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La Real Cittadella di Messina: dismissione e nuovi usi / The Real Cittadella of Messina: disposal and new uses

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Academic year: 2021

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a cura di | edited by Donatella Rita Fiorino

MILITARY LANDSCAPES

ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE

Scenari per il futuro del patrimonio militare

PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE

A future for militare heritage

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Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/ by-nc-nd/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA.

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CC 2017 MiBACT - Polo Museale della Sardegna CC 2017 DICAAR - Università degli Studi di Cagliari CC 2017 Skira editore, Milano

Prima edizione digitale, dicembre 2017 First digital edition, December 2017 ISBN: 978-88-572-3732-9 www.skira.net

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a cura di | edited by Giovanna Damiani Donatella Rita Fiorino

MILITARY LANDSCAPES

SCENARI PER IL FUTURO DEL PATRIMONIO MILITARE

Un confronto internazionale in occasione del 150° anniversario della dismissione delle piazzeforti militari in Italia A FUTURE FOR MILITARY HERITAGE

An international overview event celebrating the 150th anniversary of the decommissioning of Italian fortresses

Comitato scientifico internazionale | International scientific committee

Rinaldo Brau, Università degli Studi di Cagliari John Cartwright, Fortress Study Group

Arnaldo Cecchini, Università degli Studi di Sassari Donatella Cialdea, Università degli Studi del Molise Giorgio Onorato Cicalò, Agenzia Conservatoria delle Coste della Regione Autonoma della Sardegna Michela Cigola, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale

Celia Clark, Wessex Institute of Technology Anna Maria Colavitti, Università degli Studi di Cagliari Giovanna Damiani, Polo Museale della Sardegna Maurizio De Vita, Università degli Studi di Firenze Carolina Di Biase, Politecnico di Milano Mario Docci, ‘Sapienza’ Università di Roma Donatella Fiorani, ‘Sapienza’ Università di Roma Donatella Rita Fiorino, Università degli Studi di Cagliari Milagros Flores Roman, Presidente ICOFORT Caterina Giannattasio, Università degli Studi di Cagliari Antonella Giglio, Direzione Regionale Enti Locali e Finanze della Regione Autonoma della Sardegna Miles Glendinning, DO.CO.MO.MO ISC U+L & University of Edinburgh

Silvana Maria Grillo, Università degli Studi di Cagliari Joao Gomes Da Silva, Global Landscape Architecture Portugal

Thomas E.G. Hunter, Orkney Islands Council Tatiana Kirilova Kirova, Politecnico di Torino Stefano Mantella, Agenzia del Demanio Roma Fabio Mariano, Università Politecnica delle Marche Andrés Martínez Medina, Escuela Politécnica Superior Universidad de Alicante

Fausto Martino, Soprintendente ABAP per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Ogliastra

Maurizio Memoli, Università degli Studi di Cagliari Marco Milanese, Università degli Studi di Sassari Stefano Francesco Musso, Università degli Studi di Genova Annunziata Maria Oteri, Università Mediterranea di Reggio Calabria

Luisa Papotti, Soprintendenza ABAP Torino Michele Paradiso, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Architettura

Giorgio Peghin, Università degli Studi di Cagliari Giorgio Pellegrini, Università degli Studi di Cagliari Gianni Perbellini, Consiglio Scientifico Istituto Italiano dei Castelli

Renata Picone, Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ Michele Pintus, Istituto Italiano dei Castelli

Sergio Polano, Università IUAV di Venezia Christopher Preble, Cato Institute

Coordinamento scientifico | Scientific direction

Donatella Rita Fiorino, Università degli Studi di Cagliari - DICAAR

Coordinamento delle attività | General director

Giovanna Damiani, Direttore del | Director of the Polo Museale della Sardegna

Coordinamento istituzionale | Institutional reference

Polo Museale della Sardegna: Giovanna Damiani, Direttore | Director Università degli Studi di Cagliari:

Donatella Rita Fiorino, Ricercatore | Researcher University of Edinburgh:

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Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori delle Province di Sassari e Olbia - Tempio Ordine degli Ingegneri delle Province di Sassari e Olbia-Tempio

Scuola Sottufficiali della Marina Militare MARISCUOLA - La Maddalena

Con il patrocinio di | With the patronage of

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Agenzia Conservatoria delle Coste della Sardegna Fondazione di Sardegna

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Universidad National de la Patagonia Austral SIRA Società Italiana per il Restauro dell’Architettura UID Unione Italiana Disegno

INU Istituto Nazionale di Urbanistica Società Geografica Italiana

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CONVEGNO INTERNAZIONALE | INTERNATIONAL CONFERENCE

Polo Museale della Sardegna

Università degli Studi di Cagliari

Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura - DICAAR

University of Edinburgh

Scottish Centre for Conservation Studies Edinburgh College of Art

Istituto Italiano dei Castelli Sezione Sardegna Consiglio Scientifico Nazionale

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Curatore | Editor

Donatella Rita Fiorino

Coordinamento istituzionale | Institutional reference

Polo Museale della Sardegna: Giovanna Damiani, Direttore | Director Università degli Studi di Cagliari:

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Editing

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Revisione editoriale | Proofreading

Nicole Bellu (coord.), Elisa Pilia, Monica Vargiu ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE |

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and communication

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Contatti e info | Contacts and info

website http://militarylandscapes.net email: militarylandscapes@gmail.com Alessandra Quendolo, Università degli Studi di Trento

Vittorio Federico Rapisarda, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Antonello Sanna, Università degli Studi di Cagliari Giovanni Sistu, Università degli Studi di Cagliari Geoffrey Stell, University of Edinburgh Ruxandra Julia Stoica, University of Edinburgh Rachel Woodward, Newcastle University Antonino Sandro Zarcone, Ministero della Difesa Con il supporto del Consiglio Scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli,

Presidente Vittorio Foramitti, Università degli Studi di Udine

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Donatella Rita Fiorino (coord.); Giovanni Battista Cocco, Anna Maria Colavitti, Maurizio Memoli, Andrea Pirinu ed Emanuela Quaquero (Università degli Studi di Cagliari); Lisa Accurti (Soprintendenza ABAP Torino); Giorgia Deiana (Polo Museale della Sardegna); Gabriela Frulio (Soprintendenza ABAP Sassari e Nuoro); Andrea Grigoletto (Consiglio direttivo nazionale dell’Istituto Italiano dei Castelli); Paolo Vargiu (Agenzia Conservatoria delle Coste della Regione Autonoma della Sardegna); Stefania Zedda (Servizio Demanio e Patrimonio della Regione Autonoma della Sardegna).

Segreteria generale | Administration

Polo Museale della Sardegna: Giorgia Deiana Università degli Studi di Cagliari: Michela Becciu

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Polo museale della Sardegna: Giorgia Deiana, Gabriela Frulio, Maria Teresa Mascia, Anna Laura Muscia, Chiara Puligheddu, Raimondo Oggianu

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Polo Museale della Sardegna: Ufficio Ragioneria - Valeria Clotilde Conconi; Ufficio Gare e Contratti - Raffaele Pitirra Università degli Studi di Cagliari: Alice Murru,

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Ideazione | Concept

Giovanna Damiani e | and Donatella Rita Fiorino

Coordinamento scientifico | Scientific coordination

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Comune di La Maddalena nel 250° dalla fondazione Fondazione di Sardegna

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Comune di La Maddalena

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MOSTRA | EXHIBITION CATALOGO | CATALOGUE

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Revisione editoriale | Proofreading

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International Conference Military Landscapes. A future for Military Heritage. La Maddalena, 21-24.06.2017

ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE | PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE PAPER N. 077

Skira | Milano 2017 | ISBN 978-88-572-3732-9

LA REAL CITTADELLA DI MESSINA: DISMISSIONE E NUOVI USI |

THE REAL

CITTADELLA OF MESSINA: DISPOSAL AND NEW USES

Fabio Todesco1

Università di Messina, Dipartimento di Ingegneria, Italia, ftodesco@unime.it

Abstract

The city of Messina in the mid-seventeenth century still enjoyed privileges coming from the trade arising from the Norman period agreements on the Consulate of the Silk Road, poorly tolerated by Spanish government because the privileges took away resources to State treasure. The contrast between the population and senators and nobles resulted in a revolt at the end of which the Spanish government decided to strengthen the fortifications already behind the city and at the end of the San Ranieri peninsula that protects the city's port. The access to the port was defended by a pentagonal building with bastions functional to the military technology of the time. This fortification absolved the functions of defense of the city and the Straits of Messina but also served as deterrent in order to control the population of Messina and it was a warning to the city. After the Unification of Italy the city of Messina asked to demolish the fortification which was a threat to the city. The demands of Messina were partially answered only in the first half of the 20th century. Then were demolished two of the ramparts turned towards the city and the Citadel was transformed gradually into an uncomfortable presence that could provide good building material. The peninsula of San Ranieri had the function of container of industries and warehouses and the demolition of the fortification took place with different reasons until the end of the '60s. At the beginning of the new millennium was drafted by the Superintendence for Cultural Heritage, a project of restoration and reuse of the remnants. However prolonged use of highly polluting enterprises determined the need to clean up the entire area before being able to implement any initiative. The prospects of development of the area are faced with a political action which is, sometimes, inconsistent.

Key-words: fortifications, Real Citadel, defence, Messina, demolition, reuse Parole chiave: fortificazioni, Real Cittadella, difesa, Messina, demolizione, riuso

Introduzione

Per comprendere le ragioni della localizzazione della Real Cittadella di Messina è necessario considerare la particolare congiuntura storica che diede impulso alla costruzione della fortificazione. Fin dai tempi normanni la città di Messina godeva ancora dei privilegi in materia di commerci derivanti dagli accordi sul Consolato della Seta2. La favorevole posizione, baricentrica nei confronti dei territori che svolgevano commerci nel mar

Mediterraneo, unitamente a questi privilegi attribuiti alla città, avevano determinato nel corso dei secoli, un significativo sviluppo che si manifestava nei numerosi interventi in ambito urbano e nella grande affluenza in città di mercanti provenienti da tutte le più sviluppate realtà commerciali del periodo. La responsabilità del governo municipale era assunta da una attiva borghesia e da una nobiltà di antiche origini.

1 Fabio Todesco è professore associato di Restauro presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Messina. Abbreviazioni: AccM = Atti del Consiglio comunale di Messina

ASP= Archivio di Stato, Palermo

ACD= Archivio Camera dei Deputati, Roma. BRM = Biblioteca regionale, Messina

2 L’istituzione del Consolato della seta affonda le sue radici nel più antico Consolato del mare, un’istituzione di epoca normanna competente su tutte le controversie di carattere commerciale. Il Consolato della seta fu istituito nel 1520 dal Vicerè Ettore Pignatelli e i relativi Capitoli vennero confermati successivamente da Carlo V nel 1530, determinando un significativo sviluppo della città poiché era permessa la veicolazione di merci esenti da gabelle, attraverso il porto cittadino. Francesco Maria Emanuele Gaetani si esprime così: "(…) Havvi parimente il Conſolato della Seta formato da un Nobile, da un Cittadino, e da un Mercadante, avvegnacchè in queſta Città, e nel ſuo diſtretto, e coſtretto ſi fa il maggior traffico di tutta la ſeta, che in quantità produceſi nella Valle di Demone (…)". Il Consolato della seta fu soppresso nel 1822 (Gaetani Villabianca 1754-1775:47).

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Fig. 1 - Messina 1642. Incisione su rame di Placido Donia (Ioli Gigante 2010).

Tuttavia gli interessi di tale borghesia risultavano più vicini a quelli della nobiltà, con la quale condivideva i privilegi, piuttosto che ai ceti popolari. L’arrivo nel 1671 dello stratigoto3 della città, Luis

dell’Hojo, rese possibile l’acuirsi del malcontento locale che contribuì a fomentare appoggiando una delle due fazioni in cui era divisa la popolazione: i merli ed i malvizzi4. Nel 1674 i messinesi diedero

avvio alla rivolta costringendo Dell’Hojo ad arrendersi e respingendo il vicerè, accorso da Palermo, a colpi di cannone (Cucinotta 1996:103). I malvizzi si rivolsero a Luigi XIV, Re di Francia, allora in lotta con la Spagna, per ottenere aiuti. Tuttavia anche l’appoggio della Francia si risolse in abusi di ogni tipo così che dopo la pace di Nimega (1678), che ricompose le divergenze tra la Spagna e il Re di Francia, quest’ultimo abbandonò al suo destino la città che dovette subire una feroce vendetta da parte degli spagnoli. Oltre alla vendetta fisica esercitata sui messinesi che si erano ribellati, Pietro II di Spagna tolse il titolo Caput Regni e tutti i privilegi alla città, chiuse l’Università, distrusse il palazzo Senatorio e trasferì in Spagna il prezioso archivio una volta contenuto nel SS. Salvatore in Lingua Phari che conservava i codici del celebre umanista Costantino Lascaris. La città di Messina perdeva così una lunga serie di privilegi che le avevano dato una significativa autonomia commerciale e politica oltre alla funzione culturale con la soppressione dell’Università (fig. 1).

3 Lo stratigoto era la suprema autorità che rappresentava, in città, il potere centrale.

4 Le due fazioni in cui era divisa la città erano i democratici, detti Merli, vicini agli interessi del popolo e gli aristocratici, detti Malvizzi che difendevano gli interessi della borghesia e della nobiltà cittadina. (Costa 2009:74).

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Fig. 2 - Messina. Incisione su bronzo di Andrea Calamech inserita nel piedistallo della statua a Don Giovanni D’Austria del 1752; Fig. 3 - Messina. Real Cittadella. Planta del estado que al presente se hallen las obras de la Ciutadela de Messina a 11 de majo 1684 (Simancas, Archivio General).

La costruzione della Real Cittadella

Riconquistato il potere, il governo spagnolo rafforzò le fortificazioni già presenti alle spalle della città con nuove opere di fortificazione che potessero costituire un sito privilegiato da cui controllarla. Le esigenze di proteggere la città e il suo importante porto da possibili attacchi esterni convergevano con quelle di difendere le guarnigioni governative ivi insediate da possibili sollevamenti popolari. L’evoluzione delle tecniche difensive procedeva di pari passo con il perfezionamento delle armi da fuoco e ciò rendeva poco efficaci le fortificazioni che difendevano la città di Messina a monte della cinta murata, la cui tecnica difensiva, almeno nel caso del Castello Matagrifone e del Forte Castellaccio5,

utilizzava tecniche di difesa piombante unitamente al tiro radente proprio delle armi da fuoco. Il sito e la dislocazione delle fortificazioni già esistenti suggerirono di chiudere l’accesso al braccio di San Ranieri6,

con una fortificazione di moderna concezione localizzata in modo creare uno sbarramento del Piano di Terranova7. La costruzione della fortezza venne affidata all’ingegnere militare olandese Carlos

Grünemberg che concepì una forma pentagonale dotata di bastioni in ciascuno degli angoli nonché di una serie di avancorpi sul fronte sud, funzionali alla tecnica militare dell’epoca. La forma pentagonale, unitamente all’inclinazione dei bastioni angolari, consentiva tiri delle batterie da fuoco in tutte le direzioni, ma soprattutto costituiva un monito per la città che, per la sua clivometria, risultava vulnerabile in ogni suo punto. La Real Cittadella venne isolata confiscando le aree necessarie e abbattendo un’ampia porzione di tessuto urbano nel piano di Terranova8. La città abitata risultava così

sufficientemente distaccata dalla fortificazione da potere essere facilmente colpita in caso di tumulti della popolazione che rappresentava il più reale pericolo per il governo spagnolo. La Real Cittadella di Messina costituiva comunque un’ulteriore fortificazione che si inseriva in un sistema difensivo delle coste siciliane contro l’offensiva turca avviato dagli spagnoli fin dalla prima metà del XVI secolo (Parrino 1730:350-362) (fig.2).

5 La cinta murata della città inglobava lungo il suo perimetro il castello di Matagrifone a nord-ovest, ed era difesa dal Forte Castellaccio e dal Castello Gonzaga all’esterno delle mura verso ovest a controllo di un importante asse di penetrazione verso l’interno costituito dal fiume Camaro.

6 La penisola di San Ranieri è la lingua di terra che racchiude il porto configurandolo a forma di falce. Il primitivo nome dato dai Siculi all’insediamento fu Zancle, dalla forma di falce che assume la penisola di San Ranieri (Tucidide:141).

7 La spianata di Terranova era posta a est dell’abitato tra palazzo Reale ed il mare, in prossimità del braccio di San Ranieri sul quale insisteva la Cittadella.

8 Un documento conservato presso l’archivio di Simancas testimonia la preoccupazione del governo spagnolo per il controllo della città. L’ingegnere Sesti, propone una fortificazione da realizzarsi nel piano di Terranova, dando nel contempo testimonianza del tessuto urbano che vi insisteva. Plano de las obras que a Judicio del ingeniero Juan Baptista Sesti ea necessario hacer para convertir en ciudadela el sitio llamado Tierranueva dejando dentro el Palacio Real (Ioli Gigante 2010:120).

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Differentemente dalle architetture difensive precedenti che risultavano inglobate all’interno del perimetro delle mura cittadine, la fortificazione del Grunemberg era protetta da profondi fossati e opere avanzate, risultando isolata e ben distinta dal contesto cittadino. Il rapporto tra la città e la fortificazione si traduceva dunque in un rapporto di forza in cui la Cittadella assumeva la veste di emblema del potere, esterno alla città che si era mostrata restia alla sottomissione al governo spagnolo (Ribot 2011) (fig.3). Pertanto la presenza della Real Cittadella fu sempre mal tollerata dai messinesi, proprio perché da questi percepita come simbolo della sudditanza cittadina. Dopo la rivolta antispagnola la città subì un declino causato dalla rappresaglia spagnola ma anche da pestilenze e calamità che culminarono, alla fine del XVIII secolo, nel disastroso terremoto che interessò la Calabria e la Sicilia occidentale.

I moti antiborbonici

La fortificazione tornò a esercitare le sue funzioni di contenimento delle aspirazioni indipendentiste sia nella circostanza dei tumulti del 1822, ma soprattutto nel 1847-48, in occasione dei moti rivoluzionari avviati in tutta la Sicilia contro il governo dei Borbone. In questa occasione i messinesi diedero avvio ad una rivolta che faceva seguito a quella in corso a Palermo e che rendeva Messina la testa di ponte il cui possesso risultava indispensabile al comando borbonico per la riconquista dell’isola insorta. Presso la sola Cittadella erano presenti più di trecento bocche da fuoco oltre ad una forte guarnigione che trovava riparo all’interno del grande spazio pentagonale protetto dalle mura.

Per fronteggiare la rivolta in corso, Ferdinando II ordinò di bombardare l’abitato da tutte le fortezze dislocate lungo il perimetro della città murata che erano ancora in mano borbonica (De Sangro 2001:189).

Fig. 4 - Messina nel 1835 con una quadripartizione dell’abitato che ne individua i quartieri: Priorato, Duomo, San Gregorio e Monasteri. Carta a cura dell’architetto controloro ispettore Miffolimoncada). Si noti la consistenza della cinta fortificata e l’estensione di quartieri al di fuori dalle mura (ASP).

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5 Fig. 5 - Cartografia redatta nel 1844 a cura dell’IGM e adattata alle modifiche avvenute fino al 1865. LEGENDA: 1.Forte Gonzaga; 2.Castellaccio; 3.Torre Vittoria; 4.Castello Matagrifone; 5.Forte Real Basso 6.Forte S.Salvatore 7.Lanterna; 8.Cittadella; 9.Forte Don Blasco; 10.Convento della Maddalena 11. Caserma Sabato (elaborazione dell’autore su base cartografica IGM Carta topografica del faro di Messina – foglio A del 1865, B0005186).

Da gennaio a settembre del 1848 ebbe luogo un distruttivo cannoneggiamento della città i cui presidi militari caddero uno dopo l’altro in mano dei rivoltosi9. Riconquistato il potere, la politica di estremo

rigore voluta da Ferdinando non ottenne i benefici sperati così che, pur se esiliati i più attivi sostenitori dell’Unità d’Italia, i contatti della città di Messina con la massoneria piemontese appoggiata dall’Inghilterra rimasero ben saldi.

Il fervore dei risorgimentali condusse nel 1861, all’Unità d’Italia, dove coloro che avevano appoggiato la venuta di Garibaldi chiesero in più occasioni la demolizione della fortificazione che si ergeva minacciosa proprio di fronte alla città nonché la restituzione delle aree a suo tempo occupate per la costruzione della Real Cittadella (Todesco, 2012).

Il rapporto della fortificazione con la città può essere ben descritto dal Rilievo del fabbricato della Città di Messina divisa in quattro quartieri ad uso del rettificamento del catasto, una cartografia del 1835 che rappresenta la città intra moenia suddivisa lungo le vie Della Rovere-Sant'Agostino e via dell’Uccellatore in quattro quartieri, i cui confini si estendevano anche oltre le mura cittadine10 (fig. 4).

Ulteriori riscontri sono da ricercarsi nella Pianta di Messina e dintorni rilevata nel 1844 da Ufficiali ed Ingegneri del Regio Officio Topografico di Napoli e messa al corrente nel 1865 (fig. 5). Dal confronto fra

9 I rivoltosi, occuparono uno ad uno tutti i presidi militari tranne la cittadella e si dislocarono in posizione strategica presso il convento della Maddalena, posto all’esterno della Porta Imperiale, lungo la via che conduceva a Catania, da cui potevano tenere sotto controllo i collegamenti via terra della Cittadella.

10 La carta, datata 28 aprile 1835, è edita come Rilievo del fabbricato della città di Messina, diviso in quattro quartieri, redatto ad uso del rettificamento del catasto (ASP).

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queste tavole si evince che i primi danni alla cinta (Racconto storico, 1848:35) furono causati dalle bombe che l’esercito borbonico esplose dalla Cittadella contro i rivoltosi (Messina e Dintorni, 1902:55). È plausibile che, a causa di quei bombardamenti, dopo il 1850 si decise di demolire ciò che rimaneva di alcuni tratti delle mura sia in corrispondenza della Porta Reale sia a sud lungo il torrente Portalegni.

L’Unità d’Italia e la demolizione delle strutture fortificate

La richiesta di demolizione di queste strutture, reclamata dai messinesi già all’indomani dell’Unità, delinea i contorni della diffusa ostilità con cui era percepito e vissuto questo simbolo di repressione che si tramutò in disinteresse per tutta l’area alla quale fu attribuita la funzione di contenitore di attività industriali e depositi. Tuttavia, nell’assenza di un coordinamento delle iniziative, stante la sostanziale incertezza del periodo, non trovò una pronta risposta da parte del governo sabaudo che disattese per lungo tempo le istanze di demolizione della struttura11. Soltanto nella prima metà del XX secolo tali

richieste sarebbero state parzialmente soddisfatte, anche a causa dei conflitti di proprietà tra l’Autorità militare, il Municipio e le Ferrovie dello Stato. Come si evince dalla posizione del Comando militare, che a proposito della demolizione voluta dai cittadini esortò il Comune a "rettificare la pubblica opinione sull’argomento"12 ribadendo che qualunque decisione relativa alla Cittadella era da valutare in rapporto

alle altre fortificazioni italiane, la questione si manifestava di difficile soluzione. Anche perché ragioni pratiche e di convenienza spingevano alla demolizione: la sua mole imponente, che sbarrava l’accesso alla penisola di San Ranieri (fig. 6), era uno dei luoghi strategici di Messina, per il quale vi erano ambiziosi progetti di trasformazione. L’amministrazione comunale rivendicava13, oltre all’area occupata

dalla Cittadella, anche la contigua spianata di Terranova per una superfice di circa diciassette ettari dalla quale si poteva ricavare buon materiale da costruzione ma anche si sarebbe dato un freno al fenomeno della disoccupazione14. A testimoniare questa volontà di disfarsi delle sopravvivenze del

passato, il sindaco Salvatore Natoli ottenne dal Ministero delle Finanze il permesso di utilizzare i materiali provenienti dalla demolizione della Cittadella anche se nel 1863 non esisteva ancora alcun programma organico, se non alcune vaghe ipotesi dell’architetto comunale Giacomo Fiore15. Ma

quando la vicenda dell’alienazione della fortezza finalmente sembrava avviarsi a una soluzione, il Ministero della Guerra ipotizzò il riutilizzo delle strutture a fini militari. Al fine di trovare un accordo tra le diverse esigenze venne sottoscritta una convenzione con l’Amministrazione comunale che stabiliva che il piano di San Raineri, pur rimanendo disponibile alla collettività, fosse reso adatto per le manovre militari16. Così si diede il via alle prime demolizioni dell’imponente struttura17.

11 Il Consiglio comunale, nel settembre del 1860, rivendicò il possesso delle aree del piano di Terranova e di San Ranieri. I messinesi asserivano, infatti, che la prima cinta di difesa costruita a tutela della città, era stata edificata dagli Angioini ad ampliamento di una più vetusta e, in tale periodo erano i Comuni che costruivano le proprie opere difensive sul proprio terreno. Messina, poi, era un caso specifico poiché essa "reggevasi fin dai primi tempi della signoria normanna a stato di comune indipendente, pressocché a guisa delle città della Hansa teutonica". La Hansa teutonica era in origine un'associazione di mercanti intercittadina che nel XIV secolo si trasformò in una lega di città in cui ciascuna si autogovernava (AccM, tornata del 1 settembre 1860, p. 27).

12 AccM, tornata del 10 settembre 1860, p. 30.

13 Nel 1861 il Consiglio comunale chiedeva nuovamente la demolizione della Cittadella e dei fortilizi circostanti e per confortare le richieste furono invitati "i Municipi, non solo delle Regioni Siciliane, […] al fine che unissero i loro voti a quelli di Messina, per la demolizione della Cittadella e degli altri forti che ne minacciano l’indipendenza". Tale invito richiamava il superiore interesse dell’Italia muovendo dalla notazione che fin dalla rivolta dei Vespri la città fu il teatro nel quale si combatterono le ultime battaglie, a riprova del fatto che la sua configurazione e le fortificazioni che vi insistevano "son tali che il despotismo ne ha sempre potuto far sempre il suo refugio" (AccM, tornata del 20 marzo 1861, p. 10).

14 I dati sull’occupazione nel 1871 indicano a Messina una diversa composizione delle attività economiche rispetto alle altre città siciliane (Battaglia, 2003).

15 Il progetto di Fiore, come accadeva nelle grandi città in Italia ed Europa, faceva dell’area falcata una sorta di salotto della città, un ampio spazio da destinare, con la demolizione della Cittadella, a parco urbano con passeggiate e giochi (Oteri, 2011). 16 La convenzione stabiliva che il ramo della guerra assumesse le spese per la demolizione dei parapetti della Cittadella rivolti verso la città (AccM, tornata del 27 agosto 1863).

17 Alcune testimonianze circa la solidità delle strutture che si demolivano con esplosivi, lascia comprendere le difficoltà tecniche di tali smantellamenti (AccM del 19.09.1864).

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7 Fig. 6 - Veduta dal porto dei bastioni rivolti verso la città e del percorso che permetteva di scavalcare la fortezza (Riccobono, Berdar, La Fauci, 1988).

Fig. 7 - Suddivisione delle aree della zona falcata secondo quanto stabilito nella convenzione stipulata nel 1913 tra il Municipio, l’Amministrazione delle finanze, il Ministero della Guerra, la Marina e il Genio militare (BRM - Atti del Consiglio Comunale – Busta 6).

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La demolizione fu avviata nel 1863 con l’abbattimento di uno dei baluardi18 e delle batterie dei cannoni

"dichiarati inutili" anche se i lavori furono limitati a quelli strettamente necessari a garantire l’accessibilità all’area falcata. Nel 1868 furono otturate le cannoniere e spianati gli spalti della parte verso la città19. Una nuova convenzione stabilì la "demolizione di quelle falsabraghe dalle quali si era

nel 1848 gravemente danneggiata la città di Messina"20 cioè la demolizione dei fronti a ovest e la

chiusura delle cannoniere rivolte verso la città, in modo da impedire l’eventuale collocamento delle artiglierie (Rizzo, 2007:140). Il Comune avrebbe dovuto costruire una strada, probabilmente ottenuta dalla livellazione dei rampari, che permetteva di oltrepassare i bastioni Norimberga e San Carlo e di accedere al piano di San Ranieri (Riccobono, Berdar, La Fauci, 1988:224), che sarebbe stato ceduto in semplice uso al Municipio per formarvi un giardino pubblico21. L’edificazione della stazione ferroviaria

nel piano di Terranova (22) a sud-est della città condizionò fortemente le decisioni che stavano

maturando in quanto costituiva una barriera all’espansione urbana23.

Dopo il terremoto del 1908

Già nel 1905, l’Amministrazione comunale chiese nuovamente la cessione dei terreni occupati dalla Cittadella nel memorandum sulle domande riguardanti gl’interessi della città presentato al Ministro dell’Interno24, nell’ambito di programmi volti alla reintroduzione del porto franco e dello sviluppo di

supporto all’attività marittima.Richiesta che si fece più pressante, quando, a seguito della legge n. 466 del 191025, si presentò la possibilità di insediare i depositi franchi nelle aree demaniali della

Cittadella26.

Il Regolamento di attuazione della legge prevedeva la delimitazione delle aree per i fabbricati a servizio del porto, i fabbricati per la ferrovia, le aree di pertinenza del Comune nonché quelle per la difesa marittima27. Anche in questo caso si affidò il compito di attribuire le aree della zona falcata ai diversi

enti che ne contendevano il possesso, a una Commissione con al proprio interno una Sottocommissione tecnica28 (fig. 7). Il conflitto di competenze che vide fronteggiarsi l’Amministrazione

comunale con il Demanio di Stato nonché le divergenze emerse tra il Ministero della Marina e il Ministero della Guerra condussero ad una nuova convenzione29 mentre si demolivano porzioni della

fortificazione al di fuori di qualunque programmazione (fig.8).

18 Nei suoi diari, l’intellettuale messinese Gaetano La Corte Cailler indica il 1863 come data di avvio delle demolizioni dei bastioni della Cittadella per cui si può ritenere che tra il 1863 e il 1868 si siano avviati i lavori di smantellamento dei bastioni San Carlo e Norimberga (La Corte Cailler, 2002:1103).

19 Si tratta della Legge del 11 giugno 1868 n. 4441 1868 dal titolo Legge che approva la Convenzione 17 maggio 1867 tra il Demanio ed il Municipio di Messina sul riparto del piano di Terranova, e che autorizza la spesa di L.37,100 per la demolizione dei parapetti della cittadella di Messina rivolti verso la città.

20 Il Governo Italiano, preoccupandosi delle ragioni politiche locali che spingevano per la demolizione delle strutture fortificate, sottopose all’esame di una Commissione per trovare il modo di modificare la Cittadella, "nel senso di toglierle il carattere di opera aggressiva a danno della popolazione, senza pregiudizio della difesa dalla parte del mare" (ACD, Riparto del piano di Terranova in Messina e demolizione delle fortificazioni esterne alla cittadella di quella città, progetto di legge presentato nella tornata del 16 marzo 1868, X Legislatura - I Sessione 1867).

21 La convenzione prevedeva anche che per i terreni demaniali, che fossero passati in uso al Municipio, quest’ultimo dovesse pagarne un equo fitto, salvo acquisirne la piena proprietà nei modi previsti dalla legge.

22 La convenzione tra il Comune e il Ministero fu firmata il 27 agosto del 1863 (AccM del 14-11-1864).

23 Ciò avvenne nonostante le raccomandazioni dell’architetto Giacomo Fiore il quale auspicava che l’edificio della stazione ferroviaria fosse composto di due corpi in linea con la via Primo settembre, come nel caso di Genova, "in modo che dalla piazza del Duomo non venga ostacolata la vista del mare e della Città sorella di Reggio" (Fiore, 1869:19). La costruzione della stazione ferroviaria e la relativa linea ferrata, più che attivare, come avvenne nel resto d’Europa, politiche di sventramento del tessuto edilizio, determinò una cesura fra il litorale a sud e la città, isolando in tal modo la penisola di San Ranieri.

24 Il Ministro della Guerra con nota del 2 aprile 1903 n.4443 faceva presente al sindaco che i terreni erano indispensabili per le esercitazioni militari e quindi non alienabili (Municipio di Messina, 1902:8-12).

25 Si tratta della Legge n. 466 del 13 luglio 1910.

26 Il deposito franco è un magazzino nel quale le merci possono essere depositate e scambiate senza oneri fiscali come si trattasse, nello specifico, di territorio esterno alla nazione italiana.

27 Il Regolamento di attuazione della Legge 466/1910 per la definizione delle aree della zona falcata fu approvato con R.D. del 21 luglio 1911 n. 1013.

28 Gli enti che avanzavano interessi nell’area in questione erano il Ministero dei L.L. Pubblici; il Ministero delle Finanze, il Ministero della Marina e il Municipio.

29 La Commissione si riunì su disposizione della Direzione Generale del Demanio e già nella seduta del 28 gennaio 1910 si manifestarono problemi, da parte del Demanio Militare, legati alla dismissione della fortificazione la cui demolizione, fino ad allora, era stata avviata solo in minima parte rispetto al programma postunitario.

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Fig. 8 - Messina. Demolizioni delle mura della cittadella per la realizzazione della stazione ferroviaria effettuate nel 1939 dall’Impresa PACE (Riccobono, Berdar, La Fauci, 1988); Fig. 9 - Mura della città con l’indicazione delle parti demolite (elaborazione dell’autore).

Negli anni Venti la legge riconobbe un’area di circa 2,3 ettari da ricavarsi dalla demolizione della Cittadella30 e la costituzione, per un periodo di settanta anni, dell’ente portuale che si impegnava ad

effettuare entro termini prescrittivi, le opere di bonifica e ampliamento del porto, avendo titolo di concedere aree della zona falcata a chi ne avesse fatto richiesta. Tale ente autonomo portuale dunque gestì lo smantellamento della struttura fortificata fino all’attuale consistenza31 (fig.9).

Conclusioni

L’analisi delle passate vicende della Real Cittadella aiuta a comprendere meglio come questa è stata percepita nell’immaginario collettivo attraverso alterne fasi determinate dall’evidente assenza di progettualità. La funzione militare prima e il degrado che ha interessato il sito nell’ultimo secolo hanno determinato la perdita della fisionomia della monumentale fortificazione che però può ancora essere riconoscibile con l’osservazione delle strutture sopravvissute (fig. 10). La scarsa fruizione del sito da parte della cittadinanza, se da un lato ha contribuito allo svilimento dei suoi connotati, dall’altro consente oggi una più ampia libertà nella determinazione dei futuri utilizzi.

D’altro canto la soppressione dell’Ente Porto32 e l’istituzione dell’Autorità Portuale ha consentito negli

ultimi anni di liberare il sito da parte delle industrie che vi insistevano, mentre altre dismissioni sono ancora in corso33 (fig.11).

La bonifica ha avuto il suo avvio per mezzo di una convenzione pubblico-privato che ha consentito di recuperare un piccolo parco urbano ai margini dell’area occupata dalla Cittadella, in prossimità del Bastione Don Blasco34.

In un’ottica di progressivo miglioramento sarebbe necessario individuare le funzioni da esprimere partendo dalle necessità della città35, sottoponendo a una consultazione cittadina le proposte da

rendere oggetto di un concorso di idee per assicurare democraticamente una più adeguata rispondenza alle necessità di sviluppo della comunità (fig.12).

30 Il Decreto Regio del 9 novembre 1919 n. 2609, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 1920, istituiva, per un periodo di 70 anni, un ente portuale autonomo per la costruzione e l’esercizio delle opere del porto. Oltre alle banchine, ai piazzali, alle aree di demanio marittimo comprese nella zona portuale e al bacino di carenaggio, l’ente avrebbe assunto la gestione delle aree formanti parte della zona falcata per l'istituzione di depositi franchi e per l’impianto di stabilimenti industriali (art. 2, c.2/A).

31 È da presumere che l’innalzamento delle quote nasconda, sotto il piano di calpestio, la base della struttura fortificata, riscontrabile ancora su alcuni brandelli del tessuto antecedente al terremoto.

32 La soppressione dell’ente è avvenuta nel 2013.

33 La presenza di scarti industriali ha determinato la necessità di una generale bonifica che è tuttora in corso. 34 Il progetto è stato curato dagli architetti Elena La Spada e Olga Cannizzaro.

35 Per esempio il museo archeologico che la città reclama da oltre cinquanta anni; una cittadella della scienza; laboratori di botanica e mineralogia; in generale tutte le funzioni legate ai contributi scientifici sviluppati a Messina da eminenti studiosi.

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Fig. 10 - Veduta di alcuni fabbricati della Real Cittadella ancora esistenti. In primo piano la controguardia di Santo Stefano e il rivellino di Santa Teresa, a sinistra il Cisternone, a destra l'Opera a martello e sullo sfondo la città di Messina (Fotografia di Federica Tallarida).

Fig. 11 - Messina. Resti della Cittadella. Si individuano faticosamente l’avanti cortina e i baluardi di Santo Stefano (a sinistra) e San Diego (a destra) stretti tra l’area della ferrovia e vari tipi di attività industriali in parte dismesse (immagine dell’autore – foto da drone).

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11 Fig. 12 - Messina, Sopravvivenze della Real Cittadella con al centro l’inceneritore in fase di dismissione. In primo piano l’Opera Carolina, alla sua sinistra il rivellino di Santa Teresa, la controguardia di Santo Stefano e il cisternone, l’opera a Martello, ed alle spalle i due baluardi di Santo Stefano e San Diego con la cortina muraria di collegamento e uno degli alloggiamenti dei militari (immagine dell’autore – foto da drone).

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Figura

Fig. 1 - Messina 1642. Incisione su rame di Placido Donia (Ioli Gigante 2010).
Fig.  2  -  Messina.  Incisione  su  bronzo  di  Andrea  Calamech  inserita  nel  piedistallo  della  statua  a  Don  Giovanni  D’Austria  del  1752; Fig
Fig. 4 - Messina nel 1835 con una quadripartizione dell’abitato che ne individua i quartieri: Priorato, Duomo, San Gregorio e  Monasteri
Fig.  7  -  Suddivisione  delle  aree  della  zona  falcata  secondo  quanto  stabilito  nella  convenzione  stipulata  nel  1913  tra  il  Municipio,  l’Amministrazione  delle  finanze,  il  Ministero  della  Guerra,  la  Marina  e  il  Genio  militare  (
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