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Il romanzo francese antico "Ille et Galeron" di Gautier d'Arras: traduzione italiana con introduzione, note e glossario

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Academic year: 2021

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Introduzione

Il romanzo di Ille et Galeron

L'opera che si è scelto di tradurre è il Ille et Galeron, romanzo del XII secolo composto da Gautier d'Arras. L'opera narra la storia d'amore fra il prode cavaliere Ille, e una dama, Galeron, sorella del duca di Bretagna, collegandosi esplicitamente a Marie de France, in quanto Ille è il figlio di Eliduc, protagonista di un lai della poetessa. Tuttavia Ille si pone come l'anti Eliduc, e quindi si può affermare che Gautier scriva una sorta di risposta all'opera di Marie de France. Ille et Galeron ha quindi un valore capitale nonostante le modeste doti poetiche dell'autore. Infatti egli non possiede certo lo stile elegante e snello di Chrétien de Troyes e non è stato studiato dai filologi tanto quanto Marie de France, ciononostante questo poema rappresenta un rifiuto netto dell'arturianesimo e del meraviglioso bretone, temi molto in voga nella Francia del XII secolo. Potremmo quindi sostenere che le tematiche trattate lungo il corso di questo romanzo spiccano per originalità all'interno del panorama culturale dell'epoca, in quanto si rinuncia alla magia, alla soprannaturalità, alle creature fantastiche e il riferimento ad Artù è ridotto ad un solo verso, nel quale leggiamo che il coraggio dei personaggi è paragonabile a quello dei cavalieri di Artù. Inoltre nei suoi poemi Gautier si dimostra un attento osservatore della realtà, della psiche umana e dei rapporti sentimentali fra uomo e donna. Il poeta viene definito come realista, in quanto, oltre al rifiuto del meraviglioso bretone, inserisce elementi tipici del suo tempo, come toponimi familiari al pubblico medievale, ad esempio Langres, Vienne, Cartagine, Conio, ed altre località1, ma anche nomi propri tipicamente bretoni tratti da opere contemporanee ad Ille et Galeron, come ad esempio la Chanson d'Antioche, il Roman d'Alexandre, il Brut di Wace, il Roman de Thèbes e il Roman de Troie2. Renzi propone “celtismo storico” come termine per identificare lo stile di Gautier, poiché non si tratta di celtismo in toto, vista l'assenza di feerico e di meraviglioso, “storico” poiché fa riferimento ad avvenimenti del suo tempo all'interno dell'opera, nonché a fonti più antiche, pur ispirandosi prevalentemente al Lai d'Eliduc di Marie de France 3

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Un ulteriore elemento di realismo viene suggerito da Lot4, il quale sostiene che l'infanzia di Ille sia stata ispirata dalle Cronique de Nantes, opera anonima della storia di Bretagna dal IX al XI secolo, scritta poco prima di Ille et Galeron, tra il 1050-1056. In quest'opera l'usurpatore Hoel viene ucciso dall'emissario del conte di Rennes, Conan. L'emissario, curiosamente, si chiama Galuron. Si nota così una certa somiglianza fra il romanzo, in cui Ille uccide lo zio Hoel e aiuta a liberare il regno del duca Conan, e la fonte anonima. Per giunta il nome della dama dell'opera di Gautier rimanda all'eroe della Cronique de Nantes. L'ipotesi di Lot è che Gautier abbia adottato un nome maschile per la sua eroina forse per ridicolizzare la fonte alla quale si è ispirato. Tuttavia nel testo non vi sono prove sufficienti a sostegno della teoria di Lot5.

1 Cfr. Pierreville 2001, p.85, vd. Indice dei nomi propri. 2 Cfr. Fourrier 1960, p. 284 e Renzi 1967, p.40. 3 Cfr. Renzi 1967, p.40.

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Il milieu culturale e il romanzo antico-francese del XII secolo.

Il milieu in cui Gautier si muoveva era quello della Francia del XII secolo, in cui il romanzo acquistava un successo e una dignità letteraria notevole. Nel Medioevo il termine romanzo era utilizzato per identificare un qualsiasi componimento in lingua volgare. All'epoca non esisteva una classificazione per generi, ma si preferiva distinguere i testi per materia. Secondo Jean Bodel, autore della Chanson de Saisnes, le materie da cui si attinge per produrre un testo sono tre: la materia «de France», cioè la materia epica, che racconta ciò che accadde veramente, tipica della chanson de geste; quella «de Bretagne», relativa ai romanzi del ciclo bretone e arturiano, che non hanno alcuno scopo didattico o informativo, e quella «de Ronme la grant», la materia di tipo classico, con scopo didattico, che fornisce cioè un esempio da seguire. Un esempio di quest'ultima materia ci è dato proprio dall'opera di Gautier, Eracle.

I testi in lingua volgare più frequenti nella letteratura antico-francese sono il romanzo e la chanson de geste. Oggi il romanzo viene distinto dalla chanson de geste non tanto per il suo contenuto, per la matière, ma soprattutto per lo scopo che si pone. La chanson de geste ha come obiettivo quello di rievocare un fatto noto a tutti e rafforzare i rapporti sociali all'interno di una comunità. Attraverso il componimento il fatto storico viene esaltato e sacralizzato. Il romanzo, invece, fornisce delle conoscenze e genera piacere grazie ad una trama ricca di colpi di scena ed eventi eccezionali. Infatti, benché sia l'eroe della chanson de geste che quello romanzesco siano presentati come modelli da seguire e dai quali trarre ispirazione, l'eroe romanzesco non è inquadrabile in uno specifico avvenimento storico, come accade per i personaggi della chanson de geste. Le differenze fra le due tipologie testuali si avvertono anche dal punto di vista metrico e sintattico: sebbene siano entrambi composti in versi, la chanson de geste predilige la paratassi e le lasse di decasillabi cesurati, mentre il romanzo presenta ipotassi e versi ottosillabici, con un'alta frequenza di enjambement. Le sequenze del romanzo sono concatenate fra loro, mentre nella chanson de geste si notano sequenze autosufficienti e giustapposte6.

I primi romanzi nascono verso il 1155: a quest'epoca risalgono la prima redazione del Roman d'Alexandre, sulla vita di Alessandro Magno, di Albéric de Pisançon, Apollonius de Tyr, romanzo anonimo che narra le avventure del re di Tiro, basandosi su una precedente prosa latina, e il Roman de Brut, del chierico normanno Wace, che racconta la storia degli antenati dei Plantageneti, monarchi d'Inghilterra. Il Roman de Brut è la cronaca dei re bretoni, tra cui Artù, la cui figura costituisce il centro del romanzo: visto come un uomo eccezionale, tanto che la sua nascita viene descritta sulla falsariga di quella di Ercole, il suo regno rappresenta l'apoteosi della dinastia bretone. Questo romanzo ha un potenziale in più rispetto ai lavori storiografici, poiché da esso scaturiscono altri romanzi che riprendono e rielaborano la stessa matière, quella arturiana, del Roman de Brut, al quale si ispirano. Il Roman d'Alexandre e l'Apollonius de Tyr presentano già i tratti tipici dell'eroe romanzesco: il coraggio, l'educazione militare, ma anche le qualità che contraddistinguono il cavaliere: la generosità, la cortesia, l'arte del corteggiare le dame. La prodezza, la liberalità e la cortesia presenti nell'animo degli eroi di questi primi romanzi diventeranno in seguito gli attributi indispensabili per ogni eroe romanzesco

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medievale.

Nel decennio che va dal 1155 al 1165 si trovano i cosiddetti «romanzi antichi», che provengono tutti dall'area normanna. Questi testi attingono dal mito classico, che era visto in epoca medievale come un esempio virtuoso da seguire e aveva la valenza di testimonianza storica. Il primo, cronologicamente parlando, è il Roman de Thèbes, pittavino, che racconta la storia della guerra di Tebe. Gli succede l'Eneas,il quale propone le avventure di Enea, seguito dal Roman de Troie, incentrato sulla guerra di Troia. Si nota un cambiamento di tematica, in quanto si dà un ampio spazio ai personaggi femminili e agli elementi fantastici. Inoltre si introducono anche monologhi e dialoghi, ma anche raffinate figure retoriche. Un discorso a parte va fatto per il romanzo Floire et Blancheflor, che viene definito «idillico», ambientato in un Oriente lussuoso e raffinato. Racconta l'amore di due innamorati, che a causa della loro relazione vivono mille peripezie e che daranno i natali a Berta, la madre di Carlomagno.

Si arriva quindi al periodo di massimo splendore del romanzo, quello in cui vive Gautier d'Arras. In quindici anni circa sono stati scritti i più celebri romanzi in lingua d'oïl, dal 1165 al 1180. Il romanzo che inaugura gli anni d'oro dei romanzieri è Tristan di Béroul, di cui rimane un frammento di circa quattromila versi, dal quale mancano l'inizio e la fine dell'opera. Il romanzo riprende la leggenda anglo-normanna dell'amore adultero di Tristano e Isotta, sebbene l'autore apporti alcune modifiche alla storia originaria. Infatti nella sua versione il filtro d'amore dura tre anni e i due amanti incaricano l'eremita Ogrin di mediare in modo da reinserirli a corte. Siccome manca il finale, non si sia se Béroul abbia fatto riavvicinare i due amanti, che appaiono quasi vittime del filtro d'amore e della vicenda sentimentale scatenata dalla pozione. Fra il 1170 e il 1173 compare anche un'altra versione del Tristan, anch'essa frammentaria, redatta da Thomas d'Angleterre, il quale preferisce analizzare la psicologia dei due amanti, presentando il loro amore come invincibile, un sentimento che resiste a ogni difficoltà. Il profilo psicologico che traccia l'autore è così elaborato da rendere credibile la storia d'amore fra i due. Inoltre Thomas, lungo il corso del romanzo, interviene e richiama in persona il suo pubblico, tecnica che verrà poi utilizzata anche da altri autori. Verso il 1170 si inseriscono nel panorama culturale le opere di Chrétien de Troyes e Gautier d'Arras. Verso il 1170 viene redatto da Chrétien de Troyes Erec et Enide, molto simile al terzultimo romanzo dell'autore, il Chevalier au lion, composto verso il 1176-1177. Entrambi i romanzi sono ambientati all'epoca di Artù e ruotano intorno alla tematica dell'amor cortese. Il primo racconta la storia di due giovani sposi, che attraversano varie avventure in quanto lo sposo, Erec, viene accusato di dedicarsi troppo a Enide e di non dimostrare abbastanza il suo valore militare. Alla fine, dopo ardue prove, Erec dà prova di coraggio ma mantiene allo stesso tempo saldo il matrimonio con Enide. Il Chevalier au lion, detto anche Yvain, ha una trama simile. Yvain, il protagonista, sposa Laudine e viene accusato, come Erec, di trascurare i doveri bellici. Parte con Galvano e partecipa ad una serie di tornei, ma si dimentica di tornare dalla moglie, e perde l'amore della dama. Il cavaliere supera una serie di prove per rinascere come cavaliere al servizio dei più deboli e riconquistare così il cuore della moglie. Verso il 1176 Chrétien redige Cligès, la storia di un amore tormentato fra Cligès e Fenice, osteggiati in tutti i modi da Alis, zio del protagonista.

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Il Chevalier de la charrete, o Lancelot, racconta le avventure di Lancillotto e Galvano, che affrontano ardue sfide per salvare la bella Ginevra: sarà Lancillotto a conquistare il cuore della dama, ma salva pure Galvano che rischia di morire. La morale del romanzo è che solo il cavaliere che dà tutto se stesso e che è pronto a affrontare ogni rischio merita il cuore della dama. L'ultimo romanzo di Chrétien, incompleto, è il Perceval: narra le avventure di un cavaliere, il quale cerca di mettere a frutto gli insegnamenti morali della madre e del suo mentore. Il romanzo costituisce l'occasione per far risaltare i difetti e le contraddizioni dell'ambiente cortese. In questo periodo, come si dirà più avanti, vengono pubblicati anche Eracle, verso il 1170, e Ille et Galeron7.

Gautier d'Arras

La biografia di Gautier d'Arras rimane in gran parte avvolta nel mistero. Secondo Cowper8, Gautier era Walterus de Atrebato, nobile imparentato con il siniscalco delle Fiandre e alto funzionario alla corte di Filippo d'Alsazia. Cowper giunge a questa ipotesi sulla base dell'analisi di più di cento carte che risalgono alla seconda metà del XII secolo, in un periodo che va dal 1160 al 1185. Resta tuttavia da provare il collegamento fra il citato aristocratico e il nostro autore, poiché attualmente non abbiamo nessuna prova della permanenza di Gautier-autore in Alsazia o nelle Fiandre. Inoltre, se il personaggio identificato da Cowper fosse davvero Gautier, avrebbe probabilmente dedicato le sue opere al Filippo d'Alsazia, peraltro nobile amante della letteratura9.

Le poche informazioni biografiche certe si ricavano dalle sue opere, Ille et Galeron e Eracle. Eracle è l'opera prima di Gautier, un romanzo che racconta le avventure dell'imperatore bizantino Eraclio, che difende il Sacro Legno dal persiano Cosroe: l'opera presenta elementi tipicamente storico-agiografici con altri relativi all'amor cortese10. Da questi due romanzi derivano due dati certi: il primo è che Gautier aveva una solida conoscenza delle Sacre Scritture, in quanto Eracle è ricco di riferimenti biblici e religiosi; il secondo è che l'autore era un cortigiano e conosceva l'ambiente della corte, visto il tono elegante con cui si rivolge ai suoi finanziatori nell'incipit e nell'explicit delle sue due opere. Una ulteriore prova del suo essere cortigiano è data dalla presenza di alcune esplicite denunce dei maldicenti e invidiosi nelle corti, personalità che danneggiavano spesso la figura del poeta e lo mettevano in cattiva luce di fronte al signore feudale11. Dalle dediche si ricava inoltre che non frequentava una sola corte, poiché le opere non sono dedicate a un solo signore ma a svariate personalità del tempo che lo proteggevano. Nel nostro caso, l'incipit di Ille et Galeron contiene la dedica all'imperatrice Beatrice di Borgogna, moglie di Federico Barbarossa, mentre l'explicit è dedicato a Tibaldo V, conte di Blois.

Il conte Tibaldo V era il figlio di Tibaldo IV, detto Il santo, che fu padre anche di Enrico I Il liberale, conte di Champagne, marito di Marie de Champagne, la figlia di

7 Cfr. Meneghetti 2010, pp. 29-64 8 Cfr. Cowper 1949, pp.302-316. 9 Cfr. Fourrier 1960, p. 180. 10 Cfr. Meneghetti 2010, p.63.

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Luigi VII, che sposò nel 1164.12 Inoltre la famiglia di Tibaldo si era legata ulteriormente al re, in quanto il monarca sposò la sorella del conte, Alis de Blois. Quanto a Beatrice, era un donna di notevole bellezza, longilinea, dai capelli biondi che parevano oro, gli occhi chiari, le mani sottili e un portamento regale. Veniva descritta come una moglie devota e fedele al marito. Beatrice era l'erede del conte di Borgogna Rinaldo III, e i suoi feudi comprendevano Lione, Vienne e Besançon. La famiglia d'origine di Beatrice era di alto lignaggio: tra i suoi membri si annovera un Papa, Callisto II, e il casato riuscì a legarsi persino alla corona di Spagna, in quanto Raimondo sposò la figlia del re di Castiglia Alfonso VIII. Dalla parte di madre Beatrice era imparentata, fra l'altro, con Goffredo di Buglione, re di Gerusalemme. Vista la grande influenza dei parenti di Beatrice, l'imperatore Federico Barbarossa decise di sposarla nel 115613.

Gautier viene citato nel prologo di un Miracolo della Vergine, risalente al XIII secolo, in cui “Gautier d'Arras qui fist d'Eracle” viene nominato assieme ad altri buoni autori dell'epoca. Si suppone, ma non se ne ha la certezza, che il poeta Chardry alluda a Gautier nella sua opera Set dormanz, quando paragona un certo Galerun a Tristano14. Il nome potrebbe fare riferimento sia a Galeron, la moglie di Ille, e in tal caso l'autore avrebbe trasformato Galeron in Galerun per problemi di rima, sia a Galeran, l'eroe del Galeran de Bretagne. Tuttavia il solo confronto del suo

personaggio con una figura importante come il prode Tristano costituirebbe un elogio importante per Gautier15.

Trama

L'opera inizia con la dedica a Beatrice, imperatrice di Germania, che viene elogiata per le sue qualità: la bellezza, la saggezza, la generosità. Il poeta si propone di scrivere un'opera in suo onore: Ille et Galeron, la storia di Ille, il figlio di Eliduc e di Galeron, sorella del duca di Bretagna. Il giovane Ille, all'età di dieci anni, orfano di padre, cade in rovina a causa dello zio Hoel, che si impossessa dei suoi beni e lo caccia dalla Bretagna; trova rifugio presso il re di Francia, che si ricorda del valore di Eliduc e accoglie il figlio calorosamente e lo fa diventare cavaliere. Ille, partecipando a svariati tornei, mostra il suo valore e coraggio. Torna in Bretagna e aiuta il duca Conan a sconfiggere Hoel e altri nemici che mettono in pericolo il ducato.

Si innamora di Galeron, sorella del duca, e i due convolano a nozze, mentre il duca lo nomina siniscalco. Tuttavia, durante un torneo, Ille viene ferito, perde l'uso di un occhio, e decide di fuggire, pensando che Galeron lo rifiuti in quanto guercio. Si nasconde in un castello, ma la moglie scopre il suo nascondiglio, con uno stratagemma entra nella camera, presso il capezzale di Ille, e gli dichiara il suo amore, sostenendo di essere disposta ad amarlo anche con un occhio solo.

Tuttavia Ille, dopo il colloquio con la moglie, decide di fuggire in gran segreto e si reca a Roma dall'imperatore. Qui, senza rivelare la sua vera identità, aiuta i Romani a sconfiggere i Greci che bramano il trono di Roma. Diventa siniscalco e accumula grandi ricchezze. Nel frattempo anche Galeron, dopo aver cercato il marito in tutta l'Europa, arriva a Roma per ottenere l'assoluzione dal Papa. Si stabilisce in 12 Cfr. Fourrier 1960, p 185.

13 Cfr. Idem, pp. 190-192. 14 Cfr. Koch 1879, p.77 e p.189.

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città dove vive di elemosina e piccoli lavori di sartoria. Ille conosce la figlia dell'imperatore, Ganor, che si innamora di lui. L'imperatore, per riconoscenza nei confronti di Ille che ha salvato Roma, gli dà in eredità l'impero e gli concede di sposare Ganor. Ille, ormai persa la speranza di trovare Galeron, accetta il matrimonio. Galeron viene a sapere delle nozze e blocca Ille all'entrata di S.Pietro, rivelandogli di averlo cercato dappertutto dopo la fuga e di amarlo follemente. Ille annulla la cerimonia nuziale, con grande dolore di Ganor, e torna in Bretagna, promettendo di tornare a Roma se ella e l'impero si fossero trovati in pericolo.

Ille diventa il nuovo duca e forma una famiglia con tre figli. Ma Galeron, temendo di morire di parto, fa voto a Dio, e, dopo la nascita della figlia, entra in convento. Ille si ricorda dell'amore di Ganor e decide di tornare a Roma, salvando l'impero dall'ennesimo attacco dei Greci. Infatti l'imperatore vuole costringere Ganor, ormai orfana di padre, a sposarlo, per impadronirsi del trono. Ille sconfigge i Greci, diventa imperatore di Roma e sposa Ganor. I figli avuti da Galeron si trasferiscono a Roma e si riuniscono a Ille e Ganor, che hanno altri quattro figli.

Datazione dell'opera

L'analisi dell'incipit ci aiuta a datare l'opera: si parla dell'incoronazione di Beatrice del 1167, quindi il poema è stato presumibilmente composto dopo questo avvenimento, ma non è chiaro se Gautier abbia iniziato la stesura del poema subito dopo l'incoronazione o lasciato passare del tempo16 Inoltre l'attacco dei Greci alla città di Roma costituisce un'allusione implicita alla guerra fra l'imperatore bizantino Manuele I Comneno e Federico Barbarossa, avvenuta nel 115517. Di conseguenza la stesura del poema è posteriore a questo conflitto. Il poema deve essere stato completato entro il 1184, anno di morte dell'imperatrice Beatrice.

Inoltre la composizione del poema risulta precedente a quella di Eracle, stando a quanto dichiara Gautier nell'explicit di Ille et Galeron18. Gautier compone

dal 1176 al 1178 la prima parte di Eracle su richiesta di Tibaldo V e Marie de Champagne, in seguito, prima di recarsi a Besançon alla corte di Beatrice, inizia la stesura di Ille et Galeron, termina Eracle dal 1179 al 1181, su richiesta del suo nuovo signore, Baldovino V, infine termina Ille et Galeron verso il 1182, dedicandolo ai precedenti protettori, Tibaldo V e Beatrice, dei quali ha un ottimo ricordo19. Probabilmente Gautier, secondo quanto ipotizza Sheldon, inizia Ille et Galeron durante il soggiorno di Beatrice in Italia, dal 1174 al 1178, sperando nel ritorno dell'imperatrice prima o subito dopo il completamento del poema, ragion per cui Gautier sente il bisogno di dedicare l'explicit sia a Beatrice sia a Tibaldo20.

Rapporti intertestuali fra “Eliduc” e “Ille et Galeron”.

Le fonti di Ille et Galeron sono state ampiamente discusse e gli studiosi propendono per due tesi differenti di antica origine: la tesi francese, portata avanti da Gaston Paris, il quale ipotizza la presenza di un lai andato perduto, che costituirebbe la fonte comune sia per Eliduc che per Ille et Galeron; la tesi tedesca, sostenuta 16 Cfr. Sheldon 1919-1920, p. 88.

17 Cfr. Fourrier 1960, p.306.

18 vv. 6592-6592a: “Gautier d'Arras qui s'entremist/ d'Eracle, ains qu'il fesist ceste uevre.” 19 Cfr. Fourrier, 1960, p.204.

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principalmente da Foerster, afferma che Gautier si sia ispirato direttamente a Marie de France, con l'intento di scrivere una riscrittura di Eliduc ponendo l'accento sulla questione morale.

Gaston Paris basa la sua tesi sul fatto che l'episodio dell'incidente all'occhio di Ille non sia presente nel lai di Marie de France, quindi secondo lui il lai non può essere la fonte diretta di Gautier21.

Foerster22, invece, basa la sua tesi sulla grande somiglianza fra le due opere, e giustifica l'episodio della perdita dell'occhio, elemento di maggior distacco fra Marie de France e Gautier, come il simbolo della perdita di prestigio di Ille e dell'incapacità di amare, stando a quanto sosteneva André de Chapelain nel Tractatus de Amore. Di recente Pierreville23 si inserisce nel dibattito sostenendo che Gautier avrebbe amplificato o il lai di Marie de France, oppure il lai andato perduto, intitolato Anylee Galeron, al quale la stessa poetessa si sarebbe ispirata.24 L'autrice afferma quindi che

il mistero sia irresolubile e che l'unico modo per provare che Eliduc costituisca la fonte di Ille et Galeron sia confrontare le due opere. In particolare, cita due passi dell'opera di Gautier. Il primo è tratto dal prologo, in cui Gautier, ai vv. 131j-133 afferma di voler scrivere un lai, e questi versi costituiscono dunque un certificat de paternité dell'opera25. Ciò prova che il romanzo nasce come una risposta ai lais bretoni, tesi rafforzata dalla menzione di Eliduc nella storia e dal fatto che le eroine di Gautier abbiano la stessa iniziale di quelle dell'opera di Marie de France. Nella dedica Gautier dichiara di faire un lai, quindi non di amplificare un'opera già preesistente ma di crearne una completamente nuova. In realtà quest'opera può essere considerata, vista la sua lunghezza, un roman. Infatti Ille et Galeron è quasi sei volte più lungo del lais di Marie de France, ed è suddiviso chiaramente in episodi, ciascuno con il proprio climax, organizzati in maniera gerarchica. Invece Eliduc raggiunge il climax una sola volta, in occasione dell'incontro delle due protagoniste nella cappella. Si può affermare che l'episodio dell'opera di Gautier con il climax maggiormente drammatico è l'incontro fra Ille e Galeron a San Pietro. Dopo questa sequenza la suspence del romanzo inizia a calare, sino ad arrivare alla conclusione della vicenda26.

Il secondo passo è tratto dal ms. W, al v.931, in cui l'autore afferma di parlare di “Ille a Galeron”. Questo passo è quasi simmetrico al v. 22 di Eliduc, in cui la poetessa parla di “Guildeluec ha Guilliadun”. Si può notare che Gautier usa la stessa congiunzione celtica di Marie de France, forse inserendo un'allusione implicita al lai della poetessa.

Gli stessi passi citati da Pierreville sono presi in considerazione da Fourrier, che li presenta come prova del fatto che Eliduc costituisca la fonte primaria di Ille et Galeron. Egli, come afferma anche Pierreville, sottolinea che i nomi di Ganor e Galeron siano un omaggio a Marie de France, ma che Gautier abbia voluto scrivere una risposta al lai al quale si è ispirato, rifiutando però qualsiasi elemento del meraviglioso bretone, componendo un'opera di impostazione più moraleggiante27. 21 Cfr. Paris 1888, p. 113.

22 Cfr. Foerster 1891, citato da Cowper 1922, p.36. 23 Cfr. Pierreville 2001, pp. 39-40.

24 Cfr. Ménard 1979, pp. 20-21 25 Cfr. Fourrier 1960, p.279. 26 Cfr. Nykrog 1973, p. 261.

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Anche Renzi28 considera l'opera di Gautier come un romanzo direttamente ispirato all'opera di Marie de France, che ne costituisce il modello assieme ad altre opere dell'epoca. Il filologo, in particolare, citando Fourrier29, indica fonti dalle quali Gautier ha tratto l'onomastica del romanzo: la Chanson d'Antioche, il Roman d'Alexandre, il Roman de Thebes, il Brut di Wace, il Roman de Troie, il Pseudo-Turpin. Renzi, in nota, considera come affidabile e definitiva la tesi di Fourrier sopracitata.

Per quanto riguarda i punti di contatto con Eliduc di Marie de France, si può affermare che Gautier si ispiri inizialmente a tale lai, ma poi se ne distacchi sviluppando una storia nuova e originale. Entrambi gli autori attingono dal topos dell'uomo con due mogli, infatti Ille e Eliduc amano rispettivamente due donne: Guildeluec e Guilliadun per quanto riguarda Eliduc, Galeron e Ganor sono invece le figure femminili che conquistano il cuore di Ille. Fra le altre similitudini notiamo l'abbandono della prima donna da parte dell'eroe: Eliduc lascia Guildeluec per recarsi nell'Exeter, Ille lascia Galeron in seguito ad una ferita durante un torneo. Inoltre entrambi aiutano nobili anziani o deboli: Eliduc soccorre il debole e vecchio signore dell'Exeter, mentre Ille aiuta sia il duca Conan, totalmente incapace di gestire il feudo, sia il vecchio imperatore di Roma. Le somiglianze riguardano anche Galeron e Guildeluec, le quali si ritirano in convento per motivi però diametralmente diversi: Galeron prende il velo in seguito ad un voto prima di un parto difficile, Guildeluec lo fa per uscire di scena e lasciare spazio alla nuova coppia formata da suo marito Eliduc e Guilliadun.30 Molto meno significative sono le somiglianze nello schema delle battaglie, dovute più che altro al fatto che gli autori condividevano lo stesso milieu storico e culturale.

Piuttosto sono le differenze fra Eliduc e Ille et Galeron a rendere quest'ultimo poema meritevole di essere analizzato e studiato. Come si è accennato precedentemente, Gautier tratteggia nei suoi versi un eroe opposto a Eliduc, scrive il rovescio della storia di Marie de France, arricchendo la storia d'amore con profonde riflessioni di carattere morale, che rimandano alla trattatistica medievale. Infatti è proprio il senso morale di Ille l'elemento di maggior distacco da Eliduc: l'eroe di Gautier fugge da Galeron, ma le rimane fedele lungo tutto il corso della storia. Prova ne è il suo comportamento nella scena cruciale ambientata nella basilica di S.Pietro: Ille sta per sposare Ganor, quando incontra Galeron, l'amata moglie che lo aveva cercato per tutta Europa dopo la sua fuga. A questo punto, senza indugi, dopo un intenso colloquio con Galeron, Ille annulla la cerimonia nuziale con Ganor per tornare in Bretagna con la moglie. Ille facendo ciò rinuncia al matrimonio con la figlia dell'imperatore e ad avere in eredità l'impero romano, tanto grandi sono il suo amore e la sua fedeltà nei confronti di Galeron. Questa scena è la vera chiave di volta del poema, in cui Gautier si distacca completamente da Marie de France, anzi si oppone a lei: in Eliduc vince la passione sulla fedeltà, in quanto la poetessa focalizza le sue attenzioni sulla relazione fra l'eroe e l'amante piuttosto che sul matrimonio con Guildeluec. Gautier invece si comporta in maniera opposta: pone l'accento sulla sposa e sulla fedeltà coniugale piuttosto che sull'amante e sulla passione. Inoltre, mentre Eliduc ama Guilliadun, Ille non ama affatto Ganor, e viene in qualche modo 28 Cfr. Renzi 1967, p. 39.

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convinto a sposarla dall'imperatore di Roma, anche se poi Galeron fa naufragare il matrimonio fra i due. Ille inizia ad amare Ganor solo dopo che Galeron entra in convento, quindi l'eroe non vive mai una situazione di infedeltà e adulterio.

Al contrario, il comportamento di Eliduc è altamente ambiguo, poiché si innamora di Guilliadun pur provando rimorso per tale situazione, elemento che non è presente nel romanzo di Gautier. Questo contrasto fra i due autori ruota attorno ad una tematica proposta da André le Chapelain nel suo Tractatus de Amore: in quest'opera un cavaliere di Artù attraversa un bosco e incontra Amore, che lo istruisce riguardo al corteggiamento. L'opera è un manuale sul corteggiamento, scritto dall'autore su richiesta di un amico innamorato: per affetto nei confronti dell'amico, gli impartisce lezioni d'amore in modo da essere meno incauto con le donne. Il trattato riprende la struttura delle opere ovidiane: la prima parte si ispira all'Ars amatoria di Ovidio, fornendo consigli sul come conquistare il cuore della dama e sul come far perdurare l'amore; l'ultima parte è redatta dall'autore sua sponte, senza invito di alcun amante o amico, in questa parte si parla delle caratteristiche negative dell'amore, e di quali rimedi attuare per evitare l'amore. Il trattato è stato interpretato come ironico, parodico o serio. Tuttavia per scoprire se i tre libri che compongono il trattato siano stati redatti allo stesso tempo o in momenti differenti bisognerebbe conoscere meglio la figura dell'autore, tutt'ora pressoché avvolta nel mistero31.I precetti, in tutto trentuno vengono esposti in vario modo: dodici vengono proclamati a voce da Re Amore, gli altri vengono rinvenuti dal cavaliere su una carta. I precetti sono regole di galateo che l'innamorato deve seguire durante il corteggiamento. Vi è l'obbligo dell'amore esclusivo, della sincerità, della generosità, della gentilezza. L'innamorato deve essere pronto a qualsiasi sacrificio e prova in modo da dimostrare la sua fedeltà alla dama.32 Uno di questi precetti suscitò un acceso dibattito nelle corti, visto che sia Marie de France che Gautier traggono ispirazione da questo trattato: niente impedisce che una donna possa essere amata da due uomini e che un uomo possa essere amato da due donne. Gautier interpreta però il passo del Tractatus de Amore in maniera completamente diversa da Marie de France: la poetessa pone l'accento sulla passione, sulla relazione extraconiugale, mentre Gautier si concentra sul tema della fedeltà fra i coniugi e pone l'accento sulla sposa, mentre Marie de France si focalizza sull'amante.33 È grazie a questa grande attenzione di Gautier sul matrimonio e sulla fedeltà che possiamo affermare che Ille et Galeron è la riscrittura morale di Eliduc.

Gautier d'Arras e Chrétien de Troyes

Gautier è stato contemporaneo di un altro grandissimo autore34, Chrétien de Troyes, e peraltro i due frequentavano la stessa corte, quella di Marie de Champagne. Alla celeberrima dama, figlia del re di Francia Luigi VII, Chrétien dedica il Chevalier de la charrete, mentre Gautier sceglie come mecenate il conte Tibaldo V, cognato di Marie de Champagne, al quale, come si è detto, dedica sia Eracle che Ille et Galeron. Quindi Gautier si è dovuto per forza confrontare con l'autore Champenois, rispetto al

31 Busdraghi 2006, pp.57-59. 32 Lecco 2006, p.97.

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quale viene definito “contemporain et rival très inférieur de Chrétien de Troyes”35, “rival méritant et poussif”36. Inoltre Gautier presenta “un style médiocre” un “ton sentencieux”37, “connaissances limitées”38, e godeva quindi di una fama minore, prova ne è il fatto che le opere del poeta sono tradite da cinque manoscritti, due per

Ille et Galeron e tre per Eracle, mentre le opere di Chrétien sono presenti in più di trenta manoscritti.

Gautier doveva essere tuttavia cosciente dell'originalità del suo lavoro, dato che in entrambi i romanzi appone il proprio nome completo, fatto particolare se si pensa che molte opere medievali sono anonime. Pierreville39 paragona l'incipit di Ille et Galeron a quello del Chevalier de la charrete, e fa notare come Gautier non godesse della stessa stima di Chrétien all'interno della corte: infatti il poeta di Arras sente l'esigenza di dilungarsi in una lunga captatio benevolentiae, in cui elogia in tutti i modi l'imperatrice, paragonandola, secondo uno schema stereotipato, anche ad una gemma preziosa40, e Chrétien sembra prendersi gioco di lui quando, nel Chevalier de la charrete41 rifiuta di utilizzare il paragone stereotipato della bella

gemma nei confronti di Marie de Champagne, inserendo solo un breve riferimento alla pietra, al v.16.

Molt ama Dix honor de feme quant nestre fist si bele geme se por ce non que lor vallance pert mains et mains a d'aparance par l'honeur qu'en cesti s'aüne, car du soleil palist la lune de la lune palist l'estole del cler jor palist la candoile et li argens de l'or requit es si est voirs si com je quit. (Ille et Galeron, vv. 79-88)

Par foi, je ne sui mie cil qui vuelle losangier sa dame; dirai je:« Tant com une jame vaut de pailes et de sardines, vaut la comtesse de reïnes? N'aïe voir; je n'en dirai rien s'est il voirs maleoit mien»

(Chevalier de la charrete, vv. 14-20)42

Al v. 15, inoltre, il rifiuto di una dedica lunga e ampollosa è esplicitamente dichiarato da Chrétien, il quale si limita al breve paragone con la gemma per lodare la contessa43. Chrétien nel suo incipit evita di appesantire il testo, ma allo stesso tempo cattura l'attenzione del lettore sul valore della contessa. Che la dedica di Chrétien sia 35 Paris 1907, p.123. 36 Zink 1987, pp. 28-32. 37 Delbouille 1973, p.55. 38 Offord 1979, p.52. 39 Cfr. Pierreville 2001, p.55. 40 Cfr. Lefrèvre 1988, p.33. 41 Roques 1958.

42 “In fede mia, non è il mio stile adulare una dama! « Tante -dovrei io dire- vale, quante perle o sardoniche una fine gemma, la Contessa regine?» No certo, non lo dirò io pur se è vero malgrado mio”

Traduzione italiana a cura di P.Beltrami, cfr. Beltrami 2004, p.37.

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più snella di quella di Gautier potrebbe essere determinato dal fatto che la posizione di quest'ultimo era più precaria a corte e quindi il poeta sentiva la necessità di dilungarsi per cantare le lodi della dedicataria. Così, una volta terminato l'incipit, lo stile poetico di Gautier si fa asciutto e parco di iperboli e figure retoriche, le quali abbondano nelle dediche iniziali e finali del romanzo. Tuttavia la sola ripresa dei versi di Gautier, anche se con intento malizioso, dimostra che Chrétien conosceva l'opera del poeta di Arras e non si potesse accontentare di ignorarlo.

Abbastanza credibilmente Meneghetti44 ritiene che il prologo di Ille et Galeron sia il risultato di un'emulazione di Gautier nei confronti di Chrétien. Dopotutto Chrétien diventa, nel milieu culturale dell'epoca, un punto di riferimento con il quale confrontarsi, sia per le tematiche ma anche per lo stile di scrittura. Così Gautier, rifiutando il ciclo bretone, che sicuramente conosceva, cerca di ritagliarsi la sua autonomia e originalità nei confronti del vero maestro della materia arturiana.

Vi sono altri passi che presentano delle somiglianze fra Chrétien e Gautier, ma siccome le opere dei due poeti sono contemporanee, non si comprende quale sia l'ipotesto. Ad esempio si confrontino i brani seguenti, uno tratto da Ille et Galeron, l'altro dal Chevalier au lion45 , entrambi redatti negli stessi anni. L'Yvain risale al

1177 circa, e sembra che anche l'opera di Gautier sia stata redatta in quel periodo. Li empereres se gisoit

sor une coute, si lisoit,

pour soi deporter, en un brief. Sa fille seoit a son chief. (Ille et Galeron, vv. 2011-2014)

Voit apoié desor son cote un riche home qui se gisoit sor un drap de soie; et lisoit une pucele devant lui en un romans, ne sai de cui

(Chevalier au lion, vv. 5364-5368)46

In questi passi le due opere hanno in comune i personaggi, un padre con la figlia, l'atto della lettura, che in Ille et Galeron viene compiuto dal padre, mentre nel Chevalier au lion è la fanciulla a leggere, e la posizione dell'uomo, che in entrambi i casi è adagiato su una sorta di coperta. Chrétien rende più lussuosa l'ambientazione, inserendo il drap de soie che impreziosisce la coperta, a dimostrazione del suo gusto per il lusso e per l'eleganza. Inoltre cambia il tipo di testo che si sta leggendo in quel momento, un romanzo, mentre Gautier inserisce una lettera. Chrétien cambia anche la posizione della fanciulla, che non è più a fianco del padre, ma davanti a lui.

Un secondo confronto mostra una somiglianza non solo contenutistica, ma anche lessicale e metrica. L'opera che viene messa a confronto stavolta è Cligès47, in

cui Chrétien ha in comune con Gautier il topos dell'amore come medicina: Ot puis maint jour mestier de mire:

ne li vaut puisons ne mecine,

Je sant le mien mal si grevain que ja n'en avrai la garison

44 Cfr. Meneghetti 2010, pp.62-63. 45 Roques 1960, p.163.

46 “Vide un uomo riccamente vestito che, sul gomito, era disteso su un drappo di seta, e davanti a lui una fanciulla leggeva ad alta voce un romanzo non so su cosa”

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car autre en estoit le racine (Ille et Galeron, vv. 5318-5320)

par mecine ne par poison ne par herbe ne par racine A chascun mal n'a pas mecine. Li miens est si anracinez qu'il ne puet estre mecinez. (Cligès, vv. 638-644)48

Ai vv. 641-642 Chrétien inserisce la stessa rima, racine/mecine, che si può trovare nell'opera di Gautier, tuttavia in Ille et Galeron la coppia di sostantivi è invertita: ai vv. 5319-5320 troviamo mecine/racine. Anche qui, siccome le opere sono contemporanee, non si è in grado di stabilire se Chrétien abbia influenzato Gautier o viceversa.

Un altro punto di contatto fra i due autori è il seguente49:

En' est proece vostre suer? En' est largece vostre amie e malvaistés vostre anémie? (Ille et Galeron, vv. 3579-3581)

Largece estoit la vostre amie et hardemenz vostre compainz. (Chevalier au lion, vv. 1296-1297)50

L'associazione fra prodezza e generosità è tipica degli ideali cavallereschi medievali, ma la loro personificazione è un'operazione poetica originale, ed è presente sia in Gautier che in Chrétien.

Quindi Gautier si presenta come il rivale di Chrétien, dal quale si distacca diametralmente, nonostante i punti di contatto sopracitati. Infatti Chrétien ama le metafore sottili, l'allusione, i dettagli raffinati, mentre Gautier presenta uno stile più conciso e sobrio, tranne nelle dediche iniziali e finali, come si è visto. Per di più Chrétien inserisce elementi tipici del meraviglioso bretone, che vengono rifiutati dal suo rivale di Arras, sempre desideroso di ricercare la verosimiglianza nelle sue opere. Questi elementi fantastici, tratti dalle leggende celtiche e dalla tradizione popolare, perdono i significati tipici della materia bretone e acquisiscono un nuovo sen: infatti nelle opere di Chrétien la presenza del meraviglioso bretone ha sia lo scopo di valorizzare l'affermazione sociale del cavaliere e provare il suo coraggio, sia istruire il protagonista ai dettami dell'amor cortese. Arricchiti di questi nuovi significati, gli elementi feerici sono riorganizzati in maniera totalmente differente da quanto fatto finora da altri autori; Chrétien imbastice i suoi romanzi in maniera tale da discutere di volta in volta le varie sfaccettature del rapporto fra ideali cavallereschi e amor cortese 51. Un'altra differenza riguarda la scelta dei personaggi rispettivi: in Ille et Galeron essi sono tutti nobili, mentre Chrétien inserisce anche dei ritratti di non 48 “Io sento il mio male così pesante

che non ne avrò mai guarigione con medicina o con pozione, né con erbe né con radici:

non c'è una medicina per ogni male. Il mio è così radicato

che non può essere medicato.”

Traduzione italiana a cura di S.Bianchini, cfr Bianchini 2012. 49 Cfr. Roques 1960, p.40.

50 “ Generosità era vostra amica

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nobili. Ad esempio in Yvain il poeta inserisce la descrizione di un contadino, così brutto che il cavaliere non ha il coraggio di avvicinarsi. Quindi il contadino è descritto in chiave umoristica, come un divertissement del poeta, è uno strumento per mostrare l'abissale differenza fra la nobiltà del cavaliere e la grettezza del vilain, così simile alle bestie che accudisce. In questo modo la mancanza di nobiltà del contadino esalta quella del cavaliere. In Gautier la realtà è raccontata così com'è, senza il filtro dell'ironia, in modo da rendere il romanzo più verosimile. Il poeta rinuncia all'inserimento di vilain in quanto cadrebbe nel grottesco e nel pittoresco, tematiche che non gli sono familiari52.

Inoltre, dal punto di vista propriamente compositivo e strutturale, Gautier mescola descrizione e narrazione, mentre presenta i tratti caratteristici di un personaggio, non interrompe il corso della storia e per di più esprime commenti e riflessioni al riguardo. Ad esempio quando descrive Ille53, Gautier afferma che il protagonista non dà adito alle chiacchiere: a questo punto inserisce una digressione nella quale giudica negativamente i cavalieri pettegoli e fanfaroni, interrompendo di fatto la descrizione, che viene ripresa dopo alcuni versi. Nello stesso passo Gautier elenca le gesta di Ille, intercalando narrazione e descrizione. Al contrario Chrétien interrompe la narrazione per inserire la descrizione, che diventa un parte autonoma rispetto alla sequenza narrativa. L'autore blocca consapevolmente il racconto e annuncia di voler descrivere il personaggio, seguendo diligentemente l'ordine prescritto nei trattati medievali: elogia la bellezza dell'eroe del romanzo e in seguito le sue caratteristiche morali.

I manoscritti

Ille et Galeron è tràdito da due manoscritti: P54, conservato a Parigi presso la Bibliothèque Nationale de France, nel fondo francese 375, e W55, custodito a Nottingham, presso la Biblioteca Universitaria. Il manoscritto P, del 1288, contiene ventitré opere, tra cui il Brut de Wace, Cligès, Erec et Enide, Le roman de Thebes e l'Apocalisse di S.Giovanni. Presenta 346 pagine: Ille et Galeron si trova al folio 296r a partire dalla riga 25 e si conclude al folio 309v. I versi sono organizzati in quattro colonne per folio, e ogni colonna contiene circa sessanta versi, fatta eccezione per l'ultima del folio 306 che ne contiene 57. Il manoscritto è impreziosito da miniature ed è stato ampiamente studiato56. Il romanzo di Gautier presenta numerosi refusi e omissioni: gli errori si concentrano in alcune specifiche parti del manoscritto, ad esempio nel folio 298r dalla colonna a alla c, nel folio 303r colonna b e nel folio 304v colonna a, il che potrebbe spiegare sia una mancanza di attenzione da parte del copista ma anche una sua grande difficoltà nel leggere e copiare l'originale, il quale doveva essere in cattivo stato, illeggibile o comunque poco comprensibile57. P è stato redatto da tre differenti copisti francesi tra i quali si annovera la presenza di Jean Mados, nipote di Adam de la Halle.58

W è anch'esso un manoscritto impreziosito da notevoli miniature: ad esempio 52 Cfr.Renzi 1964, pp. 57-59 e pp. 97-120.

53 Lefèvre 1988, pp. 37-39, vv.187-289. 54 P= Paris, BNF, fond français 375

55 W= Nottingham, University Library, Mi LM6 56 Cfr. Renzi 1964, p.4, nota 3.

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ne contiene sette che rappresentano i momenti chiave di Ille et Galeron59. Il

manoscritto, prima appartenuto a Lord Middleton di Wollaton Hall, è stato successivamente ceduto alla Nottingham University. È stato scoperto da W. H. Stevenson nel 1911: il filologo, mentre redigeva una relazione riguardo ai manoscritti appartenuti a Lord Middleton, segnalò la presenza di un nuovo testimone di Ille et Galeron, redatta in 31 folio, dal 157 al 187, su due colonne recto e verso60. Si nota tra l'altro che il manoscritto è meno corrotto di P e quindi più leggibile. Come il manoscritto parigino, è stato composto nel XIII secolo da mano francese e contiene romanzi, chansons de gestes e fabliaux61, fra cui i Romans de Troie et d'Alexandre, la Chanson d'Aspremont, la Vengeance Radiguel, i Fabliaux de Gautier le Leu, e alcune pagine del Roman de Troie62.

Riguardo a Ille et Galeron, vi sono alcune differenze fra P e W.. In primo luogo il romanzo di Gautier in P è leggermente più lungo della versione in W, il manoscritto parigino presenta 6592 versi, W ne contiene 5835. Vi sono quindi 1182 versi di P che W non contiene ma il manoscritto inglese ha 425 versi in più di P. In generale P presenta un prologo più ampio e la laudatio dell'imperatrice è più lunga, vengono descritte in maniera più accurata l'infanzia del protagonista e l'inizio della sua storia d'amore con Galeron, oltre che maggiori dettagli sull'avventura italiana del protagonista. D'altro canto, W dà maggior risalto al salvataggio di Ganor nell'ultima parte del romanzo. Per quanto riguarda l'epilogo, in W è più lungo e contiene la dedica a Tebaldo V. Le due versioni di Ille e Galeron pongono un problema: ci si chiede se una versione sia l'adattamento dell'altra, e se sia stata fatta dall'autore stesso o da un'altra mano. Infatti W sembra un'edizione abbreviata di P, ma al contrario P potrebbe sembrare un ampliamento di W. Entrambe le operazioni, l'ampliamento e la riduzione, sembrano fatte da una persona che aveva un'ottima conoscenza del romanzo, e in particolare della psicologia dei personaggi: infatti le parti in più del ms. P o di W si integrano perfettamente nel romanzo. Viceversa, se il lettore legge il romanzo in W, non si accorge minimamente del fatto che manchino dei versi rispetto a P, la sottrazione dei versi è impercettibile e la si avverte solo comparando i due manoscritti. In altre parti, tuttavia, il taglio dei versi rende incoerente la storia, ed è là che si avverte il rimaneggiamento. Prendiamo ad esempio l'episodio delle nozze di Ille et Galeron, presente sia in P che in W. In P il duca Conan parla con la sorella Galeron, annunciandole che ella sposerà Ille, e scopre che il siniscalco è in realtà il vero amore della dama, la quale è molto felice per la decisione presa dal fratello. In seguito Conan va a parlare con Ille, annunciandogli la volontà di dargli in sposa Galeron come ringraziamento per aver salvato il ducato, senza dirgli di aver già parlato con la sorella. Ille si ritiene indegno di un tale matrimonio e il duca si pone come intermediario fra i due fidanzati, assicurando a Ille di convincere la sorella a sposarla, ma in cambio avrà la fedeltà del protagonista. Il duca, raggiante, si reca di nuovo da Galeron confermandole che il matrimonio avrà luogo grazie alle sue doti di intermediario. In W l'intero colloquio del duca con Galeron è assente, per cui non si capisce perché il duca si congedi da Ille con un'espressione raggiante, se, stando a quanto si racconta in W, il duca non sa se 59 Cfr. Renzi 1964, p.4.

60 Cfr. Lefèvre 1988, p.8. 61 Cfr. Eley 1996, p.xii.

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Galeron sia favorevole o meno al matrimonio. Inoltre in W l'autore mostra il duca preoccupato del fatto che Galeron possa rifiutare il matrimonio; quindi alla luce di questa preoccupazione il sorriso di Conan appare immotivato. Il lettore rimane confuso e perplesso riguardo al comportamento del duca proprio per il fatto che il dialogo fra Galeron e Conan è stato tagliato, creando un'incoerenza nella storia.

Anche l'incidente di Ille in W è poco credibile: in P il protagonista perde un occhio durante un torneo, in W lo perde durante una guerra, di cui non si conosce la causa e lo svolgimento. L'assenza di informazioni sulla guerra è curiosa, visto che Gautier di solito spende svariati versi per descrivere il casus belli e lo svolgimento del conflitto. Inoltre una guerra in Bretagna sarebbe contraddittoria rispetto a quanto è stato precedentemente affermato, e cioè che Ille abbia riportato la pace su tutta la Bretagna, in modo che nessuno possa opporsi al potere suo e del duca. Per di più, Ille comunica al Papa di essere rimasto ferito sul campo di battaglia, e la ferita sarebbe conseguente ad un'azione impulsiva tipica di una giostra equestre. Si potrebbe supporre che in questo caso W sia un adattamento di P e non viceversa. Ciononostante, il rimaneggiamento, salvo alcuni casi come quelli qui presentati, risulta eccellente, e le modifiche si integrano totalmente con il testo originale, tanto da far supporre che la mano che ha modificato il testo sia quella di Gautier d'Arras. Questo spiegherebbe anche la dedica a Tebaldo V presente in W, ma non in P. Un'ipotesi di quest'aggiunta è data dal fatto che la versione del romanzo di P dunque è stata dedicata all'imperatrice Beatrice, sperando che ella potesse farlo accedere alla corte di Blois-Champagne. Siccome probabilmente questo non avvenne, Gautier avrebbe riscritto il romanzo dedicandolo direttamente a un esponente di quella corte, Tebaldo, per l'appunto conte di Blois, senza dimenticarsi però di Beatrice63.

Traduzione dell'opera.

Ho scelto di tradurre il romanzo di Gautier prima di tutto per una scelta di originalità: come si è detto, l'autore rappresenta un elemento di diversità e distacco dai romanzi coevi antico-francesi, visto il suo rifiuto del meraviglioso bretone e il suo esperimento di realismo letterario. Inoltre non vi è una traduzione italiana di quest'opera; Ille et Galeron è stato tradotto in inglese, in due edizioni americane, quella di A.Ray64 e quella di A.Gythiel65,una britannica, di P.Eley66, e una francese, di Delclos-Queneil67.

La traduzione dell'opera si è basata sull'edizione di Lefèvre del 1988 a sua volta fondata sul ms.P. Inoltre sono stati utilizzati come ausilio la traduzione di Delclos e Queneil in francese moderno e quella di Penny Eley in inglese: si è reso necessario un confronto fra le traduzioni al fine di tradurre versi più problematici. Tuttavia, mentre le traduzioni sopracitate sono in prosa, ho preferito tradurre l'opera verso per verso, anche se il sistema metrico non è stato riprodotto. Infatti il romanzo è composto da 6592 versi ottosillabici in rima baciata. Si tratta di una traduzione alineare, in versi liberi. Questo tipo di traduzione rispetta la divisione in versi ma non

63 Cfr. Eley 1996, pp. xiii-xv. 64 Ray 1974.

65 Gythiel 1971. 66 Eley 1996.

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ricalca la metrica e il numero delle sillabe presenti nei versi originali.68 Infatti non ci sono rime e i versi tradotti possono contenere un numero maggiore o minore di otto sillabe. Comunque ho evitato di allungare o abbreviare troppo i versi, che hanno tutti più o meno la stessa lunghezza. Inoltre la traduzione alineare implica il rispetto della sintassi utilizzata dall'autore: se ad esempio l'autore inserisce prima l'oggetto e poi nel verso successivo il predicato, nella traduzione ho rispettato quest'ordine.

Ho inoltre cercato di tradurre i versi in maniera più aderente possibile all'opera originale, tuttavia in alcuni casi la traduzione letterale comprometteva la comprensione e quindi ho scelto una traduzione più libera. Ad esempio il v.631, « A ii fait vuidier les arçons”, si tradurrebbe letteralmente come « A due fa svuotare gli arcioni». Il verso tradotto in questo modo è di difficile comprensione per un lettore dei giorni nostri, di conseguenza ho semplificato la sintassi rendendo più chiaro il significato del verso: ho eliminato l'espressione «fa svuotare gli arcioni», parafrasandolo con il verbo “disarcionare”, in quanto l'arcione è la parte anteriore della sella, e se la sella è vuota se ne deduce che il cavaliere è stato disarcionato. Il verso tradotto risulta dunque questo: “Disarciona due avversari”.

Inoltre i passi più oscuri sono spiegati nelle note alla traduzione, in cui si discute il senso del verso, si presentano traduzioni alternative proposte da altri autori e si forniscono informazioni storico-culturali, che aiutano il lettore a comprendere meglio i versi. Infatti per un contemporaneo di Gautier le allusioni a personalità del tempo erano chiare, e il lessico militare era ben noto all'ambiente cortigiano. Ciò non accade nei tempi moderni, e così ho sentito l'esigenza di fornire alcune indicazioni su certi termini oggi caduti in disuso, come ad esempio la quintaine, o parti dell'armatura come la gorgiera, oppure armi particolari, come lo spiedo. Questo lavoro mi ha permesso così non soltanto di approfondire l'autore e le tematiche da lui trattate, ma anche di conoscere e approfondire la cultura, gli usi e i costumi della Francia nel XII secolo.

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Aiutami mio Dio, Santo Spirito! Poiché alla migliore imperatrice che ci sia mai stata come io penso

concedo il mio servizio e il mio ingegno. È il mio dovere; moderazione

voglio usare in quest’opera e scrivere con sobrietà salvo quando canto le lodi di colei che è ricca d’onore.

Così è la mia opera, mettendo la glossa si possono formulare giudizi

su chi si vuole; ma a lungo nessun abbellimento resiste all’acqua che lava.

Per Dio, qual è il prezzo di tutto ciò? Non capisco il motivo di tanto sforzo per un giudizio che alla fine risulta falso;

Ma dato che Dio ha creato un essere così perfetto come l’imperatrice di Roma

devono ascoltare sia gli angeli sia gli uomini e pregare Dio giorno notte

perché Ella non abbia alcun affanno.

Il qui presente Gautier invita tutte le dame del mondo affinché esse siano sue rivali: prendano esempio dalla sua vita. Bene devono seguire questo modello, poiché di lei non si può criticare nulla, né la sua saggia condotta,

5

10

15

20

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né il suo bel portamento,

né la sua intelligenza, né il suo valore, né la sua bontà, né la sua generosità. Tante dame ho già conosciuto di comprovate qualità.

Non mi interessano, poiché costoro non si possono affatto paragonare a lei, come il cuoio all’oro puro.

D’onore ha decorato il suo tesoro, e Cortesia e Prudenza

la consigliano dall’infanzia. La ragione l’ha convinta

a farsi consigliare da queste due dame. Senza sosta Cortesia la sorveglia affinché non commetta alcuna villania; e la Prudenza le è vicina

secondo il cui consiglio ella opera in ogni momento; con la Saggezza, sua compagna,

nobilita il cuore di Germania, il cui unico desiderio

è di fare tutta la sua volontà. Ella vuole solo il bene e tutti la servono fedelmente.

Tutte le ricchezze affluiscono verso di lei ed ella ne nutre la sua grande generosità. La mia donna è modello di senno e saggezza e ciò lo si deve ai suoi natali,

poiché a Vienne nacquero i più assennati del mondo, I più nobili, i più potenti. Sono stati Papi a Roma,

30 35 40 45 50 55 60

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Sono imperatori

e re, così dicono in tanti, di molti reami d'oltremare

di cui Dio si fece proclamare signore.

Molti diventarono grandi, ma il loro lignaggio Non è stato offuscato da lei;

poiché di un così grande potere

nessuna dama è investita, checché se ne dica. Roma un tempo la vide incoronata,

e ce ne può dare testimonianza. Roma presenta un passato glorioso, e colei che è la signora della città non può avere un onore più grande, poiché Roma ha una così grande nobiltà; ma colei che venne incoronata

quel giorno donò tanto onore

più di quanto Roma gliene potesse dare con il conferimento della corona. Dio onorò molto la donna

quando fece nascere una così bella gemma, se non che il loro valore

perde molto e molto si offusca davanti all’onore che ella presenta,

poiché davanti al sole impallidisce la luna, davanti alla luna impallidisce la stella, la candela al chiarore del giorno, e l’argento davanti all’oro fino; se è vero ciò che penso.

Un grande onore fu promesso

a Roma quel giorno in cui le fu donata la dama e il suo sposo.

65 70 75 80 85 90

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Roma è senza eguali e lo sarà per sempre come lo è e lo sarà l’imperatrice

fra le dame nonostante le calunnie. Molti affermano con invidia

che quel Gautier non considera affatto il potere che le altre hanno,

che è piccolo, e senza effetto.

Ciò è falso; ma anche se fosse una castellana, sarebbe nei suoi confronti villana

la dama più nobile e cortese

che io abbia mai conosciuto in vita mia. Ella ha un grande potere,

e i suoi progetti lo sono ancora di più; ha più potere di chiunque si possa trovare e vuole più di quanto possa.

Un così grande potere e onore

potrebbe coincidere con una minore generosità; ma la sua generosità è così grande

che il suo potere è meno visibile. Ella sa bene come comportarsi.

Davanti a lei tutti possono presentarsi, ma ella non influenza nessuno

e niente la può influenzare; altrove bisogna dirigersi, per farsi consigliare da altri,

per parlare chiacchierare e ascoltare. Ella presta attenzione

cosicché nessun’altra parola ascolta; mantenga le distanze chi vuole sparlare. Nessuna decisione da lei presa

va contro la sua dignità.

117.a finché l’onore glielo consente

95 100 105 110 115 120

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La sua volontà non le permette nulla che sia contro la corona.

Questa è la testimonianza sulla sua vita

da parte di tutti, fatta eccezione per la sola Invidia, che si crederebbe disonorata

se perdesse i suoi diritti su di lei,

poiché Invidia si consuma di collera e di rabbia quando sente degli elogi su qualcuno.

Quindi è giusto che si distrugga di dolore per la migliore del mondo.

su Galeron, la sorella del duca, e su Ille, figlio di Eliduc.

Possa ora Dio sostenermi.

Sappiate che due Bretagne vi sono, popoli diversi vi abitano.

Gli Inglesi abitano nella più grande, ma i Normanni ne sono i signori. Nella più piccola abitano i Bretoni. Un duca vi regnava; si chiamava Conan e Galeron era sua sorella.

131a Il mio più grande dolore

131b è che non conobbi mai la mia dama; 131c la mia vita sarebbe molto più dolce.

131d Ora è necessario che navighi vento in poppa 131e per raggiungere coloro che già partirono 131f e che prima di me la conobbero.

131g Tutti i primi voglio raggiungere

131h poiché vi è un abisso tra il fare e il fingere. 131i Servire la voglio come posso,

131j poiché in suo onore voglio comporre un poema

125

130

135

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La fanciulla si vestiva molto bene; Ciò metteva in risalto la sua bellezza, poiché era una bellissima creatura; Piaceva molto a tutti.

Il duca non ebbe mai né moglie né figli. Al tempo in cui la Bretagna ebbe questo duca Morì il padre di Ille, Eliduc,

Prode vassallo.

Ille aveva solo dieci anni,

A causa del padre, che fu così coraggioso, attirò l'odio di Hoel e dei suoi nipoti,

Da ogni parte lo attaccano, e in poco tempo lo sconfiggono. I baroni mandano in rovina Ille, senza che il fratello di Galeron, il debole duca, lo protegga. E il giovane decide

di recarsi dal re di Francia. Si mette subito in cammino. Arriva più in fretta che può

ed è ricevuto coi più grandi onori. Il re lo onora e lo tiene caro; Era amico del padre, riconoscendo

la sua importante attività e il suo servizio. E quando giunge l'età

per cui il giovane può diventare cavaliere, il re lo investe volentieri del titolo;

anzi, per dimostrargli affetto,

152a ma Hoel non lo diede mai a vedere al padre, 152b mentre ora lo vuol mostrare a suo figlio

145

150

155

160

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quel giorno ne investì altri quindici. Insieme partecipano alla Quintana; Ille rompe venti manichini,

grossi e ben armati,

e ne avrebbe colpito molti di più. Sprona di qua, sprona di là, e sembrava che il cavallo fosse una cosa unica con lui. Coloro che lo vollero diseredare lo troverebbero diventato temerario, poiché non bisogna mai disprezzare il puledro arruffato appena nato, né il rampollo in fasce.

Coloro che l'hanno disprezzato

si sono in seguito ricordati di questo adagio. Ille pensa seriamente di combattere

coloro che solevano disprezzarlo. Ille ha molte ricche qualità. L'astuzia è sempre là per insegnargli e istruirlo

su come possa sconfiggere tutti quelli che l'hanno sconfitto e cacciato. In tre anni ha acquisito

onori, gloria e titoli nobiliari. Due compagni della sua età ha voluto tenere con sé.

Non vi è torneo di cui egli abbia avuto notizia, in cui non abbia preso la sua parte di gloria; E si reca per questo motivo in molte terre e il giovane cavaliere vive

in alloggi ricchi e sontuosi.

170 175 180 185 190 195 200

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E quando va a divertirsi

là fuori partecipando al torneo si lancia con foga nella mischia

e ciascuno allora gli lascia il campo libero; la mischia non è mai così folta

da impedirgli di mettere in luce il suo valore. Temono moltissimo la sua presenza,

poiché nessuno può andarsene per la sua strada senza che sia stato colpito da lui.

E non c'è al mondo essere più umano, più nobile,più dolce, più benevolo che vuol fare del bene agli altri fino al momento in cui è disarmato; perciò è molto amato

poiché è cavaliere in combattimento e a casa sua è l'uomo più gentile che sia mai montato a cavallo. Non crediate che egli racconti le gesta che compì.

Parola non sarà mai detta né da lui né da nessun altro, se si vuole rispettare il suo volere; non mescolava nessun pettegolezzo alla sua alta cavalleria,

poiché egli non vuole svalutarla; e non vuole udirne mai.

La cavalleria che si svaluta a causa del pettegolezzo diffuso

non può che essere alla lunga scadente poiché nessuno si degna di preservarla. Se Ille fosse stato vanaglorioso,

205 210 215 220 225 230

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ora non ci sarebbe più uomo al mondo che lo ricorderebbe bene

per il coraggio che ebbe;

poiché chi chiacchiera non si cura di essere ben elogiato in futuro, o crede di essere spiritoso

quando fa ridere quelli attorno a lui. Si ride spesso di un giullare

come anche di un cavaliere fanfarone. Ille è non è scriteriato,

nessuno al mondo

anche il più acuto osservatore, lo vide mai affrontare un'impresa

che non facesse parte di un disegno più grande; Nessuna qualità gli manca.

Non mancò mai di fare del bene, non un solo giorno si lamentò la cavalleria di lui.

Il più bell'aspetto mostrò la Natura quando lo creò.

Non so a quale modello si ispirò.

Se avesse avuto tutta la bellezza desiderabile, sarebbe stato quasi impossibile per lui

essere ancora più bello. Ora Ille è ben al di sopra dato che è sia prode che bello

e ogni giorno dà prova del suo valore.

Sebbene viaggiasse durante la giovinezza, la sua dimora era la Francia.

Non poté più recarsi in Bretagna;

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si premura di mantenere le distanze da chi uccide e maltratta

e del quale non bisogna fidarsi. Ille evita i suoi nemici,

anche se non cerca né pace né tregua. Ma ora che Dio l'ha tanto elevato come vi ho raccontato,

il re di Francia lo interpella e gli propone un leale accordo: “Mio caro amico, gli disse il re, tuo padre in questa vita mortale fu molto valoroso, dolce e cortese e tu sei degno di lui.

Gli volevo sinceramente bene.

L'affetto è lo stesso nei tuoi confronti: mi hai servito bene e volentieri

da quando tu fosti eletto cavaliere. Voglio assegnarti un feudo

grande sin dove si spinga il tuo sguardo con boschi, prati e fiumi;

Comprende sei grandi leghe. Te lo affido sin d'ora, accettalo!” “Mio buon signore, vi ringrazio per l'offerta che mi avete fatto, ma sarebbe un comportamento vile se mi comportassi così;

poiché se lasciassi il mio paese per vivere in un altro serenamente, dovrei mettere da parte il mio onore. Non è giusto avere la terra altrui

lasciando che la propria sia conquistata da altri

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per viltà e svogliatezza.

Voglio piuttosto provare il mio coraggio e vivere o morire con onore

piuttosto che essere chiamato a torto signore.

Non so che farmene di una terra su cui non ho diritti. Ma se mi si riconsegnasse la mia terra

salvando l'onore, io la prenderei.

Mio buon signore, niente mi tratterrebbe qui più di quindici giorni.

Ma ora fatemi solo una concessione: datemi alcuni vostri uomini

e consegnatemi abbastanza denaro cosicché io possa andare in Bretagna da un valente uomo che mi è vicino che mi prenda con sé e mi sia alleato contro i miei nemici mortali.

E se io li vincessi

e diventassi un potente re, o ancora di più tutto il mio potere sarebbe vostro,

e tutti i Francesi e la nostra gente vi ringrazierebbero.

- Amico, dei miei uomini e del mio denaro puoi farne ciò che desideri.

- Sire, è il momento che ciò si manifesti poiché voglio tornare nel mio paese.” Il re fece subito cercare

10 cavalieri di grande valore; gli consegna il denaro e la bilancia nella quale vi pesa mille marchi. Ora l'arco è così teso

che non sarà mai rilasciato

295 300 305 310 315 320

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piuttosto sarà colpito a caro prezzo chi non ha alcuno scrupolo.

Ille e i suoi compagni allora si congedano dal re. Provano molta tristezza i cavalieri, di cui ho parlato e anche il loro signore e i dieci che partono con lui per conto del re. Hanno un corredo molto fastoso.

Non si allontanano dal cammino e arrivano in Bretagna.

Si sono messi gravemente in pericolo. Ille aveva due buoni amici;

mandati a chiamare, gli vanno incontro ambedue al ponte di pietra.

Questi sono ben informati grazie a un segnale segreto

che hanno trovato nel messaggio. I due si mettono in cammino, con venti cavalieri armati molto fedeli a Ille.

Ma gli sfortunati che lo accompagnano e i Francesi che son con lui

non immaginano neppure

ciò che prepara loro il perfido Hoel. Una canaglia li ha traditi,

alla quale hanno prestato ascolto,

cosicché in cento si preparano alla battaglia. Hoel grida come un prode:

“Signori non siate pavidi!

325 330 335 340 345 350

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Il prode Cador e Ris, suo nipote, giurano che vinceranno

e che l'avranno vivo o morto. Fanno sfoggio di impetuosità;

e con gran fracasso escono dalla città. Mio Dio, fossero duemila

i Francesi che sono con lui

e i rinforzi che arrivano verso di lui! I nostri subito sconfiggerebbero gli orgogliosi e gli arroganti. Credono di fare a pezzi Ille e addolorare i nipoti e le nipoti, che non lo vedono da sette anni. I cento, che si lanciano al galoppo,

guardano a destra un po' al di sopra di loro; intravedono i venti sul ponte:

là essi attendono loro nipote, Ille, il buono, il bello, il prode. L'hanno atteso a lungo:

ora credono di essere stati traditi dato che il loro amico tarda tanto e vedono i loro nemici

che si lanciano verso di loro alla carica. Il più coraggioso non sa che fare

né da quale parte stare.

Nessuno di loro è sicuro che egli venga; né spera nella sua venuta

e hanno fiducia solo in Dio; ma nessuno di loro osa fuggire. Tuttavia la ragione li sollecita,

355 360 365 370 375 380

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se possono fuggire, che se ne fuggano;

poiché là dove venti uomini sono assaliti da altri cento, essi sono destinati alla sconfitta,

a meno che non abbiano molta fortuna. Essi sanno bene che ciò è la verità e che sarebbe saggio fuggire. E tuttavia non vogliono fuggire essere vili non è loro abitudine, ormai sono esposti al pericolo. In cento si precipitano verso di loro. Nel sopraggiungere abbassano le lance i loro stendardi sono macchiati di sangue li colpiscono da ogni lato

e costoro li hanno contrastati così bene da non doversene vergognare.

In tanti muoiono e molti svengono.

I venti cavalieri combatterono valorosamente più dei cento che li assalirono,

quella per loro fu una durissima battaglia; poiché là dove venti si scontrano contro cento, la sfortuna si abbatte considerevolmente: si battono due contro dieci,

quattro contro venti, otto contro quaranta dodici si battono contro sessanta.

La battaglia era impari e non era certo uno scherzo, ma causava molta sofferenza,

poiché combattevano violentemente. Molti spezzarono le loro lance, i venti vogliono salvare le loro.

385 390 395 400 405 410

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Spezzano i loro scudi bombati, e dei robusti usberghi

spezzano le maglie e i lacci:

Il loro unico sfogo è spargere sangue. Ma essi non sono abbastanza

e i nemici li hanno portati allo sfinimento tanto che sono presi dall'angoscia.

I cento li obbligano a retrocedere

Se solo udiste ferro e acciaio

risuonare da più di una lega di distanza; se vedeste da ogni parte

le cotte di maglia rompersi e spezzarsi! E costoro se ne vanno a frotte,

sanno bene che non lascerebbero nessun altro pegno se non la vita se fossero imprigionati.

Temono troppo la resa:

perciò formano un gruppo compatto. Li hanno messi in una brutta situazione Ille e coloro che sono con lui!

Con grande sofferenza combattono i venti cavalieri di cui vi ho parlato: per poco non sono tutti sconfitti, ma resistono a malapena.

Si guardano attorno e vedono gli amici arrivare: gioiscono come mai in vita loro.

Illes si meraviglia di quello che vede;

si chiede chi stia combattendo. Distingue le armi e li riconosce: 421a e cominciano a inseguirli.

415 420 425 430 435 440

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