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Madonna dell’Archetto

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Academic year: 2021

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Madonna dell'Archetto

Rione Trevi

Altre denominazioni: Mater Misericordiae; Maria Santissima Causa Nostrae Laetitiae. L’immagine mariana dipinta su un lastra di argilla cotta maiolicata (58x55 cm) fu commissionata nel 1690 dalla marchesa Alessandra Mellini Muti Papazzurri Savorelli al pittore bolognese Domenico Muratori (1662-1749) con l’incarico di dipingere una copia di una icona conservata nel monastero della

Santissima Incarnazione

del Verbo Divino, detto delle Barberine, dove risiedeva una parente della committente suor Ersilia

Mellini. L’icona

fu collocata su un piccolo arco posto tra le alte pareti dei due palazzi, uno dei quali di proprietà della nobile casata romana, che formavano il vicolo dell'Archetto. Alla metà dell’Ottocento fu costruita attorno all’icona l’attuale cappella che si apre su via di San Marcello sotto la giurisdizione della vicina chiesa dei Santi Apostoli, dove ogni anno si celebra la festa la prima domenica del mese di settembre.

Il maestro di cappella Antonio Ambrosini di 37 anni, il giorno sabato 9 luglio del 1796 giunse presso la Madonna dell’Archetto spinto dalle voci che si rincorrevano per la città: ne fissò il volto e vide, come già altri prima di lui, gli occhi della Vergine chiudersi e riaprirsi a brevi intervalli di tempo. Poco dopo attorno alla piccola cappella si era formata una «calca immensa» e un servizio di ordine pubblico per regolamentare l’afflusso. Giunse sul posto anche il parroco della basilica dei Santi Apostoli, il francescano conventuale Bonaventura Carenzi, il quale, avendo constatato di persona il movimento delle pupille della Vergine, incaricò il suo confratello Giovenale Bonaventura Goani di analizzare il fenomeno con un compasso al fine di misurare il variare della «porzione di bianco» dell’occhio, così da «ridurre le cose ad una fisica evidenza». Dell’esito positivo dell’esame rese testimonianza lo stesso Goani: «Con tale esperimento fatto, cosa di più avevo io da desiderare? Giacché il prodigio non solamente era per me certo, mediante l’oculare ispezione, ma inoltre evidentissimo, attesa la prova fisica, che avevo fatta» (Marchetti, p. IV). L’ondata di miracoli iniziata il 25 giugno ad Ancona e diffusasi in molte località dello Stato Pontificio, coinvolgendo centinaia di immagini mariane, raggiungeva così anche Roma e da Trevi dilagava in tutti i Rioni: nelle strade, nelle chiese e perfino all’interno di palazzi privati, Madonne, ma anche crocifissi o statue di santi, iniziarono a muovere gli occhi, più raramente a lacrimare, creando entusiasmo nella popolazione che vedeva in tali manifestazioni della potenza divina il segno che le truppe francesi al comando di Napoleone Bonaparte non sarebbero entrate in Roma. La paura dell’esercito napoleonico era tangibile nella popolazione dello Stato Pontificio cui era destinata anche una capillare propaganda che presentava i rivoluzionari francesi come demoni e alimentava l’attesa di un intervento soprannaturale in difesa del Pontefice. Il fenomeno delle madonne “occhiomoventi” durò fino ad agosto e il 28 febbraio del 1797 il cardinal vicario Giulio Maria Della Somaglia, dopo un processo canonico durato alcuni mesi, riconobbe come autentico il prodigio in ventisei immagini romane, tra cui ovviamente la Madonna dell’Archetto, e incaricò l’abate Giovanni Marchetti, reduce dalle missioni straordinarie che coinvolsero quell’estate la città di Roma, di redigere una sintesi degli eventi, tratta per lo più dai processi, che fu stampata a Roma nel 1797 ed ebbe una notevole fortuna con edizioni anche in francese e in inglese. Ciascuna copia del volume fu firmata dallo stesso cardinale e autenticata dal notaio Francesco Cecconi.

Nel 1796 la Madonna dell’Archetto era già riconosciuta per le sue doti taumaturgiche grazie alla famiglia dei Papazzurri Savorelli che promossero il culto e curarono l’edicola arricchendola con gli arredi sacri per la festa dell’8 settembre, giorno della Natività di Maria, e trasformandola già nel 1751 in una cappella, opera degli scultori Cinzio Ferrari e G.B. Grassi. Al contempo gli ex voto che si accumulavano nel piccolo santuario erano protetti dalle guardie del

pretendente giacobita al trono d’Inghilterra

James Francis

Edward Stuart

che dal 1719 risiedeva nel palazzo Papazzurri Savorelli

grazie al vitalizio di ottomila

scudi accordatogli dal pontefice Celemente XI

. Alla sua morte nel 1766 rimasto sguarnito il vicolo, si sentì l’esigenza di chiudere il piccolo santuario con una porta e un cancello di ferro «

sia per evitare

qualsiasi notturno disordine, e sia per la dovuta custodia del luogo sacro» (Moreschi, p. 7)

.

Se durante il biennio rivoluzionario le nuove istituzioni cercarono di vietare assembramenti di

devoti intorno alle edicole mariane e di bloccare sul nascere la diffusione di eventi miracolosi ad

esse legati, alcune madonne romane tornarono a muovere gli occhi durante l’epidemia colerica

dell’estate del 1837 e tra queste anche la Madonna dell’Archetto come ironicamente testimoniato da

un sonetto del Belli dal significativo titolo Semo da capo: «Currete, donne mie; currete, donne / a

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sentì la gran nova ch’anno detto; / ch’a la Pedacchia, ar Monte, e accant’a Ghetto / arioprono

l’occhi le Madonne. // La prima nun ze sa, ma j’arisponne / quella puro de Borgo e de l’Archetto».

Ma è soprattutto sotto il governo di Pio IX che le devozioni mariane e le madonnelle di strada

assunsero un ruolo nelle politiche cultuali sancendo quel legame tra il popolo di Roma e il suo

pontefice esaltato dalla pubblicistica del tempo in chiave antiliberale e antiunitaria. L’incoronazione

della Madonna di Sant’Agostino il 2 luglio del 1851 e l’erezione dal giugno di quello stesso anno di

un nuovo tempietto che custodisse più degnamente la Madonna dell’Archetto, sono il segno

dell’interesse delle gerarchie ecclesiastiche a promuovere culti che godevano di un consolidato

favore tra i romani. Alessandro Papazzurri Savorelli incaricò della ristrutturazione del piccolo

santuario mariano Virginio Vespignani che in breve tempo realizzò un tempietto neoclassico a

croce latina sormontato da una cupoletta sferica su cui era stata dipinta dal pittore romano

Costantino Brumidi una raffigurazione dell’Immacolata concezione, che legava il piccolo santuario

mariano al culto che più di ogni altro caratterizzò il pontificato di papa Mastai Ferretti fino alla

proclamazione del dogma l’8 dicembre del 1854. Del Brumidi sono anche le allegorie delle virtù

della Vergine - la Sapienza, la Prudenza, la Fortezza e l’Innocenza - poste nei pennacchi che

reggono la volta e la cupola, mentre le statue di angeli a forma di cariatidi che sorreggono vasi per

fiori collocati all’interno di nicchie sono opera dello scultore Luigi Simonetti. Un opuscolo

pubblicato per l’occasione descriveva con enfasi la nuova sistemazione dell’immagine: «Questo

tabernacolo a fondo di svariate pietre colorate, antiche e rare, racchiude un nicchio a faccia piana

guernito di mensole, pilastrini ed archivolto, finissimo lavoro d’intaglio, tutto per oro risplendente e

gemme, ove appare, come in suo trono, la santa Vergine ivi venerata. Quindi ne’ due archi sulle

braccia della croce si aprono due porte, e di là sopra le loro imposte due sordini o lunette, destinate

a contenere i doni votivi dei divoti di quella sacra Immagine » (Gasparoni, p. 3).

Nell’immediato dopoguerra, quando i bombardamenti su Roma avevano determinato una ripresa della devozione mariana, la Società Primaria Promotrice di Buone Opere, fondata da Pio IX nel 1871 e che dal 1918 officiava la cappella, richiese e ottenne dal Capitolo Vaticano l’Incoronazione della Vergine che fu celebrata nel 1946 in occasione del centocinquantesimo anniversario del miracolo che decretò la fortuna dell’edicola di vicolo dell’Archetto.

Per la circostanza la cappella fu dotata di un nuovo altare

marmoreo- Altri lavori di restauro promossi dallo stesso Pio XII furono realizzati per il Giubileo del

1950.

Bibliografia: Marchetti 1797, pp. 1-29; F. Gasparoni, Sulla nuova cappella della Nostra Signora detta dell’Archetto, s.l. [1851]; «Giornale di Roma», n. 125, 2 giugno 1851, p. 497; A. Rufini, Indicazione delle Immagini di Maria Santissima

collocate sulle mura esterne di taluni edifici dell’Alma città di Roma, 2 voll., Roma 1853, pp. 88-89; L. Moreschi, Della cappella dedicata a Maria Santissima col titolo Mater Misericordiae presso il palazzo de’ Marchesi Muti Papazzurri in Roma denominata dell’archetto. Architettura del Professore Conte Commendatore Virginio Vespignani, descrizione del Cav. Luigi Moreschi con le incisioni in rame e le memorie dell’antica cappella, Roma 1871; C.

Cecchelli, Edicole stradali, in «Capitolium», VII (1931), pp. 450-456; L. De Camillis, Cenni storici intorno alla

prodigiosa Immagine di Maria SS.ma “Causa nostrae laetitiae” (Madonna dell’Archetto), Roma 1936; P. Parsi, Edicole di fede e di pietà per le vie di Roma, Milano-Roma 1939, pp. 59-60; L. De Camillis, La Madonna dell'Archetto. Storia del più piccolo santuario mariano di Roma, Roma 1951; G. De Fiore, Le luci negli angoli, le madonnelle, Roma

1960, pp. 84-85; R. De Felice, Paura e religiosità popolare nello Stato della Chiesa alla fine del XVIII secolo, in Id.,

Italia giacobina, Napoli 1965, pp. 289-316; Belli 1965, III, n. 1735, p. 1822; J.S. Grioni, Le edicole sacre di Roma,

Roma 1975, pp. 106-107; M. Turi, Le immagini votive nei momenti di crisi politica e sociale (1796-1870), in Edicole

sacre Romane. Un segno urbano da recuperare, catalogo della mostra, Roma 1990, a cura di L. Cardilli, pp. 40-49; M.

Caffiero, Santi, miracoli e conversioni a Roma nell’età rivoluzionaria, in “Deboli progressi della filosofia”.

Rivoluzione e religione a Roma, 1789-1799, a cura di L. Fiorani, numero monografico di «Ricerche per la storia

religiosa di Roma», 9 (1992), pp. 155-186; D. Rocciolo, Documenti sulla vita religiosa prima e durante la Repubblica

romana, Ibidem, pp. 383-448; M. Formica, La città e la Rivoluzione. Roma 1798-1799, Roma 1994; M. Cattaneo, Gli occhi di Maria sulla Rivoluzione. “Miracoli” a Roma e nello Stato della Chiesa (1796-1797), Roma 1995; N. Fiori, Le madonnelle di Roma. Una rassegna suggestiva per la scoperta delle edicole sacre, Roma 1995, p. 24; A. Negro, Santuario della Madonna dell’Archetto, in Roma Sacra. Guida alle chiese della città eterna. 4° itinerario,

Napoli-Roma 1995, pp. 29-31; M. Cattaneo, Edicole Sacre e Miracoli a Napoli-Roma alla fine del Settecento, in Per le vie di Napoli-Roma.

Le edicole sacre, a cura di L. Cardilli, Roma 2000, pp. 55-61; Maria Giovanna de’ Caterina, Madonna dell’Archetto, Ibid., pp. 125-126.

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