e 7,49.

Utilizzando il software SIgmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 19. Distribuzione pH arteria ombelicale verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 15. Test di Pearson pH arteria ombelicale vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content pH ARTERIA OMBELICALE

Correlation Coefficient -0,0188

P Value 0,941 NS

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-Correlazione pH vena ombelicale-PI dell’arteria vertebrale

Riportiamo i valori del pH della vena ombelicale, variabile dipendente, in relazione ai valori del PI dell’arteria vertebrale, variabile indipendente. Il campione di 17 pazienti copre un range di valori compreso tra 7,20 e 7,49.

Utilizzando il software Sigmaplot è stato creato il grafico scatter riportato in figura.

Figura 20. Distribuzione pH vena ombelicale verso PI dell'arteria vertebrale. Il Test di Pearson, calcolato tramite Sigmaplot, ha riportato i seguenti valori:

Tabella 16. Test di Pearson pH vena ombelicale vs PI Arteria Vertebrale

Considerando significativo un test con p<0,05, la coppia di variabili correlata non mostra alcuna relazione statisticamente significativa.

Cell content pH VENA OMBELICALE

Correlation Coefficient -0,0922

P Value 0,725 NS

(51)

DISCUSSIONE

Le alterazioni dell’apporto di ossigeno e nutrienti al feto producono l’attivazione di meccanismi protettivi nei confronti delle strutture cerebrali e cardiache allo scopo di salvaguardare questi organi nobili a scapito di quelli periferici. Gli eventi conseguenti ad un ridotto apporto di ossigeno, descritti dalla teoria del “Fetal Brain Sparing”15, producono un cambiamento di flusso delle arterie deputate ad irrorare l’encefalo. La misurazione del flusso nell’arteria cerebrale media (ACM) costituisce al momento un elemento, codificato nelle Linee Guida, per il monitoraggio delle pazienti che hanno sviluppato IUGR. Lo studio del flusso nell’ACM nel corso del terzo trimestre di gravidanza non sì è però dimostrato sufficientemente valido nel predire gli outcome neonatali.45

L’arteria vertebrale, vaso ad oggi poco studiato, svolge un ruolo di primo piano nell’assicurare un corretto apporto di ossigeno alle strutture del tronco encefalico. Tale arteria reagisce in condizioni di ipossia attraverso un aumento del flusso, testimoniato dalla diminuzione del PI, allo scopo di garantire le funzioni cardiocircolatoria, respiratoria, motoria e posturale.44

Il nostro Studio nasce dall’idea di indagare i risultati prodotti dall’attivazione del meccanismo di “Brain Sparing”, al fine di scoprire se e quanto questa risposta protettiva nei confronti delle strutture encefaliche incida sui parametri neonatali.

Nel primo trimestre di gravidanza abbiamo valutato la flussimetria in AV di 23 pazienti; i valori ottenuti sono stati messi in relazione a caratteristiche neonatali quali peso, lunghezza, circonferenza cranica, Apgar 5° minuto, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale.

(52)

Non sono state osservate correlazioni significative tra i valori di PI e quelli della lunghezza espressa in centili, circonferenza cranica espressa in centili, Apgar 5° minuto, durata della gestazione, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale(p>0,05). (Fig. 7, 8, 9, 10, 11, 12)

Una correlazione significativa è stata rilevata tra il PI dell’AV e il peso alla nascita (p=0,038); le due variabili dimostrano una correlazione diretta (0,435): a valori di PI maggiori corrispondono valori di peso maggiori.(Fig. 5) Il risultato ottenuto è in linea con quanto al momento si conosce riguardo il comportamento dell’arteria vertebrale durante il primo trimestre; il riscontro di valori di peso minori nei soggetti con PI dell’AV più bassi, quindi con possibile attivazione del meccanismo di “Brain Sparing”, dimostrerebbe come il processo di salvaguardia del circolo cerebrale si ripercuota a livello del resto del corpo con lo sviluppo di feti di peso inferiore. La ridistribuzione persistente dell’output cardiaco ha lo scopo di mantenere un supporto di ossigeno e nutrienti al sistema cerebrale durante condizioni subottimali. Il ridotto apporto ematico agli organi periferici si accompagna ad un certo numero di effetti avversi.15

Il Fetal Brain Sparing risulta essere alla base della restrizione di crescita intrauterina (IUGR) asimmetrica, condizione nella quale si realizza una diminuzione della circonferenza addominale, quindi del peso fetale, a fronte di una normale circonferenza cranica.

A conferma del ruolo svolto dall’Arteria Vertebrale nel proteggere il tronco encefalico durante gli eventi ipossici abbiamo suddiviso le pazienti in CASI e CONTROLLI sulla base dei valori della PAPP-A, rispettivamente borderline/patologica (≤ 0,4 MoM) e normale (> 0,4 MoM). Il valore medio del PI dei CASI risulta essere di 1.8 mentre nei CONTROLLI il valore medio è di 2.2; questo dato conferma come nel gruppo con una

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PAPP-A borderline/patologica, quindi a rischio di ipossia fetale per insufficiente placentazione, l’AV si presenti vasodilatata per effetto del “Brain Sparing”. (Fig. 6) Come precedentemente eseguito per la popolazione del primo trimestre di gravidanza, anche nel secondo abbiamo valutato la flussimetria in AV. Nelle 22 pazienti sottoposte ad ECD i valori ottenuti sono stati messi in relazione a caratteristiche neonatali quali peso, lunghezza, circonferenza cranica, Apgar 5° minuto, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale.

Non sono state osservate correlazioni significative tra i valori di PI e quelli della lunghezza espressa in centili, circonferenza cranica espressa in centili, durata della gestazione, pH arteria ombelicale, pH vena ombelicale(p>0,05). (Fig. 15, 16, 18, 19, 20) Abbiamo riscontrato una correlazione significativa tra il PI dell’AV e il peso alla nascita anche nel secondo trimestre (p=0,0328). In questo caso, al contrario di quanto osservato nel primo, i due dati correlano tra loro in modo inverso (-0,456): all’aumentare del PI si osserva una diminuzione del peso alla nascita. (Fig. 13) Secondo quanto rilevabile in Letteratura, l’AV durante il secondo trimestre di gravidanza non partecipa all’effetto “Brain Sparing”, in questa fase il circolo posteriore sembra sacrificarsi a favore dei territori cerebrali anteriori come dimostrato dal maggiore afflusso di sangue in arteria cerebrale media.48In questa periodo della gestazione l’effetto di “Brain sparing” si manifesta attraverso una diminuzione del PI dell’arteria cerebrale media ed un aumento di quello dell’arteria vertebrale. I soggetti con una PAPP-A patologica/borderline dimostrano un valore medio di PI (2.75) superiore a quelli con PAPP-A normale (2.25) , infatti nei feti in condizioni di ipossia cronica questa fase della gestazione dimostra una diversa gerarchia di salvaguardia delle strutture cerebrali; la necessità di fornire un supporto sufficiente alle regioni della porzione anteriore dell’encefalo porta ad una diminuzione del flusso in AV. (Fig. 14)

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In entrambi i trimestri analizzati non è stata rilevata una correlazione significativa tra PI dell’AV e circonferenza cranica. I valori riscontrati sono nella maggior parte dei casi tendenti alla normalità, si tratta di un dato che può, seppur a livello teorico, rappresentare un’ulteriore prova di quanto il meccanismo di salvataggio del circolo cerebrale fornito dall’arteria vertebrale all’interno dell’evento ipossico cronico permetta di proteggere il normale sviluppo della massa cerebrale. Nel nostro studio non è emersa una differenza nel valore medio dell’indice Apgar al 5° minuto tra i neonati nei quali è probabilmente intervenuto il meccanismo di “Brain Sparing” e quelli in cui il meccanismo non si è attivato. Il sistema di adattamento del flusso in AV, nonostante la minore reattività durante il secondo trimestre, si dimostra sufficiente a permettere un normale apporto di ossigeno alle strutture del tronco encefalico permettendo lo sviluppo di feti che mostrano caratteristiche favorevoli al momento della nascita.

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