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Inquinamento atmosferico. Atti delle 7e Giornate Italiane mediche dell'ambiente - Arezzo 18-19 ottobre 2013

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I

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Atti delle 7e Giornate italiane mediche dell’ambiente Arezzo, 18-19 ottobre 2013

A cura di Andrea Forni e Maria Grazia Petronio

2014 ENEA

Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile

Lungotevere Thaon di Revel, 76 00196 ROMA

ISBN: 978-88-8286-305-0

La pubblicazione raccoglie parte degli Atti delle 7e Giornate italiane mediche dell’ambiente, in particolare i documenti redatti da due gruppi di lavoro nazionali appositamente costituitisi Convenzione ISDE-ENEA firmata il 24.02.2013

I

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(3)

Obiettivi dell’evento

- Focalizzare l’attenzione sull’inquinamento atmosferico, anche sulla base degli orientamenti e delle strategie adottate a livello internazionale ed europeo (UE).

- Creare un’occasione di dibattito e di condivisione delle conoscenze su questo tema di notevole rilievo in sanità pubblica e contribuire a promuovere la multidisciplinarità e la promozione della salute in tutte le politiche.

- Favorire l’integrazione dei servizi e delle professionalità valorizzando le iniziative di promozione e di tutela della salute nella programmazione ai diversi livelli (nazionale, regionale e locale) e le strategie condivise per obiettivi comuni.

- Mettere a punto strumenti e metodologie, per la valutazione di piani strategici (piani mobilità, rifiuti, energetico ecc.) e di strumenti di pianificazione urbanistica con l’obiettivo della tutela della salute e costruire position paper condivisi da istituzioni scientifiche e associazioni a supporto delle pubbliche amministrazioni.

Evento realizzato con il patrocinio di:

Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Istituto Superiore di Sanità - ISS, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici

Chirurghi e Odontoiatri - FNOMCeO, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO - Campagna DESS Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile

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Position papers

“La sostenibilità dell’ambiente abitato”

“Principi e linee di indirizzo per un sistema della mobilità sostenibile”

Promossi da:

ISDE, ENEA, Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR), Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale - Università La Sapienza di Roma, ASL di Milano - Dipartimento di Prevenzione Servizio di Igiene Pubblica e Sanità, ASL di Empoli - Dipartimento di Prevenzione UO Igiene e Sanità Pubblica, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Università di Pisa, Centro Sperimentale per l’Educazione Sanitaria - Università di Perugia, Provincia di Firenze - Unione Comuni del Circondario Empolese Valdelsa, Associazione nazionale architettura bioecologica (ANAB), Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-IFC), Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano, Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale -

Università La Sapienza di Roma, Università di Firenze - Facoltà di Architettura, WWF, Politecnico di Milano - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-IFC), Comune di Montelupo Fiorentino, Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (SIOMI), Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (CNR-IRPPS), Consorzio Mario Negri Sud (CMNS), Associazione Italiana di Agrobiologia e S.A. di Allergologia e Immunologia Clinica, Fondazione Maugeri, Facoltà di Scienze Ambientali - Università di Pisa, Istituto Superiore di Sanità (ISS), Associazione Culturale Pediatri (ACP), Legambiente, RST Ricerche e Servizi per il Territorio, Centro Francesco Redi, Rete Città Sane, Regione Toscana, Centro Franco Basaglia, Uni Arezzo, Agenzia della Mobilità Provincia di Bolzano, Gruppo nazionale igiene edilizia Società Italiana di Igiene (SItI).

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Indice

LA SOSTENIBILITA DELL’AMBIENTE ABITATO ... 8

Quadro di riferimento ... 9

L’attuale modello di sviluppo e le ricadute su ambiente e salute ... 9

L’ambiente urbano: impatti sull’ambiente e sulla salute ... 11

L’ambiente indoor ... 18

L’abitato sostenibile ... 20

Il rapporto tra l’urbano ed il suo contesto territoriale... 20

Il rapporto tra la città e la salute, verso l’edificio sostenibile ... 21

Normativa di riferimento ... 24 Il consumo di suolo ... 24 L’urbanistica ... 24 I requisiti igienico-sanitari ... 25 Le città metropolitane ... 25 Le opere edilizie ... 26

La semplificazione amministrativa per le opere edilizie ... 27

La sicurezza dei materiali da costruzione ... 28

Il risparmio energetico nelle opere edilizie ... 29

VAS vantaggi e criticità ... 33

I limiti delle azioni messe in atto finora ... 35

I limiti dell’attuale struttura amministrativa ... 35

I limiti delle scelte strategiche per il territorio in Italia ... 36

La mancata tutela del paesaggio ... 38

I limiti della deregulation ... 38

La scelta delle grandi opere ... 39

L’opportunità della crisi ... 40

Strategie e proposte operative ... 41

Il ruolo attivo dell’abitante come elemento strategico fondamentale delle politiche urbanistiche ed edilizie ... 42

Raccomandazioni strategiche dell’OMS per affrontare i determinanti della salute nel contesto urbano ... 44

Una proposta strategica di bioregione urbana ... 45

(6)

ALLEGATO 1 NORMATIVA ... 50

Scheda 1.1 Sicurezza ... 50

Scheda 1.2 Prodotti da costruzione ... 51

Scheda 1.3 Risparmio energetico ... 52

Scheda 1.4 Ventilazione ... 53

Scheda 1.5 Informazione ... 55

ALLEGATO 2 BEST PRACTICE ………..56

Scheda 2.1 Quartiere sperimentale Ecolonia ... 56

Scheda 2.2 Friburgo in Brisgovia ... 59

Scheda 2.3 Ex Ospedale Psichiatrico S.Artemio ... 62

Scheda 2.4 Area ex Mattatoio ... 64

Scheda 2.5 Smart Peripheral Cities for Sustainable Lifestyles-Peripheria ... 66

Scheda 2.6 Condomini Intelligenti ... 68

Scheda 2.7 Condominio Villaverde ... 71

Scheda 2.8 Residenza sanitaria assistita Medale ... 73

Scheda 2.9 Certificazione Energetico Ambientale – Marchio INBAR ... 75

Scheda 2.10 Regolamento per l’edilizia bio-eco sostenibile dei comuni della ASL 11 di Empoli ... 77

PRINCIPI E LINEE DI INDIRIZZO PER UN SISTEMA DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE ... 79

Il diritto alla libera circolazione e il suo esercizio ... 80

Il sistema della mobilità italiano ... 81

Le dimensioni di riferimento ... 81

Il parco veicoli e la mobilità delle persone ... 82

Distanze e scelte modali ... 83

Un modello di mobilità costoso, inefficiente e dannoso ... 85

I costi complessivi della mobilità ... 85

L’inefficienza trasportistica... 86

L’impatto del traffico sull’ambiente ... 87

L’impatto del traffico sulla salute e sul benessere dei cittadini ... 88

La sicurezza stradale ... 89

La coesione sociale ... 90

Principi e obiettivi ... 91

Principi e indirizzi generali ... 91

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Linee guida ... 99

Consapevolezza ... 99

Informazione ... 100

Valutazioni di impatto e Bilancio integrato ... 100

Monitoraggio dei risultati ... 100

Campi prioritari di azione ... 101

Nuove regole per il governo della mobilità ... 101

Ambiente stradale urbano ... 101

Trasporto pubblico ... 102

Mobilità non motorizzata (pedoni e ciclisti) ... 103

L’esercizio autonomo della mobilità da parte dei bambini ... 105

La mobilità degli anziani ... 105

La gestione della mobilità aziendale (Mobility management) ... 106

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POSITION PAPER

LA SOSTENIBILITA DELL’AMBIENTE ABITATO

Coordinatori

Maria Grazia Petronio, Dipartimento di Prevenzione - ASL 11 di Empoli, ISDE sez. di Pisa Antonio Faggioli, Università di Bologna, ISDE sez. di Bologna

Gruppo di lavoro

Amoruso Regina, Provincia di Firenze - Unione Comuni del Circondario Empolese Valdelsa Appolloni Letizia, Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale - Università La Sapienza di Roma Baldissara Bruno, ENEA

Barletta Michele, ASL Milano - Dipartimento di Prevenzione - Servizio di Igiene Pubblica e Sanità Battisti Francesca, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Università di Pisa Bauleo Filippo A., Centro Sperimentale per l’Educazione Sanitaria - Università di Perugia Bertolucci Giulia, Istituto Nazionale di Bioarchitettura

Buffoli Maddalena, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Camana Sigfried, Associazione nazionale architettura bioecologica (ANAB)

Capolongo Stefano, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Concilio Maria Grazia, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Cori Liliana, Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-IFC)

D'Alessandro Daniela, Fac. di Ingegneria Civile e Industriale Università La Sapienza di Roma, Soc. Italiana d’Igiene De Felice Pierluigi, Facoltà di Geografia - Università di Cassino

Fanfani David, Faculty of Architecture, Florence University Ficorilli Stefano, WWF

Fidanza Andrea, ENEA Forni Andrea, ENEA

Geddes Marco, Medico esperto in programmazione sanitaria

Granata Elena, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani - Politecnico di Milano

Leo Carlo Giacomo, Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica (CNR-IFC) Manetti Riccardo, Comune di Montelupo Fiorentino

Masciello Ennio, Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (SIOMI) Mincarone Pierpaolo, CNR-IRPPS

Nachiero Dario, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Olivetti Ivano, ENEA

Oppio Alessandra, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Pagliani Tommaso, Consorzio Mario Negri Sud (CMNS)

Pala Gianni, Ass.ne Italiana di Agrobiologia, S.A. di Allergologia e Immunologia Clinica, Fondazione S. Maugeri Patrizio Carlo, Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale - Università La Sapienza di Roma

Pileri Paolo, Politecnico Milano - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Pirovano Chiara, WWF

Raimondi Egidio, Associazione nazionale architettura bioecologica (ANAB)

Rebecchi Andrea, Dep. of Architecture, Built environment and Construction engineering - Politecnico di Milano Rognini Paolo, Facoltà di Scienze Ambientali - Università Pisa

Settimo Gaetano, Istituto Superiore di Sanità (ISS) Todesco Laura, Associazione Culturale Pediatri (ACP) Zanchini Edoardo, Legambiente

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Quadro di riferimento

L’attuale modello di sviluppo e le ricadute su ambiente e salute

Secondo il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite 1965, “Lo sviluppo deve creare un

ambiente in cui sia possibile sfruttare al massimo da parte delle persone il loro potenziale e condurre vite creative e produttive in accordo con i loro bisogni e interessi. Una società sviluppata è quella in cui le persone sono messe in condizione di potere fare scelte per la valorizzazione della propria esistenza e il miglioramento della qualità della vita”.

I fattori che consentono alle persone di fare tali scelte sono la salute, l’istruzione e l’accesso alle risorse primarie che comprendono l’acqua, il cibo e l’abitazione.

Il Rapporto della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo del 1987 ha definito sostenibile: “Lo sviluppo che soddisfi i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità

delle generazioni future di soddisfare i propri”.

La Conferenza dell’ONU su “Ambiente e Sviluppo”, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, ha precisato che “ Lo sviluppo sostenibile indica la possibilità di garantire in un territorio lo sviluppo economico,

industriale, infrastrutturale ecc., rispettandone le caratteristiche ambientali, ossia utilizzando le risorse naturali in funzione della capacità del territorio stesso di sopportare tale uso”.

Lo sviluppo è un processo che deve tendere ad accrescere il benessere collettivo e la solidarietà umana, obiettivo che non può essere assicurato dalla sola crescita economica. Nessuna delle dimensioni da cui dipende la sostenibilità dello sviluppo – etica, ecologica, economica e di salute – può prescindere, pertanto, dalle altre, costituendo un insieme integrato di fattori interagenti. Per uno sviluppo sostenibile sono necessarie l’integrazione del “valore di sostenibilità” nelle politiche settoriali (UE. Trattato di Amsterdam, 1997), nonché l’informazione e la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali (UE Carta di Aalborg, 1994; Convenzione di Aarhus, 1998). L’umanità dipende dall’ambiente in cui vive; non può modificarlo prescindendo da tale dipendenza e alterando gli equilibri che la regolano.

Sono quelli enunciati finora dunque i principi e i vincoli che debbono informare tutte le scelte politiche che hanno impatto sul territorio e l’ambiente.1,2

Recenti stime3 hanno esaminato lo scenario fino al 2050 per identificare i potenziali impatti ambientali delle tendenze demografiche ed economiche mondiali in assenza di politiche "verdi" più ambiziose concentrandosi su quattro settori: il cambiamento climatico, la biodiversità, le risorse idriche e gli impatti dell'inquinamento sulla salute.

1

Commissione Europea, 2000. Verso un quadro della sostenibilità a livello locale. Relazione tecnica, Uff. Pubblicazioni Ufficiali delle Comunità Europee.

2 Progetto LIFE, Fare patto con l’ambiente, 2001. Vol. I: “Elementi e principi della sostenibilità dello sviluppo locale”. Attività di diffusione previste dal Progetto LIFE ENV/IT/000032 della Commissione Europea.

3

OECD Environmental Outlook to 2050. The Consequences of Inaction, 2012

(10)

La popolazione potrebbe superare i 9 miliardi di individui entro il 2050, con un aumento relativo della domanda di energia (fino al 80% in più) e del consumo di risorse naturali. Il cambiamento del clima potrebbe diventare irreversibile principalmente a causa delle emissioni di gas serra, per effetto delle quali, entro la fine del secolo, la temperatura potrebbe aumentare fino a 6 °C, con conseguenze gravi sull’ecosistema. Effetti rilevanti dei cambiamenti climatici in atto comprendono, tra gli altri, la degradazione dei suoli, l’acidificazione degli oceani, la deplezione dell’ozono stratosferico, della fertilità della terra, il danno in generale all’ecosistema, l’alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo.45

Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC6 il riscaldamento del clima è inequivocabile e molti dei cambiamenti osservati dal 1950 a oggi sono senza precedenti su una scala temporale che va dalle decine di anni ai millenni. Oceani e atmosfera si sono riscaldati, la quantità di neve e ghiaccio è diminuita, i livelli dei mari si sono alzati e sono aumentate le concentrazioni di gas serra in atmosfera. Tra 1880 e 2012, la temperatura media della Terra, ovvero quella della superficie degli oceani e delle terre emerse combinate insieme, è cresciuta di 0,85 gradi Celsius. In particolare, l’analisi delle temperature dell’atmosfera ha mostrato che ciascuno degli ultimi tre decenni è stato più caldo del precedente e che il primo decennio del XXI secolo è stato il più caldo in assoluto dal 1850. Il riscaldamento degli oceani domina l’aumento di energia immagazzinata nel sistema climatico, ed è responsabile di oltre il 90 per cento dell’energia accumulata tra 1971 e 2010, come suggerisce anche l’aumento di 0,11 gradi Celsius per decennio registrato fino a 75 metri di profondità, sempre tra 1971 e 2010. 7

La biodiversità (calcolata come abbondanza media delle specie – Mean Species Abundance) potrebbe diminuire del 10%, principalmente a causa del consumo di suolo da parte dell’uomo, nonché a seguito dell’aumento delle temperature e dell’inquinamento: si stima che attualmente si estinguano circa 30.000 specie di esseri viventi all’anno. La domanda di acqua dolce potrebbe aumentare a livello globale fino al 55% con relativi problemi di approvvigionamento, in particolare in Africa ed Asia.

Nel 2050 oltre il 40% della popolazione mondiale vivrà in grave stress idrico e quasi il 20% potrebbe essere esposta a inondazioni. Il valore economico stimato delle attività a rischio di inondazioni è di circa 45 miliardi di dollari entro il 20508. Inoltre, anche l'inquinamento delle acque è in aumento, aggiungendo incertezza sulla futura disponibilità di acqua.

Infine, l’inquinamento atmosferico potrebbe diventare la prima causa ambientale di mortalità prematura a livello mondiale. Tale e tanto significativa è l’influenza che l’Uomo sta esercitando sulla biosfera e sugli equilibri ambientali del pianeta che l’epoca attuale è stata da alcuni definita Antropocene, inquadrando Homo sapiens come una forza in grado di spingere o distorcere gli

4

Rockstrom J, Steffen W, Noone K et al. A safe operating space for humanity. Nature 2009;461:472-5. 5

Ostberg S. et al. Critical impacts of global warming on land ecosystems. Earth Syst. Dynam. Discuss., 2013; 4:541-565. 6 IPPC - WGI AR5 SPM-36 27 September 2013 Summary for Policy makers.

7

IPCC Contribution to the IPCC Fifth Assessment Report Climate Change 2013: The Physical Science Basis. 8

OECD Environmental Outlook to 2050. The Consequences of Inaction, 2012.

(11)

equilibri naturali oltre i limiti di sicurezza per il mantenimento del benessere sociale e biologico dell’uomo stesso.9

Gli effetti sulla salute dei cambiamenti climatici in atto comprendono: le alluvioni e gli eventi estremi, le ondate di calore con aumento della mortalità. Gli effetti previsti per il futuro sono: l’aumento della malnutrizione e del rischio di contrarre malattie infettive e respiratorie, con implicazioni per la crescita e lo sviluppo dei bambini; l’aumento delle morti e degli incidenti causati da eventi estremi più intensi e più frequenti; l’aumento della frequenza delle malattie cardio-respiratorie, oculari e di neoplasie cutanee causate dall’alta concentrazione di ozono sulla superficie terrestre e nella stratosfera; il cambiamento della distribuzione geografica di alcune piante, dei vettori e dei parassiti e delle relative malattie; l’alterazione dell’ecologia degli agenti infettivi diffusi dalle acque e dagli alimenti con aumento delle malattie diarroiche e di altre malattie legate al cibo e all’acqua; la diminuzione della mortalità in alcune aree dovuta alla minore esposizione al freddo10.

L’ambiente urbano: impatti sull’ambiente e sulla salute

Circa la metà della popolazione mondiale - 3,4 miliardi di persone - vive in aree urbane e il numero potrebbe arrivare a 6,3 miliardi entro il 2050.11 La proporzione della popolazione globale residente in aree urbanizzate sarà intorno al 60% entro il 2030 12 con un aumento del 72% in 30 anni.

L’urbanizzazione determina consumo e cambiamento delle caratteristiche del suolo, che è una delle principali cause del cambiamento climatico globale. Il suolo edificato, infatti, copre attualmente circa il 3 % di quello disponibile in totale sulla superficie terrestre, ma con una ben più rilevante impronta ecologica. Se il consumo di suolo per lo sviluppo continua ad espandersi ad un ritmo maggiore rispetto alla crescita demografica e la densità urbana diminuisce - come sta avvenendo nei paesi occidentali – le aree urbanizzate potrebbero occupare fino al 7% della superficie disponibile terrestre nei prossimi vent’anni 13.

La cementificazione (urbanizzazione) di aree talvolta considerevolmente ampie è una tra le più cruente cause di trasformazione e perdita di suolo. Questo fenomeno - trantorizzazione - rappresenta un grave problema ambientale le cui dimensioni sembrano amplificarsi nel tempo essendo fortemente correlato ai nuovi modelli di sviluppo: i suoli “sigillati” dal cemento e dall’asfalto difficilmente potranno tornare ad essere produttivi e tali alterazioni provocano una perdita di valore geobiologico da 10 a 40 volte superiore alla velocità di ripristino pedogenetico14.

9 McMichael AJ. Globalization, climate change and human health. N Engl J Med,2013;368:1335-43.

10 Orlandini S., Ghironi M., Cecchi L., Morabito M., Gensini G.F. (2004). Cambiamenti climatici e salute umana: possibili

conseguenze ed adattamenti. Toscana Medica, 7, 8-10.

11

United Nations. World urbanization prospects: the 2009 revision. Department of Economic and Social Affairs, Population Division; New York: 2010.

12

van Ginkel, HJA.; Marcotullio, PJ. Asian urbanisation and local and global environmental challenges. In: Keiner, M.; Koll-Schretsenmayr, M.; Schmid, WA., editors. Managing urban futures: sustainability and urban growth in developing countries. Surrey: Ashgate Pub Ltd; 2007.

13

Rosenthal JK, Sclar ED, Kinney PL, Knowlton K, Crauderueff R, Brandt-Rauf PW. Links between the built environment, climate and population health: interdisciplinary environmental change research in New York City. Ann Acad Med

Singapore 2007; 36: 834-46.

14

(12)

In Italia, il proliferare di nuovi modelli di sviluppo – loisir15, sprawl urbano ed urbanizzazione

“selvaggia” – ha provocato un degrado pedologico senza precedenti16. Dal rapporto ISPRA 201117 risulta che il consumo di suolo dal 1945 al 1995 è sempre stato sopra la media europea (2,3%): già nel 1956 era stato cementificato il 2,8% del territorio - 8.000 kmq - mentre nel 2010 si è arrivati a circa 21.000 kmq corrispondenti al 7% del suolo italiano18.

Secondo CRCS (Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo), INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e Legambiente in Italia ogni giorno scompare sotto il cemento una superficie pari a circa 100 ettari (2013). In pratica, dagli 8 m2 ai 10 m2 al secondo con rilevanti ricadute: se un ettaro è in grado di fornire cibo per 6 abitanti in un anno, la Lombardia, che ha consumato 218.000 ettari negli ultimi trent’anni, ha rinunciato a provvedere alla fornitura di cibo tramite risorse locali per circa 1.313.000 abitanti (il Veneto per 910.000, il Piemonte per 120.000)19. Questo significa che le nostre Regioni dovranno soddisfare la domanda alimentare interna rifornendosi fuori dai propri confini, con negative ricadute occupazionali e ambientali (filiera lunga). La riduzione dell’autocapacità produttiva alimentare interna espone il Paese a sempre maggiori condizionamenti sul mercato agricolo internazionale che sappiamo essere a sua volta la miccia di tensioni politiche tra Stati e negli Stati stessi.

Il suolo, inoltre, svolge un ruolo centrale per la protezione dell’acqua e lo scambio di gas con l’atmosfera, grazie a funzioni di magazzinaggio, filtraggio, tampone e trasformazione (Comunicazione 179/CE/2002 “Verso una strategia tematica per la protezione del suolo”). Il consumo di suolo agricolo implica quindi anche altri costi ambientali tra cui la gestione dell’acqua e la compensazione della CO2. Se un ettaro di terreno agricolo è in grado di assorbire – e poi

rilasciare gradualmente – 3700 tonnellate di acqua, cementificare significa ritrovarsi anche a dover spendere in reti per drenare l’acqua in eccesso20.

La gestione del suolo dovrebbe invece essere tale da minimizzare gli effetti negativi e consentire di conservarlo per le generazioni future, poiché si tratta di una risorsa limitata che come tale va trattata con ogni cura, in quanto deve essere in grado di mantenere le potenzialità necessarie al regolare svolgimento delle attività biologiche che garantiscono la vita sul pianeta21.

15

Con il termine “loisir” (tempo libero) si intende una nuova tipologia di vendita e di distribuzione commerciale. 16

Jones R.J.A., Hiederer R., Rusco E., Loveland P.J., Montanarella L. (2004). The map of organic carbon in topsoils in Europe: version 1.2. Special Publication Ispra 2004, n. 72, SPI.04.72, European Commission Joint Research Centre. Commissione Europea, Comunicazione 179/2002.

17

ISPRA-Produzione termoelettrica ed emissioni CO2 Rapporti 135/2011, www.isprambiente.it 18

Mercalli L, Sasso C. Le mucche non mangiano cemento, Torino, Società Metereologica Subalpina, 2004. 19

La stima è stata elaborata da Paolo Pileri. Per approfondimenti si veda Pileri P. (2013), La tutela del suolo (risorsa ambientale e bene comune) nel cuore della Agenda Urbana, in Consiglio Italiano per le Scienze Sociali, Atti del seminario Forum dell’agenda urbana italiana, 23 gennaio 2013, Roma, Palazzo San Macuto, CSS; Pileri P. (2013), Case senza terra. La sfida dell’abitare di domani: dare casa senza consumare suolo, in Boatti A. (a cura di), Abitare in

Lombardia ai tempi della crisi, Maggioli editore, Sant’Arcangelo di Romagna (RN), p. 121-139 (oltre alle slide

presentate in occasione della Summer School 2013 Emilio Sereni (http://www.fratellicervi.it/content/view/517/262/). 20 Pileri P. Granata E. (2012), Amor Loci. Suolo, ambiente, cultura civile, Raffaello Cortina Editore, Milano; slide presentate in occasione della Summer School 2013 Emilio Sereni (http://www.fratellicervi.it/content/view/517/262/). 21

Turner B.L., Kaspersonb R.E., Matson P.A., McCarthy J.J., Corell R.W., Christensen L., Eckley N., Kasperson J.X., Luers A., Martello M.L., Polsky C., Pulsipher A., Schiller A. (2003), A framework for vulnerability analysis in sustainability science. PNAS, 100, 14, pp. 8074-8079.

(13)

Si dovrebbe riflettere sul fatto che per scavare 50 cm di terreno basta un colpo di ruspa, mentre per rigenerarne 10 cm occorrono 2000 anni. Servono poi 100.000 anni perché un suolo acquisisca le caratteristiche di piena maturità. I fattori pedogenetici sono il tempo, il tipo di roccia su cui si forma (roccia madre), la morfologia del territorio, il clima e gli organismi animali e vegetali in esso viventi22. L'uomo, in pochi decenni, ha svolto un ruolo tanto determinante da essere stato in grado di modificare tutti questi fattori.

Realizzare politiche di prevenzione per il suolo è difficile anche a causa della scarsità di dati, ma è necessario individuare un ordine di priorità a partire dalle principali minacce2324:

 La perdita di biodiversità: la biodiversità del suolo è fondamentale in quanto riflette l’enorme varietà di organismi, dai batteri ai mammiferi. Su questa tematica è stato condotto recentemente uno studio da parte di ricercatori del Joint Research Centre, che hanno identificato le aree europee in cui la biodiversità del suolo è sottoposta a maggiore pressione antropica, hanno valutato le principali cause di minaccia e classificato il territorio comunitario in base al relativo livello di potenziale pressione. Il 56% dei suoli europei risulta sottoposto a pressioni antropiche significative e le aree con livelli di rischio elevato, molto elevato ed estremamente elevato rappresentano, rispettivamente, il 9%, 4% e 1% del territorio comunitario per il quale erano disponibili dati ESDAC (European Soil Data Centre) di partenza. Livelli di rischio basso, molto basso ed estremamente basso, corrispondono invece al 14%, 12% e 4% del territorio, mentre il restante 13% mostra un grado di rischio moderato. 25 I principali fattori di rischio identificati sono stati l’agricoltura intensiva, la presenza di specie invasive e l’impoverimento del carbonio organico nel terreno.

 La compattazione del terreno: questa può essere determinata dall’uso di macchine pesanti in agricoltura. Un suolo molto compatto ha minore capacità di immagazzinare e condurre l’acqua, diviene meno permeabile per le radici delle piante ed aumenta il rischio di perdita del suolo dovuta all’erosione dell’acqua. Alcuni studiosi ritengono il rischio di compattazione del terreno alto o molto alto, anche se le stime sono diverse.

 La contaminazione: a causa di più di 200 anni di industrializzazione, la contaminazione del terreno è un problema diffuso in Europa. I contaminanti più frequenti sono i metalli pesanti e gli oli minerali. I siti da bonificare, che hanno ospitato attività inquinanti, sono circa 3 milioni.

 L’erosione: si ritiene che 105 milioni di ettari di territorio europeo (il 16%, esclusa la Russia) siano soggetti ad erosione idrica e 42 milioni ad erosione dovuta al vento.

 Le frane: causate da abbandono (incuria) del suolo e da variazioni d’uso.

22

White E.R. (2007), Principles and practice of soil science. The soil as a Natural Resource. Blackwell, pp. 363. 23

Jones R.J.A., Hiederer R., Rusco E., Loveland P.J., Montanarella L. (2004). The map of organic carbon in topsoils in Europe: version 1.2. Special Publication Ispra 2004, n. 72, SPI.04.72, European Commission Joint Research Centre. 24

Comunicazione della commissione delle comunità europee al Consiglio, al Parlamento europeo, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni. Verso una strategia tematica per la protezione del suolo. Bruxelles, 16.4.2002. COM(2002)179.

25

(14)

 La diminuzione della materia organica: la materia organica è la principale componente del terreno e ne controlla alcune funzioni vitali. Circa il 45% dei terreni europei hanno un basso o molto basso contenuto di materia organica, soprattutto nei paesi del Sud dell’Europa, anche se situazioni analoghe sono presenti in Francia, Gran Bretagna, Germania, Norvegia e Belgio. Il motivo è dovuto alla trasformazione di terreni boschivi ed erbosi in terreni agricoli.  La salinità: è il risultato della concentrazione di sali e di altre sostanze legate all’irrigazione

e alla fertilizzazione. Alti livelli di salinità del terreno lo rendono sterile. Questo è dovuto ad una cattiva gestione dei territori irrigati.

 La sigillatura: questo fenomeno avviene quando i terreni agricoli o anche non coltivati vengono mangiati dalla crescita disordinata del tessuto urbano, dallo sviluppo delle attività industriali e dalle infrastrutture di trasporto. Questo comporta la rimozione di strati di terreno e la perdita di importanti funzioni svolte dal suolo, come la capacità di produrre cibo, di stoccare l’acqua e di regolare la temperatura.

Infine anche i cambiamenti climatici potrebbero peggiorare lo stato del terreno e determinarne la desertificazione.

Oltre al consumo di suolo il settore residenziale (abitativo civile, terziario e commerciale) è responsabile in Europa del 40% del consumo energetico totale e rappresenta la principale fonte emissiva di CO2 nell’Unione europea.26 Per questo presenta un potenziale notevole per quanto

riguarda il risparmio energetico che, se realizzato, significherebbe una riduzione a livello europeo dell’11% di energia finale nel 2020. Gli edifici e l’ambiente costruito, inoltre, producono ogni anno 450 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e da demolizione, ossia più di un quarto di tutti i rifiuti prodotti in quanto è ancora bassa inoltre la quota di materiali edili che possono essere riutilizzati o riciclati e utilizzano il 50% di tutti i materiali estratti, in fase di costruzione e uso27. L’ambiente costruito urbano è per sua natura in grado di modificare anche aspetti microclimatici locali.

Le aree urbane sono considerate vere e proprie “isole di calore” (urban heat-island effect) rispetto alle circostanti aree rurali in quanto i materiali maggiormente presenti (laterizi, lapidei, bituminosi) possiedono un’elevata conducibilità termica, per cui assorbono una grande quantità della radiazione solare incidente. A ciò va aggiunto il calore proveniente dai processi di combustione, che insieme ad altri fattori possono causare modificazioni della temperatura. Inoltre la forma urbana tende ad “intrappolare il calore piuttosto che a disperderlo”, ed è da considerare come una delle “cause dell’incremento delle temperatura in città. Studi ENEA 28 hanno rilevato differenze di temperatura fino a 7-8 °C tra zone della stessa città con impianti urbani differenti.

26

Commission of the European communities. Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the energy performance of buildings. Brussels, 14.1.2009. COM(2008) 780 final/2.

27

Comunicazione della Commissione delle comunità europee al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell'impiego delle risorse”. Bruxelles, 20.09.2011. COM (2011) 571.

28

(15)

Oggi è risaputo che nell’area urbana la temperatura media annua può aumentare fino a 5.0 °C in più, mentre la minima invernale media può variare da +1 °C a +4 °C. Inoltre l’isola di calore influisce sensibilmente sul sistema di assorbimento e cessione del calore nell’atmosfera e contribuisce a stravolgere i movimenti dell’aria, riducendone la circolazione, con un conseguente drastico calo della diluizione dei polluenti atmosferici presenti in area urbana. La relazione tra temperatura esterna e danni alla salute nelle città è ben evidente: studi condotti in diverse città europee e americane dimostrano che le ondate di calore sono collegate ad incrementi significativi di mortalità e morbosità. 29,30

Appare meno chiaro l’effetto che l’isola di calore può determinare sulla salute mediante la modifica della temperatura indoor, anche per via del contributo di altri fattori decisivi come la qualità degli edifici. Una prima stima31 effettuata in Inghilterra suggerisce che il 40% delle morti causate dall’aumento della temperatura (ondate di calore) potrebbe essere attribuito all’isola di calore.

Oltre che dall’eccessivo riscaldamento nel periodo estivo gli ambienti urbani, così come si sono sviluppati, sono caratterizzati generalmente dal sovraccarico edilizio, dalla incongrua disponibilità di spazi verdi fruibili, dall’irrazionale distribuzione di servizi essenziali, dalla mortificazione del senso di identità dei luoghi, dal rumore, dall’inquinamento atmosferico e visivo, dall’affollamento32.

Queste situazioni sono sfavorevoli a condurre una vita in condizioni di benessere e sono invece favorevoli all’insorgenza di numerosi disturbi e patologie, tra cui si evidenziano quelli psichici ed in particolare la reazione di stress. Lo stress è una condizione fisiologica di adattamento dell’organismo agli stimoli posti dall’ambiente fisico e sociale, che può assumere connotazioni patologiche se prolungato nel tempo. La disaffezione dell’individuo al luogo urbano può assumere dimensioni più estese quando il disagio, fuoriuscendo dalla sfera soggettiva, diventa elemento comune di gruppi, ceti, categorie di abitanti. Ciò, come dimostrano numerosi studi, può comportare diffuse e cruente reazioni di aggressività individuale e collettiva.33

Stress, disturbi del comportamento alimentare, disturbo antisociale di personalità, attacchi di panico, aggressività, disturbo narcisistico di personalità, compulsività, abuso di sostanze, dipendenze sono tra le più comuni e diffuse forme psicopatologiche e di disagio connesse all’abitare in aree urbane: un ambiente superantropizzato particolarmente favorevole all’insorgenza di disturbi psichici e psichiatrici così come classificati dal DSM IV34.

Questo è vero soprattutto per i bambini, per i quali la possibilità di fruire autonomamente, progressivamente, fin dalla prima decade di vita, degli spazi esterni, è di fondamentale importanza non solo per lo sviluppo fisico ma anche mentale e sociale.

29

Kovats RS, Hajat S. Heat stress and public health: a critical review. Annu Rev Public Health. 2008; 29:41–55.

30 O’Neill MS, Ebi KL. Temperature extremes and health: impacts of climate variability and change in the United States. J Occup Environ Med. 2009; 51:13-25.

31

Mavrogianni A, Davies M, Batty M et al. The comfort, energy and health implications of London’s urban heat Island.

Build Serv Eng Res Tech 2011; 32: 35-52.

32

Rapporto CRESME SAIENERGIA 2009 I° Rapporto su ENERGIA E COSTRUZIONI – L’efficienza energetica in edilizia, fra benessere, risparmio e ambiente.

33 FULIGNI P., ROGNINI P., Manuale di Ecologia Urbana e Sociale, Milano, Angeli, 2005. 34

(16)

Consente il movimento quotidiano, l'imparare ad orientarsi ed identificarsi nel proprio territorio, favorisce l'acquisizione di autonomia e l'incremento della fiducia nelle proprie capacità, facilita le relazioni sociali ed educa al rispetto dell'ambiente.

È da notare altresì che è nelle primissime fasi della vita umana e in particolare nel corso della vita embrio-fetale che tanto lo stress quanto l’inquinamento chimico-fisico possono avere un impatto maggiore sulla salute, interferendo sulla programmazione epigenetica di organi e tessuti e aprendo la strada a patologie endocrino-metaboliche (obesità, diabete II), cardiovascolari, immunomediate (allergie e malattie autoimmuni), neurodegenerative e del neuro sviluppo, della sfera riproduttiva e tumorali destinate a manifestarsi dopo anni o decenni 35

.

Come è noto, nell’interazione uomo/ambiente-urbano i luoghi e gli stimoli fisici danno adito a comportamenti ovvero ad attività, abitudini e costumi che cambiano tali luoghi, generando nuovi stimoli, all'interno di una continua reciproca variazione. Tutto quel che avviene quotidianamente e quotidianamente si moltiplica e si diffonde - per imitazione - in ambienti affollati è agito, prodotto, dal comportamento di milioni di individui: ma non viene percepito e riconosciuto dai singoli attori come conseguenza, diretta o indiretta, del proprio agire e quindi appare come effetto perverso di un sistema immanente, al di sopra di qualunque possibilità di intervento e di cambiamento.33 Particolare rilievo, quindi, si attribuisce al comportamento del singolo individuo inteso, non soltanto come prodotto delle grandi cause esterne e circostanti, ma anche come causa, esso stesso, di tanti fenomeni assolutamente rilevanti all'interno del sistema urbano. In quest’ottica, si possono modificare i comportamenti individuali e collettivi non solo con campagne di comunicazione “persuasive”; anzi, si potranno assumere nuovi modelli di condotte soprattutto creando un circolo virtuoso di ambienti favorevoli/apprendimenti per imitazione36. Realizzando quindi un particolare ambiente urbano che faciliti e incoraggi comportamenti “socialmente ed ecologicamente” corretti – per esempio l’utilizzo di mezzi di trasporto sostenibili - che possano a loro volta essere riprodotti mediante apprendimento sociale. A ciò si può aggiungere il coinvolgimento dei cittadini in processi partecipati sulla gestione dell’ambiente urbano, dall’arredo urbano all’illuminazione, dal decoro alla pulizia, dalla gestione del verde alla regolamentazione del traffico, in cui si sentano finalmente attori protagonisti e non più spettatori passivi. Da questi punti di vista si può enfatizzare quello che viene definito “l’occhio sulla strada”, ovvero la presenza di attività, persone, finestre e affacci degli edifici, che svolgono una funzione di controllo informale sugli spazi pubblici e dissuade quindi i criminali dal commettere le loro azioni. L’appartenenza è il senso di identificazione del cittadino con il luogo in cui vive o lavora, per il quale egli controlla e difende ciò che sente proprio 37.

35

Burgio E. Ambiente e Salute. Inquinamento, interferenze sul genoma umano e rischi per la salute. C.G. Edizioni Medico Scientifiche. Cuneo, 2013.

36

Bandura A. Learning and Personality Development, New York, Holt, 1964. Bandura A. Social foundations of thought and action: a social cognitive theory, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1986. Bandura A. Social Learning Theory. New York: General Learning Press, 1977.

37

(17)

Dunque le aree urbane se da un lato offrono l’opportunità di vivere in un contesto salutare per le maggiori possibilità di accesso ad una molteplicità di servizi, tra cui anche quelli destinati alla cultura ed alla ricreazione, dall’altro presentano rischi per la salute e nuove sfide sanitarie.3839La salute, infatti, intesa come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”40,41è determinata da una molteplicità di fattori che ricadono anche al di fuori del dominio strettamente biomedico42,43

e sui quali ben si comprende quanto la città possa giocare un ruolo determinante. Negli ultimi 150 anni la ricerca, in continuo sviluppo sul tema, ha chiaramente dimostrato che il modo in cui le città sono pianificate e gestite produce sostanziali differenze nella salute dei propri abitanti. 44La valutazione di lungo termine degli outcome sanitari include ormai come determinanti elementi socio-ambientali, quali, in sintesi: abuso di sostanze stupefacenti, violenza, isolamento e povertà estrema;45 46l’inquinamento delle acque, la scarsa igiene e la qualità dell’aria (sia outdoor che indoor), come rilevato da Hughes e colleghi;47 il sovrappopolamento, le elevate esposizioni a fattori di rischio quali tabacco, l’alimentazione non adeguata, l’inattività fisica, l’abuso di alcool, gli infortuni stradali, le infrastrutture inadeguate, i sistemi di gestione dei rifiuti, il difficoltoso accesso ai servizi assistenziali nelle periferie come evidenziato dall’OMS.38

Riassumendo possiamo affermare che molte città, a causa della complessa interazione tra i determinanti sopra riportati, sono soggette ad una tripla minaccia:

 malattie infettive aggravate da condizioni di povertà e da mutamenti climatici che ne favoriscono la diffusione48

;

 malattie non trasmissibili – quali malattie cardiache, cancro e diabete – indotte da inquinamento delle matrici ambientali, consumo di tabacco, alimentazione non corretta, inattività fisica, abuso di alcol, esposizione a calore e a rumore49

;  Incidenti (anche stradali), infortuni, violenza e crimine.

38

World Health Organization. Why urban health matters. 2010. http://www.who.int/entity/world-health-day/2010/media/whd2010background.pdf - accessed September 3rd, 2013).

39 Rydin Y, Bleahu A, Davies M et al. Shaping cities for health: complexity and the planning of urban environments in the 21st century. Lancet 2012; 379: 2079-2108.

40

WHO. [accessed April 16, 2012] Constitution of the World Health Organization. http://www.who.int/governance/eb/who_constitution_en.pdf

41 WHO and UN-HABITAT. Hidden cities: unmasking and overcoming health inequities in urban settings. World Health Organization, The WHO Centre for Health Development, Kobe, and United Nations Human Settlements Programme; Kobe: 2010.

42

Kickbush I. The move towards a new public health. Promot Educ. 2007; 14:9.

43 Sclar E.D., Garau P., Carolini G. The 21st century health challenge of slums and cities. Lancet. 2005; 365:901-03. 44

GRNUHE. Improving urban health equity through action on the social and environmental determinants of health: global research network on urban health equity, 2010. UCL; London: 2010.

45 Marmot, M. Strategic Review of Health Inequalities in England post 2010. London: 2000. The Marmot Review. 46

Marsella AJ. Urbanization, mental health, and social deviancy. A review of issues and research. American psychology, 1998; 53(6):624-634.

47 Hughes BB, Kuhn R, Peterson CM, et al. Projections of global health outcomes from 2005 to 2060 using the International Futures integrated forecasting model. Bull World Health Organ. 2011; 89:478–86.

48

McMichael AJ, Woodruff RE, Hales S. Climate change and human health. Lancet 2006, 367(9513):859-869.

49 Passchier-Vermeer W, Passchier WF. Noise exposure and public health. Environmental Health Perspectives, 2000; 108 Suppl 1:123-131.

(18)

L’insieme è inoltre aggravato dalla condizione di povertà dei residenti, che si sta affacciando in misura rilevante anche nelle aree nord-americane ed europee.

È inoltre largamente documentato che gli svantaggi ambientali gravano sui membri più poveri della società e agiscono maggiormente nelle aree geografiche più deprivate. Infatti, le comunità più svantaggiate, di solito, risiedono nelle aree più degradate dove è più probabile che manchino spazi aperti di buona qualità, percorsi facili pedonali e ciclabili, servizi accessibili ed alloggi piacevoli ed accoglienti. Tale condizione assume un rilievo sociale in presenza di realtà urbane con scarsa prospettiva di uno sviluppo orientato al mix sociale e delle funzioni.50

Si stanno a questo proposito accumulando lavori scientifici che indagano la correlazione tra disuguaglianze di salute, basso livello socio economico e disponibilità di spazi verdi negli ambienti di vita. Uno studio pubblicato su Lancet dimostra un effetto di “mitigazione” della disponibilità di verde sulle disuguaglianze in salute legate alla differenza di SES (socio-economic status), descrivendo un’associazione inversa tra spazi verdi e mortalità per tutte le cause che appare più evidente per popolazioni a minore SES in Inghilterra e Galles. 51

Un lavoro più recente invece ha indagato la correlazione tra esposizione al verde nel quartiere di residenza e i relativi benefici in termini di salute psicofisica, ipotizzando un ruolo di mediatore nello stato di stress – misurato attraverso il dosaggio del cortisolo salivare in diversi momenti della giornata - concludendo che nei soggetti indagati (residenti in comunità deprivate socioeconomicamente) alti livelli di verde urbano si correlano ad una minor percezione dello stress e ad un benefico declino del livello di cortisolo nella giornata.52

L’ambiente indoor

L’inquinamento outdoor, insieme a errate tecniche costruttive e all’uso di materiali pericolosi per la salute è anche causa di una cattiva qualità dell’ambiente indoor.

Per ciò che riguarda la biocompatibilità (bios = vita), l’igiene ed il comfort, l’attuale situazione degli ambienti abitativi risulta critica53 dato che gli edifici ad uso abitativo sono quasi sempre inseriti in

contesti poco salubri a causa dell’inquinamento atmosferico, acustico, elettromagnetico e della mancanza di verde. Gli spazi di vita sono spesso ridotti e poco funzionali, gli edifici sono orientati senza tener conto dell’esposizione al sole e alle correnti d’aria e i materiali utilizzati spesso sono pericolosi per la salute. Alla luce di studi condotti in Italia ed all’estero risulta che i luoghi chiusi presentano una concentrazione di sostanze inquinanti anche più elevata rispetto a quella misurata all’aperto, con conseguente peggioramento della qualità dell’aria indoor (IAQ).545556

50

Ciraolo F. e Geddes M. Pianificazione del territorio e salute.

http://www.saluteinternazionale.info/2012/01/pianificazione-del-territorio-e-salute/.

51 Mitchell, R.; Popham, F. Effect of exposure to natural environment on health inequalities: An observational population study. The Lancet 2008; 372: 1655–1660.

52

Roe JJ, Thompson CW, Aspinall PA, et al. Green Space and Stress: Evidence from Cortisol Measures in Deprived Urban Communities. Int J. Environ Res Public Health 2013; 10: 4086-4103.

53 Rapporto CRESME SAIENERGIA 2009 I° Rapporto su ENERGIA E COSTRUZIONI - L’efficienza energetica in edilizia, fra benessere, risparmio e ambiente.

54

Petronio MG e Pagni S La regolamentazione edilizia in funzione del nuovo paradigma energetico e del binomio ambiente/salute. Il caso studio dei comuni dell’ASL 11 di Empoli in Territori ad alta energia. Governo del territorio e

pianificazione energetica sostenibile: metodi ed esperienze, a cura di C. Faragazzi e D. Fanfani, Firenze University

(19)

Gli inquinanti indoor possono essere di natura biologica (legionella, miceti ecc.), fisica (gas radon, radiazioni elettromagnetiche, rumore), chimica organica (COV, formaldeide, idrocarburi policiclici aromatici ecc.) e inorganica (fibre volatili di amianto e fibre sintetiche). 57

A ciò si aggiunge che oggi l’eredità delle antiche conoscenze costruttive, adattate alla peculiarità dei luoghi ed agli stili di vita delle popolazioni, ha subito nei tempi una “normalizzazione” in termini legislativi, orientata per lo più ad una codificazione geometrica di parametri urbani ed edilizi.

Da cui deriva che, a fronte di un’accresciuta consapevolezza dei rapporti tra abitato ambiente e salute e nonostante i progressi e le conoscenze in campo edilizio e tecnologico, che pure hanno contribuito al risanamento di molti casi di condizioni di vita inaccettabili, gli ambienti di vita sono diventati sempre meno consoni alle esigenze individuali.

Tutto ciò comporta effetti fortemente negativi sulla salute umana venendosi a configurare quella che prende il nome di ‘Sindrome da Edificio Malato’ per indicare una serie di disturbi della salute connessi al soggiorno abituale in edifici insalubri, ed ormai noti da tempo, ma anche nuove sindromi di definizione ancora incerta ma sempre più frequenti come la sensibilità chimica multipla.

Se si considera che nelle società sviluppate le persone trascorrono il 90% del proprio tempo in ambienti chiusi e che il 50% della popolazione mondiale vive ‘stipata’ nei principali centri urbani (e si stima che entro il 2050 ben il 70% della popolazione risiederà nelle città) è facile comprendere la portata del problema per la sanità pubblica.

Inoltre, alcune soluzioni finora individuate (ad es. l’installazione sistematica di impianti di condizionamento) per far fronte ai cambiamenti climatici, e in particolare alla calura estiva nelle città, non sono molto razionali dato che stanno producendo un aumento del consumo di energia elettrica58, un aumento della temperatura esterna e dell’inquinamento e favoriranno lo

stazionamento forzato dentro le abitazioni soprattutto per gli anziani e i bambini.

Ormai da alcuni anni visto il crescente interesse igienico-sanitario che il problema riveste, a livello comunitario diversi Paesi, hanno istituito gruppi di lavoro multidisciplinari, con il compito specifico di elaborare valori guida per la qualità dell’aria negli ambienti indoor; tra questi Germania, Francia, Belgio, Portogallo, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia, ed Austria. Questi valori se correttamente utilizzati, possono permettere una migliore valutazione della qualità dell’aria negli ambienti confinati. I valori guida proposti sono corredati dai relativi metodi di prelievo e di analisi e in molti dei suddetti Paesi sono stati recepiti nella normativa.

55

Aprea M.C. et al. Inquinamento chimico indoor e outdoor nelle scuole della Toscana. In Atti del 25° Congresso Nazionale AIDII (Associazione Italiana degli Igienisti Industriali), 2007.

56 Settimo G. La qualità dell’aria in ambienti confinati: nuovi orientamenti nazionali e comunitari. Notiziario dell’Istituto Superiore di sanità. Vol. 25, n.5 Maggio, 2012.

57

Braubach M, Jacobs DE, Ormandy D. Environmental burden of disease associated with inadequate housing. World Health Organization Regional Office for Europe, Copenhagen, 2011.

58

(20)

Nella legislazione italiana non esiste un riferimento normativo; ma va fatto osservare come nella Circolare n°57 del 22 giugno 1983 del Ministero della Sanità Direzione Generale Servizi Igiene Pubblica-Divisione V “Usi della formaldeide-Rischi connessi alle possibili modalità d’impiego”, veniva riportato al capitolo III -nelle more dell’emanazione di una normativa specifica in via sperimentale e provvisoria- un limite massimo di esposizione di 0,1 ppm (124 µg/m3) da determinarsi in locali confinati e chiusi da almeno 24 ore.

L’abitato sostenibile

L’abitato sostenibile sotto il profilo sociale, economico ed ambientale, si compone di tre elementi, interconnessi, che andando dall’esterno verso l’interno sono individuati dalla letteratura e dalla prassi in: 1) il territorio che contiene lo spazio urbanizzato, 2) l’area urbana stessa, o città, 3) l’edificio in essa contenuto.

Il rapporto tra l’urbano ed il suo contesto territoriale

Il ritorno al territorio, inteso come culla e prodotto dell’abitare dell’uomo sul pianeta, bene rappresenterebbe quella necessità di reintegrare nelle analisi socio-economiche gli effetti delle azioni dell’uomo sulla qualità della vita e sulla qualità ambientale. Nel territorio così interpretato, natura, cultura e storia possono allora ritrovare la loro sintesi originaria, che invece i processi di omologazione del pensiero meccanicista moderno hanno compromesso. Gli stessi equilibri vitruviani, nell’ars aedificandi, tra Firmitas, Utilitas e Venustas sono stati progressivamente ed esclusivamente ridotti, dalla sovraesposizione dell’economia e dei suoi apparati tecnico-finanziari, alle sole Utilitas e Necessitas. Se dunque facciamo coincidere concettualmente il territorio con quello scenario in cui storia, natura e cultura s’intrecciano per costituire quell’unicum irripetibile che è la “località”, anche le declinazioni classiche della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) risultano parziali. Più opportunamente, si dovrebbe parlare di sostenibilità territoriale, intendendo così ricomprendere, oltre alle tre componenti appena citate, anche gli aspetti più generalmente culturali, non direttamente connessi con le azioni di modificazione del territorio propriamente dette, ma comunque legate al processo di riconoscimento identitario degli abitanti di un luogo. Ecco perché è diventato urgente che la gestione del territorio, a partire da quello urbano, pur all’interno del perimetro concettuale ed epistemologico della sostenibilità, travalichi i confini classici delle Scienze dell’Architettura e dell’Ingegneria, per estendere quei contenuti a tutti i campi dell’abitare. In un certo senso, si potrebbe dire che la nuova città sarà sostenibile quando essa, con il suo territorio, favorirà (e allo stesso tempo ne sarà il risultato conseguente) un abitare sostenibile, aperto a nuovi stili di vita, a nuovi saperi, a nuovi valori, il cui centro sia occupato dall’uomo abitante, non solo dal consumatore (di risorse) o dal produttore (di rifiuti). Il binomio Sostenibilità territoriale/Abitare sostenibile, al cui interno, ciascuno dei due elementi venga inteso come strategia e obiettivo dello stesso processo, rappresenta quindi una centralità tutta originale anche per i processi di pianificazione della città nuova, perché apre la strada ad un nuovo concetto di sostenibilità: non è più solo la minimizzazione degli impatti ambientali delle azioni antropiche, ma diviene un paradigma delle relazioni sinergiche che si stabiliscono tra ambiente naturale, ambiente antropico e ambiente costruito nell’insediamento dell’uomo contemporaneo.

(21)

Si tratta di una nuova cultura urbana e territoriale, fondata sulla convinzione che la produzione di ricchezza durevole e sostenibile può avvenire solo in un contesto di sviluppo locale, a sua volta incentrato sulle economie a base territoriale, quali ad esempio sono stati i distretti industriali italiani (della moda, del design, delle ceramiche, della pasta, dell’olio, del vino ecc.) vissuti come modelli che hanno consentito un legame identitario tutto nuovo con il contesto socio-territoriale locale. Il legame che vi si stabilisce genera un processo virtuoso (economie locali >> questione identitaria >> questione ambientale) attraverso il quale è possibile reinterpretare il ruolo del territorio come centrale nelle dinamiche produttive, “perché il territorio come fabbrica diventa

l’ambiente in base al quale si può competere”59.

Il territorio, lungi dall’essere considerato solo come un mero supporto tecnico-funzionale della produzione, assume allora la connotazione di patrimonio, inteso come bene comune, del quale prendersi cura per la conservazione delle sue qualità, che però non coincidono né solo con il suo valore d’uso, né con il suo valore di scambio in quanto risorsa. Il patrimonio territoriale ha invece a che fare con l’identità durevole degli stessi abitanti, cioè con quel sistema di relazioni strutturanti che hanno trasformato la preesistente natura in territorio. La sua interpretazione secondo questi termini annulla le differenze tra ambiente urbanizzato e ambiente rurale, tra ambiente della produzione e ambiente dei consumi. La città come la campagna sono il luogo in cui fitte trame di relazioni si intrecciano per disegnare una complessità spesso ignorata, talvolta artificiosamente semplificata e invece sempre essenziale nella lettura dell’ insediamento umano. Si tratta di una rete di relazioni che da sola costituisce il vero sistema portante anche delle nostre città. Perciò stesso la città, al pari di tutto il territorio, deve produrre ricchezza materiale senza produrre nel contempo povertà immateriale, cioè deve produrre quella che abbiamo già definito come l’identità di lunga durata di quegli abitanti. E ciò avviene proprio attraverso quel sistema di relazioni che, lungi dall’assimilarla a un “meccanismo” puro e semplice, la avvicina invece ad un “organismo” vivente, nel quale ogni componente comunica e scambia con le altre componenti. La comunicazione produce nuova conoscenza e quest’ultima, un nuovo intreccio tra saperi esperti e saperi contestuali, tutti ugualmente necessari per contribuire a ricostruire il legame identitario tra abitante e territorio, secondo regole costitutive riconosciute e condivise.

Il rapporto tra la città e la salute, verso l’edificio sostenibile

Con il termine “città sane” si indicano città che creano e migliorano continuamente l’ambiente fisico e il contesto sociale, mettendo le persone nelle condizioni di sostenersi a vicenda per realizzare e sviluppare al massimo tutte le attività della vita. 60 A partire da principi guida maturati nel tempo, si è recentemente sviluppato l’Healthy Urban Planning, un nuovo approccio (integrato, sostenibile e aperto) incentrato sullo stretto rapporto tra pianificazione urbana e salute, finalizzato alla promozione di principi e pratiche di pianificazione urbana per una città sana.

59

Giuseppe De Rita, Aldo Bonomi, "Manifesto per lo sviluppo locale. Teoria e pratica dei Patti Territoriali", Bollati Boringhieri, Torino, 1998.

60 Hancock T, Duhl L. Healthy cities: Promoting health in the urban context. Copenhagen: WHO Regional Office Europe; 1986.

(22)

E negli ultimi anni sono state molte le iniziative che alcune amministrazioni locali insieme ai cittadini hanno messo in atto per promuovere condizioni di buona salute avvalendosi anche degli strumenti messi a disposizione dall’Agenda 21 6162. Questo documento ha sottolineato, in particolare, quanto sia determinante il ruolo delle comunità urbane per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Attualmente nel quadro politico europeo è stata istituita Health 2020, la policy che ribadisce il valore delle strategie di sviluppo urbano rispetto ai determinanti di salute. Si tratta di una politica comune di riferimento per i 53 Stati Membri della Regione Europea dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) con un obiettivo condiviso: “migliorare in misura significativa la salute e il benessere delle popolazioni, ridurre le disuguaglianze nella salute, potenziare la sanità pubblica e garantire sistemi sanitari centrati sulla persona, che siano universali, equi, sostenibili e di elevata qualità”.

Lo sviluppo urbano diventa così una forma di prevenzione primaria che promuove comportamenti sani attraverso: un sistema di trasporto che incoraggia la mobilità pedonale e ciclabile, un’organizzazione funzionale della città che garantisce l'autonomia a ciascuna sua parte, un progetto di aree verdi che risponde alle esigenze di tutti i cittadini e che è indirizzato a sostenere la ricreazione, il benessere e l'interazione sociale.63646566

In un contesto urbano così concepito la composizione dei caratteri dell’edificio deve essere studiata al fine di progettarla in modo funzionale al miglioramento delle condizioni complessive del sistema ambientale (area urbana) all’interno del quale si inserisce e la cui qualità (dell’edificio e dell’area urbana) è strettamente connessa al benessere dell’individuo, concorrendo a rendere anche energeticamente efficiente l’area sulla quale insiste. 67

Possiamo quindi affermare che il miglioramento della qualità dei singoli edifici, dal punto di vista della sicurezza, del benessere dell'uomo e della tutela dell’ambiente, non dipende solamente da nuove tecniche e materiali, bensì da un modo nuovo di pensare e progettare.

Gli accorgimenti che permettono di ottenere un’alta qualità (interna ed esterna degli edifici) devono tenere conto dei seguenti elementi 65:

analisi del sito e relazione con il contesto naturale (caratteristiche fisiche dell'intorno, orientamento, microclima, accessibilità, integrazione degli impianti);

61

United Nations Conference on Environment & Development. AGENDA 21. Rio de Janeiro, Brazil, 3 to 14 June 1992 62

Petronio MG, Pedone A. Esperienze locali: “Agende 21” “Città Sana” in Salute e Territorio, Anno XXV, Nov.-Dic. 2004, Pisa.

63

Barton H, Tsourou C. Healthy urban planning: a WHO guide to planning for people. London: Spon press; 2000. 64 Barton H, Grant M, Guise R. Shaping neighbourhoods: a guide for health, sustainability and vitality. London: Spon press; 2003.

65

Frank LD, Engelke PO, Schmid TL. Health and community design: the impact of the built environment on physical

activity. Washington: Island Press; 2003.

66

Edwards P, Tsouros A. Promoting physical activity and active living in urban environments: the role of local governments. Copenhagen: WHO Europe; 2006.

67 Petronio et al. Regolamento per l’edilizia bio-eco sostenibile. 2a edizione. Matera, Tipografia Publidea Policoro, 2012. <http://portale.usl11.net/dati/all20130312_reg_edilizia_20122013.pdf> Accessed 09/13.

(23)

ecogestione (tutela delle risorse naturali; utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, riduzioni delle emissioni; recupero e riciclo delle acque; recupero e riutilizzo dei materiali da costruzione; riduzione e differenziazione dei rifiuti; riduzione dell’inquinamento luminoso, atmosferico, acustico, elettromagnetico e da radiazioni ionizzanti);

salute (è in realtà un elemento trasversale che può essere influenzato da tutti gli altri e al contempo dovrebbe costituire il criterio di riferimento per la progettazione);

comfort (igrotermico, acustico, olfattivo, visivo: rispetto dei parametri tecnici e aggiunta di qualità dal punto di vista percettivo, ad esempio per quello che riguarda l'utilizzo dell’illuminazione naturale, l'individuazione di punti di vista privilegiati ecc.);

prodotti da costruzione (attenzione alla provenienza e ai processi produttivi);

Un edificio dovrebbe considerare la relazione con il contesto urbano in cui è inserito. Contesto non più solo ambientale, ma anche sociale e storico. Questo perché l’effettiva qualità non è riconducibile alla somma dei componenti, ma è determinata dalle relazioni che tra questi si stabiliscono. Per questo si dovranno tenere in considerazione i seguenti elementi65:

materiali locali (cioè materiali “tipici” del luogo che possano esprimere il legame con il territorio e con i metodi costruttivi locali tradizionalmente percepiti come di qualità);

economia dei prodotti da costruzione (ecogestione e provenienza in un raggio di 300 km, in modo che si riduca l'impatto ambientale ed economico dovuto a lunghi trasporti; maggior spinta e sostegno economico al mercato locale);

manutenzione in fase di utilizzo.

I punti riportati sopra non devono intendersi come regole da applicare pedissequamente per ogni intervento di nuova costruzione o ristrutturazione di un edificio, ma piuttosto come fattori da inserire nei percorsi formativi e la cui presenza va monitorata nei piani di sviluppo urbani e nei progetti operativi.

Nel concreto, anche per la costruzione dei singoli fabbricati, non è più sufficiente parlare genericamente di sostenibilità, soprattutto riducendo il concetto di sostenibilità a quello di efficienza energetica: occorre tracciare una nuova strada sulla quale possano confluire progettazione integrata, applicazione in cantiere, certificazioni serie, stili di vita, che generino una cultura diffusa dell'abitare sostenibile.

In questa prospettiva è possibile allora dire che le preoccupazioni ambientali guideranno le scelte per l'energia, la salubrità dei materiali, l'habitat confortevole, i rifiuti, la trasformabilità, spostando l'attenzione dalle necessità meramente tecniche-funzionali a quelle umane di salute, di relazione e di qualità di vita, che come già detto partono dall’edifico per coinvolgere tutta l’area urbana ed il suo contesto territoriale.

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Normativa di riferimento

Il consumo di suolo

Nonostante l’importanza del suolo per la nostra società non esiste una normativa a livello europeo che specificatamente lo protegga. Le politiche europee che riguardano l’acqua, i rifiuti, i prodotti chimici, l’inquinamento industriale, i pesticidi, l’agricoltura contribuiscono indirettamente a proteggere il suolo. Tuttavia poiché queste politiche hanno altre finalità non risultano adeguate a garantire un livello di protezione idoneo per il suolo europeo stesso.

Solo nel corso della vigente XVII Legislatura sono state presentate alla Camera e al Senato proposte di legge per contenere il consumo di suolo, nonostante proposte della Commissione Europea sulla “Strategia tematica per la protezione del suolo” (COM 2006, 231), sulla “Tabella di marcia per un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” (COM 2011,571) e gli “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilità dei suoli” (SWD 2012, 101).

L’urbanistica

La Legge urbanistica n. 1150/1942, come modificata dalla Legge n. 765/1967, ha avuto due limiti: non ha mai avuto effettiva attuazione per mancanza del regolamento attuativo e presentava un impianto centralizzato contrastante con l’evoluzione del sistema delle autonomie regionali instaurato nel 1970 e poi modificato con la riforma del Titolo V parte seconda della Costituzione. Ciò nonostante la legge urbanistica ha costituito riferimento per la individuazione dei principi fondamentali cui si è ispirata la legislazione regionale di dettaglio sulla base delle competenze riconosciute alle Regioni dall’art. 117 della Costituzione prima della riforma del Titolo V. Ne sono derivati limiti alla legislazione regionale in materia, non avendo a disposizione un quadro di principi di riferimento coerente con il dettato costituzionale. Sono venuti a mancare un ordinamento organico e unitario per l’intero territorio nazionale, il superamento del criterio gerarchico che informa la struttura della pianificazione territoriale, il raccordo tra pianificazione urbanistica e le altre forme di pianificazione previste dalla normativa di settore, la soluzione della sperequazione nel regime dei suoli. Si rendeva quindi necessario un quadro normativo di principi che contribuisse a precisare le funzioni amministrative statali in materia coordinate con le normative di settore, a riconoscere ai Comuni una competenza primaria nella pianificazione urbanistica e alle Regioni un ampio mandato sui contenuti e gli ambiti territoriali della pianificazione del territorio.

L’autonomia legislativa delle Regioni ha tuttavia permesso ugualmente di adottare modelli di pianificazione variabili, quindi sostitutivi di quelli indicati dalla Legge n. 1150/1942.

Con la modifica dell’art. 117 della Costituzione (Legge Costituzionale n. 3/2001) il “governo del territorio” è divenuta materia di legislazione concorrente delle Regioni, con l’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato.

L’attuale ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000) attribuisce a Comuni, Province e Città metropolitane il compito di regolamentare le materie di propria competenza, con norme che hanno quali limiti i principi inderogabili fissati dallo Stato.

Riferimenti

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