• Non ci sono risultati.

REAZIONI DI SONOGASHIRA ACILICA PROMOSSE DA CATALIZZATORI SUPPORTATI SU MATRICI ORGANICHE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "REAZIONI DI SONOGASHIRA ACILICA PROMOSSE DA CATALIZZATORI SUPPORTATI SU MATRICI ORGANICHE"

Copied!
123
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN:

CHIMICA

Curriculum: Organico (classe LM-54)

Reazioni di Sonogashira acilica promosse da

catalizzatori supportati su resine organiche

Relatori interni:

Dott.ssa Laura Antonella Aronica

Controrelatore: Prof. Adriano Carpita

Candidato: Salvatore Interlandi

(2)
(3)

“Ring the bells that still can ring

Forget your perfect offering, there is a crack in everything and that’s how the light gets in”.

(4)
(5)

1

Indice

Introduzione e Scopo della Tesi ... 5

Bibliografia ... 14

Capitolo 1: Reazione di Sonogashira acilica ... 15

1 Reazione di Sonogashira ... 17

2 Reazione di Sonogashira carbonilativa ... 20

3 Reazione di Sonogashira acilica ... 22

3.1 Caratteristiche generale ... 24

3.2 Catalizzatori omogenei ... 27

3.3 Catalizzatori supportati ... 29

Bibliografia ... 42

Capitolo 2: Preparazione di sistemi catalitici nanostrutturati di palladio ... 43

1 Introduzione ... 45

2 Preparazione di sistemi metallici nano strutturati ... 45

2.1 Riduzione chimica di sali di metalli di transizione ... 45

(6)

2

2.3 Decomposizione termica o mediante ultrasuoni di composti

organometallici ... 47

2.4 Riduzione o allontanamento di legante da complessi organometallici ... 48

2.5 Riduzione di complessi metallici mediante microonde ... 48

2.6 La tecnica del Metal Vapour Synthesis (MVS) ... 49

3 Solvatati metallici come precursori di sistemi catalitici supportati ... 50

4 Catalizzatori supportati su matrici organiche ... 52

5 Preparazione di sistemi catalitici di palladio supportati mediante la tecnica MVS ... 55

5.1 Preparazione del solvatato Pd/(1-esene/mesitilene) e di sistemi Pd/supporto da questi derivati ... 56

Bibliografia ... 62

Capitolo 3: Reazione di Sonogashira acilica catalizzate da sistemi di palladio supportato ... 65

1 Reazione di Sonogashira acilica tra cloruro di benzoile e fenilacatilene ... 67

2 Reazioni di Sonogashira acilica tra acetileni e cloruri acilici in presenza di Pd/PVPy ... 72

(7)

3

2.2 Reazioni condotte tra fenilacetilene e cloruri acilici alifatici e

vinilici ... 73

2.3 Reazioni effettuate tra cloruro di benzoile ed acetileni aromatici ed alifatici... 74

2.4 Caratterizzazione spettroscopica dei prodotti ... 76

3 Indagini preliminari sull’andamento della reazione promossa da Pd/PVPy ... 79

3.1 Hot filtration test ... 80

3.2 Prove di leaching del catalizzatore ... 81

3.3 Prove di riciclo del catalizzatore ... 81

Bibliografia ... 83

Conclusioni ... 85

Parte Sperimentale ... 89

Bibliografia ... 112

(8)
(9)

5

(10)
(11)

7

La messa a punto di strategie sintetiche economicamente e operativamente sempre più convenienti per l’ottenimento di classi importanti di composti organici costituisce una sfida che i chimici organici sintetici hanno da sempre accolto con solerzia. All’interno di questo ambito l’impiego di reazioni catalizzate da metalli di transizione costituisce una risorsa cui il chimico attinge per abbreviare e facilitare i processi sintetici. La ricerca degli ultimi decenni ha messo in luce l’enorme potenzialità costituita dall’uso dei metalli di transizione, che spesso hanno impresso alle reazioni una migliore selettività ed efficienza. Tuttavia il loro uso massivo all’interno dei processi produttivi è stato limitato da alcuni fattori, quali i vincoli e le restrizioni che sono nati gradualmente negli ultimi anni per la salvaguardia dell’ambiente, oltre che la necessità di ottenere processi con condizioni e reagenti economicamente convenienti. Per questi motivi si cerca tuttora di spingere le aziende verso l’uso di catalizzatori eterogenei. L’indubbio vantaggio che esse ne deriverebbero risiede da un lato nella semplificazione delle procedure di purificazione dei prodotti, dall’altro nella possibilità di riciclare il sistema catalitico più volte essendo questo spesso recuperabile tramite semplice filtrazione o centrifugazione.

Il palladio costituisce una specie catalitica tra le più versatili, ed è stato impiegato intensivamente in reazioni di formazione di legami carbonio-carbonio1-3; il platino, il rodio e il nichel sono infatti molto più limitati nei loro impieghi come promotori di reazioni e comunque generalmente più costosi4.

Il numero di processi produttivi, su larga e media scala, che coinvolgono specie di palladio è grande e tende a crescere; grazie a metodologie di questo tipo è possibile sintetizzare, semplicemente e in maniera conveniente anche per l’industria, molti prodotti di chimica fine che hanno elevato interesse in ambito farmacologico, agrochimico, nello sviluppo di nuovi materiali o nel campo della cosmesi4.

Considerando quanto detto fino ad ora appare chiaro come sia pressante la necessità di ottenere specie catalitiche di palladio che mostrino caratteristiche eterogenee nei processi produttivi in cui venissero impiegati. Per fare ciò sforzi consistenti sono attualmente compiuti per individuare supporti e metodologie di deposizione del metallo che diano luogo a sistemi di questo tipo.

Negli ultimi anni, l’uso come supporto per il metallo di resine microporose (o tipo gel) e macroporose5, che si trovano sul mercato essenzialmente come polistireni reticolati con divinilbenzene (microporose 2-8 %; macroporose 8-20 %), costituisce una metodologia interessante e sta ricevendo sempre più consenso tra chi si occupa di catalisi eterogenea.

(12)

8

Un passo successivo consiste nella possibilità di introdurre su questo tipo di materiali polimerici, diversi gruppi funzionali, poiché ciò permetterebbe la modulazione delle proprietà chimico-fisiche delle macromolecole (solubilità, proprietà meccaniche, inerzia chimica), rendendo così possibile l’ottenimento di resine idonee a molteplici situazioni di impiego. Per far ciò è necessario modificare la macromolecola preformata o polimerizzare i monomeri già recanti il gruppo funzionale; quest’ultimo metodo permette di operare in condizioni sperimentali più blande e consente un controllo più rigido sul grado di funzionalizzazione del polimero.

L’oggettiva utilità ed efficienza dei catalizzatori supportati su matrici con queste caratteristiche è testimoniato dalla grande quantità di processi produttivi che attualmente li impiegano. La sintesi su larga scala del metil isobutilchetone6-9 (MIBK, impiegato come solvente in migliaia di tonnellate l’anno), è stata realizzata con una procedura semplice, efficace ed economica facendo uso di una resina macroporosa funzionalizzata con gruppi solfonici e “drogata” con palladio (Pd-Bayer OC 1038); i centri acidi della resina catalizzano l’omocondensazione aldolica dell’acetone e la successiva disidratazione dell’aldolo formatosi ad ossido di mesitile che viene quindi idrogenato, sulla superficie del palladio metallico, al prodotto di interesse (Schema 1).

Schema 1

Ampliando quanto detto fino ad ora è possibile definire le caratteristiche principali di questi polimeri macro e microporosi ed i conseguenti benefici che questi imprimono ai processi produttivi, qualora vengano impiegati come supporti:

i) le funzionalizzazioni sulla superficie, qualora fosse possibile introdurle, sono utili sia per l’ancoraggio e la stabilizzazione delle particelle metalliche, sia per la promozione di reazioni chimiche;

ii) queste resine sono meccanicamente e termicamente molto stabili iii) hanno una buona inerzia chimica

v) sono caratterizzate da ampia area superficiale vi) generalmente hanno costi contenuti

(13)

9

Una caratteristica controversa che possiedono le resine funzionalizzate con un basso grado di reticolazione (microporose o tipo gel) è costituita dall’azione di rigonfiamento di queste ad opera di solventi. Sulla base del grado di compatibilità del solvente con la resina stessa, questa può incorrere in un significativo incremento del suo volume di diversi mL/g, per azione delle molecole di solvente che penetrano all’interno del reticolo micromolecolare. Questo rigonfiamento della resina potrebbe far sì che, una volta impiegata nell’ambiente di reazione come supporto per nanoparticelle metalliche, essa agisca come una sorta di “microreattore” all’interno del quale si possono verificare condizioni differenti rispetto al “bulk” della miscela di reazione; le caratteristiche chimico-fisiche della particella polimerica rigonfiata possono per esempio modificare le concentrazioni di reagenti e prodotti all’interno del polimero, oppure la cinetica di una reazione può essere legata all’effetto di trasferimento di massa tra l’interno della macromolecola e la miscela di reazione. A contrastare l’effetto positivo che il rigonfiamento potrebbe avere sulla reazione vi è il fatto che un eccessivo rigonfiamento potrebbe provocare una maggiore lisciviazione del metallo dalla superficie della resina.

Quanto detto rende evidente che una accurata modulazione delle caratteristiche chimico-fisiche di questi materiali (correlate fortemente con la qualità delle funzioni in essi presenti) unita allo sviluppo di tecniche di dispersione di metalli sempre più efficienti, possa potenzialmente portare all’ottenimento dei sistemi catalitici innovativi di elevato interesse.

Tra le tante metodologie impiegate per la dispersione di centri metallici su supporti solidi l’impregnazione e la successiva riduzione è la più usata poiché è di applicabilità generale, è molto semplice da effettuare e di basso costo10.

Tuttavia, una metodologia innovativa tramite la quale è possibile ottenere sistemi supportati con particelle metalliche di dimensioni particolarmente piccole (2-5 nm) ed omogeneamente disperse su matrici di varia natura è costituita dalla tecnica “Metal Vapour Synthesis (MVS)”11-13

che si basa sulla vaporizzazione di un metallo in alto vuoto ed in presenza di “solventi” organici debolmente coordinanti e la successiva condensazione di specie complesse sulle pareti del reattore di vaporizzazione immerso in azoto liquido. Il co-condensato così formato viene successivamente scaldato fino a fusione, la soluzione ottenuta viene recuperata dal reattore per sifonamento e, essendo molto instabile, mantenuta a bassa temperatura.

(14)

10

Questi co-condensati metallici si sono rivelati sistemi estremamente versatili per ottenere polveri ultrafini e per depositare, mediante semplice decomposizione termica, particelle metalliche di dimensioni nanometriche su supporti solidi sia inorganici che organici. La metodologia è stata, ad esempio, utilizzata per la preparazione di catalizzatori di palladio supportati su resine tipo gel caratterizzate da gruppi funzionali di diversa natura quali NMe2, CN, COOH e piridina14 (Figura 1).

Figura 1: Resine polimeriche impiegate per supportare nanoparticelle di palladio con la tecnica MVS

Questi sistemi sono stati impiegati come precursori catalitici in uno studio della reazione di Heck14 tra iodobenzene ed acrilato di metile (Schema 2).

Schema 2

I risultati ottenuti hanno messo in evidenza l’esistenza di una relazione diretta tra l’attività catalitica e la struttura del supporto organico utilizzato per la deposizione del metallo.

(15)

11

In particolare, sono stati individuati due catalizzatori, Pd/CF1 e Pd/PVPy, caratterizzati da nanoparticelle di palladio aventi analoghe dimensioni ma supportate, la prima, su polidimetilamminoetil metacrilato e, la seconda, su polivinilpiridina, (Figura. 1), che hanno mostrato attività notevolmente differenti e correlabili ad un diverso comportamento catalitico.

Il primo (Pd/CF1), particolarmente efficiente anche in condizioni blande, si comporta essenzialmente come un precursore catalitico che rilascia in soluzione specie solubili del metallo che sono le vere promotrici della reazione in esame. Il secondo (Pd/PVPy), invece, pur richiedendo condizioni sperimentali più drastiche, agisce invece essenzialmente come un sistema eterogeneo, riciclabile, con trascurabile lisciviazione di palladio14.

A tale proposito, è importante ricordare che il polimero polivinilpiridina (PVPy) viene normalmente impiegato come scavenger per nanoparticelle di palladio disperse in soluzione organica15.

Più recentemente16 sono stati sintetizzati sistemi catalitici di palladio supportando il metallo su polistirene reticolato con trimercaptotriaziona (MP-TMT) e su poliolefine aventi funzionalità tioliche (SMOPEX 111 e SMOPEX 234). Queste matrici, generalmente commercializzate come catturatori di metalli in soluzione, sono riportate in Figura 2.

Figura 2: Matrici tioliche impiegate come supporti per nanoparticelle di palladio

Le fibre SMOPEX in particolare sono state sviluppate e commercializzate dalla Johnson Matthey come scavenger di palladio, platino e rodio ed aggiunte alle miscele di reazione di processi catalitici quali, ad esempio, i cross-coupling di Heck, Suzuki e Sonogashira17-21,

(16)

12

sottraggono il metallo in soluzione lasciando i prodotti esenti dalla sua presenza. Sulla base di questi dati Aronica et coll16 hanno depositato nanoparticelle di palladio, ottenute tramite la tecnica MVS, sulla superficie di queste fibre e hanno impiegato con successo i sistemi catalitici ottenuti in reazioni di Sonogashira carbonilativa tra iodoareni e feniacetilene (Schema 3). E’ stata così individuata e messa a punto una efficiente procedura per l’ottenimento di α,β-alchinilchetoni, un’importante classe di composti utilizzati come intermedi nella sintesi di molti prodotti naturali e di farmaci22.

Schema 3

Gli autori hanno osservato tuttavia come solo il sistema supportato su SMOPEX 234 mostri una buona attività catalitica, con valori di conversioni dei substrati tra l’82% ed il 93%, impiegando solamente lo 0.2% in moli di catalizzatore, senza l’aggiunta di leganti fosfinici o di additivi come il CuI. Questi risultati sono stati spiegati con l’ausilio di immagini della superficie del catalizzatore ottenute con analisi HR-TEM; solo in questo caso infatti sono state messe in evidenza nanoparticelle di dimensioni particolarmente piccole e omogeneamente disperse sulla superficie della fibra.

Test condotti per verificare il comportamento del catalizzatore misero in evidenza come questo rilasci una piccolissima quantità di metallo (0.8%).

Il presente lavoro di Tesi si è posto l’obiettivo di mettere a punto un metodo alternativo per ottenere un’ampia gamma di α,β-alchinilchetoni, sfruttando in particolare la reazione di Sonogashira acilica23 sempre palladio catalizzata (Schema 4) invece della sopracitata reazione carbonilativa15 che ha lo svantaggio di dover far uso del monossido di carbonio altamente tossico.

Schema 4

In particolare saranno preparati, quali precursori catalitici per la reazione, sistemi di palladio depositati sui supporti più interessanti tra quelli sopracitati e riportati in letteratura, ovvero la resina amorfa PVPy utilizzata con successo nella reazione di Heck14,

(17)

13

e le due fibre SMOPEX 111 e la SMOPEX 234 utilizzate nella reazione di Sonogashira carbonilativa16.

Nanoparticelle del metallo, ottenute tramite la tecnica MVS, saranno depositate sulla superficie di queste matrici. L’efficienza e la selettività dei sistemi supportati saranno confrontate con quelle ottenute conducendo esperienze, in analoghe condizioni sperimentali, in presenza di complessi organometallici come esempio di catalizzatori omogenei [Pd(OAc)2, PdCl2(PPh3)2] e dei classici catalizzatori di palladio depositato su

matrici inorganiche, come carbone e γ-allumina, sia commerciali che preparati con la tecnica MVS.

Sarà inoltre affrontato, in via preliminare lo studio sul decorso della reazione catalitica per stabilire se, almeno nelle condizioni impiegate, la reazione stessa può risultare promossa da specie di palladio lisciviate in soluzione dal supporto, oppure può mostrare caratteristiche eterogenee. I risultati ottenuti potrebbero rappresentare un valido punto di partenza per la progettazione e lo sviluppo di nuovi supporti con caratteristiche tali da dar luogo a sistemi catalitici riciclabili e con bassa perdita di metallo nell’ambiente di reazione.

(18)

14

Bibliografia

1 J. Tsuji, Organic Synthesis with Palladium Compounds, Springer Verlag, Berlin, 1980. 2 R. F. Heck, Palladium Reagents in Organic Synthesis, Academic Press, Orlando,1985. 3 B. M. Trost, Comprehensive Organometallic Chemistry, 1982, 799.

4 J. Tsuji, Synthesis 1990, 739.

5 B. Corain, M. Kralik, J. Mol. Cat. A: Chem. 2000, 159, 153.

6 A. Mitschker, R. Wagner, P. M. Lange, in M. Guisnet, (Ed.), Heterogeneous Catalysis

and Fine Chemicals, Elsevier, Amsterdam, 1988, 61.

7 R. Wagner, P. M. Lange, et al., Erdol, Erdgas, Khole 1989, 105, 414. 8 P. M. Lange, F. Martinola, S. Oeckel, Hydrocarbon Processing 1985, 51.

9 K. Weissermel, H. P. Arpe, Industrial Organic Chemistry, III edizione, VCH, Weinheim, 1997, capitolo 11, p. 281.

10 M. Kralik, M. Hronek, S. Lora, G. Palma, M. Zecca, A. Biffis, B. Corain, J. Mol. Cat.

A: Chem. 1995, 97, 145.

11 G. Vitulli, A. Verrazzani, A. M. Caporusso, E. Pitzalis, P. Pertici, P. Salvadori,

“Syntheses and Methodologies in Inorganic Chemistry”, S. Daolio, E Tondello, P.

A.Vigato, Eds., 1997, 7, 52.

12 J. R. Blackborow, D. Young, in “Metal Vapor Synthesis in Organometallic

Chemistry”, Springer-Verlag, 1979.

13 K. J. Klabunde, “Free atoms, clusters and nanoscale particles”, Academic Press, New York, 1994.

14 A. M. Caporusso, P. Innocenti, L. A. Aronica, G. Vitulli, R. Gallina, A. Biffis, M. Zecca, B. Corain, J. Catal., 2005, 234, 1.

15 K. Yu, W. Sommer, J.M. Richardson, Adv. Synth. Catal., 2005, 347, 161–171

16 L. A. Aronica, A. M. Caporusso, G. Tuci, C. Evangelisti, Appl. Cat. A: General, 2014, 480, 1-9

17 K. M. Bullock, M. B. Mitchell, J. F. Toczko, Org. Process Res. Dev., 2008, 12, 896– 899.

18 C. J. Pink, H. Wong, F.C. Ferreira, A.G. Livingston, Org. Process Res. Dev., 2008, 12, 589-595.

19 J. Frankham, P. Kauppinen, Platinum Metals Rev., 2010, 54, 200–202 20 S. Phillips, P. Kauppinen, Platinum Metals Rev.,2010, 54, 69–70. 21 P. Kauppinen, S. Phillips, Speciality Chem. Mag., 2010, 30, 22.

22 X. Wu, H. Neumann, M. Beller, Chem Soc. Rev., 2011, 40, 4986-5009 23 Y. Tohda, K. Sonogashira, N. Hagihara, Synthesis, 1977, 777-778

(19)

15

Capitolo 1

(20)
(21)

17

1 Reazione di Sonogashira

La reazione di Sonogashira è il metodo più utilizzato per l’alchinilazione di alogenuri arilici e vinilici1 (Schema 1.1):

Schema 1.1

Il protocollo di Sonogashira con o senza la co-catalisi di sali di Cu(I) permette infatti la preparazione di arilalchini ed enini coniugati che sono precursori di sostanze naturali come farmaci e prodotti agrochimici. In generale, l’aggiunta di ioduro di rame accelera molto la reazione permettendo di effettuare l’alchinilazione anche a temperatura ambiente. L’addizione di sali di Cu(I) si è rivelata però talvolta non necessaria portando allo sviluppo di coupling di Sonogashira “copper-free”, ovvero reazioni effettuate in assenza di specie rameose. Per quanto riguarda il meccanismo di reazione, l’esatto andamento non è noto ma è ormai universalmente accettato che il coupling, nel caso della co-catalisi di Cu(I), avvenga attraverso due cicli catalitici (Schema 1.2). Un primo ciclo prevede l’addizione ossidativa di R1-X (R1 = arile, eteroarile, vinile; X = I, Br, Cl, OTf) al catalizzatore generato in situ a partire da un complesso di palladio iniziale. La specie catalitica si pensa che sia Pd0L2, un complesso a 14 elettroni, generalmente formato per riduzione di

complessi di Pd (II) nell’ambiente di reazione. Il passaggio successivo è costituito da transmetallazione, che coinvolge un secondo ciclo catalitico, in cui si ha il trasferimento della funzionalità acetilenica dal rame al palladio. Si ha così la formazione della specie R1Pd(-C≡CR2)L2 che, dopo isomerizzazione trans/cis, libera il prodotto finale attraverso

(22)

18

Schema 1.2

Nello Schema 1.2 la base riportata è un’ammina terziaria, ma il meccanismo è valido anche con altre ammine o basi inorganiche.

Secondo questa ipotesi, il ruolo del rame sarebbe quello di complessare l’alchino aumentando l’acidità del protone acetilenico con la formazione in situ di un acetiluro di rame. Nella maggior parte dei casi, infatti, la base usata nella reazione non è abbastanza forte da deprotonare una quantità di alchino sufficiente a far procedere il processo di coupling. Anche nel caso della reazione di Sonogashira “copper-free” il meccanismo non è noto con certezza, ma la versione comunemente accettata è quella riportata nello Schema 1.3. In questo caso la deprotonazione dell’alchino avviene contemporaneamente alla formazione di un acetiluro di palladio ed è facilitata dalla base che cattura il protone acetilenico.

(23)

19 Schema 1.3

La reazione di Sonogashira come già accennato, è molto utilizzata e studiata. L’andamento del processo dipende in generale dalle proprietà steriche ed elettroniche sia degli alchini che degli alogenuri impiegati. In particolare, le caratteristiche della specie R-X influiscono molto sulla reazione, che risulta favorita quando X = I o OTf e la densità elettronica sul legame C-X è ridotta dalla presenza di gruppi elettronattrattori. Anche il sistema acetilenico può giocare un ruolo importante nel coupling: il triplo legame è capace infatti di coordinarsi alla specie cataliticamente attiva di Pd0 prima dello stadio di addizione ossidativa dando complessi molto poco reattivi e producendo quindi una diminuzione della velocità di reazione. Questo fenomeno è favorito quanto più le caratteristiche nucleofile dell’alchino sono esaltate. L’effetto sull’andamento della reazione non è però sempre negativo; infatti, poiché un ciclo catalitico è tanto più efficiente quanto più le velocità dei singoli step sono simili, quando l’addizione ossidativa è molto più veloce della successiva transmetallazione l’effetto di decelerazione dovuto alla nucleofilicità dell’alchino favorisce la reazione di Sonogashira.

In letteratura1 esistono numerosi esempi di applicazioni del coupling di Sonogashira, sia in catalisi omogenea che eterogenea. Le condizioni di reazione più comuni prevedono l’utilizzo di catalizzatori quali PdCl2(PPh3)2 e Pd(PPh3)4 con la co-catalisi di CuI, anche se

(24)

20

negli ultimi anni la tendenza è quella di cercare di eliminare il rame. La base, che deve essere in quantità almeno stechiometrica, è normalmente un’ammina secondaria o terziaria come ad esempio dietilammina, piperidina o, più comunemente, trietilammina. Spesso l’ammina stessa è impiegata come solvente; alternativamente sono spesso utilizzati THF, DMF, diossano e toluene.

Molto meno studiata risulta invece la versione carbonilativa del coupling di Sonogashira. Nonostante infatti la reazione possa condurre a prodotti polifunzionalizzati e quindi molto interessanti dal punto di vista sintetico, in letteratura esistono solo limitati esempi di applicazione di questo protocollo.

2 Reazione di Sonogashira carbonilativa

Negli ultimi 10 anni, la reazione di Sonogashira carbonilativa (Schema 1.4) ha suscitato grande interesse2 dal momento che permette la formazione di α,β-alchinilchetoni, utili intermedi nella sintesi di prodotti naturali e farmaceutici3.

Schema 1.4

Il meccanismo di reazione generalmente ipotizzato4 (Schema 1.5) prevede l’addizione ossidativa dell’alogenuro R’-X alla specie di Pd0

con la formazione dell’intermedio I. A questo punto si ha l’inserzione del CO a dare la specie acil-palladio II con cui poi reagisce l’alchino. La successiva eliminazione riduttiva restituisce la specie di Pd0

che rientra nel ciclo catalitico e libera il prodotto di reazione IV. Il successo del coupling dipende dalla velocità relativa di inserzione del monossido di carbonio e dell’alchino sull’intermedio I. Per avere infatti il prodotto carbonilativo, il CO deve inserirsi più rapidamente in modo che la reazione segua il cammino indicato nello Schema 1.5 impedendo il decorso normale della reazione di Sonogashira.

(25)

21 Schema 1.5

A tale proposito, Mori et coll.5 hanno riportato che l‘aggiunta di CuI nel caso della reazione carbonilativa favorisce un tipo di meccanismo che oltre ai chetoni α,β-acetilenici desiderati può condurre anche a prodotti di accoppiamento non carbonilativo che rappresentano i più comuni sottoprodotti incontrati in queste reazioni. In assenza invece della co-catalisi di rame la reazione segue una via che conduce selettivamente all’alchinilchetone desiderato (Schema 1.6).

(26)

22

Questa procedura ha tuttavia il limite di dover lavorare in atmosfera di monossido di carbonio, un gas velenoso, incolore ed inodore. La facilità di inserzione del CO inoltre è strettamente legata alle caratteristiche steriche ed elettroniche dei reagenti che entrano nel ciclo catalitico, e, nei casi più sfavorevoli, è necessario utilizzare elevate pressioni di CO per ottenere i prodotti con buone rese, incrementando così i rischi legati all’impiego di questo gas.

3 Reazioni di Sonogashira acilica

Un altro efficiente approccio alla sintesi di α,β-alchinilchetoni è costituito dalla reazione di Sonogashira acilica, che prevede l’uso di alogenuri acilici come partner reattivi insieme agli alchini terminali (Schema 1.7).

Schema 1.7

Il primo esempio6 di reazione di Sonogashira acilica risale al 1977, anno in cui Hagihara et

al. riportarono la sintesi di arilalchinoni a partire da arilalchini e cloruri acilici variamente

funzionalizzati. Ciononostante, questo processo è rimasto inutilizzato per quasi un ventennio per tornare successivamente in auge nei primi anni duemila, quando il crescente interesse per l’ottenimento di sistemi eterociclici ha reso la reazione di Sonogashira acilica nuovamente attuale. Questo è principalmente legato alla possibilità di ottenere numerose tipologie di composti tramite processi multicomponente, che prevedono un numero ridotto di passaggi sintetici7,8. Infatti, questa reazione ha ricevuto anche ampia considerazione nella sintesi di numerosi prodotti naturali quali calconi, auroni, e flavoni, di molecole farmacologicamente attive (antibiotici9, agenti antitumorali10, sonde per malattie degenerative11, inibitori enzimatici12) oltre che nella preparazione di polimeri ed oligomeri coniugati13.

La reazione di Sonogashira acilica ha il vantaggio di non richiedere l’utilizzo del monossido di carbonio e di impiegare, quale formale fonte di CO, gli alogenuri acilici,

(27)

23

facilmente ottenibili dai rispettivi acidi carbossilici. Inoltre, l’elevata attività degli alogenuri acilici rispetto ad altri gruppi funzionali potenzialmente reattivi presenti sui substrati, rende questo processo estremamente chemoselettivo. In generale vengono impiegati alogenuri aromatici, ma buoni risultati sono stati ottenuti anche con alcuni substrati alchilici lasciando così sperare che questo tipo di accoppiamento permetta di inserire anche catene alifatiche sulla molecola finale.

L’unico limite della reazione di Sonogashira acilica è costituito dalle condizioni di reazione richieste dal momento che gli alogenuri acilici possono essere idrolizzati ai rispettivi acidi carbossilici ad opera di tracce di umidità. È dunque necessario operare in ambiente di gas inerte, utilizzando reagenti e solventi anidri.

Il meccanismo comunemente proposto per questa reazione è molto simile a quello descritto per il processo di Sonogashira tra alchini terminali ed alogenuri arilici che qui sono sostituiti da quelli acilici (Schema 1.8).

Schema 1.8

Di seguito è riportata un’analisi dei vari fattori che influenzano l’andamento della reazione di Sonogashira acilica ed in particolare quelli connessi alle caratteristiche stereo elettroniche dei reagenti (alogenuri acilici ed acetileni), alle condizioni sperimentali generalmente impiegate (basi e solvente) e alla natura del catalizzatore.

(28)

24

3.1 Caratteristiche generali

Substrati acilici RCOX

La tipologia di alogenuri acilici più ampiamente utilizzata è quella costituita dai cloruri in virtù del loro minore prezzo e della elevata reattività in queste reazioni. I cloruri aromatici costituiscono la classe di substrati su cui sono state condotte il maggior numero di esperienze 14-22, ed ottimi risultati sono stati ottenuti sia con sistemi caratterizzati da raggruppamenti elettronattrattori che elettrondonatori, come mostrato nello Schema 1.915.

Schema 1.9

In letteratura sono presenti anche molti articoli che descrivono l’impiego di cloruri acilici eteroaromatici6, 17, 23, in special modo di substrati caratterizzati dalla presenza di anelli tiofenici e furanici che hanno condotto all’ottenimento dei corrispondenti prodotti di

coupling con ottime rese (Schema 1.10)17.

Schema 1.10

Sono stati riportati anche esempi relativi all’impiego di cloruri acilici alchenilici anche se limitati all’utilizzo del cloruro dell’acido cinnammico (PhCH=CHCOCl)20

. Per quanto riguarda le reazioni condotte con cloruri acilici alifatici, talvolta si sono osservati problemi connessi con reazioni collaterali di condensazione, favorite dalla possibile deprotonazione, ad opera della base, del prodotto carbonilico ottenuto. Nonostante ciò in letteratura si trovano numerosi esempi che riportano con successo l’utilizzo di substrati di questo tipo (Schema 1.11) 6, 15-16, 23-24.

(29)

25 Schema 1.11

Per concludere è noto un solo caso6 di reazione condotta con un substrato diverso dai classici cloruri acilici sino ad ora riportati, che riguarda l’utilizzo del dimetilcarbamoil cloruro che ha permesso la sintesi di 2-alchinilammidi (Schema 1.12).

Schema 1.12

Substrati acetilenici

Per quanto riguarda i composti acetilenici impiegati, negli studi che riguardano questa reazione troviamo un’ampia varietà di substrati, che comprendono alchini aromatici con anelli benzenici variamente sostituiti6, 14, 17, 25, 20, acetileni naftalenici14, antranilici25 ed eteroaromatici21, 24, 26 (Schema 1.13).

Schema 1.13

Sono noti inoltre anche numerosi esempi che prevedono l’uso di alchini terminali alifatici (R = n-propile, n-butile, t-butile, n-esile, ciclopropile, cicloesile, cicloesenile) con rese da buone ad ottime 14-16, 21, 24, 26-29. In questo caso la reazione sopporta anche la presenza sul substrato di diversi gruppi funzionali quali ossidrili alcolici, gruppi ciano24, estere,

(30)

26

ammidico e carbammici16. Altra classe di alchini molto utilizzata è quella dei trialchilsililacetileni15, 24, 30, particolarmente impiegati in protocolli sintetici che prevedono reazioni con opportuni reagenti che permettano la desililazione del prodotto di accoppiamento seguita da ciclizzazioni one-pot, con formazione di composti eterociclici20,

28

come mostrato ad esempio nello Schema 1.1428.

Schema 1.14

Basi e solventi

In letteratura sono riportati quasi esclusivamente esempi di reazioni di Sonogashira acilica in cui si usano come basi ammine alifatiche. Tra queste la trietilammina è senz’altro quella più comunemente impiegata in virtù del suo minore prezzo e dell’efficienza paragonabile se non superiore ad altre ammine alchiliche6-7, 12-13, 16 17, 21-22, 24-25, 28-29, 32-33.

Dall’analisi dei dati è tuttavia evidente come la scelta della base sia un fattore strettamente legato al tipo di catalizzatore che si impiega ed alle condizioni di reazione. Ad esempio, Bakherad et coll.27 hanno testato numerose ammine, alifatiche ed aromatiche, ottenendo i migliori risultati con la diisopropiletilammina (DIEA) (Schema 1.15) in presenza di un catalizzatore di palladio supportato su diatomite.

(31)

27

In molti casi le ammine stesse vengono impiegate anche come solvente17, 19, 25, 30. Altre procedure invece prevedono l’utilizzo di solventi quali tetraidrofurano7

, diclorometano23, toluene15, 20, 22, acetonitrile28 o miscele di trietilammina-piridina e trietilammina-benzene6. Li e Chen14 hanno descritto un interessante esempio di reazione di Sonogashira acilica condotta in acqua, in presenza di un eccesso di cloruro acilico, di carbonato di potassio come base inorganica e di un tensioattivo, il lauril solfato, che ha il compito di solubilizzate i reagenti e favorire quindi la reazione stessa (Schema 1.16)14.

Schema 1.16

3.2 Catalizzatori omogenei

In catalisi omogenea il catalizzatore6, 14, 16 di maggior uso anche per le reazioni di Sonogashira acilica è senz’altro il complesso PdCl2(PPh3)2, generalmente utilizzato con

l’ausilio di un co-catalizzatore costituito da un sale di rame (I), quale lo ioduro rameoso. Recentemente Sonada et al. 24 hanno riportato che l’aggiunta al PdCl2(PPh3)2 di un legante,

costituito da sistemi aromatici ed eteroaromatici uniti da ponti alchinilici che ha condotto ad un significativo incremento della resa dei prodotti (Schema 1.17).

(32)

28

Anche il Pd(OAc)2 può essere utilizzato17, 23 efficacemente, ed in questo caso non è

necessario addizionare leganti o co-catalizzatori (Schema 1.18)17.

Schema 1.18

Alonso et coll15 hanno descritto l’impiego del sistema palladaciclico di Figura 1 che è risultato efficace nel promuovere le reazioni di Sonogashira acilica tra fenilacetilene e cloruri acilici sia aromatici che alifatici; l’elevata stabilità termica del palladaciclo permette di condurre le reazioni ad alte temperature o sotto l’azione delle microonde.

Figura 1

Infine, il gruppo di Amin et coll. 32 ha riportato che il complesso palladio-N,N’-bis[5-trifenilfosfonio)-metilisaliciliden]-1,2-etandiammina cloruro (Pd-salen) può essere impiegato con ottimi risultati anche operando in assenza del co-catalizzatore, del solvente ed in condizioni aerobiche (Schema 1.19).

(33)

29

3.3 Catalizzatori supportati

La reazione di Sonogashira acilica, come già affermato, è molto interessante dal punto di vista sintetico ed un obiettivo importante sarebbe quindi quello di riuscire a sviluppare sistemi eterogenei di palladio in grado di catalizzare questo processo in modo efficiente e selettivo. Rispetto ai più comuni catalizzatori omogenei, l’impiego di specie metalliche supportate presenta importanti vantaggi quali un più semplice recupero e una più agevole purificazione dei prodotti, una maggiore stabilità termica del catalizzatore stesso ed un suo possibile impiego in più cicli catalitici consecutivi. In letteratura sono presenti numerosi esempi in cui vengono utilizzati sistemi di palladio supportati su matrici, sia organiche che inorganiche, in reazioni di Sonogashira acilica, ma dall’analisi dettagliata di questi lavori non è possibile evidenziare con chiarezza il reale comportamento omogeneo od eterogeneo di queste specie metalliche nel promuovere la reazione

Palladio su supporti inorganici

Palladio su carbone

Il carbone rappresenta sicuramente il supporto inorganico più comunemente impiegato per l’ottenimento di catalizzatori metallici depositati su matrici inorganiche. Nel 2008 Likhar

et coll.33 hanno pubblicato un articolo in cui descrivono l’impiego di un Pd/C commerciale con un carico metallico del 10% come precursore catalitico in reazioni di Sonogashira acilica. Gli autori hanno effettuato uno screening iniziale delle condizioni di reazione, (solvente, base, tempi e temperature di reazione), fino ad individuare quelle ottimali mostrate nello Schema 1.20.

Schema 1.20

Successivamente hanno esteso la metodologia ottimizzata a substrati diversi da quello modello, sottolineando come la reazione richieda tempi di reazione più lunghi (3-4h) in presenza di cloruri acilici aromatici con sostituenti elettronattrattori sull’anello (p-NO2,

(34)

30

eteroaromatici, che impiegando alogenuri o acetileni caratterizzati da catene alifatiche (Schema 1.21)

Schema 1.21

Gli autori hanno poi testato anche la possibilità di riciclare il catalizzatore, filtrandolo e riutilizzandolo in reazioni successive. I risultati ottenuti hanno evidenziato che ad ogni ulteriore ciclo di reazione il tempo necessario per l’ottenimento di una resa soddisfacente (70%) si allungava parallelamente ad una minore conversione dei substrati.

Palladio su solfato di bario

Recentemente, Yuan et al.21 hanno analizzato l’impiego, in reazioni di Sonogashira acilica, di diversi catalizzatori supportati quali il palladio su carbone, palladio su carbonato di calcio e palladio su solfato di bario. Tra le specie testate, Pd/BaSO4 (2 mol %) è risultato

quello che dava le migliori prestazioni, conducendo le reazioni in trietilammina ed in presenza di un co-catalizzatore quale il cloruro di zinco. Per verificare la generalità del metodo, sono stati utilizzati vari cloruri acilici e diversi alchini terminali sia aromatici che alifatici (Schema 1.22). In tutti i casi analizzati gli alchinilchetoni sono stati ottenuti con rese da buone ad ottime (50-93%) ma, come già osservato con il Pd/C, anche in questo caso prove di riciclo hanno messo in evidenza una progressiva diminuzione delle conversioni.

(35)

31 Schema 1.22

Palladio su diatomite

Nel 2011 Bakherad et coll.27, che in precedenza si erano già occupati di reazioni di Sonogashira aciliche promosse da complessi di palladio32 e di catalisi eterogenea19, hanno riportato un lavoro che coniugava entrambe le tipologie di catalisi, legando un complesso di palladio (Pd-Salophen, Figura 2) alla superficie di un supporto inerte, la diatomite (o polvere di diatomee).

Figura 2

La sintesi del catalizzatore prevedeva inizialmente il trattamento in etanolo della diatomite con PdCl2(PhCN)2, quindi l’aggiunta del legante salophen ed infine l’essiccamento del

prodotto a 100° per 12 ore. La quantità di palladio nel catalizzatore è stata determinata tramite analisi ICP ed il confronto degli spettri FTIR tra il sistema catalitico ottenuto rispetto e quello della diatomite non legata ha permesso di stabilire che il complesso Pd-Salophen risultava essenzialmente presente all’interno delle cavità del supporto.

Per quanto riguarda invece la messa a punto delle condizioni di reazione, sono state condotte diverse prove con un sistema modello variando la natura della base (impiegata anche come solvente), il tempo di reazione e la quantità del catalizzatore. Le condizioni

(36)

32

ottimali scelte dagli autori (diisopropiletilammina, un carico catalitico di 1 mol %, temperatura ambiente per 2 or0065) sono state applicate a reazioni di Sonogashira acilica tra diversi cloruri acidi aromatici, eteroaromatici ed alifatici ed alchini aromatici ed alifatici, fornendo i prodotti desiderati con risultati eccellenti, come mostrato dallo Schema 1.23.

Schema 1.23

La possibilità di riutilizzare il catalizzatore è stata valutata per la reazione di coupling tra il benzoil cloruro ed il fenilacetilene che ha evidenziato una perdita superiore al 10% (dal 97 al’85%) nella resa già dopo il quarto riciclo.

Palladio su silice modificata

L’uso della silice come supporto per il palladio in reazioni di Sonogashira acilica è stato descritto per la prima volta nel 2013 da Jin et coll22, che hanno funzionalizzato la superficie della silice con gruppi organotiolici utilizzando il 3-(mercaptopropil)-trimetossisilano in toluene a 100 °C, come riportato nello Schema 1.24. Successivamente l’aggiunta del palladio acetato fino al trasferimento della colorazione arancione del complesso alla silice ha fornito la specie denominata Pd-SH-SILICA.

Il catalizzatore così ottenuto è stato impiegato in reazioni di Sonogashira acilica, operando in condizioni sperimentali blande (trietilammina e toluene a temperatura ambiente) così da evitare situazioni che potessero portare ad un abbattimento della resa dei prodotti quali la sinterizzazione del metallo o la degradazione della struttura del supporto.

(37)

33 Schema 1.24

Sono stati testati con il fenilacetilene cloruri acilici aromatici ed etero aromatici che hanno fornito i prodotti alchinonici con rese elevate (Schema 1.25).

Schema 1.25

Nonostante gli ottimi risultati ottenuti, gli autori affermano che il catalizzatore supportato sembra in realtà agire da fonte di palladio solubile e che il metallo viene ricatturato, almeno in parte, a fine reazione. In effetti, prove di riutilizzo hanno evidenziato una discreta diminuzione di attività già dopo il quarto riciclo.

Palladio su materiali mesoporosi di silicio

Nel 2009 Tsai et al.25 hanno pubblicato un articolo che descrive reazioni di Sonogashira acilica promosse da un catalizzatore supportato costituito da MCM-41 (Mobile

Composition of Matter), un materiale mesoporoso nano strutturato con elevata uniformità

nella dimensione dei pori e dotato di un’ampia area superficiale, su cui gli autori hanno ancorato il complesso Pd(2,2’-bipiridina)Cl2 (Figura 3).

(38)

34

Figura 3

Durante il processo di ottimizzazione delle condizioni di reazione sono state testate diverse basi e l’unica che ha fornito risultati incoraggianti è stata la trietilammina che è stata quindi impiegata anche come solvente. Per verificare l’applicabilità del metodo gli autori hanno condotto la reazione con diversi substrati, effettuando uno screening sia sui cloruri acilici che sugli alchini. Sono stati testati con fenilacetilene cloruri aromatici, etero aromatici ed alifatici, ottenendo i prodotti attesi con rese da buone ad ottime in tempi compresi tra 1 e 9 ore (Schema 1.26).

Schema 1.26

Anche quando la reazione è stata estesa ad alchini alifatici ed aromatici variamente funzionalizzati ha fornito i corrispondenti alchinilchetoni con ottime rese (74-95%) come mostrato nello Schema 1.27.

(39)

35 Schema 1.27

Infine, un altro interessante lavoro che descrive l’uso di materiali mesoporosi di silicio altamente ordinati come supporto per l’ottenimento di catalizzatori di Pd da impiegarsi in reazioni di Sonogashira acilica è stato pubblicato sempre nel 2009 da Zhan e coll.34. In questo caso molecole di difenilfosfina sono state ancorate alla superficie interna dei nanopori della silice tramite ponti etilici. Il materiale così ottenuto era in grado di coordinare il palladio aggiunto come sale di Pd(II) (Schema 1.28).

Schema 1.28

Il sistema è stato poi impiegato con ottimi risultati sia in termini di conversione che di selettività nella reazione modello tra cloruro di benzoile e fenilacetilene, effettuata in acqua distillata, in presenza di un tensioattivo e di ioduro rameoso (Schema 1.29).

(40)

36

Schema 1.29

Nel 2011 lo stesso gruppo35 ha descritto la preparazione di silicati mesoporosi altamente ordinati e funzionalizzati con terminazioni organometalliche simili al catalizzatore ottenuto in precedenza ma con una più elevata uniformità delle microsfere, attraverso una tecnica di auto assemblaggio che prevedeva la dispersione in aerosol dei reagenti della miscela di preparazione del materiale mesoporoso, tramite un flusso di azoto. Analogamente a quanto riportato in precedenza, la reazione di Sonogashira tra i substrati modelloè stata condotta in acqua ed in presenza di tensioattivi ed il catalizzatore supportato ha fornito l’etinilchetone con rese di poco inferiori (89 vs. 94%) a quelle di un catalizzatore omogeneo di riferimento, il PdCl2(PPh3)2,

Palladio su nanotubi di carbonio

Nel 2012 Santra et al.28 hanno riportato l’uso di nanotubi di carbonio a parete singola (SWNTs) chimicamente funzionalizzati come supporto per nanoparticelle di palladio da impiegare in reazioni di Sonogashira acilica. I nanotubi di carbonio sono attualmente molto utilizzati nella catalisi eterogenea come matrici per nanoparticelle metalliche, in virtù dell’estensione della loro area superficiale e per la facilità con cui le fissano se sulla loro superficie vengono posti opportuni gruppi funzionali, come ad esempio quelli carbossilici. Tra le tecniche impiegate per l’ancoraggio delle nanoparticelle, la decomposizione termica o la pirolisi di sali di metalli rimangono quelle più efficienti e facilmente riproducibili (Schema 1.30).

(41)

37 Schema 1.30

Il sistema catalitico così ottenuto è stato impiegato con successo in reazioni tra cloruri aromatici ed eteroaromatici ed acetileni aromatici ed alifatici (Schema 1.31).

Schema 1.31

Le prove di riciclo del catalizzatore, effettuate sulla reazione tra il 2-tiofenilcarbonil cloruro e fenilacetilene, hanno inoltre mostrato una buona resistenza del catalizzatore ed una forte interazione delle nanoparticelle di palladio con i gruppi superficiali dei nanotubi. In effetti, solo dopo il quinto riciclo si è osservata una piccola diminuzione della reattività (dal 98 al 90%).

Recentemente Navidi et al.29 hanno preparato un sistema eterogeneo costituito da un complesso di palladio con una base di Schiff legato alla superficie di nanotubi di carbonio a parete multipla (MWCNTs-Pd-base di Schiff, Schema 1.32)

(42)

38

Schema 1.32

Il catalizzatore così ottenuto è risultato attivo in reazioni di Sonogashira acilica condotte in assenza di CuI e solvente, all’aria e con un basso carico catalitico (0.6 mol %). In particolare, sono stati ottenuti ottimi risultati (86-94%) operando con fenilacetilene e cloruri acilici aromatici, eteroaromatici ed alifatici mentre rese inferiori sono state osservate utilizzando alchini alifatici (53-70%) (Schema 1.33).

Schema 1.33

Il catalizzatore è stato riciclato fino a quattro volte evidenziando però una decisa diminuzione di reattività (dal 92 al 71%)

(43)

39

Palladio su supporti organici

Palladio su polistirene

Solo nel 2010 Bakherad et coll.19 hanno descritto il primo esempio di catalizzatore di palladio supportato su una matrice organica da impiegarsi in reazioni di Sonogashira acilica. In effetti gli autori hanno preparato una specie di palladio costituita da sfere di polistirene sulla cui superficie sono state ancorate molecole di difenilfosfina a cui è stato successivamente legato il palladio (PS-dpp-Pd(0), Schema 1.34).

Dopo un’indagine approfondita, gli autori hanno messo a punto le condizioni sperimentali ottimali che sono risultate essere l’uso della trietilammina come base e solvente, un carico catalitico dello 0.5 mol %, temperatura ambiente e atmosfera aerobia.

Schema 1.34

Il PS-dpp-Pd(0) è stato testato in reazioni di coupling di cloruri acilici aromatici, caratterizzati da raggruppamenti elettronattrattori ed elettrondonatori, con fenilacetilene e 1-esino. (Schema 1.35). In tutti i casi i corrispondenti inoni sono stati ottenuti con rese da buone ad ottime.

(44)

40

Schema 1.35

La stabilità del catalizzatore è stata investigata con prove di riciclo che hanno evidenziato la possibilità di riutilizzare il PS-dpp-Pd(0) fino a 10 volte senza apprezzabile perdita di reattività (dal 98 al 92%).

Palladio su poli(1,4-fenilene solfuro)

Le nanoparticelle di metallo nella catalisi di reazioni di cross coupling hanno suscitato un notevole interesse nell’ultimo decennio per la loro potenziale modulabilità in termini di dimensioni, forme ed attività. Nell’ambito degli studi sul processo di Sonogashira acilica nel 2011 è stato pubblicato20 un articolo che descrive la preparazione di nanoparticelle di palladio (PdNPs) stabilizzate in una matrice polimerica, (PPS, poli(1,4 fenilene solfuro) (Schema 1.36) ed il loro impiego nella sintesi di composti alchinonici.

Schema 1.36

Il PdNPs-PPS è stato infatti testato in reazioni di Sonogashira acilica che hanno evidenziato come il coupling con entrambi i partner con sostituenti arilici era quello che

(45)

41

dava i risultati migliori in termini di resa (65-98%), mentre si osservava un brusco calo di reattività nel caso di cloruri e alchini alifatici (15-57%) (Schema 1.37).

(46)

42

Bibliografia

1 R. Chinchilla, C. Najera, Chem. Rev., 2007, 107, 874-922

2 A. Brennfuehrer, H. Neumann, M. Beller, Angew. Chem. Int. Ed., 2009, 48, 4114-4133 3 X. Wu, H. Neumann, M. Beller, Chem Soc. Rev., 2011, 40, 4986-5009

4 J. Liu, J. Chen, C. Xia, J. Catal., 2008, 253, 50-56

5 M.S.M. Ahmed, A. Mori, Org. Lett., 2003, Vol. 5, No. 17, 3057-3060 6 Y. Tohda, K. Sonogashira, N. Hagihara, Synthesis, 1977, 777-778

7 M. L. Edwards, D. M. Stemerick, P. S. Sunkara, J. Med Chem., 1990, 33, 1948-1954 8 Z. W. An, M. Catellani, G. P. Chiusoli, J. Organomet Chem., 1990, 397, 371-373 9 R. Rossi, F. Bellina, M. Biagetti, Tetrahedron: Asymmetry, 1999, 10, 1163-1172 10 R. Shankar, B. Chakravarti, U. S. Singh, Bioorg. Med. Chem., 2009, 17, 3847-3856 11 M. Ono, H. Watanabe, R. Watanabe, Bioorg. Med. Chem., 2011, 21, 117-120 12 P.N. Praveen Rao, Q. H. Chen, E. Knaus, J. Med. Chem., 2006, 49, 1668-1683 13 J. Cho, Y. Zao, R. R. Tykwinski, Arkivoc, 2005, 4, 142-150

14 L. Chen, C. J. Li, Org. Lett., 2004, Vol 6, No. 18, 3151-3153

15 D. A. Alonso, C. Nàjera, M. C. Pacheco, J. Org. Chem., 2004, 69, 1615-1619 16 R. J. Cox, D. J. Ritson, T. A. Dane, J. Berge, Chem. Comm., 2005, 1037-1039 17 S: S. Palimkar, P. H. Kumar, N. R. Jogdand, Tetr. Lett, 2006, 47, 5527-5530 18 J. X. Wang, B. Wei, D. Huang, Synth. Comm., 2001, 31(21), 3337-3343 19 M. Bakherad, A. Keivanloo, M. Rajaie, Tetr. Lett., 2010, 51, 33-35 20 S. Santra, K. Dhara, P. Ranjan, Green Chem., 2011, 13, 3238 21 H.Yuan, H. Jin, B. Li, Can. J. Chem., 2013, 91, 333-337

22 S. Hossain, J. H. Park, M. K.Park, J. Kor. Chem. Soc., 2013, 57, 3, 411-415 23 F. C. Fuchs, G. A. Eller, W. Hozer, Molecules, 2009, 14, 3814-3832

24 S. Atobe, H. Masuno, M. Sonoda, Tetr. Lett., 2012, 53, 1764-1767 25 J. Y. Chen, T. C. Lin, A. J. Chen, Tetrahedron, 2009, 65, 10134-10141 26 C. Chowdhury, N. G. Kundu, Tetr. Lett., 1996, 37, 40, 7323-7324

27 M. Bakherad, A. Keinvanloo, B. Bahramian, Lett. Org. Chem., 2011, 8, 364-367 28 S. Santra, P. Ranjan, P. Bera, RCS Adv., 2012, 2, 7523-7533

29 M. Navidi, B. Movassagh, S. Rayati, Appl. Cat. A: General., 2013, 452, 24-28 30 M. Bakherad, A. Keivanloo, B. Bahramian, Synlett, 2011, 3, 311-314

31 N. Debono, Y. Canac, C. Duhayon, Eur. J. Inorg. Chem., 2008, 2991-2999 32 M. Bakherad, A. H. Amin, A. Keivanloo, Chinese Chem. Lett., 2010, 21, 656-660 33 P. R. Likhar, M.S. Subhas, M. Roy, Helv. Chim. Acta., 2008, 91, 259-264

34 C. Kang, J. Huang, W. He, J. Organomet. Chem., 2009, 695, 120-127 35 F.Zhang, C. Kang, Y. Wei, Adv. Funct. Mater., 2011, 21, 3189-3197

(47)

43

Capitolo 2

Preparazione di sistemi

catalitici nanostrutturati

supportati di palladio

(48)
(49)
(50)
(51)

45

1 Introduzione

Nanoparticelle metalliche, omogeneamente disperse su opportuni supporti organici od inorganici, hanno trovato notevole sviluppo ed interesse nel campo della catalisi grazie alla loro elevata attività ed efficienza. Tali sistemi sono impiegati infatti come catalizzatori in numerose reazioni quali ad esempio, reazioni di idrosililazione di sistemi insaturi1-4, ossidazioni5-8, coupling di Heck9, coupling di Suzuki10 e reazioni di idrogenazione11, 12. Le caratteristiche chimiche e fisiche di particelle metalliche nanostrutturate sono diverse da quelle del metallo in stato massivo e dipendono in maniera netta dalle loro dimensioni. In particolare, è stato osservato che le proprietà catalitiche dei cluster decrescono all’aumentare del diametro medio delle particelle. Infatti, i processi catalitici interessano principalmente gli strati superficiali del metallo, dove sono localizzati gli atomi in grado di interagire con i substrati, ed un aumento delle dimensioni dell’aggregato metallico comporta una diminuzione della percentuale di tali atomi superficiali. Tutto ciò evidenzia la necessità, nella preparazione di sistemi catalitici, di ottenere nanoaggregati con particelle aventi struttura e dimensioni controllate.

2 Preparazione di sistemi metallici nanostrutturati

In letteratura sono molte le procedure riportate per la preparazione di nanoparticelle metalliche e tali procedure possono essere classificate secondo lo schema seguente:

-Riduzione chimica di sali di metalli di transizione -Riduzione elettrochimica di sali di metalli di transizione

-Decomposizione termica o mediante ultrasuoni di complessi organometallici -Riduzione o allontanamento di legante da complessi organometallici

-Riduzione di complessi metallici mediante microonde -La tecnica Metal Vapour Synthesis (MVS)

2.1 Riduzione chimica di sali di metalli di transizione

La riduzione di sali di metalli di transizione rappresenta uno dei metodi maggiormente impiegati per la preparazione di sospensioni colloidali metalliche.

A livello industriale particelle metalliche supportate vengono generalmente preparate a partire da soluzioni acquose dei corrispondenti sali metallici (quali ad esempio alogenuri o nitrati) precedentemente adsorbiti sulla superficie di opportuni supporti disciolti in acqua sotto forma di slurry (spesso come supporti sono impiegati allumina o silice). Questa

(52)

46

procedura prevede che, a seguito dell’impregnazione del sale metallico sulla superficie del supporto, sia allontanata l’acqua ed il sale metallico tramite calcinazione ad alte temperature (400°) sia convertito nel corrispondente ossido metallico. Lo stadio finale di questo processo prevede la riduzione dell’ossido metallico mediante idrogenazione ad alte temperature (500-700°C) con la formazione di nanoparticelle metalliche13. Questa metodologia presenta notevoli vantaggi legati alla facilità di esecuzione ed al basso costo ma, contemporaneamente, viste le alte temperature richieste nei processi di calcinazione ed idrogenazione, favorisce fenomeni di sinterizzazione; inoltre è difficile, seguendo questo metodo preparativo, ottenere la riduzione completa del sale metallico a metallo zero. Recentemente è stato sviluppato un metodo che permette di operare a bassa temperatura14; tale procedura prevede la riduzione di sali metallici in alcoli basso bollenti (utilizzati come solventi o co-solventi) ad alta pressione, in presenza di eventuali stabilizzanti. Il supporto può essere aggiunto al momento della riduzione o in un secondo momento e il catalizzatore ottenuto presenta buone caratteristiche in termini di diametro medio delle particelle. In questo modo si riescono ad evitare gli inconvenienti legati all’alta temperatura.

2.2 Riduzione elettrochimica di sali metallici

Nanoaggregati metallici a dimensionalità controllata possono essere preparati per riduzione elettrochimica secondo quanto proposto da Reetz et coll.15-17. In questa metodologia è previsto l’uso di un anodo sacrificale come sorgente del metallo desiderato (Cu, Ni, Au); tale anodo è utilizzato in presenza di sali di ammonio quaternario che agiscono contemporaneamente da elettroliti e da agenti stabilizzanti. Nel caso in cui si vogliano ottenere nanoparticelle metalliche di specie più difficilmente ossidabili (Pt, Rh, Ru, Mo), in soluzione sono impiegati direttamente sali metallici. Sistemi ottenuti mediante questa metodologia preparativa possono essere eterogeneizzati mediante aggiunta diretta del supporto durante la preparazione delle particelle metalliche oppure in stadi successivi. Il meccanismo proposto dagli autori per questo processo prevede: i) una prima fase dove si ha la dissoluzione dell’anodo con conseguente formazione di ioni metallici e loro migrazione verso la superficie del catodo dove ha luogo il processo di riduzione; ii) una seconda fase durante la quale si hanno fenomeni di aggregazione delle nanoparticelle metalliche stabilizzate dalla presenza del sale di ammonio quaternario, generalmente caratterizzato da lunghe catene alifatiche, che infine precipitano nell’ambiente acquoso dove ha luogo la reazione. I cluster così precipitati possono essere successivamente isolati,

(53)

47

essiccati e solubilizzati in solventi organici grazie alla presenza del sale d’ammonio quaternario che con le lunghe catene alifatiche è affine ai solventi organici e contemporaneamente elimina il contatto tra i cluster metallici evitando fenomeni di aggregazione.

2.3 Decomposizione termica o mediante ultrasuoni di composti

organometallici

Alcuni composti organometallici possono essere impiegati per l’ottenimento, mediante decomposizione termica, di nanoparticelle metalliche. In particolare opportuni composti organometallici disciolti in solvente, oppure portati allo stato di vapore, possono essere adsorbiti su supporti e decomposti mediante termolisi controllata per ottenere nanoparticelle metalliche18. Una delle problematiche legate a questa metodologia è rappresentata dalle alte temperature impiegate che favoriscono fenomeni di sinterizzazione; per evitare tali fenomeni sono generalmente impiegati, laddove disponibili, sistemi organometallici capaci di decomporre a basse temperature.

Particelle metalliche possono essere depositate su opportuni supporti a partire da composti organometallici anche mediante la tecnica di Chemical Vapour Deposition (CVD)19. Questa tecnica prevede l’iniziale vaporizzazione del composto organometallico che va a localizzarsi sul supporto e la sua successiva decomposizione termica in corrente di idrogeno. Il principale vantaggio di questa tecnica è quello di non prevedere stadi di essiccamento e calcinazione del sistema supportato, stadi che generalmente implicano fenomeni di sinterizzazione. Un esempio di preparazione mediante la tecnica CVD di sistemi Pd/zeolite è rappresentato nello Schema 2.1.

Schema 2.

Un’ulteriore metodologia per la preparazione di nanoparticelle metalliche a partire da complessi organometallici si basa sull’ impiego di ultrasuoni (sonochimica)20. Tale

(54)

48

metodologia deriva dal fenomeno di cavitazione acustica che causa la formazione, la crescita e l’esplosione di bolle in fase liquida.

La riduzione mediante sonochimica di sali di metalli di transizione avviene in tre stadi successivi: la formazione di specie attive, la riduzione del metallo ed infine la crescita del colloide. I tre steps avvengono in zone diverse della soluzione; in particolare, all’interno delle bolle di cavitazione si ha la formazione di specie radicaliche H• e OH• (dovute alle alte temperature che favoriscono la pirolisi dell’acqua). All’interfaccia bolla di cavitazione/soluzione si formano specie radicaliche di tipo R• ed infine in soluzione si osserva la riduzione del metallo e la crescita dei clusters.

2.4 Riduzione o allontanamento di legante da complessi organometallici

Complessi organometallici zerovalenti possono essere utilizzati nella preparazione di sospensioni colloidali di metalli tramite processi di riduzione o allontanamento del legante. Impiegando questa procedura Bradley et coll. hanno ottenuto soluzioni di Pt e Pd stabilizzate da polivinilpirrolidone (PVP)21. In particolare, impiegando come substrati Pt2(dba)3 e Pt(dba)2 e riducendo tali sistemi con idrogeno a pressione atmosferica, è stato

possibile ottenere nanoparticelle caratterizzate da un diametro medio pari a 2.5 nm, mentre impiegando pressioni di idrogeno superiori (3 atm) si sono ottenute particelle con diametro medio di 4 nm.

Anche la riduzione di sistemi caratterizzati da leganti olefinici può essere impiegata come metodologia di preparazione di soluzioni metalliche colloidali. Ad esempio, la preparazione di nanocluster di Ru (0) a bassa dimensionalità (diametro delle nanoparticelle compreso tra 1 e 2.5 nm) prevede l’idrogenazione del complesso Ru(1,5-cicloottadiene)(1,3,5-cicloottatriene) [Ru(COD)(COT)] in presenza di emulsionanti come la triottilammina22 o di polimeri come il PVP23.

2.5 Riduzione di complessi metallici mediante microonde

Un metodo introdotto recentemente per la preparazione di catalizzatori nanostrutturati supportati prevede il trattamento con microonde di un complesso metallico, disciolto in un opportuno solvente, in presenza del supporto24. Con questa tecnica sono stati preparati sistemi nanostrutturati di rutenio a partire da RuCl3 nH2O. Il cloruro, insieme ad uno

stabilizzante come il PVP, è disciolto in etilenglicol sotto atmosfera inerte e a temperatura ambiente; il supporto viene poi inserito nel recipiente di reazione e la miscela ottenuta

(55)

49

viene irradiata con microonde. Al termine del tempo prestabilito, il recipiente di reazione viene raffreddato, il solvente rimosso e il catalizzatore lavato con acetone e seccato sotto vuoto. In questo modo si riescono ad ottenere nanoparticelle metalliche supportate in modo rapido, sicuro e a basso costo.

2.6 La tecnica Metal Vapour Synthesis (MVS)

La cocondensazione dei vapori di un metallo con vapori di substrati organici rappresenta, tra i possibili metodi di attivazione del metallo stesso, uno dei più innovativi ed ampiamente studiato in questi ultimi anni25, 26. Tale tecnica (Metal Vapour Synthesis-MVS) deve le sue origini alla fine degli anni ’50, agli esperimenti di Pimentel27 sull’isolamento di radicali liberi in matrici di gas inerti a 4-20 K; la sua affermazione in campo sintetico è invece legata agli studi di Skell28 sulla reazione, alla temperatura dell’azoto liquido (77 K), fra atomi di carbonio e matrici reattive. Timms29

estese infine l’impiego della tecnica alla preparazione di sistemi organometallici impiegando atomi di metalli di transizione.

Gli atomi del metallo, generati a 10-3-10-4 mbar per vaporizzazione del metallo stesso in una sorgente ad elevata temperatura, vengono fatti condensare con specie molecolari debolmente coordinanti sulle pareti di un reattore immerso in azoto liquido30. La ricombinazione degli atomi a riformare il lattice metallico risulta notevolmente competitiva rispetto alla reazione con il reagente organico, ragion per cui quest’ultimo deve essere impiegato in grande eccesso (> 10:1). Il cocondensato, una matrice solida alla temperatura dell’azoto liquido, viene fatta scaldare fino a completa fusione e la miscela di reazione raccolta e manipolata con le normali tecniche della chimica organometallica31. L’impiego, come reagenti, di vapori di metalli, costituiti in generale da specie monoatomiche, offre particolari vantaggi sintetici: gli atomi non presentano virtualmente barriere cinetiche alla coordinazione con leganti organici, l’area superficiale è massima e non vi è più da superare l’energia di coesione del metallo stesso.

La tecnica MVS è risultata di particolare interesse per la preparazione di nuovi sistemi catalitici. Infatti, facendo cocondensare vapori di metalli dell’VIII gruppo (in particolare Ni, Co, Rh, Pt, Pd) con substrati organici debolmente coordinanti, quali idrocarburi arenici, eteri o olefine, si ottengono, dopo fusione delle matrici, composti solubili e stabili a bassa temperatura nel solvente utilizzato, generalmente chiamati “atomi di metallo solvatati”,

(56)

50

che sono in grado di interagire con nuovi substrati e promuovere reazioni organiche in condizioni particolarmente blande32 (Schema 2.2).

Schema 2.2

I cocondensati metallici si sono rivelati sistemi estremamente versatili per ottenere polveri ultrafini e per depositare, mediante semplice decomposizione termica, particelle metalliche particolarmente attive su supporti solidi di varia natura25, 33.

3 Solvatati metallici come precursori di sistemi catalitici

supportati

I solvatati metallici ottenuti con la tecnica MVS costituiscono una conveniente fonte di metallo a basso stato di ossidazione per la formazione di sistemi catalitici supportati; le soluzioni derivanti dalla cocondensazione di vapori metallici con solventi organici sono infatti instabili dal punto di vista termico ed un incremento di temperatura (25°C) in presenza di supporti, organici o inorganici, provoca la nucleazione e la crescita di aggregati metallici sulla superficie dei supporti stessi (Schema 2.3).

Riferimenti

Documenti correlati

rendendo il processo di elettrosintesi più semplice nella parte iniziale dello studio. Inoltre, si è scelto di lavorare senza l’ulteriore aggiunta di agenti stabilizzanti

La materia può essere divisa in: materia organica costituita dagli esseri viventi e da tutto ciò che da essi deriva e materia inorganica , costituita da tutto ciò che non vive

(ioni rameici disciolti in soluzione acquosa con sospensione di TiO₂).  Uno studio pone l’attenzione sulla riduzione del protone resa possibile dalla capacità dei complessi cloro

9 Nel corso di uno studio che aveva come scopo la sintesi di tetraidroisochinoline a struttura spiranica mediante una procedura sequenziale che implica una

negativo); (b) una reazione lenta esoergonica (∆G‡ grande, ∆G° negativo); (c) una reazione veloce endoergonica (∆G‡ piccolo, ∆G° piccolo e positivo); (d) una reazione

Due to the low costs of virgin glass fibers, mechanical recycling is the only economically feasible way ( Cunliffe and Williams, 2003 ), in particular considering a

Proviamo a calare l’applicazione anche in contesti diversi da quello criminologico, in mano alla protezione civile, ai vigili del fuoco, agli studiosi del CNR e meteorologi,

Having analysed the variability that the dimensions used to analyse European media systems present in each European country, and explored the relationship between such