ABSTRACT
La neoplasia intraduttale papillare mucinosa (IPMN) rappresenta una delle più interessanti e controverse neoplasie cistiche del pancreas e un possibile precursore del carcinoma invasivo del pancreas. La sua incidenza è in aumento, complici l’invecchiamento della popolazione e l’affinamento diagnostico, mentre la prevalenza negli esami effettuati con metodiche di diagnostica per immagini è stimata al 3% nelle scansioni in Tomografia Computerizzata (TC) e al 20% negli studi con Risonanza Magnetica (RM).
L’IPMN può essere classificata in tre diverse tipologie: IPMN Main Duct, se localizzata al dotto principale, IPMN Branch Duct, se localizzata a livello di uno o più dotti secondari, e IPMN Mixed Type se interessa sia il dotto principale che i dotti secondari. Nel 5-10% dei casi l’IPMN è multifocale e interessa diffusamente il sistema duttale pancreatico.
Il management di questa patologia è controverso e l’obiettivo primario consisterebbe nella rimozione delle lesioni che presentano un’elevata tendenza evolutiva maligna, dal momento che il carcinoma pancreatico presenta prognosi infausta in tutti gli stadi. Tuttavia il tempo e la modalità di progressione dell’IPMN dalla displasia al carcinoma invasivo rimangono in larga parte sconosciuti.
Lo scopo dello studio è stato quello di analizzare in maniera retrospettiva la casistica di pazienti con sospetta IPMN afferiti all’ambulatorio multidisciplinare del pancreas del Dipartimento di Chirurgia Generale tra il 2007 ed il 2017 e confrontare i risultati ottenuti con le linee guida della consensus internazionale (ICG) tenutasi a Fukuoka nel 2012.
Sono stati presi in esame 106 pazienti, valutati da un gruppo multidisciplinare costituito da gastroenterologi, radiologi e chirurghi. Sono stati raccolti i dati anamnestici e i referti degli esami di imaging, quindi è stata valutata la presenza dei criteri high risk stigmata e worrisome features definiti dalle ICG del 2012.
Dei 27 pazienti andati incontro ad intervento chirurgico i referti istologici sono stati confrontati con il sospetto diagnostico pre-operatorio. In 6 pazienti su 27 (22,2%) la diagnosi è risultata di adenocarcinoma, in 21 pazienti (77,8%) IPMN senza displasia di alto grado.
La sensibilità e la specificità dei criteri di Fukuoka per la diagnosi di carcinoma su IPMN è risultata rispettivamente dell’83% e del 62% con valore predittivo positivo e negativo del 38% e 93% rispettivamente. Questi valori sono risultati sovrapponibili a quelli evidenziati da diversi studi retrospettivi e meta-analisi che sono stati presi in considerazione. L’odds ratio per malignità nelle lesioni Fukuoka positive è stato di 8,12.
Dei 79 pazienti non andati incontro a resezione chirurgica, ma seguiti tramite follow- up clinico e radiologico, 37 hanno mostrato tendenza evolutiva all’imaging (espressa come aumento del numero o delle dimensioni delle cisti, comparsa di noduli murali o progressiva dilatazione del dotto pancreatico principale) indipendentemente dalla presenza dei criteri di Fukuoka, senza tuttavia far propendere verso un diverso approccio gestionale rispetto a quello conservativo in atto.
Nonostante rappresentino un valido strumento per orientare la pratica clinica nei confronti di una patologia ancora non del tutto decifrata, le linee guida non possono rappresentare l’unica componente nel definire l’approccio diagnostico-terapeutico del singolo paziente, è necessario infatti considerare una gamma di fattori propri del paziente quali età, comorbidità, compliance, qualità di vita, e la specifica realtà socio-assistenziale.
INDICE
PARTE 1
CAPITOLO 1-‐ NEOPLASIE CISTICHE DEL PANCREAS ... 5
1.1 INTRODUZIONE ED EPIDEMIOLOGIA ... 6
1.2 CLASSIFICAZIONE ... 8
1.3 CISTOADENOMA SIEROSO ... 10
1.4 CISTOADENOMA MUCINOSO ... 14
1.5 NEOPLASIA SOLIDA PSEUDOPAPILLARE ... 18
1.6 NEOPLASIA ENDOCRINA CISTICA DEL PANCREAS ... 21
1.7 NEOPLASIE CISTICHE RARE ... 23
1.7.1 Cisti linfoepiteliale ... 23
1.7.2 Linfangioma Cistico ... 24
1.7.3 Altre Neoplasie Cistiche ... 24
CAPITOLO 2-‐ NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE MUCINOSA ... 25
2.1 INTRODUZIONE ... 25 2.2. CLASSIFICAZIONE ... 27 2.3 ANATOMIA PATOLOGICA ... 29 2.4 BIOLOGIA MOLECOLARE ... 39 2.5 PRESENTAZIONE CLINICA ... 42 2.6 DIAGNOSI ... 44
2.6.1 Valutazione imaging delle IPMN ... 44
Tomografia Computerizzata ... 44
Risonanza magnetica colangiopancreatografica (MRCP) ... 46
Ecoendoscopia (EUS) ... 48
Tomografia ad Emissione di Positroni con Fluorodesossiglucosio (18FDG-‐PET-‐TC) ... 50
Colangiopancreatografia Retrograda Endoscopica (ERCP) ... 50
Pancreatoscopia per via orale (POP) ... 52
2.6.2 Aspetti biochimici, molecolari ed istologici dell’IPMN ... 52
Esami del sangue ... 52
Analisi biochimica del liquido cistico dopo agoaspirato ecoendo-‐guidato (EUS-‐FNA) ... 53
Analisi molecolare del liquido cistico dopo EUS-‐FNA ... 55
Analisi citologica del tessuto cistico dopo EUS-‐FNA ... 57
Analisi istologica del tessuto cistico dopo EUS-‐FNB e EUS-‐nCLE ... 59
2.7 MANAGEMENT ... 60
2.8 DIAGNOSI DIFFERENZIALE ... 73
Neoplasia Tubulo-‐Papillare Intraduttale (ITPN) ... 73
Adenoma Tubulare Intrapapillare ... 74
Neoplasia Intraepiteliale Pancreatica (PanIN) ... 74
Adenocarcinoma duttale ... 75
Altre lesioni ... 76
2.9 STORIA NATURALE ... 77
2.10 FATTORI PREDITTIVI DI MALIGNITÀ ... 78
Segni clinici ... 78
Segni radiologici ... 79
2.11 TERAPIA ... 81
Chirugia ... 81
Terapia neoadiuvante e adiuvante ... 88
2.12 PROGNOSI E FOLLOW-‐UP ... 89
Prognosi ... 89
PARTE 2
RISULTATI DEL FOLLOW-‐UP DI PAZIENTI CON IPMN AFFERENTI ALL’AMBULATORIO
MULTIDISCIPLINARE DEL PANCREAS ... 92
1.BACKGROUND ... 93
2.SCOPO DELLO STUDIO ... 94
3.MATERIALI E METODI ... 95
5.RISUTATI ... 97 6. DISCUSSIONE ... 104 BIBLIOGRAFIA ... 110
PARTE 1:
INTRODUZIONE
Capitolo 1
NEOPLASIE CISTICHE DEL PANCREAS
Capitolo 2
NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE MUCINOSA
Capitolo 1- NEOPLASIE CISTICHE DEL PANCREAS
1.1 Introduzione ed epidemiologia
Le cisti e le pseudocisti del pancreas costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie, con comportamento biologico molto vario. Possono essere distinte in cisti benigne, pre-tumorali e francamente maligne.
La loro incidenza sembra essere in aumento, essendo sempre più frequentemente il riscontro occasionale in pazienti asintomatici sottoposti ad indagini diagnostiche per altri motivi.
Nell 3 ed il 14% dei pazienti che eseguono un esame di imaging di routine è riscontrata almeno una cisti pancreatica incidentale e questa probabilità aumenta con l’aumentare dell’età1,2.
Solo il 5-15% di tutte le cisti pancreatiche è di natura neoplastica e le neoplasie cistiche costituiscono meno del 5% di tutti i tumori pancreatici3.
Recentemente, in studi di tomografia computerizzata, la prevalenza delle lesioni cistiche del pancreas si aggira intorno al 3%, raggiungendo il 20% in studi che utilizzano la risonanza magnetica come metodica di imaging4-6. In uno studio di coorte in cui è stata usata la colangiopancreatografia per indicazioni non pancreatiche è stata riportata una prevalenza del 45%7. Esami autoptici del pancreas hanno inoltre evidenziato che lesioni cistiche di diametro inferiore a 1 cm interessavano fino ad un quarto dei casi studiati8.
La gestione delle neoplasie cistiche rappresenta oggi una vera e propria sfida clinica. Il trattamento ideale infatti si basa sulla resezione delle lesioni maligne e
delle lesioni premaligne ad alta probabilità di degenerazione e sul follow-up in caso di lesioni benigne o a basso potenziale di degenerazione neoplastica.
La diagnosi preoperatoria corretta e la precisa stratificazione del rischio tuttavia possono risultare difficoltose. I tassi di accuratezza delle metodiche di imaging TC e RMN variano tra il 47 e il 78% per la classificazione delle cisti e tra il 73 e il 97% per distinzione tra una lesione benigna ed una premaligna o maligna9-14. Spesso le lesioni cistiche del pancreas sono reperti diagnostici incidentali di studi di imaging dell’addome, che vengono effettuati per disturbi addominali aspecifici o non correlati al pancreas.
L’importanza di discriminare le varie tipologie di lesioni cistiche deriva dal fatto che alcune di esse possiedono un rischio intrinseco di degenerazione maligna, tale da richiedere un intervento chirurgico.
Di fronte alla difficoltà di una diagnosi precisa basata sulle tecniche di imaging, esiste quindi un variabile rischio di overtreatment, costituito da interventi chirurgici resettivi non necessari e con possibili complicanze post operatore contrapposto ad un rischio di undertreament 15,16 nel caso di lesioni cistiche apparentemente non evolutive ma sulle quali possono invece insorgere neoplasie invasive.
1.2 Classificazione
Le lesioni cistiche del pancreas si dividono in cisti non neoplastiche e cisti neoplastiche.
Le cisti non neoplastiche si dividono in: • Pseudocisti
• Cisti da ritenzione
• Cisti linfoepiteliale (epidermoide) • Cisti endometriosica
Le cisti neoplastiche si dividono in: • Neoplasie epiteliali
Ø Cistoadenoma Sieroso o Neoplasia Cistica Sierosa Ø Neoplasia Cistica Mucinosa
Ø Neoplasia Intraduttale Papillare Mucinosa Ø Neoplasia Solida Pseudopapillare
Ø Adenocarcinoma Pancreatico con degenerazione cistica Ø Neoplasia Neuroendocrina Cistica del pancreas
Ø Tumore a cellule acinari
• Neoplasie non epiteliali Ø Linfangioma Ø Emangioma
Le cisti non neoplastiche rappresentano la maggioranza delle lesioni cistiche, tra queste le più frequenti sono le pseudocisti, queste sono raccolte fluide post- infiammatorie, non sono delitimitate da una parete propria e sono per definizione benigne, facili da identificare15. In un paziente con anamnesi patologica prossima positiva per un evento di pancreatite acuta la diagnosi di pseudocisti è più probabile, così come nel caso di un paziente con evidenza clinica e radiologica di pancreatite cronica.
Tra le lesioni cistiche neoplastiche, quelle di maggior rilevanza epidemiologica sono: il Cistadenoma Sieroso, la Neoplasia Cistica Mucinosa, la Neoplasia Papillare Intraduttale Mucinosa. Più rare ma comunque importanti sono la Neoplasia Solida Pseudopapillare e la Neoplasia Neuroendocrina Cistica del Pancreas. (tabella 1)
Tabella 1 Caratteristiche generali delle lesioni cistiche del pancreas più comuni. SCN tumore
cistico sieroso (o cistadenoma sieroso), MCN neoplasia cistica mucinosa, IPMN neoplasia intraduttale papillare mucinosa.
1.3 Cistoadenoma Sieroso
Il cistoadenoma sieroso è la neoplasia cistica benigna più frequente. La sua prevalenza è maggiore nelle donne di età avanzata17 ed è considerate per lo più benigna, con un rischio di malignità estremamente basso (0-1,2%)16.
Dal punto di vista morfologico si presenta, nella maggior parte dei casi, come una lesione lobulata, formata da numerose cisti, più di 6, di diametro variabile tra qualche millimetro a 2 cm, tipicamente meno di 1 cm rivestite da epitelio cuboidale (figura 1)16,18,19. Nel 1978 Compagno e Oertel descrissero questo aspetto come “honeycomb”, cioè ad alveare20 (figura 2).
Il cistoadenoma sieroso non produce mucina, ma ha un contenuto fluido e limpido ed è rivestito da una capsula ben delimitata.
Nel 30% dei casi presenta una cicatrice fibrosa centrale (figura 3), che può andare incontro a calcificazione e che costituisce una caratteristica radiologica patognomonica19.
Figura 1 Aspetto microscopico di un cistoadenoma sieroso. La colorazione ematossilina-eosina
mette in evidenza le microcisti rivestite da epitelio cuboidale
Figura 2 Paziente con cistoadenoma sieroso. All’ecografia (a) la neoplasia presenta aspetto a nido
d’ape apprezzabile a livello del corpo pancreatico. TC senza (b) e con (c,d,e) mezzo di contrasto. MR sequenze T2 (f) e T1 (g) pesate. Sequenza T1 pesata con mezzo di contrasto paramagnetico (h). Colangio-RM (i).
Figura 3 Aspetto macroscopico di un cistoadenoma sieroso. Al taglio la superficie può apparire
solida, in realtà è costituita da numerose microscisti. È presente una cicatrice fibrosa centrale (freccia) tipica di questa neoplasia
La presenza di un gran numero di cisti molto piccole delimitate da setti che captano il mezzo di contrasto può, all’esame TC, mimare il comportamento di una neoplasia solida18,19. In questi casi la diagnosi differenziale può essere facilitata dall’evidenza del contenuto fluido alla risonanza magnetica, che mostra elevata sensibilità e specificità nell’individuazione di materiale fluido19,21.
Meno frequentemente il cistoadenoma sieroso si presenta con un aspetto oligocistico o macrocistico senza cicatrice centrale, rendendo più difficoltosa la diagnosi differenziale con altre neoplasie cistiche, come ad esempio le mucinose18. Il cistoadenoma sieroso è generalmente è asintomatico, ma può provocare dolore addominale, soprattutto se molto voluminoso;; meno frequentemente, se localizzato nella testa del pancreas, può determinare compressione sulla porzione terminale del dotto biliare determinando ittero ostruttivo. Sono inoltre riportati rari casi di dilatazione del dotto pancreatico da compressione22.
Considerato il basso rischio di trasformazione maligna, l’indicazione principale consiste in un approccio conservativo di sorveglianza mediante imaging19,23.
Recentemente è stata descritta una variante, rara, localmente aggressiva, caratterizzata da invasione locale e presente nel 5% dei pazienti;; questo sottotipo presenta un comportamento aggressivo, definito dall’interessamento di strutture circostanti (quali il dotto pancreatico o biliare, il sistema venoso extraepatico, ecc.) ed è in grado di dare potenzialmente metastasi, soprattutto epatiche24.
La rapidità di crescita è un fattore che influenza la scelta tra il follow-up e il trattamento chirurgico. El-Hayek e altri25 hanno illustrato in uno studio con 219 pazienti che il tasso di crescita del cistoadenoma sieroso è meglio apprezzabile in termini di percentuale di crescita per anno piuttosto che come variazione assoluta di dimensione in cm, essi hanno riportato un tasso di crescita generale del 6,2%
all’anno. Questo ed altri studi più recenti concordano sul fatto che il trattamento chirurgico dei cistoadenomi sierosi debba essere basato sull’analisi dell’accelerazione di crescita e lo sviluppo di sintomi piuttosto che sulla dimensione della neoplasia in valore assoluto. Nonostante rimanga incerto se e quando questo tasso di crescita abbia un impatto sul potenziale maligno26, una tendenza di crescita aumenta il rischio che il cistoadenoma diventi sintomatico.
Nella maggior parte dei pazienti, considerando la lenta progressione di queste lesioni, è indicato l’approccio conservativo, specialmente di fronte a lesioni piccole e asintomatiche della testa del pancreas in un pazienti anziani o borderline per la candidatura ad eventuale intervento chirurgico17,27,28.
Attualmente le indicazioni accettate per un intervento chirurgico in pazienti con cistoadenoma sieroso comprendono29:
• Presenza di sintomatologia rilevante, solitamente dovuta alla compressione di strutture circostanti.
• Dimensioni maggiori di 4 cm (molti studi tuttavia suggeriscono che la dimensione non sia un criterio rilevante, al contrario invece del pattern di crescita e della presenza di sintomi).
• Rapido ingrandimento di un cistoadenoma sieroso, o presenza di massa eccentrica, o infiltrazione pericistica, con ostruzione del dotto biliare o pancreatico (tutti reperti che preoccupano sulla presenza di malignità). • Incertezza riguardo la tipologia di neoplasia cistica (cistoadenoma sieroso
vs. neoplasia cistica mucinosa) nonostante l’uso di moderne e sofisticate tecniche diagnostiche. Infatti, mentre la sensibilità per la diagnosi di neoplasie mucinose potenzialmente maligne è in crescita, la specificità è diminuita.
• Assenza di diagnosi preoperatoria basata su un ragionevole livello di confidenza. In questo caso la resezione deve essere considerata per evitare un potenziale under treatment di una lesione pre-maligna altrimenti curabile.
Il cistoadenoma sieroso è complessivamente un tumore benigno, che non necessita di essere asportato in pazienti asintomatici.
1.4 Cistoadenoma Mucinoso
Le neoplasie cistiche mucinose (MCN) costituiscono la grande maggioranza delle neoplasie cistiche. Il cistoadenoma mucinoso riguarda quasi esclusivamente le donne. Radiologicamente si tratta di una lesione generalmente singola, uniloculare, con sepimentazioni interne e diametro variabile da pochi mm a 20-30 cm33 (figura 4).
Figura 4 Aspetto macroscopico di una neoplasia mucinosa cistica di tipo macrocistico.
La localizzazione è più frequente a livello del corpo e della coda del pancreas. Le cisti sono piene di materiale viscoso e presentano pareti fibrotiche, talora calcificate
(figura 4). A differenza della neoplasia intraduttale mucinosa del pancreas (IPMN), il MCN non comunica con il sistema duttale. La sua struttura comprende un epitelio colonnare di tipo mucinoso neoplastico e stroma ovarico patognomonico (figura 5) 30,31,32.
Figura 5 Neoplasia mucinosa cistica, esame istologico. La colorazione con ematossilina-eosina
permette di distinguere l’epitelio colonnare e lo stroma simil-ovarico
La diagnosi può essere incidentale a seguito dell’esecuzione di esami di imaging (figura 6) dell’addome per altri motivi, altrimenti i pazienti con un MCN possono presentare dolore addominale o altri disturbi che li portino ad eseguire degli accertamenti;; poiché le neoplasie mucinose non comunicano con il sistema duttale, è più raro, rispetto alle IPMN, che diano pancreatiti, ittero o diabete mellito di nuova insorgenza31.
Figura 6 TC con mdc di paziente con neoplasia mucinosa cistica. Sono visibili (a) la parete spessa
e (b) delle componenti solide contrassegnate dagli asterischi.
La citologia delle MCN e le IPMN è simile, dunque queste due neoplasie mucinose sono difficilmente distinte sulla base delle sole caratteristiche citologiche;; lo stroma ovarico delle MCN è evidenziabile allo studio istologico, che si può raramente effettuare su un prelievo citologico. La citologia può comunque confermare la presenza di una cisti producente mucina. Considerando la natura mucinosa, il contenuto delle cisti, prelevato con agoaspirazione in ecoendoscopia, ha alta viscosità ed elevati valori di CEA.
Biologicamente sono caratterizzati da malignità attuale o potenziale. Sono associati ad un adenocarcinoma duttale pancreatico (PDAC) nel 15-30% dei casi, ma il rischio di invasione può essere corretto per ogni paziente in base alle caratteristiche cliniche, di imaging, citologiche e antomo-patologiche33,34,35.
In generale l’aumento dell’età è un fattore di rischio per sviluppo di un PDAC a partire da una MCN. Questa relazione tra carcinoma ed età non è sorprendente considerato che la MCN è un noto precursore del PDAC invasivo33,36,37.
Tra gli aspetti rilevabili con gli studi imaging, quelli che possono suggerire la presenza di una MCN associata ad un PDAC invasivo sono: elevate dimensioni della cisti, inspessimento dei setti, presenza di una massa solida intracistica o adiacente33,35,36.
Le caratteristiche citopatologiche preoccupanti e suggestive di un carcinoma degenerato da una MCN sono analoghe a quelle delle IPMN: nucleomegalia, distribuzione irregolare e ammassata della cromatina, contorni nucleari irregolari, ipercellularità.
Una volta resecata, il fattore più importante per il patologo è valutare la presenza o assenza di un carcinoma invasivo associato. La presenza di una componente
stromale solida o di un nodulo intracistico, spesso con aspetti papillari, è comunemente associata alla presenza di una componente invasiva di PDAC, così come l’assenza del classico stroma ovarico al di sotto dell’epitelio mucinoso. Per queste ragioni, è necessaria un’estesa, se non completa, campionatura della parete cistica e di qualsiasi area nodulare adiacente la cisti per escludere la presenza di invasione35.
Il trattamento standard prevede una pancreasectomia distale con dissezione linfonodale34. Pazienti in cui l’esame anatomo-patologico identifica una MCN non invasiva non necessitano di ulteriore follow up, poiché, a differenza dell’IPMN, le MCN sono lesioni solitarie e la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con MCN non invasiva si avvicina al 100%;; la presenza di un PDAC invasivo associato abbassa la sopravvivenza a 5 anni al 25-35%32,34,37. La presenza di un carcinoma minimamente invasivo, definito dalla presenza di foci microscopici di adenocarcinoma che non invadono il parenchima pancreatico, ma sono limitati allo stroma ovarico della cisti, conferisce un’eccellente prognosi. Nonostante il carcinoma minimamente invasivo possa facilmente essere curato tramite una resezione, queste lesioni raramente ricorrono38, questo sottolinea ancora di più l’importanza di un esteso campionamento della parete della cisti per un’accurata diagnosi e terapia.
Mutazioni con acquisizione di funzione di KRAS rappresentano una precoce alterazione genetica coinvolta nello sviluppo delle MCN, mentre l’attivazione di TP53 e SMAD4 sono eventi tardivi. Queste alterazioni sono simili a quelle ritrovate in altre neoplasie epiteliali del pancreas, e sono marker non specifici per la MCN. Spesso infatti, la diagnosi pre-chirurgica della MCN si basa su ciò che la cisti non
ha piuttosto che su ciò che ha: la MCN non ha mutazioni genetiche specifiche, non comunica con il dotto pancreatico principale e non presenta multiple cisti39.
1.5 Neoplasia Solida Pseudopapillare
La neoplasia solida pseudopapillare (SPN) è una rara entità patologica, descritta per la prima volta da Frantz nel 195940 , rappresenta il 2-3% delle neoplasie pancreatiche e lo 0,9-2,7% delle neoplasie esocrine del pancreas41,42.
Grazie al vasto uso delle tecniche di imaging, nonché alle migliori conoscenze, questa neoplasia è sempre più frequentemente diagnosticata con un basso potenziale maligno43, tuttavia a causa della bassa incidenza, le sue caratteristiche cliniche e patologiche non sono state studiate esaustivamente.
La SPN interessa principalmente donne giovani, con un’età media di 22 anni44. La maggior parte dei tumori è localizzata in corpo o coda del pancreas42,43.
Una considerevole percentuale della popolazione dei pazienti è asintomatica e la neoplasia è diagnosticata incidentalmente. La presentazione clinica più frequente è rappresentata dal dolore addominale o dalla sensazione di massa addominale;; altre possibili alternative sono sintomi non specifici come nausea, vomito, febbre, perdita di peso ed ittero, la maggior parte di questi sono causati dalla compressione del pancreas sano.
Le varie tecniche di imaging possono essere utili per identificare questa neoplasia (figura 7). La radiografia dell’addome non ha molto valore diagnostico, a meno che la neoplasia non mostri calcificazioni;; la tomografia computerizzata della neoplasia evidenzia le caratteristiche solide e cistiche con aree di emorragia e/o
degenerazione cistica. La periferia della massa può presentare calcificazioni o aree solidi captanti il mezzo di contrasto45. Le immagini di risonanza magnetica tipicamente mostrano una lesione ben definita con un segnale misto di iper e ipointensità nelle immagini T1 e T2 pesate46.
Figura 7 (a) Aspetto ecografico della neoplasia solida pseudopapillare, la freccia indica una
componente solida. Alla RM (b) la lesione è iperintensa nelle sequenze T2 pesate e le componendi solide mostrano enhancement dopo iniezione di mezzo di contrasto (c).
Lee e altri47 hanno riportato che il carcinoma solido pseudopapillare può essere differenziato dalla SPN benigna attraverso l’imaging radiologico grazie al suo comportamento aggressivo, che si esplica, ad esempio, con la dilatazione del dotto pancreatico principale e l’invasione dei vasi, sia in presenza che in assenza di metastasi. Se queste caratteristiche sono presenti un approccio aggressivo è mandatorio ed un follow up intensivo è altamente raccomandato.
Microscopicamente, la SPN presenta una combinazione di componenti solide, pseudopapille con rami vascolari, e componenti cistiche, emorragie, che le conferiscono una caratteristica architettura.
Tipologie maligne di SPN possono essere pericolose e fatali. Tang e altri48 hanno riportati casi fatali di SPN con caratteri microscopici inusuali, inclusi un pattern di crescita diffusa nelle aree solide del tumore con minimo stroma fibrovascolare di
supporto, aumentato rapporto nucleo/citoplasma con ipercromasia e elevato tasso mitotico.
Le metastasi linfonodali sono rare. Reindl e altri49 hanno trovato 7 linfonodi anomali in una forma aggressiva di SPN, ma nessuno di quelli era positivo per cellule tumorali. Tuttavia, Tang e altri48 hanno riportato un caso di SPN a rapida crescita con metastasi epatiche e linfatiche. La ricerca di linfonodi interessati dovrebbe essere considerata in SPN con aspetti cellulari atipici, indice proliferativo aumentato ed estesa necrosi. Le SPN sono classificate come neoplasie maligne di basso grado con una buona prognosi, dunque trovare linfonodi positivi è davvero raro in questa entità patologica.
La diagnosi delle SPN può essere impegnativa ed è necessaria un’attenta interpretazione delle caratteristiche istologiche, citologiche e del pattern di colorazione da parte del patologo.
Le caratteristiche istologiche e patologiche della neoplasia pancreatica endocrina sono simili a quelle della SPN, ed è spesso difficile per un patologo distinguere tra una e l’altra entità basandosi solo su istologia e citologia50;; tuttavia alcuni aspetti come la presenza di pseudopapille, i globuli ialini e gli istiociti schiumosi fanno propendere per SPN40, mentre i tumori neuroendocrini sono caratterizzati da un pattern “sale e pepe” della cromatina. L’analisi immunoistochimica è dirimente nella diagnosi differenziale43.
Anche il cistoadenoma sieroso, il carcinoma a cellule acinari ed il pancratoblastoma entrano in diagnosi differenziale con la SPN.
Il trattamento di scelta per la SPN consiste nell’escissione chirurgica completa. Reddy e altri51 hanno dimostrato con successo che la chirurgia è sicura e associata ad una sopravvivenza a lungo termine. Sono possibili diverse procedure, a seconda
della sede del tumore. In un altro lavoro52, SPN con metastasi e invasione vascolari trattate tramite chirurgia avevano un buon outcome.
1.6 Neoplasia endocrina cistica del pancreas
La neoplasia endocrina cistica del pancreas (CPEN) rappresenta l’8% circa di tutte le neoplasie cistiche pancreatiche asportate chirurgicamente53, e una percentuale variabile tra il 10% e il 17% di tutte le neoplasie neuroendocrine pancreatiche resecate54-56. La gran parte di queste neoplasie sono diagnosticate come reperto incidentale e sono non funzionanti, anche se più raramente possono essere funzionanti. Sono più frequenti in individui affetti da Neoplasia Endocrina Multipla di tipo 1 (MEN 1), e sono riportati casi in soggetti con Sindrome di von Hippel-Lindau e con Sindrome di Wermer 56,57. Solitamente sono unifocali, ma sono riportati casi di multifocalità58. Non mostrano predilezione di genere e l’età media alla diagnosi è tra i 50 e i 59 anni58-61.
L’aspetto radiologico è quello di una lesione cistica spesso con margini ipervascolarizzati, a volte con setti e componenti solide all’interno della cisti54. Può accadere che una neoplasia endocrina solida di grandi dimensioni presenti degenerazione microcistica, ma può presentarsi anche con l’aspetto di una cisti a parete sottile con aree di ispessimento ed entrare in diagnosi differenziale con una MCN62. In un numero considerevole di casi, non è possibile distinguere le CPENs dalle altre neoplasie cistiche pancreatiche solo sulla base delle immagini TC o RM58. Un ruolo importante è quello della FNA-EUS guided, che permette di analizzare il
liquido cistico sia dal punto di vista chimico, mostrando livelli di CEA molto bassi, che dal punto di vista citologico, con percentuali di successo ben superiori rispetto a quelli ottenuti nelle restanti neoplasie cistiche (73% rispetto al 20% nelle altre lesioni cistiche)59-63.
Rispetto alle neoplasie endocrine solide, è meno frequente il riscontro di necrosi tumorale, invasione perineurale e vascolare, e le metastasi ai linfonodi locoregionali e a distanza58, anche se diverse casistiche documentano la potenzialità maligna delle CPENs64-66. Come per le altre neoplasie endocrine, è difficile valutare la malignità solo sulla base della citologia o della biopsia, lo stesso vale per l’esame istologico del pezzo operatorio. In ogni caso la terapia raccomandata per la gran parte dei pazienti è quella chirurgica, e la sopravvivenza a lungo termine è superiore all’85%54-56.
È stata messa in discussione recentemente la validità della terapia chirurgica per le neoplasie endocrine solide di piccole dimensioni e non funzionanti, ed è stato visto che il management conservativo non presentava differenze significative con quello chirurgico67, tuttavia l’applicabilità di questa osservazione anche per la controparte cistica delle neoplasie endocrine non è ben definita.
1.7 Neoplasie cistiche rare
1.7.1 Cisti linfoepiteliale
Le cisti linfoepiteliali del pancreas sono lesioni rare comprendenti circa lo 0,5% di tutte le lesioni cistiche osservate negli uomini di mezza età. Mediamente hanno dimensioni di 6 cm, ma possono variare da 1 cm a più di 15 cm. Possono essere multiloculari o con una cavità unica, ma nella maggior parte dei casi presentano setti e calcificazioni. Sono preferenzialmente localizzate alla coda68.
Le cisti linfoepiteliali sono considerate cisti vere, istologicamente sono delle cavità rivestite da epitelio squamoso, e circondate da linfociti maturi. Sono state elaborate diverse teorie sull’origine di queste lesioni, per esempio secondo alcuni si tratterebbe di una metaplasia squamosa di un dotto pancreatico ostruito, che andrebbe a protrudere all’interno di un linfonodo peripancreatico;; oppure lo sviluppo di tessuto pancreatico ectopico all’interno di un linfonodo peripancreatico.
Anche per queste cisti la diagnosi preoperatoria è difficile, all’imaging sono ben distinguibili dalle altre lesioni cistiche del pancreas mediante caratteristici reperti alla RM. In EUS le cisti linfoepiteliali sono visibili come delle lesioni ipoecogene uniloculari o multiloculari, raramente all’interno sono visibili detriti iperecogeni. Il liquido cistico contiene materiale squamoso ed è ricco di linfociti, e questo è fortemente indicativo per la diagnosi di cisti linfoepiteliale69. Spesso tuttavia per confermare la diagnosi, si procede ad asportazione chirurgica ed esame istologico.
1.7.2 Linfangioma Cistico
Il linfangioma cistico del pancreas è una neoplasia benigna rara, solitamente viene scoperto come reperto occasionale in soggetti asintomatici. Origina dai vasi
linfatici
ed è caratteristico dell’infanzia. Dal punto di vista istologico i linfangiomi cistici, sono fatti di cisti interconnesse separate da setti, rivestite internamente da cellule epiteliali e contenenti liquido sieroso, sieroematico o chiloso70.
L’EUS può mostrare reperti simili a quelli tipici di lesioni mucinose, ma la diagnosi si pone dopo l’FNA-EUS guided del liquido cistico, che quando appare chiloso all’aspetto macroscopico, e ricco di trigliceridi all’analisi biochimica permette di fare diagnosi. Nel caso in cui il liquido aspirato sia di aspetto sieroso e abbia livelli medi di trigliceridi allora la diagnosi differenziale con le altre lesioni cistiche è molto più difficile71,72.
1.7.3 Altre Neoplasie Cistiche
Anche le neoplasie solide pancreatiche possono presentarsi con degenerazione cistica ed entrare in diagnosi differenziale. L’adenocarcinoma duttale del pancreas va incontro a degenerazione cistica raramente, secondo alcune casistiche
nell’1,6% dei casi, tipicamente raggiunge dimensioni medie di 7 cm prima di andare incontro a degenerazione cistica73.
Capitolo 2- NEOPLASIA INTRADUTTALE PAPILLARE MUCINOSA
2.1 Introduzione
La neoplasia intraduttale papillare mucinosa (IPMN) è una neoplasia cistica che origina dalle cellule epiteliali che rivestono il sistema duttale pancreatico. È caratterizzata da proliferazione di cellule che formano proiezioni papillari e da secrezione di mucina che determina la formazione di una dilatazione cistica74.
L’IPMN è un’entità patologica recentemente definita ed è stata posta per la prima volta sotto l’attenzione clinica nel 1982, quando sono stati descritti quattro casi di neoplasia mucinosa75. La prima evidenza di IPMN nella letteratura scientifica risale al 1936, secondo la review redatta da Wermer e altri76. Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità la descrisse come un’entità patologica unica e separata dalle neoplasie cistiche mucinose nel 199677.
La vera incidenza e prevalenza dell’IPMN non è ben definita. Nel 2000 McDonald e altri78 hanno stimato l’incidenza dell’IPMN ad un caso su 281.000 abitanti per anno. Nel 2008 un altro gruppo di studio statunitense79 ha calcolato un’incidenza, corretta per età e sesso, di 2 casi su 100.000 abitanti per anno, con tendenza di crescita nel tempo. Essi hanno inoltre evidenziato che, includendo solo individui con più di 60 anni, la prevalenza saliva a 99 casi su 100.000 abitanti.
Uno studio caso-controllo80 nel 2013 ha concluso che precedente storia di diabete, soprattutto con necessità di insulina, pancreatite cronica, storia di adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC) sono fattori di rischio rilevanti. Il fumo non sembra
essere un fattore di rischio81, ma può accelerare la progressione maligna dell’IPMN82.
Alcuni disordini genetici, come la sindrome di McCune-Albright83, che comprende mutazioni al gene GNAS, predispone all’IPMN. Mutazioni dei geni GNAS e KRAS sono frequentemente presenti nell’IPMN, anche nella cancerogenesi precoce, prima che si sia sviluppata la malattia invasiva84.
Pazienti con carcinoma pancreatico familiare sono stati oggetto di ritrovamento di lesioni cistiche nel 42% dei casi, di cui l’IPMN è un frequente reperto nei pezzi chirurgici.
Negli individui con mutazione di Leiden di p16 le lesioni cistiche non erano così frequenti, essendo presenti solo nel 16% dei casi, e solo una piccola parte di queste risultava IPMN all’esame istologico. Tuttavia, in questi pazienti, le lesioni cistiche hanno mostrato un comportamento più aggressivo durante il follow up;; inoltre il PDAC era un reperto più comune comparato con la coorte dei pazienti con cancro pancreatico familiare (7% contro 0,8%)85.
In un altro studio, 84 su 216 (39%) tra gli individui ad alto rischio, in quanto ad anamnesi famliare positiva per cancro pancreatico o mutazioni predisponenti della linea germinale, avevano una lesione cistica e la maggior parte (60%) avevano lesioni multiple86.
Non è escluso che esista una forma familiare di IPMN, ma sono necessari ulteriori studi per definire questa eventualità87.
2.2. Classificazione
L’IPMN può essere classificata in tre tipi sulla base degli studi imaging e sull’istologia, questi sono detti Main Duct (MD-IPMN), quando localizzata al dotto principale, Branch Duct (BD-IPMN), localizzata ai dotti secondari e Mixed Type (MT- IPMN), quando sono coinvolti sia il dotto principale che i dotti secondari34.
Le linee guida di Fukuoka del 201234 hanno stilato i criteri radiologici per differenziare le tre tipologie di lesioni cistiche. La MD-IPMN è caratterizzata da dilatazione segmentaria o diffusa del dotto pancreatico principale (MPD) di almeno 5 mm in assenza di altre cause di ostruzione. La BD-IPMN si presenta come una cisti pancreatica di almeno 5 mm di diametro che comunica con il MPD, ed entra in diagnosi differenziale con la pseudocisti in pazienti con storia di pancreatite. La MT- IPMN è una cisti che presenta sia le caratteristiche della BD-IPMN che quelle della MD-IPMN.
La classificazione è fondamentale per i clinici ai fini della pianificazione gestionale, pertanto dovrebbe essere basata sull’imaging preoperatorio, la classificazione patologica può essere specificata a posteriori. L’importanza di definire la tipologia di IPMN deriva dal fatto che ognuna di esse si associa ad un diverso rischio di malignità (tabella 1). L’IPMN-MD ha infatti un comportamento più aggressivo ed una maggiore tendenza all’evoluzione maligna.
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2.3 Anatomia Patologica
Le IPMN sono suddivise in 3 sottotipi:
• Main Duct o del dotto principale o “centrali”, con coinvolgimento del Wirsung;; • Branch Duct o dei dotti collaterali o “periferiche”, con coinvolgimento
esclusivo dei dotti di secondo ordine;;
• Mixed Type o “miste”, con coinvolgimento di entrambi.
Figura 1 Schema rappresentativo della classificazione macroscopica delle IPMN
L’elemento distintivo di questa neoplasia è rappresentato dalla crescita intraduttale, con dilatazione diffusa o segmentaria del dotto principale e/o dei dotti secondari, in assenza di stenosi meccanica o tumorale (figura 2,3,4) .
Figura 2 IPMN-BD. Visibili le caratteristiche dilatazioni cistiche dei dotti secondari.
Figura 3 IPMN-MD con degenerazione maligna. Evidenti le papille che si aggettano nel dotto
principale dilatato.
Figura 4 IPMN-MT: dilatazione del dotto principale con pareti inspessite (sulla destra) e dilatazione
cistica dei dotti secondari (sulla sinistra).
Le IPMN di tipo centrale spesso si accompagnano a protrusione nel lume duodenale sia della papilla maggiore sia di quella minore, con secrezione di mucina90.
Si distinguono due varianti principali:
• Variante prevalentemente papillare, nella quale la mucosa che riveste i tratti interessati dalla neoplasia presenta vegetazioni intraluminari di tipo villoso. Tali proliferazioni, che si presentano alla Colangiopancreatografia Retrograda Endoscopica (ERCP) come difetto di riempimento ed alla Tomografia Computerizzata (TC) e Risonanza Magnetica (RM) come vegetazioni endoluminali adese alla parete, costituiscono un prezioso elemento diagnostico differenziale nei riguardi sia della pancreatite cronica sia della dilatazione secondaria del sistema duttale.
• Variante prevalentemente ectasica, in cui il dotto principale ed i dotti ectasici di secondo ordine si presentano ripieni di muco, ma con la mucosa “piatta”.
L’IPMN è una patologia multifocale74. Il 20-41% dei pazienti ha interessamento multiplo dei dotti secondari, questi, analogamente ai corrispettivi con malattia unifocale, tendono ad essere asintomatici e vengono valutati per patologie non correlate112.
La multifocalità è più rara nell’IPMN-MD e, quando presente, è caratterizzata dal coinvolgimento multisegmentale del dotto pancreatico principale;; si associa inoltre ad una maggiore frequenza di degenerazione maligna rispetto al’IPMN-MD unifocale (90% nella multifocale rispetto al 56% nella unifocale)111.
Microscopicamente, l’epitelio è di tipo colonnare mucosecernente, con differenziazione polimorfa.
L’IPMN ha un’evoluzione per gradi che spazia da forme benigne (adenoma) a neoplasie francamente maligne (carcinoma invasivo). Secondo le ultime raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’IPMN può essere classificata dal punto istologico in IPMN con displasia di basso/intermedio/alto grado e IPMN associata a carcinoma invasivo90-91. Il grado di displasia epiteliale è l’elemento che consente la sottoclassificazione in: adenomi (atipia di grado lieve), neoplasie borderline (atipia di grado moderato), carcinomi
(atipia severa).
La storia naturale dell’IPMN può essere paragonata all’adenomatosi del colon. Il rischio di malignità è alto quando sono presenti caratteri di degenerazione, come la presenza di aree di concomitante carcinoma invasivo, noduli murali, setti intracistici e dilatazione del calibro del dotto di Wirsung92.
L’IPMN-MD è associata ad un maggiore rischio di trasformazione maligna e ad una crescita più rapida rispetto all’IPMN-BD, che è comunemente considerata una neoplasia più indolente. Diverse serie di casi di pazienti con IPMN hanno rivelato che la frequenza media di malignità dell’IPMN-MD è di circa il 60%, mentre per l’IPMN-BD si assesta attorno al 25%34.
Possono distinguersi quattro sottotipi di cellule nell’epitelio papillare dell’IPMN:
gastrico, intestinale, pancreatico-biliare ed oncocitico (figura 5).
Le papille di tipo gastrico ricorrono nel 30-40% dei casi e rappresentano la variante maggiormente rappresentata delle IPMN-BD. L’epitelio risulta simile alle foveole gastriche e, all’analisi immunofenotipica, è MUC5AC positivo e negativo per CDX2, MUC1 e MUC2 (quest’ultimo marker può risultare positivo a livello delle globet
atipie di basso grado e generalmente non si associano a trasformazione carcinomatosa, tuttavia, se questa incorre, risulta frequentemente in un tipo tubulare ed ha un comportamento simile al convenzionale PDAC93, 94.
Le papille di tipo intestinale (30-40% dei casi) sono presenti in una consistente porzione delle IPMN-MD. Presentano una spiccata similitudine con le strutture villose degli adenomi del colon, esprimono il marcatore intestinale CDX2 (specifico gene di programmazione cellulare di tipo intestinale, con funzione di soppressore tumorale) e MUC2 (glicoproteina di tipo intestinale prodotta esclusivamente dalle cellule intestinali di tipo goblet, con funzione di soppressore tumorale). Le neoplasie con questi caratteri, anche se possono coinvolgere estesamente il sistema duttale e raggiungere cospicue dimensioni, vengono di solito classificate come borderline
o carcinoma in situ (CIS) e, anche quando si associano a trasformazione
carcinomatosa, presentano un andamento clinico indolente. Il carcinoma, infatti, è quasi sempre di tipo colloide, con espressione dello stesso fenotipo non aggressivo: negatività per MUC1 e positività per MUC2 e CDX2 (95).
Le papille di tipo bilio-pancreatico (20% dei casi) hanno architettura più complessa e ramificata, un rivestimento epiteliale sovrapponibile a quello osservato nel carcinoma pancreatico e delle vie biliari, non esprimono MUC2 e CDX2, mentre esprimono MUC1. La maggior parte di queste neoplasie sono caratterizzate da displasia di alto grado e sono frequentemente associate ad un carcinoma infiltrante con caratteristiche morfologiche ed immunofenotipiche sovrapponibili all’adenocarcinoma duttale classico. Le mucine MUC1, considerate marcatori di aggressività biologica, sono una famiglia di glicoproteine di membrana con un ruolo importante in molte funzioni essenziali, tra queste: mantenere l’integrità del lume ghiandolare, regolare l’in terazione cellula-cellula e cellula-stroma e conferire
immunoresistenza. Questo tipo istologico è meno caratterizzato e considerato da alcuni una versione del tipo gastrico con maggior grado di displasia. Il carcinoma invasivo associato è solitamente tubulare e aggressivo96.
Le papille di tipo oncocitico sono caratterizzate da epitelio rivestito da cellule con intenso citoplasma granulare eosinofilo, con espressione immunofenotipica prevalentemente negativa per le mucine riportate precedentemente, o con espressione focale delle stesse, la mucina più comunemente presente è rappresentata dalla MUC697. Questo tipo è definito da un complesso di papille arborescenti con core delicato, cellule oncocitiche e formazioni luminali intraepiteliali. Questo tipo tende inoltre ad espandersi e a presentare una natura intraduttale poco chiara, con invasione tendenzialmente poco comune e limitata. In caso di trasformazione maligna, presenta delle peculiarità tali da avere una diagnosi clinica di “cistoadenocarcinoma”98.
Di seguito sono riportati i sottotipi istologici di IPMN e le mucine espresse.
Tipo Mucine espresse Tipo di carcinoma
invasivo associato
(in % dei casi) Intestinale (MD-IPMN) MUC2+ MUC 1- MUC5AC+ Colloide (30-50) Pancreatico-biliare
(MD-IPMN)
MUC 2 - MUC1+ MUC5AC + Tubulare (>50)
Gastrico (IPMN-BD) MUC2- MUC1- MUC5AC+ Tubulare (10-30) Oncocitico (IPMN-MD) MUC2- MUC1+ MUC5AC+ Oncocitico (non nota)
Figura 5 Sottoclassificazione istologica delle IPMN. (a) Il tipo gastrico mostra alte cellule colonnari
con nuclei basalmente orientati e abbondante citoplasma mucinoso pallido. (b) Il tipo intestinale è composto da alte papille rivestite da cellule colonnari con nuclei pseudostratificati e citoplasma basofilo con quantità variabili di mucina apicale. (c) Il tipo pancreatico-biliare ha papille ramificate sottili con displasia di alto grado. Le cellule sono cuboidali e hanno nuclei ipercromatici rotondi, nucleoli prominenti e citoplasma con aspetto mucinoso. (d) Il tipo oncocitico mostra solitamente papille arborizzanti rivestite da cellule cuboidi con nuclei grandi, rotondi, uniformi, nucleoli eccentrici e citoplasma granulare eosinofilo.
Considerate le associazioni cliniche precedentemente descritte, può essere utile definire in ambito preoperatorio il sottotipo di IPMN;; pertanto, grazie ad una biopsia preoperatoria, ad esempio EUS guidata, si può impiegare questa sottoclassificazione previo campionamento delle componenti papillari del tumore.
In uno studio103 è stato ottenuta una consistente sottoclassificazione in 15 pazienti su 19 (79%) tramite campionamento preoperatorio del succo pancreatico per via endoscopica.
Studi recenti104,105 hanno mostrato che i tipi morfologici sono fattori prognostici indipendenti e potrebbero avere dei meccanismi di sviluppo diversi tra loro106. È stata inoltre avanzata l’ipotesi che il sottotipo oncocitico sia un’entità distinta,
separata da altri sottotipi di IPMN, come proposto da Adsay e altri nel 1996107, che ne descrivono una distinta morfologia e genetica.
L’IPMN rappresenta una delle tre lesioni non invasive precursori del carcinoma invasivo del pancreas. Poiché il carcinoma del pancreas, indipendentemente dallo stadio in cui viene scoperto è una malattia fatale, il poterlo riconoscere nella sua fase pre-invasiva è estremamente importante ed attualmente è l’unico modo per poterlo curare.
Dei tre precursori, il primo rappresenta un reperto microscopico e comprende tutta una serie di modificazioni comprese nella categoria delle neoplasie pancreatiche intraepiteliali (PanIN), mentre le altre due (IPMN e MCN) sono lesioni macroscopicamente e radiologicamente visibili.
Per quanto riguarda il carcinoma invasivo del pancreas, dal punto di vista istologico sono state descritte tre varianti: colloide, tubulare ed oncocitico.
Il tipo “collide” è caratterizzato da differenziazione di tipo intestinale, evidenziata dalla diffusa espressione di CDX2 e MUC295, ed ha andamento clinico tendenzialmente indolente;; nella maggior parte dei casi deriva da una IPMN di tipo intestinale.
Più raro il tipo “tubulo-ghiandolare”, spesso di derivazione da una IPMN di tipo gastrico, caratterizzato da comportamento aggressivo di tipo intermedio, quello di tipo intestinale, mentre quello di tipo pancreatico-biliare è sovrapponibile, per andamento clinico, al carcinoma duttale classico.
Infine il tipo oncocitico, che origina in modo predominante dal sottotipo oncocitico, esso presenta una prognosi migliore del carcinoma di tipo tubulare
È quindi importante ai fini prognostici definire il tipo istologico al momento dell’analisi anatomo-patologica, inoltre queste differenze istologiche potrebbero influenzare l’uso di differenti protocolli di chemioterapia adiuvante, anche se questo aspetto non è stato ancora valutato34.
Riguardo la stadiazione del carcinoma invasivo, nonostante il termine “carcinoma minimamente invasivo” sia stato utilizzato da molti autori89,99 in riferimento alle prime fasi di estensione tumorale successive alla degenerazione maligna, questa definizione risulta impropria e poco specifica.
Sarebbe invece più appropriato stadiare i carcinomi invasivi secondo i protocolli convenzionali, quali ad esempio quello AJCC/TNM100 e successivamente sottostadiare la categoria T1 (che comprende i carcinomi invasivi di dimensioni inferiori a 2 cm) in T1a (£ 0,5 cm), T1b (>0,5 cm e £1 cm) e T1c (1-2 cm). Questa sottostadiazione di T1 risulta conforme ai metodi impiegati per gli altri organi e tipi di tumore e permette di raccogliere dati maggiormente comparabili ed accurati per future valutazioni34.
Uno studio multicentrico108 ha approfondito questa fase precoce del carcinoma invasivo ed ha rilevato che, di tutti i carcinomi invasivi a partire da IPMN, il 25% erano carcinomi con meno di 2 cm di invasione, e che nella maggior parte dei casi erano IPMN-MD(96%) di sottotipo tubulare (57%).
Il PDAC può svilupparsi nel dotto pancreatico indipendentemente da una concomitante IPMN101. Quando il PDAC origina in vicinanza di un IPMN, la distinzione tra PDAC derivato da una IPMN e PDAC concomitante è talvolta difficile. La Japan Pancreas Society ha cercato di definire le due condizioni, considerando la relazione topologica e la transizione istologica tra IPMN e PDAC102. Di 765
pazienti con IPMN andati incontro a resezione, 183 (24%) sono risultati carcinomi invasivi, di questi 122 (66%) sono stati classificati come PDAC derivato da IPMN, 31 (17%) risultavano PDAC concomitanti ad IPMN, e 30 (16%) sono rimasti indeterminati.
È inoltre fondamentale distinguere una cisti da ritenzione sviluppatasi da un PDAC rispetto ad una IPMN di accompagnamento al PDAC. La cisti da ritenzione può essere delimitata da epitelio con atipie o anche da cellule carcinomatose che si estendono dal PDAC, mentre l’IPMN è caratterizzata da dotti pancreatici dilatati delimitati da epitelio mucinoso displastico con proiezioni micropapillari o macropapillari.
È importante differenziare il carcinoma derivato dall’IPMN dal PDAC ordinario in primis perché sembra originino da due vie di sviluppo diverse109, inoltre è stato evidenziato che le due varianti eziologiche hanno una diversa prognosi, con un’evoluzione migliore per l’IPMN con degenerazione carcinomatosa110.
2.4 Biologia Molecolare
Dal punto di vista molecolare, le IPMN si distinguono dal carcinoma duttale per ridotta incidenza di mutazioni di KRAS (che rappresenta comunque l’alterazione genetica più frequente, con una prevalenza dell’80%), p53, p16, per conservazione dell’espressione di DPC4 e per inattivazione in un terzo dei pazienti del gene STK1/LKB1.
KRAS codifica per una proteina G, o proteina legante un nucleotide della guanosina, che funge da GTPasi e media la via di segnale intracellulare MAPK/ERK a valle di recettori di fattori di crescita113,114.
Mutazioni missenso determinano l’attivazione costitutiva di KRAS e incorrono principalmente al codone 12 e, in misura minore, ai codoni 13 e 61113.
Le mutazioni di KRAS sono rilevate in tutti i sottotipi istologici di IPMN, ma sono maggiormente presenti nei tipi gastrico e pancreatico-biliare. Inoltre, Nikiforova e altri113 hanno rilevato che le mutazioni di KRAS nelle IPMN sono associate alla localizzazione preferenziale ai dotti secondari.
In associazione a KRAS, il 65% delle IPMN sviluppa mutazioni somatiche dell’oncogene GNAS, che codifica per una proteina G attivante la subunità a (Gsa). Le mutazioni di GNAS al codone 201 o 227 determinano attivazione costitutiva di Gsa e del suo effettore, un’adenilato ciclasi, che porta alla sintesi autonoma di cAMP e ad un segnale di crescita incontrollato114,115.