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La produzione ceramica dell’abitato di Mursia. Proposta di nuova classificazione tipologica dei materiali del settore B

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VOL.7 2015,1 PP.17-48 ISSN1974-7985

LA PRODUZIONE CERAMICA DELL’ABITATO DI MURSIA.

PROPOSTA DI NUOVA CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DEI MATERIALI DEL SETTORE B

Maurizio Cattani

1

, Florencia Debandi

2

, Alessandra Magrì

3 PAROLE CHIAVE

Abitato, Mursia, Pantelleria, età del Bronzo, ceramica, tipologia.

KEYWORDS

Settlement, Mursia, Pantelleria, Bronze Age, pottery, typology.

RIASSUNTO

Il recupero dei reperti ceramici avvenuto nelle ultime campagne di scavo ha costituito l'occasione per riformulare i criteri e la nomenclatura per la classificazione della produzione ceramica di Mursia. Il contributo prende in esame una nuova proposta di tipologia in cui è stato assegnato un maggiore ruolo agli aspetti produttivi e alle funzioni delle categorie identificabili dai frammenti ceramici. I criteri adottati assegnano ai tipi di impugnatura e all'indice di profondità delle forme ceramiche un valore che permetta di identificare le modalità d'uso dei contenitori e di conseguenza strutturare la catalogazione dei reperti.

La proposta è funzionale pertanto alla redazione di una griglia di riferimento per gli operatori che si occupano della classificazione dei manufatti ceramici del settore B di Mursia e al confronto con le altre ricerche sull'età del Bronzo in ambito peninsulare e siciliano.

ABSTRACT

This paper presents a new proposal of classification of the pottery found at the Bronze Age site of Mursia elaborated by the research group of the University of Bologna, after several campaigns of investigation. Among the methods of evaluation and terminology for the classification of ceramics, it has been assigned more importance to production and functional use of vessels. Especially principles based on the presence of handles and on the rate between diameter and height allow to suggest ancient procedures and use of each category and consequently to aid operators in cataloguing finds.

This proposal is therefore useful as reference grid for the classification of pottery from sector B of Mursia and for a comparison with other studies and investigations devoted to the Bronze Age of the Italian Peninsula and Sicily.

P

REMESSA

La produzione vascolare dell’abitato di Mursia, inquadrabile nelle fasi avanzate del BA siciliano (1750-1450 a.C.)4, è tradizionalmente attribuita alla cd. facies di Rodì-Tindari-Vallelunga (in seguito RTV) sulla base di

alcuni elementi diagnostici tra cui tra cui fogge ceramiche acrome e sintassi decorative con motivi incisi ed impressi estranei al materiale Castelluccio. Tra gli indicatori considerati fossili-guida sono le elaborate anse sopraelevate, pertinenti a tazze o boccali, definite tradizionalmente “a orecchie equine” o “a corna caprine”5.

Senza entrare nel merito della questione RTV, la cui definizione, in qualità di cultura o semplice stile ceramico, è stata oggetto di un acceso dibattito scientifico e di una recente revisione critica6, l'inquadramento della

ceramica di Mursia per gli spiccati caratteri di singolarità e autonomia, in virtù del fattore di insularità e della

1 Università di Bologna, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, sezione di Archeologia: maurizio.cattani@unibo.it. 2 Dottoranda Università di Bologna, florencia.debandi@gmail.com.

3 Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici (SISBA), Università di Udine, Trieste, Venezia;

alessandriam@yahoo.it. La proposta di classificazione presentata è frutto di una rielaborazione ed aggiornamento della tesi di laurea magistrale "Le fasi recenti dell’abitato dell’età del Bronzo di Mursia (Pantelleria - TP). Analisi preliminare dei materiali ceramici dell’area Nord", sostenuta nell'a.a. 2010/2011 presso l'Università di Bologna, relatore, Prof. Maurizio Cattani.

4 Corrispondenti alle fasi di BA avanzato, BM1 e BM2 secondo la cronologia peninsulare. 5 Da ultimo cfr. Ardesia 2013-2014.

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posizione geografica di Pantelleria, può essere limitato alla cd. “facies di Mursia”7, sostanziata sia a livello di

facies ceramica che per altri aspetti della cultura materiale e delle strutture funerarie.

Dopo gli studi preliminari sui materiali provenienti dalle capanne del villaggio e dalla coeva necropoli dei “Sesi”8, i primi tentativi di inquadramento organico della ceramica isolana, basati sui recenti dati di scavo e la

revisione dell’edito, sono stati condotti a partire dal 2005 con proposte di classificazione relative a diverse strutture e fasi insediative dell’abitato9. Con le recenti campagne di scavo condotte nel settore B dell'abitato,

il patrimonio ceramico si è notevolmente arricchito e grazie allo studio dei vari contesti stratigrafici10 è oggi

possibile riformulare la classificazione, sia per la futura programmazione delle attività di catalogazione, sia per aggiornare il quadro conoscitivo delle produzioni dell'antica e media età del Bronzo siciliana.

Il repertorio ceramico del sito, di impasto (fine, medio, grossolano), a superfici acrome (grezze, lisciate, lucidate), di colore dal bruno-grigio al rosso, è dominato da forme semplici di lunga durata e bassa variabilità morfologica, e da alcune classi dotate di maggiore valore crono-tipologico, tra cui si distinguono peculiari boccali monoansati e tazze-attingitoio con anse sopraelevate ad appendici elaborate di tipo RTV; vasi su piede noti in letteratura come “fruttiere”; numerosi frammenti decorati ad incisioni, impressioni e applicazioni plastiche, e una serie di indicatori diffusi nella Sicilia occidentale e nord-orientale e nella Calabria tirrenica11.

L'insediamento di Mursia è parte integrante di un vasto areale geografico che vede nella Sicilia settentrionale e occidentale la diffusione di una tradizione ceramica sensibilmente diversa da quella castellucciana, dominante nel resto dell’isola e caratterizzata da una ricca ornamentazione dipinta in bruno o nero su fondo rosso o in bruno-rosso su fondo chiaro. L’orizzonte pantesco è contraddistinto, al contrario, da una produzione ceramica acroma non dipinta di colore grigio scuro, che nega qualsiasi cromatismo e ammette come uniche forme decorative alcuni motivi geometrici ad incisione ed impressione.

La presenza di ceramica incisa e impressa confrontabile con altre produzioni nel Mediterraneo (ad es. nella cultura di eoliana di Capo Graziano caratterizzata da una raffinata produzione ceramica a superfici lucide e levigate, con sintassi decorative incise e impresse) a Pantelleria consente di collocare l’orizzonte di Mursia nel periodo corrispondente alla fase II della cultura di Capo Graziano, databile tra la fase tarda del BA e le fasi iniziali del BM, elemento che sembra confermato dalle datazioni radiometriche effettuate su campioni prelevati nello scavo dei settori B e D12.

Per le stesse ragioni si possono rintracciare richiami ad un mondo “esterno” e significativi punti di contatto con altri orizzonti culturali del Mediterraneo centrale, in particolare Malta e l’Italia meridionale13.

Negli ultimi anni di ricerca è emersa una discreta documentazione di ceramica ornata14 - incisa, impressa e

plastica - riferibile ai diversi livelli di vita dell’abitato e più frequente nelle fasi recenti, oltre ad assumere una specifica valenza diagnostica, costringe a riconsiderare l’intero complesso di Mursia in una prospettiva centro-mediterranea e a ritenere non più soddisfacente la generica attribuzione alla facies RTV in senso restrittivo.

Il patrimonio morfologico-decorativo della ceramica di Mursia, caratterizzato dall’associazione di specifiche fogge e attributi e dall’ibridazione di diversi “stili“ liberamente combinati, presenta indubbie affinità con le produzioni di alcune comunità attive sul Mediterraneo nella transizione tra il BA avanzato e il BM iniziale: arcipelago eoliano (facies di Capo Graziano)15; Malta e Ognina di Siracusa (facies di Tarxien Cemetery)16;

versante tirrenico dell’Italia meridionale (Protoappenninico B, facies di Palma Campania, facies di Cessaniti-Capo Piccolo, aspetti calabresi di tipo “capograzianoide” e RTV)17; Peloponneso e Ionio fino a Cetina.

7 Ardesia et alii 2006; Ardesia, Cattani 2012. L’inquadramento culturale della ceramica di Mursia e la tradizionale

assegnazione alla facies RTV non sono più ritenute soddisfacenti per analizzarne la distribuzione e i rapporti con le altre tradizioni ceramiche del territorio siciliano.

8 Orsi 1899; Tozzi 1968.

9 Ardesia et alii 2006; Ardesia, Cattani 2012; Nicoletti 2009; Ardesia 2013-2014. 10 cfr. contributi in questo vol. e tesi di laurea o specializzazione.

11 Tra di essi spiccano le teglie con maniglie interne, i fornetti/coppe di cottura con maniglie sommitali, le cd. anse

quadrangolari “a manubrio”, i fondi decorati con impressioni “a cuppelle”, i vasi con pastiglie argillose applicate sulla superficie esterna e gli scodelloni e vasi su piede internamente decorati con incisioni lineari a raggiera.

12 Cattani, Nicoletti, Tusa 2012, tab.1.

13 Sintassi decorative simili caratterizzano alcune produzioni diffuse nel Tirreno, nello Ionio e in Peloponneso (Marino,

Pacciarelli 1996; Pacciarelli 2001; Rutter 1982).

14 In contrasto con quanto si era sempre indicato per la produzione ceramica di Mursia considerata acroma e inornata. 15 Bernabò Brea 1985, Bernabò Brea, Cavalier 1980; Iid.1991; Cavalier 1960-61; Ead. 1970; Levi et alii 2011; Levi et alii 2014;

Martinelli et alii 2010, Tigano 2009.

16 Evans 1971, Cazzella, Recchia 2012.

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19 Recenti scoperte inoltre di elementi RTV a Stromboli18 permettono di configurare in tutta l'area un quadro

contraddistinto da una grande dinamicità e da un’intensa circolazione di “modelli”. Di questa temperie culturale, animata da correnti, scambi, collegamenti reciproci, Pantelleria appare pienamente partecipe nelle fasi centrali e avanzate di vita dell’insediamento.

L’abitato di Mursia, situato in una zona eccentrica del Mediterraneo centrale, diventa in quest’ottica un complesso a sé stante, che si esprime in una facies culturale originale e diversa da quelle dell’isola maggiore19, per il continuo afflusso di apporti esterni che giungono via mare e rimodellano continuamente il

sostrato “locale”, anche se non mancano gli indicatori costantemente condivisi e aggiornati comuni alla Sicilia.

TECNOLOGIA

In una disamina piuttosto accurata della produzione vascolare del sito, durante la ripresa delle ricerche a Mursia alla fine degli anni '60, Tozzi riscontrava la presenza di due categorie di ceramica, quella ad impasto depurato e quella ad impasto più grossolano, contenente abbondanti inclusi, visibili ad occhio nudo o con lente d’ingrandimento (Tozzi 1968). L’esame microscopico degli inclusi presenti nella matrice argillosa, indagine certamente meritevole all’epoca, rivelava la presenza di minuti frammenti di vetro vulcanico e cristalli di gesso, in base ai quale l’autore concludeva che quel tipo di argilla fosse importata, verosimilmente giunta dalla Sicilia o dall’Africa.

Gli studi successivi, condotti a partire dal 2005 su un campione reperti diagnostici20 in massima parte

provenienti dal settore B di Mursia, hanno tuttavia consentito di rintracciare, mediante analisi autoptiche delle sezioni, minuti minerali di pantellerite, roccia vulcanica effusiva tipica dell’isola e assente in Sicilia. Inoltre, malgrado tutte le rocce subaeree dell’isola siano di origine vulcanica, alcuni giacimenti di argilla sedimentaria localizzati in c.da Bagno dell’Acqua e i depositi presenti in prossimità delle favare21 sembrano

far pensare all’utilizzo di una fonte di approvvigionamento autoctona. Recenti indagini petrografiche (Ursini, Trojsi 2009) e mineralogiche22 indicano che tale materia prima è stata usata nel villaggio di Mursia sia per la

produzione vascolare sia negli impasti dei conglomerati architettonici delle capanne23.

Allo stato attuale delle conoscenze, è verosimile che la maggior parte della produzione ceramica avvenisse con argille locali (Alaimo, Montana 2003) o che l’argilla fosse comunque impastata all’interno dell’abitato, dove, peraltro, non mancano evidenze archeologiche di una struttura interpretata come fornace per la cottura della ceramica (capanna B8), ipotesi corroborata dal rinvenimento di alcuni panetti di argilla sedimentaria negli strati di vita (nel settore D)24.

Nella produzione vascolare di Mursia, l’esame macroscopico e autoptico degli impasti ha evidenziato la presenza di due distinte categorie d’impasto: la frequenza degli inclusi e dei degrassanti, il tipo di tessitura più o meno omogenea, il colore derivato dalla minore o maggiore ossidazione raggiunta durante la cottura, la consistenza e la granulometria della matrice25, hanno consentito di identificare e distinguere un impasto

medio-fine di colore grigio e con scarsi inclusi di piccole dimensioni, e un impasto più grossolano di colore

rossiccio-bruno, con abbondanti inclusi e matrice porosa. Nella maggior parte dei casi si è osservato che la ceramica ad impasto fine o “semidepurato”, caratterizzata da una raffinata fattura e da una maggiore rifinitura delle superfici, appartiene alla categoria “da mensa”, mentre gli impasti più grossolani, plasmati con una maggiore quantità di clasti e inerti, sembrano contraddistinguere la ceramica “da fuoco” e “da immagazzinamento”. Quanto al trattamento delle superfici, oltre alla steccatura e alla lucidatura, si riscontra in alcuni esemplari la presenza di un sottile rivestimento o ingubbiatura di colore biancastro. In alcuni casi si osservano impronte di fibre vegetali, intrecci e foglie (di lentisco).

18 Dati inediti presentati al Convegno "Facies e culture nell’età del Bronzo italiana?” che si è tenuto all'Academia Belgica di

Roma, il 3-4 dicembre 2015 con la relazione a cura di Levi S.T., Bettelli M., Cannavò V., Di Renzoni A., Ferranti, Martinelli M.C., “Production or use: what defines a facies?”.

19 Confermata, tra l’altro, dall’aspetto funerario esclusivo della necropoli dei Sesi.

20 SI fa riferimento allo studio condotto dalla Dott.ssa V. Ardesia sulla ceramica RTV e su un campione di 797 esemplari

provenienti da Mursia: 729 reperti provenienti dagli scavi 2001-2006 del settore B (capanna B4) eseguiti dall’Università di Bologna e 68 reperti provenienti dagli scavi del 1968 dei settori A, B e C eseguiti dall’Università di Pisa (Ardesia 2013-2014).

21 In epoca tardo-antica queste argille hanno alimentato la produzione della cd. pantellerian ware, dalla tipica colorazione

rossastra (Santoro Bianchi 2003).

22 I materiali sottoposti ad indagine archeometrica provengono dal settore B e sono stati analizzati mediante microscopia

ottica con microscopio da mineralogia (MO), diffrattometria a raggi-X (XRD), analisi termoponderale e termodifferenziale (Secondo et alii 2011).

23 Nicoletti 2009, p. 20; Nicoletti Trojsi, Tusa 2012. 24 Ardesia et alii 2006, p. 317; Nicoletti 2009, p. 20.

25 Per le tecniche di manifattura, l’identificazione delle classi d’impasto, le analisi composizionali degli impasti ceramici cfr.

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CLASSIFICAZIONE E TIPOLOGIA: CONSIDERAZIONI E CRITERI

La produzione vascolare di Mursia si caratterizza per uno spettro tipologico incentrato su poche categorie vascolari che presentano al loro interno una serie di varietà non perfettamente standardizzabili.

Lo studio analitico della ceramica, effettuato con l’ausilio di un database26 sui materiali provenienti dal

settore B, ha offerto una solida base statistica per l’elaborazione della tipologia di Mursia e per l’evidenziazione dei cambiamenti intervenuti nel corso della vita dell’abitato27.

La documentazione si è arricchita con l’analisi di diversi contesti abitativi del settore B (cfr. contributi in questo vol.), sostenuta da un accurato controllo della stratigrafia, relativa a gran parte dell’arco cronologico dell’abitato. La disponibilità e l’integrazione di dati aggiornati ci permettono dunque di riformulare la proposta di classificazione crono-tipologica, supportata dalla verifica del materiale edito e inedito degli scavi Orsi e Tozzi.

La necessità di ripensare la tipologia è motivata inoltre da un approccio maggiormente dedicato a ricostruire le funzioni degli oggetti e le attività ad essi collegati, rispetto ad una classificazione meramente morfologica dei profili. Lo stato frammentario dei reperti induce inoltre ad adottare nella classificazione la precisa scelta di non considerare come prioritaria la morfologia delle parti in sè, quanto piuttosto di inserire categorie miste che accettino un indice sfumato di variabilità e che al tempo stesso identifichino insiemi di manufatti con medesime caratteristiche funzionali.

E’ forse superfluo sottolineare che nell’ambito dell’archeologia protostorica la presenza di manufatti non pienamente standardizzati (ceramiche non tornite, di produzione domestica e con alta incidenza di varianti) impone di elaborare una classificazione “a maglie larghe”, tenendo conto che ogni sistema tassonomico costituisce uno strumento di gestione dei dati e non una finalità di studio in sé e per sé.

La ceramica rappresenta uno degli elementi più diffusi all’interno dei depositi archeologici e uno dei più significativi indicatori di cultura materiale e di processi storici28, poiché permette di effettuare confronti

sincronici e diacronici tra contesti diversi su larga scala e di individuare, così, tratti culturali esclusivi o condivisi presso le comunità del passato. Nello studio dei manufatti ceramici, dotati di elevato potenziale informativo, accanto al tradizionale approccio tipologico, che utilizza le variazioni formali per la definizione cronologica, si è progressivamente affermato un approccio contestuale, che tende a considerare gli insiemi ceramici nella loro globalità, alla luce degli aspetti tecnologici e funzionali e all’interno di un più ampio complesso di contesti posti in relazione reciproca nello spazio e nel tempo.

Negli ultimi anni sono state elaborate, attraverso modifiche più o meno radicali ai sistemi classificatori tradizionali, diverse metodologie di inquadramento dei repertori ceramici, ognuna delle quali ha mostrato potenzialità e limiti in riferimento agli obiettivi di ricerca prefissati. Tenendo conto della variabilità dei criteri di indagine applicabili, appare evidente che ogni impianto classificatorio deve essere calibrato in funzione della specifica realtà storica considerata, mediante l’adozione di una metodologia adeguata alla natura della documentazione disponibile.

Inglobati nel deposito archeologico, i manufatti perdono il significato che avevano nel contesto culturale vivente, e ogni tentativo di risalire ai comportamenti e di penetrare nella mentalità degli originari produttori e fruitori è limitato dall’arbitrarietà naturalmente insita nelle ricostruzioni tipologiche.

I criteri scelti all’interno di un’operazione classificatoria, per quanto volti a cogliere le possibili percezioni degli antichi artefici, non ricalcano mai in modo fedele i modelli antichi e appaiono comunque condizionati dall’inevitabile intervento interpretativo del ricercatore.

La costruzione di un impianto classificatorio da parte del ricercatore prevede la scelta di precisi parametri tassonomici, che consentono un preliminare ordinamento dei reperti su diversi livelli di una struttura gerarchica, e, al suo interno, l’adozione di una serie di criteri terminologici nella definizione delle forme e nella descrizione dei singoli vasi.

Ad un primo livello tassonomico, i criteri discriminanti sono la presenza o assenza di impugnature e il parametro dell'indice di profondità definito dal rapporto diametro massimo/altezza (Ø/H), (da ora in poi I.D.P.)29.

Questi parametri indirizzano il riconoscimento tipologico a precise azioni o a particolari funzioni di uso dei recipienti: la presenza di una salda presa (ansa, spesso sopraelevata) o di una piccola sporgenza nel profilo del vaso indicano due diverse modalità di sollevamento e di gestione dei recipienti ceramici. Allo stesso modo l'indice di profondità aiuta a riconoscere modelli che ripercorrono la destinazione d'uso (vasi profondi vs poco profondi) probabilmente in mente da parte di chi fabbricava i vasi. Le forme intermedie tuttavia

26 Si tratta di un database relazionale realizzato su Access e programmato in Visual Basic, elaborato nell’ambito della

proposta di classificazione della ceramica RTV, frutto della collaborazione tra colleghi dell’Università di Bologna e dell’Università Bicocca di Milano.

27 Ardesia, Cattani 2012. 28 Cocchi Genick 2009, pp. 37-53.

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21 indicano che queste variabili non dovevano essere totalitarie, né esclusive, e anzi potevano ricoprire il ruolo indicato solo negli estremi più facilmente riconoscibili, attestando una ampia produzione probabilmente polifunzionale30. A queste categorie intermedie inoltre si attribuisce la grande quantità di oggetti

frammentari, di cui non è possibile oggi riconoscere l'eventuale categoria di appartenenza.

Considerando che non è possibile effettuare una suddivisione netta e senza ambiguità (dal momento che molte forme tradizionalmente considerate chiuse o, al contrario, aperte si attestano proprio sui valori intermedi di I.D.P. = 1), il criterio generale di distinzione tra forme aperte e forme chiuse non è stato ritenuto prioritario né vincolante ai fini dell’inquadramento dei manufatti in esame e non è stato pertanto preso in considerazione come elemento discriminante nella presente trattazione.

Negli ultimi anni sono stati elaborati diversi schemi tassonomici31, che hanno privilegiato ora un approccio

emico/contestuale, ora un approccio etico/tipometrico.

L’impalcatura della classificazione dei materiali ceramici di Mursia è stata strutturata, senza eccessive rigidità, in successivi livelli di una scala gerarchica che muove dal generale al particolare in unità di dettaglio sempre più specifiche: partendo dall’individuazione di categorie, si definiscono progressivamente alcuni sottoinsiemi morfo-tipologici, fino all’enunciazione di specifici tipi e varietà che occorre valutare caso per caso e che spesso corrispondono a esemplari singoli32:

- Categoria: rappresenta il livello di definizione più generale e corrisponde a un raggruppamento di manufatti individuato in base a parametri funzionali generici e immediatamente riconoscibili (es. olla); - Famiglia tipologica: rappresenta una prima specificazione della categoria e comprende insiemi imparentati sulla base di parametri morfologici macroscopici, quali la forma o la tettonica del vaso (es. olla ovoide); può presentare una scansione in gruppi interni o sottoinsiemi che sintetizzano alcuni aspetti morfologici condivisi da più esemplari (es. olla ovoide a profilo articolato o a profilo continuo, con orlo svasato o dritto, ecc.)

- Tipo: costituisce un ulteriore livello di definizione e individua una serie di manufatti contraddistinti da un’associazione ricorrente di caratteri o attributi specifici comuni; il tipo, considerato in alcuni lavori come “il diretto correlato archeologico del modello socialmente accettato da una o più comunità”33, è definito da

peculiari attributi (formali o funzionali) che contraddistinguono e identificano in modo specifico la morfologia generale del vaso (articolazione del profilo con significato funzionale, impugnature, ecc.). Non tutte le forme, tuttavia, presentano una suddivisione in tipi nettamente definibili.

Nel presente caso di studio si è preferito mantenere un’impalcatura tassonomica “aperta”, senza scendere al livello di dettaglio del tipo, pur segnalando la peculiarità di alcune fogge che ad un esame più approfondito e col supporto di nuovi dati potrebbero essere considerate tipi a sé stanti.

Gli ultimi livelli di classificazione, per via della loro stessa natura, non sono né standardizzabili linguisticamente, né definibili in maniera perspicua e sono stati considerati nel presente lavoro solo ai fini di un ordinamento e di una distinzione interna.

La varietà designa una serie di variazioni di ordine qualitativo o quantitativo di carattere secondario (presenza/assenza/numero/posizione di impugnature, elementi aggiuntivi, attributi decorativi, ecc.) ed è spesso rappresentata da più di un esemplare. La variante individua singoli aspetti o caratteri peculiari che sfuggono a un rigoroso inquadramento tipologico e corrisponde ad esemplari individuali, spesso coincidenti con la categoria dell’unicum.

Come precedentemente accennato, nell’analisi tipologica della ceramica di Mursia è stato necessario ricorrere alla definizione di una serie di “categorie miste”, legate all’evidenza di alcuni insiemi di manufatti non perfettamente inquadrabili in entità tassonomiche rigide e precostituite. Va comunque tenuto presente che le classi tipologiche difficilmente rispecchiano le categorie distintive effettivamente operanti nelle comunità antiche e rappresentano, in ogni caso, delle convenzioni attraverso cui il ricercatore organizza empiricamente i dati della cultura materiale.

30Magrì, Cattani, Tusa 2015.

31 Si vedano a questo proposito i numerosi contributi in Cocchi Genick 1999 (Atti Viareggio), in cui vengono discussi i

principali criteri in uso per le diverse fasi preistoriche e protostoriche italiane; più in generale, per i problemi metodologici relativi alla classificazione: Peroni 1994, p. 28; Bietti Sestieri 2000, pp. 64-65; Cocchi Genick 2001; Cocchi Genick 2009, pp. 48-51; Vidale 2007, cap. 5.

32 Per ogni categoria, la logica di suddivisione e descrizione adottata prevede una successione che tiene in

considerazione gli aspetti formali macroscopici, a partire dal profilo del vaso, la conformazione dell’imboccatura e altri parametri simili, per poi definire caratteri morfologici secondari o attributi funzionali non sempre documentati (a causa dell’elevato grado di frammentarietà), con l’enunciazione di specifiche varianti e singole varietà.

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Nell’elaborazione del sistema di classificazione e del relativo apparato terminologico si è cercato di applicare un criterio funzionale34, basato sulla valutazione congiunta della morfologia complessiva e degli aspetti

dimensionali dei reperti vascolari, piuttosto che impiegare tassonomie basate esclusivamente sulla definizione geometrica e morfologica del manufatto.

La vera e propria classificazione della forma prende in considerazione simultaneamente più attributi dalla cui associazione e combinazione deriva il singolo esemplare o manufatto, mai identico a se stesso, a maggior ragione nell’ambito della ceramica pre- protostorica, non standardizzata.

Gli attributi, intesi come elementi accessori che differenziano la forma-base, si distinguono in attributi funzionali o essenziali, che qualificano un manufatto per una precisa funzione (ansa, presa, piede, beccuccio) e attributi morfologici, che riguardano l’andamento del profilo (continuo o articolato), la conformazione dei singoli elementi costitutivi (forma di orlo, piede, ecc.), le decorazioni (incisioni, impressioni digitali, cordoni plastici, ecc.).

A livello generale, i parametri analizzati nella costruzione dell’impianto classificatorio si riferiscono a: - elementi di presa (n°, posizione, forma);

- rapporti proporzionali/dimensioni assolute; - andamento del profilo;

- conformazione dell’orlo; - conformazione del fondo/piede;

Più nel dettaglio, le caratteristiche morfologiche35 cui si riconosce un valore diagnostico in riferimento alla

funzionalità dei reperti ceramici riguardano i seguenti aspetti: - articolazione dell’imboccatura;

- presenza di elementi accessori che possano potenziare/agevolare alcune azioni legate alla facilità di estrarre/versare il contenuto (beccucci, colatoi, insellature);

- numeri, tipo, posizionamento degli elementi di presa; - posizione del baricentro rispetto al corpo del vaso;

- configurazione del fondo in riferimento al grado di stabilità del contenitore; - capacità;

- ampiezza dell’imboccatura/orlo;

- sviluppo longitudinale del vaso (altezza) e espansione massima (diametro);

- conformazione del profilo superiore del vaso (in favore di una maggiore chiusura/apertura); - ingombro massimo.

Si tratta di elementi osservabili empiricamente, che hanno una certa incidenza sullo svolgimento di determinate azioni/operazioni; nel presente studio tali indicatori non sono stati presi in considerazione in maniera sistematica, ma si è ricorso ad essi per una valutazione globale dei possibili utilizzi di alcune categorie di manufatti.

CRITERI DI NOMENCLATURA

Nel presente impianto classificatorio la definizione dei reperti prevede l’enunciazione della classe e della famiglia tipologica di riferimento, cui fa seguito la descrizione delle singole parti compositive della tettonica del vaso, procedendo dalla sommità fino alla base, dunque dall’imboccatura al fondo36, con l’esplicitazione

delle specifiche varietà e delle eventuali varianti.

Nell’ordine si considerano: l’orlo e il suo margine, il collo se presente, il corpo per le forme chiuse, la vasca per quelle aperte, la carena se presente, la posizione del diametro massimo (se determinabile), il fondo o il piede. Nelle forme aperte a profilo carenato la descrizione della parte centrale del vaso è suddivisa in: parete al di sopra della carena, carena, vasca.

Gli orli si definiscono rispetto all’andamento della parete sottostante, in relazione alla quale un orlo è considerato indistinto o distinto. Tra gli orli distinti si ricorre all’aggettivo svasato se l’orlo è inclinato verso l’esterno e sporge rispetto alla parete; a tesa se piega verso l’esterno assumendo un andamento sub-parallelo al fondo; rientrante se è inclinato o si flette verso l’interno della parete; infine dritto o verticale se ha andamento perpendicolare al fondo.

In alcuni casi queste definizioni sono accompagnate dagli avverbi ‘lievemente’ o ‘fortemente’, che ricorrono anche accanto alle descrizioni di altre parti del vaso, per suggerire la variabilità presente all’interno di determinati aspetti formali.

In relazione al cambiamento di spessore l’orlo può apparire ingrossato o assottigliato.

34 “Le caratteristiche funzionali dipendono non solo dalla forma, ma anche da altri fattori, come il trattamento delle superfici, la

composizione e la porosità dell’impasto, la temperatura di cottura” (Levi 2010, p. 76).

35 Recchia 1997, p. 224-229. 36 Cocchi Genick 2009, pp. 43-44.

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23 La parte terminale dell’orlo è detta margine, ed è descritta mediante i seguenti attributi che “definiscono il modo in cui il vasaio ha terminato il vaso”37: arrotondato, quando l’estremità dell’orlo in sezione è

semicircolare, appiattito o piatto, quando in sezione è rettilineo, tagliato obliquamente verso l’interno o l’esterno se in sezione appare inclinato.

Il collo è la parte del vaso compresa tra l’orlo e la spalla presente solo in alcune forme chiuse a profilo articolato; può essere breve o “a colletto” (molto basso) e nell’ambito dei reperti esaminati è quasi sempre cilindrico, più raramente troncoconico.

Il corpo e la vasca rappresentano rispettivamente il nucleo centrale delle forme chiuse e delle forme aperte, e come tali, la loro descrizione, realizzata assimilandone la morfologia ad un solido, è già contenuta nell’iniziale enunciazione della forma (es. olla ovoidale = olla con corpo ovoidale).

In relazione al profilo, il corpo delle forme chiuse del materiale analizzato può essere: ovoidale, globulare, biconico, sub-cilindrico; la vasca delle forme aperte può essere: troncoconica, emisferica, a calotta (forma emisferica tronca, basso I.D.P.).

I corpi e le vasche vengono poi definiti in base al profilo delle pareti e la morfologia di alcuni elementi caratterizzanti, come l’imboccatura e la carena.

Le pareti di un corpo o di una vasca possono essere a profilo rettilineo, a profilo convesso, a profilo concavo; le forme più articolate presentano due profili diversi che distinguono la parte superiore del vaso da quella inferiore: in questo caso il profilo può essere articolato/sinuoso, articolato/carenato o può essere descritto mediante una locuzione composta da due aggettivi (profilo rettilineo-concavo, concavo-convesso ecc.). La carena è un flesso molto marcato situato al di sotto dell’imboccatura e posto a diverse altezze (1/3, 1/2, 2/3 dell’altezza); in base alla posizione, può essere alta se più vicina all’orlo o bassa se più vicina al fondo e, in base al suo aspetto esterno, può essere a spigolo vivo o arrotondata.

I fondi, in riferimento al profilo esterno, possono essere: piani, convessi, concavi, ombelicati (con una concavità più o meno accentuata nella parte centrale), a tacco. Quest’ultimo può essere piano o concavo a seconda dell’andamento della sua parte centrale.

I piedi caratterizzano al momento un’unica classe vascolare, quella dei vasi su piede, e come tali sono attestati in un’unica forma, quella del piede troncoconico cavo, all’interno della quale si differenziano esclusivamente per le dimensioni (basso/alto piede) e per la conformazione della parte terminale, descritta come estremità, che può essere indistinta/svasata/assottigliata.

Per gli elementi di presa si è resa necessaria una specifica suddivisione tipologica, vista la loro fondamentale importanza dal punto di vista diagnostico, e considerato il fatto che quasi mai - proprio a causa delle loro caratteristiche morfologiche - essi sono rinvenuti assieme al recipiente d’appartenenza.

Le anse sono elementi di presa impostati verticalmente e collegati alla parete con due attacchi sovrapposti, distanziati in modo da ottenere una luce funzionale all’impugnatura, sufficientemente ampia per il passaggio di almeno un dito.

La tipologia di ansa più diffusa nel contesto e nel periodo considerato – per tale motivo, meno significativa dal punto di vista diagnostico – è la semplice ansa a nastro.

Le anse dotate di sopraelevazione, pertinenti a tazze e boccali-attingitoio, rappresentano, al contrario, un fondamentale indicatore crono-culturale e vengono distinte in base alla forma della terminazione, se conservata.

Le maniglie sono elementi di presa impostati orizzontalmente e collegati alla parete con due attacchi posti allo stesso livello, dotati di una luce sufficientemente ampia per poterci passare attraverso almeno un dito. Le prese sono invece impugnature disposte orizzontalmente o verticalmente e collegate alla parete con un singolo attacco, prive di luce o dotate di una perforazione funzionale all’inserimento di una cordicella per la sospensione del recipiente; l’elemento plastico è idoneo ad essere afferrato con i polpastrelli garantendo una sicura presa del vaso, aspetto funzionale che rende le prese perfettamente distinguibili dalle bugne, in cui l’applicazione ha un valore puramente decorativo.

I manici sono, infine, elementi da presa sviluppati in altezza e collegati al vaso da una sola estremità; nel materiale esaminato non vi sono frammenti riferibili a tale tipologia.

RIFLESSIONI SU UNA NUOVA PROPOSTA DI CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA

In termini generali, nel presente studio l'attenzione prioritaria è stata rivolta a un fattore che precede la classificazione vera e propria e che più d’ogni altro sembra condizionare tutti i lavori incentrati sulla tipologia, ossia il grado di conservazione dei reperti ceramici, che, ridotto ai minimi termini, si polarizza attorno all’ineliminabile antinomia frammentarietà/forme intere, insita nella natura stessa del record archeologico. Da questo parametro, spesso non tenuto in debita considerazione, discendono tutte le possibili proposte di integrazione della forma originaria e, in seconda istanza, le possibili valutazioni sulla modalità di produzione

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e le conseguenti osservazioni sui modelli comportamentali e culturali connessi alla manifattura della ceramica.

Frequentissimo, infatti, è il caso di reperti che in virtù dell’elevato indice di frammentazione si pongono al limite tra due o più classi ceramiche, rendendo l’attribuzione tipologica incerta o addirittura non determinabile. In assenza del reperto integro, l’esclusiva conservazione del profilo superiore o, al contrario, del profilo basale o, ancora, della porzione mediana priva di orlo non consente di individuare in maniera univoca l’appartenenza a una classe definita.

Per alcune classi vascolari è stato pertanto necessario ricorrere a delle categorie classificatorie “miste”, al cui interno sono andati a confluire tutti quegli esemplari di dubbia interpretazione, che per caratteristiche metriche e morfologiche potrebbero ascriversi indifferentemente a una o più classi “contigue”: nel materiale esaminato questa soluzione è stata adottata in diverse circostanze, che verranno illustrate più compiutamente nel paragrafo successivo (es. tazze-ciotole; tazze-scodelle; tazze-scodelle-ciotole; scodelle/vasi su piede; scodelloni/vasi su piede), da cui sono scaturite alcune riflessioni di carattere metodologico riguardanti l’intero impianto classificatorio.

A questo scopo, durante l’allestimento e la strutturazione della tipologia si è fatto riferimento alla proposta di classificazione della scuola di R. C. de Marinis38, elaborata per i complessi ceramici di ambito padano-alpino

dell’Età del Bronzo Antico e Medio (cultura di Polada, civiltà palafitticola, civiltà terramaricola), ma potenzialmente applicabile anche ad altri contesti, in quanto nata dall’esigenza di definire delle norme generali e il più possibile uniformi per la stesura di cataloghi di reperti e per la loro discussione.

Le linee di fondo di tale impianto classificatorio di basano sull’adozione di “un criterio metrico–dimensionale

che esprima, attraverso degli indici numerici, quei caratteri che determinano differenze morfologiche tali da giustificare suddivisioni in classi e famiglie tipologiche; essi derivano dal rapporto tra i valori relativi alla profondità e al grado di apertura di un dato recipiente, cioè altezza, Ø alla bocca e Ø max. All’interno di questa prima grande suddivisione saranno poi le dimensioni relative e gli attributi a fornire elementi per un’ulteriore articolazione[...]. Il sistema è applicabile ai manufatti integri o ricostruibili nelle originarie dimensioni, può essere esteso ai frammenti una volta che sia costituito un corpus di riferimento cui confrontare gli esemplari incompleti”39.

In sostanza tale impianto classificatorio considera prioritario l’aspetto metrico-dimensionale interpretato in senso funzionale, cioè in termini di relativa profondità/capienza/capacità del contenitore ceramico, il quale è ritenuto più significativo rispetto agli attributi morfologici/accessori che caratterizzano l’aspetto estrinseco del manufatto.

Se nelle tradizionali classificazioni si segue come parametro discriminante l’articolazione del profilo, che consente di inquadrare un frammento tra le forme articolate/non articolate, nella tipologia proposta da de Marinis l’organizzazione gerarchica prende le mosse dagli indici dimensionali, e dunque dal rapporto tra diametro e profondità esprimibile in termini di I.D.P.

I parametri per classificare le forme vascolari sono essenzialmente quattro: - I.D.P. (se determinabile);

- sviluppo e andamento della parete (profondità della vasca, inclinazione del framm., ecc.); - attributi funzionali (impugnature, ecc.);

- attributi morfologici (profilo, decorazioni, ecc.).

Il punto di partenza della classificazione, secondo de Marinis, è dunque l’I.D.P., di cui si individuano quattro gradi, corrispondenti, rispettivamente, a recipienti scarsamente profondi, recipienti poco profondi, recipienti mediamente profondi, recipienti decisamente profondi.

I grado Ø max / H > 3,5 recipienti scarsamente profondi, tendenzialmente quasi piatti II grado Ø max / H ≤ 3,5 ≥ 2,5 recipienti poco profondi

III grado Ø max / H ≤ 2,5 ≥ 1,5 recipienti mediamente profondi IV grado Ø max / H < 1,5 recipienti profondi

Tab. 1. Definizione dei gradi di I.D.P. (schema elaborato a partire da de Marinis R. C., Rapi M. cds)

38 De Marinis 2007 (a cura di); De Marinis, Rapi cds.

39 De Marinis, Rapi cds. La prima enunciazione di una classificazione tipologica basata sull’I.D.P. è apparsa in un articolo

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I.D.P. Categorie e famiglie tipologiche

I grado scarsamente

profonde piatti (no anse, profilo svasato semplice/articolato, con/senza piede) teglie (pareti brevi verticali/svasate, prese o anse)

II grado poco

profonde

ciotole emisferiche o a calotta (profilo continuo curvilineo) ciotole troncoconiche (profilo continuo rettilineo) ciotole a profilo articolato (profilo sinuoso o carenato) grandi ciotole (profilo continuo/articolato)

tazze (ansa verticale, profilo continuo/articolato) tazze-attingitoio (ansa sopraelevata rispetto all’orlo)

III grado mediamente profonde

scodelle emisferiche (profilo continuo ricurvo) scodelle troncoconiche (profilo continuo rettilineo) scodelle a profilo articolato (profilo sinuoso o carenato) scodelloni (Ø max > 27 cm)

tazze (ansa verticale, profilo continuo/articolato) tazze-attingitoio (ansa sopraelevata rispetto all’orlo) IV grado molto

profonde

bicchieri (profilo troncoconico/ricurvo/sinuoso, piccole dimensioni) boccali40 (ansa verticale, profilo continuo/articolato)

boccali-attingitoio (ansa sopraelevata rispetto all’orlo)

Tab. 2. Suddivisione delle forme in base ai 4 gradi di I.D.P. (schema elaborato a partire da de Marinis R. C., Rapi M. cds).

Il principale limite di questo impianto classificatorio, peraltro esplicitamente dichiarato dagli stessi autori41,

consiste nel fatto che può esser applicato solo ai reperti integri o di cui è possibile riconoscere l’I.D.P. e le dimensioni originarie.

Nella maggior parte dei casi, invece (e ciò vale in particolare per il campione di materiali esaminati), si dispone di un repertorio vascolare caratterizzato da un elevato grado di frammentarietà, che impedisce la valutazione dei parametri dimensionali, rivelandosi sostanzialmente inadeguato per una classificazione fondata esclusivamente sul criterio tipometrico. Per queste ragioni nel presente caso-studio l’adesione al modello de Marinis non è stata esclusiva nè sistematica; nonostante ciò esso ha fornito degli utili suggerimenti di carattere metodologico, che potranno essere approfonditi e sperimentati con il proseguimento delle ricerche.

Per rispondere alle esigenze di classificazione e inserimento degli esemplari frammentari all’interno di una banca-dati delle forme vascolari si potrebbe, ad esempio, ipotizzare l’elaborazione di un nuovo metodo tassonomico, basato sull’applicazione dei principi della fuzzy logic (logica sfumata o sfocata o “per gradi di grigio”).

“Un insieme fuzzy è, in termini discorsivi, un insieme i cui contorni sono sfumati, non ben definiti. Per un determinato oggetto, non si può stabilire se appartiene o no a tale insieme, ma solo “quanto” gli appartiene” 42.

In base a questa logica l’attribuzione di un frammento a una classe ceramica (intesa come un insieme fuzzy) non è espressa in termini di certezza (appartenenza completa o nulla, es.: il frammento X è “tazza” aut “ciotola” aut “scodella”), ma in termini di “gradi di appartenenza”43, in modo che ogni reperto possa esser

inquadrato in una classe e descritto in base a tendenze generali, piuttosto che definito in base a delimitazioni ben precise (es.: è un frammento X “tendente a ciotola” / “tendente a scodella”, ... e così via). Si verrebbero così a delineare categorie sfumate, con valori di verità parziali o relative (non nette nè esclusive), potenzialmente esprimibili in termini numerici, sulla base di una serie di elementi valutati soggettivamente (ma non arbitrariamente) dal ricercatore.

Il vantaggio di questo strumento consiste nella possibilità di esprimere il concetto di appartenenza in situazioni per le quali questa non può essere agevolmente definita, o per le quali si mantiene un certo margine di ambiguità interpretativa. L’ambiguità, se riconosciuta, va accuratamente conservata e comunicata come una delle caratteristiche del caso in studio.

La teoria degli insiemi fuzzy, definibile in senso lato come “teoria di classi con contorni indistinti o per scale di

grigio”, potrebbe, a livello teorico, risultare un utile strumento per elaborare un sistema classificatorio

dinamico e flessibile, in grado di prospettare un range di soluzioni accettabili tra le infinite possibilità del reale, e di fornire un valido aiuto nella categorizzazione di elementi caratterizzati da elevata variabilità

40 Secondo la classificazione di de Marinis, alcuni boccali, tradizionalmente considerati tra le forme chiuse, rientrerebbero

in base all’I.D.P. tra le forme aperte decisamente profonde.

41 Cfr. supra.

42 Niccolucci, Hermon 2003, pp. 97-110.

43 I gradi di appartenenza potrebbero esser determinati all’interno di un intervallo con valori compresi tra 0-1, in cui 0

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morfologica e tipologica, qual è, appunto, la produzione ceramica non tornita di età preistorica e protostorica.

LA CERAMICA DEL SETTORE B DI MURSIA.PROPOSTA DI CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA

Lo studio e la documentazione grafica dei materiali vascolari provenienti dagli scavi del settore B, ancora in corso, consentono di formulare una proposta di classificazione rappresentativa delle diverse fasi in cui si articola l’abitato. Il presupposto di questa proposta è l'esigenza di disporre di un quadro tassonomico e tipologico che permetta di elaborare i dati ottenuti dalla ricerca sul campo. Malgrado la presenza di tre fasi insediative distinte a livello stratigrafico e architettonico, l’orizzonte espresso dall’intero repertorio ceramico del sito appare piuttosto omogeneo e privo di brusche interruzioni o significativi mutamenti nel tipo di esecuzione della foggia vascolare.

In generale, le classi riconosciute a Mursia sono riconducibili a un limitato gruppo di categorie di recipienti, caratterizzati da un basso livello di standardizzazione e da un grado di variabilità più o meno ampio. La metodologia adottata mira ad individuare gli indicatori utili sia per un inquadramento crono-tipologico che per un’interpretazione funzionale delle principali classi di recipienti utilizzate nel sito; in secondo luogo, intende rispondere all’esigenza di elaborare un impianto classificatorio aggiornato e flessibile, utile per la produzione vascolare di Pantelleria, ma potenzialmente applicabile a contesti culturali coevi, per i quali si avverte l’esigenza di un approccio scientifico controllabile e condivisibile.

A livello generale, le classi identificate a Mursia possono essere inquadrate all’interno di alcune macro-categorie funzionali che possono orientare verso la preliminare distinzione dei più comuni modi d’uso dei recipienti, senza tuttavia condizionare né limitare la classificazione tipologica vera e propria.

Premettendo che i contenitori ceramici sono realizzati principalmente in risposta a esigenze di ordine pratico, l’interpretazione funzionale può ritenersi verosimile solo tenendo conto simultaneamente delle caratteristiche morfologiche del vaso, del contesto di rinvenimento e delle proprietà chimico-fisiche rilevate da analisi archeometriche specifiche, senza sottovalutare il fattore di polivalenza o multifunzionalità, cioè la possibilità che una stessa forma sia utilizzata per funzioni diverse, e, viceversa, di intercambiabilità, ovvero che la stessa funzione possa essere assolta da contenitori morfologicamente diversi.

La ceramica da conservazione/immagazzinamento comprende le classi destinate alla conservazione, stoccaggio o trasporto di derrate o altre sostanze solide e/o liquide, funzione generalmente assolta da grandi contenitori ad impasto più o meno grossolano, capienti, stabili e robusti. La categoria include in modo specifico i dolii, ma anche alcuni tipi di olle e ollette, per le quali occorre ipotizzare uno spettro funzionale ampio (conservazione/preparazione/cottura, ecc.), non determinabile in assenza di verifiche contestuali o analisi archeometriche.

La ceramica da mensa comprende una certa varietà di forme destinate a favorire la presentazione, la somministrazione e il consumo di sostanze, ad uso individuale o collettivo; al di là di queste funzioni è ovviamente possibile ammettere un uso connesso a molteplici attività di trattamento e trasformazione di aridi e liquidi44. La categoria include i boccali (e i boccali-attingitoio), le tazze (e le tazze-attingitoio), le ciotole

di piccole e grandi dimensioni, le scodelle, gli scodelloni e i vasi su piede, cui bisogna aggiungere una serie di “classi miste” create ad hoc per rispondere alle esigenze di classificazione di esemplari altrimenti non determinabili, ovvero le tazze-ciotole (TC), le tazze-scodelle (TS), le tazze-scodelle-ciotole (TSC); le scodelle/vasi su piede, gli scodelloni/vasi su piede.

La ceramica da cucina/cottura/fuoco comprende, in senso lato, le classi destinate alla preparazione, trasformazione, cottura di sostanze, all’interno di cucine o spazi affini, cui si aggiungono alcuni manufatti fittili non vascolari connessi con l’uso e la gestione del fuoco e spesso rinvenuti in prossimità di strutture di combustione (focolari, piastre d’argilla, ciste litiche, ecc.). La categoria include le teglie, i fornetti, gli alari, i fornelli, ma anche alcune classi “specializzate”, tra cui i vasi a pastiglie, i versatoi, i colatoi, i vasi a listello, ecc. Accogliendo la proposta de Marinis, la distinzione tra ciotola e scodella si fonda sull’indice di profondità (I.D.P.), che consente di individuare forme poco profonde (ciotole) e forme mediamente profonde e dunque più capienti (scodelle), indipendentemente dal profilo delle pareti (semplice o articolato). Quest’ultimo costituisce un attributo morfologico secondario rispetto alla caratterizzazione funzionale dei recipienti, e pertanto concorre alla specificazione di una famiglia tipologica piuttosto che alla definizione di una categoria Alla luce di queste considerazioni non si intende accogliere la tradizionale distinzione che vede nelle ciotole forme aperte articolate (dotate eventualmente di prese, manici o maniglie) e nelle scodelle forme aperte non articolate (sprovviste di qualunque elemento di presa)45.

44Magrì, Cattani, Tusa 2015.

45 Cfr. Cocchi Genick 2009, pp. 47-48, ove si definiscono come “scodelle fonde” le forme a profilo non articolato con diam.

max. compreso tra 28 e 8 cm e con altezza superiore a ½ del diam. max. e come “scodelle” analoghe forme a profilo non articolato con uguali valori di diametro e con altezza inferiore a ½ del diam. max.; l’autrice, inoltre, identifica come

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SCHEMA GENERALE DI CLASSIFICAZIONE

Principali categorie

ceramiche Altre categorie ceramiche Fittili non vascolari

Dolii Grandi olle Olle Ollette Boccali e Boccali-attingitoio Tazze e Tazze-attingitoio TC - Tazze-Ciotole TS - Tazze-Scodelle TSC - Tazze-Scodelle-Ciotole Ciotole Grandi ciotole Scodelle Scodelloni Vasi su piede Scodelle/Vasi su piede Scodelloni/Vasi su piede Teglie

Vasi con maniglie interne Fornetti o coppe di cottura Coperchi Colatoi Versatoi Vasi a pastiglie Fondi Elementi di presa Ceramica decorata Vasi miniaturistici Cucchiai/Mestoli Fornelli Alari Corni fittili Fusaiole Tokens

Come anticipato, alla luce dei risultati preliminari raggiunti nel corso dell’ultimo decennio di scavi, si propone una classificazione tipologica basata sull’analisi morfologico-funzionale dei vasi, alla luce degli indici dimensionali rilevabili per ciascun esemplare, che hanno consentito di riconoscere un repertorio di categorie incentrato su alcuni raggruppamenti o famiglie generali, cui fanno capo pochi tipi essenziali, con molte varietà e alcune varianti specifiche.

Per alcuni elementi costitutivi della morfologia vascolare, ossia i fondi e gli elementi di presa, si è preferito mantenere delle categorie descrittive autonome, con una specifica suddivisione tipologica interna; ciò vale soprattutto nel caso delle sopraelevazioni delle anse, tenuto conto del loro valore diagnostico, dal punto di vista sia cronologico che culturale.

Analoga considerazione vale per la descrizione dei cd. vasi miniaturistici, che impone alcune riflessioni di carattere funzionale, discusse più avanti, e, infine, per la categoria della ceramica decorata, di cui si presenta una sintesi rappresentativa di tecniche e schemi riscontrati nel corpus in esame46.

“ciotole” le forme aperte più basse e larghe delle tazze, a profilo comunque articolato, di cui si distinguono 3 tipi: ciotole a collo o colletto distinto (Ibid., fig. 17.4), ciotole a profilo arrotondato (Ibid., fig. 17.5) e ciotole carenate (Ibid., fig. 17.6, 7).

46 Nota: qualora non sia espressamente citato il riferimento bibliografico di pertinenza, l’enunciazione dei materiali inediti

di Mursia e di altri contesti si riferisce ai reperti inseriti nel database ceramico curato dal gruppo dell'Università di Bologna con il relativo codice identificativo (es. TP019_001, ecc.).

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Fig. 1. Mursia. Settore B. Rielaborazione grafica delle principali categorie vascolari. 1- dolii, 2. grandi olle, 3-6 olle, 7-9 ollette. scala 1:6.

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DOLII (Fig. 1.1)

Contenitori profondi e di grandi dimensioni, destinati alla conservazione di aridi e liquidi, generalmente fissi e inamovibili, con ampia imboccatura per facilitare l’accesso al contenuto, spesse pareti, profilo continuo o articolato.

Ø orlo ≥ 40 cm; h >50 cm;

spessore medio delle pareti > 2-2,5 cm

1. ovoide 2. biconico 3. molto allungato

Solitamente sono a profilo continuo o articolato, con imboccatura più o meno ampia per facilitare l’accesso al contenuto e configurazione idonea a una chiusura ermetica.

L’elevata frammentarietà dei recipienti di grandi dimensioni ne impedisce spesso la ricostruzione del diametro e un’attribuzione certa; la loro presenza è spesso ipotizzata sulla base di frr. di parete di impasto molto grossolano e di notevole spessore, frequentemente irrobustiti da cordoni plastici applicati alla superficie esterna.

In assenza di dati contestuali o altri indizi funzionali si è preferito far confluire gli esemplari dubbi nella categoria delle grandi olle (cfr. infra). L’adozione di questo criterio selettivo ha fatto sì che nel repertorio di Mursia siano riconoscibili come dolii strictu sensu pochissimi esemplari.

Un particolare tipo è il dolio biconico allungato, rappresentato da un esemplare ricostruibile, con corpo biconico affusolato e fortemente sviluppato in altezza (h 77 cm, Ø max. 43 cm), collo cilindrico, robusta ansa impostata sulla spalla, fondo piano e due fori realizzati a crudo in prossimità della base, presumibilmente per lo sgrondo di liquidi; nonostante il diametro all’imboccatura sia di 19 cm47, si è ritenuto opportuno includere

tale esemplare tra i dolii per le dimensioni complessive e alcune considerazioni di carattere funzionale48.

L'identificazione del dolio ovoidale o biconico è ricavata in via ipotetica sulla base della presenza di numerosi frr. di parete con notevole spessore ed un profilo curvilineo, suggerendo un andamento generale di un corpo ovoidale o biconico.

La difficoltà di riconoscimento di questa specifica classe di recipienti si riflette nella nomenclatura adottata dallo stesso Tozzi, che definisce come olle-dolii un ampio insieme di vasi dal corpo globoso o ovoidale di dimensioni molto varie (Tozzi 1968, p. 336). Contenitori per derrate e liquidi menzionati come dolii provengono da alcuni contesti RTV, tra cui Messina (Bacci Spigo, Martinelli 1998-2000, fig. 14.8).

GRANDI OLLE (Fig. 1.2)

Forme chiuse di grandi dimensioni a profilo continuo o articolato, distinguibili dai dolii per possibilità di esser trasportati e funzioni, e, secondariamente, per qualità degli impasti (dai grossolani ai semi-fini); profilo continuo o articolato Ø orlo ≥ 30 cm

h <50 cm;

spessore medio delle pareti < 2,5 cm > 1

1. ovoide 1. con pareti a profilo convesso 2. con pareti a profilo rettilineo 3. con pareti molto

convergenti e imboccatura ristretta

- con impugnature (anse o maniglie)

- con orlo ingrossato o munito di cordone (funzionale alla chiusura del recipiente)

2. con collo 1. corpo ovoide con breve collo troncoconico49

La categoria include un cospicuo numero di esemplari, precedentemente attribuiti ai dolii, che presentano un diametro all’imboccatura elevato (compreso tra i 30 e i 50 cm) e pareti talvolta sottili, ad impasto medio-fine, poco idonee alle funzioni di stoccaggio e immagazzinamento; i dolii, al contrario, si caratterizzano per la tessitura grossolana del corpo ceramico e per le pareti piuttosto robuste.

Inoltre, a fronte della sostanziale “fissità” dei dolii (destinati allo stoccaggio in ambienti adibiti a magazzino), le olle, anche se di elevata capacità, possono essere trasportate, spostate, o comunque manovrate, operazioni rese possibili dalla presenza di solidi elementi di presa. Da questo punto di vista, le grandi olle si distinguono dalle normali olle esclusivamente su base dimensionale, assumendo come criterio discriminante il valore di 30 cm per il diametro all’orlo, apparso utile per l’individuazione di due distinti range dimensionali.

47 Dunque a rigore non rientrante nella categoria dei dolii, in base ai parametri stabiliti. 48 Inamovibilità del recipienti (Recchia 1997).

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OLLE (Fig. 1.3-6)

Forme chiuse di medie e grandi dimensioni, ad elevata variabilità

morfologica (profilo continuo o articolato) e polifunzionali;

Ø orlo >16 < 30 cm h >10 <30 cm;

spessore medio delle pareti tra 1 e 2,5 cm

1. ovoide a profilo continuo

1. con pareti a profilo convesso

2. con pareti a profilo rettilineo

3. con pareti molto convergenti e imboccatura ristretta

- con impugnature (anse, maniglie o prese) - con pareti a sviluppo sub-verticale

- con orlo ingrossato verso l’esterno - con orlo decorato a impressioni digitali - con bugne - con incisioni lineari 2. ovoide a profilo

articolato 1. con orlo dritto 2. con orlo svasato 3. con collo 1. con collo cilindrico

2. con collo troncoconico 4. globulari

La categoria include un abbondantissimo repertorio composto da un insieme eterogeneo di esemplari, ad alta variabilità in relazione agli attributi morfologici essenziali e secondari (dimensioni, profilo, articolazione dell’imboccatura, impugnature, impasti, trattamento delle superfici, decorazioni, ecc.), da valutare caso per caso per ipotizzare le possibili funzioni dei singoli recipienti.

A livello generale, gli esemplari sono spesso dotati di impugnature (maniglie e anse spesso disposte in coppia, più raramente prese); alcuni presentano un cordone al di sotto dell’orlo, con valore funzionale più che ornamentale e decorazioni impresse o plastiche (impressioni digitali sull’orlo, fila di bugne sul corpo o immediatamente al di sotto dell’orlo, ecc.). Il fondo è generalmente piano o lievemente convesso, più raramente a tacco.

La revisione del repertorio ceramico di Mursia ha rivelato una certa ambiguità nell’identificazione e distinzione tra le forme con collo e alcune forme articolate con orlo dritto o svasato, precedentemente descritte. Dal momento che il collo rappresenta un attributo significativo a livello funzionale, si ritiene opportuno stabilire un parametro dimensionale o geometrico che consenta di distinguere senza ambiguità un collo da un semplice orlo distinto (es. collo ≥ 2 cm, oppure rapporto tra h collo e h complessiva, ecc.). Per le categorie finora descritte, lo studio dei materiali correlato alle sequenze stratigrafiche del sito sembra evidenziare l’assenza di “evoluzioni” diacroniche interne: fatta eccezione per alcune peculiarità morfologiche, si tratta, infatti, di forme semplici documentate in modo omogeneo in tutti i livelli di vita del villaggio e capillarmente diffuse con poche varianti in quasi tutti i contesti d’abitato coevi, come è comprensibile per vasi dalla connotazione funzionale e di uso quotidiano.

OLLETTE (Fig. 1.7-9)

Forme chiuse di medie e grandi dimensioni, ad elevata variabilità morfologica (profilo continuo o articolato) e polifunzionali; Ø orlo < 16 cm h

spessore medio delle pareti tra 0,5 e 0,1 cm

1. ovoide a profilo continuo 1. con pareti a profilo convesso

2. con pareti a profilo rettilineo

3. con pareti molto convergenti e imboccatura ristretta

- con impugnature (anse, maniglie o prese)

- con pareti a sviluppo sub-verticale

- con orlo ingrossato verso l’esterno

- con orlo decorato a impressioni digitali - con bugne - con incisioni lineari 2. ovoide a profilo

articolato 1. con orlo dritto 2. con orlo svasato 3. con collo 1. con collo cilindrico

2. con collo troncoconico 4. globulari

Da un punto di vista morfologico sono perfettamente assimilabili alle olle, dalle quali differiscono per le dimensioni più contenute.

Alcune sono dotate di coppie di impugnature (anse, maniglie), talvolta di prese o piccole presine forate impostate presso l’orlo, attraverso le quali sembra possibile assicurare la chiusura del recipiente (mediante coperchi o tessuti fissati con cordicelle). Alcuni frammenti presentano raffinate decorazioni ad incisioni ed impressioni.

La definizione delle ollette articolate ha comportato qualche difficoltà in fase di catalogazione e di classificazione: all’interno di questa classe si è deciso di inserire una serie di esemplari non perfettamente inquadrabili in una specifica categoria vascolare, a causa dell’elevata frammentarietà, che non consente di valutare il profilo inferiore della vasca (e il relativo I.D.P.), nè l’eventuale presenza di elementi diagnostici quali

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31 anse o altri elementi di presa. Complessivamente, l’insieme in esame è costituito da una serie di piccoli vasetti (Ø orlo tra 10 e 12 cm ca.) a corpo globulare e con orlo distinto, spesso documentati da frammenti di orlo conservanti un breve tratto di parete a profilo curvilineo, di cui si intuisce un diametro piuttosto contenuto nel punto di massima espansione (tra 11 e i 14 cm ca.).

La revisione del repertorio pantesco e la ricerca dei confronti in altri complessi RTV hanno evidenziato notevoli discrepanze terminologiche nell’inquadramento dei reperti assimilabili a tale foggia:

- a Mursia tali esemplari sono definiti da Tozzi come “tazze di tipo C”, ovvero tazze profonde a corpo globoso, talvolta carenato, con leggera gola sotto il bordo (Tozzi 1968, p. 333; figg.16.6, 7, 8, 10, 11; 22.4, 5, 7, 8)50;

- a Boccadifalco manufatti del tutto simili vengono considerati tra i “boccali” di forma globulare (PA007_075, PA007_078, PA007_083, PA007_134, PA007_149) o biconica (PA007_001) (Ardesia 2011, fig. 13a);

- a Tindari sono definiti come “pissidi” o “olpai” (se muniti di anse) e descritti come “vasetti globulari o

sferico-schiacciati di fattura accurata, generalmente lucidati, con orletto modanato ben distinto dalla spalla” (Cavalier

1970, pp. 71-72; figg. 11b, d; 12a, c);

- a Naxos un esemplare analogo è invece descritto come “anforetta o brocchetta con spalla arrotondata

raccordata al collo” (Procelli 1983, p. 28, n. 167), altrove come “brocchetta...” a corpo globulare con collo

distinto (Ibid. p. 33, n. 234), di cui in didascalia si specifica “profili del materiale con profilo non inquadrabile”; - a Mozia è attestata la definizione di “ollette” “con orlo semplice arrotondato leggermente estroflesso, labbro

concavo e parete a profilo convesso” (Spatafora 2000, p. 948; tav. CLXXXV, figg. 85, 86, 87), ma gli stessi

esemplari sono stati considerati altrove come “boccali” (Ardesia 2013-2014, p. 136, fig. 49.1-2).

La definizione di “boccali” per tali esemplari non appare del tutto adeguata, sia per l’assenza di anse, sia per la conformazione dell’orlo, poco idonea alle funzioni tradizionalmente ascritte ai boccali. L’attribuzione alle “tazze” appare arbitraria per analoghi motivi. Da ultimo, l’adozione del termine “pisside” appare filologicamente inappropriata per l’epoca in esame.

Considerate le difficoltà di inquadramento tipologico univoco e la corrispondente oscillazione terminologica attestata in letteratura, si è rilevato che la semplice configurazione dell’orlo non costituisce un discrimine sufficiente per la distinzione, ad es., tra ollette e altre forme da mensa, quali i boccali o le tazze profonde; si è preferito pertanto mantenere un margine di indeterminazione, adottando la definizione generica di “ollette”, nella convinzione che un’attribuzione tipologica e funzionale più dettagliata possa scaturire dall’eventuale rinvenimento di reperti integri che forniscano confronti puntuali anche per gli esemplari dubbi. In quest’ottica si ritiene necessaria una revisione approfondita di tutti i contenitori di piccole dimensioni (inclusi i cd. miniaturistici) e della loro capacità, per prospettare interpretazioni funzionali più concrete, supportate da verifiche contestuali.

BOCCALI E BOCCALI- ATTINGITOIO (Fig. 2.1-3)

Forme tendenzialmente chiuse, strette e profonde (I.D.P. ≤ 1), a profilo continuo, articolato o con breve collo; dotate di un’ansa ad ampia luce impostata dall’orlo alla max. espansione, talvolta sopraelevata (boccale-attingitoio); fondo piano, convesso o ombelicato;

Ø orlo compreso tra 10 e 16 cm; h compresa tra 8,5 e 18 cm;

spessore medio delle pareti tra 0,4 e 1,2 cm.

1. a profilo

continuo 1. cilindro-ovoide o sub-cilindrico 2. globulare

- con ansa impostata sull’orlo

- con ansa sopraelevata (boccale-attingitoio) - con ansa impostata sul corpo

- con fondo ombelicato 2. a profilo articolato 1. sinuoso (concavo-convesso) 2. carenato 3. biconico

3. con collo 1. con collo cilindrico 2. con collo

troncoconico

La classe dei boccali, in particolar modo nella forma del boccale-attingitoio dotato di ansa a nastro sensibilmente sviluppata in verticale, svolge un ruolo significativo dal punto di vista diagnostico nell’ambito del panorama RTV, ed è abbondantemente documentato nei siti pertinenti a tale facies.

I boccali individuano una precisa categoria di vasellame specificamente destinata al trattamento e al consumo, in genere individuale, di bevande o sostanze semiliquide, elemento condiviso con le tazze. Differiscono dalle queste per la forma tendenzialmente chiusa, più stretta e profonda (mentre le tazze, tradizionalmente, sono considerate forme aperte)51. Se provvisti di ansa sopraelevata come attingitoi, sono

funzionali all’operazione dell’attingere, per prelevare/trasferire/versare sostanze liquide da un recipiente all’altro, o utilizzate direttamente per il consumo di bevande. In questa forma i boccali (soprattutto quelli di grandi dimensioni), benché privi di becco di versamento, potrebbero assolvere alla funzione di brocche, forme apparentemente assenti nel settore B52 e ben documentate, invece, nella facies di Castelluccio.

50 I materiali presi in considerazione provengono dal settore A e, nello specifico, dalla Capanna n. 3 di fase recente,

probabilmente distrutta da un incendio o da un altro evento traumatico (Tozzi 1968, pp. 352-353).

51 In genere, il boccale presenta diam. < profondità; viceversa, la tazza presenta diam. > profondità. 52 Qualche esemplare è segnalato tra i rinvenimenti del settore D (Cattani, Nicoletti, Tusa 2012, fig. 2.8-9)

(16)

Fig. 2. Mursia. Settore B. Rielaborazione grafica delle principali categorie vascolari. 1-3 boccali, 4-7. tazze e tazze attingitoio, 8-9 scodelle, 10-12 ciotole. scala 1:3.

In generale i boccali sono realizzati con impasti semi-fini e fini con inclusi di piccole dimensioni, e sottoposti a un trattamento di levigatura e lucidatura sia sulla superficie esterna che su quella interna; presentano orlo indistinto o svasato, a margine assottigliato o arrotondato, ben rifinito; fondo piano, convesso o

Figura

Tab. 2. Suddivisione delle forme in base ai 4 gradi di I.D.P. (schema elaborato a partire da de Marinis R
Fig. 1. Mursia. Settore B. Rielaborazione grafica delle principali categorie vascolari
Fig. 2. Mursia. Settore B. Rielaborazione grafica delle principali categorie vascolari
Fig. 3. Mursia. Settore B. Rielaborazione grafica delle principali categorie vascolari
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