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Ruolo del dirigente per il mantenimento e il miglioramento del benessere organizzativo all'interno di una struttura di riabilitazione neuropsichica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA' DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

_______________________________________________________

CORSO DI LAUREA IN

SCIENZE RIABILITATIVE DELLE PROFESSIONI SANITARIE

“Ruolo del dirigente per il mantenimento e il miglioramento del

benessere organizzativo all’interno di una struttura di

riabilitazione neuropsichica”

RELATORE

Prof. Alfonso Cristaudo

CANDIDATA

Cecilia Basti

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Ai ragazzi di Montalto,

sperando che il benessere del nostro gruppo

(3)

INDICE

INTRODUZIONE………... 5

Capitolo 1 IL BENESSERE ORGANIZZATIVO 1.1 Storia ed evoluzione……….…… 8

1.2 Il concetto attuale di benessere organizzativo……… 11

1.3 Analisi del benessere organizzativo: perché occuparsene?... 13

Capitolo 2 ANALISI DEL CLIMA INTERNO E STUDI PRECEDENTI 2.1 Analisi del clima organizzativo in letteratura………. 16

2.2 Analisi del clima interno: struttura e obiettivi……… 17

2.3 Analisi ENEA: progetto “Benessere organizzativo”……….. 19

2.4 Benessere organizzativo: analisi di People Satisfaction, Camera di commercio Pisa, 2001 ……… 20

2.5 Analisi del clima organizzativo e del benessere lavorativo ASL di Lecce, maggio 2007……….……… 21

Capitolo 3 RIFERIMENTI LEGISLATIVI E NORMATIVE……….………… 23

Capitolo 4 IMPORTANZA DELLA LEADERSHIP PER LA CULTURA DEL CAMBIAMENTO: IL RUOLO DEL DIRIGENTE 4.1 Analisi del clima organizzativo e leadership……….….…… 28

4.2 Peculiarità di un leader efficiente……….……….…. 29

4.3 Leader e cultura del cambiamento……….…….…… 32

(4)

4

Capitolo 5

LO STUDIO CLINICO: MATERIALI E METODI

5.1 Materiali di studio e obiettivi………..………….. 39

5.2 Popolazione in studio e descrizione del campione……….………..… 40

5.3 Metodo strumentale: Multidimensional Organizational Health Questionnaire (MOHQ)……….…….… 43

Capitolo 6 RISULTATI STATISTICI……….……..… 47

6.1 Caratteristiche dell’ambiente di lavoro 6.1.1 Comfort……….………..…… 48

6.1.2 Frequenza di dimensioni specifiche……….. 49

6.2 Sicurezza del luogo di lavoro………..………….. 53

6.3 Caratteristiche del proprio lavoro………...….. 54

6.4 Indicatori positivi e negativi del benessere organizzativo...……….…... 55

6.5 Benessere psicofisico……….…... 57 6.6 Apertura all’innovazione……….…..…... 58 6.7 Profilo generale……….….……... 59 Capitolo 7 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI……….…….…..…… 60 BIBLIOGRAFIA……….…….… 66 SITOGRAFIA……….……….……. 68 RINGRAZIAMENTI……….…….……….. 69

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5

INTRODUZIONE

L'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948 ha definito la salute come "lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità".1

Conseguentemente, con "benessere organizzativo" si intende "la capacità di un'organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione".2 Il benessere organizzativo è il primo elemento che influenza efficacia, efficienza, produttività e sviluppo di una struttura pubblica e tale concetto si riferisce, quindi, al modo in cui le persone vivono la relazione con l'organizzazione in cui lavorano: tanto più una persona sente di appartenere all'organizzazione - perché ne condivide i valori, le pratiche, i linguaggi - tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro.

Dal 2008 tutte le pubbliche amministrazioni devono periodicamente realizzare indagini per rilevare lo stato di benessere dei lavoratori. Tali indagini sono finalizzate non solo a una ricognizione dello stato di salute dell’organizzazione stessa, ma anche all’implementazione di interventi volti al miglioramento del benessere dei lavoratori e, quindi, all’incremento della produttività.3 Negli anni successivi, con la pubblicazione di

due decreti legislativi, è stato attribuito agli Organismi Interni di Valutazione (OIV) il compito di condurre indagini sul benessere organizzativo; nel 2013 è stato stabilito l'obbligo di pubblicazione dei risultati attraverso il cosiddetto Testo Unico in materia di trasparenza delle pubbliche amministrazioni.4

Studi e ricerche sulle organizzazioni hanno dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo. La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone sono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione degli utenti e, infine, ad aumentare la produttività.

1 Definizione data dalla World Health Organization.

2 Avallone F. e Bonaretti M., Benessere Organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle

amministrazioni pubbliche, Rubettino, Roma, 2003.

3 D. Lgs 81/2008. 4 D. Lgs 33/2013.

(6)

6 All’interno di questa tesi, nella prima parte, viene affrontata l’importanza del benessere organizzativo descrivendone l’evoluzione nel corso degli anni, le normative che lo regolano, le dimensioni specifiche che lo caratterizzano e il ruolo che deve assumere il dirigente per ilmantenimento e miglioramento del clima interno. Successivamente viene descritto uno studio clinico svolto all’interno di un istituto di riabilitazione neuropsichica utilizzando come strumento valutativo il MOHQ (Questionario Multidimensionale sulla Salute Organizzativa). Tale questionario, già ampiamente usato nelle Pubbliche Amministrazioni, è stato in seguito adattato anche per la valutazione degli ambienti sanitari.

Nello specifico, all’interno del primo capitolo, partendo dalla definizione generale di “benessere organizzativo” viene evidenziata l’evoluzione che ha subito. Dalla descrizione degli esperimenti di Elton Mayo e la Western Electric Company della prima metà del ‘900 si arriva all’attualità del concetto di “benessere organizzativo” (definendone dettagliatamente le dimensioni che lo compongono) e all’idea che un buon clima interno di un’azienda si riferisca al modo in cui le persone vivono la relazione con l'organizzazione in cui lavorano: tanto più una persona sente di appartenere all'organizzazione - perché ne condivide i valori, le pratiche, i linguaggi - tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro.

Nel secondo capitolo, dopo aver spiegato come e perché sia importante fare un’analisi del clima interno, vengono citati alcuni studi e ricerche effettuate negli ultimi anni; nel terzo capitolo, invece, sono esposte le principali normative che regolano il benessere organizzativo.

All’interno del quarto capitolo, sottolineata l’importanza della leadership, viene spiegato il ruolo che deve assumere il dirigente di un’azienda per il mantenimento e miglioramento del benessere organizzativo interno descrivendo dettagliatamente tutte le sue competenze. Dal quinto capitolo inizia la seconda parte della tesi inerente allo studio clinico svolto presso il presidio riabilitativo di Montalto di Fauglia dell’IRCCS Fondazione Stella Maris. Dopo una breve introduzione sul materiale di ricerca, viene descritto dettagliatamente il campione di lavoratori che ha partecipato allo studio e lo strumento utilizzato, il MOHQ. Nel capitolo seguente vengono esposti, con tabelle rappresentative, i risultati statistici ottenuti, suddivisi in base alle diverse dimensioni del questionario e confrontati con i valori riferiti positivi dalla letteratura scientifica.

(7)

7 A concludere la tesi, nel settimo capitolo, vengono discussi i risultati generali dello studio e proposti interventi di miglioramento riguardo alle problematiche e criticità emerse, concentrandosi sulle responsabilità del dirigente nel mantenimento del benessere organizzativo.

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CAPITOLO 1

IL BENESSERE ORGANIZZATIVO

1.1 Storia ed evoluzione

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1948 ha definito la salute come "lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità".5

La salute di una persona non può prescindere dal lavoro, essendo questo un mezzo che, in età adulta, le consente di realizzare il proprio benessere e non rappresenta semplicemente uno strumento per ottenere una retribuzione necessaria a soddisfare i propri bisogni.

La salute dei lavoratori ed il loro benessere sui luoghi di lavoro sono tematiche che negli ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più rilevante, sia per rispondere a stimoli sociali quali la salvaguardia della salute pubblica, sia a quelli più organizzativi come le performance dei lavoratori, i risultati economici, la crescita e la competitività.6

Nel corso degli anni ‘50, l’attenzione a questi temi si sviluppa per effetto della diffusione della Scuola delle Relazioni Umane e delle teorie dello psicologo e sociologo australiano Elton Mayo, successivamente agli studi condotti dalla sua squadra di ricercatori, dal 1927 al 1932, all’interno dell’azienda americana Western Electric Company. Tali studi furono preceduti da un lavoro di analisi e sperimentazione condotto dalla direzione aziendale sul rapporto fra luminosità e rendimento operaio; l’ipotesi era che, aumentando l’intensità luminosa, sarebbe dovuta crescere la produttività. Vennero organizzati un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo; al termine dell’esperimento si notò che la produzione era aumentata sia nel gruppo sottoposto alle variazioni di intensità luminosa sia in quello dove era stata lasciata la stessa intensità. Gli sperimentatori provarono così a diminuire la luce ma la produzione continuò ad aumentare, anche se in forma non molto elevata. I risultati misero in crisi i dirigenti della compagnia, i quali intuirono che vi erano in questo comportamento importanti fattori umani da valutare, venne così richiesta una

5 Constitution of the World Health Organization, 1948.

6 Franco M., et al. (2012), Investire sul capitale umano: benessere organizzativo e soddisfazione lavorativa,

Le opportunità oltre la crisi. Prospettive manageriali e strategie pubbliche dei Paesi dell’Europa del Sud, pp. 119-132.

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9 consulenza scientifica esterna alla fabbrica. A questo punto Elton Mayo introdusse ulteriori modifiche per verificare l’effetto di alcuni cambiamenti ambientali sulla produzione degli operai. Tali modifiche si possono riassumere in riduzione complessiva dell’orario, introduzione di una pausa lavorativa e poi di una seconda pausa, reintroduzione delle condizioni di partenza, introduzione di pause diverse dalle prime e possibilità di poter effettuare una rapida colazione. I ricercatori notarono subito che la produzione aumentò fin dall’inizio e tendenzialmente continuò sempre a crescere.

Gli autori della ricerca, ed in particolare gli assistenti di Mayo, Reetthlisberger e Dickson, affermarono che l’aumento del rendimento operaio dipendeva soprattutto dall’instaurarsi di rapporti amichevoli e positivi; buoni risultati vennero infatti forniti dalle pause di riposo (la produzione aumentava sempre dopo una breve pausa); l’incentivo economico non ebbe una grande rilevanza.

Scopo della ricerca fu quindi quello di verificare le dinamiche informali nell’ambito di un gruppo di lavoro in rapporto all’andamento della produzione, concentrandosi quindi sulla funzione del fattore interazionale nella produttività aziendale.7 Tutte le volte che subentrava un cambiamento si registrava un aumento di produttività: quando fu chiesto ai gruppi di ritornare alle condizioni di lavoro iniziali, cioè quarantotto ore di lavoro alla settimana senza incentivi né pause, la produttività aumentò di nuovo. Inoltre, in generale, vi fu una diminuzione dell’assenteismo dell’80%.

L’unica spiegazione, concluse Mayo, era che i dipendenti si sentivano molto più soddisfatti del lavoro perché avevano la sensazione di essere individui e non ingranaggi di una macchina e perché grazie alla comunicazione con i ricercatori, i lavoratori si sentivano maggiormente investiti della responsabilità della propria performance e di quella dell’intero gruppo. Ai fini della performance, la sensazione di coesione e la stima di sé erano più importanti di qualsiasi miglioramento nell’ambiente di lavoro.

Le ricerca di Elton Mayo ha condotto ad appurare che la base della soddisfazione nel lavoro sia di natura non economica e ad averla collegata più all’interesse per la performance del lavoratore che alla ricompensa finanziaria.

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10 Tra gli anni ’50 – ‘60 l’attenzione viene spostata allo sviluppo di un management moderno orientato ad accrescere la considerazione dei fattori umani; il lavoratore inizia a ricoprire un ruolo più attivo e viene visto come soggetto che interagisce con il proprio ambiente di lavoro.

Quest’ideologia superava la prospettiva precedente descritta da Taylor F. W. che basava i suoi assunti sugli incentivi economici:8 i lavoratori respingevano il taylorismo perché, malgrado i suoi contributi all’efficienza, fondamentalmente era un sistema imposto e non teneva conto del parere dei lavoratori.

Un gruppo di ricercatori, che diede un notevole impulso all’approfondimento di queste tematiche, è rappresentato da tre autori inglesi: Wyatt, Fraser e Stock. In seguito al loro contributo è possibile affermare che la noia sul lavoro è massima quando bisogna effettuare un compito particolarmente ripetitivo e che al tempo stesso non consente distrazioni. I tre autori proposero alle direzioni aziendali alcune innovazioni per eliminare la noia e diminuire la monotonia: la rotazione delle attività fra gli operai, il non isolamento del singolo operaio nell’ambiente di lavoro, l’introduzione di pause nel turno di lavoro, la retribuzione a giornata e non a cottimo. Queste raccomandazioni e suggerimenti misero in relazione la motivazione con una maggiore “umanizzazione” dell’ambiente e dei rapporti di lavoro, e non con incentivi economici.

Un altro autore che introdusse ulteriori considerazioni sul fattore umano nell’organizzazione del lavoro, è il sociologo Barnard. Egli delinea le funzioni del moderno dirigente industriale, inserendo tale figura in un disegno teorico più ampio che sinteticamente lo stesso Barnard chiama “sistema cooperativo”, ovvero un’azienda nella quale la collaborazione necessaria fra proprietà, dirigenti, capi reparto ed operai non è più lasciata al caso e alla buona volontà, ma viene vista come parte integrante e strutturale della stessa. Inoltre, la convinzione profonda di Barnard è che nel campo del lavoro, pur essendo importanti gli incentivi materiali (quindi lo stipendio, il salario, il cottimo) sono altrettanto importanti gli incentivi non materiali (prestigio, soddisfazioni morali, onorificenze, promozioni).9

8 Taylor F. W., The Principles of Scientific Management, 1911.

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11 Il passo in avanti che compie rispetto a Mayo è che, mentre il fondatore delle Relazioni Umane poneva l’accento soprattutto sui rapporti informali nel piccolo gruppo, Barnard ritiene importante formalizzare questi incentivi e renderli il più possibile espliciti. Affinché ciò si possa realizzare è necessario fondare la vita giornaliera dell’azienda su norme formali e riconosciute e non su aspetti paternalistici; la persuasione e gli incentivi morali non debbono essere una concessione o un omaggio casuale legato alla bontà del proprietario o del dirigente, ma una ricerca continua di consenso e di incentivazione, utilizzando di volta in volta sia gli incentivi economici che quelli morali e non strettamente economici.

1.2 Il concetto attuale di benessere organizzativo

Attualmente il benessere organizzativo viene riconosciuto come “un costrutto di psicologia del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane”, "la capacità di un'organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione".10

Il concetto di benessere organizzativo si riferisce, quindi, al modo in cui le persone vivono la relazione con l'organizzazione in cui lavorano: tanto più una persona sente di appartenere all'organizzazione - perché ne condivide i valori, le pratiche, i linguaggi - tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro. Il benessere organizzativo è il primo elemento che influenza efficacia, efficienza, produttività e sviluppo di una struttura pubblica; è l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la convivenza nei contesti di lavoro, promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative.11

Questo corrisponde al rapporto che lega le persone al proprio contesto di lavoro, prendendone in considerazione le molteplici variabili, fra le quali: le relazioni interpersonali, il rapporto con i capi, il senso e il significato che le persone attribuiscono al proprio lavoro, il senso di appartenenza alla propria organizzazione, l’equità nel trattamento retributivo e nell’offerta di opportunità di crescita e miglioramento

10 Menduto T. (2016), Pubbliche amministrazioni: la normativa sul benessere organizzativo, Punto sicuro. 11 Avallone F. e Bonaretti M., Benessere Organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle

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12 lavorativo, l’ambiente di lavoro accogliente e piacevole. Tali variabili hanno forti ricadute positive sulla produttività di un’azienda.12

È un fenomeno dinamico che dipende soprattutto dalla soddisfazione dei bisogni dell’individuo e quindi si modifica al mutare delle esigenze delle persone.

Il benessere organizzativo convenzionalmente si articola in quattordici dimensioni:

1. Confortevolezza dell’ambiente di lavoro (allestire un ambiente di lavoro salubre, confortevole e accogliente);

2. Chiarezza degli obiettivi (porre obiettivi chiari ed espliciti ed è coerente tra enunciati e prassi operative);

3. Valorizzazione del personale (riconoscere e valorizzare le competenze e gli apporti dei dipendenti e stimola nuove potenzialità);

4. Disponibilità all’ascolto;

5. Circolazione delle informazioni (mettere a disposizione le informazioni pertinenti al lavoro);

6. Conflittualità (mantenere la conflittualità interna a livelli fisiologici);

7. Relazioni interpersonali (stimolare un ambiente di lavoro franco, comunicativo e collaborativo);

8. Scorrevolezza operativa (assicurare rapidità di decisione e supportare l’azione verso il conseguimento degli obiettivi);

9. Equità di trattamento (retributivo, assegnazione responsabilità e promozione del personale);

10. Stress;

11. Senso di utilità (sentimento di contribuire ai risultati comuni); 12. Sicurezza sul lavoro;

13. Compiti lavorativi;

14. Innovazione tecnologica e culturale.

Come misura della salute organizzativa esistono specifici “indicatori” capaci di rilevare e misurare condizioni di “benessere o di malessere” nei contesti di lavoro (diagnosi di contesto organizzativo). Tra gli indicatori di benessere troviamo: soddisfazione per

12 Stocchi M., et al. (2010), Lo sviluppo del benessere organizzativo: la formazione organizzativa come

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13 l’organizzazione, desiderio di impegnarsi, sensazione di far parte di un team, desiderio di andare al lavoro, elevato coinvolgimento, adesione ai valori organizzativi, speranza di poter cambiare le condizioni negative, percezione di successo dell’organizzazione, relazioni interpersonali ricercate e immagine positiva del management; tra quelli negativi invece: insofferenza nell’andare al lavoro, assenteismo, disinteresse per il lavoro, richieste di cambiare lavoro, aggressività e nervosismo occasionali, disturbi psicosomatici, sentimenti di inutilità, aderenza formale alle regole, freddezza nelle relazioni e immagine negativa del management.

1.3 Analisi del benessere organizzativo: perché occuparsene?

La constatazione dello stato di benessere di un’organizzazione è la misura di un insieme di parametri che descrivono il clima organizzativo, ovvero l’atmosfera prevalente che circonda l’organizzazione, il livello del morale e l’intensità dei sentimenti di appartenenza e di affezione e buona volontà che si riscontra tra i dipendenti.13

Tramite un’indagine sul clima interno un’organizzazione è in grado di verificare il proprio “stato di salute”, osservare quindi come sono rappresentate le varie dimensioni del benessere organizzativo che risiede nella qualità della relazione esistente tra le persone e il contesto di lavoro e, all'interno del luogo di lavoro, è ciò che regola gli umori e i rapporti tra le persone.

Il clima influenza tutto quello che avviene nell'organizzazione, dallo svolgimento delle proprie mansioni ai rapporti con i superiori e con i colleghi. Un buon clima permette all'organizzazione di raggiungere più facilmente i suoi obiettivi ed ottenere dei buoni risultati in termini di efficienza (prestazione/costi), oltre che in termini di armonia interna. Il benessere organizzativo permette di assicurare l’equilibrio ottimale tra interessi diversi dell’organizzazione, da un lato, e la capacità di lavoro e la salute di tutto il personale dall’altro oltre fornire servizi sani e sicuri dal punto di vista ambientale.

Definendo, come detto in precedenza, il benessere organizzativo come la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutti i lavoratori che operano al suo interno; studi e ricerche sulle organizzazioni hanno

13 Franco M., et al. (2012), Investire sul capitale umano: benessere organizzativo e soddisfazione lavorativa,

Le opportunità oltre la crisi. Prospettive manageriali e strategie pubbliche dei Paesi dell’Europa del Sud, pp. 119-132.

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14 dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo (Mitchell, 1997); altri che la gestione strategica del capitale intellettuale in modo significativo contribuisce a migliorare le prestazioni di un’organizzazione (Edvinsson & Malone, 1997).14

La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone sono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione degli utenti e, in via finale, ad aumentare la produttività.

Un’organizzazione è in buona salute quando concorrono tutte le condizioni (variabili organizzative e relazionali) in presenza delle quali è capace di garantire il benessere e la convivenza organizzativa.15

Un’organizzazione non deve solo essere efficace e produttiva ma anche crescere e svilupparsi promuovendo e mantenendo un adeguato grado di benessere fisico e psicologico, che risiede nella qualità della relazione persone – contesto di lavoro.

Nello specifico i vantaggi legati ad un buono stato di benessere organizzativo possono essere organizzati all’interno di tre grandi aree:

1. Salute;

2. Aspetti sociali; 3. Aspetti economici.

Per quanto concerne la salute un buon clima lavorativo porta all’aumento dell’aspettativa di vita esente da disabilità e aumento della capacità di lavoro, alla riduzione della percentuale di infortuni e malattie professionali, all’adozione di stili di vita sani e alla riduzione delle assenze per malattie ed infortuni.

Riguardo la socialità si ottiene invece un miglioramento della vita lavorativa e, in generale, della qualità della vita dei lavoratori, un aumento dell’autostima e della motivazione, innalzamento delle competenze professionali e delle capacità di far fronte alle esigenze della vita professionale. Dal punto di vista economico è stato riscontrato un

14 Franco M., et al. (2012), Investire sul capitale umano: benessere organizzativo e soddisfazione lavorativa,

Le opportunità oltre la crisi. Prospettive manageriali e strategie pubbliche dei Paesi dell’Europa del Sud, pp. 119-132.

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15 aumento della produttività ed efficienza, della competitività dell’organizzazione e un miglioramento dell’immagine istituzionale.

Il costrutto di salute organizzativa esprime quindi la capacità di un’organizzazione non solo di essere efficace e produttiva, ma anche di crescere e svilupparsi mantenendo un adeguato grado di benessere fisico e psicologico e alimentando costruttivamente la convivenza sociale nella propria comunità lavorativa.

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CAPITOLO 2

ANALISI DEL CLIMA INTERNO E STUDI PRECEDENTI

2.1 Analisi del clima organizzativo in letteratura

Lo studio del clima e l’analisi del benessere organizzativo, definiti come procedura di rilevazione finalizzata a conoscere eventuali criticità e margini di miglioramento di cui tenere conto nel progettare un ambiente di lavoro attento al benessere delle persone, in letteratura sono stati affrontati con una molteplicità di approcci.

Il primo è un approccio puramente strutturale: il clima viene descritto come “una manifestazione oggettiva che riflette la struttura organizzativa presente in un dato contesto” (Guinon, 1973) ed esiste indipendentemente dalle percezioni dei membri che ne fanno parte; non vengono prese in considerazione tutta una serie di variabili come ad esempio la motivazione al lavoro e la soddisfazione lavorativa. Il secondo tipo di approccio, definito percettivo, ritiene che il clima sia determinato quasi esclusivamente da componenti interne che fanno parte di un’organizzazione. In questo caso il clima viene definito come “una qualità che dipende dai comportamenti dei membri che ne fanno parte, soprattutto dai vertici” (Karasick, 1973); la percezione del clima risulta mediata da aspetti di personalità di leadership. Esiste poi un approccio interazionista in cui si enfatizza l’importanza delle relazioni interpersonali nella formazione del clima ed è solo all’interno dello scambio continuo con l’organizzazione, con i propri colleghi e superiori che gli individui sviluppano un clima. Con l’ultimo approccio, definito culturale, non viene evidenziata l’importanza delle relazioni interpersonali ma attribuita centralità al concetto di cultura organizzativa (Ashforth, 1985).16

Secondo la letteratura una corretta percezione del clima interno all’organizzazione è indispensabile per migliorare la qualità del lavoro (attraverso il benessere organizzativo), per fornire nuove opportunità di sviluppo professionale ai propri dipendenti e per investire su relazioni interne più salde e capaci di produrre valori condivisi, per conoscere ed agire sulla percezione delle persone che operano quotidianamente all’interno dell’amministrazione.

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17 Inoltre, gli autori Petrick e Manning (1990) affermano che i responsabili delle organizzazioni, per migliorare il morale, e di conseguenza il clima, debbano lavorare su quattro aree principali:

1. le persone devono poter dare importanza e significato al lavoro loro assegnato; 2. devono nascere relazioni personali che permettano di migliorare la capacità dei

dipendenti di lavorare tra di loro e di relazionarsi con i superiori gerarchici; 3. ciascun dipendente deve ottenere il giusto riconoscimento per il contributo dato

al lavoro;

4. i risultati ottenuti devono essere ricompensati economicamente in termini di progressioni di carriera.17

2.2 Analisi del clima interno: struttura e obiettivi

Al giorno d’oggi, per indagare il clima organizzativo è necessario tener conto di due principali tipologie di relazioni:

1. tra i dipendenti e l’organizzazione; 2. tra i dirigenti e i dipendenti.

Queste relazioni sono determinate dalle interazioni tra obiettivi e risultati, dalla struttura dal processo di management e dal comportamento delle persone.

L’analisi di clima interno è uno strumento che un’organizzazione può utilizzare per intraprendere un percorso di valorizzazione delle risorse umane. Il clima, infatti, ha un’incisività peculiare in qualsiasi realtà organizzativa ed ha effetti rilevanti sulla capacità dell’organizzazione stessa d’impiegare ed ottenere il massimo rendimento dalle risorse tecniche e umane a sua disposizione. Un buon clima contribuisce positivamente al conseguimento da parte delle organizzazioni dei propri obiettivi strategici. Esso rappresenta un mezzo per migliorare la qualità della vita lavorativa, la motivazione, l’impegno e l’efficienza, ma anche per costruire relazioni interpersonali forti e al contempo fiducia verso il contesto lavorativo d’appartenenza.

Questo tipo d’intervento permette di capire come l’organizzazione e, in particolare, alcune sue caratteristiche siano valutate dai suoi membri e, quindi, assume un’importanza

17 Saba I. e De Vita A. (2011), La Valutazione del benessere organizzativo: Rilevazione della soddisfazione

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18 incisiva perché mette in evidenza gli eventuali punti critici presenti in un’organizzazione e permette di progettare, pianificare, ed eseguire opportuni interventi migliorativi. Lo studio del clima interno, coinvolgendo aspetti molto divergenti della realtà lavorativa, è un processo articolato; il clima organizzativo, composto da un insieme di dimensioni psicologico/strutturali, è un fenomeno complesso costituito da diverse variabili, correlate tra di loro in maniera non lineare. Nonostante le difficoltà, effettuare un’indagine di questo tipo risulta essere un importante strumento gestionale per comprendere esattamente quali siano le percezioni negative da trasformare in positive, quali i punti forti su cui far leva e quali le aree di miglioramento su cui intervenire tempestivamente. L’indagine è un intervento che va strutturato secondo delle precise regole dal momento che il livello d’efficacia raggiunta va ad influenzare direttamente le modalità di gestione delle risorse e quindi implicitamente la soddisfazione delle persone e/o quello che si pensa fare nel futuro.

Un’indagine di clima deve essere condotta attraverso l’integrazione di diversi strumenti metodologici sia di tipo quantitativo che qualitativo; i passi operativi necessari sono: definire le dimensioni strutturali e psicologiche che si desidera sondare e descrivere sinteticamente ogni dimensione dandone una precisa definizione.

La ricerca si basa di solito sull’utilizzo di un questionario anonimo configurato come strumento multidimensionale; sono previste un certo numero di dimensioni psicologiche ed organizzative da sondare attraverso un cluster di domande (item), o affermazioni, mirate. Per la buona riuscita del progetto è estremamente rilevante, prima di effettuare la somministrazione, condividere “lo spirito dell’indagine” con i dipendenti coinvolti, attraverso la chiara illustrazione delle finalità, fornendo precise indicazioni relative al progetto che si persegue e i suoi obiettivi. I risultati, le informazioni e i dati raccolti, costituiscono le coordinate fondamentali riguardo la linea organizzativa da tenere e le necessarie indicazioni su un eventuale intervento da effettuare in caso di malcontento. Gli obiettivi di un’analisi del benessere organizzativo sono quindi quelli di rilevare e far emergere gli eventuali punti critici presenti in un’organizzazione, progettare, pianificare, ed eseguire opportuni interventi migliorativi, valutare e monitorare i risultati ottenuti procedendo ad ulteriori analisi, utilizzare la diagnosi che ne segue come punto di partenza per avviare un processo di cambiamento organizzativo.

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2.3 Analisi ENEA: progetto “Benessere organizzativo”

L’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), secondo quanto stabilito dal D. Lgs 150/2009 che prevede una rilevazione annuale del benessere organizzativo, ha istituito un progetto finalizzato “alla ricerca e all’innovazione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell’energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile”.

Il Progetto “Benessere organizzativo” parte dall’individuazione di alcuni obiettivi generali: individuare gli aspetti che hanno favorito/ostacolato il processo di benessere e di produttività dei singoli dipendenti nell’Agenzia, evidenziando le risorse già esistenti e altre possibili da promuovere; orientare l’Agenzia nel processo di integrazione dei propri dipendenti nel contesto di lavoro, e di miglioramento dell’efficienza dei risultati prodotti; comprendere se l’organizzazione sta adempiendo in maniera efficiente ai suoi compiti di “servizio” verso l’esterno.

Questi obiettivi generali sono stati articolati in obiettivi specifici iniziando dall’approfondimento dei concetti di clima, benessere e cultura organizzativa per poi arrivare ad una dettagliata analisi dei dati, raccolti tramite il questionario MOHQ (Multidimensional Organizational Health Questionnaire), che verrà descritto dettagliatamente nel quinto capitolo.

I totali ottenuti dalle diverse dimensioni del benessere organizzativo sono stati ricollocati in livelli differenti “di salute” che esprimono i diversi gradi di raggiungimento di benessere organizzativo e le percentuali ottenute assumeranno un colore diverso a seconda del livello di salute raggiunto: il verde per un alto livello di salute; il giallo per livello medio di salute; e infine il rosso per un livello basso di salute organizzativa in cui si evidenziano condizioni organizzative che determinano una sicura presenza di malessere organizzativo. Successivamente a quest’analisi verranno proposte azioni tese al miglioramento del progetto stesso e interventi finalizzati al miglioramento del benessere interno all’organizzazione.

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2.4 Benessere organizzativo: analisi di People Satisfaction, Camera di commercio Pisa, 2011

La realizzazione di un’indagine riguardante la soddisfazione lavorativa, svolta nel 2011 all’interno della Camera di commercio di Pisa, ha permesso di comprendere efficacemente le reali percezioni psicologiche ed organizzative vissute dalle persone nella loro quotidianità lavorativa. I risultati ottenuti hanno consentito di rilevare i punti di forza e di debolezza presenti, oltre a rendere chiare ed evidenti le azioni da intraprendere per il raggiungimento del benessere e della soddisfazione.

Gli obiettivi che il progetto ha perseguito, con l’utilizzo del MOHQ, sono stati quelli di rilevare eventuali criticità interne, in modo tale da poterle affrontare e risolvere, sperimentare soluzioni di miglioramento organizzativo e gestionale, diffondere una cultura tesa all’attenzione del benessere delle persone nel loro ambiente di lavoro e sviluppare una politica dell’ascolto e della partecipazione attiva.

Le priorità individuate da questo studio sono state la valorizzazione del personale, la circolazione e la chiarezza delle informazioni e, in percentuale minore, i sistemi di distribuzione degli incentivi e di valutazione del personale. Dalle criticità emerse è stato ritenuto necessario intraprendere un percorso d’intervento che, attraverso la partecipazione di tutti gli interessati, costruisca soluzioni mirate a risolvere tali problemi. La metodologia scelta per passare dalla ricerca all’intervento è stato il focus group; piccoli di lavoratori adibiti alla discussione di un determinato argomento. Alla base della scelta di costruire dei gruppi di miglioramento si ha un valore preciso: la convinzione dell’importanza delle persone, delle loro competenze, delle loro attese nei confronti dell’organizzazione e del contributo personale che ognuno può apportare al cambiamento. In effetti, l’alta partecipazione e collaborazione che è stata riscontrata è stata la dimostrazione dell’apprezzamento all’iniziativa e di voglia di migliorare il contesto lavorativo d’appartenenza.

Gli obiettivi principali della ricerca sono stati quelli di dare avvio al cambiamento attraverso l’ascolto attivo e la partecipazione di tutti all’approfondimento delle criticità evidenziate dall’indagine, identificare e definire le cause dei problemi emersi, sperimentare soluzioni operative di miglioramento e integrare nel piano d’intervento successivo le informazioni raccolte formalizzando i risultati raggiunti.

(21)

21

2.5 Analisi del clima organizzativo e del benessere lavorativo ASL di Lecce, maggio 2007

Nel 2007, all’interno dell’ASL di Lecce, è stata svolta un’analisi sul benessere organizzativo percepito dagli infermieri di area critica (UTI, PS...). Il campione indagato era composto complessivamente da 211 lavoratori (74 maschi 35,1%, 137 femmine 64,9%) in servizio in tre ospedali della ASL di Lecce; il 55,7% di età inferiore ai 44 anni, il 35,8% tra 45-54, l’8,5% oltre 55; il 39,3 % con diploma di scuola superiore, il 28 % con diploma universitario, il 20,4% con laurea. Obiettivo della ricerca è stato quello di rilevare la percezione che gli operatori avevano dello stato di salute della propria organizzazione tramite la somministrazione del MOHQ e l’analisi delle seguenti valutazioni: aggregazioni per dati medi (campione, singole strutture e dimensioni), analisi del “profilo generale globale” di benessere del campione, analisi del “profilo generale di struttura”, confronto tra i profili generali di campione e di singola struttura, criteri di lettura dei dati acquisiti con l’MOHQ.

Tra i risultati più importanti, la valutazione del campione globale ha dimostrato una percezione negativa dello stato di salute organizzativa; il valore medio di percezione nelle singole strutture è risultato inferiore in due ospedali e superiore in un caso. Le dimensioni del campione globale si sono collocate chiaramente al di sotto del valore medio del profilo generale, esprimendo delle criticità nelle aree interessate: percezione dei dirigenti, percezione di equità organizzativa, percezione del conflitto e dello stress, percezione della fatica e dell’isolamento. Le “dimensioni critiche” hanno confermato lo stesso andamento anche nelle singole strutture, pur con differenze quali-quantitative che ne esprimono la specificità di contesto organizzativo (tipologia di PO, cultura e clima); la specificità di queste dimensioni indica la carenza di una sana convivenza organizzativa e suggerisce la necessità di azioni mirate (organizzative/comunicative, formative, tecnologiche) al miglioramento nelle singole realtà. Dai risultati emersi sembrano esserci sufficienti evidenze per formulare l’ipotesi di una “condizione di frustrazione e di affaticamento” della popolazione indagata caratterizzata da scarso coinvolgimento nel lavoro e nelle decisioni, assenza di equità /trasparenza, monotonia e ripetitività del lavoro, stanchezza fisica e psicologica.

L’azienda ha considerato ragionevole ritenere che non ci fossero ancora “effetti dannosi” nella popolazione target, considerata la contestuale presenza di dimensioni percepite

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22 positivamente ma, nonostante alcuni limiti dello studio (entità del campione, relativa disomogeneità delle aree indagate, assenza di dati aziendali e/o regionali di riferimento), le informazioni acquisite hanno indicato l’opportunità di correlare i dati di percezione alle performance assistenziale e ai rischi e di ripetere l’indagine dopo 12-18 mesi per un’ulteriore valutazione prospettica.

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23

CAPITOLO 3

RIFERIMENTI LEGISLATIVI E NORMATIVE

Dal punto di vista giudiziario il tema del lavoro viene già affrontato all’interno della Costituzione italiana in tre articoli:

• Art.35: “La repubblica tutela il lavoro in tutte le forme e sue applicazioni”; • Art.32: “La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e

interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”;

• Art.41: “L’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

All’interno del Codice civile, invece, l’art. 2087, in materia di tutela delle condizioni di lavoro, afferma che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”18

Negli anni seguenti, sviluppati l’idea e i concetti di clima e benessere lavorativo, si è avuto un susseguirsi di normative atte a regolamentarli:

• Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei diritti dei lavoratori): “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”;

• Decreto legislativo n.626/1994: “Attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori”;

• Decreto legislativo n.165/2001: “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”;

• Decreto legislativo n.195/2003: “Modifiche ed integrazioni al D.L 626”;

Si evidenzia come, con questo decreto, siano state individuate le capacità ed i requisiti fondamentali richiesti agli addetti e ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori, che devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle singole attività lavorative.

(24)

24 • Direttiva ministero della Funzione Pubblica: “Misure finalizzate al miglioramento

del benessere organizzativo nelle P.A,2004”;

Tale direttiva prende in considerazione sia il benessere dei lavoratori che quello dell’ente, considerando il primo come un presupposto fondamentale del secondo (“direttiva benessere”).

Le amministrazioni vengono sollecitate a:

1. Impegnarsi non solo sul piano del raggiungimento degli obiettivi di produttività ed efficacia, ma anche a realizzare, per i propri dipendenti, un insieme di ambienti e relazioni atti a contribuire al miglioramento della qualità della vita lavorativa;

2. Valutare e migliorare il benessere all’interno della propria organizzazione rilevando le opinioni dei dipendenti sulle dimensioni che determinano la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro;

3. Realizzare misure di miglioramento per valorizzare le risorse umane, aumentando la motivazione dei collaboratori, migliorare i rapporti tra i dirigenti e gli operatori, accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione dei lavoratori per la propria amministrazione;

4. Rendere attrattive le amministrazioni pubbliche per i talenti migliori, migliorare l’immagine interna ed esterna e la qualità complessiva dei servizi forniti dall’amministrazione;

5. Diffondere la cultura della partecipazione, quale presupposto dell’orientamento al risultato, al posto della cultura dell’adempimento; 6. Realizzare sistemi di comunicazione interna;

7. Prevenire i rischi psicosociali di cui al D. Lgs. 626/94.

• Decreto legislativo n. 81 del 2008 (cd Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro).

Questo decreto introduce l'obbligo di valutare i rischi stress lavoro correlato. Tra le disposizioni rilevanti si sottolineano:

- Art. 2: “Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per: (…) o) «salute»: stato di completo benessere fisico,

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25 mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità” (definizione già fornita in tali termini dalla OMS nel 1948).

- Art. 28: “La valutazione [dei rischi], anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.

- Art. 25: tra gli obblighi del medico competente figura quello di collaborazione con il datore di lavoro e il servizio di prevenzione all’attuazione delle misure di tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori.

• Decreto legislativo n. 150/2009 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni).

Viene attribuito agli Organismi Interni di Valutazione (OIV) il compito di condurre indagini sul benessere organizzativo, nello specifico dell’art. 14 vengono introdotte le indagini annuali sul livello di benessere organizzativo, il grado di condivisione del sistema di valutazione del personale e la valutazione del proprio superiore gerarchico • Legge 4 novembre 2010, n. 183 “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”

La legge, con l’art. 21, descrive le misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche. Inoltre, modifica due articoli del precedente D. Lgs. 165/2001:

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26 - Art. 7 (Gestione delle risorse umane): “Le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno”.

- Art.57 (Pari opportunità): indica che le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno (...) il "Comitato unico di garanzia per le pari opportunità la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni" che “sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni” (...). E il Comitato unico di garanzia, all'interno dell'amministrazione pubblica, contribuisce, tra le altre cose, “all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l'efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori”.19

• Direttiva della Presidenza del Consiglio 4 marzo 2011 “Linee guida sul funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni” (CUG).

Il legislatore “intende favorire la realizzazione del benessere organizzativo”: In particolare il CUG “può fare proposte per favorire il benessere lavorativo; verificare gli esiti delle azioni tese a favorire il benessere organizzativo; collaborare con l’Amministrazione per scambio di informazioni su elementi che possono incidere negativamente sul benessere organizzativo in quanto derivanti da discriminazione; il CUG relaziona annualmente sulla realizzazione del benessere organizzativo; il CUG

(27)

27 collabora con l’OIV (Organismo indipendente di valutazione, per l’introduzione del benessere organizzativo nella valutazione della performance”.20

• Decreto del Presidente della Repubblica n° 62/2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”

All’Art.13, comma 5, indica che il dirigente “cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all'aggiornamento del personale, all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali”.21

• Decreto legislativo n° 33/2013 (cd Testo Unico in materia di trasparenza delle pubbliche amministrazioni).

Viene stabilito l'obbligo di pubblicazione dei risultati delle indagini sul benessere organizzativo.

• Direttiva n° 3/2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri recante “Indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti”.

20 Direttiva della Presidenza del Consiglio, 4 marzo 2011. 21 Art. 13 Decreto del Presidente della Repubblica n° 62/2013.

(28)

28

CAPITOLO 4

IMPORTANZA DELLA LEADERSHIP PER LA CULTURA

DEL CAMBIAMENTO: IL RUOLO DEL DIRIGENTE

Viste le specifiche indicazioni stabilite dalle normative descritte dettagliatamente nel capitolo precedente, è fondamentale evidenziare l’importanza del leader, inteso come “colui che conduce un gruppo di persone al raggiungimento di determinati obiettivi”22,

per il benessere organizzativo interno all’azienda. 4.1 Analisi del clima organizzativo e leadership

L’autore Bolognini F. nel 2006 afferma che “un’analisi di clima è un po’ come guardarsi allo specchio: chi dirige un’organizzazione si specchia nell’immagine che il personale, rispondendo alle domande, fornisce dell’organizzazione stessa”23 ma i primi ricercatori

che hanno indirizzato il proprio interesse all’idea che la qualità dell’organizzazione fosse strettamente correlata alle capacità del dirigente compaiono già nel 1939.

All’esito della ricerca svolta presso la Iowa Child Welfare Research Station con l’intento di accertare il rapporto esistente tra il raggiungimento di un obiettivo lavorativo (la realizzazione di maschere teatrali da parte di due differenti gruppi di scolaresche composte da ragazzi dai dieci agli undici anni) e le diverse atmosfere determinate dai leader dei rispettivi gruppi, si giunse ad affermare che la combinazione strutturata di singole percezioni, frutto di relazioni ed esperienze maturate dalle persone che operano in un’organizzazione, costituisce il clima dell’organizzazione stessa.24

Il vero merito di avere rilevato il “valore del potere”, quindi della forza e dell’autorità, insito nell’organizzazione va riconosciuto a Benjamin Schneider, David E. Bowen, Mark G. Ehrhart e Karen M. Holcombe. Alla fine del ‘900 il loro lavoro ha certificato il ruolo dei singoli individui nel processo di costruzione del clima organizzativo ed ha portato ad evidenziare l’intimo collegamento tra le azioni svolte dal leader, ovvero da chi gestisce

22 Floris P. L., Leadership & Change Management, FrancoAngeli, Milano, 2008. 23 Bolognini B., L’analisi del clima organizzativo, Carrocci editore, 2006.

24 Lewin K. et al. (1939), Patterns of Aggressive Behavior in Experimentally Created ‘Social Climates,

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29 l’organizzazione, e le persone che operano in essa. “Clima organizzativo e leadership restano il connubio inscindibile per rendere possibile il successo di una organizzazione.”25

A conferma di quest’affermazione il professore americano di management Douglas McGregor, nei suoi studi, si sofferma sul contributo dei capi nel generare quello che egli definisce come “managerial climate”. McGregor sostiene che la gran parte delle soddisfazioni che il dipendente ricava dalla sua vita lavorativa dipende dal rapporto che il diretto superiore è capace di instaurare con lui; questo rapporto viene determinato dalla visione che il superiore ha della natura umana. I capi, secondo l’autore, attuano comportamenti che riflettono le proprie convinzioni sulla natura delle persone che, inevitabilmente, condizionano i rapporti che essi instaurano con i collaboratori. 26

Nelle culture organizzative efficaci, dunque, il benessere personale e quello aziendale non possono essere separati, ma necessitano di essere valutati e sviluppati insieme. Secondo recenti analisi i collaboratori che vedono valorizzato il loro benessere psico-fisico, sociale, finanziario e che trovano la giusta motivazione sono fino all'81% meno inclini a cercare un nuovo lavoro rispetto agli altri. I vantaggi per un’azienda guidata da un leader capace sono una riduzione dell’assenteismo, una diminuzione dello stress e dei conflitti interni, un aumento della capacità di risoluzione dei problemi e un miglior adattamento al cambiamento.

4.2 Peculiarità di un leader efficiente

Per la gestione del clima organizzativo il leader potrà disporre degli ordinari strumenti utilizzati per il governo dei fenomeni socio-organizzativi; si tratta quindi di mettere mano alla struttura e al coordinamento tra i ruoli e le funzioni interne.

Strumento essenziale di gestione è costituito dal reclutamento. Questo deve consentire la scelta delle persone facendo riferimento alle caratteristiche attitudinali e ai comportamenti che devono essere quanto più possibile congruenti con gli indirizzi di sviluppo scelti dal management. Al reclutamento si collegano, da un lato, la valutazione come opportunità per correggere i comportamenti, individuando quelli che

25 Schneider B. et al. (2000), The climate for service : evolution of a construct, Handbook of organizational

culture and climate, 21-36.

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30 potenzialmente siano più funzionali, dall’altro, gli strumenti di incentivazione come le dinamiche retributive piuttosto che la mobilità o le opportunità di carriera.

Altro aspetto importante della gestione del clima organizzativo è costituito dalla formazione che deve essere indirizzata verso la sensibilizzazione delle persone e l’accrescimento della consapevolezza dei propri carismi e competenze per il raggiungimento di un processo in grado di dare senso alla presenza delle persone al lavoro, che percepiranno pienamente l’essere parte integrante dell’organizzazione.

Rispetto a questo percorso gioca un ruolo di primo piano l’utilizzo della comunicazione, intesa come canale per alimentare le relazioni istituzionali.27 La letteratura recente, che contempla le qualità necessarie per fare di un capo un buon leader, sposta l’attenzione da forme di potere autoritario all’importanza di qualità più soft, quali ad esempio una buona comunicazione tra il leader e il suo gruppo. È proprio la capacità di comunicare bene con il gruppo che rende possibile il raggiungimento di qualsiasi obiettivo. I primi passi che un leader deve compiere sono:

1. fare della comunicazione una priorità assoluta; 2. aprirsi ai collaboratori;

3. creare un ambiente positivo per la comunicazione.

Un buon leader deve essere un esempio, un professionista motivato e perseverante. Nello specifico, tra le caratteristiche peculiari di un leader efficiente troviamo:

• Vitalità: il leader possiede grandi riserve di energia; energia per partecipare ad incontri dopo una giornata di lavoro, per affrontare lunghi dibattiti e per rappresentare il proprio gruppo o unità;

• Intelligenza e capacità di giudizio, inteso come la capacità di combinare dati oggettivi, informazioni incerte e intuizioni per arrivare ad una conclusione corretta e quindi aver abilità nella soluzione di problemi, progettazione di strategie e definizione delle priorità;

• Disponibilità ad assumersi responsabilità;

• Competenza: conoscenze che il leader deve avere per affrontare il proprio compito e realizzarne gli obiettivi;

(31)

31 • Capacità di comprendere e ascoltare i collaboratori (empatia);

• Abilità nel gestire le persone (“percezione sociale”): capacità di valutare in modo accurato la prontezza o resistenza dei collaboratori a muoversi ed agire in una data direzione, sapere se il dissenso o la confusione avrà un impatto sulla possibilità del gruppo e di capire e interpretare il clima presente in azienda;

• Bisogno di realizzazione;

• Capacità di motivare: mettere in moto le persone, rafforzare fiducia nel gruppo di appartenenza, formare le persone a svolgere il proprio lavoro e nello stesso tempo comunicare affinché comprendano il senso e le logiche del gioco di squadra; • Coraggio e fermezza;

• Capacità di decidere e chiarire le priorità;

• Capacità di creare condivisione: costruire meccanismi premianti tangibili e intangibili tesi a far convergere gli obiettivi degli individui verso quelli dell’organizzazione;

• Capacità di empowerment: praticare l’esercizio della delega, attraverso la formazione e soprattutto educando alle responsabilità;

• Capacità di comunicare la “vision” dell’organizzazione.

Ovviamente, gli attributi richiesti ad un leader dipendono dal contesto aziendale in cui opera, vissuto e storia dell’impresa, caratteristiche dei collaboratori e dei dipendenti.28

Inoltre, è fondamentale evidenziare che la leadership non può essere in nessun caso imposta, ma deve sempre essere riconosciuta dagli altri; soltanto in tal caso si può dire di essere leader di un gruppo, altrimenti ci si limita ad essere un capo. Infatti, “un individuo la cui posizione non sia riconosciuta o che non viene considerato esperto in un certo settore avrà molte più difficoltà nel convincere i suoi ascoltatori della bontà e giustezza del suo suggerimento di quanto ne avrà, invece, colui che possiede credenze di esperto.”29

Assumere il ruolo di capo presuppone la conoscenza del contesto nel quale si lavora, la fiducia nelle competenze possedute e la consapevolezza del proprio atteggiamento nei confronti dei collaboratori ma, anche, la capacità di farsi ascoltare senza ricorrere a sanzioni o punizioni. È l’esempio del leader a fare la differenza nell'adozione di

28 Floris P. L., Leadership & Change Management. Leadership: non il successo di un singolo ma la forza

di un gruppo, FrancoAngeli, Milano, 2008.

(32)

32 comportamenti efficaci da parte dei collaboratori in azienda. Nella creazione di una cultura organizzativa contano le azioni: vedere un manager apprezzare l’impegno e partecipare alle operazioni fa sì che i collaboratori percepiscano gli effetti positivi del cambiamento culturale e siano maggiormente motivati a prendervi parte.

4.3 Leader e cultura del cambiamento

Stiamo vivendo un’epoca in cui il cambiamento ha assunto accelerazioni inattese: cambiamenti politici, sociali, economici, evoluzione tecnologica, tutti contribuiscono a creare condizioni ambientali mutevoli e imprevedibili.30

All’interno di questo continuo cambiamento, dove il lavoro delle aziende sanitarie è sempre più di tipo intellettuale tanto che vengono definite “brain intensive”31 non basta

che un leader abbia doti manageriali ma queste dovranno essere completate con uno stile di leadership innovativa. Quest’importante innovazione legata all’evoluzione socioculturale del mondo del lavoro ha trovato impreparate le Direzioni aziendali a gestire opportunamente una più elevata potenzialità dell’uomo e a soddisfare le sue più alte aspettative professionali: il desiderio di sentirsi importante e gratificato nel lavoro. Spesso i lavoratori poco stimolati sono una delle cause più comuni di improduttività aziendale; i lavoratori non avendo un ruolo attivo vivranno il cambiamento non come un’opportunità di miglioramento aziendale e di crescita professionale ma come causa di frustrazione.32 Il leader, a differenza del manager, deve aiutare a conseguire i risultati, fornire un modello da seguire, esprimere ogni lavoratore a dare il massimo concentrandosi sui propri punti di forza e non solo focalizzandosi sull’errore.

Da uno studio eseguito dalla Public Agenda Forum negli Stati Uniti, si è evidenziato come una totale mancanza di leadership porti ad una carenza della qualità lavorativa. L’indagine sulla forza lavorativa americana ha infatti sottolineato come meno del 25% del personale

30 Sansavivi C., Leadership e gestione del cambiamento. Come stimolare i collaboratori a performance

eccellenti, AlphaTest, Milano, 2006.

31 Le aziende sanitarie sono definite aziende “brain intensive” cioè caratterizzate da una forte componente

intellettuale nella loro economia, in cui un Sistema di Gestione Qualità sembrerebbe vincolare a schemi rigidi il professionista che vi opera. Secondo questo strumento organizzativo e gestionale ogni professionista è chiamato a rispondere della gestione delle risorse ad esso affidate e dei risultati che produce, lasciando allo stesso predefiniti spazi di autonomia decisionale senza entrare nel merito della professionalità specifica o nella competenza professionale.

32 Sansavivi C., Leadership e gestione del cambiamento. Come stimolare i collaboratori a performance

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33 abbia risposto “sì” alla domanda “date sempre il massimo?”; la metà ha dichiarato di non sforzarsi più del necessario e il 75% ha ammesso di poter essere molto più efficiente. Le risorse umane sono fondamentali per la qualità dei servizi forniti e spetta al leader saperle sfruttare nel modo migliore. Quest’ultimo deve diffondere una visione che aiuta al cambiamento, condividere il dominio del processo comunicativo, trasmettere entusiasmo, infondere fiducia e ottenere credibilità attraverso una guida per esempi, consentendo agli altri di assumersi responsabilità di decidere e agire. I dipendenti devono sentirsi importanti, veri protagonisti (empowerment)33, avere autostima e propensione allo sviluppo personale proprio e altrui.

Harald Port, affermando che “la cultura organizzativa è la somma dei comportamenti di tutte le persone che appartengono a un’organizzazione aziendale”, segnala come siano ancora pochi i leader che danno una reale priorità alla cultura aziendale, pur essendo la maggior parte di loro consapevoli dell’impatto sulle performance e sui risultati aziendali.34

Ogni persona ricopre un ruolo nella definizione e nel consolidamento della cultura organizzativa ma sono i leader a facilitarne lo sviluppo indicandone la “vision” aziendale, strutturando i processi e dando l’esempio ai loro collaboratori. Il fatto che ogni lavoratore adotti con costanza una visione condivisa fa sì che ogni decisione strategica la incorpori; da questa si possono individuare i comportamenti desiderati su cui il leader dovrebbe impostare gli obiettivi collegandone attività e progetti. I valori dell’azienda vengono rafforzati dalle azioni personali dei manager che guidano il cambiamento e promuovono la cultura dell’innovazione continua.

4.4 Il ruolo del dirigente

Nel corso degli anni è stato osservato come un ruolo fondamentale nella realizzazione e nel mantenimento del benessere organizzativo all’interno degli uffici della Pubblica Amministrazione sia dovuto al personale dirigenziale, leader dell’azienda.

33 Il termine empowerment indica un processo di crescita, sia dell'individuo sia del gruppo, basato

sull'incremento della stima di sé, dell'autoefficacia e dell'autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l'individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale.

34 Floris P. L., Leadership & Change Management. Leadership: non il successo di un singolo ma la forza

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34 Il dirigente, definito dal D. Lgs. n. 81/2008 come “garante organizzativo” della sicurezza e igiene del lavoro, è la “persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa”.35 Tale figura

ha il compito di essere promotore di benessere diffuso per se stesso, i propri collaboratori e l’intero sistema organizzativo nel quale è inserito; inoltre, è importante sottolineare che essere dirigenti oggi è certamente più difficile e complesso di quanto lo fosse in passato, quando l’unico modello di riferimento era quello gerarchico-burocratico.36Il modello

attuale del benessere organizzativo, come scritto nei precedenti paragrafi del capitolo, presuppone un capo che sappia ascoltare, che sia capace di esprime feed-back positivi e negativi nei confronti dei propri collaboratori, che celebri i successi raggiunti insieme al suo team e indichi mission e vision, che motivi i propri comportamenti e le proprie richieste al fine di aiutare i lavoratori a elaborare una visione più ampia della realtà, che sia capace di delegare e che non approfitti mai del suo ruolo a scapito dei suoi collaboratori.

La Suprema Corte ha con chiarezza sottolineato che “il tratto caratteristico della figura dirigenziale è rappresentato dall’esercizio di un potere ampiamente discrezionale che incide o sull’andamento dell’intera azienda ovvero che attiene ad autonomo settore produttivo della stessa azienda, non essendo richiesto come elemento necessario il fatto che il dirigente venga preposto ed abbia poteri decisionali in ordine all’intera struttura aziendale.”37

Un’altra novità importante è stata introdotta dal codice di comportamento previsto dalla legge n. 190/2012: esso contiene una “specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati secondo le funzioni attribuite”.38 Questa legge evidenzia la centralità strategica

del ruolo del dirigente dal punto di vista comportamentale, per la costruzione di un ambiente di lavoro positivo che costituisca la più efficace forma di prevenzione in ordine a fenomeni corruttivi o illegali; nello specifico, l’art. 13 del codice, disciplina gli obblighi di condotta cui è tenuto il dirigente, che si aggiungono a quelli previsti per tutti i dipendenti.

35 D. Lgs. 81/2008.

36 Il modello gerarchico tradizionale era caratterizzato da un unico soggetto che interveniva nella

formulazione e implementazione delle politiche aziendali.

37 Cass. Sez. Lav. 11.07.07 n. 15489. 38 Art. 54, comma 1, D. Lgs n. 165/2001.

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