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Termoablazione del polmone:confronto sperimentale in vivo fra ablazione con microonde e ablazione a radiofrequenza

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Academic year: 2021

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TERMOABLAZIONE DEL POLMONE: CONFRONTO

SPERIMENTALE IN VIVO FRA ABLAZIONE CON

MICROONDE E ABLAZIONE A RADIOFREQUENZA

RIASSUNTO DELLA TESI

OBIETTIVO: confrontare le procedure di termoablazione con microonde (MW) e a radiofrequenza (RF) in termini di praticabilità, sicurezza ed efficacia in uno studio sperimentale condotto in vivo su coniglio.

METODO: 20 conigli divisi in due gruppi da 10 sono stati sottoposti all’ablazione con MW (gruppo A) e a RF (gruppo B). Si è effettuata sotto guida TAC una singola ablazione del tessuto polmonare. Per la procedura sono stati utilizzati un prototipo per l’ablazione con MW (vivawave, Tyco Healthcare). I sacrifici delle cavie sono stati effettati dopo 3 giorni (gruppo A=5; gruppo B=5) e dopo 7 giorni (gruppo A=5; gruppo B=5).

RISULTATI: l’operazione è stata portata a termine in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi. Il fallimento negli altri due casi è stato a causa di decesso per stress anestesiologico (gruppo A) e per pneumotorace (gruppo B). Un coniglio del gruppo B è morto 24 ore dopo la procedura per grave emotorace. Le complicazioni nel post-operatorio sono state pneumotorace (gruppo A=4, gruppo B=4), ascesso (gruppo A=1, gruppo B=1) ed ustione della parete toracica (gruppo A=4). Il diametro

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maggiore della necrosi è stato di 12,1mm 3,2mm nel gruppo A e di 14,8mm +/-4,9mm nel gruppo B. L’esame anatomopatologico ha evidenziato in entrambi i casi: necrosi focale, edema, emorragia e infiltrato linfocitario periferico. Il diametro perilesionale di trombosi intravascolare è maggiore per il gruppo A rispetto al gruppo B. Gli altri organi non stati danneggiati.

CONCLUSIONI: la praticabilità e la sicurezza delle MW e della RF sono simili nel modello animale, come anche l’aspetto anatomopatologico, che ha comunque evidenziato una trombosi dei poccoli vasi circondanti la lesione maggiore negli animali sottoposti alla ablazione con microonde.

INTRODUZIONE

L’ablazione a radiofrequenza è una tecnica relativamente poco invasiva utilizzata per trattare i tumori solidi. Essa è diventata in breve tempo un’opzione terapeutica imaging-guidata molto richiesta in virtù della possibilità di creare sotto stretto controllo ampie zone di necrosi coagulativa.

Dopo ulteriori recenti miglioramenti nella tecnologia della RF, l’ablazione a RF ha ottenuto un ruolo sempre più importante nel trattamento dei tumori maligni del fegato non resecabili chirurgicamente e sta diventando un’alternativa alla chirurgia stessa nel trattamento dei piccoli tumori limitati del fegato[1-3]. Nonostante l’esperienza effettuata con l’ablazione a RF sulle neoplasie maligne al di fuori del fegato sia ancora ai primi stadi della applicazione clinica, studi recenti hanno dimostrato come

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questa nuova tecnica potrebbe offrire una valida opzione di trattamento per i tumori maligni del polmone [4-10].

Per quanto riguarda i problemi maggiori nell’effettuazione dell’ablazione a RF, uno dei più importanti è rappresentato dalla necessità di condurre energia elettrica all’interno del corpo umano. Infatti non appena la temperatura raggiunge i 1000C e si ha evaporazione, l’aumento della impedenza che ne deriva limita l’ulteriore diffusione di elettricità [11]. Questo diventa ancora più pronunciato se compare la carbonizzazione dei tessuti. Un’ulteriore limitazione della ablazione a RF è che la zona che va incontro a riscaldamento attivo è relativamente piccola, mentre per la maggiore parte il riscaldamento è dovuto alla conduzione termica che diminuisce esponenzialmente allontanandosi dalla sorgente elettrica [12]. Gli alti tassi di recidiva locale evidenziati in alcuni studi clinici sono quasi certamente causati dall’effetto protettivo del flusso di sangue nel fegato (“heat sink effect), che scorrendo all’interno dell’area sottoposta a ablazione, ne provoca il raffreddamento, riducendo perciò l’efficacia della procedura [13].

In virtù dei numerosi vantaggi teorici e pratici previsti, l’ablazione con microonde rappresenta una nuova promettente opzione per il trattamento dei tumori maligni non resecabili chirurgicamente. I potenziali benefici della tecnologia con MW includono maggiori temperature intratumorali, maggiore volume della necrosi, tempi più rapidi, miglior profilo di convezione e minor dolore. [14-7]. Poiché l’effetto del raffreddamento del sangue è più pronunciato nella zona di riscaldamento conduttivo piuttosto che in quello attivo, una maggiore potenza potrebbe anche migliorare il

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trattamento del tessuto perivascolare [16-17].

Recenti passi in avanti nell’ingegneria delle MW hanno permesso di creare il nuovo prototipo del sistema di ablazione con MW, che mira a ottenere un miglior controllo delle zone da sottoporre ad ablazione.

Si è ritenuto opportuno indagare come l’ablazione a MW si comporta sul tessuto polmonare, prima di utilizzarla nel trattamento clinico del tumore polmonare. Uno studio sperimentale è stato ritenuto necessario per valutare la risposta al calore, l’estensione della coagulazione e le modificazioni istologiche nel polmone normalmente ventilato. La dimostrazione della capacità dell’ ablazione a MW di distruggere il normale tessuto polmonare è clinicamente rilevante, in quanto potrebbe permettere di creare un margine di sicurezza di ablazione attorno alla neoplasia stessa. Ci si aspetta che tale accorgimento sia responsabile di un più alto numero di successi della terapia e di un minor numero di recidive locali. Quindi l’obiettivo di questo studio è stato quello di confrontare su modelli animali (conigli) in vivo un prototipo per l’ablazione a MW con un sistema di ablazione a RF disponibile commercialmente

MATERIALI E METODI

DISEGNO DELLO STUDIO

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riguardanti l’attenzione e il trattamento degli animali di laboratorio sono state scrupolosamente seguite.

Si sono divisi in 2 gruppi da 10 individui 20 conigli white new Zeland . Il gruppo A ha subito una singola ablazione percutanea con MW e il gruppo B una singola ablazione percutanea con RF. Dopo la procedura gli animali sono stati attentamente monitorizzati per appurare complicanze tardive e hanno ricevuto un’iniezione di 100mg di ampicillina dal primo al quinto giorno. I sacrifici degli animali sono stati effettuati al terzo giorno (gruppo A=5 ; gruppo B=5) e al settimo giorno (gruppo A=5 ; gruppo B=5) successivi alla procedura. Dopo l’eutanasia si sono prelevati i polmoni in modo da analizzare, da un punto di vista macroscopico e microscopico, l’istologia delle regioni trattate e delle strutture adiacenti ad esse.

DISPOSITIVI PER L’ABLAZIONE

Il dispositivo di ablazione a MW usato in questo studio è un prototipo sviluppato dalla Tyco-Healthcare (Fig. 2). L’ago è un modello 15 gauge a dipolo coassiale con una punta esposta di 1,6 cm (Vivawave, Tyco Healthcare). Il sistema è stato portato da un generatore a 15 MHz e la potenza in uscita è controllata per mezzo di un computer portatile. Per questo tipo di procedura è stata prevista una erogazione di 45 W di potenza per una durata di 10 minuti.

L’ablazione a RF è condotta con un ago di 17 gauge di diametro e 2 cm di punta esposta (Cool-tip, Tyco- Healthcare, Fig. 1). Il generatore RF è capace di produrre

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200W di potenza e ha incorporato un sistema di controllo continuo dell’impedenza tissutale. Per tutta la durata della procedura una pompa ha fatto circolare nel lume dell’ago una normale soluzione salina a 00 C con flusso di 10-25 ml/min. La durata dell’intervento è stata di 12 minuti.

PROCEDURE PER L’ABLAZIONE

Si è effettuata un’anestesia di tutti i conigli con un’iniezione intravenosa di 7mg/kg di tiletamina ipocloridrato + zolazepam ipocloridrato (zoletil®) prima della procedura. Quando necessario si è somministrata un’ulteriore iniezione con dose pari alla metà di quella iniziale. I conigli sono stati in grado di respirare spontaneamente durante la procedura. Ogni animale è stato poggiato sul suo lato sinistro, mentre la parete toracica destra è stata rasata e sterilizzata. Nel gruppo B un elettrodo dispersivo è stato posto a contatto con un’area rasa sul fianco destro, in modo tale da minimizzare l’impedenza iniziale del circuito. L’elettrodo dispersivo non è stato necessario negli animali appartenenti al gruppo A a causa delle proprietà diverse delle onde elettromagnetiche. Entrambe le procedure sono state eseguite grazie all’ausilio delle immagini offerte dalla TC e condotte secondo gli schemi seguiti nelle biopsie TC guidate. L’acquisizione di immagini è stato effettuato con uno strumento apposito per gli studi sperimentali (CT sytec 3000, GE Medical System) operante in una modalità standard assiale. I parametri hanno incluso una sezione di collimazione di 5mm, 120kVp, 100mA e un’alta risoluzione di rappresentazione. Si è segnata la pelle

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dell’animale con un segno di riconoscimento laddove l’ago sarebbe dovuto entrare in modo da evitare la grande vena dorsale e il suo posizionamento è stato effettuato con l’ausilio della TC. Dopo aver sterilizzato la zona di entrata con soluzione iodata, si è effettuata una piccola incisione con bisturi per facilitare l’entrata dell’ago attraverso la pelle. L’elettrodo è stato introdotto direttamente nella parete laterale del lobo inferiore del polmone destro. Si è scelto questo percorso per ridurre la possibilità di attraversare le fessure interlobari. Durante la procedura i conigli sono stati monitorizzati, facendo attenzione a segni di stress respiratorio o a altri discomfort. Terminata la procedura l’ago è stato tolto lentamente con moto rotatorio per minimizzare i danni potenziali recabili al tessuto.

VALUTAZIONE DOPO LA PROCEDURA

Utilizzando sempre la stessa macchina CT si è fatto uno scanning subito nel post-operatorio per valutare la zona sottoposta al trattamento e individuare eventuali complicanze immediate. Si sono fatte scannerizzazioni TC senza mezzo di contrasto del torace e dell’addome superiore comprendendo i reni. Le analisi delle immagini sono state fatte con una finestra per il polmone (livello -500HU, ampiezza 2000HU) e una finestra per i tessuti parenchimatosi (livello 50HU, ampiezza 350HU) (fig. 3-4).

ANALISI DELLE IMMAGINI

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dimensioni e forma, cambiamento del grado di attenuazione, presenza di essudato o di aria nella cavità pleurica o nei tessuti parenchimatosi. Il diametro delle lesioni è stato misurato sulle immagini poste in finestre di risoluzione per il polmone da un radiologo, con l’ausilio di un compasso elettronico. Per assicurare che i cambiamenti notati non erano presenti prima dell’ ablazione (sia con MW che con RF), si sono confrontate le immagini CT ottenute prima e dopo la procedura.

ESAME ISTOPATOLOGICO

Dopo l’eutanasia, effettuata al terzo e settimo giorno, il polmone e il cuore sono stati prelevati in blocco. Il polmone è stato quindi sezionato in fettine di spessore simile a quello ottenuto con la CT che sono state poi esaminate. Per l’esame macroscopico il patologo ha misurato il diametro della regione con necrosi coagulativa in ogni campione. Il tessuto è stato quindi fissato con formalina al 10% per un esame istologico di routine. Il trattamento finale per lo studio microscopico ha incluso un sezionamento in paraffina e una colorazione in ematossilina-eosina. Si è passati quindi ad esaminare tutte le aree di trattamento per quanto concerne il loro aspetto istologico e la demarcazione dal tessuto vitale circostante (Fig.5-6-7-8).

ANALISI STATISTICHE

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complicanze insorte dopo la loro effettuazione. Il diametro delle lesioni è stato misurato su immagini TC acquisite immediatamente dopo la procedura, e i dati provenienti dalle diverse procedure sono stati messi a confronto con un test t di Student. Per l’analisi statistica dei dati si è utilizzato un software JMP 5.0.1.2 (SAS Institute Inc, Cary, NC, USA) ed è stato considerato significativo un valore di p inferiore allo 0,05.

RISULTATI

E’ stato ottenuto successo tecnico della procedura in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi. Il fallimento tecnico nel caso del gruppo A è stato a causa di stress anestesiologico. L’animale è morto dopo 6 minuti dopo l’inizio della procedura, che è stata comunque portata a termine. La CT eseguita nell'immediato post-operatorio non ha mostrato la presenza di pneumotorace, si è quindi passati all'autopsia. L'ispezione della cavità toracica evidenziava la normalità dell’ablazione che coinvolgeva il cuore. Il polmone è stato quindi rimosso e preparato per l'analisi macro e microscopica. Il decesso nel gruppo B è dovuto invece a pneumotorace di grado elevato, che ha causato il mancato posizionamento dell' elettrodo. Si è effettuato un drenaggio ma il pneumotorace persisteva e l'animale è morto. Un altro coniglio del gruppo B è deceduto 24 ore dopo la procedura a causa di massivo emotorace che era già stato evidenziato alla CT post-operatoria e poi confermato all'autopsia. Altre complicanze sono state pneumotorace (gruppo A=4,gruppo B=4), ascesso (gruppo A=1, gruppoB=1) e estensione della

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necrosi alla parete toracica (gruppo A=4). Tutti i casi di pneumotorace sono insorti acutamente nel momento dell'inserzione dell'ago prima di iniziare l'ablazione. Nel gruppo A l'entità del pneumotorace era lieve e perciò le procedure sono state portate a termine senza necessità di trattamento. Nel gruppo B in 1 caso su 4, il pneumotorace è stato grave e ha richiesto un drenaggio. La procedura è stata interrotta. Si è riprogrammato quindi per questo animale un secondo intervento avvenuto due settimane dopo e conclusosi con successo. Il grado di pneumotorace negli altri tre casi nel gruppo B era lieve e tutti si sono risolti senza necessità di trattamento. Per quanto riguarda i due casi di ascesso (uno nel gruppo A e uno nel gruppo B), entrambi sono insorti nel periodo peri-operatorio e sono stati dimostrati all'autopsia effettuata al settimo giorno dalla procedura,durante la quale si è riscontrata la presenza di materiale purulento nell' emitorace destro, con aspetto e entità della raccolta, simili in entrambi i gruppi. Le ustioni sulla parete toracica sono state osservate in 4 casi su 10 nel gruppo A. Tutte erano localizzate nel punto di entrata dell'ago, dove la cute era stata riscaldata assieme all'ago e al cavo. Analizzando le immagini TC acquisite subito dopo la procedura, non si notavano differenze sostanziali fra l’aspetto delle lesioni ottenute con l'ablazione a MW e quelle ottenute con l’ablazione a RF: si è descritta una piccola area centrale di aumentata densità circondata perifericamnte da un' area estesa con densità a vetro smerigliato (Fig. 3-4). Il diametro massimo medio delle lesioni ricavato dalle immagini della TC post-operatoria era di 18.8 mm+/- 5.4 nel gruppo A e di 20.4mm +/- 4.0 nel gruppo B (p=0.3). All'autopsia condotta al terzo e al settimo giorno non si sono osservati

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coinvolgimenti importanti degli organi adiacenti, in particolare il cuore, il pericardio e il diaframma. Le principali arterie e vene polmonari sono rimaste conservate; erano assenti i segni di trombosi o danno parietale. Il diametro medio massimo delle regioni sottoposte a trattamento misurato all'esame anatomopatologico è stato di 12.1 mm +/-3.2 nel gruppo A e 14.8mm +/- 4.9 nel gruppo B(p=0.2). L'esame microscopico delle zone ablase non ha evidenziato particolari differenze fra le due tecniche: si è descritto edema, necrosi settale, emorragia e infiltrato linfocitario periferico (Fig.5-6). Le caratteristiche e l' aspetto dell' organizzazione delle lesioni erano simili al terzo e al settimo giorno nei due gruppi. L'unica differenza consisteva nella trombosi dei piccoli vasi perilesionali,che era molto più intensa ed estesa nel gruppo A (fig.8) piuttosto che nel gruppo B (Fig. 7).

RFA

MWA

Fig.1 Fig.2

W

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Cool-Fig.3 Fig.4

Fig.5 Fig.6

Fig.7 Fig.8

Fig.1: dispositivo per la termoablazione a RF.Modello cool-tip Fig.2: prototipo per la termoablazione a MW

Fig.3: TC successiva alla procedura a RF Fig.4: TC successiva alla procedura a MW Fig.5: RF: colorazione con ematossilina-eosina

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Fig.6: MW: colorazione con ematossilina-eosina Fig.7: segni di scarsa/assente trombosi nella RFA Fig.8: trombosi massiva nella MWA

DISCUSSIONE

Il tumore del polmone è la neoplasia più frequente al mondo per incidenza e è la più frequente causa di morte per cancro nell'uomo e nella donna [18,19,52]. Stime del 2002 (OMS) registrano che il tumore del polmone causa un milione di morti l'anno nel mondo rispetto ai 6 milioni di decessi globali per cancro. Il tumore del polmone è il tipo di neoplasia più frequente nell'uomo,e è al secondo posto nella donna dopo il carcinoma della mammella, ma è in aumento in questo sesso [53]. Dal 1992 al 1998 la mortalità da carcinoma polmonare è diminuita significativamente nell’ uomo (1.9%/anno) mentre continua ad aumentare seppur lentamente (0.8%/anno) nelle donne [54]. La sopravvivenza globale a 5 aa è minore del 15%,e alla diagnosi i tre quarti dei casi non è operabile chirurgicamente. Secondo stime rilevate dal National Cancer Institute (USA) tra il 1974 e il 1998 la sopravvivenza a 5 anni nei pazienti NSCLC allo stadio Ia era del 60%, Ib 38%, IIa 34%, IIb 22%, IIIa 13-9%, IIIb 7-3%, IV 1%. La sopravvivenza a 5 anni nel microcitoma (SCLC) era per la malattia limitata del 10-20% e per la malattia estesa del 3-5%. Il picco di incidenza è fra la V e la VII decade. Il rapporto maschi/femmine è di 4/1 in Italia e 1/1 negli USA. I

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fattori di rischio sono rappresentati dal fumo di sigaretta (che è il principale fdr), dal sesso (le donne a parità di esposizione al fumo sono più suscettibili), fumo passivo (responsabile del 25% dei tumori polmonari), predisposizione genetica, esposizione ambientale a tossici e inquinanti (catrame,asbesto..ecc.), carenza vitamina C e E, BPCO [53]. Istologicamente distinguiamo il Carcinoma non a piccole cellule (NSCLC),il più frequente (80% dei casi totali) e il Carcinoma a piccole cellule o microcitoma (SCLC, 20% dei casi totali). L'NSCLC deriva dall'epitelio broncoalveolare e è suddiviso a sua volta in tre sottotipi: l'adenocarcinoma (40% dei casi totali),più frequente nelle donne e nei non fumatori,solitamente periferico; il carcinoma squamoso (30% dei casi totali), tipico dei grossi bronchi e correlato strettamente al fumo;e il carcinoma indifferenziato a grandi cellule (20-25% dei casi totali). Il microcitoma (10% dei casi totali) deriva dal sistema APUD,è correlato nel 99% dei casi al fumo,è molto aggressivo localmente e a distanza, e anche se risponde maggiormente rispetto all'NSCLC alla chemioterapia, è meno curabile [54]. La

diagnosi si fa con anamnesi, EO, citologia dell'espettorato, rx torace, CT torace,

fibrobroncoscopia, biopsia transparietale, mediastinoscopia ,mediastinotomia ,videochirurgia. La stadiazione si fa per il parametro T con rx torace, CT torace, broncoscopia, e altre indagini non routinarie: RMN, toracentesi, ecografia endobronchiale, PET. Per la valutazione del parametro N si impiegano tecniche sia non invasive (CT torace, PET, ecografia endobronchiale ,RMN) che invasive (agoaspirato endobronchiale, agoaspirato percutaneo, agoaspirato ecoguidato transesofageo, mediastinoscopia, mediastinotomia, videochirurgia). Per il parametro

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M si utilizzano la valutazione clinica,parametri di laboratorio (emocromo , fx epatica, fx renale, gamma-GT, ALP, ALP, AST, LDH, NSE…) e metodiche di imaging come ecografia addome, CT o RMN addome e encefalo, scintigrafia ossea, PET [53]. La terapia dell' NSCLC disponibile prima dello sviluppo delle tecniche di termoablazione era così organizzata:

STADIO I e II:(T1-T2N0M0,T1N1MO,T2N1M0,T3N0M0):chirurgia. Si può associare chemioterapia neoadiuvante e/o adiuvante.

STADIO IIIa (T1-T3N3M0,T3N1M0):chemio neo/adiuvante, chirurgia, radioterapia. STADIO IIIb (T1-T4N3MO,T3N2M0,T4):chemio e radioterapia

STADIO IV (M1): chemio o solo interventi di palliazione.

Per la terapia del microcitoma la malattia si distingue in limitata/estesa: per limitata si intende una patologia inclusa in un emitorace,comprendendo anche il mediastino omolaterale, l’ ilo controlaterale, i linfonodi sovraclaveari omolaterali e il versamento pleurico omolaterale. La malattia estesa corrisponde in tutti i casi a metastasi a distanza. La chemioterapia è il trattamento cardine. In caso di malattia limitata si può ancora pensare di offrire una possibilità di guarigione,si può fare quindi polichemioterapia in associazione con radioterapia combinata e RCI (panirradiazione dell'encefalo). Nella malattia estesa la finalità del trattamento è la palliazione. Sono disponibili diverse associazioni farmacologiche di prima e seconda linea [53].

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La resezione chirurgica è il trattamento di scelta dei tumori non a piccole cellule (NSCLC) diagnosticati ai primi stadi. Questi pazienti possono comunque non essere candidati alla chirurgia per la compresenza di BPCO o di altre patologie [20-22].Inoltre i NSCLC tendono a recidivare dopo una resezione apparentemente risolutiva [23].Grazie all'esteso impiego della CT i piccoli noduli carcinomatosi (diametro < 3cm) sono oggi diagnosticati più frequentemente [18-19-24-25]. I protocolli terapeutici che prevedono la chemioterapia e la radioterapia si applicano ai pazienti non operabili,ma che per le discrete condizioni generali possono giovarsi di questi trattamenti e sperare in una migliore qualità di vita e maggiore sopravvivenza [22-26]. Il polmone è anche la seconda sede più frequente delle metastasi: c'è un'ampia documentazione che confronta i vantaggi in termini di sopravvivenza dei pazienti affetti da metastasi al polmone trattati con la chirurgia rispetto ai pazienti non resecati [27,28]. Comunque la chirurgia è spesso preclusa a causa del numero e della localizzazione delle metastasi. Inoltre l'elevato rischio di recidiva e la necessità di rimuovere tessuto sano assieme alle lesioni metastatiche diminuiscono ulteriormente l'indicazione alla chirurgia [29]. In questi casi l'alternativa terapeutica è offerta dalla radioterapia e dalla chemioterapia;due opzioni che possono arrecare gravi sequele locali e sistemiche e che offrono basse speranze di guarigione definitiva [30]. Quindi si ricercano nuove modalità di trattamento che possano essere meno invasive ma comunque efficaci. La termoablazione percutanea a RF è al momento attuale la metodica più diffusa nel campo della pneumologia oncologica, grazie alla sua efficacia, sicurezza e relativa facilità d'uso. Grazie alla sua capacità di produrre in

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modo controllato notevoli volumi di necrosi coagulativa, questa tecnica ha ottenuto il consenso per la sua introduzione nei protocolli di trattamento dei tumori maligni non resecabili [1,3,31]. Recentemente la ricerca si è focalizzata sull'applicazione clinica della ablazione a RF nel trattamento delle neoplasie polmonari [32,36]. Lencioni et al [37] hanno riportato i risultati preliminari di un trial multicentrico in cui erano stati trattati 106 pazienti con 186 noduli neoplastici di diametro inferiore ai 3.5cm. La diagnosi includeva NSCLC in 33 pazienti, metastasi da carcinoma colon retto in 53 pazienti e metastasi da altri tumori primitivi in 20 pazienti. La completa ablazione del tumore macroscopico come mostrato da una CT effettuata 3 mesi dopo si era ottenuta in 173 casi su 186 (tasso di efficacia del 93%).La sopravvivenza a 1 e 2 anni dall'intervento è stata rispettivamente del 69% e 49% nei pazienti con NSCLC,e 86% e 62% nei pazienti con metastasi da carcinoma colon retto. La sopravvivenza cancro-specifica è a 1 e 2 anni rispettivamente del 91%e 91% nei pazienti con NSCLC e 88%e 72% nei pazienti con metastasi da carcinoma colon retto.

La termoablazione sfrutta l’effetto necrotizzante esercitato dal calore sui tessuti biologici. é noto infatti che temperature maggiori di 43-45°C provocano un danno reversibile degli enzimi cellulari, che diviene irreversibile per tempi di esposizione superiori ai 25 minuti. L’entità della lesione è tanto più evidente nei tessuti a elevata proliferazione come i tessuti neoplastici. Temperature superiori ai 60°causano in pochi minuti la necrosi coagulativa dei tessuti, mentre temperature superiori ai 100°C provocano fenomeni di evaporazione e successiva carbonizzazione. L’ipertermia può

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essere indotta mediante diverse fonti: la RF,le MW e il laser. Le onde a RF comprendono una banda di radiazione elettromagnetica suddivisa in onde a bassa freq. (<300Khz), a media freq. (<3Mhz), a alta freq. (<300Mhz) e le microonde(900-2450Mhz). Si utilizzano generatori di onde di frequenza di 480-500Khz. In un circuito elementare monopolare l’elettrodo attivo è costituito dall’estremità dell’ago posto all’interno della lesione e l’elettrodo dispersivo dalle piastre di scarico poste sulla coscia del paziente. La punta determina il passaggio di una corrente alternata al tessuto circostante con agitazione ionica e conseguente riscaldamento. Gli aghi utilizzati hanno un diametro di 1,2mm [55]. Una limitazione della termoablazione a RF è data dal diametro relativamente piccolo della zona che subisce un riscaldamento attivo creato dall'agitazione ionica (nell'ordine di pochi millimetri)[12].Fattori che influiscono sul diametro della lesione sono correlati all’ago (diametro,lunghezza della punta esposta), alla durata dell’ applicazione di energia, al tipo di ago (elettrodi multipli, elettrodi bipolari, che hanno però lo svantaggio di creare aree di necrosi di forma ellittica non ricalcando la tipica forma del tumore; aghi provvisti di uncini espansibili,o di tre aghi coassiali -i cluster- ,distanziati 5 mm l’uno dall’altro), alla presenza/assenza di acqua che aumenta la conducibilità elettrica e termica, all’heat sink effect provocato dal flusso sanguigno locale, e alla presenza di carbonizzazione, fattore negativo che riduce la deposizione di energia [55]. Il riscaldamento del tessuto a contatto con l’ago è diretto e definito attivo, ma nelle zone immediatamente limitrofe esso dipende dalla conduzione termica, che diminuisce esponenzialmente man mano che ci allontaniamo dalla sorgente elettrica. Questo provoca una eccessiva

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dissipazione di energia in calore, specialmente sull'interfaccia tessuto/vaso dove il flusso di sangue protegge termicamente il tessuto perivascolare e la neoplasia [38]. Una necrosi ottimale si ottiene con temperature comprese fra i 70°C e i 95°C,mentre quando la temperatura raggiunge i 100 C° e si crea vaporizzazione,l'aumento dell'impedenza ostacola l'ulteriore deposizione di energia [55-11]. Se si sviluppa carbonizzazione tale riduzione di apporto di energia diventa ancora più marcato in quanto l'escara che si forma funge da isolante attorno all'elettrodo. Per minimizzare questo effetto sono stati inventati e utilizzati diversi algoritmi di deposizione di energia e diversi tipi di elettrodi [39-41]. L’ablazione a MW sembra offrire molti vantaggi, superando alcune limitazioni dell’ ablazione a RF. La radiazione MW occupa quello spettro di onde elettromagnetiche con frequenza compresa fra 900 e 2450 Hz. Le molecole d’acqua sono polarizzate;ciò significa che le cariche elettriche sulla molecola non sono simmetriche. Per le intrinseche proprietà degli atomi che la compongono,il lato dove si trova l’idrogeno ha carica positiva mentre il lato dove si trova l’ossigeno ha carica negativa [42]. Anche la radiazione elettromagnetica ha una carica elettrica: viene rappresentata come un’onda oscillante che alterna costantemente carica + e -. Per una microonda con frequenza 9.2 x 108 Hz, il cambiamento di segno di carica avviene circa due bilioni di volte al secondo. Quando una siffatta radiazione interagisce con una molecola d’acqua, ne causa una polarizzazione. Nella termoablazione a MW, si utilizzano onde che abbiano una frequenza allineata con quella naturale delle molecole d’acqua. Esse subiranno quindi un cambiamento di posizione nello spazio a una frequenza di 2-5 bilioni di volte al

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secondo. La temperatura è un indice della velocità del movimento delle molecole, che a loro volta aumenta la temperatura dell’acqua stessa. Quindi le MW scaldano attraverso l’agitazione delle molecole d’acqua le molecole del tessuto circostante provocando frizione e produzione di calore, e inducendo la morte cellulare con necrosi coagulativa[42]. La letteratura è scarna, e riguarda soprattutto gli effetti nel tessuto provocati dalle MW, nonostante una storia del loro impiego relativamente lunga cominciata nel 1979 [43]. Risulta interessante il fatto che l’ablazione a MW sia meno dipendente dal flusso di sangue rispetto all’ ablazione a RF,nella quale la maggior parte del riscaldamento è legato alla conduzione termica, che determina il cosiddetto “heat sink effect” da parte del locale flusso sanguigno [38]. D’altra parte, poiché l’ampiezza della lesione dipende dalla lunghezza d’ onda dell’ energia applicata, l’ ablazione a MW provoca lo sviluppo di un’ area di danno più estesa [44-45].

Un recente studio che ha confrontato l’ablazione a RF con quella a MW nel fegato di maiale ha riportato che il diametro di necrosi nella prima è stata ridotto del 26% dalla presenza di flusso sanguigno locale, contro una riduzione del 4% nel secondo gruppo [46].

Sicuramente la RF può generare larghe zone di ablazione grazie all’impiego di diversi tipi di aghi, come gli elettrodi cluster ,gli elettrodi a perfusione, gli elettrodi espandibili. Similmente anche le microonde possono creare larghe zone di ablazione con sonde ampie o multiple. Recentemente è stato messo a punto un prototipo di ago per la ablazione a MW a forma di anello, che sembrerebbe più efficace a trattare le

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neoplasie epatiche nelle cavie. Questa innovazione riesce a provocare una necrosi del tessuto e dei vasi nell’interfaccia sonda/tessuto, creando un’area di lesione circolare che ricalca quella del tumore. Inoltre i vasi all’interno dell’interfaccia di ablazione/tumore non hanno dimostrato la presenza di cellule vitali. La forma della lesione non è stata distorta dalla prossimità dei vasi. Il vantaggio di questa tecnica consiste nella possibilità di circondare il tumore, rilasciare una grande quantità di energia sotto forma di MW sotto stretto controllo e di risparmiare il fegato normale al di fuori dell’anello [47]. In molti riportano i successi nel trattamento con MW dell’epatocarcinoma e delle metastasi epatiche del colon retto [48-51].

Alla luce delle conoscenze attuali non esistono studi clinici in letteratura, riguardanti l’uso terapeutico della ablazione a MW nel tumore del polmone. Esistono poche pubblicazioni di dati sperimentali riguardanti la dimensione attesa della lesione, la qualità e i cambiamenti patologici del tessuto polmonare nella ablazione a MW. Uno studio sperimentale nel normale polmone di cane ha dimostrato che la temperatura nel parenchima polmonare è giunta a 90-1000C a 5mm di distanza dall’elettrodo dopo 60 secondi e a 70-800C a 10mm dopo 90 secondi con erogazione di 40-60W di potenza. L’area di necrosi coagulativa aveva un diametro di 20mm. I ricercatori hanno concluso che la condizione ottimale per una ablazione a MW effettuabile clinicamente è di 40-60W per 3-4 minuti. L’istopatologia ha mostrato la degenerazione necrotica, l’addensamento di fibre collagene e l’esfoliazione e l’ulcerazione dell’epitelio bronchiale circostante l’elettrodo [52].

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Lo studio esposto in questa tesi è stato condotto per valutare la praticabilità, la sicurezza e l’efficacia dell’ablazione a MW nel modello animale. È stato fatto un confronto con la più usata e conosciuta tecnica alternativa, cioè l’ablazione a RF. In teoria il polmone dovrebbe essere adatto alla ablazione RF e/o a MW, poiché l’aria contenuta nel parenchima procura un effetto isolante, facilitando la concentrazione di energia nella zona voluta. Infatti non si può generare riscaldamento da fonte elettrica in presenza di aria, perciò il danno alla neoplasia può essere ottenuto preservando il più possibile il parenchima sano circostante,che è normalmente ventilato.

La fattibilità e la sicurezza delle due procedure sono risultate simili in questo studio. L’operazione è stata portata a termine in 9 casi su 10 in entrambi i gruppi. Il decesso nel caso del gruppo A è avvenuto per stress anestesiologico e nel gruppo B per grave pneumotorace. Un massivo emotorace evidenziato nel post-operatorio tramite scanning TC è stato responsabile di un altro successo avvenuto 24h dopo la procedura. La percentuale di comparsa di pneumotorace è uguale in entrambi i gruppi (4 casi su 10), ma solo in un caso del gruppo B la gravità è stata tale da richiedere un drenaggio. Gli altri casi di pneumotorace sono stati lievi e non sono stati trattati. Anche l’incidenza di ascesso nei due gruppi è analoga (1 caso per gruppo).

L’ustione della parete toracica si è osservata solo nel gruppo A, in 4 casi su 10. La zona cutanea lesa è stata individuata nel punto di entrata dell’ago, dove durante la procedura la pelle è stata riscaldata dall’ago e dal cavo. Una possibile spiegazione può essere data dalla valutazione retrospettiva dell’iniziale posizionamento dell’ago alla TC. Si è visto che l’estremità prossimale della punta esposta è stata

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probabilmente in contatto con la parete toracica causandone il danneggiamento. Un’altra possibile spiegazione è che il riscaldamento non era concentrato alla punta dell’ ago. Questo può dipendere dal fatto che il sistema di ablazione a MW è ancora un prototipo e necessita miglioramenti. Comunque l’autopsia non ha rilevato danni severi agli organi adiacenti e i vasi arteriosi e venosi sono stati preservati con assenza di segni di trombosi e danno parietale. Alle immagini TC ricavate nell’immediato post-operatorio le caratteristiche delle zone sottoposte ad ablazione con MW e RF sono risultate indistinguibili e il loro diametro massimo medio non è risultato significativamente differente. Deve essere però considerato che la punta esposta dei due elettrodi non era identica essendo di 1,6 cm per l’ago MW e 2 cm per l’ago RF.. Ciò potrebbe significare che le MW siano in grado di ottenere un’area di ablazione lievemente maggiore se confrontata con quella ottenuta dalla RF. Il diametro medio massimo delle zone sottoposte ad ablazione è risultato simile nelle due procedure alla misurazione effettuata direttamente sull’organo durante l’esame anatomopatologico essendo di 12,1 +/- 3,2 mm e 14,8 +/- 4,9 mm rispettivamente per la ablazione a MW e a RF. Queste misure comunque non corrispondevano a quelle ottenute alla TC subito dopo la procedura, in quanto queste ultime risultavano maggiori: 18,8 +/- 5,4 mm nel gruppo A e 20,4 +/- 4 mm nel gruppo B. Si potrebbe spiegare questa discordanza supponendo che alle immagini TC si siano incluse all’interno della misurazione sia le aree di necrosi che di soffusione emorragica perilesionale. Al terzo e al settimo giorno dalla procedura, al momento del sacrificio delle cavie, questo fenomeno è risultato diminuito e all’esame diretto del campione patologico è stato

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facile distinguere la zona necrotica dalla periferia contenente la soffusione emorragica. All’esame istopatologico le caratteristiche delle aree danneggiate si sono mostrate simili: sia nel gruppo A che nel gruppo B infatti si è notata necrosi settale, edema emorragico e infiltrato linfocitario periferico. Non si sono riscontrate particolari differenze nei campioni anatomopatologici ricavati al terzo e al settimo giorno. La trombosi dei piccoli vasi attorno alla zona di ablazione era ampia nel gruppo A e focale nel gruppo B. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che la zona di riscaldamento attivo responsabile della trombosi è molto più estesa nella tecnica di ablazione a MW piuttosto che in quella a RF. Un’altra interpretazione è che l’elevata temperatura localmente ottenuta con le MW potrebbe superare l’effetto di raffreddamento del flusso sanguigno locale. L’effetto sui vasi perilesionali e la possibilità di usare simultaneamente aghi multipli rendono l’ablazione a MW una promettente alternativa alle normali tecniche di ablazione oggi disponibili. Se la recidiva locale del tumore è dovuta alla sopravvivenza di cellule maligne vicino ai vasi, l’ablazione a MW potrebbe risultare efficace nel contrastarla. La dimostrazione della possibilità di distruggere con l’ablazione a MW larghe aree del parenchima polmonare situate in prossimità di un vaso principale, potrebbe aumentarne l’impiego clinico e permetterebbe di ottenere successi terapeutici nei casi in cui l’ablazione a RF fallisce. La stima di un danno precoce/tardivo ai vasi arteriosi e venosi perilesionali è cruciale nella prevenzione di gravi complicanze. Sarebbe necessario un altro studio sperimentale che miri a valutare l’efficacia e la sicurezza dell’ ablazione a

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MW quando compiuta vicino a rami maggiori di divisione vascolare e bronchiale per stimare la presenza/ assenza/ entità dell’heat sink effect

.In conclusione ciò che emerge da questo studio condotto sul coniglio è che la fattibilità e la sicurezza delle tecniche di ablazione a MW e a RF sono simili. L’ablazione a MW crea un maggiore danno ai piccoli vasi circostanti inducendo trombosi. La capacità dimostrata dalla ablazione a MW di distruggere il tessuto polmonare è clinicamente rilevante e potrebbe permettere di prevedere un margine di sicurezza di ablazione attorno alla neoplasia,che aumenterebbe le speranze di successo della terapia. Questi dati rappresentano un buon terreno di partenza per studi futuri concentrati sulla possibilità di trattare aree vicine ai grandi vasi ,situate nelle zone centrali del polmone. Ciò potrebbe ampliare le indicazioni a questo tipo di terapia e della percentuale di successo nei pazienti non trattabili con l’ ablazione a RF. Ulteriori confronti sperimentali fra l’ablazione a MW e l’ablazione a RF potranno porre luce sulle rispettive indicazioni/controindicazioni nell’impiego clinico.

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