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Modelli e metodi di ottimizzazione in ambito Home Care: approcci robusti

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Academic year: 2021

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L’Home Care è una metodologia di assistenza sanitaria sempre più diffu-sa, grazie ai riscontri positivi sulla qualità di vita dei pazienti, che possono avvalersi delle cure presso i loro domicili, e ad un non trascurabile vantag-gio economico per l’ente che rilascia il servizio. Per questo, numerosi autori hanno proposto differenti modelli e metodi deterministici di supporto alle de-cisioni per l’assegnazione dei pazienti agli operatori e la generazione di tour ammissibili per questi ultimi. In letteratura rimangono, tuttavia, poco trat-tati gli scenari di incertezza, e questi si limitano a considerare la variazione di disponibilità degli operatori e i tempi di servizio stocastici.

In questo elaborato viene proposto un modello robusto, a partire da un mo-dello deterministico presente in letteratura, che considera scenari caratteriz-zati da richieste dei pazienti sia certe, che incerte. Notevole importanza viene conferita ai risultati computazionali, ottenuti dalla sperimentazione di istan-ze reali opportunamente modificate per considerare elementi di incertezza, al variare di alcuni specifici parametri.

Dai test eseguiti, risulta che il modello di Programmazione Lineare Intera proposto è in grado di individuare soluzioni di buona qualità per le istanze di medio-piccole dimensioni, in termini di numero degli operatori, garantendo un buon bilanciamento di carico lavorativo tra gli operatori.

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Home Care is a medical treatment, which is more and more popular, thanks both to the positive outcomes in quality of life of patients –able to receive the treatment in their own house– and to a not negligible economic advantage for the provider. For these reasons, many authors have suggested different deter-ministic models and methods in order to support planners in operator-patient assignment and in generating admissible tours. However, in literature, uncer-tain sceneries still remain less explored: they only take into account stochastic service times and operators’ variation in availability.

In this study a robust model –derived from a deterministic one– is proposed, that considers scenarios characterized by both certain and uncertain patients’ requests. Great importance is attributed to computational results of the model, tested on real life modified instances.

The test we performed showed the proposed an Integer Linear Programming model is able to detect good solutions for small to medium size instances, in terms of number of operators, assuring a good work load balancing between operators.

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Prefazione 1

1 Il problema Home Care 5

1.1 Impatto sulla qualità della vita . . . 7

1.2 Home Care e ospedalizzazione: costi a raffronto . . . 10

2 Analisi della letteratura 15 2.1 Definizione del problema . . . 15

2.2 Modelli e metodi deterministici . . . 19

2.2.1 Home Care per cure palliative . . . 23

2.3 Cenni all’ottimizzazione robusta . . . 24

2.4 Modelli e metodi robusti . . . 27

3 Un approccio robusto per Home Care 31 3.1 Il modello deterministico . . . 31

3.2 Un modello robusto . . . 36

3.2.1 Modello basato su flussi per la generazione dei pattern 42 3.2.2 Diseguaglianze aggiuntive . . . 43

3.2.3 Funzione obiettivo alternativa . . . 44

4 Sperimentazione e risultati computazionali 45 4.1 Dal dataset alle istanze . . . 45

4.1.1 Generazione delle istanze . . . 46

4.1.2 Stima di un numero adeguato di operatori . . . 52

4.1.3 Sintassi ed istanze di controllo . . . 53

4.2 Sperimentazione . . . 55

4.3 Analisi quantitativa dei risultati . . . 56

4.3.1 Analisi delle istanze con 40 pazienti . . . 56

4.3.2 Valutazione dell’impatto del parametro Γ . . . 58

4.3.3 Sperimentazioni su istanze con più pazienti . . . 64

4.4 Analisi qualitativa dei risultati . . . 67 v

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4.4.1 Analisi dei coefficienti di utilizzo . . . 67

4.4.2 Qualità della stima dei coefficienti di utilizzo . . . 74

4.4.3 Un esempio di soluzione individuata . . . 76

Conclusioni 83 A Formato file di input 87 A.1 Sintassi . . . 87

A.2 Esempi base . . . 88

A.3 Istanza "0106-5-40-1-0.7-B" . . . 90

B Schema di presentazione, o lezione, sui contenuti del lavoro di tesi 93 B.1 L’approccio modellistico . . . 93

B.2 Caso studio . . . 95

B.2.1 Analisi del problema . . . 95

B.2.2 Costruzione e analisi del modello . . . 96

B.2.3 Implementazione del modello . . . 96

B.2.4 Generazione delle istanze per la sperimentazione . . . . 96 B.2.5 Sperimentazione e analisi dei risultati computazionali . 97

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1.1 Dettaglio costi medi per Home Care e ospedalizzazione nelle

ultime due settimane di vita (Bloom e Kissick, 1980) . . . 12

1.2 Confronto dei costi tra HC e ospedalizzazione in tre studi presenti in letteratura . . . 14

2.1 Notazione per la formulazione matematica del problema . . . . 16

2.2 Confronto della letteratura - modelli deterministici . . . 22

2.3 Confronto della letteratura - modelli robusti . . . 29

4.1 Caratteristiche dell’istanza originale di gennaio 2006 . . . 46

4.2 Distribuzione percentuale dei pazienti nei comuni . . . 47

4.3 Visite certe ed incerte per le triplette di istanze con 40 pazienti 50 4.4 Visite certe ed incerte per le triplette di istanze con 60 pazienti 51 4.5 Riepilogo istanze . . . 54

4.6 Sperimentazione istanze con 40 pazienti . . . 57

4.7 Sperimentazione istanze con 40 pazienti al variare di Γ . . . . 61

4.8 Sperimentazione istanze con 60 pazienti (Γ = 1) . . . 66

4.9 Coefficienti di utilizzo e indici di qualità (Γ = 1) . . . 68

4.10 Confronto tra coefficienti di utilizzo stimati e reali . . . 77

4.11 Tour per l’istanza "0106-5-40-1-0.7-B" . . . 78

4.12 Visite ai pazienti con nodi sia certi sia incerti . . . 81

4.13 Tempi di svolgimento dei tour . . . 81

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2.1 Nodi e raggruppamenti in cluster . . . 17

3.1 Tour robusti ottenuti da un tour principale . . . 37

3.2 Grafo ausiliario per la generazione dei pattern . . . 43

4.1 Generazione delle istanze . . . 48

4.2 Sperimentazione istanze con 40 pazienti: LPTime e Gap al variare del numero dei comuni . . . 59

4.3 Gap al variare del parametro Γ . . . 64

4.4 Coefficienti di utilizzo stimati per gli scenari con Γ = 1 . . . . 73

4.5 Statistiche medie sul numero di tour principali generati . . . . 74

4.6 Tour robusti dell’operatore 2, per l’istanza in studio . . . 80

B.1 Fasi dell’approccio modellistico . . . 94

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Questa tesi affonda le sue radici in un profondo interesse personale, rivolto verso l’organizzazione e la gestione delle risorse. In particolare, la Ricerca Operativa diviene uno strumento unico ed essenziale in presenza di scenari complessi.

Durante il mio curriculum universitario ho potuto approfondire alcune tematiche di mio interesse – dalla generazione di semplici modelli per l’otti-mizzazione della produzione al funzionamento di sistemi logistici, con obiet-tivo ultimo la loro gestione ottimale; da tecniche di simulazione per studiare l’andamento di determinati fenomeni ad uno studio più teorico della mo-dellazione e delle metodologie algoritmiche per la risoluzione di problemi su reti. Il periodo di tirocinio presso un’azienda di trasporto ferroviario pri-vato, durante gli studi triennali, mi ha permesso di comprendere come la Ricerca Operativa possa rappresentare un valore aggiunto, sebbene purtrop-po le sue purtrop-potenzialità non siano ancora sfruttate appieno in tutte le realtà organizzative.

Con la tesi triennale, ho avuto la possibilità di confrontarmi con le tecni-che maggiormente diffuse nella generazione dei turni del personale viaggiante in ambito ferroviario, ma si è trattato di un approfondimento prettamente teorico-compilativo, che pertanto non mi ha permesso di cimentarmi con l’im-plementazione dei modelli studiati.

Sono pertanto grato del fatto che questa seconda esperienza mi abbia offerto l’opportunità non solo di studiare tematiche per me nuove, quali il concetto di robustezza o l’applicazione del teorema della dualità a modelli reali, ma anche di implementare quanto definito a livello teorico, nonché di utilizza-re le conoscenze del corso di lauutilizza-rea per i processi di ETL –in particolautilizza-re la trasformazione delle istanze di input– e analizzare i risultati dell’ampia sperimentazione svolta.

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Ringraziamenti

Prima di introdurre più nello specifico i temi della ricerca, desidero ricor-dare tutti coloro che non solo mi hanno aiutato nella stesura della tesi con suggerimenti, critiche e osservazioni, ma senza i quali questo elaborato non avrebbe neppure visto la luce: a loro va la mia gratitudine, anche se a me spetta la responsabilità per ogni errore contenuto in questa tesi.

Ringrazio anzitutto la Professoressa Scutellà, Tutor e Relatrice, per l’op-portunità concessami di entrare a far parte di un progetto già avviato e la sua guida in ogni passo di questo studio. Un grazie d’obbligo anche per le Professoresse Galli e Cappanera, Correlatrici: hanno sempre risposto con grande generosità e prontezza ai miei innumerevoli quesiti e richieste d’aiuto. Proseguo con tutti gli amici e colleghi conosciuti in questo biennio uni-versitario, supporto indispensabile durante questo periodo di studio.

Vorrei infine ringraziare le persone a me più care, la mia famiglia, i miei amici e la mia fidanzata: i vostri incoraggiamenti, il vostro aiuto e la vostra fiducia sono stati la motivazione più preziosa.

Struttura dell’elaborato

L’Home Care –insieme di cure mediche offerte al domicilio del paziente– rap-presenta un modello di sanità in costante ascesa. Due ne sono le principali cause: il beneficio riscontrato sulla qualità della vita dei pazienti, che –con la riduzione dei giorni di ospedalizzazione– possono condurre una vita più regolare nelle proprie abitazioni, e un bilancio positivo dal punto di vista economico, data la significativa riduzione dei costi sanitari.

Una panoramica sull’Home Care e uno studio attento delle succitate tema-tiche, svolto mediante l’apposita letteratura scientifica, sono riportati nel Capitolo 1, al fine di conferire la giusta importanza al tema trattato e ap-profondire le motivazioni che hanno condotto, e stanno conducendo, ad una sua affermazione crescente, in particolare per le cure palliative.

A partire dal Capitolo 2, lo studio diviene maggiormente di stampo meto-dologico, con un’analisi della letteratura scientifica: la dissertazione presen-ta, dapprima, gli elementi del problema che rivestono maggiore importanza; quindi, mostra i principali approcci risolutivi proposti in letteratura, con par-ticolare attenzione alla scelta della funzione obiettivo che guida le decisioni da prendere nel contesto oggetto di studio. Tale analisi è stata condotta sia per gli approcci di tipo nominale, ovvero nel caso in cui non si considerino elementi di incertezza, sia –dopo una breve introduzione al tema della ro-bustezza e alle sue applicazioni– per quelli robusti, il cui obiettivo è invece

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trattare anche aspetti di incertezza. Riguardo questi ultimi, la letteratu-ra dispone attualmente di pochi contributi; in particolare, non è mai stato trattato lo studio del problema Home Care con dati affetti da incertezza relativamente alle richieste dei pazienti: questa tesi si propone pertanto di muovere un primo passo nel riempire questo gap della letteratura.

Particolare rilievo per la trattazione in oggetto risulta essere il modello nominale suggerito da Cappanera e Scutellà (2015), che si contraddistingue poiché affronta congiuntamente: (i) l’assegnazione degli operatori ai pazienti in modo da garantire il rispetto delle loro necessità mediche; (ii) lo scheduling delle richieste dei pazienti lungo un determinato orizzonte temporale; (iii) la generazione dei tour degli operatori per ogni giorno dell’orizzonte temporale considerato. Il Capitolo 3, a partire da tale modello nominale, presentato e descritto, evidenzia le variazioni apportate al fine di definire un modello in grado di trattare appositi scenari di incertezza relativamente alle richieste dei pazienti.

Dal punto di vista teorico, in particolare, viene mostrata l’applicazione della teoria della dualità della Programmazione Lineare, a cui si è ricorso per la linearizzazione del modello proposto.

Infine, il Capitolo 4 si pone come obiettivo la sperimentazione del modello implementato: i dati reali sono riferiti ad un importante ente privato che opera nel Nord Italia, specialmente con i pazienti di tipo terminale.

Sono riportati con cura i passi con cui si è proceduto alla generazione di istanze robuste –i cui formati di input sono descritti in Appendice A– a partire da dati reali. Le istanze generate si caratterizzano per una diversa dimensione (in termini di numero di comuni, pazienti e operatori) e sono stati analizzati al variare di alcuni parametri, legati al grado di robustezza che si vuole garantire.

Gli esperimenti sono stati effettuati su una macchina con 4 processori Intel (2.00 GHz) ed una con 12 processori Intel (3.07 GHz). Il solver è CPLEX 12.4 con un tempo limite di 12 ore e una memoria limite per l’albero di Branch&Bound esplorato dal solutore di 1 GB.

Infine, nelle Conclusioni si riportano alcune considerazioni di carattere ge-nerale relative alla bontà dell’approccio risolutivo presentato. L’Appendice B contiene, invece, una presentazione schematica di come, a partire dai risultati conseguiti, si potrebbe organizzare una presentazione, o lezione, che verta sul problema di Home Care con richieste dei pazienti affette da incertezza.

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Il problema Home Care

Negli ultimi trent’anni, è aumentato in maniera massiccia –specialmente per quanto concerne la sanità statunitense ed europea– l’utilizzo dei cosiddetti servizi di Home Care, che consentono ai pazienti che ne usufruiscono di essere curati in casa, anziché ricorrere all’ospedalizzazione (Cohen e Tumlinson, 1997). Le ragioni principali di questa ascesa sono ascrivibili all’aumento dell’età media della popolazione e al conseguente incremento delle necessità di ricovero, talvolta superiori alle effettive disponibilità del servizio sanitario. Questo andamento è ulteriormente supportato da altri aspetti, quali una serie di innovazioni tecnologiche che consentono una maggiore facilità nello spostamento e nell’installazione di materiale medico nelle abitazioni private, nonché non trascurabili fattori psicologici, quali una maggiore qualità della vita percepita dai pazienti e dai loro familiari.

L’Home Care –traducibile in italiano come assistenza sanitaria a domicilio– è il servizio medico fornito al paziente presso la sua abitazione: per questo motivo, negli Stati Uniti è altresì conosciuto come hospital without walls, l’ospedale privo di mura.

Tra i primi paesi ad usufruire in maniera significativa dei servizi di Home Care figurano gli Stati Uniti che, a partire dagli anni ’80, in seguito all’in-troduzione del Prospective Payment System (PPS), incoraggiano le strutture ospedaliere ad una rapida dimissione dei pazienti. Entro questo contesto, so-no state emanate anche una serie di leggi finalizzate ad inserire l’Home Care tra le tipologie di cura supportate dai programmi assicurativi per persone anziane e/o con basso reddito, al fine di favorirne la diffusione: per quanto alcuni stati rivolgano questo servizio unicamente a determinate tipologie di pazienti (per lo più malati terminali o soggetti a specifiche cure ortopediche), ciò consente un minore affollamento delle strutture ospedaliere e un impatto economico inferiore sulle assicurazioni sanitarie, in quanto le ore di lavoro

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dei medici sono ridotte in favore di figure professionali meno "costose" quali infermieri, fisioterapisti ed educatori (Meyer e Gibbons, 1997).

In Canada, così come in un buon numero di paesi dell’Europa occidentale, l’Home Care è incluso nel pacchetto di servizi proposti da gran parte del territorio nazionale, specialmente per quanto concerne pazienti molto anziani, terminali o che necessitino di una riabilitazione di lungo corso (Bentur, 2001): anche in questo caso, il referente della cura è un medico, ma sono per lo più infermieri ed altri operatori sanitari a prestare –in termini pratici– le cure. Inoltre, in numerosi paesi europei (tra cui Regno Unito, Francia e Germania), accanto al sistema sanitario nazionale, esiste una costellazione di aziende private – in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) stesso, che offrono un servizio di Home Care gratuito a vantaggio di pazienti affetti da malattie di varia natura, che richiedano farmaci dispendiosi e/o difficilmente reperibili. Nel Regno Unito, ad esempio, molte aziende finanziano programmi di assistenza domiciliare che abbiano mostrato dati incoraggianti, in termini di aumentata qualità della vita dei pazienti e alla loro persistenza in terapia; similmente, in Francia, il SSN elargisce gratuitamente, grazie al sostegno economico di svariate imprese private, le cure a domicilio per una serie di patologie altamente invalidanti – allo scopo di sollevare la famiglia del malato, quanto meno sotto l’aspetto economico.

Anche in Italia, specialmente in virtù dell’inversione della piramide de-mografica e del conseguente aumento delle malattie tipiche dell’età senile, l’utilizzo delle pratiche di Home Care è in rapida ascesa: infatti, secondo Melchionna (2011), un sistema di cure domiciliari, essendo altrettanto ef-ficace rispetto al ricovero ospedaliero, rende la cura più "umana" e vicina alle esigenze dei pazienti, specie di coloro che debbono affrontare lunghi pe-riodi di degenza e possono trovare conforto nella familiarità di un ambiente domestico rassicurante.

Un secondo aspetto che ha agevolato la diffusione del sistema di Home Care nella sanità italiana è che esso ha le potenzialità per ridurre "l’abuso" dell’ospedale: particolari terapie, quali le cure palliative o destinate a malati cronici, sono più comodamente somministrabili presso il domicilio del pazien-te, permettendo altresì un risparmio sia in termini economici, sia pratici (ad esempio, nel numero di posti letto). Tuttavia, secondo i dati del Ministero della Salute, i malati gravi seguiti in assistenza domiciliare sono meno della metà di quanti potrebbero effettivamente beneficiarne, e le diverse modalità di assistenza che fanno riferimento all’Home Care sono distribuite in ma-niera ineguale sul territorio nazionale: ciò suggerisce che vi sia un margine di estensione nell’utilizzo di questa pratica sanitaria, specie se supportata da un’ottimizzazione adeguata in termini di costi e turnazione del personale disponibile.

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Probabilmente in virtù di questo "limite" nel raggio d’azione della sani-tà pubblica, ormai da alcuni anni, anche in Italia, alcune aziende private si sono attivate con lo scopo di diffondere e propugnare i sistemi di assistenza medica a domicilio, iniziando con l’offrire servizi appositamente concepiti per pazienti affetti da malattie croniche (quali emofilia, sclerosi multipla, artrite reumatoide) che, pertanto, usufruiscono di terapie farmacologiche peculiari. Questo tipo di programmi di cura sono offerti da Centri Clinici, pensati ad hoc per il paziente stesso ed i caregiver informali (solitamente, la famiglia) che lo supportano, con l’obiettivo di favorire, quanto più possibile, l’autonomia, l’accoglienza di specifiche esigenze e l’aderenza terapeutica dei pazienti. Gli stessi pazienti partecipano al programma su base volontaria e sono seguiti a domicilio, gratuitamente, dal personale sanitario che lavora in collaborazione con il Centro Clinico stesso, punto di riferimento principale del paziente nel-la gestione delnel-la terapia. L’assistenza al paziente è legata alnel-la sua terapia e condizione fisica, ma usualmente, nel "pacchetto" offerto, figura l’assistenza domiciliare di un infermiere specializzato, talvolta sporadicamente supporta-to da medico, fisioterapista o altra professionalità specifica, a seconda della necessità. Così come in altri paesi europei, si può pertanto dire che –anche in Italia– l’Home Care sia prevalentemente erogato grazie al supporto di un elevato numero di cooperative sociali di stampo locale. I servizi, quin-di, sono progettati dalle Asl, mentre le cooperative stesse li finanziano e li distribuiscono sul territorio limitrofo, a seconda delle richieste.

1.1

Impatto sulla qualità della vita

Con qualità della vita si intendono le percezioni che gli individui hanno della propria collocazione nella vita in relazione al contesto culturale e al sistema di valori in cui vivono e rispetto ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi. Si tratta di un concetto molto ampio che ricomprende, in modo complessivo, lo stato di salute fisico e psicologico di ogni singolo individuo, il livello di in-dipendenza, le relazioni sociali, le credenze personali e il rapporto con le caratteristiche salienti dell’ambiente. (OMS, 1996)

Come è possibile evincere dalla succitata definizione a cura dell’Organiz-zazione Mondiale della Sanità, il concetto di qualità della vita è estremamente complesso e rimanda a molteplici fattori, sia di natura oggettiva (stato di sa-lute fisico e psicologico, livello di indipendenza, ...), sia di natura soggettiva (le credenze personali, l’impianto valoriale, ...). Per questo motivo, nell’in-tento di indagare l’impatto della fruizione dei servizi di Home Care sulla qua-lità della vita dei pazienti, saranno riportate due differenti tipologie di dati:

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quelli relativi all’efficacia del servizio in termini di un visibile miglioramento dello stato di salute dell’individuo e quelli, ugualmente importanti, relativi all’esperienza personale sperimentata dal soggetto e dalla sua famiglia.

Le evidenze a favore del fatto che i programmi di cura tradizionali siano efficaci nel ridurre la probabilità di successivi ricoveri sono molteplici e molto accreditate (Naylor e altri, 1999); tuttavia, ciò che non è chiaro è quali –tra i programmi di Home Care e il suddetto servizio di assistenza ospedaliera– si dimostrino oggettivamente più efficaci nel ridurre il tasso di successiva ospedalizzazione e/o ricoveri d’urgenza. A questo proposito, alcuni autori –quali Armstrong e altri (2008)– sostengono che non vi sia alcun vantag-gio nell’utilizzo dei servizi di assistenza domiciliare e che anzi, in seguito, si verificherebbe un numero maggiore di episodi di ospedalizzazione acuta; al contrario, Stewart e altri (2010) ritengono che l’integrazione del medico cu-rante, supportato da un team di infermieri e operatori sanitari specializzati, all’interno di un sistema di cure a domicilio, produca un esito migliore rispet-to al ricovero ospedaliero. Quest’ultima posizione sembrerebbe aver raccolrispet-to un numero sempre maggiore di evidenze nel corso degli anni, forse in virtù del fatto che le recenti tecnologie mediche consentono un più elevato livello di cura.

Una recentissima ricerca a sostegno di questa posizione è quella di Low e altri (2015), che hanno raffrontato –in uno studio longitudinale– il numero di nuovi ricoveri e visite d’emergenza rilevati in un campione di pazienti senili (87% al di sopra di 65 anni), prima e dopo l’inserimento in un programma di Home Care. Allo studio hanno preso parte 259 pazienti anziani e con bassa condizione socio-economica, ricoverati presso l’ospedale della terza età "General Hospital" di Singapore, tutti affetti da malattie croniche, sub-acute o limitata mobilità: trattandosi di uno studio quasi-sperimentale, i pazienti hanno avuto la funzione di "controllo di se stessi", cioè è stato raffrontato il numero di ricoveri acuti nei tre mesi precedenti l’inserimento nel programma con quello dei ricoveri nei tre e sei mesi successivi alla fruizione del servizio di Home Care. Novanta giorni dopo l’iscrizione al programma di assistenza domiciliare, il numero di ricoveri d’urgenza e delle nuove ospedalizzazioni dei soggetti è sceso da 410 a 217 (-47,1%, p − value < 0.001), mentre la per-centuale di decremento dei ricoveri è ulteriormente scesa dopo sei mesi, fino al 48,2%. È pertanto possibile affermare che, in questo studio, il program-ma di Home Care abbia dimostrato un’oggettiva efficacia nel migliorare lo stato di salute degli anziani affetti da malattie croniche o altamente invali-danti. Un successivo confronto dei costi per paziente, nelle due condizioni, ha successivamente "eletto" l’assistenza domiciliare anche come sistema più economico per il servizio sanitario nazionale, almeno per quanto concerne

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questa specifica tipologia di pazienti.

Tuttavia, come anticipato nella stessa definizione dell’OMS, perché si pos-sa realmente parlare di miglioramento nella qualità della vita di un paziente, è necessario raccogliere anche misure sull’esperienza soggettiva di quell’in-dividuo. Per questo motivo, saranno di seguito discussi alcuni studi che si sono occupati di esplorare i vissuti personali di pazienti affetti da differenti patologie, inseriti all’interno di programmi di Home Care.

In uno studio realizzato in Italia, Bordonaro e altri (2014) hanno valutato l’effetto di un programma di Home Care "attivo" (cioè finalizzato all’acqui-sizione, da parte del partecipante, di un’autonomia nella gestione della cura) per il trattamento chemioterapico. Sessantadue pazienti oncologici hanno preso parte al progetto, ricevendo visite domiciliari di un infermiere specia-lizzato con cadenza settimanale, per un totale di 460 controlli eseguiti tra aprile 2012 e febbraio 2013. Al termine dei dieci mesi, non solo il personale medico ha verificato un miglioramento delle condizioni generali dei pazienti, ma gli stessi soggetti –nel valutare la propria qualità della vita attraverso un questionario autosomministrato– hanno riconosciuto significativi progres-si (p − value < 0.005) progres-sia nel proprio funzionamento fiprogres-sico (minori dispnea, disturbi del sonno, perdita di appetito, nausea e costipazione), sia rispetto al proprio benessere generale. Lo stesso questionario, compilato dai caregiver informali, ha altresì mostrato un elevato livello di soddisfazione in termini di impatto clinico, sociale ed economico.

Risultati affini a quelli succitati emergono anche da studi di matrice più qualitativa, realizzati attraverso l’analisi dei testi relativi a interviste con malati incurabili e pubblicati su riviste mediche specificamente dedicate alle cure palliative.

In una ricerca di Melin-Johansson e altri (2008) è stato esplorato il signifi-cato della qualità della vita, così come descritta da otto pazienti svedesi con tumori incurabili, attraverso la tecnica dell’intervista in profondità. Tre temi principali sono emersi dal narrato dei partecipanti: il dolore, la volontà di avere uno spazio personale e la gratitudine per la possibilità di poter termi-nare la propria vita a casa, circondati da familiari e sostenuti da un team medico competente. Per questi pazienti, poter usufruire del servizio di cure domiciliari ha generato un senso di autonomia e sicurezza tale da accrescere la qualità della vita percepita.

Evidenze analoghe a quelle sopra descritte sono state trovate in quindici pazienti del Mid West dell’Irlanda, soggetti, in seguito a tumori di varia natura, a cure palliative domiciliari (McKay e altri, 2014). I partecipanti a tale programma di Home Care, sottoposti a interviste semistrutturate, ne hanno fornito una descrizione positiva, sostenendo che stesse permettendo di trascorrere i loro ultimi giorni nel luogo prediletto, la propria abitazione, ed

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hanno valutato la propria qualità della vita, durante il periodo di degenza, come "elevata", apprezzando in particolar modo il supporto fornito dallo staff medico e la possibilità di essere a contatto costante con i propri familiari. Anche gli altri stakeholder coinvolti, quali familiari ed equipe medica, hanno riportato giudizi positivi circa la bontà del programma.

Il ruolo del personale coinvolto nei programmi di assistenza sanitaria do-miciliare è particolarmente sottolineato da Werner e altri (2014), in un am-plissimo studio finalizzato a valutare l’attivazione di programmi di Home Care da parte della Veterans Health Administration. Nel 2010, infatti, que-sto ente –che fornisce cure di prima necessità a cinque milioni di veterani, dislocati su centosessanta cliniche ospedaliere e settecentotrentotto comuni-tà terapeutiche– ha introdotto il servizio di Home Care, divenendo il primo fornitore di cure a domicilio degli Stati Uniti. Gli autori, all’interno di un di-segno di ricerca longitudinale, fanno ricorso a metodologie miste, qualitative –come interviste a 120 tra amministrativi, responsabili e membri delle equipe mediche coinvolte nel programma di Home Care– e quantitative –quali l’a-nalisi del numero di ricoveri per paziente e delle mansioni del personale–, che hanno consentito di esplorare dettagliatamente il cambiamento strutturale nell’albero organizzativo delle agenzie sanitarie coinvolte, nonché l’esito dei pazienti seguiti. È emerso che, in soli due anni, l’introduzione del servizio di Home Care ha ampliamente rivoluzionato la struttura delle cliniche coin-volte, migliorando non tanto l’effettivo esito di salute dei pazienti, quanto la "bontà" della cura percepita, sia da parte dei fruitori stessi, sia da parte dello staff sanitario.

Queste esperienze, descritte in articoli recenti, portano a ritenere i pro-grammi di Home Care efficaci sia in termini di effettivo miglioramento nello stato di salute dei pazienti coinvolti, sia per quanto concerne la loro soggettiva percezione della qualità di vita esperita.

1.2

Home Care e ospedalizzazione: costi a

raf-fronto

Il fattore che, più di tutti, ha favorito la diffusione dei programmi di Home Care è stato il potenziale risparmio economico che –a pari qualità delle cure– potrebbe interessare l’ente sanitario erogatore del servizio.

Anche in questo caso, la letteratura non è completamente concorde sul fatto che le cure domiciliari siano meno dispendiose rispetto all’assistenza ospedaliera (Hedrick e Inui, 1986): alcuni studi, come quello di Bergner e al-tri (1988) con trecento pazienti affetti da malattia cronica ai polmoni, hanno

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trovato le cure domestiche più costose rispetto al ricovero, mentre altre ricer-che sono critiricer-che su chi –effettivamente– sostenga la gran parte della spesa e del lavoro relativi alle cure domiciliari (Stommel e altri, 1993). Ciononostan-te, gran parte di questi studi sono piuttosto datati, per cui si può supporre che le nuove tecnologie mediche consentano di sostenere il trasporto e l’instal-lazione nelle case delle tecnologie mediche necessarie a costi più contenuti, tali per cui l’Home Care diviene effettivamente più "economico" rispetto al ricovero, specie per quanto concerne quei pazienti affetti da malattie croniche o soggetti a cure palliative – che necessiterebbero di tempi di ospedalizzazione estremamente lunghi.

Ancora, un recente studio giapponese (Naomi e altri, 2012) ha concluso che i costi dell’assistenza sanitaria a domicilio fossero più elevati, rispetto a quella tradizionale, per settantotto pazienti anziani abitanti in zone rurali: tuttavia, i costi eccessivi imputati all’Home Care derivavano prevalentemen-te da difficoltà climatiche, come massicce nevicaprevalentemen-te, e difficoltà geografiche, quale la distanza tra le case dei pazienti – che suggeriscono unicamente che il ricovero ospedaliero possa essere preferibile qualora vi siano grosse difficoltà di spostamento per il personale medico o che potrebbero essere "aggirabili" attraverso la creazione di tour più efficienti per il personale.

Nonostante i limiti sopra descritti, molte altre ricerche sostengono la mag-giore "economicità" del servizio di assistenza domestica rispetto a quello isti-tuzionale; di seguito sono descritti alcuni studi, che -in ordine cronologico a partire dagli anni ’80- mettono a raffronto costi e benefici di Home Care e cure ospedaliere.

Bloom e Kissick (1980) hanno messo a confronto le spese sostenute dal sistema sanitario per le cure di trentotto pazienti (diciannove assegnati alla condizione sperimentale Home Care e altrettanti, ad essi appaiati per ana-grafica e patologia, assegnati a quella di controllo) con cancro allo stadio terminale, nelle ultime due settimane della loro vita. Il costo medio per pa-ziente, in questi quindici giorni, era di 42 $ giornalieri –per un totale di 586 $– per i pazienti trattati con il programma Home Care, e di 441 $ giorna-lieri e 6180 $ complessivi, per i malati ricoverati in ospedale (cfr. Tabella 1.1 per dettaglio spese): in questo studio, i pazienti ricoverati in ospedale sono risultati dieci volte più "costosi" di quelli trattati in assistenza domici-liare, specialmente per quanto concerne visite mediche, diagnosi, radiografie, terapie mediche e respiratorie, trasfusioni di sangue e spese relative all’at-trezzatura. Gli autori hanno pertanto concluso che, quanto meno per ciò che riguarda le cure palliative di malati terminali, l’Home Care sia una valida e ben più economica alternativa rispetto al ricovero ospedaliero.

Risultati analoghi sono stati raggiunti in uno studio, finalizzato alla ste-sura di un report per la Health Transition Fund canadese (Hollander e

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Chap-Tabella 1.1: Dettaglio costi medi per Home Care e ospedalizzazione nelle ultime due settimane di vita (Bloom e Kissick, 1980)

osp. HC Stanza 2711 Medici 280 17 Infermieri 192 Sostegno a casa 138 Farmaci 876 38 Laboratorio 811 5 Raggi-X diagnostici 223 Raggi-X terapeutici 30 Terapie mediche 120 Terapie respiratorie 428 Trasfusione sangue 309 Attrezzatura 222 85 Perdita di lavoro 78 Altro 170 33 Totale medio 6180 586

Legenda: Sono riportati i costi medi in dollari registrati sui 19 pazienti osservati ("osp": ospedalizzazione; "HC": Home Care).

pell, 2007), che ha visto l’analisi dei dati relativi ai costi di quattro coorti (1987-1988, 1990-1991, 1993-1194 e 1996-1997). Anche in questo caso, le spese totali per coloro che usufruivano di servizi residenziali risultavano ben superiori rispetto ai quelle per i malati seguiti con terapia domiciliare, anche qualora questi ultimi usufruissero di un elevato livello di assistenza. Uno studio precedente degli stessi autori, inoltre, suggeriva che l’Home Care rap-presentasse la modalità più economica anche includendo e "retribuendo" le cure informali prestate ai malati.

Un ulteriore confronto economico tra cure Home Care e tradizionali è proposto da Raisch e altri (2003), che hanno realizzato uno studio di coorte in retrospettiva, assumendo il punto di vista del taxpayer. Gli autori hanno raccolto, da archivi medici, i dati relativi all’esito e al costo delle cure di sessantatré bambini a basso rischio di neutropenia febbrile da chemiotera-pia, in cura presso gli ospedali della University of Arizona e della University

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of New Mexico – distinguendo tra bambini inseriti o meno all’interno di un programma di Home Care.

Nel programma di cure tradizionali, erano conteggiati visite mediche, visite laboratoriali, costo della stanza di ospedale, giorni nell’unità di cura inten-siva, test medici e medicinali somministrati; nel rendiconto dell’assistenza domiciliare, figuravano invece l’assistenza dell’equipe sanitaria, medicinali ed eventuali ricoveri d’urgenza, in caso di peggioramento nelle condizioni del paziente. Sono stati identificati centoquarantaquattro episodi di neutropenia febbrile totali, settantadue in ogni gruppo: gli esiti delle cure sono stati i medesimi, cioè un miglioramento del paziente in seguito a terapia, ovunque essa fosse somministrata. Per quanto concerne i costi, la differenza delle spe-se totali per episodio, tra i due gruppi, era di circa 2000 $ a favore dell’Home Care (5155 $ spesi per i ricoveri ospedalieri, contro i 3499 dell’assistenza do-miciliare). Questo studio, il primo relativo a pazienti a rischio di neutropenia febbrile da chemioterapia, sostiene che la suddetta patologia possa essere cu-rata in casa, senza differenze sostanziali nell’esito e con un notevole risparmio per il sistema sanitario.

Infine, in un recentissimo articolo di Kok e altri (2015), è stato effettuato un raffronto dei costi di assistenza domiciliare con quelli relativi alle case di cura per anziani nei Paesi Bassi, prendendo in considerazione anche la qua-lità di vita percepita dai degenti stessi. Per realizzare questa analisi, è stata adoperata –per la prima volta in quest’ambito– la tecnica del propensity score matching, che prende anche in considerazione gli effetti di caratteristiche di background, quali l’età, il genere e il livello culturale del malato. Ciò che è emerso da questo studio è che, contrariamente a quanto avviene in altri paesi europei (cfr. anche il succitato articolo di Melin-Johansson e altri), gli anzia-ni siano più felici nelle case di cura: tuttavia, questo dato "curioso" potrebbe essere ascrivibile alla peculiare struttura delle comunità per anziani olande-si che, essendo strutturate come grandi condomini con alcune aree comuni, uniscono alla familiarità e al senso d’indipendenza propri dell’Home Care, anche la possibilità di vivere un’esperienza sociale più appagante, fare nuove amicizie e vincere la solitudine. Anche in questo caso, però, se si passa ad analizzare i costi relativi alla somministrazione delle cure, l’assistenza medica a domicilio appare essere molto più conveniente rispetto al ricovero in casa di cura, che è stato valutato 11,350 euro più dispendioso. Gli autori ritengono di poter attribuire tale discrepanza ad un più precoce deterioramento degli anziani nelle case di cura, determinato –a sua volta– da una maggiore inat-tività: nei centri residenziali, infatti, i pazienti sono maggiormente assistiti: non cucinano, non puliscono, non vanno a fare la spesa e divengono, così, più dipendenti e sedentari. Tutto ciò porta a pensare che, anche in questo caso, il vantaggio economico dell’Home Care sia sufficiente a bilanciare una

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qualità di vita esperita come più positiva dai residenti, ma oggettivamente meno "sana".

Di seguito è riportata una tabella riassuntiva dei costi delle tre ricerche descritte maggiormente nel dettaglio, corredata da un trend percentuale che sottolinea il vantaggio economico prodotto dall’Home Care.

Tabella 1.2: Confronto dei costi tra HC e ospedalizzazione in tre studi presenti in letteratura

spese

luogo, periodo soggetti osp. HC var%

Bloom e Kissick (1980) Philadelphia (USA), ultime 2 settimane di vita (1979) 19 malati termina-li con tumore (8 polmoni, 6 intesti-no, 5 altro) 6180 $/per. 586 $/per. −90, 5% Raisch e altri (2003) Arizona e Nuovo Mes-sico (USA), 3 anni (1994-97) 63 bambini tratta-ti per la neutro-penia febbrile da chemio 5155 $/ev. 3499 $/ev. −32, 1% Kok e al-tri (2015) Paesi Bassi, 2 anni (2007-09) 14930 anziani, di cui solo 1889 senza malattie 44760 e/an. 33340 e/an. −25, 5%

Legenda: Sono riportate le spese per le ospedalizzazioni (o presso ca-se di cura, "osp") e relative all’Home Care ("HC"). La colonna "var%" rappresenta la variazione percentuale delle spese HC rispetto alle cure tradizionali.

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Analisi della letteratura

Come descritto nel capitolo precedente, per un’efficiente gestione dei servi-zi di Home Care è fondamentale un accurato bilanciamento tra la qualità delle cure riservate al paziente, la possibilità di generare turni ammissibili per il personale e la riduzione dei costi per il Sistema Sanitario: trattando-si di un problema assai complesso, la Ricerca Operativa risulta essere una disciplina adeguata per definire strumenti di supporto alle decisioni, al fine di individuare soluzioni ottime, oppure soluzioni ammissibili di buona quali-tà, considerando gli svariati elementi che possono caratterizzare il problema di Home Care. Tale problema, infatti, coinvolge diverse figure professionali, quali infermieri, medici, fisioterapisti, psicologi: si tratta di numerose risorse, che i provider dovranno attentamente ottimizzare. Spesso, in aggiunta a ciò, devono essere presi in considerazione fattori quali il rischio di burnout per gli operatori e la continuità delle cure, che per alcune tipologie di pazienti risul-ta fondamenrisul-tale. Ancora, alcuni utenti necessirisul-tano di una presa a carico a medio-lungo termine, per cui risulta fondamentale trovare un bilanciamento tra un buon servizio e la ripartizione del carico di lavoro tra il personale, per l’intero arco di tempo considerato.

Nel seguito, dapprima definiremo il problema Home Care ad un livello piuttosto generale, evidenziando diversi elementi che lo caratterizzano. De-scriveremo quindi alcuni dei principali approcci risolutivi proposti in lette-ratura. Per una definizione del problema più rigorosa si rimanda al capitolo successivo.

2.1

Definizione del problema

Il problema Home Care prende in considerazione un insieme di pazienti e le loro richieste, un insieme di operatori –ciascuno con le proprie competenze, o

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Tabella 2.1: Notazione per la formulazione matematica del problema Notazione Definizione

W orizzonte temporale N = {1, ...n} insieme dei pazienti

K = {1, ..., ¯k} insieme delle skill prese in considerazione

rjk care plan del paziente j riferito alla skill k, j ∈ N, k ∈ K

t0j tempo di visita al nodo j, j ∈ N

tij tempo di viaggio dal nodo i al nodo j, (i, j) ∈ A

O = {1, ..., o} insieme degli operatori

Od⊆ O insieme degli operatori disponibili il giorno d, d ∈ W

sω ∈ K skill dell’operatore ω, ω ∈ O

Dω massimo carico di lavoro per l’operatore ω ∈ O

skill – e l’orizzonte temporale in cui operano, minimizzando o massimizzando una data funzione obiettivo.

Più formalmente, esiste un insieme O comprensivo di tutti gli operatori; fissato un orizzonte temporale W , sono dati i sottoinsiemi Oddegli operatori

disponibili il giorno d (per ogni d ∈ W ). Per ciascun operatore ω ∈ O, sono noti la massima durata giornaliera del servizio Dω e la skill sω che

definisce l’abilità medico-sanitaria di sua competenza (ad esempio infermiere specializzato, medico generico, specialista, ...).

Per quanto concerne l’insieme dei pazienti, indicato con N , invece, sono date le necessità mediche che costituiscono il piano di cura specifico per quel soggetto – o care plan. Precisamente, per ogni tipologia di skill nell’insieme K di skill considerate, è noto il numero di visite richieste nell’orizzonte tem-porale considerato: sia rjk il numero di visite di skill k da pianificare per il

paziente j (per ogni k ∈ K, j ∈ N ). Per esempio, un paziente può richiedere, nell’orizzonte temporale W , una sola visita di skill 1, così come quattro visite di skill 2.

Sia G = (N ∪ {0}, A) il grafo completo orientato che descrive la rete logistica in cui effettuare i servizi di Home Care, composto dagli n nodi corrispondenti agli n pazienti ed un nodo aggiuntivo (nodo 0) denotante la base operativa alla quale tutti gli operatori sono assegnati. I nodi del grafo possono essere raggruppati per vicinanza territoriale del domicilio (medesimo comune o stes-so quartiere): le aggregazioni di pazienti in base a questo criterio prendono il nome di cluster (cfr. Figura 2.1); la distanza tra due nodi appartenenti ad

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0

cluster 0 cluster 1 cluster 4 cluster 2 cluster 3

Figura 2.1: Nodi e raggruppamenti in cluster

Legenda: Le curve tratteggiate raggruppano nei cluster i pazienti con distanze interne al di sotto di una certa soglia. Anche il deposito, nodo 0, appartiene ad un cluster.

uno stesso cluster è sempre inferiore alla distanza tra due nodi appartenenti a cluster differenti e si assume sia pari ad un valore δ sufficientemente piccolo. Il problema di Home Care consiste: (i) nella schedulazione delle visite richieste dai pazienti lungo l’orizzonte temporale – care plan scheduling; (ii) nell’assegnazione di un operatore a ciascun paziente j per ogni giorno in cui sia stata schedulata una richiesta di quest’ultimo –operator assignment – e (iii) nella determinazione del tour (la sequenza di nodi visitata) di ogni operatore per ciascun giorno dell’orizzonte temporale–routing decision–.

Prendere tali decisioni può risultare complesso per la presenza di ulterio-ri requisiti, o vincoli, che possono caratteulterio-rizzare il problema. Ad esempio, l’abbinamento operatore-paziente può non basarsi solo su criteri meramente logistici, ma può prendere in considerazione anche fattori orientati al benes-sere dell’utenza, quali la continuità della cura. La continuità di cura prevede che, in W , il provider di Home Care assegni a ciascun paziente solamente un operatore (o un ristretto team), definito "di riferimento", e che tale binomio sia protratto nel tempo. Tale continuità è un fattore fondamentale per la maggior parte dei servizi sanitari, ma appare ancora più rilevante nel caso di pazienti trattati a domicilio, in quanto la presenza di una figura familiare

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contribuisce a ridurre il senso di medicalizzazione nella vita del paziente e a instaurare un rapporto di conoscenza e fiducia reciproche.

In uno studio del 2004, Woodward e altri hanno intervistato sessantacinque stakeholder (trentadue membri dello staff medico, venticinque utenti e cin-que loro familiari, tre medici di base), chiedendo loro quali fossero i requisiti necessari per assicurare un servizio caratterizzato da Care Continuity. Sono emerse due dimensioni: (i) una, evidenziata in particolare dallo staff sanitario e dai medici di base, relativa ad accurate fasi di programmazione, monito-raggio e revisione del piano di cura; (ii) l’altra, suggerita maggiormente dai destinatari del servizio, più legata alla conoscenza e alla responsività, da parte degli operatori, rispetto alle necessità del paziente. In altre parole, la continuità delle cure è stata definita come un processo di conoscenza intima dei bisogni degli utenti, nonché di realizzazione ed applicazione di un sistema di cura definito sulla base delle loro esigenze.

Ne consegue pertanto che la Care Continuity sia un elemento importante da tenere in considerazione nella formulazione e risoluzione del problema Home Care.

Nel dettaglio, la continuità di cura sopra descritta può essere implementa-ta mediante appositi vincoli, che ad esempio impongono un numero massimo, T , di operatori per paziente. In alternativa, Nickel e altri (2012) suggeriscono di considerare questa caratteristica direttamente nella funzione obiettivo, da minimizzare, insieme con altri aspetti, pesati con opportuni coefficienti:

• i tempi totali di impiego degli operatori – le tempistiche dell’Home Care sono ascrivibili a due categorie: i tempi t0j di servizio dell’operatore presso il domicilio del paziente j e i tempi tij di spostamento lungo

l’arco (i, j) ∈ A;

• le distanze, supponendo che i costi totali siano proporzionali alle di-stanze complessivamente percorse dagli operatori;

• il numero di visite non coperte, qualora si preveda la possibilità di non soddisfare la totalità delle richieste avanzate dai pazienti;

• il lavoro straordinario degli operatori, oltre il proprio turno.

Tale funzione obiettivo è specifica di quanto proposto da Nickel e altri: in let-teratura è possibile trovarne altre, anche molto più complesse, come descritte nel seguito.

In aggiunta a quanto finora presentato e alla scelta della funzione obiet-tivo, vi sono altre caratteristiche che possono complicare ulteriormente il problema:

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• la presenza di finestre temporali da parte del cliente, che restringono il margine temporale entro il quale gli operatori possono effettuare le relative visite;

• la possibilità di impedire una determinata coppia di cliente-operatore; • la necessità di considerare vincoli di tipo contrattuale, relativamente ai

riposi minimi o alle pause degli operatori;

• le potenziali ore lavorative oltre l’orario prestabilito; • la sincronizzazione degli operatori;

• l’imposizione di soddisfare tutte le richieste da parte dei pazienti o meno;

• la possibilità, da parte degli operatori, di delegare alcuni compiti a caregiver informali, qualora ritenuti idonei (outsourcing).

2.2

Modelli e metodi deterministici

Per la determinazione di una soluzione del problema Home Care esistono algoritmi esatti –quali la risoluzione di un modello matematico mediante un opportuno solutore– e approcci euristici. Tra questi, alcuni metodi di decomposizione risolvono separatamente alcune fasi del problema (assegna-mento e routing, per esempio), ove l’output della prima diviene l’input della successiva.

Di seguito, sono brevemente descritti alcuni tra i più popolari modelli e metodi in letteratura, evidenziando alcune delle caratteristiche, proprie del problema Home Care considerato, oppure algoritmiche, precedentemente discusse.

In Yalcindag e altri (2012) è proposta una risoluzione in due fasi, in cui gli operatori sono assegnati ai pazienti ad inizio settimana e la continuità di cura viene imposta come vincolo, per cui ad ogni utente è associato un operatore principale, dotato della main skill più richiesta dal paziente stesso. Quest’ottica di continuità differisce leggermente da quanto solitamente pro-posto in letteratura, in quanto non impone un numero massimo di operatori assegnati, bensì fa unicamente riferimento alla skill principale.

La prima fase proposta prende decisioni riguardo l’assegnazione degli ope-ratori ai pazienti, per la quale gli autori mettono a confronto differenti metodologie:

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• un modello di Programmazione Lineare Intera (PLI) che assegna i pazienti al fine di bilanciare il carico di lavoro degli operatori;

• alcune politiche strutturali che –dopo aver ordinato con opportuni cri-teri l’elenco dei nuovi pazienti ammessi– assegnano un solo paziente alla volta all’operatore con il minor numero di visite fino a quel momento conferitegli.

La seconda fase prende decisioni in merito al routing mediante il problema del Commesso Viaggiatore (TSP), con l’obiettivo di minimizzare la distanza totale percorsa dall’operatore (funzione obiettivo simile è utilizzata anche da Elbanani e altri (2008)). Mediante due sottofasi, si suddividono le visite per giornata e, successivamente, per operatore, per ciascuno dei sei giorni lavora-tivi considerati. Decomponendo il problema in tal modo vengono identificati i tour.

Le sperimentazioni effettuate su un piccolo distretto italiano hanno mostrato che la fase di routing, in questo specifico caso, risultava accessoria in quanto i risultati ottenuti con le distanze di viaggio medio erano buoni quanto quelli ottenuti dal processo di routing.

Anche Nickel e altri (2012) decompongono il problema originale in sot-toproblemi, che sono risolti impiegando differenti metaeuristiche combina-te, seguite da tecniche di perfezionamento: questo consente un trattamento estremamente flessibile di vincoli realistici. L’impiego di algoritmi euristici è molto diffuso: è stato adoperato, tra gli altri, da Everbon e altri (2006) e Bertels e Fahle (2006).

Nickel e altri propongono, inoltre, due differenti soluzioni, a seconda della volontà del provider: nel primo caso, si crea una soluzione ad hoc per la settimana di pianificazione oggetto di studio, in tempi di calcolo ragionevol-mente contenuti.

Nel secondo caso –vero apporto originale alla letteratura– si individua un’uni-ca soluzione per un orizzonte temporale di più settimane, al fine di assicurare la continuità del servizio e semplificare il lavoro del decisore. Definito come Master Schedule Problem (MSP), il problema genera una soluzione master minimizzando il numero di tour, ciascuno di durata minore ad un massi-mo carico lavorativo comune per tutti gli operatori. Eventuali variazioni comportano un aggiornamento del master mediante il problema di Opera-tional Planning (OPP), il cui compito è modificare la soluzione master, se necessario, tenendo conto di eventuali perturbazioni.

Attenzione particolare viene prestata, in letteratura, alle caratteristiche relative ai tour degli operatori, anche concomitantemente con alcuni vincoli contrattuali (relativi a orari, pause, riposi, ...). Tra gli altri, in Cheng e Rich (1998) si richiede di schedulare i pasti degli operatori entro determinate

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finestre temporali, differenziando tra i lavoratori a tempo pieno e quelli part-time.

Nel 2014, Trautsamwieser e Hirsch hanno proposto un modello matema-tico che impone, nel tour di ogni operatore, un tempo di break : esso può avvenire in qualunque momento della giornata purché la durata di lavoro consecutivo non superi una data soglia. Operativamente, le pause sono sche-dulate prima o dopo un servizio, in aggiunta ai tempi di visita. Trattandosi di copertura continuativa –ventiquattro ore su sette giorni– la turnazione av-viene anche su lavoro notturno rendendo necessaria l’imposizione di vincoli aggiuntivi riferiti ai riposi e alle ore intercorse tra la fine di un turno e l’inizio del successivo.

Un’ulteriore caratteristica di questo modello è relativa ai vincoli che determi-nano l’assegnazione paziente-operatore, non limitate unicamente alle skill di quest’ultimo, ma includenti anche la possibilità che uno dei due attori rifiuti l’altro (ad esempio un paziente che rifiuta un operatore fumatore).

Il modello, destinato a una pianificazione a medio termine, viene risolto de-componendolo, mediante la tecnica di decomposizione di Dantzig-Wolfe, in un problema master e in più sottoproblemi. Il primo combina i tour in modo tale da creare piani settimanali ammissibili, in rispetto ai requisiti del pro-blema considerati. I sottoproblemi, invece, determinano un tour ammissibile giornaliero per operatore senza considerare i break.

Alcuni autori si sono invece concentrati sulla locazione geografica di pa-zienti e basi (Lanzarone e altri, 2012). Nello studio in oggetto, con i medesimi vincoli (Care Continuity e la compatibilità tra le qualifiche degli operatori con le skill richieste dai pazienti) vengono presi in considerazione tre scena-ri contrapposti: il pscena-rimo in cui gli attoscena-ri appartengono tutti al medesimo distretto; il secondo con gli operatori impiegati, quanto più possibile, nei di-stretti di appartenenza (m0 distretti indipendenti) ed il terzo con m00distretti integrati, in cui ogni operatore è assegnato sulla base delle skill maggiormente richieste sul territorio. In quest’ultimo caso, l’obiettivo è la minimizzazione dei costi, fermo restando che sono ammessi viaggi più dispendiosi per offrire un servizio migliore.

Un modello che non considera la fase di routing, bensì soltanto quelle di assegnazione e scheduling, è quello di Borsani e altri (2006), testato su dati reali forniti dall’ASL di Lecco. In esso, differentemente da tutti quelli succitati: (i) l’orizzonte temporale è di due settimane; (ii) vi è la possibilità, da parte degli operatori, di delegare alcuni compiti ai caregiver informali, qualora ritenuti idonei (outsourcing); (iii) sono presi in considerazione giorni di visita preferenziali per paziente, sebbene non vincolanti; (iv) l’assegnazio-ne paziente-operatore è rifiutata qualora l’impatto dell’utente sul livello di burnout dell’operatore stesso sia eccessivo.

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Tabella 2.2: Confronto della letteratura - modelli deterministici Y alcindag e altri (2012) Nic k el e altri (2012) T rautsam wieser e Hirsc h (2014) Lanzarone e altri (2012) Borsani e altri (2006) Car e Continuity 1 op eratore di main skil l non vincolan te non considerata 1 op e ratore non vincolan te Finestre temp orali assen ti p er pazien ti e op eratori p er pazien ti e op eratori assen ti preferenze giorni p er pazien te (non vincolan te) La v oro straordinario p ermesso e p e na-lizzato p ermesso e p ena-lizzato non consen tito p ermesso e p ena-lizzato non consen tito Outsour cing non previsto non previsto non previsto non previsto previsto Cop ertura domanda garan tita non garan tita non garan tita garan tita garan tita (ev en-tualmen te con outsour cing Compatibilità pazien te-op eratore p er skill più qualific he p er op eratore e sin-gola skill p e r pa-zien te p er skill e prefe-renze p er skill e lo cazio-ne geografica p er skill, risc hio burnout e lo cazio-ne geografica F unzione obiettiv o distanza p ercorsa n umero visite non sc hedulate; distanza p ercor-sa; p enalità p er CC , overtime temp o di la v o-ro totale; p enali-tà p er visite non sc hedulate costi di viag gio visite delegate; visite effettuate non dall’op erato-re principale o di area differen te

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Il modello è –anche in questo caso– decomposto tra l’assegnazione e lo sche-duling e la funzione obiettivo è espressa come somma pesata di cinque obiet-tivi: minimizzare il numero di visite delegate, il numero di visite effettuate da operatori non "di riferimento" o provenienti da un’area geografica differente, ridurre il numero di visite durante i giorni non preferenziali e concentrare le visite lungo le prime ore della giornata, per consentire agli operatori di dedicarsi a questioni amministrative dopo quelle terapeutiche.

Sulla base di alcuni indicatori di qualità (Care Continuity, percentuale di visite delegate, percentuale di preferenze di giorni rispettate e coerenza geo-grafica), il modello proposto da Borsani e altri è risultato migliore rispetto alle soluzioni reali adoperate dal decisore.

In Tabella 2.2 è riportato un confronto, per punti principali, tra i cinque studi sopra descritti. Di seguito, sono invece sommariamente elencate alcu-ne ulteriori particolarità presenti in alcuni dei contributi visionati, ma non approfonditi in questo elaborato:

• la possibilità che alcuni clienti pazienti rimangano "scoperti" dalla pia-nificazione (Trautsamwieser e Hirsch, 2014): si tratta di una scelta pe-culiare perché usualmente la copertura degli utenti è un criterio molto restrittivo, ad esempio per Jensen (2012);

• lo studio di modelli non lineari: Hertz e Lahrichi (2006) implementano due modelli, uno con vincoli lineari e funzione obiettivo quadratica; l’altro con vincoli non lineari con il fine ultimo di bilanciare il carico di lavoro degli operatori;

• l’impiego di modelli proposti in letteratura per il Vehicle Routing Pro-blem (VRP) imponendo la presenze di finestre temporali entro le quali visitare i pazienti (Bachouch e altri, 2008);

• la restrizione dell’orizzonte temporale ad una pianificazione giornaliera (Hertz e Lahrichi, 2006), con lo scopo di rendere il modello adeguato anche a situazioni di emergenza, quali disastri naturali.

2.2.1

Home Care per cure palliative

Alcuni approcci sono specificamente rivolti alle cure palliative: la particolari-tà di trattare persone, per la maggior parte, con malattie terminali, richiede alcune attenzioni a livello di formulazione del problema.

Innanzitutto, a differenza di altre tipologie di pazienti cui la cura può essere somministrata solamente in dati momenti della giornata (per esempio

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quando non sono al lavoro), in questa circostanza gli utenti hanno tendenzial-mente lasciato il proprio impiego e difficiltendenzial-mente lasciano la loro abitazione. Per questo motivo, non esistono finestre temporali vincolanti entro le quali l’operatore debba effettuare la visita.

La continuità di cura qui assume primaria importanza, poiché i pazienti che si approssimano alla fine della propria esistenza devono confrontarsi, quotidianamente, con decisioni complesse: è pertanto essenziale assicurare loro un punto di riferimento sicuro nel processo di cura, la presenza di un caregiver formale –oltre che informale– capace ed empatico (Reigada e altri, 2015). Il ruolo dell’operatore nel caso di cure palliative, infatti, non si limita alla diretta somministrazione del farmaco, ma comporta anche un livello di cura indiretto che comprende la valutazione, il sostegno alla famiglia, e – soprattutto– un supporto di ordine psico-sociale all’utente stesso. La terapia è pertanto vista come un "processo" continuo, che consiste nel fornire sia le cure di prima necessità, sia un sostegno al benessere psicologico del paziente (Husaini, 2014).

Inoltre, le skill per il problema in questione sono solitamente di tipo ge-rarchico, a livelli, in quanto per soddisfare una richiesta di skill k da parte di un paziente, si può impiegare un operatore di quel livello o anche uno più qualificato (Cappanera e Scutellà, 2015). Ad esempio, considerati due operatori con differente skill, tutte le prestazioni offerte dall’operatore meno qualificato possono essere dispensate anche dall’altro, ma non viceversa. Questa particolarità fa sì che nelle soluzioni generate si possa verificare il feno-meno dell’overskill, ossia l’impiego di un operatore di skill superiore rispetto a quella associata alla visita in oggetto.

2.3

Cenni all’ottimizzazione robusta

I sistemi di supporto alle decisioni sono uno strumento indispensabile per la gestione di molti sistemi reali complessi. Tra questi assumono particolare ri-lievo i problemi di ottimizzazione su reti, quali quelle logistiche, generalmente assai complessi.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è relativo alla effettiva conoscenza dei parametri che caratterizzano il sistema: ci può essere infatti incertezza relativa all’effettivo valore assunto da alcuni di tali parametri a causa di accadimenti imprevisti, che possono alterare lo stato corrente del sistema, oppure per l’impossibilità di conoscere gli stati corrente e futuri.

A causa della complessità computazionale di molti problemi di ottimizza-zione e della limitata capacità risolutiva di molti sistemi di supporto, tuttavia, l’incertezza è stata a lungo trascurata o affrontata mediante il cosiddetto

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pro-blema del valore atteso, in cui si assume che i parametri incerti del sistema si realizzino mediante il relativo valore atteso, nella speranza che il solutore fornisca una soluzione ragionevolmente buona nel caso medio.

Con l’incremento della potenza di calcolo, a seguito del progresso tecnologi-co, la comunità scientifica ha iniziato a includere esplicitamente l’incertezza nei modelli matematici, affrontandola per via algoritmica.

Le principali metodologie utilizzate (Pascali e Scutellà, 2009) –frutto di un attento bilanciamento tra il livello di robustezza (ovvero l’insieme degli scenari per i quali la soluzione determinata risulta ammissibile anche in segui-to al verificarsi di eventi incerti) e il cossegui-to computazionale di elaborazione– sono:

• la programmazione stocastica, in cui ad ogni parametro incerto (o ad ogni evento imprevisto) –anzichè un valore definito– viene associata un’opportuna distribuzione di probabilità;

• l’ottimizzazione robusta, con il fine ultimo di determinare una soluzio-ne ottima, tesoluzio-nendo in consideraziosoluzio-ne il verificarsi di un numero ben specificato di variazioni dei parametri incerti.

Relativamente al problema di Home Care, l’incertezza relativa ai para-metri del problema può riguardare, ad esempio, i tempi di viaggio. Tale incertezza può essere trattata definendo un insieme S di scenari possibili: si potrebbero considerare due scenari –mattino e pomeriggio–, che descrivono i tempi di percorrenza di ciascun arco della rete nelle ore mattutine (scenario mattino) e nelle ore pomeridiane – in cui si suppone la presenza di maggior traffico lungo l’infrastruttura (scenario pomeriggio).

In alternativa, impiegando la cosiddetta rappresentazione mediante inter-valli, è possibile assumere che il tempo di viaggio lungo ciascun arco – tij, ∀(i, j) ∈ A– appartenga ad un intervallo dato [t−ij, t

+ ij], ove t − ij e t + ij sono

rispettivamente il lower bound e l’upper bound per il valore assunto da tij.

Ancora, l’incertezza può essere rappresentata mediante poliedri: il vettore dei parametri incerti, α, può dunque variare all’interno di uno spazio definito da un poliedro della forma Q = {α : H · α ≤ g}, ove H è una matrice di vincoli e g il corrispondente vettore di termini noti.

Più formalmente, si denoti un generico problema di ottimizzazione con la notazione:

min{c(x) : x ∈ F } (2.1)

con F regione ammissibile del problema, su cui va minimizzata la funzione obiettivo c(x). Il problema 2.1 è definito problema nominale, mentre il pro-blema di ottimizzazione che determina soluzioni robuste viene indicato come la controparte robusta di 2.1.

(36)

Tale controparte robusta può essere definita in diversi modi, considerando per semplicità il caso in cui un solo parametro, sempre denotato mediante il simbolo α, sia affetto da incertezza, quali:

• Incertezza in senso assoluto, a livello di funzione obiettivo o a livello di regione ammissibile:

1. nel primo caso, dato S l’insieme dei possibili scenari del parame-tro incerto α, sia cs(x) il valore della funzione obiettivo per la soluzione x ∈ F , nel caso si realizzi lo scenario s ∈ S. Una solu-zione robusta può essere determinata con il criterio min − max, risolvendo il problema:

min{max{cs(x) : s ∈ S} : x ∈ F } (2.2) o, equivalentemente, introducendo una variabile ausiliaria m:

min{m : cs(x) ≤ m, s ∈ S, x ∈ F }. (2.3) 2. qualora il parametro α entri in gioco nella definizione della regio-ne ammissibile, la soluzioregio-ne x∗ ∈ F∗ si determina risolvendo il

problema:

min{c(x) : x ∈ F∗} (2.4)

ove F∗ è l’insieme di tutte le soluzioni ammissibili per tutti gli scenari (F∗ = ∩s∈SF (s), con F (s) l’insieme delle soluzioni

ammis-sibili per lo scenario s).

• Incertezza in senso assoluto con parametro di controllo:

sia Γ un parametro intero non negativo, detto parametro di control-lo, utilizzato per segnalare che soltanto alcuni scenari sono meritevoli di attenzione. Infatti, si prendono in considerazione soltanto gli sce-nari in cui al più Γ componenti del parametro incerto α si discostano dal rispettivo valore nominale. Più formalmente, definito S(Γ) ⊆ S come il sottoinsieme di scenari individuati dal parametro di controllo Γ, la controparte robusta del problema è determinabile risolvendo il problema:

min{max{cs(x) : s ∈ S(Γ)} : x ∈ F }. (2.5) All’aumentare di Γ si registra un incremento del livello di robustezza; al contrario, con Γ = 0, si ignora ogni forma di incertezza attribuita al parametro, assumendo conseguentemente che ciascuna componente di α si verifichi secondo il proprio valore nominale.

(37)

• Incertezza in senso relativo: qualora si ritenga che gli approcci pre-cedenti siano eccessivamente conservativi, il criterio di robustezza in senso relativo definisce il problema robusto come:

min{max{(cs(x) − c∗(s) : s ∈ S} : x ∈ F } (2.6) ovvero, il massimo scostamento del costo di x rispetto al valore ottimo nello scenario considerato deve essere il minore possibile, al variare del parametro incerto α. c∗(s) denota il costo della soluzione ottima (di cui si assume l’esistenza) corrispondente allo scenario s.

Un importante contributo nell’ambito dello studio sulla robustezza, che discende dalle teorie proposte sin dai primi anni ’70, è offerto da Bertsimas e Sim (2004). Tali autori hanno infatti proposto l’approccio di ottimizzazione robusta con parametro di controllo, che sarà utilizzato anche in questo lavoro di tesi.

2.4

Modelli e metodi robusti

Considerando le metodologie richiamate nel paragrafo 2.3, il primo studio del problema di Home Care in presenza di incertezza si basa sulla program-mazione stocastica. Yuan e altri, nel 2014 e nel 2015, hanno proposto un approccio risolutivo per il problema di Home Care considerando il caso in cui i tempi di servizio presso i pazienti siano stocastici, in base alle condizio-ni di salute degli stessi. Per ogcondizio-ni paziente i, i tempi impiegati per la visita risultano modellati da una distribuzione Gaussiana τi ≈ N (µi, σ2i), ove µi e

σi2 sono rispettivamente la media e la deviazione standard della distribuzione Normale associata al pazienti i.

Come nel caso deterministico, il problema consiste nella determinazione di un insieme di tour, minimizzando i costi totali, visitando tutti i pazienti e soddisfacendo i requisiti di compatibilità tra la skill della visita con le mansioni dell’operatore. Contribuiscono alla funzione obiettivo sia i costi dell’operatore per lo svolgimento della visita (proporzionali al tempo stoca-stico impiegato), sia le penalità per ritardato inizio di una visita concordata rispetto all’orario schedulato: i due costi attesi, rispettivamente ES e ED, vengono stimati utilizzando la funzione di distribuzione corrispondente. Gli autori dimostrano, inoltre, due proprietà: per ciascun operatore e cia-scun cliente, (i) i costi attesi sono tra loro correlati e (ii) ad un aumento della deviazione standard del tempo di visita dell’operatore prima di raggiungere il paziente in oggetto, corrisponde un innalzamento del valor medio per ED. Utilizzando un algoritmo di Branch&Price e mediante la decomposizione di

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Dantzig-Wolfe, il modello iniziale viene decomposto in un problema master, formulato come un classico problema di Set Partitioning (SPP), e in diversi sottoproblemi, corrispondenti a problemi di tipo Elementary Shortest Path con vincoli sulle risorse (ESPPRC).

Yuan e altri hanno constatato che il problema master risultava irrisolvibile anche per piccole istanze, a causa delle numerose variabili. Per questo mo-tivo, si è fatto ricorso ad un algoritmo di Generazione di Colonne definendo un Restricted Master Problem (RMP), risolto inizialmente con un approccio costruttivo in cui si costruiscono i tour degli operatori inserendo clienti vicini a quelli già facenti parte dei tour, finchè la capacità lavorativa giornaliera non viene raggiunta.

I risultati sperimentali hanno validato gli algoritmi proposti, con l’impiego di alcune specifiche tecniche di accelerazione.

Un altro contributo relativo all’incertezza dei tempi di visita presso i pazienti è proposto da Carello e Lanzarone (2012). Differentemente dal pre-cedente studio, l’ammontare del tempo di lavoro –per il j-esimo paziente nel giorno d ∈ W – è un parametro incerto rjd, con valore atteso ¯rjd ed una

mas-sima variazione incrementale pari a ˆrjd. Tale incertezza viene modellata con

l’approccio di ottimizzazione robusta con parametro di controllo suggerito da Bertsimas e Sim (2004), ricorrendo ad un parametro Γ per ciascun ope-ratore. A titolo esemplificativo, sia Γωc il parametro per l’operatore ω ∈ O per il sottoinsieme dei pazienti che richiedono la Care Continuity: al più Γωc pazienti visitati da ω potranno richiedere un tempo di visita pari a ¯rjd+ ˆrjd.

Nguyen e altri (2015) studiano, invece, alcuni scenari ove l’incertezza è riferita a parametri diversi: nello studio si prende in considerazione la ca-sistica in cui un operatore all’improvviso –per malattia o altri motivi– sia indisponibile ad effettuare il tour assegnatogli.

In aggiunta all’insieme O degli operatori detti "ufficiali", si considerano allora alcuni operatori esterni, impiegati qualora i primi non riescano a soddisfa-re la domanda, comportando però costi aggiuntivi. Definito Γ, intero non negativo, quale il numero massimo di operatori mancanti in un determinato giorno dell’orizzonte temporale, lo scenario peggiore che si possa verificare è quando esattamente Γ operatori sono assenti ed è necessario impiegare ope-ratori esterni di skill massima, assumendo che il costo aggiuntivo aumenti all’incrementare delle competenze richieste all’operatore neodesignato.

In Tabella 2.3 è riportato un confronto degli studi presentati, facendo riferimento ad alcuni punti non trattati nella discussione precedente. Da tale analisi emerge che in letteratura non esistono contributi che studino l’incertezza relativa alle richieste di visita dei pazienti. Per colmare questo gap, nel capitolo successivo verrà presentato un approccio robusto che tratta tale caso, a partire da un approccio deterministico proposto in letteratura.

(39)

Tabella 2.3: Confronto della letteratura - modelli robusti Prog. sto castica Ottimizzazione robusta Y uan e altri (2014) C ar e llo e Lanzarone (2012) Nguy en e altri (2015) Incertezza tempi visita tempi visita disp onibilità op eratori Car e Continuity (non trattata) vincolan te p er alcuni gruppi non considerata Finestre temp orali p er pazien ti: termine mass i-mo p er iniziare una visita assen ti p er pazien ti, di due liv elli: vincolan ti o causan ti p enalità La v oro straordinario non consen tito p ermesso e p enalizzato p ermesso e p enalizzato Outsour cing non previsto non previsto non previsto Cop ertura domanda garan tita garan tita garan tita con l’ev en tuale au-silio di op eratori e sterni di supp orto Compatibilità pazien te-op eratore p er skill p er skill e lo cazione geografi-ca p er skill F unzione obiettiv o costi totali e p enalità p er visite ritardate riduzione overtime costi iniziali e do vuti all’im-piego di op eratori esterni

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