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Capitolo II Epidemiologia

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Academic year: 2021

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Capitolo II

Epidemiologia

2.1 Impatto economico e sociale

L'obesità è un fenomeno in continua crescita al punto di essere considerata una pandemia. Per determinarla viene utilizzata la prevalenza ovvero il numero di casi per la popolazione oggetto dello studio in percentuale.

Un rapporto nazionale sull'obesità in Italia del 2010-2013 evidenzia come al sud vi è una percentuale maggiore di persone sovrappeso e obese (Istituto Superiore di Sanità).

In passato gli obesi erano soggetti di classi più agiate e l'obesità era legata alla ricchezza; oggi la percentuale maggiore di obesi si riscontra nelle classi economiche meno abbienti poiché esse pongono minor attenzione all'alimentazione a causa delle loro disponibilità economiche.

L’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale sia perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento non solo nei Paesi occidentali ma anche in quelli a basso-medio reddito sia perché è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche già descritte nei capitoli precedenti

Il Ministero della Salute stima che il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono attribuibili all’obesità e al sovrappeso. In totale rappresentano il quinto più importante fattore di rischio per mortalità globale e i decessi attribuibili sono almeno 2,8 milioni all’anno nel mondo.

Secondo dati dell’OMS, la prevalenza dell’obesità a livello globale è raddoppiata dal 1980 ad oggi; nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso, cioè il 35% della popolazione mondiale; di questi oltre 200 milioni di uomini e oltre 300 milioni di donne erano obesi, ossia l’11% della popolazione mondiale.

Nel frattempo, il problema ha ormai iniziato ad interessare anche le fasce più giovani della popolazione: si stima che nel 2011 ci fossero nel mondo oltre 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni in sovrappeso.

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In Italia, il sistema di monitoraggio ‘OKkio alla Salute’1 del Centro nazionale di prevenzione e controllo delle malattie, del Ministero della Salute relativo all’anno 2010, nella raccolta dei dati antropometrici sugli stili di vita, dei bambini delle terza classe primaria 8-9 anni di età, ha riportato che il 22,9% dei bambini in questa fascia di età è in sovrappeso e l’11,1% in condizioni di obesità.

Il progetto Hbsc-Italia2, uno studio multicentrico internazionale a cui aderisce anche l’Italia,

con l’obiettivo di approfondire le conoscenze sulla salute dei ragazzi di 11, 13 e 15 anni, nel 2010 ha evidenziato che la frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi è più elevata negli bambini di undici anni (29,3% nei maschi e 19,5% nelle femmine), rispetto a quelli di quindici (25,6% nei maschi e 12,3% nelle femmine). Questo dato è particolarmente preoccupante, in quanto indica che il fenomeno obesità è in espansione e colpisce più frequentemente le generazioni più giovani.

Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, in Italia il 32% degli adulti è sovrappeso, mentre l’11% è obeso. In totale, oltre quattro adulti su dieci (42%) sono cioè in eccesso ponderale in Italia.

Secondo un altro studio invece, denominato "Passi d’argento", il sistema sperimentale avviato in 7 Regioni italiane, di sorveglianza della salute della popolazione anziana, indica che nella popolazione tra i 65 e i 75 anni di età sono in sovrappeso e obesi il 60% degli individui; tra i 75 e gli 84 anni le il 53% e tra gli ultra 85enni il 42%.

Secondo i dati forniti dall’OMS, globalmente nel 2008 1,5 miliardi di adulti in età maggiore di 20 anni, erano in sovrappeso. Di questi, 200 milioni di uomini e circa 300 milioni di donne erano obesi.

Obesità e sovrappeso, prima considerati problemi solo dei Paesi ricchi, sono ora in crescita anche nei Paesi a basso e medio reddito, specialmente negli insediamenti urbani, e sono ormai riconosciuti come veri e propri problemi di salute pubblica. La condizione di eccesso ponderale è infatti il quinto fattore di rischio per i decessi a livello mondiale, causando ogni anno la morte di circa 2,8 milioni di adulti.

Per quanto riguarda l’obesità infantile, suscita preoccupazione avendo raggiunto livelli allarmanti dove nel 2010, circa 43 milioni di bambini sotto i 5 anni di età sono stimati in sovrappeso e di questi circa 35 milioni vivono in Paesi in via di sviluppo.

Questa gravità, della diffusione dell’obesità infantile sta nel fatto che studi epidemiologici indicano che in Italia la prevalenza nella popolazione infantile è in aumento e che il bambino obeso ha grande probabilità di rimanere tale in età adulta.

1 Sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l'obesità.

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Nel 2013 le persone obese in Italia sono l’11,2% in aumento di un punto percentuale rispetto al 2005 .

Alcuni dati raccolti dall’istat ci indicano che nel 2015 il 45,1% della popolazione di 18 anni e più è in eccesso di peso, di questi il 35,3% in sovrappeso, il 9,8% obeso, il 51,8% è in condizione di normopeso e il 3,0% è sottopeso.

Secondo alcuni indici di analisi, si nota che negli anni che vanno dal 2001 al 2015 si evidenzia una tendenza crescente nel tempo, del problema, soprattutto nel sesso maschile, che passa da una percentuale del 51,2% al 54,8%.

I bambini e gli adolescenti in eccesso di peso raggiungono la quota considerevole del 24,9% nel biennio 2014-2015, con forti differenze di genere (28,3% maschi, 21,3% femmine).

Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia si posiziona nella parte più bassa della graduatoria per la quota di adulti in eccesso di peso, con un andamento crescente nel tempo, soprattutto tra i maschi (da 51,2% nel 2001 a 54,8% nel 2015).

Il sovrappeso è più diffuso tra gli uomini, 44% contro 27,3% delle donne, come pure l’obesità, 10,8% contro 9%. Per entrambi i sessi la fascia di età in cui si registrano le prevalenze maggiori è quella compresa tra i 65 e i 74 anni.

La quota di persone in sovrappeso cresce all’aumentare dell’età. Vediamo che nella fascia 18-24 anni è del 14% tra i 65 e i 74 anni è del 46% per scendere tra la popolazione ultrasettantacinquenne.

Dal punto di vista territoriale l’eccesso di peso nel 2015, interessa una quota di persone superiore al 50% nel Sud del Paese (38,6% in sovrappeso e 11,8% obese) contro il 41,0% del Nord-ovest e il 43,7% del Nord Est. Prevalenze particolarmente elevate si osservano in Molise (52,6%), Campania (51%), Puglia (50,9) e Basilicata (50,5%).

Sono marcate anche le differenze rispetto al titolo di studio conseguito: tra le persone con almeno la laurea la prevalenza di eccesso di peso è pari a 32,8% (28% in sovrappeso e 4,8% obese), quota che sale al 42,8% tra i diplomati e al 52,7% tra chi ha la licenza media per raggiunge il 60,4% tra quanti hanno conseguito al massimo la licenza elementare. Tale andamento si osserva in tutte le fasce di età, sia per gli uomini che per le donne. Quindi anche la componente dell’istruzione influisce molto sulla percentuale di questa malattia.

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2.2 Indagini statistiche

L’obesità è fra i primi problemi di salute pubblica. In Italia, la percentuale di obesi supera il 20% della popolazione. Il paziente pesa sul sistema sanitario nazionale fino al 51% rispetto al soggetto normopeso, facendo ammontare i costi a 2,5 miliari di euro all’anno. Le conseguenze economiche di questo fenomeno determinano un carico alla società, facendo aumentare i costi sanitari per le cure mediche e per il trattamento delle patologie ad essa associate.

Il fenomeno è destinato a crescere rischiando di mettere a dura prova non solo la salute degli italiani, ma anche la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario.

Oggi a causa dei cambiamenti culturali, sociali ed economici, non è più una situazione esclusivamente legata alle società ricche, ma è sempre più diffusa anche nei Paesi in via di sviluppo con complesse interazioni tra la facile disponibilità di cibo ad alto contenuto calorico e il ridotto dispendio energetico richiesto dagli stili di vita del mondo moderno. Nella storia passata le disponibilità alimentari erano limitate, con lunghi periodi di carestia, per questo motivo i soggetti che avevano un metabolismo risparmiatore e un valido sistema di accumulo calorico riuscivano a sopravvivere più a lungo. Questa selezione di individui con un genotipo risparmiatore per molto tempo ha avvantaggiato la specie umana, ma oggi che sono mutate le disponibilità alimentari, ciò rappresenta la base dell’obesità e di tutte le patologie a essa collegata.

I costi, diretti e indiretti riguardano la perdita della produttività dovuta all’assenteismo, alla scarsa qualità della vita che determina peggiori condizioni di salute fino ad arrivare nei casi più gravi alla morte.

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Fino a qualche decennio fa il problema dell’obesità in Italia era contenuto, in quanto gli italiani con le corrette abitudini nutrizionali e la dieta mediterranea si sono sempre contraddistinti rispetto agli altri paesi. Negli ultimi anni però con il cambiamento degli stili di vita, sono aumentati il numero dei sedentari e si consumano più alimenti calorici determinandone anche nel nostro Paese un forte aumento.

Secondo alcune indagini, dell’Istat sull’analisi degli “Aspetti della vita quotidiana”, emerge che in Italia nel periodo 2001-2009 è aumentata sia la percentuale di chi è in sovrappeso (dal 33,9% nel 2001 al 36,1% nel 2009) sia quella degli obesi (dall’8,5% nel 2001 al 10,3% nel 2009). La prevalenza dell’eccesso di peso (IMC > 25) cresce con l’età, passando dal 19% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e arrivando al 60% tra coloro che hanno tra i 55 e i 74 anni, per poi diminuire tra gli anziani (55,9% tra le persone con più di 75 anni).

Le evidenze che emergono da questi dati mostrano che nel periodo 2005-2010 circa il 43% degli adulti italiani nella fascia di età tra i 35 e i 74 anni era in sovrappeso, mentre circa il 26% risultava obeso.

Un altro studio “Passi”, effettuato dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2010 registra il 33% degli adulti in sovrappeso e il 12% obeso.

Secondo il ministero della Salute, dal 2008 a oggi il numero di bambini di età tra 8 e 9 anni in sovrappeso è diminuito leggermente, ma l’Italia resta ai primi posti d’Europa per l’eccesso ponderale infantile. Abitudini alimentari scorrette e comportamenti sedentari sono ancora troppo diffusi.

Nel 2012 risulta che il 22,1% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso rispetto al 23,2% del 2008/09 1,1%) e il 10,2% in condizioni di obesità, mentre nel 2008/09 lo era il 12% (-1,8%). Complessivamente, dunque, nel 2012 l’eccesso ponderale riguarda il 32,3% dei bambini della terza elementare (-2,9% rispetto alla prima rilevazione) e le percentuali più elevate si riscontrano nelle regioni del Centro-Sud, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata.

È necessario tenere conto del fatto che circa il 50% degli adolescenti obesi con indici di massa corporea pari o superiore al 95° percentile, tende a diventare un adulto obeso. Inoltre, i fattori di rischio per le malattie degli adulti che sono associati con l'obesità nei bambini e negli adolescenti persistono in età adulta o aumentano in termini di prevalenza all’aumentare del peso.

Non vanno dimenticate le conseguenze sul piano emotivo e sociale dell’obesità, tra cui bassa autostima e ridotte relazioni sociali. I bambini obesi sono a rischio di esclusione

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sociale, con conseguente maggiore rischio di abbandono scolastico, più basso rendimento scolastico.

Il progresso tecnologico è in parte responsabile della condizione di malattia visto che negli ultimi decenni ha rafforzato la sedentarietà e ha aumentato la disponibilità di cibi non salutari. I risvolti negativi si sono visti soprattutto per i ceti socio-economici bassi, dove è diminuita la propensione alla vita salutare, riducendo gli spazi dedicati al movimento, promuovendo passatempo sedentari e favorendo l’accesso al più economico ma meno salutare cibo spazzatura.

Essere informati e avere gli strumenti per valutare rischi e conseguenze dei cattivi stili di vita che il soggetto adotta è indispensabile oggi per opporsi a tendenze tanto facili quanto dannose per la nostra salute.

L’istruzione gioca un ruolo fondamentale in questa partita: numerosi studi hanno mostrato il positivo nesso causale che l’educazione ha sulla salute individuale. Raramente però viene discusso come e attraverso quali canali l’istruzione può essere benefica per il nostro stile di vita.

Lo studio “Body Weight, Eating Patterns, and Physical Activity: The Role of Education”

condotto dal CEIS analizza il ruolo dell’istruzione nella determinazione del Indice di Massa Corporea (BMI) e negli stili di vita salutari, che includono dieta equilibrata e attività fisica. Dall’analisi, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente, emerge che più alto è il grado d’istruzione, più si riduce l’indice di massa corporea, diminuisce il consumo calorico e aumenta il dispendio. Un altro aspetto interessante riguarda la relazione di genere. E cioè che il positivo effetto dell’istruzione sul BMI e sull’attività fisica è più marcato per le donne, mentre nel caso degli uomini, l’istruzione ha maggior impatto in termini di consumo calorico. Dall’analisi emerge che, a parità di fattori, alle donne con diploma di scuola superiore è associata una diminuzione di peso corporeo pari in media al 10 per cento. Nel caso degli uomini, il conseguimento del diploma di scuola superiore è associato in media a una diminuzione del consumo calorico del 20 per cento.

Un maggiore livello d’istruzione favorisce non solo la preparazione per il mercato di lavoro, ma più in generale promuove lo sviluppo cognitivo, fornendo gli strumenti necessari per avere una maggiore consapevolezza della propria salute.

Lo studio mostra come l’istruzione sia più benefica per gli uomini in termini di ridotto consumo calorico, mentre per le donne in termini di attività fisica. Questo risultato è in linea con le caratteristiche intrinseche di donne e uomini: le prime hanno maggiore

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conoscenza degli aspetti della nutrizione e dieta, mentre i secondi tendono a essere più attivi a livello fisico.

L’obesità oltre a essere un problema per gli individui, ha un forte impatto anche sulla finanza pubblica e sulla possibilità di avere sistemi sanitari finanziariamente sostenibili. Data la sua dimensione, il fenomeno va affrontato tempestivamente e una precisa quantificazione dei costi è indispensabile per elaborare efficaci linee guida e priorità di intervento.

Relativamente all’Italia, uno studio da poco condotto presso il CEIS che ha visto coinvolti medici di medicina generale, nutrizionisti e economisti, mostra che la spesa sanitaria degli individui sovrappeso in linea con le stime di altri studi condotti in altri Paesi, è circa il 4% più alta rispetto a individui normo-peso, mentre per gli obesi, i “gravemente obesi e i molto gravemente obesi la spesa aumenta, rispettivamente, del 18%, 40% e il 51% rispetto ai normopeso. Inoltre, lo studio ha permesso di misurare quali sono le patologie legate all’obesità e in che modo queste incidono sul costo totale. I risultati mostrano che gran parte dell’aumento dei costi può essere attribuito all’insorgere delle malattie croniche. Sovrappeso e obesità sono, quindi, un problema di massima importanza per i sistemi sanitari, specialmente in un paese come l’Italia che, insieme a Grecia e Stati Uniti, vince il primato dell’eccesso ponderale tra le generazioni più giovani, dove un bambino su tre è sovrappeso o obeso.

L’obesità è fortemente legata alle condizioni socio-economiche, specialmente nelle donne. Problema ancor più grande se si considera l’importanza del ruolo femminile sulle generazioni future, nell’imprinting metabolico e nella formazione delle abitudini alimentari. La recente crisi economica ha ulteriormente pesato sulle abitudini alimentari, aumentando il consumo di cibo spazzatura e il ricorso ai prodotti discount, spesso precotti, abbondanti in grassi saturi, zuccheri aggiunti e sale. Numerosi studi evidenziano che durante le crisi economiche il prezzo per kilocaloria scende in relazione all’aumento della densità calorica dei cibi consumati e contemporaneamente diminuisce il consumo di frutta e verdura. In assenza di una chiara azione politica di prevenzione, il fenomeno dell’obesità in Italia è quindi destinato a crescere, rischiando di mettere a dura prova la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario, che oltre a questa sfida dovrà affrontare i problemi relativi all’invecchiamento della popolazione e alla diffusione delle malattie croniche non trasmissibili.

Risulta fondamentale promuovere la domanda e l’offerta di stili di vita salutari attraverso il miglioramento delle linee guida di sana alimentazione, il sostegno ai gruppi svantaggiati,

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la promozione di attività fisica. Ma sopratutto è necessario investire in istruzione e in formazione, i fattori più importanti per una scelta consapevole.

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