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IL DIRITTO DI ACCESSO AD INTERNET DEL "CITTADINO DIGITALE"

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Il diritto di accesso ad Internet del cittadino “digitale”

Candidato: Relatore:

Alessandro Angileri

Prof. Francesco Dal Canto

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1

(3)

2

INDICE

Introduzione ...4

CAPITOLO 1

INTERNET

E

IL

DIRITTO

DI

ACCESSO

ALLA

RETE

1 L’importanza della rete ...6

2 Internet: regola o anarchia? ...12

3 Le nuove tecnologie e le generazioni dei diritti ...16

4 La ricerca di un fondamento costituzionale per Internet...19

5 La qualificazione giuridica e il dibattito dottrinale sul diritto di accesso ad Internet ...24

6 Un rifermento esplicito al diritto di accesso ad Internet nella Costituzione Italiana? I disegni di legge costituzionale ...32

7 Il diritto di accesso nella Dichiarazione dei diritti in Internet. ...40

CAPITOLO 2

UGUAGLIANZA

E

DIVARI

NELL’ACCESSO

AD

INTERNET

1 La Neutralità e l’accesso alla rete ...48

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3

3 Il digital divide materiale, di conoscenze e di genere ...57

4 Gli interventi volti a limitare il divario digitale globale ...60

5 Gli interventi di contrasto al digital divide all’interno dell’U.E. e in Italia ...63

5.1 La “Legge Stanca” ... 67

5.2 Il codice dell’amministrazione digitale ... 69

5.3 Il ruolo delle Regioni ... 72

5.4 Gli interventi più recenti ... 76

CAPITOLO 3

IL

DIRITTO

DI

ACCESSO

A

INTERNET

NEL

CONTESTO

INTERNAZIONALE

1 Le posizioni dell’ONU e il rapporto Frank La Rue ...83

2 La posizione dell’Unione Europea e la raccomandazione Lambrinidis ...87

3 La garanzia del diritto di accesso ad Internet in alcune Carte costituzionali ...90

3.1 Il Marco Civil da Internet ... 93

4 Le previsioni legislative ...95

5 Le pronunce giurisprudenziali ...99

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ... 108

(5)

4

Introduzione

È sempre più evidente come l’affermarsi di Internet abbia modificato profondamente le nostre abitudini e in generale le relazioni sociali. Non è più solo un mezzo di comunicazione di massa, ma soprattutto una nuova dimensione, un nuovo luogo(il c.d. cyberspazio) in cui è possibile esercitare diritti, adempiere doveri ed usufruire di infiniti servizi. È ormai chiara a tutti la rilevanza geopolitica di Internet ma soprattutto la sua utilità pratica nella vita quotidiana di tutti. Su Internet ci mettiamo in contatto con i nostri cari, esprimiamo il nostro pensiero, ci riuniamo, ci istruiamo e informiamo, esercitiamo attività di impresa e adempiamo doveri. La digitalizzazione di molti servizi pubblici e le possibilità di partecipazione alla vita democratica attraverso la rete, inoltre, hanno portato al concetto di “cittadinanza digitale” e i cittadini, per ben relazionarsi con i pubblici poteri necessitano di una connessione alla rete.

Oggi, dunque, tutti viviamo anche su Internet. Ecco perché Internet viene sempre di più considerato come un bene fondamentale che lo Stato deve tutelare.

Partendo da questi presupposti questo lavoro vuole porre l’attenzione sull’accesso ad Internet, un’attività prodromica rispetto all’esercizio di diritti e libertà.

La lente di osservazione è quella del diritto costituzionale, la stessa con la quale dottrina e giurisprudenza hanno analizzato la tematica di quello che da più parti è indicato come il “diritto di accesso ad Internet”, tentando di trovare una qualificazione giuridica e un inquadramento all’interno della Costituzione.

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5

Il secondo capitolo pone l’accento su una tematica strettamente connessa all’accesso ad Internet, quella del digital divide. Con l’espressione digital divide si fa riferimento alla diseguaglianza in termini di accesso alle tecnologie digitali, sia tra gli Stati sia tra i vari strati della popolazione in ambito nazionale, guardando agli interventi in ambito nazionale e sovranazionale volti a superarlo.

Infine, per tentare di definire meglio una realtà internazionale come quella di Internet, ho ritento opportuno una pur breve ricerca di stampo comparatistico volta ad osservare come alcuni Stati, in Europa e nel mondo, hanno regolato e garantito il diritto di accesso alla Rete tramite le costituzioni, le leggi ordinarie e le pronunce giurisprudenziali.

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6

CAPITOLO 1

INTERNET

E

IL

DIRITTO

DI

ACCESSO

ALLA

RETE

1

L’importanza della rete

A partire dalla metà degli anni 90 lo sviluppo delle nuove tecnologie e, in particolare, la prepotente affermazione della rete Internet, hanno rappresentato una rivoluzione in grado di apportare enormi cambiamenti nella vita sociale e di relazione, ponendosi sempre più come “strumento” essenziale per la fruizione di diritti e libertà e portando i giuristi ad un’inevitabile analisi del fenomeno e ad interrogarsi sull’opportunità o meno di una regolamentazione ad hoc.

Se fino a poco tempo fa l’uso della Rete era legato principalmente alla consultazione dei siti per acquisire informazioni, adesso Internet si presenta come uno spazio che permette di sperimentare nuove forme di espressione e di relazione.

Il Cyberspazio1, sinonimo di Internet, è un “non-luogo” reale e non astratto, a-territoriale e sovranazionale, con una struttura reticolare composta da tanti punti quanti quelli ove ci sia un accesso.

Per quanto si tenti di trovare delle analogie tra Internet ed altri mezzi di comunicazione tradizionali (televisione, telefono, radio, giornali, etc.), permangono delle caratteristiche che rendono Internet del tutto peculiare. Oltre il venir meno della materialità e alla rottura

1 Termine coniato da William Gibson nel romanzo Burning Chrome, 1ª ed., Arbor House, 1986.

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dei confini, una delle caratteristiche principali è l’interattività che permette il passaggio, nella trasmissione delle reti digitali, da una comunicazione a senso unico ad una che prevede un canale di ritorno per l’utente, rendendo possibile l’interazione con l’emittente. Inoltre la comunità operante sulla Rete è la comunità globale che ricomprende tutti coloro possano essere in grado di accedervi.

L’orizzonte giuridico di Internet è destinato ad allargarsi sempre di più e si assiste ad una trasformazione della realtà e alla conseguente nascita di nuovi diritti2. Non c’è un settore che non ne sia coinvolto: la manifestazione del pensiero, il lavoro, l’istruzione, ma anche il diritto civile dei contratti e delle transazioni concluse tramite strumenti informatici, il diritto penale dei reati informatici e delle frodi elettroniche e ancora il diritto amministrativo dell’e-government e dell’amministrazione digitale, il diritto processuale del c.d. “processo telematico” e della razionalizzazione informatica del sistema processuale.

Tra le innumerevoli attività che ogni membro della comunità può svolgere in rete vi sono ad esempio:

L’utilizzo di Blog e Forum, piazze virtuali che permettono la comunicazione e lo scambio di informazioni tra più soggetti accomunati da uno stesso interesse con un coinvolgimento che può essere, a differenza delle piazze reali, anche a livello planetario; L’invio e la ricezione di e-mail, che sotto certi aspetti, può essere equiparata alla corrispondenza, con la notevole differenza nel

2T.E.FROSINI, Il diritto costituzionale di accesso ad internet, rivista numero 1/2011, AIC, dicembre 2010, p. 15.

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8

mezzo utilizzato è nella possibilità di conservare il contenuto delle e-mail in apposite allocazioni di memoria;

Le Chat, all’interno delle quali la comunicazione sullo spazio virtuale avviene in tempo reale, in maniera differente dall’utilizzo delle e-mail;

Condividere il proprio materiale contenuto in file con gli altri utenti nella Rete;

Offrire servizi di carattere informativo e pubblicare in rete delle testate giornalistiche;

Svolgere attività come e-commerce e e-banking che permettono al consumatore di visitare le diverse offerte sui portali specializzati filtrando il campo della ricerca in base alle proprie esigenze;

La ricerca di ogni tipo di materiale attinente ai più svariati campi di interesse (commerciale, scientifico, politico, ludico, etc.) e possibilità di “scaricare” i file sul proprio strumento informatico. I social network come Facebook o Twitter, inoltre, hanno modificato il modo di essere comunità e i rapporti interpersonali3. All’interno degli stessi, milioni di utenti, ogni giorno, condividono pensieri ed esperienze, raccontate tramite l’upload e download di file contenenti immagini e suoni, raggruppandosi in base agli interessi comuni.

Il Social Networking nasce come punto di incontro tra la tendenza all’uso dei media digitali come strumento di supporto alla propria rete sociale, l’uso come strumento di espressione della propria identità sociale e come mezzo di esplorazione e confronto con gli altri membri della rete4.

3 G.DE MINICO, Internet Regola e Anarchia, Jovene Editore, Napoli, 2012, p. 5. 4 G.RIVA, i social network, il Mulino, Bologna, 2016, p. 13.

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9

Anche la politica si trova davanti a cambiamenti, in quanto Internet si affianca e si sostituisce sempre più spesso alle piazze tradizionali, ai comizi, alle assemblee e diventa luogo di partecipazione democratica. In Italia, ad esempio, ha preso forma e si è sviluppato un movimento politico (il Movimento 5 Stelle), il quale, nato come un semplice blog dove raccogliere i dissensi dei cittadini verso la classe politica e il mal governo, si pone oggi come una delle tre maggiori forze politiche del Paese. Sulla rete lo stesso movimento, nel 2013, in occasione delle elezioni politiche, ha proposto agli iscritti sul blog una selezione per la candidatura alla Camera e al Senato della Repubblica Italiana attraverso un voto on-line – c.d. “parlamentarie”, cosi come per le elezioni del Presidente della Repubblica, c.d. “quirinarie”, e per la decisone in ordine alla linea del movimento su questioni più importanti rispetto alle scelte politiche e allo statuto.

Internet è anche uno “spazio” che supera i confini statali e si pone come uno strumento che permette alle comunità di confrontare i propri diritti e le proprie libertà con quelli di luoghi lontani, creando la consapevolezza di eventuali diseguaglianze e facendo sì che ci sia, a contrario, una domanda di eguaglianza. Un esempio in questo senso può essere dato dal fatto che, su Internet, hanno preso vita e si sono sviluppati quei movimenti che hanno dato il via alla c.d. “primavera araba”.

Sulla Rete nascono inoltre nuove forme d’impresa, i nuovi interessi economici sono fondati soprattutto sui dati personali degli utenti, definiti come “il nuovo petrolio”, in grado di orientare i mercati sulla base di gusti inclinazioni e preferenze degli stessi.

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Ecco perché Internet viene sempre di più considerato come un bene comune fondamentale5.

Se Internet è un bene comune, ciò che lo Stato deve tutelare, in quanto responsabile della tutela dei diritti dei suoi cittadini nonché dello sviluppo della società, è l’accesso a questa nuova dimensione sociale, giuridica ed economica.

Già da un rapido elenco di alcune delle attività più svolte sulla Rete e della rilevanza della stessa sulla vita di individui e comunità si evince un fortissimo rapporto tra diritto e tecnologia e l’intreccio di problematiche che si pongono già solo sul piano giuspubblicistico. Sembrano emergere dunque, dalla coscienza sociale, a seguito dello sviluppo tecnologico, quelli che possono essere definiti dei “nuovi diritti” fondamentali6, esigenze di tutela che seppure non godono di

5 Sono diffusi studi e movimenti volti a definire Internet come bene comune. Il 18

settembre 2012 è stata lanciata dal Ministero per l'università e la ricerca una consultazione pubblica sui principi fondamentali di Internet per "arricchire e migliorare il documento che riassume la posizione italiana sui principi fondamentali di Internet” da portare all'Internet Governance Forum di Baku. Alla voce “Principi generali” del documento si fa riferimento ad Internet bene comune: “I protocolli di

Internet sono bene comune inalienabile, a garanzia della sopravvivenza stessa della rete. Essi rimangono a disposizione dei diversi attori che operano in internet, siano essi società civile, imprese o istituzioni pubbliche. Inoltre, dati, informazioni, contenuti ed esperienze presenti in rete e sulle piattaforme ivi ospitate rappresentano una risorsa comune in formato digitale che, ampliando l’offerta culturale e le possibilità di una condivisione della conoscenza, arricchisce la collettività e favorisce il progresso sociale ed economico. A nessun individuo o gruppo può essere impedito, in modo diretto o indiretto, di accedere ai contenuti pubblici disponibili in rete”. Documento disponibile su

http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/09/20/news/al_via_la_consultazione_pub blica_sui_principi_fondamentali_di_internet-42906201/.

Sul tema dei beni comuni, A.M.MARELLA, Oltre il pubblico e il privato per un

diritto dei ben comuni, Ombre corte, 2012; eL.COCCOLI, Commons, beni comuni,

il dibattito internazionale, e-book goWare, collana filosofia. Su Internet bene

comune,

http://www.confinionline.it/it/Principale/Informazione/news.aspx?prog=62448S; http://www.internetbenecomune.it/. Inoltre, S.RODOTÀ, Il diritto di avere diritti,

Laterza Editore, 2013, pp. 130 e ss, per il quale la conoscenza in Internet è un bene comune.

6T.EFROSINI, Il diritto costituzionale di accesso ad internet, rivista numero 1/2011, AIC, dicembre 2010, p. 1.

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un esplicito riconoscimento normativo, hanno un chiaro “tono costituzionale”, che fa sì che possano essere collocati, implicitamente, all’interno della Costituzione.

Da un punto di vista costituzionale, le tecnologie determinano nuove forme di libertà che, laddove non codificate, possono essere riconosciute nell’alveo delle libertà costituzionali tradizionali. Certamente, tuttavia, in un periodo storico fortemente contrassegnato dal fenomeno della globalizzazione, è difficile modellare le società degli individui entro i “recinti” costituzionali, per via del fatto che rispondono a regole sovranazionali e non più locali7.

Internet si pone come un «catalizzatore essenziale della globalizzazione contemporanea»8, in quanto travalica i confini superando le barriere doganali ed elimina le differenze culturali. Ci si confronta dunque con un diritto che va oltre lo spazio, dove il territorio è virtuale e la comunità acquisisce una “cittadinanza” virtuale tramite l’accesso.

7G.DELLA CANANEA, Al di là dei confini statuali. Principi di diritto pubblico

globale, in T.EFROSINI, Il diritto costituzionale di accesso ad internet, rivista numero 1/2011, AIC, dicembre 2010, p. 2.

8 T.W.GOLDSMITH, Who Controls the Internet? Illusions of Boardless Word, Oxford University Press, New York, 2006, p.179.

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2

Internet: regola o anarchia?

Sembra opportuno soffermarsi su una riflessione preliminare alla tematica dell’accesso ad Internet, cercando di dare una risposta all’ interrogativo che spinge a chiederci se esista un diritto per Internet e, se si, quale. È naturale domandarsi se uno spazio o “non-spazio” del tutto peculiare, indefinibile e senza confini, che apre nuove frontiere allo sviluppo umano, sia regolabile o sia necessario lasciarlo libero da incursioni esterne che ne regolino l’accesso e le attività esercitabili.

In questo contesto si assiste a uno scontro tra sostenitori di opinioni diverse, tra chi ritiene che Internet non vada regolato in quanto realtà extra-ordinem, condividendo la posizione della dottrina anglosassone, e chi invece ritiene necessaria la garanzia da parte di un soggetto pubblico che sia nazionale o sovranazionale.

La prima opinione è quella che si rifà al concetto anglosassone del “cyberspace, no-law space”, teorizza dunque un’indipendenza di Internet che permette il superamento dei limiti territoriali delle varie amministrazioni e rappresenterebbe una garanzia di libertà per gli utenti. Internet sarebbe regolato dalla c.d. Lex Informatica, che esprime un ordine parallelo a quello statale. Le norme verrebbero imposte dalla stessa comunità virtuale.

Certamente sarebbe poco auspicabile una regolamentazione di Internet che venga totalmente affidata al “diritto dei privati”, per la sua evidente ed importante funzione pubblica che necessità di una tutela ampia. È, infatti, tutta da dimostrare la capacità della rete di assicurare protezione alle categorie meritevoli. L’interesse

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dei soggetti più deboli soccomberebbe di certo in una negoziazione con i privati più forti, in quanto risulta facile immaginare delle regole, formalmente concordate, ma certamente disequilibrate nel contemperamento di interessi diversi. Inoltre questo sistema porta con sé un problema di compatibilità delle fonti, in quanto questa autoregolamentazione verrebbe ad avere efficacia erga omnes, dunque anche nei confronti di chi non ha partecipato alle trattative ma deve suo malgrado accettare una disciplina sbilanciata.

Una seconda opinione invece, sostiene la necessità di un soggetto pubblico alla produzione spontanea del diritto.

Si passerebbe allora da una self-regulation ad una co-regulation. La co-regulation9 è un ricorso all’autorità per conformare una pluralità di rapporti intersoggettivi portandoli ad avere un’efficacia generale. Si va da una partecipazione minima del potere pubblico fino ad un ad una manifestazione che impone al privato il suo potere regolatorio. Lo Stato, non riuscendo ad esaurire in sé ogni manifestazione della giuridicità, riconosce un diritto non concepito dalla propria capacità autoritativa e assegna una rilevanza giuridica ad una norma prodotta insieme alla libertà dei privati. La legge avrà un ruolo primario e l’autoregolazione seguirà il percorso delineato dal legislatore, completando il progetto regolativo laddove il legislatore non si è pronunciato.

Un diritto giusto per internet deve però riflettere le caratteristiche fondamentali della rete. La a-territorialità non deve essere letta

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come mancanza di un proprio territorio che ne giustifichi il contenimento all’interno dei singoli Stati.

Il territorio di Internet è virtuale e globale, e da questo punto di vista il diritto di Internet non dovrebbe essere determinato da confini geopolitici ma deve essere il più possibile eguale.

Le regole della rete devono avere la capacità di espandere i diritti e le libertà classiche, devono dunque essere il più possibili eguali e liberali e devono applicarsi a tutti coloro che con l’accesso alla rete acquisiscono l’equivalente di una cittadinanza virtuale. La disciplina di Internet dovrebbe essere applicata da strutture di governance democratiche che riflettano l’universalità della rete. Una governance della rete sembra necessaria, inoltre, perché la libertà della stessa potrebbe porsi in contrasto con altri valori fondamentali quali: la sicurezza, la libertà di iniziativa economica e la tutela contro gli abusi della rete; queste istanze giustificherebbero una limitazione della libertà a vantaggio di un bilanciamento tra la libertà della rete e gli altri valori sottolineati. Questo bilanciamento deve avvenire all’interno di un ordinamento giuridico, tuttavia se i diversi valori hanno una consistenza che travalica i confini statali, diventa difficile individuare il livello di normazione adeguato. Emerge una contraddizione, da un lato universalità ed espansione dei diritti ed uguaglianza, dall’altro discipline restrittive e differenziate Stato per Stato10.

Ma chi può essere individuato come legislatore per regolare la rete? Considerando la naturale a-spazialità della stessa l’interrogativo appare d’obbligo, in quanto le condotte seppure

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disciplinate in un territorio delimitato diffonderanno i loro effetti nello spazio globale. Ad esempio, non sarebbe sufficiente proibire una condotta in uno Stato se poi altri Stati l’ammettessero, in quanto sarebbe sufficiente collocare un server in uno Stato permissivo per aggirare il divieto.

Di certo non è facile inquadrare la rete dal punto di vista costituzionale, in quanto il diritto costituzionale ha una dimensione tipicamente nazionale.

Fin dalle origini si è costituita una sorta di Costituzione dei “signori della rete”11, sviluppata dalle agenzie che hanno favorito l’elaborazione del codice, attraverso la gestione dei registri del codice stesso. Una costituzione neurale, con una legittimazione esterna agli Stati.

Dal 1998 la gestione degli indirizzi IP o dei DNS, è sottoposta al controllo della società di diritto californiano ICANN, un ente no profit di diritto privato, organizzato con modalità internazionale e registrato nello Stato della California negli Stati Uniti; altri enti inoltre, si sono posti come Istituzioni di auto-organizzazione12. I soggetti che hanno collaborato per lo sviluppo della rete si sono dotati recentemente di una parvenza di Costituzione, la Dichiarazione di Montevideo, in cui l’esigenza principale è salvaguardare i valori della rete tramite un processo che vede la cooperazione di tutti gli stati coinvolti. Questa collaborazione è

11G. L. CONTI, La governance dell’Internet: dalla Costituzione della rete alla

Costituzione nella rete, in Internet e Costituzione, a cura di M. NISTICÒ - P. PASSAGLIA, Giappichelli editore, Torino, 2014, p. 86.

12 Si tratta della Internet Society, dell’Internet Architecture Board, dell’Internet Engineer Task Force, del World Wide Web Consortium, etc., ovvero quei soggetti che hanno una origine statale, spesso incorporati secondo le leggi degli Stati Uniti, che operano secondo modelli comuni, per mezzo di comitati i cui partecipanti sono selezionati su base volontaria e non vengono remunerati per l’attività che svolgono.

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ostacolata però da alcune istanze degli Stati che vorrebbero controllare il mondo della rete. Una piena collaborazione ed una cessione di sovranità da parte degli Stati a favore di una regolamentazione sovranazionale appare oggi, per quanto auspicabile, assai difficile, per via dei prevalenti interessi specifici relativi soprattutto alla sicurezza e all’economia. Sembrerebbe opportuno, dunque, un impegno dei singoli Stati a tutela dei valori fondamentali che si intrecciano con le attività e le libertà esercitabili su Internet. Certamente appare necessario stabilire condizioni affinché possa regolamentarsi efficacemente un favor rei nei confronti dei soggetti in svantaggio, al fine di stabilire un’eguaglianza sostanziale. Al fine di rendere concreta un’uguaglianza sostanziale sulla rete è necessaria una regolazione relativa all’accesso ad Internet, precondizione essenziale all’esercizio di diritti e libertà.

L’idea che Internet sia uno spazio non regolabile è oggi, dunque, fortemente recessiva; è invece sempre più radicata l’idea che all’Interno di Internet debbano valere le stesse regole di civile convivenza che sia applicano al mondo reale13 e che trovano fondamento nel diritto positivo a partire dalla Costituzione.

3

Le nuove tecnologie e le generazioni dei diritti

Evidenziato il ruolo che le nuove tecnologie ed Internet hanno nella società contemporanea, viene naturale chiedersi se, alla luce delle

13 P. PASSAGLIA, Internet e Costituzione, a cura DI M. NISTICÒ -P.PASSAGLIA, Giappichelli editore, Torino, 2014, p. 28.

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17

potenzialità, e alla relazione tra diritti e libertà e l’utilizzo delle tecnologie, stia nascendo una nuova “generazione di diritti”14. Il riferimento è alle generazioni dei diritti teorizzate da Bobbio, che ripartisce i diritti in quattro “generazioni”.

Alla prima generazione appartengono i diritti politici e civili sanciti nelle Costituzioni liberal-democratiche, i c.d. “diritti borghesi”, reclamati dalla borghesia con l’illuminismo e proclamati con le rivoluzioni americana e francese. Generalmente la nascita di tali diritti si colloca intorno al 1789 con l’approvazione, all’indomani della Rivoluzione francese, della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino15, che enuncia “quei diritti attribuiti ad ogni essere umano dalla natura stessa che erano stati avviliti dal dispotismo dei secoli passati”. Questi diritti erano individuati come diritti “negativi”, ovvero quei diritti rivendicati nei confronti dello Stato. Dei diritti di libertà “dallo Stato” che garantiscono all’individuo l’inviolabilità della sfera privata come le libertà di pensiero, espressione, associazione e stampa.

I diritti di “seconda generazione” sono invece i c.d. diritti sociali. Sono diritti di partecipazione alla vita pubblica e traggono origine dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo del 1948. Sono delle richieste specifiche allo Stato e non più delle semplici libertà concesse all’individuo dallo Stato stesso. Si possono definire come diritti di libertà “nello Stato”, come il diritto all’istruzione, alla salute e al lavoro. Sono diritti di matrice “socialista” che, a differenza di quelli di prima generazione, pretendono dallo stato un

14N.BOBBIO, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1990, p. 9ss.

15 La Dichiarazione dell’uomo e del cittadino venne inserita nel 1948 nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalle Nazioni Unite. Si compone di un preambolo e di 17 articoli, che contengono le norme fondamentali che regolano la vita dei cittadini tra di loro e con le istituzioni.

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comportamento “positivo” affinché venga data attuazione agli stessi. Lo Stato deve essere attivo e promuovere dei benefici per i cittadini, costruire le condizioni o rimuovere gli impedimenti. I diritti di “terza generazione” i c.d. diritti di solidarietà. Sono diritti sociali o individuali che riguardano i gruppi umani e i cittadini del mondo e non i singoli individui come cittadini di un solo Stato; sono emersi storicamente più di recente. L’uomo è visto da diversi punti di vista o in diversi momenti: fanciullo, anziano, malato, disabile, consumatore.

Lo Stato e le organizzazioni internazionali, così come i cittadini organizzati in associazioni, devono promuovere il raggiungimento di questi diritti. Vengono garantiti per mezzo dello Stato e delle Istituzioni internazionali, ma anche per iniziativa individuale o collettiva. Sono diritti di terza generazione ad esempio: Qualità della vita, Ambiente e Pace.

La “quarta generazione” infine, è costituita dai c.d. “nuovi diritti” e sono quei diritti più recenti, nati con l’affermarsi delle nuove tecnologie nei vari settori di studio, dalle manipolazioni genetiche allo sviluppo della informatica e delle telecomunicazioni. Tra questi sembrano rientrare a pieno titolo i diritti digitali, ovvero i diritti dell’individuo nel villaggio globale che è il cyberspazio. Il diritto di accesso alla Rete è, da più parti, indicato come uno di quei nuovi diritti che sta emergendo per i quali, sempre più, si sente la necessità di una tutela.

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4

La ricerca di un fondamento costituzionale per Internet

Il concetto di internet oggi è diventato talmente di uso comune da rendere problematica una definizione concisa16. Tra i vari riferimenti quella più accreditata sembra essere quella del Federal Networking Council statunitense17 del 24 ottobre 1995. Rifacendosi a tale definizione, il termine Internet «si riferisce al sistema globale

per le comunicazioni che:

1. si basa sull'indirizzamento logico e univoco, basato sul protocollo

TCP/IP o sui suoi possibili sviluppi

2. è in grado di supportare comunicazioni basate sull'insieme di protocolli TCP/IP o sui suoi possibili sviluppi 3. utilizza o fornisce accesso, pubblicamente o privatamente, a servizi di alto livello, basati sulle comunicazioni e collegati alle infrastrutture sopra descritte».

Una definizione che mette dunque in risalto gli aspetti tecnici legati alla struttura e alle modalità di funzionamento, un’impostazione che ha influito anche nella giurisprudenza internazionale.

Nella famosa sentenza Reno v. American Civil Liberties Union, del 1997, rappresenta il primo intervento della Corte suprema federale, le considerazioni fatte a proposito di Internet lo qualificano come «un mezzo di comunicazione tra gli uomini di tutto il mondo unico e completamente nuovo» cui «gli individui possono avere accesso da molte fonti diverse». Inoltre, «chiunque abbia accesso ad internet può trarre beneficio da un’ampia varietà di metodi di

16P.PASSAGLIA, Internet nella costituzione italiana, in Internet e costituzione, a cura diM.NISTICÒ -P.PASSAGLIA, Giappichelli Editore, Torino, 2014, p. 4 ss.

17 La Federal Networking Council statunitense è un organismo attivo tra il 1995 e il 1997, istituito dallo U.S National Science and Technology Council’s Committee on Computing, Information, and Communication allo scopo di favorire lo sviluppo dell’utilizzo delle tecnologie telematiche tra le agenzie federali.

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comunicazione e di recupero di informazioni»; «tutti questi metodi possono essere usati per trasmettere testi; molti possono trasmette suono, foto e video»; «nel loro insieme, questi strumenti costituiscono un unico mezzo-conosciuto ai suoi fruitori come cyberspazio- senza una particolare collocazione geografica, ma fruibile da parte di chiunque, dovunque nel mondo»18.

Dalle citazioni sopra fatte, si può facilmente notare come Internet viene fatto rientrare nel genus dei mezzi di comunicazione seppur non assimilabile a nessun altro mezzo di comunicazione esistente, inoltre la lettura tecnica pone al centro, più che la sua efficacia quale veicolo di comunicazione, il suo essere “strumento”.

La definizione di Internet condiziona la ricerca di un fondamento costituzionale e i riferimenti al concetto di comunicazione, in Italia, non può non ricollegarsi all’ art. 15 comma 1 della Costituzione, che riconosce l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Inoltre il concetto di comunicazione ricollega all’art. 21 della Costituzione che al comma 1 protegge la libertà di manifestazione del pensiero con qualunque mezzo di diffusione.

Al fine di inquadrare Internet da un punto di vista costituzionale la dottrina ha infatti considerato per prime queste due disposizioni costituzionali nonostante, a ben guardare, sia emersa nel tempo una certa inadeguatezza.

L’art. 15 infatti si riferisce ad una comunicazione di tipo “uno a uno”, è una forma di comunicazione che si definisce “intersoggettiva”, in quanto il mittente ed il destinatario sono

18 Reno v American Liberties Union, cit, 850 ss, in Internet e Costituzione, a cura di

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determinati, come per l’invio o la ricezione di una lettera, e la comunicazione, per godere della tutela costituzionale deve essere “attuale”, ovvero deve conservare il suo valore nel presente. L’art. 21 si concentra invece su un modello di comunicazione “uno a molti”, che può fare riferimento, ad esempio, alla stampa. Internet invece si sviluppa in un sistema di comunicazione “molti a molti”, dunque differenziandosi non poco dalle forme di comunicazione classiche, e prevedendo inoltre, con l’avvento del Web 2.0, delle forme di interazione comunicativa.

La libertà a manifestare il proprio pensiero cambia sul piano “quantitativo”, con aumento esponenziale della diffusone dello stesso (basta scrivere su un blog per riuscire ad ottenere una grande visibilità), inoltre assume delle caratteristiche peculiari, quali: la “bi-direzionalità”, che permette a chiunque acceda alla Rete di essere sia autore che lettore;

la “a-temporalità”, in quanto la comunicazione, oltre ad essere istantanea, è anche a-temporale, risultando difficile una certa collocazione temporale se le notizie non sono datate;

la “multimedialità”, per cui si possono utilizzare immagini, video e audio; “l’informazione si sgancia dall’autore”, ovvero si crea un modello di informazione dove la notizia prende risalto a discapito dell’autore, una notizia pubblicata in maniera anonima sulla Rete o in assenza di un “filtro” da parte di un editore può porre problemi sull’attendibilità stessa.

La nascita del social network, nell’era di Internet, ha portato un modello di comunicazione “ibrido”, che si differenzia notevolmente dallo schema tradizionale tracciato dagli art. 15 e 21. Cost. Sui social network, ad esempio, è possibile creare “aggregazione”

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attorno ad un’idea o un soggetto tra gente che non si conosce; queste due finalità sono eterogenee, in quanto corrispondono a due finalità che il diritto pubblico distingue nettamente, una “privata e un’altra “pubblica”.

L’ancoraggio agli articoli 15 e 21 della Costituzione pare, dunque, sempre più inadeguato, poiché considerano una forma comunicazione parziale rispetto a quella che comunemente avviene sula Rete. Le attività che oggi possono essere svolte in Internet sono le più varie ad esempio, si studia, si lavora, ci si associa, ci si esprime, si esplica la propria libertà sessuale e si svolge attività di impresa, e pare quindi palese che ormai l’iniziale configurazione di Internet come semplice mezzo di comunicazione di massa sia quantomeno insufficiente.

Dal tipo e dal numero di attività, destinate di certo a crescere nel tempo in misura non quantificabile, si deduce che sarebbe più opportuno qualificare Internet come un luogo o “non-luogo” ove, molto più genericamente, si svolge la personalità dell’uomo. Lo sviluppo del web e la creazione di un ambiente digitale sembra dunque rapportarsi meglio con l’art. 2 della Costituzione che, avendo una portata più generale, sembra ricomprendere meglio tutti gli atti nei quali l’individuo, o la formazione sociale, esplica la propria personalità. L’accesso alla rete si configura così’ “non come una situazione puramente formale, come una chiave che fa entrare solo in una stanza vuota, ma come lo strumento che rende immediatamente utilizzabile il bene da parte degli interessati, senza ulteriori mediazioni”19

19 S.RODOTÀ, Il terribile diritto, studi sulla proprietà privata e i beni comuni, il Mulino, Bologna, 2013, p. 469.

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Per quanto è vero che Internet è una delle sedi dove in cui si sviluppa la personalità dell’individuo è vero altresì che Internet presenta rispetto alle altre sedi una importante peculiarità, ovvero non è fruibile a tutti per via di una serie di ostacoli o impedimenti dovuti a carenze infrastrutturali che rendono impossibile o limitata la connessione, difficoltà economiche che impediscono all’individuo la possibilità di possedere degli strumenti hardware o software per accedere alla rete, impedimenti di ordine fisico che precludono la fruizione dei contenuti o anche difficoltà dovute ad un deficit culturale dell’individuo che non ha le conoscenze informatiche che gli consentono di interfacciarsi con uno strumento dal quale è possibile accedere alla Rete. L’insieme degli ostacoli e degli impedimenti vanno a connotare quello che comunemente viene definito Digital divide.

Gli ostacoli posti dal Digital divide sono certamente riconducibili all’ art. 3, comma 2, della Costituzione perché «ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese». All’ancoraggio costituzionale di Internet all’art. 2 va allora affiancato quello all’art. 3, comma 2, in quanto nella dimensione virtuale non potrebbe esistere un svolgimento della personalità senza un’opera di rimozione degli ostacoli da parte della Repubblica.

La possibilità per il singolo di esplicare la propria personalità nella dimensione virtuale richiede dunque un impegno dei pubblici poteri

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e richiede dagli stessi un’azione positiva di creazione delle condizioni per riconoscere e garantire l’esercizio dei diritti.

5

La qualificazione giuridica e il dibattito dottrinale sul

diritto di accesso ad Internet

Dopo aver provato ad inquadrare il possibile fondamento costituzionale di Internet ed aver evidenziato un sistema basato soprattutto sugli articoli 2 e 3, secondo comma, della Costituzione, bisogna adesso soffermarsi sul diritto di accesso alla Rete.

Una volta assicurato l’accesso «alla» rete, infatti, si aprono una serie di questioni ulteriori, in quanto, se il parametro di riferimento rimane l’art. 2 sullo sviluppo della personalità umana, questo si combina con una pluralità di disposizioni che vengono chiamate in gioco tutte le volte che si affronta una problematica specifica «sulla» rete, cosi che tutte le volte che ci si troverà, ad esempio, a risolvere una problematica relativa alle comunicazioni, si combinerà l’art. 2 con l’art. 15, così come lo si ricollegherà all’art. 21 quando si affronteranno problematiche relative alla libertà di espressione o ancora all’ art. 33 per le attività di ricerca e l’istruzione o ancora all’ art. 41, sulla libertà di iniziativa economica, quando si tratterà di un’attività imprenditoriale e così via.

La protezione dei diritti «sulla» rete, è dunque chiaro, presuppone l’accesso alla stessa20.

20 L.CUOCOLO, La qualificazione giuridica dell’accesso a Internet, tra retoriche

globali e dimensione sociale, in Politica del diritto / a. XLIII n.2-3 giugno-settembre

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Nonostante il carattere transnazionale di Internet, oggi la qualifica del diritto di accesso, in mancanza di accordi e atti a livello sovranazionale, è rimesso all’attività dei singoli Stati, i quali però sembra non si siano adoperati, nella maggioranza dei casi, a dare una collocazione giuridica, compreso lo stato italiano.

Negli ultimi anni sono fioriti dei movimenti, soprattutto in rete, volti a qualificare l’accesso ad Internet come diritto umano, è da specificare tuttavia, che non vi sono atti internazionali o sovranazionali che qualificano l’accesso ad Internet come diritto umano. Il preteso carattere «universale» del diritto di accesso ad Internet dunque, risulta difficilmente praticabile finché non sia riconosciuto e condiviso dalla comunità internazionale degli Stati, per cui il tentativo di ricondurlo alla categoria dei c.d. diritti umani, potrebbe portare all’effetto-paradosso di non essere supportato da alcuna garanzia concreta21. Quando si parla di diritto di accesso ad Internet in riferimento alla categoria dei diritti umani pare che la strada più percorribile sia quella che vede l’accesso come diritto di libertà, condividendo l’idea secondo cui «le tecnologie hanno rappresentato e continuano a rappresentare uno sviluppo delle libertà»22 .

Le tecnologie certamente non producono solo libertà ma sono al servizio di tutti, indipendentemente dalle intenzioni, buone o cattive, di chi ne fa uso, che sia esso un governante illuminato o un despota; in uno Stato costituzionale liberale, però, l’utilizzo delle

21 Op. Ult. Cit. p. 282.

22 T.E.FROSINI, L’accesso ad Internet come diritto fondamentale, in Internet: Regole

dei diritti fondamentali, a cura diO.POLLICINO,E.BERTOLINI eV.LUBELLO, Aracne editrice, Roma, 2013, p. 69.

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tecnologie dovrebbe essere sempre strumentale alla valorizzazione delle libertà dell’individuo.

Con riferimento ad Internet, vediamo che queste libertà, in forme variabili, vengono esercitate attraverso uno stesso mezzo che è la Rete. In questo contesto vi è anche un fronte avverso, ci sono infatti Paesi illiberali come la Turchia, la Cina o l’Iran, che hanno costruito muri virtuali e barriere elettroniche per evitare l’accesso alla rete da parte dei propri cittadini, violandone la privacy o cancellando parole o file dai motori di ricerca. Questo tuttavia conferma la forte vocazione liberale di Internet, che si presenta come un volano per l’informazione, tanto da essere considerato una minaccia per questi Paesi intolleranti alla tecnologia.

Antecedentemente al dibattito giuridico su Internet, una teoria che venne avanzata nel 1981 con l’intento di promuovere la rivoluzione tecnologica in senso liberale, in una fase storica che vedeva l’affermazione dei calcolatori elettronici, è quella della “libertà informatica”23.

Inteso come “nuovo diritto”, il diritto di libertà informatica rappresentava un avanzamento della frontiera della libertà umana verso la società futura. La libertà informatica veniva raffigurata come positiva o negativa. La libertà negativa riguarda il diritto a non rendere di dominio pubblico certe informazioni di carattere personale; la libertà informatica positiva, invece, esprime la facoltà di esercitare un diritto di controllo sui dati concernenti la propria persona che sono fuoriusciti dal cerchio della privacy, e quindi

23V.FROSINI, La protezione della riservatezza nella società informatica, a cura di N.MATTEUCCI, in Internet: Regole dei diritti fondamentali, a cura diO.POLLICINO, E.BERTOLINI e V.LIBELLO, Aracne editrice, Roma, 2013.

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dritto di conoscere, correggere o togliere i propri dati dall’archivio elettronico.

Oggi, con l’avvento di Internet, la libertà informatica acquisisce un ulteriore significato, ovvero libertà di valersi degli strumenti informatici per ottenere informazioni e di partecipazione alla società virtuale24. Una nuova libertà individuale dunque, che non è solo libera manifestazione del pensiero ma la facoltà dell’individuo di trasmettere e ricevere informazioni e di costituire un rapporto con gli altri membri della comunità virtuale, senza “filtri” o mediazioni di sorta. Al fondamento della libertà informatica sono state mosse critiche basate sul dubbio fondamento costituzionale, in quanto non sarebbe possibile individuare una disposizione costituzionale che la preveda o la disciplini. In risposta a questa critica Pasquale Costanzo ritiene però, che in virtù della particolare capacità di archiviazione ed elaborazione dei dati personali prodotta con la nuova tecnologia, la libertà informatica sarebbe commensurabile, sul piano assiologico con la nozione Costituzionale di libertà25. Alla qualifica dell’accesso ad Internet come “libertà individuale” si affianca una visione dottrinale di particolare interesse, secondo la quale l’accesso avrebbe un carattere strumentale alla soddisfazione di altri diritti fondamentali sulla rete. Seguendo questa linea di pensiero, l’accesso sarebbe da considerare come una mera diponibilità di strumenti che di per sé non può essere considerato un diritto, ma sarebbe necessario alla soddisfazione di altri diritti

24T.E.FROSINI, L’orizzonte giuridico dell’Internet, in Il diritto dell’informazione e

dell’informatica, n.2, 2000, p. 275.

25 P. COSTANZO, Miti e realtà dell’accesso a Internet (una prospettiva

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«sulla» rete26. In quest’ottica di tipo funzionalista, l’accesso non potrebbe considerarsi un diritto, ma piuttosto uno strumento per la realizzazione di diritti27. Un’altra parte della dottrina, a contrario, ritiene che l’accesso alla Rete vada qualificato come diritto a sé stante, indipendentemente dalle finalità per cui si sta utilizzando, dunque un diritto a non rimanere esclusi da tutti quei diritti, servizi e possibilità date dalla rete. La Corte costituzionale italiana ha sottolineato la strumentalità del diritto d’accesso, qualificandolo come “diritto sociale”, dapprima nella sentenza n. 307 del 200428, in cui ha definito l’accesso agli strumenti informatici “un vero e proprio diritto sociale, strumentale all’esercizio di altri diritti fondamentali”, questi diritti sono considerati dalla Corte costituzionale “corrispondenti a finalità di interesse generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l’uso dello strumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost)”; successivamente nella sentenza n. 145 del 2005, secondo cui “poiché i sistemi informatici sono ormai strumenti fondamentali di partecipazione dei cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, garantire

26L.CUOCOLO, La qualificazione giuridica dell’accesso a Internet, tra retoriche

globali e dimensione sociale, in Politica del diritto / a. XLIII n.2-3 giugno-settembre

2012, p. 277.

27V.CERF, Internet Access In Not A Human Right, sul New York Times del 4 gennaio 2012, in: www.nytimes.com/2012/01/05opinion/inteernet-acccess-is-not-a-human-right.html/.

28 La Sentenza della Corte costituzionale n.307 del 21 ottobre 2004, ha considerato legittima costituzionalmente “la mera previsione di contributi finanziari, da parte dello Stato, erogati con carattere di automaticità a favore di soggetti individuati in base all’età o al reddito e finalizzati all’acquisto di personal computer abilitati alla connessione Internet, in un’ottica evidentemente volta a favorire la diffusione, tra i giovani e nelle famiglie, della cultura informatica”. Inoltre la Corte ha ritenuto l’intervento statale come corrispondente a finalità di interesse generale, quale è lo sviluppo della cultura attraverso lo strumento informatico, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica anche al di là del riparto di competenze tra Stato e Regioni di cui all’art. 117 della Costituzione.

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la fruibilità ai disabili rientrerebbe nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali…”. Il diritto di accesso ad Internet appare, dunque, come un “Giano bifronte”29, che a seconda di come lo si guarda mostra il volto della libertà individuale o del diritto sociale.

Secondo Giovanna De Minico, tuttavia, per definire “diritto” la pretesa di accesso ad internet, bisogna andare alla ricerca di un esplicito o implicito rinvio a una norma di diritto oggettivo, dunque un titolo legittimante da esibire30 che abbia appiglio in atti normativi nazionali o sovranazionali.

Partendo dal diritto comunitario, tramite interposizione dell’art. 117, comma primo, della Costituzione, si conferisce rilevanza agli art. 25, 26 e 36, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, incorporata nel trattato di Lisbona, che riconoscono tra i diritti sociali: agli anziani il diritto di “condurre una vita indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale” (art. 25); alle persone disabili il diritto di beneficiare di “misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita di comunità” (art. 26); e a chi vive in luoghi difficilmente raggiungibili il diritto alla “coesione sociale” (art. 36). Guardando direttamente alla carta costituzionale, considerando le osservazioni sopra fatte riguardo all’art.2, che opera in sinergia con l’art. 3, comma secondo, che inquadrano internet come una delle formazioni sociali dove l’individuo svolge la propria personalità, va precisato che, è diffusa in dottrina e condivisa dalla corte costituzionale a partire dalle sentenze n. 215 e 561/1987 e

29MR.ALLEGRI in Riflessioni e ipotesi sulla costituzionalizzazione del diritto di

accesso ad internet (o al Ciberspazio), Rivista AIC n. 1/2016 del 29/02/2016, p. 6.

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successive, l’impostazione secondo cui l’art. 2 della costituzione sarebbe una norma a “fattispecie aperta”, e sia quindi una valvola di sistema per il riconoscimento di sopravvenute esigenze di tutela riguardo a nuove libertà e diritti costituzionali.

Un'altra norma da prendere in esame è quella dell’art. 117 comma secondo, lettera m), che assegna alla competenza del legislatore statale la definizione dei contenuti minimi delle prestazioni riguardo ai diritti civili e sociali. L’art. 117 quindi, completa il quadro tracciato dagli articoli. 2 e 3 Cost.31individuando così nello Stato il soggetto passivo del facere.

Si viene a delineare dunque un quadro in cui appare condivisibile la qualifica dell’accesso ad internet come un diritto sociale o meglio una pretesa soggettiva a prestazioni pubbliche al pari, ad esempio, di istruzione, sanità e previdenza32. Un servizio che le istituzioni devono garantire attraverso investimenti statali, lavorando per la predisposizione di tutte quelle condizioni per cui l’accesso possa realizzarsi in concreto33, dunque: infrastrutture adeguate, velocità

di connessione in linea con il progresso tecnologico, rimozione degli ostacoli economici e sociali all’acquisizione delle necessarie competenze e alla disponibilità delle apparecchiature, politiche di contrasto del digital divide e diffusione della cultura digitale. Il problema della qualificazione giuridica dell’accesso ad internet come diritto sociale risiede però nella sua incapacità autosatisfattiva, per cui il suo effettivo godimento è rimesso ad

31 G. DE MINICO, Uguaglianza e accesso a Internet, in forum di quaderni costituzionali, 6 marzo 2013, p.3.

32T.EFROSINI, Il diritto costituzionale di accesso ad internet, rivista numero 1/2011, AIC, dicembre 2010, p.8.

33M R.ALLEGRI, Riflessioni e ipotesi sulla costituzionalizzazione del diritto di

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adeguate – nell’ an, nel quando e nel quantum- determinazioni del legislatore, dovendo immaginare, problematicamente, le modalità di una reazione efficace del giudice costituzionale, in quanto unico soggetto abilitato a relazionarsi dialetticamente con eventuali omissioni legislative34. Affinché l’omissione legislativa non venga sottratta al sindacato di costituzionalità, «la corte dovrebbe sostituire all’immagine dei diritti sociali, situazioni soggettive ad attuazione futura e incerta, perché subordinati alle disponibilità economiche insindacabilmente quantificate dal legislatore, l’inedita figura del diritto incondizionato».

L’accesso alla rete prende dunque le forme di «diritto legislativo», che al di là della espressa copertura costituzionale, viene riconosciuto nella misura in cui il legislatore ritenga di farlo, anche in considerazione delle disponibilità finanziarie35 .

La regolazione positiva del legislatore appare insostituibile e la tutela nell’accesso ad Internet dovrebbe passare attraverso una disciplina dei requisiti tecnici e delle condizioni, secondo le garanzie tipiche del servizio pubblico, senza la necessità di «scomodare» i diritti umani36.

34P. COSTANZO, Miti e realtà dell’accesso ad internet (una prospettiva

costituzionalistica), in Consulta OnLine, 17 ottobre 2012, p.5.

35L.CUOCOLO, La qualificazione giuridica dell’accesso a Internet, tra retoriche

globali e dimensione sociale in Politica del diritto / a. XLIII n.2-3 giugno-settembre

2012., p.285.

36 A.VALASTRO, Il servizio universale, fra libertà di comunicazione e diritto all’

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Un rifermento esplicito al diritto di accesso ad Internet

nella Costituzione Italiana? I disegni di legge

costituzionale

Negli ultimi anni è stata propugnato, da autorevoli voci, l’inserimento in costituzione di disposizioni specificamente riguardanti Internet.

Il dibattito in Italia può essere fatto risalire alla proposta avanzata da Stefano Rodotà nel 2010 in occasione dell’Internet Governance Forum37. La proposta è stata oggetto di numerosi disegni di legge costituzionali di iniziativa di diversi parlamentari, il primo è il Ddl cost. n. 2486, circa l’inserimento in Costituzione di un art. 21-bis dedicato appunto all’accesso ad internet38, così formulato:

“Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I della parte I”.

Era una proposta che partiva dalla consapevolezza dell’inefficacia di qualsiasi regolamentazione di Internet di

37 L’Intenet Governance Forum (IGF) è un forum multilaterale nel quale vengono dibattuti i problemi riguardanti la governance di internet. Convocato per la prima volta nel 2006 dopo l’annuncio del Segretario generale delle Nazioni Unite, si riunisce periodicamente a livello mondiale, nazionale e regionale. L’IGF non ha poteri decisionali, ma può elaborare proposte sulle diverse tematiche che, una volta adottate, assumono la forma di raccomandazioni.

38 S. 2485 Introduzione dell’art 21-bis della costituzione, recante disposizioni volte al riconoscimento del diritto di accesso ad internet, presentata il 6 dicembre 2010.

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matrice statale, data la sua dimensione a-territoriale e sovra strutturale, e dalla necessità di definire regole condivise per una governance della Rete a livello internazionale attraverso il quale fosse possibile rendere effettivo un patrimonio comune di diritti attraverso impegni specifici sottoscritti da soggetti diversi39. Nell’attesa che si compia questo processo era necessario prevedere, secondo il Prof. Rodotà, una garanzia costituzionale che potesse portare ad un atteggiamento giurisprudenziale attento alla tutela delle manifestazioni della personalità umana in Rete. Il fatto che sia stato proposto un art. 21-bis ad integrazione dell’art. 21 manifestava dunque la scelta di ancorare il diritto di accesso al più generale diritto alla libera manifestazione del pensiero e ritendo il primo una specificazione del secondo. Il disegno di legge costituzionale concerneva il diritto di accedere ad Internet ma anche il conseguente impegno a rimuovere gli ostacoli esistenti, con un rinvio alla legge affinché provveda a prevenire le violazioni delle libertà civili perpetrabili in rete. La proposta era stata sostenuta dall’opportunità di aprire un ampio dibattito che portasse a «ribadire ed espandere i principi costituzionali riguardanti l’eguaglianza e la libera costruzione della personalità»; che fosse un «apertura verso un diritto di accesso ad Internet» che «rafforzasse indirettamente, ma in modo evidente, il principio di neutralità della rete e la considerazione della conoscenza in rete come bene comune, al quale deve essere garantito l’accesso»40, affermando anche una

39M.R.ALLEGRI, in Riflessioni e ipotesi sulla costituzionalizzazione del diritto di

accesso ad internet (o al Ciberspazio), Rivista AIC n. 1/2016 del 29/02/2016, p. 3.

40 S. RODOTÀ, Rodotà: “Perché internet in costituzione è fondamentale”, in Wired.it, 29 dicembre 2010.

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responsabilità pubblica nel garantire quella che viene considerata una precondizione della cittadinanza e della stessa democrazia. Viene messa in luce, inoltre, la necessità che all’eguaglianza formale nell’accesso sia affiancata quella di fornire, a tutti, delle modalità tecnologicamente adeguate.

Alla prima proposta di riconoscimento del diritto di accesso ad Internet all'interno della Costituzione italiana ne sono seguite altre, tra tutte pare opportuno analizzare la proposta relativa all’inserimento di un secondo comma all’art. 21 Cost. e la proposta che fa riferimento invece alla possibilità di inserimento di un art. 34-bis Cost.

La prima proposta, pur prendendo le mosse dall'originaria proposta di Rodotà, si differenzia da questa per alcuni punti. Vi è un legame più forte con la libertà di manifestazione del pensiero, in quanto si pone come un comma aggiuntivo del art. 21 Cost e non come un articolo a sé stante. Questa proposta ha trovato seguito nel Ddl n.1317 (Sen. Lucidi e altri), che propone un secondo comma all’art. 21 Cost. aggiungendo, dopo il primo comma, un nuovo secondo comma, così formulato:

“tutti hanno il diritto di accedere liberamente alla rete internet. La Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale al fine di rendere effettivo questo diritto. La legge promuove e favorisce le condizioni per lo sviluppo della tecnologia informatica”.

Dal testo del Ddl inoltre non vi sono riferimenti alle condizioni di parità nell’accesso e alle modalità tecnologicamente avanzate.

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A differenza dei disegni di legge costituzionali precedenti, quello sull'art. 34-bis non deriva da un'iniziativa dei parlamentari bensì da alcuni cittadini. La proposta di art. 34-bis è stata sviluppata infatti, nei primi mesi del 2014, dal dott. Guido D'Ippolito in qualità di responsabile per l'Innovazione Digitale dell'Associazione indipendente apolitica ed apartitica Cultura Democratica. La proposta relativa all’ art. 34-bis, è stata poi recepita dal parlamento italiano in due distinti disegni di legge costituzionale. Il primo, dal punto di vista cronologico, è quello del Senato della Repubblica del 10 luglio 2014 n. 156141, al quale si aggiunse quello alla Camera dei Deputati del 14 gennaio 2015 n. 2816.

Il testo dell'art. 34-bis sarebbe:

«Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in modo neutrale, in condizione di parità e con modalità tecnologicamente adeguate. (2) La Repubblica promuove le condizioni che rendano effettivo l'accesso alla rete Internet come luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale.»

Questa proposta, che ha le sue radici in quella di Rodotà e della quale condivide gli obiettivi e le esigenze sottese, ha l’obbiettivo di presentarsi come un’evoluzione rispetto all’ art. 21-bis.

41 L'art. 34-bis è attualmente in discussione presso la Prima Commissione Affari

Costituzionali del Senato della Repubblica. Dopo un primo ciclo di audizioni di esperti, professori universitari e presidenti di Autorità amministrative indipendenti, la commissione ha disposto un termine per la presentazione degli emendamenti.

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A differenza della proposta di Rodotà, quella di D'Ippolito differisce in primo luogo per la diversa collocazione normativa, dopo l'art. 34 Cost. e non dopo l'art. 21 Cost. Ciò è conseguenza della qualificazione giuridica attribuita al nuovo diritto dalla dottrina maggioritaria a seguito delle ultime riflessioni, ovvero quella di diritto sociale, al pari di diritti come quello alla salute o all'istruzione, e non di semplice “libertà”42. Tale qualificazione giuridica comporta quindi una diversa collocazione, ovvero nel titolo II Parte I della Costituzione Repubblicana, facente capo ai rapporti etico-sociali, piuttosto che nel Titolo I Parte I, dedicato ai rapporti civili, con la chiara intenzione di svincolare il diritto di accesso ad Internet dalla libertà di espressione per farlo diventare una precondizione all'esercizio di tutti i diritti. Ciò sul presupposto che Internet non è solo libertà di espressione, per quanto sia innegabile che questo sia il diritto che per primo ha giovato delle potenzialità del nuovo strumento, e sulla concezione di Internet non più come mezzo di comunicazione ma come nuovo luogo, nuova dimensione dell'agire umano, in cui si esercitano tutti i diritti, si adempiono doveri e si usufruiscono di infiniti servizi.

Rispetto all’art 21-bis, inoltre, vediamo un preciso riferimento alla neutralità della rete o net-neutrality, prevedendo delle modalità affinché l’accesso ad Internet possa essere considerato anche come: «il diritto di tutti i cittadini a pari opportunità nell'uso dei servizi di comunicazione elettronica ai fini del pieno e libero esercizio a condizioni non discriminatorie di tutti i diritti

42 G.D'IPPOLITO, "Con l'articolo 34-bis l'accesso a Internet diventa diritto sociale",

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e le libertà»43. Un diritto quindi volto anche alla realizzazione e implementazione delle infrastrutture di base che rendano possibile la connessione, ma anche all’uguaglianza e alla parità di accesso ai contenuti e servizi online.

Come si può facilmente dedurre dalle proposte emerge una visone del diritto di accesso ad Internet intesa come una possibilità di una crescita personale e professionale, di esprimere in nuovi spazi la propria personalità44, di partecipare attivamente alla vita delle società45, tanto pubblica che privata.

Ulteriori possibilità di analisi della proposta di Art. 34-bis sono disponibili grazie alla tavola rotonda tenutasi alla camera dei deputati l’8 maggio 2015 e il parere autorevole che professori ed esperti hanno formulato in sede di audizioni disposte della Commissione Affari Costituzionali del Senato46.

Tra le perplessità destate da alcuni intervenuti47 vi è la dubbiosità circa la propensione del legislatore ad essere favorevole ad una modifica costituzionale che riguardi la prima parte della Costituzione, inoltre anche la collocazione data al diritto di accesso all’interno della Costituzione troverebbe una più adeguata sede, alla luce tanto dei suoi obiettivi quanto dei suoi contenuti, alternativamente come art 2-bis o come art. 3-bis48.

43 Tale definizione del diritto di accesso ad Internet è stata formulata dall’avv. Guido Scorza nel corso di una tavola rotonda, svoltasi l’8 maggio 2015 presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, sul tema: “Art. 34-bis, accesso ad Internet come diritto sociale”, http://www.art34bis.it/la-nostra-proposta/tavola-rotonda.

44 S.RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Laterza Editore, 2013, p. 384.

45 G.AZZARITI., Internet e Costituzione, in Costituzionalismo.it, Diritto e Internet, fascicolo 2/2011, p. 6.

46 Senato della Repubblica, Commissione permanente (affari Costituzionali), esame in sede referente dei DDL 1317 e 1561 (diritto di accesso ad Internet), audizione del 24 febbraio 2015.

47 Si fa riferimento, tra le altre, alle osservazioni di T. E Frosini e G. De Minico. 48 P.PASSAGLIA in Internet e Costituzione, a cura DI M.NISTICÒ- P.PASSAGLIA, Giappichelli Editore, Torino, 2014, p. 54.

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Le proposte di legge Costituzionale hanno certamente il merito di individuare un “debitore della pretesa”49, ovvero la Repubblica, in tutte le sue articolazioni, ma legando il diritto di accesso ad Internet all’art. 21 si rischierebbe di limitare la visione dello stesso diritto alla manifestazione del pensiero e pregiudicare tutti gli altri diritti che attraverso Internet potrebbero essere esercitati; agganciandolo invece all’art. 34 Cost. e qualificandolo solo come diritto sociale, si rischierebbe di cogliere solo un aspetto, ovvero il profilo teleologico del diritto di accesso, guardando alla necessità di un’attivazione da parte delle Stato affinché possa avvenire l’accesso. Ma la soddisfazione del bisogno da parte dell’individuo che accede non si esaurisce con il mero accesso, bensì con la possibilità di trovare in rete quello per cui si accede. Il diritto d’accesso si configura come un diritto sociale “particolare” in quanto non si esaurisce nel momento in cui si riceve la prestazione, dunque l’accesso alla rete, ma quando si giunge all’ utilità che si trova in rete.

L’art. 2 Cost invece, con la sua qualificazione dei diritti inviolabili copre entrambe le dimensioni, ovvero sia la posizione del diritto sociale, intesa come pretesa che lo Stato “faccia”, sia la pretesa che l’individuo trovi in rete le libertà fondamentali non compresse da normative che non ne consentano l’esercizio. Indipendentemente dalla collocazione della norma all’interno del testo costituzionale, è stato rilevato comunque che, anche in mancanza di una legislazione ordinaria organica, dare al diritto

49 G.MINICO alla tavola rotonda su Art. 34-bis. 8 maggio 2015, Sala della Regina, Camera dei Deputati.

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