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Analisi idrologica-idraulica e interventi di sistemazione del bacino di Fosso delle Cavine

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Academic year: 2021

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(1)

INTRODUZIONE

La presente tesi di laurea, proposta dal Consorzio 1 Toscana Nord, nasce dalla necessità di studiare la situazione del Fosso delle Cavine a seguito di episodi storicamente rilevanti, relativamente a diverse criticità dovute a piene con tempi di ritorno anche molto bassi. Questo lavoro si pone come obiettivo lo studio idrologico della situazione attuale, in modo da determinare le portate defluenti attraverso le sezioni in esame per i vari tempi di ritorno e nel caso in cui, come verificato in seguito, queste risultino insufficienti, si provvederà allo studio delle possibili soluzioni progettuali e alla determinazione della migliore tra di esse, che permetta di realizzare una sistemazione idraulica della zona. Le fasi del lavoro sono:

• Raccolta dei dati geomorfologici dell'area di studio e dei corsi d’acqua che vi si trovano;

• Studio idrologico del bacino per determinare la portate trentennali e duecentennali dei vari rami della rete idrologica;

• Modellazione idraulica per individuare la massima portata che può defluire nella situazione attuale senza dar luogo a esondazioni;

(2)

Sommario

1 CARATTERISTICHE GENERALI DEL BACINO ... 5

1.1 Inquadramento Territoriale ... 5

1.2 Descrizione della rete idrografica e del bacino imbrifero ... 7

1.2.1 La rete ... 7

1.2.2 Il bacino ... 9

1.3 Rilievo sezioni d’alveo ... 10

1.4 Problematiche del bacino ... 13

1.4.1 Pericolosità ... 13

1.4.2 Rischio ... 14

2 STUDIO IDROLOGICO ... 18

2.1 Premessa ... 18

2.2 Individuazione dei sottobacini e loro caratteristiche ... 20

2.3 Definizione degli afflussi meteorici, Curve di possibilità pluviometrica ... 21

2.4 Determinazione dello ietogramma di progetto ... 25

2.5 Perdite Idrologiche... 27

2.5.1 Determinazione dell’altezza di pioggia netta con il metodo CN ... 28

2.6 Trasformazione afflussi-deflussi ... 34

2.6.1 Metodo dell’idrogramma unitario istantaneo (IUH)... 35

2.7 Idrogramma unitario del Soil Conservation Service (IUH - SCS) ... 36

2.8 Propagazione dell’onda di piena ... 39

2.8.1 Metodo di Muskingum ... 39

2.8.2 Metodo di Muskingum – Cunge ... 40

2.8.3 Scelta del metodo di propagazione dei deflussi ... 41

(3)

2.9.1 Relazioni matematiche... 42

2.9.2 Modelli matematici ... 44

2.10 Modelli semi-distribuiti ... 45

2.11 Utilizzo del programma HEC-HMS ... 48

2.11.1 Basin model ... 50

2.11.2 Meteorologic Models ... 51

2.11.3 Control Specification ... 52

2.11.4 Time-Series data ... 53

2.11.5 Valori introdotti per ogni sottobacino ... 55

2.11.6 Risultati ... 56

3 ANALISI IDRAULICA ... 65

3.1 Introduzione ... 65

3.1.1 Dati idrologici ... 65

3.1.2 Idrogrammi di piena di progetto ... 66

3.2 Software HEC-RAS ... 68

3.2.1 Ipotesi di calcolo ... 68

3.2.2 Modello di moto vario ... 69

3.2.3 Coefficienti di espansione e contrazione ... 70

3.2.4 Dati del moto ... 74

3.3 Modello idraulico dello stato attuale ... 76

3.3.1 Geometria del modello ... 76

3.3.2 Regime di deflusso ... 83

3.4 Risultati delle verifiche idrauliche ... 84

3.4.1 Fosso delle Cavine – 1° tratto ... 85

3.4.2 Fosso delle Cavine – 2° tratto ... 87

(4)

3.5 Interventi proposti ... 91

3.5.1 Interventi sulla sezione di deflusso e sulla pendenza d’alveo ... 92

3.5.2 Interventi sulla scabrezza d’alveo ... 93

3.5.3 Casse di espansione ... 94

3.6 Modello idraulico dello stato di progetto ... 101

3.6.1 Risagomature ... 101

3.6.2 Casse di espansione ... 102

3.7 Risultati delle simulazioni ... 108

3.7.1 Fosso delle Cavine – 1° tratto ... 108

3.7.2 Fosso delle Cavine – 2° tratto ... 114

3.7.3 Solco di Nertola ... 118

3.8 Verifica del sistema ... 120

3.8.1 Cassa Solco di Nertola ... 122

3.8.2 Cassa Fosso delle Cavine... 125

4 STUDIO DELLE OPERE PREVISTE ... 128

4.1 Opere idrauliche a servizio delle casse di espansione ... 128

4.2 Terre armate ... 129

4.3 Rivestimenti ... 133

4.4 Influenza della vegetazione sulle sponde ... 135

5 CONCLUSIONI ... 137

INDICE DELLE FIGURE ... 138

BIBLIOGRAFIA ... 142

SITOGRAFIA ... 143

(5)

1 CARATTERISTICHE GENERALI DEL BACINO

1.1 I

NQUADRAMENTO

T

ERRITORIALE

Per lo svolgimento della presente tesi di laurea si è ritenuto opportuno realizzare uno studio d’insieme dell’intero bacino del Fosso delle Cavine. Questo bacino si trova in Toscana nel comune di Lucca a circa 7 km ad ovest dal centro storico.

Il fosso delle Cavine è un corso d’acqua che nasce nelle propaggini meridionali dei monti d’Oltreserchio; dopo aver percorso una prima parte collinare, il rio si stabilizza entrando nell’abitato di Balbano per poi immettersi nel rio di Nozzano e andare a sfociare nel Serchio in località Ripafratta.

L’alveo di scorrimento è artificiale, normalmente realizzato in terra ed a sezione trapezia. Il volume di deflusso è stato sfruttato prevalentemente per uso irriguo.

(6)

Come già detto il corso d’acqua è caratterizzato da una forte pendenza nel suo tratto iniziale, con un valore medio del 18%. Il Fosso delle Cavine nel suo sviluppo da sud a nord riceve l’afflusso esclusivamente da piccoli torrenti montani; il primo vero affluente lo riceve alla fine del tratto collinare ad opera del rio Batano; dopodiché il fosso svolta ad est e, proseguendo al limitare tra zona collinare e zona pianeggiante, prima di entrare in località Pratacci, riceve l’afflusso del torrente Fontana; successivamente, prima di entrare in località Castiglioncello, dove l’alveo viene regolarizzato con la sua forma trapezia/rettangolare che manterrà fino alla fine, riceve l’afflusso del Solco di Nertola, affluente maggiore di tutto il reticolo.

Da qui il Fosso delle Cavine non riceve alcune contributo per effetto delle arginature fino a che, uscendo dall’abitato di Balbano, non riceverà il rio Castiglioncello, suo ultimo affluente di una certa entità prima di sfociare nel rio Dogaia e poi conclusivamente nel Serchio.

L’area oggetto di studio risulta di competenza del Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord che si è recentemente sostituito agli ex Consorzi di Bonifica Versilia - Massaciuccoli e Auser - Bientina (L. R. 27 dicembre 2012, n. 79, Nuova disciplina in materia di Consorzi di Bonifica. Modifiche alla L.R. 69/2008 e alla L.R. 91/1998. Abrogazione della L.R. 34/1994 con il CAPO II – Organizzazione del territorio ha definito i nuovi comprensori di gestione.

(7)

1.2 D

ESCRIZIONE DELLA RETE IDROGRAFICA E DEL BACINO IMBRIFERO

1.2.1 La rete

Per andare ad effettuare uno studio d’insieme si è ritenuto necessario, come detto, studiare la totalità della rete idrografica di cui fa parte il Fosso delle Cavine oggetto di studio. Il reticolo si presenta gerarchizzato, con il Fosso delle Cavine come rio principale con medi corsi d’acqua che confluiscono in esso. Tutti i corsi d’acqua hanno un alveo inizialmente naturale nelle loro zone sorgive, per poi divenire artificiale nelle zone pianeggianti, la maggior parte dei quali di sezione trapezia. Nel tratto terminale di Fosso delle Cavine è presente un sistema di chiuse (Cateratte), con un impianto di pompe idrovore che immette le portate in arrivo nel fiume Serchio.

(8)

Tutto il reticolo idraulico della zona oggetto di studio è visibile nella foto seguente:

• Fosso delle Cavine (4375 m) • Rio di Batano (1253 m) • Rio Fontana (1282 m) • Solco di Nertola (3051 m) • Rio di Castiglioncello (1132 m)

(9)

1.2.2 Il bacino

Il bacino imbrifero di una determinata sezione è quella superficie su cui cadono le acque meteoriche che contribuiscono al deflusso liquido attraverso tale sezione. L’intero bacino di un corso d’acqua (bacino relativo alla sezione terminale) è delimitato da una linea detta spartiacque o di displuvio, che separa la superficie le cui acque piovane alimentano il corso d’acqua stesso dalla superficie le cui acque piovane contribuiscono al deflusso di altri corsi d’acqua. L’intero bacino del Fosso delle Cavine ha una superficie di 6,83 km². Il bacino è quasi completamente collinare e caratterizzato quasi completamente da boschi, nella parte nord si hanno le maggiori quote con punte di 390 m.s.l.; le sole zone pianeggianti si trovano nei pressi di Balbano e Castiglioncello, zone adibite prevalentemente a colture.

(10)

1.3

R

ILIEVO SEZIONI D

ALVEO

Nel presente lavoro di tesi, non essendo disponibile nessun rilievo topografico effettuato sul campo della zona in esame, si è fatto uso del modello digitale del terreno (DTM) ottenuto dal rilievo con tecnologia LIDAR, disponibile sul portale GEOscopio della Regione Toscana.

LIDAR (Light Detection and Ranging; o Laser Imaging Detection and Ranging) è una tecnica di telerilevamento che permette di determinare la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser. Consiste quindi in una scansione laser eseguita da un aeromobile, il cui risultato è una serie di punti distanti circa 50-70-100 cm gli uni dagli altri caratterizzati dalla quota altimetrica oltre ad essere georeferenziati. Esistono due tipi di formati con il quale il dato può essere trattato e filtrato:

• DSM. Viene preso il dato così com’è e quindi nella misurazione della quota si tiene conto della copertura del terreno;

• DTM. Permette di ricostruire le superfici e la morfologia del terreno escludendo dal dato tutti gli elementi di “disturbo” (strade, ponti, edifici, copertura boschiva, ecc…).

(11)

Una volta ottenuto il raster, e averlo importato su Qgis attraverso il plugin “Station Lines”, sono state ottenute, inserendo il layer del tratto di fiume in esame e altri campi visualizzabili nell’immagine seguente, le sezioni ricercate.

Figura 1-7 - Raster dell'ipotetica illuminazione della superficie di studio (Hillshade)

(12)

Inoltre, attraverso il plugin “Terrain Profile”, è possibile visualizzare l’andamento altimetrico delle sezioni appena trovate.

Figura 1-9 - Ortofoto della zona denominata Castiglioncello con veduta planimetrica delle sezioni ricavate

(13)

In ultima analisi, utilizzando un terzo plugin denominato “Q-RAS” è stato possibile esportare i vari rii e le varie sezioni su HEC-RAS di cui parleremo più diffusamente in seguito.

1.4 P

ROBLEMATICHE DEL BACINO

Per determinare le problematiche che riguardano il bacino in studio si è preso in considerazione il “Piano di gestione del rischio di alluvioni”. In particolare si sono analizzate le mappe della pericolosità e del rischio realizzate in attuazione alla direttiva Alluvioni 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione del rischio di alluvioni, recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto Legislativo 23 Febbraio 2010 nº 49.

1.4.1 Pericolosità

Nella mappa di pericolosità sono rappresentate le aree potenzialmente interessate da alluvioni secondo gli scenari prestabiliti dal D. Lgs. 49/2010 art.6 e in accordo con le procedure di omogeneizzazione indicate negli indirizzi operativi (MATTM, 2013), secondo cui gli scenari considerati sono classificati come segue:

• 20 < T < 50 anni: (alluvioni FREQUENTI – elevata probabilità di accadimento. Pericolosità P3);

• 100 < T < 200 anni: (alluvioni POCO FREQUENTI – media probabilità di accadimento. Pericolosità P2);

• 200 < T < 500 anni: (alluvioni RARE DI ESTREMA INTENSITA’ – bassa probabilità di accadimento. Pericolosità P1).

(14)

Le mappe della pericolosità sono state redatte dalle rispettive Autorità di Bacino in relazione ai Piani di Assetto Idrogeologico (PAI).

1.4.2 Rischio

Le mappe del rischio di alluvioni (di cui all’art.6-comma.5 del D. Lgs. 49/2010) indicano le potenziali conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche derivanti da fenomeni di inondazione così come definiti attraverso le mappe della pericolosità redatte dalle AdB.

Come per l’analisi della pericolosità, anche in questo caso sono stati definiti “criteri comuni” fra le diverse autorità di bacino, regionali, interregionali e nazionale (Arno) per la rappresentazione delle mappe del Rischio idraulico.

(15)

Il rischio si esprime come prodotto della pericolosità e del danno potenziale in corrispondenza di un determinato evento:

𝑹 = 𝑷 · 𝑫𝒑

Dove:

P (pericolosità): probabilità di accadimento, all’interno di una certa area e in un certo

intervallo di tempo, di un fenomeno naturale di assegnata intensità;

Dp (danno potenziale): grado di perdita prevedibile a seguito di un fenomeno naturale

di data intensità che si assume pari al prodotto del valore dei beni esposti per la loro vulnerabilità:

𝑫𝒑 = E · V

Dove:

E (elementi esposti): persone e/o beni (abitazioni, strutture, infrastrutture, ecc.) e/o

attività (economiche, sociali, ecc.) esposte ad un evento naturale;

V (vulnerabilità): grado di capacità (o incapacità) di un sistema/elemento a resistere

all’evento naturale;

R (rischio): numero atteso di vittime, persone ferite, danni a proprietà, beni culturali e

ambientali, distruzione o interruzione di attività economiche, in conseguenza di un fenomeno naturale di assegnata intensità. Il rischio R può perciò essere anche così scritto:

(16)

Per la redazione della mappa del rischio si sono incrociati i tre livelli di pericolosità (P3, P2, P1) e i quattro livelli di danno potenziale (D4, D3, D2, D1), individuando così quattro livelli di Rischio conseguenti R4, R3, R2 e R1:

R4 (rischio molto elevato): per il quale sono possibili perdita di vite umane e lesioni

gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche.

R3 (rischio elevato): per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone,

danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l’interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni relativi al patrimonio ambientale;

R2 (rischio medio): per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture

e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;

R1 (rischio moderato o nullo): per il quale i danni sociali, economici ed al patrimonio

ambientale sono trascurabili o nulli.

Di seguito si riporta la matrice per l’individuazione delle classi di Rischio (MATTM, 2013):

(17)

Si vede che le problematiche iniziano in modo modesto alla confluenza tra rio Batano e Fosso delle Cavine, per poi aumentare lungo il corso di quest’ultimo fino ad arrivare ad un rischio 4 vicino alla confluenza con il rio Castiglioncello. Da notare come anche i tratti terminali del Solco di Nertola, del rio Fontana e del rio Castiglioncello siano interessati da un rischio medio.

In special modo sarà quindi necessario verificare l’adeguatezza delle sezioni in prossimità di queste zone al contenimento sia delle portate trentennali che di quelle duecentennali; se queste non saranno sufficienti verranno studiati appositi interventi per raggiungere tale obiettivo quanto meno per quelle trentennali.

(18)

2 STUDIO IDROLOGICO

2.1

P

REMESSA

Lo studio idrologico è svolto al fine di determinare nei bacini in esame le portate e gli idrogrammi di piena nella sezione di chiusura e nelle sezioni particolari di ciascun corso d’acqua, provocati da eventi pluviometrici di caratteristiche note per vari tempi di ritorno.

Il calcolo suddetto si rende necessario per la progettazione del modello idraulico attraverso il quale, nel capitolo successivo, effettueremo la fase di modellazione per le verifiche idrauliche delle sezioni delle aste del reticolo idrografico oggetto di studio per la conseguente valutazione del rischio idraulico effettivo e per la progettazione di opere atte a diminuire tale rischio.

I fenomeni che danno origine ai deflussi attraverso i canali sono le precipitazioni meteoriche che vengono raccolte nei vari bacini e convogliate nei corsi d’acqua; le modalità con cui avviene questo trasferimento dipendono dalle caratteristiche geografiche, morfologiche, geologiche e di uso del suolo dei bacini stessi che, nel presente studio, sono stati schematizzati mediante il modello del Soil Conservation Service (SCS), basato sul metodo CN (Curve Number).

Considerate le dimensioni del bacino, il fenomeno fisico della trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi superficiali di entità tale da creare problemi di esondazione, riguarda un arco di tempo inferiore alle 10 ore. Per un periodo di tempo così ristretto, come approfondiremo nel corso del capitolo, senza dubbio la perdita più importante, cioè la quantità di acqua meteorica che non dà luogo a deflusso nella rete superficiale, è quella dovuta all’infiltrazione; meno importanti sono quelle che derivano dall’intercezione e dall’immagazzinamento nelle depressioni superficiali, mentre del

(19)

La stima degli idrogrammi di progetto associati ai diversi tempi di ritorno per i bacini idrografici in esame è stata eseguita mediante una modellistica idrologica afflussi- deflussi di tipo semidistribuito e considerando valida l’ipotesi che la portata defluente associata ad uno specifico tempo di ritorno sia determinata da una sollecitazione meteorica di pari probabilità di accadimento.

Per questo si è utilizzato il metodo di formazione della piena basato sull’idrogramma unitario del Soil Conservation Service (IUH-SCS) e per considerare la propagazione dell’onda di piena lungo i corsi d’acqua il metodo di Muskingum-Cunge.

Di seguito verranno analizzati i seguenti elementi:

• Definizione degli afflussi meteorici: determinazione della relazione tra altezze e durata di pioggia per un assegnato tempo di ritorno per i bacini idrografici in esame;

• Determinazione dello ietogramma di progetto: scelta della durata critica dell’evento e della distribuzione temporale delle precipitazioni;

• Stima delle perdite idrologiche: determinazione della quantità delle perdite, con la conseguente determinazione della pioggia effettiva (o pioggia netta) che rappresenta il volume di acqua che raggiunge per ruscellamento superficiale la rete di drenaggio fino alla sezione di chiusura determinando l’evento di piena.

• Propagazione dell’onda di piena: fenomeno di trasferimento dell’onda di piena lungo il corso d’acqua in modo da poter combinare correttamente e nella giusta quantità le varie onde provenienti dai vari rami della rete.

(20)

2.2

I

NDIVIDUAZIONE DEI SOTTOBACINI E LORO CARATTERISTICHE

Per individuare il bacino idrografico si è utilizzato la cartografia CTR in scala 1:2000 riportante le curve di livello a 2 m. Per ognuno dei corsi d’acqua presi in esame è stato determinato il bacino imbrifero, come visto in precedenza, in corrispondenza della sezione in cui il corso d’acqua si immette in un altro o in sezioni ritenute importanti per le varie verifiche e progettazioni effettuate. Nel caso specifico i vari sottobacini in esame sono i seguenti:

Sottobacini Area [Kmq] L max asta [Km]

Pendenza media [%]

Castiglioncello 0,4597 1,1315 17,07

Fontana 0,6756 1,2816 16,87

Fosso delle Cavine 0,7787 1,4050 17,78

Batano 1,3012 1,2533 17,18

Solco di Nertola 2,7910 3,0512 18,17

Interbacino 1 0,5802 0,9422 9,85

Interbacino 3 0,2413 1,0347 18,11

(21)

Il reticolo e i vari sottobacini sono riportati in figura:

2.3

D

EFINIZIONE DEGLI AFFLUSSI METEORICI

,

C

URVE DI POSSIBILITÀ PLUVIOMETRICA

Il primo elemento fondamentale nella creazione di un modello idrologico è costituito dalla stima degli afflussi. Per la simulazione di singoli eventi di piena (come nel caso del presente studio), è sufficiente considerare gli afflussi meteorici, trascurando quelli sotterranei.

Vanno quindi presi in esame ed elaborati i dati disponibili per tutte le stazioni pluviometriche presenti sul bacino sotteso dalla sezione A di interesse di una rete idrografica.

(22)

Per individuare quali sono le aree del bacino di competenza di ciascuna stazione pluviometrica normalmente si ricorre al metodo più semplice e di più diffusa applicazione, ovvero il metodo dei topoieti o poligoni di Thiessen, che consiste nel tracciare i segmenti che collegano una generica stazione con quelle limitrofe, tracciando poi le normali passanti per i punti di mezzo di tali segmenti, fino a che esse non si intersecano.

La legge che lega l’altezza h di pioggia alla durata t è detta curva segnalatrice di possibilità climatica o pluviometrica. Per essa sono state proposte varie equazioni, la più semplice e la più adoperata è:

ℎ = 𝑎 ∙ 𝑡𝑛

Con a e n costanti (n è sempre minore di 1, crescendo h con t con una legge meno rapida della lineare).

Sapendo che l’intensità di pioggia è data dalla relazione:

𝑖 = ℎ 𝑡

Si deduce che questa è decrescente con la durata secondo la legge:

(23)

Nel presente lavoro di tesi, si è ricorso per l’appunto alle curve di possibilità pluviometrica, e in particolar modo ai parametri “a” e “n” forniti per i vari tempi di ritorno in formato Raster, con risoluzione 1km x 1km, dal sito della regione Toscana, nella parte di difesa del suolo → Nuovi dati sulla regionalizzazione delle precipitazioni. Questi sono stati ottenuti nell’attività di ricerca per la mitigazione del rischio idraulico della Regione Toscana nel lavoro di “Analisi di frequenza regionale delle precipitazioni estreme” realizzato nell’ambito dell’Accordo di collaborazione tra la Regione Toscana e l’Università di Firenze di cui alla DGRT 1133/2012, al fine di procedere ad un’implementazione e ad un aggiornamento del quadro conoscitivo idrologico del territorio toscano, aggiornato al 2012 compreso.

(24)

Vista, da un lato la ridotta estensione del bacino in esame, e dall’altro le dimensioni delle celle del raster (1 km x 1 km), è stato determinato, attraverso il programma Qgis, un unico valore, per tempo di ritorno, dei parametri “a” e “n”, che sono stati in seguito utilizzati per determinare le altezze di pioggia di progetto relative a tempi di ritorno di 30 e 200 anni.

Utilizzando questi valori e la formula precedentemente riportata, siamo giunti

Tr = 30 anni Tr = 200 anni

a [mm] 68.5 95.3

n 0.295 0.321

Tabella 3 - Valori dei parametri "a" e "n" per i due Tr analizzati Figura 2-3 - Raster dei valori del parametro "a" per Tr = 50 anni

(25)

tra le altezze massime e le durate di pioggia che si possono verificare in una determinata zona, per un assegnato valore del tempo di ritorno.

2.4

D

ETERMINAZIONE DELLO IETOGRAMMA DI PROGETTO

Lo ietogramma indica la variazione dell’intensità di pioggia in funzione del tempo nel corso dell’evento meteorico preso in considerazione.

(26)

Come visto, l’intensità media della pioggia è legata all’altezza di pioggia dalla seguente relazione:

𝑖 = ℎ 𝑡

e può pertanto essere calcolata in questo modo:

𝑖 = 𝑎 ∙ 𝑡(𝑛−1)

La determinazione dello ietogramma di progetto per un prefissato tempo di ritorno richiede l’individuazione della durata che, insieme alla distribuzione temporale delle altezze di pioggia stimate dalla corrispondente curva di possibilità pluviometrica, dia luogo alla portata di deflusso massima (durata critica).

Nel presente lavoro di tesi, sono stati assunti sempre, per semplicità, ietogrammi con intensità 1 costante, la quale va, ovviamente, diminuendo al crescere della durata di pioggia.

È possibile determinare la durata critica utilizzando diverse metodologie in funzione del modello afflussi-deflussi utilizzato. In particolare, nel caso dei metodi empirici tradizionali che si basano sul metodo razionale tale durata è data dal tempo di corrivazione del bacino, mentre nel caso dei modelli idrologici, essa può essere stimata mediante un insieme di simulazioni. Nel presente studio utilizzando il metodo dell’idrogramma unitario del Soil Conservation Service (IUH-SCS) si è dovuto ricorrere al secondo tipo di approccio.

In particolare, sulla base del concetto di evento critico, la determinazione della durata critica mediante simulazione idrologica consiste nell’effettuare un insieme di simulazioni con un modello afflussi-deflussi avente come dati di ingresso una serie di ietogrammi di pioggia di durata crescente, ottenuti distribuendo nel tempo l’altezza di

(27)

pioggia ricavata dalla CPP relativa ad un determinato tempo di ritorno. All’aumentare della durata dell’evento si ottengono idrogrammi di piena il cui picco assume valori crescenti fino ad un valore massimo dopo il quale iniziano a decrescere.

La durata dell’evento che corrisponde all’idrogramma con il massimo valore della portata di picco viene assunta come durata critica.

2.5

P

ERDITE

I

DROLOGICHE

La pioggia netta è quella parte della pioggia totale che dà luogo a deflusso superficiale. Del volume di pioggia caduto solo una parte affluisce verso la rete idrografica dando luogo al deflusso all’interno di questa, mentre un’altra parte si perde per infiltrazione nel terreno, per intercettazione da parte della vegetazione, per evotraspirazione, per immagazzinamento nelle depressioni naturali e per effetto dell’adesione di un sottile strato liquido alla superficie del suolo. La stima delle perdite idrologiche avviene secondo metodi diversi a seconda che si considerino simulazioni relative a singoli eventi (generalmente eventi di piena, come nel caso specifico) o simulazioni continue su lunghi periodi. Nei modelli di piena l’infiltrazione sulle aree permeabili o semipermeabili costituisce senz’altro la componente principale delle perdite. Meno significativa, ma spesso non trascurabile (specialmente in comprensori agricoli pianeggianti), è la perdita che avviene sul bacino per immagazzinamento nelle depressioni superficiali dalle quali l’acqua viene allontanata solo per evaporazione o infiltrazione. Le perdite per intercezione o per evapotraspirazione sono invece importanti esclusivamente nell’analisi della risposta del bacino su lunghi periodi temporali: inoltre, come afferma Maione, l’evapotraspirazione risulta trascurabile per eventi di pioggia particolarmente intensi.

(28)

2.5.1 Determinazione dell’altezza di pioggia netta con il metodo

CN

Il metodo Curve Number (CN) del Soil Conservation Service (SCS), molto diffuso soprattutto negli USA, grazie alla notevole quantità di dati utilizzati per la taratura del modello, calcola istante per istante il quantitativo di pioggia che va a produrre deflusso superficiale, in funzione dei seguenti parametri:

• Tipo di suolo, più in particolare la sua litologia e quindi la permeabilità • Uso del suolo

• Grado di imbibizione

Sotto l’aspetto litologico i suoli sono distinti nei 4 gruppi indicati in tabella:

In funzione quindi del tipo di utilizzazione del suolo si deducono, per i terreni dei suddetti 4 gruppi, i valori dei parametri CN riportati nell’apposita Tabella 5.

(29)

Tabella 5 - Parametri CN relativi alla classe II di umidità (AMC II) per le quattro classi litologiche e per i vari usi del suolo

(30)

In un’ulteriore tabella vengono distinte le condizioni di umidità del terreno all’istante in cui ha inizio la pioggia. Queste dipendono dall’altezza complessiva di precipitazione (in mm) caduta nei cinque giorni precedenti la pioggia stessa, in particolare in funzione dell’indice di pioggia 𝐴𝑃𝐼5 (Antecedent Precipitation Index).

Il grado di imbibimento del terreno come si può notare nella tabella Tabella 6 può essere di tre tipi:

• AMC Tipo I: il terreno del bacino risulta asciutto;

• AMC Tipo II: quando il terreno si trova in condizioni intermedie; • AMC Tipo III: in caso di terreno fortemente imbibito.

Se le condizioni di umidità del suolo all’inizio della pioggia appartiene a una classe diversa da quella standard (AMC II), il parametro CN ottenuto va modificato secondo le indicazioni della seguente tabella:

Tabella 6 - Condizioni di umidità iniziali individuata in base all’altezza totale di pioggia

(31)

Per la determinazione dell’altezza ℎ𝑛 di pioggia netta, corrispondente a un’altezza di pioggia h, si utilizza l’espressione:

ℎ𝑛 =

(ℎ − 𝑖𝑎)2 ℎ − 𝑖𝑎+ 𝑆

La capacità di ritenzione potenziale S, ovvero l’altezza di pioggia massima immagazzinabile nel suolo in condizioni di saturazione viene determinata con la seguente equazione:

𝑆 = 25,4 ∙ [(1000

𝐶𝑁 ) − 10]

Tabella 7 - Conversione dei valori del CN a seconda delle condizioni iniziali di umidità

(32)

La perdita iniziale 𝑖𝑎 è quella che si manifesta prima dell’inizio dei deflussi superficiali:

𝑖𝑎 = 𝛽 ∙ 𝑆

Dove 𝛽 è un coefficiente adimensionale che varia tra 0.1 e 0.2 (il valore 0.1 è più prudenziale); sulla base di studi sperimentali relativi a numerosi bacini statunitensi il SCS suggerisce per la stima di 𝑖𝑎 un valore di 𝛽 = 0.2.

Nel caso in esame è stato utilizzato un lavoro di aggiornamento del modello idrologico distribuito sviluppato dal dipartimento di ingegneria civile ed ambientale dell’Università di Firenze in uso presso il Centro Funzionale della Regione Toscana per la previsione degli eventi di piena in tempo reale (MOBIDIC).

L'aggiornamento ha riguardato più aspetti tra cui la struttura numerica del modello e i dati di input.

In particolare, a partire dalla banca dati pedologica, sono state stimate la densità

apparente, la ritenzione idrica (contenuto di acqua gravitazionale e di acqua capillare) e della conducibilità idraulica satura sia per l'intero suolo che per l'orizzonte superficiale. I parametri sviluppati, laddove possibile, sono stati convertiti in parametri utilizzabili da vari software, tra questi vi sono: la celerità idraulica dei rami e i valori Curve Number a partire dalla pedologia e dall'uso del suolo.

Sulla base di questi valori e mediante l’ausilio del programma Qgis, si è creata una mappa dei vari CN per l’intera area di studio, dalla quale sono stati successivamente calcolati i valori medi pesati del CN per tutti i sottobacini.

(33)

Al fine della determinazione degli idrogrammi di piena, si sono scelti i valori del CN valido per condizioni iniziali del suolo A.M.C. III, sia per piogge con tempi di ritorno di 30 anni, sia per piogge con tempi di ritorno di 200 anni.

È stato dunque necessario effettuare la conversione dei valori del CN dalla classe 2 alla classe 3.

(34)

Sottobacini Area [Kmq] ∑(Aree_Parz*CN_Parz) [Kmq] CN II CN III Castiglioncello 0,4597 28,98 63 80 Fontana 0,6756 41,64 62 79

Fosso delle Cavine 0,7787 49,55 64 81

Batano 1,3012 82,35 63 80

Solco di Nertola 2,7910 182,47 65 82

Interbacino 1 0,5802 41,04 71 86

Interbacino 3 0,2413 16,23 67 83

Tabella 8 - Valori medi ponderati e finali del parametro CN per i vari sottobacini

2.6 T

RASFORMAZIONE AFFLUSSI

-

DEFLUSSI

Per la determinazione delle portate di piena, che si vengono a verificare nelle varie sezioni di chiusura, nel caso in cui non si abbiano a disposizione misure dirette di portata di piena sufficienti per un’analisi probabilistica diretta si ricorre a modelli di trasformazione afflussi-deflussi.

Questi modelli si propongono di fornire una descrizione matematica dei processi idrologici che si svolgono nel bacino idrografico considerandolo come un sistema soggetto ad un ingresso, l’intensità di pioggia, e ad un’uscita, rappresentata dall’andamento della portata nel tempo Q(t) defluente attraverso la sezione di chiusura. Data la complessità dei fenomeni e delle relazioni che influenzano e descrivono il comportamento reale di un bacino, si introduce un sistema modello che ne approssima il comportamento reale attraverso alcune semplificazioni.

(35)

2.6.1 Metodo dell’idrogramma unitario istantaneo (IUH)

Questo metodo si può considerare come un perfezionamento dell’idrogramma unitario (UH). L’ipotesi del metodo è che l’operatore che trasforma gli afflussi meteorici netti in deflussi sia lineare e invariante. La linearità implica che l’idrogramma dovuto ad un generico pluviogramma netto è dato dalla somma degli idrogrammi generati dai pluviogrammi elementari in cui si può scomporre il pluviogramma netto di partenza; l’invarianza dell’operatore invece significa che la risposta del bacino a un qualsiasi pluviogramma netto (e quindi anche ad un pluviogramma di intensità e durata unitarie) è sempre la stessa nel tempo, indipendentemente da qualsiasi fattore (condizioni di vegetazione, lo stato di manutenzione degli alvei, ecc…). Si considera inoltre un’ipotetica pioggia efficace di altezza unitaria ed intensità costante, distribuita uniformemente sul bacino, e caduta in un intervallo di tempo unitario simulando quindi un’immissione di tipo impulsivo.

In altre parole, la risposta Q(t) ad una sollecitazione meteorica di intensità p(t) variabile nel tempo, ma supposta costante su tutti i punti del bacino, è data dall’integrale di convoluzione:

1. 𝑄𝑡= ∫ 𝑝𝑡 𝑡

0 ∙ ℎ𝑡−𝜏 𝑑𝜏

Dove:

𝑝𝑡 = 𝐴 · 𝑖𝑡: portata di afflusso meteorico al generico tempo t 𝑄𝑡: idrogramma dei deflussi (IUH)

La funzione 𝑄𝑡 può essere stimata mediante numerosi approcci, tra cui il metodo dell’invaso lineare, il metodo di Nash, il metodo geomorfologico oppure, come in questo

(36)

2.7 I

DROGRAMMA UNITARIO DEL

S

OIL

C

ONSERVATION

S

ERVICE

(IUH

-

SCS)

L’idrogramma unitario SCS è un idrogramma di tipo sperimentale ottenuto dal Soil Conservation Service sulla base di registrazioni di piogge ed idrogrammi di piena di un gran numero di piccoli bacini agricoli strumentati. Questo è un idrogramma adimensionale con un singolo picco, che esprime la portata istantanea 𝑄𝑡 come frazione della portata di picco 𝑄𝑚𝑎𝑥 in funzione del rapporto tra l’istante t e il tempo di picco 𝑇𝑝. Questo IUH è caratterizzato dal fatto che il 37.5% del suo volume si ha prima dell’istante di picco mentre i valori della portata di picco e dell’istante 𝑇𝑝 sono stati ricavati adottando un modello semplificato di idrogramma triangolare di base 2.67 · 𝑇𝑝 come riportato in figura:

(37)

𝑇𝑝𝑒 = 𝑇𝑝− 𝑡1

𝑇𝑝𝑒 : Durata della pioggia che provoca deflusso

𝑡1 : Tempo dall’inizio della pioggia dopo il quale inizia il deflusso

𝑇𝑙= 0,6 ∙ 𝑡𝑐

𝑇𝑙 : Lag time

Il metodo si basa sul calcolo del cosiddetto “lag time” che rappresenta lo sfasamento temporale tra il picco dell’idrogramma ed il baricentro dello ietogramma di pioggia che lo ha prodotto. Il valore del lag time è definito dall’espressione empirica basata sulle caratteristiche morfologiche del bacino:

𝑡𝑐 =

0,571 ∙ 𝐿0,8 ∙(1000𝐶𝑁−9)0,7 𝑖0,5 [ore]

𝑡𝑐 : tempo di concentrazione [ore] L : lunghezza del tratto più lungo [km] i : pendenza media del bacino [%] CN : Curve Number

(38)

Fase ascendente dell’idrogramma (da quando inizia il deflusso):

𝑡𝐴 = 𝑇𝑝𝑒

2 + 0,6 ∙ 𝑡𝑐

Fase discendente:

𝑡𝐷 = 1,67 ∙ 𝑡𝐴

Durata totale dell’onda:

𝑡 = 2,67 ∙ 𝑡𝐴 = 2,67 ∙ ( 𝑇𝑝𝑒

2 + 0,6 ∙ 𝑡𝑐)

Uguagliando il volume di deflusso al volume di afflusso netto si ricava la portata massima: 𝑄𝑚𝑎𝑥 = 2 ∙ ℎ𝑟𝑛∙ 𝑆 2,67 ∙ (𝑇2 + 0,6 ∙ 𝑡𝑝𝑒 𝑐) ∙ 3,6 Dove: 𝑄𝑚𝑎𝑥 : [𝑚3⁄ ] 𝑠 S : [𝑘𝑚2] 𝑇𝑝𝑒 ; 𝑡𝑐 : [ore]

(39)

Con questo metodo, come spiegato in precedenza, non è possibile conoscere a priori il tempo di pioggia critico, ovvero quello che dà la portata massima; per tale motivo si assumono diverse durate di pioggia e si determina quello che dà il deflusso massimo.

2.8 P

ROPAGAZIONE DELL

ONDA DI PIENA

Un’onda di piena che percorre un corso d’acqua viene laminata per effetto degli attriti e dei fenomeni d’invaso nell’alveo e nelle zone golenali. Il tempo di percorrenza e le caratteristiche di laminazione della portata al colmo variano a seconda del tipo di corso d’acqua considerato.

In particolare, il processo di propagazione dipende dalla pendenza, dalla lunghezza del tratto, dalla scabrezza e dall’altezza liquida. In generale lo studio della propagazione dei deflussi può essere effettuato mediante:

• Modelli idraulici: basati sulle equazioni di De Saint-Venant, in forma completa o semplificata.

• Modelli idrologici: basati sull’equazione di continuità e su relazioni tra portata e volumi liquidi invasati in un dato tratto di un corso d’acqua.

2.8.1 Metodo di Muskingum

In questo metodo l’invaso in un tratto di corso d’acqua viene considerato come somma di un termine d’immagazzinamento prismatico e di un termine d’immagazzinamento a cuneo. Durante la fase di crescita della portata defluente l’invaso a cuneo è positivo e viene aggiunto all’invaso prismatico, mentre durante la fase calante dell’onda di piena l’invaso a cuneo è negativo e viene sottratto dall’invaso prismatico.

(40)

Nel metodo Muskingum si pone:

𝑉 = 𝐾 ∙ [𝑋 ∙ 𝑄𝑖+ (1 − 𝑋) ∙ 𝑄𝑢]

Dove:

𝑄𝑖: portata in ingresso 𝑄𝑢: portata in uscita

K : costante che ha le dimensioni di un tempo e corrisponde al tempo che impiega l’acqua a propagarsi nel tratto di corso d’acqua in esame (cioè tra le sezioni in ingresso e quella in uscita)

X : fattore di peso (variabile tra 0 e 0,5) in genere prossimo a 0 per canali con ampie aree golenali, prossimo a 0,5 per canali a forte pendenza. Valori tipici di X sono compresi tra 0,2 e 0,3.

2.8.2 Metodo di Muskingum – Cunge

Tale variante del metodo di Muskingum consente una accuratezza dello stesso ordine dei modelli parabolici di propagazione delle onde di piena. Questo metodo è basato sull’equazione di continuità e sull’approssimazione parabolica delle equazioni complete di De Saint-Venant.

Cunge (1969) dimostrò che quando K e Δt sono assunti come costanti, rappresentano un’approssimazione dell’equazione dell’onda cinematica, ed in particolare dell’equazione di diffusione del momento.

Detta Q la portata, B la larghezza dell’alveo in superficie ed A l’area liquida si definisce c la celerità di traslazione dell’onda che risulta essere pari a 𝑐 = 𝑑𝑄

𝑑𝐴= 𝑑𝑥 𝑑𝑡 .

(41)

I coefficienti del metodo di Muskingum vengono calcolati in base alle caratteristiche del corso d’acqua mediante le relazioni:

𝐾 =∆𝑥 𝑐 𝑋 = 1 2∙ (1 − 𝑄 𝐵 ∙ 𝑆0∙ 𝑐 ∙ ∆𝑥) Dove:

∆𝑥 : intervallo di discretizzazione spaziale ∆𝑡 : passo temporale di calcolo

𝑆0 : pendenza di fondo

2.8.3 Scelta del metodo di propagazione dei deflussi

Come guida all’applicazione dei diversi modelli di propagazione dei deflussi l’U.S. Army Corps of Engineers propone la seguente tabella:

(42)

Dove:

𝑆0: pendenza di fondo 𝑔 : accelerazione di gravità 𝑇 : durata dell’idrogramma 𝑈0: velocità media di riferimento 𝑑0: altezza liquida media di riferimento

2.9 S

TIMA DELLE PORTATE DI PROGETTO

,

ANALISI

PRELIMINARE E SCELTA DEL MODELLO IDROLOGICO

La scelta del tipo di schematizzazione per rappresentare la risposta di un bacino idrografico sollecitato da un evento meteorico è condizionata dalla disponibilità dei dati. Le metodologie comunemente utilizzate per rappresentare la trasformazione afflussi deflussi possono essere distinte in relazioni matematiche e modelli matematici. Le relazioni matematiche, nelle quali il tempo non compare come variabile, sono comunemente usate quando non è necessario descrivere l’andamento temporale delle grandezze. I modelli matematici, viceversa, si usano quando le quantità in gioco sono funzioni del tempo e non è possibile trascurare l’influenza esercitata sui valori di una grandezza da quelli che la stessa ha assunto in precedenza.

2.9.1 Relazioni matematiche

Le relazioni matematiche forniscono solo alcune caratteristiche dell’idrogramma di progetto quali l’istante della portata al colmo, la portata al colmo stessa o la durata. I vari metodi utilizzati nella pratica idrologica per la schematizzazione della trasformazione afflussi-deflussi si basano su alcune ipotesi semplificative che sono

(43)

• Per un fissato tempo di ritorno il massimo della portata al colmo di piena è prodotto dall’evento di pioggia, uniforme nello spazio e nel tempo, ricavato dalla corrispondente curva di possibilità pluviometrica ed avente una durata uguale al tempo di corrivazione del bacino;

• Il picco dell’idrogramma di piena si osserva all’istante in cui cessa la pioggia; • Il picco di piena ha il medesimo tempo di ritorno della precipitazione che lo ha

generato;

• La formazione della piena nel bacino ed il suo trasferimento lungo il reticolo idrografico avviene senza la formazione di significativi invasi.

Tra le varie relazioni matematiche, si ricorda quella di Gherardelli che assume l’idrogramma di piena di forma triangolare, con tempo di risalita e di discesa pari al tempo di corrivazione. Il valore della portata al colmo è quindi dato da:

𝑄𝑐 = 𝐸 ∙ 𝐴 3,6 ∙ 𝑇𝑐

Dove:

E : pioggia areale netta, denominata anche eccesso di pioggia [mm]; 𝑇𝑐: tempo di corrivazione [ore];

A : superficie del bacino [𝑘𝑚2].

Nel caso di bacini idrografici strumentati, se si dispone delle osservazioni relative ad alcuni idrogrammi di piena salienti, il calcolo del tempo di corrivazione (𝑇𝑐) può essere effettuato mediante lo ietogramma di pioggia effettiva e l’idrogramma di deflusso diretto.

(44)

In particolare, i metodi di stima più ricorrenti del 𝑇𝑐 sono:

• Misura del tempo che intercorre tra il centroide della pioggia effettiva e il punto di inflessione del ramo decrescente dell’idrogramma di portata misurato;

• Il tempo tra la fine della pioggia effettiva e il punto di inflessione del ramo decrescente dell’idrogramma di portata misurato direttamente.

Per i bacini idrografici non strumentati invece, la stima del tempo di corrivazione dipende da relazioni empiriche che esprimono il legame tra 𝑇𝑐 ed alcune grandezze caratteristiche del bacino di facile determinazione. Tra le relazioni empiriche maggiormente utilizzate, ricordiamo la formula di Giandotti (1934), ricavata attraverso dati relativi a diversi bacini italiani (Dora Baltea, Trebbia, Taro, Panaro, Reno, Tevere, Arno e Po), che stima il tempo di corrivazione nel seguente modo:

𝑇𝑐 = 4 ∙ 𝐴

0,5+ 1,5 ∙ 𝐿 0,8 ∙ 𝐻0,5

Dove:

𝑇𝑐 : tempo di corrivazione [ore]; A : area del bacino [𝑘𝑚2];

L : lunghezza dell’asta fluviale principale [𝑘𝑚]

H : altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura [m].

2.9.2 Modelli matematici

La modellistica idrologica si prefigge di creare modelli matematici di tipo afflussi-deflussi capaci di riprodurre l’andamento della portata in una o più sezioni del reticolo

(45)

piogge. In letteratura sono descritti differenti tipi di modelli idrologici, che possono essere classificati in funzione della complessità della trattazione del problema. Tra questi, i più appropriati per gli scopi del presente studio sono i cosiddetti modelli di piena di tipo concettuale che utilizzano rappresentazioni semplificate dei processi fisici in gioco, che vengono comunque esplicitamente presi in considerazione. Inoltre, tali modelli incorporano parametri fisicamente basati riducendo così l’arbitrarietà in fase di calibrazione del modello stesso. Essi rappresentano con semplicità le perdite, mentre cercano di descrivere in modo più dettagliato la trasformazione della pioggia netta in portata diretta. Quest’ultima viene assunta pari alla portata totale, poiché in eventi salienti di piena il deflusso di base è tipicamente trascurabile.

Possono essere sviluppati modelli aventi diversi gradi di complessità, da particolarmente semplici a molto dettagliati, tuttavia per gli scopi di tipo ingegneristico, è consigliabile l’uso di modelli che rispondano ad alcune particolari esigenze, quali:

• Dipendenza da un numero limitato di parametri, che ne consenta il controllo in fase di calibrazione;

• La semplicità di schematizzazione dei processi fisici, che permetta un’agevole implementazione;

• La sensibilità sufficientemente limitata alla variabilità dei parametri stessi.

2.10 M

ODELLI SEMI

-

DISTRIBUITI

Questi modelli consentono di soddisfare l’esigenza di impiegare un numero limitato di parametri che ne permetta il controllo in fase di calibrazione e nello stesso tempo utilizzano l’informazione geomorfologica distribuita (variabilità spaziale delle piogge e delle caratteristiche del suolo, che costituiscono gli aspetti fondamentali nell’analisi della risposta idrologica a scala di bacino). I modelli semi-distribuiti si possono, quindi, considerare come una valida alternativa sia ai modelli a parametri concentrati che incorporano un numero ridotto di parametri a scapito della descrizione dei processi fisici, sia ai modelli distribuiti che, pur effettuando una schematizzazione dettagliata dei

(46)

fenomeni, restano sempre vincolati ai troppi parametri. La scelta è stata quindi dettata dalla necessità di utilizzare un numero limitato di parametri, da stimare attraverso pochi eventi di piena deducibili da bacini “simili” appartenenti alla stessa area geografica, e ottenere un modello che sia in grado di fornire gli idrogrammi di piena in qualsiasi sezione del tratto fluviale investito.

Nello specifico del presente studio è stato utilizzato un modello idrologico di tipo concettuale e semidistribuito, implementato mediante il software americano HEC-HMS. La figura sottostante illustra in maniera schematica e concettuale gli elementi del modello e le loro connessioni:

(47)

Il modello idrologico scelto è in sintesi un modello di simulazione dell’evento critico avente le seguenti caratteristiche:

• Dati di pioggia da CPP;

• Durata critica determinata con procedimento iterativo in modo da massimizzare il valore della portata al colmo;

• Ietogramma costante;

• Stima dell’infiltrazione mediante il metodo CN-SCS assumendo il valore CN (III) relativo allo stato iniziale in condizioni di saturazione;

• IUH del SCS con tempo di ritardo valutato con la relazione empirica

𝑇𝑙𝑎𝑔 = 0,6 ∙ 𝑡𝑐

Ricavando il tempo di concentrazione con la formula:

𝑡𝑐 =

0,571 ∙ 𝐿0,8 ∙(1000𝐶𝑁−9)0,7

𝑖0,5 [ore]

Nei riguardi del parametro CN è opportuno ricordare come la scelta dello stato iniziale d’imbibimento del terreno comporti notevoli incertezze e rappresenti un punto chiave nella modellazione a causa della forte dipendenza della risposta idrologica da tale scelta. Ad esempio, in aree mediterranee è stato osservato che passando da condizioni di saturazione intermedie del suolo a condizioni umide si produce un significativo incremento (pari anche a più del 100%) sia della portata al colmo che del volume di deflusso. Si sottolinea inoltre che, nell’ambito di studi di pericolosità idraulica, gli ietogrammi di progetto considerati sono di per sé relativi ad eventi metereologici particolarmente intensi e, quindi, dalle caratteristiche molto gravose. Infatti, vengono considerate sia le piogge intense molto brevi (1-2 ore), tipiche degli eventi convettivi del periodo estivo, sia le piogge con spessori cumulati significativi, ma più prolungate, che caratterizzano gli eventi frontali delle stagioni autunnali e invernali.

(48)

Nel presente progetto si è scelto di utilizzare il parametro CN(III), relativo a condizioni iniziali di saturazione. Questa scelta è stata fatta in modo da ottenere valori di portata che non si discostino eccessivamente dai valori di portata ottenuti dagli studi condotti in passato nel territorio comunale.

2.11 U

TILIZZO DEL PROGRAMMA

HEC-HMS

Il software HEC-HMS è il sistema d’analisi dei fiumi dell’Hydrologic Engineering Center (HEC), del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito degli Stati Uniti d’America. E’ stato progettato per simulare i processi di precipitazione e di deflussi di bacini idrografici con struttura ad albero ed è applicabile in una vasta gamma di aree.

HEC-HMS, infatti, consente la modellazione idrologica di un bacino, mediante la definizione degli elementi concettuali che lo rappresentano e dei processi fisici che avvengono in essi.

È inoltre progettato per simulare i processi relativi alla trasformazione afflussi – deflussi di sistemi idrografici con struttura ad albero ed è stato creato per essere applicabile in un ampio campo di problemi idrologici:

- Studio dei deflussi in grandi bacini idrografici; - Analisi dei deflussi di piena;

- Analisi dei deflussi provenienti da piccoli bacini urbani o rurali; - Disponibilità risorse idriche di regioni geografiche;

- Studio dei sistemi di drenaggio urbani; - Riduzione dei danni dovuti alle piene fluviali; - Previsione dei deflussi;

(49)

Il modello è un comodo strumento per analizzare le reti di canali naturali ed artificiali, delle quali calcola i profili del pelo libero basandosi su di un’analisi a moto permanente o moto vario monodimensionale. Il programma è in grado di effettuare l’analisi di più profili contemporaneamente, prevedendo la possibilità di inserire punti singolari (ponti, sottopassi, ecc.) e di far variare i livelli di portata. E’ possibile, inoltre, un loro confronto per sovrapposizione (es. stato attuale e modificato).

Per questo progetto di tesi lo studio idrologico è stato eseguito mediante la realizzazione di un modello, nel quale ciascun sottobacino viene considerato con le proprie caratteristiche in termini si superficie, CN, perdita iniziale e tempo di ritardo (Lag Time). Tali sottobacini sono stati collegati tra loro mediante elementi junction e reach.

Vediamo di seguito di analizzare singolarmente i vari input introdotti nel programma:

Figura 2-9 - Schema ad albero con i vari componenti introdotti per la modellazione

(50)

2.11.1 Basin model

Nel componente Basin Model Manager vengono inserite le caratteristiche della rete, quindi i vari collegamenti tra bacini, sezioni di chiusura e aste fluviali ottenendo nel caso specifico lo schema di figura:

In questa fase di modellazione della rete si sono introdotte anche le caratteristiche dei vari sottobacini e si sono scelti i metodi utilizzati per il calcolo delle perdite e di trasformazione afflussi deflussi come si vede nelle immagini seguenti:

Figura 2-10 - Schema di rete utilizzato nel programma HEC-HMS

Figura 2-13 - Schermata relativa al sottobacino e alla scelta dei metodi di calcolo delle perdite e

Figura 2-11 - schermata relativa al calcolo delle perdite con il metodo CN - SCS

(51)

Inoltre, sempre in questa fase, sono stati introdotte le caratteristiche relative ai rami che collegano le sezioni di chiusura dei vari sottobacini:

2.11.2 Meteorologic Models

L’elemento Meteorologic Model ci permette di scegliere le caratteristiche del modello di pioggia. In particolare in questa fase si è scelto di utilizzare uno ietogramma di pioggia definito dall’utente e di associare ad ogni sottobacino il corrispettivo, come si può vedere nelle figure seguenti:

Figura 2-15 - Schermata relativa alla scelta del metodo di propagazione dell'onda di piena

Figura 2-14 - Schermata relativa all'introduzione dei parametri necessari per lo studio della propagazione dell'onda di piena

Figura 2-17 - Schermata relativa alla scelta del modello metereologico usato

Figura 2-16 - Schermata relativa al collegamento tra ietogramma e bacino

(52)

2.11.3 Control Specification

Questo elemento permette di introdurre gli estremi temporali tra cui il programma deve andare a studiare cosa si verifica nei vari punti della rete e gli intervalli di tempo con cui deve essere studiata la risposta in termini di portate.

Figura 2-18 - Schermata relativa all'associazione tra sottobacini e ietogrammi

(53)

2.11.4 Time-Series data

In questo elemento vengono introdotti gli ietogrammi di pioggia, ottenuti come visto in precedenza, relativi al tempo di ritorno e alla durata di pioggia presi in considerazione. Nello specifico si è utilizzato uno ietogramma ad intensità costante. Questo è stato ottenuto dividendo la durata di pioggia in intervalli di varia ampiezza a seconda della durata di pioggia presa in considerazione, ed a ciascuno di essi è stato assegnato un valore di altezza di pioggia pari al quoziente tra l’altezza ottenuta dalla Curva di Possibilità Pluviometrica per quella durata e il numero degli intervalli in cui tale durata è stata divisa.

Tabella 9 - Valori della pioggia di progetto per durate di 0,5 - 1,0 - 1,5 h e Tr = 30 - 200 anni

Tr (anni) = 30 Tr (anni) = 200 𝒕𝒑 [ore] = 0,5 𝒕𝒑 [ore] = 0,5 h [mm] = 55,79 h [mm] = 76,26 𝒊𝒎 [mm/h] = 111,58 𝒊𝒎 [mm/h] = 152,52 ∆t [h] = 0,033 ∆t [h] = 0,033 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 3,72 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 5,08 𝒕𝒑 [ore] = 1,0 𝒕𝒑 [ore] = 1,0 h [mm] = 68,46 h [mm] = 95,27 𝒊𝒎 [mm/h] = 68,46 𝒊𝒎 [mm/h] = 95,27 ∆t [h] = 0,083 ∆t [h] = 0,083 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 5,71 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 7,94 𝒕𝒑 [ore] = 1,5 𝒕𝒑 [ore] = 1,5 h [mm] = 77,17 h [mm] = 108,51 𝒊𝒎 [mm/h] = 51,45 𝒊𝒎 [mm/h] = 72,34 ∆t [h] = 0,17 ∆t [h] = 0,17 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 8,57 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 12,06

(54)

Tr (anni) = 30 Tr (anni) = 200 𝒕𝒑 [ore] = 2,0 𝒕𝒑 [ore] = 2,0 h [mm] = 84,01 h [mm] = 119,01 𝒊𝒎 [mm/h] = 42,00 𝒊𝒎 [mm/h] = 59,50 ∆t [h] = 0,17 ∆t [h] = 0,17 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 7,00 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 9,92 𝒕𝒑 [ore] = 2,5 𝒕𝒑 [ore] = 2,5 h [mm] = 89,73 h [mm] = 127,85 𝒊𝒎 [mm/h] = 35,89 𝒊𝒎 [mm/h] = 51,14 ∆t [h] = 0,17 ∆t [h] = 0,17 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 5,98 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 8,52 𝒕𝒑 [ore] = 3,0 𝒕𝒑 [ore] = 3,0 h [mm] = 94,69 h [mm] = 135,55 𝒊𝒎 [mm/h] = 31,56 𝒊𝒎 [mm/h] = 45,18 ∆t [h] = 0,17 ∆t [h] = 0,17 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 5,26 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 7,53

Tabella 10 - Valori della pioggia di progetto per durate di 2,0 - 2,5 - 3,0 h e Tr = 30 - 200 anni

Tr (anni) = 200 𝒕𝒑 [ore] = 4,0 𝒕𝒑 [ore] = 5,0 h [mm] = 148,66 h [mm] = 159,70 𝒊𝒎 [mm/h] = 37,16 𝒊𝒎 [mm/h] = 31,94 ∆t [h] = 0,17 ∆t [h] = 0,25 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 6,19 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 7,98 𝒕𝒑 [ore] = 6,0 𝒕𝒑 [ore] = 7,0 h [mm] = 169,33 h [mm] = 177,92 𝒊𝒎 [mm/h] = 28,22 𝒊𝒎 [mm/h] = 25,42 ∆t [h] = 0,25 ∆t [h] 0,25

(55)

2.11.5 Valori introdotti per ogni sottobacino

𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 7,05 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 6,35 𝒕𝒑 [ore] = 8,0 h [mm] = 185,71 𝒊𝒎 [mm/h] = 23,21 ∆t [h] = 0,25 𝒉𝒊𝒏𝒄𝒓[mm] = 5,80

Tabella 11 - Valori della pioggia di progetto per durate di 4,0 - 5,0 - 6,0 – 7,0 - 8,0 h e Tr = 200 anni

Bacino Area [𝒌𝒎𝟐] 𝑳 𝒂𝒔𝒕𝒂𝒎𝒂𝒙 [𝒌𝒎] Pendenza [%] CN III pesato S [𝒎𝒎] 𝒊𝒂 [𝒎𝒎] 𝒕𝒄 [𝒐𝒓𝒆] 𝒕𝒍 [𝒐𝒓𝒆] Castiglioncello 0,4597 1,1315 17,07 80 63,50 6,35 0,59 0,35 Fontana 0,6756 1,2816 16,87 79 67.52 6,75 0,68 0,41 Cavine 0,7787 1,4050 17,78 81 59,58 5,96 0,67 0,40 Batano 1,3012 1,2533 17,18 80 63,50 6,35 0,63 0,38 Nertola 2,7910 3,0512 18,17 82 55,76 5,58 1,18 0,71 Interbacino 1 0,5802 0,9422 9,85 86 41,35 4,13 0,55 0,33 Interbacino 3 0,2413 1,0347 18,11 83 52,02 5,20 0,48 0,29

(56)

* Alvei in terra regolarizzati o rogge; con sponde ben inerbite, ** Alvei in terra regolarizzati o rogge; poco inerbiti, rare alghe.

2.11.6 Risultati

Vediamo di seguito i valori di portata massima ottenuti per ogni sottobacino in ogni sezione di interesse e la relativa durata critica alla quale si è verificata.

Tr = 30 anni

Elemento 𝑸 𝒎𝒂𝒙[𝒎 𝟑 𝒔 ⁄ ] Durata critica [ore] Sez. Ch. Batano 13,2 1

Sez. Ch. Bac. Cav. 1 8 1

Junction-1 21,2 1 Reach-1 20,9 1 Sez. Ch. InterBacino1 8,3 0,5 Sez. Ch. Fontana 6,5 1 Tratto Lunghezza [𝒎] Pendenza media [𝒎 𝒎⁄ ] Tipo di alveo n di Manning Forma sezione Larghezza di fondo [𝒎] Pendenza sponde [xH : 1V] Reach 1 755 0,0160 * 0,4 Trapezia 3 0,7 Reach 2 214 0,0055 ** 0,3 Trapezia 3,5 0,7 Reach 4 571 0,0035 ** 0,3 Trapezia 3 0,7 Reach 5 1458 0,0015 ** 0,3 Trapezia 3 0,7

(57)

Junction-2 34,7 1 Reach-2 34,4 1 Sez. Ch. Nertola 22 1 Junction-3 53,9 1 Reach-4 52,6 1 Sez. Ch. Castiglioncello 4,8 0,5 Junction-4 56,7 1 Reach-5 49,7 1,5 Sez. Ch. InterBacino3 3,3 0,5 Junction-5 51,2 1,5

Tabella 14 - Portate di picco e tempo critico per Tr = 30anni, calcolate con il software HEC-HMS

Tr = 200 anni

Elemento 𝑸 𝒎𝒂𝒙[𝒎 𝟑 𝒔 ⁄ ] Durata critica [ore] Sez. Ch. Batano 21,8 0,5

Sez. Ch. Bac. Cav. 1 13 1

Junction-1 34,6 0,5 Reach-1 34,4 0,5 Sez. Ch. InterBacino1 13,1 0,5 Sez. Ch. Fontana 10,7 1 Junction-2 56,5 0,5 Reach-2 56,3 0,5 Sez. Ch. Nertola 36 1 Junction-3 87,8 1 Reach-4 86,5 1 Sez. Ch. Castiglioncello 8,1 0,5 Junction-4 93,5 1 Reach-5 83 1 Sez. Ch. InterBacino3 5,3 0,5 Junction-5 84,8 1

(58)

Oltre al picco di piena, per ogni elemento il software fornisce anche tutta una serie di informazioni.

A titolo esemplificativo, si riportano di seguito le informazioni fornite per il sottobacino Solco di Nertola.

(59)

Figura 2-22 - Tabella di riepilogo

(60)
(61)

Figura 2-25 - Grafico dell'eccesso di pioggia

(62)
(63)

Per i tratti in cui si ha la propagazione dell’onda di piena si ottengono le seguenti indicazioni:

Figura 2-29 - Idrogramma di piena di afflusso e deflusso

(64)
(65)

3 ANALISI IDRAULICA

3.1 I

NTRODUZIONE

Lo studio idraulico è stato eseguito tramite un modello di deflusso monodimensionale in regime di moto vario all’interno del software HEC-RAS dell’US Corps of Engineers. Per la ricostruzione geometrica del modello sono state utilizzate, come precedentemente descritto, le sezioni dedotte attraverso il software Qgis ed importate su HEC-RAS attraverso il plugin Qras.

L’analisi idraulica è stata suddivisa in due parti:

• Analisi dello stato attuale per l’individuazione dei problemi nei manufatti e nell’alveo;

• Ipotesi di progetto con l’individuazione di soluzioni che possano mitigare le criticità osservate.

3.1.1 Dati idrologici

L’analisi idraulica è stata condotta per tempi di ritorno di 30 e 200 anni così come raccomandato nel testo della Regione Toscana “Linee guida per la redazione degli studi idrologici-idraulici che accompagnano le richieste di revisione delle aree a rischio idraulico da parte delle Amministrazioni Comunali ai sensi della Deliberazione del Consiglio Regionale n. 1212/1999”.

I tempi di pioggia considerati sono quelli che massimizzano le portate di picco nel reticolo, ottenute dall’analisi idrologica condotta con il software HEC-HMS, ovvero 0,5 ore per la Junction-1, punto di intersezione tra il rio Batano e il primo tratto di Fosso delle Cavine e 1 ora per il rio Solco di Nertola.

(66)

Nel calcolo idraulico sono state considerate anche l’influenza del rio Fontana, del rio Castiglioncello e dei due interbacini: a tal proposito sono state inserite delle opportune condizioni al contorno che simulano la presenza dei rii e ne forniscono l’apporto idrico senza che questi siano fisicamente rappresentati nel reticolo.

3.1.2 Idrogrammi di piena di progetto

Di seguito si riportano i grafici degli idrogrammi di piena di progetto per i tempi di pioggia ed i tempi di ritorno considerati.

(67)

Figura 3-2 - Idrogrammi di piena di progetto per Tp = 1,0 ora e Tr = 30 anni Figura 3-3 - Idrogrammi di piena di progetto per Tp = 0,5 ore e Tr = 200 anni

(68)

3.2 S

OFTWARE

HEC-RAS

3.2.1 Ipotesi di calcolo

Nel modello non sono state considerate Aree a Potenziale Esondazione (APE) perché si è preferito fare in modo che le soluzioni progettuali non rendessero possibile alcuna esondazione fuori alveo, mantenendo quindi una analisi a favore di sicurezza.

Le ipotesi di calcolo principali sono:

(69)

• Argini integri anche se tracimati;

• Dinamica sedimentologica trascurabile (fondo fisso ed acqua chiara); • Effetti secondari trascurabili.

Il software può simulare uno schema monodimensionale in regime di moto vario e correnti di qualsiasi tipo: lenti, veloci, miste, risalto idraulico etc.

3.2.2 Modello di moto vario

Le equazioni di continuità e di moto in forma indefinita per una corrente gradualmente variata monodimensionale sono:

𝜕𝐴 𝜕𝑡 + 𝜕𝑄 𝜕𝑥 + 𝑞(𝑥) = 0 𝜕𝐻 𝜕𝑥 = − 1 𝑔∙ 𝜕𝑈 𝜕𝑡 − 𝐽 Dove:

A: area della sezione liquida [𝑚2] Q: portata [𝑚3⁄ ] 𝑠

q(x): portata laterale [𝑚2⁄ ], positiva se entrante 𝑠 H: carico totale della corrente [𝑚]

g: accelerazione di gravità [𝑚2⁄ ] 𝑠 U: velocità media della corrente [𝑚 𝑠⁄ ]

(70)

x: ascissa lungo l’alveo [𝑚] t: tempo [𝑠]

La perdita di carico effettiva può essere stimata con un’equazione analoga a quella adottata per il moto uniforme (equazione di Chezy):

𝐽 =𝑈 ∙ |𝑈| 𝜒2 ∙ 𝑅

Con 𝜒 coefficiente di resistenza secondo l’espressione di Manning

𝜒 =1 𝑛∙ 𝑅

1 6 ⁄

Indicando con R il raggio idraulico della sezione.

3.2.3 Coefficienti di espansione e contrazione

Per poter stimare correttamente le perdite di carico che si verificano in seguito al brusco restringimento di sezione in presenza di strutture di vario tipo, occorre inserire degli opportuni valori dei coefficienti di espansione e di contrazione.

(71)

I valori consigliati sono espressi nella Tabella sottostante:

Il software HEC-RAS valuta le perdite di energia causate dalle strutture suddividendole in 3 aliquote:

• Perdite dovute all’espansione del flusso che si verifica immediatamente a valle; • Perdite dovute all’opera stessa (per attrito e per la presenza delle pile);

• Perdite dovute alla contrazione del flusso che si verifica immediatamente a monte.

Tabella 16 - Coefficienti di contrazione ed espansione

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