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Uso della spettrometria di massa MALDI-TOF per l'identificazione di micobatteri non tubercolari

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Academic year: 2021

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“Uso della spettrometria di massa

MALDI-TOF per l’identificazione

di Micobatteri Non Tubercolari

UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia

Sede Aggregata di Siena

Tesi di Specializzazione

Relatori:

Chiar.mo Prof Gian Maria Rossolini Chiar.mo Prof. Gianni Pozzi

Candidata: Dott.ssa Tamara Brunelli

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INDICE

1. INTRODUZIONE………..…pag. 2

2. GENERALITA’ SUI MICOBATTERI……….pag. 4

3. MICOBATTERI NON TUBERCOLARI ………..pag. 5

4. METODI DI IDENTIFICAZIONE DEI MICOBATTERI………..….pag. 18 5. SPETTROMETRIA DI MASSA MALDI-TOF………..…..pag. 29

6. MICOBATTERI NON TUBERCOLARI E MALDI-TOF IN LETTERATURA .. pag. 33

7. SCOPO DELLA TESI……….….pag. 50 7.1 Materiali e metodi……….………..pag. 50 7.2 Risultati………...pag. 55 7.3 Discussione……….pag. 61 7.4 Conclusioni……….…pag. 62 8. BIBLIOGRAFIA……….………....….. pag. 63

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1. INTRODUZIONE

Il genere Mycobacterium è una entità tassonomica omogenea i cui membri hanno molte caratteristiche genotipiche e fenotipiche che li distinguono da altri generi. Questo genere comprende ufficialmente oltre 170 tra specie e sottospecie che sono distribuite ubiquitariamente (Buckwalter e coll,2016, Ceyssens e coll, 2017). Al suo interno si trovano Mycobacterium tuberculosis complex, Mycobacterium leprae e i micobatteri non tubercolari (MNT).

Membri del Mycobacterium tuberculosis complex sono responsabili della tubercolosi, che ancora oggi è una importante causa di morte nel mondo, mentre Mycobacterium leprae è l’agente eziologico della lebbra, malattia antichissima che colpisce la cute e i nervi periferici e ancora presente in numerosi paesi. Sono definiti MNT quei micobatteri che non appartengono né al Mycobacterium tuberculosis complex né alla specie Mycobacterium leprae. I MNT si trovano nell’ambiente, principalmente nell’acqua e nel suolo, e sono occasionalmente responsabili di infezioni opportunistiche.

Sono stati pubblicati numerosi studi europei che indicano un aumento degli isolamenti di micobatteri non tubercolari (MNT) da campioni clinici umani; questo incremento è evidenziabile anche in Italia, sebbene nel nostro paese i dati non siano molto precisi. Uno studio recente condotto nel centro Italia ha evidenziato un incremento dei MNT isolati nel decennio 2004-2014, in accordo con la tendenza europea ed extraeuropea (Rindi e coll, 2016).

La diagnosi precoce ed accurata delle infezioni da micobatteri è molto importante per la cura del paziente e per la salute pubblica e un trattamento farmacologico non appropriato, oltre ad esporre inutilmente il paziente a farmaci tossici, può indurre farmacoresistenza. L’identificazione rapida dei micobatteri è difficoltosa in parte a causa delle esigenze e dei tempi di crescita di questi microrganismi. Le tecniche di identificazione sono numerose (PCR e analisi di restrizione, cromatografia in fase liquida, ibridazione con sonde a DNA, ecc.) ma non identificano tutte le specie clinicamente rilevanti e sono a disposizione di un numero limitato di laboratori.

Negli ultimi anni numerose pubblicazioni hanno evidenziato che la spettrometria di massa MALDI-TOF (Matrix Assisted Laser Desoprtion Ionization-Time Of Flight) è un metodo rapido ed accurato per l’identificazione di batteri e lieviti da coltura e i laboratori di microbiologia clinica che utilizzano questa tecnologia per la routine sono in continuo

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aumento. Recentemente la spettrometria di massa MALDI-TOF è stata anche utilizzata per l’identificazione dei micobatteri, sia appartenenti al Mycobacterium tuberculosis complex sia MNT.

In questa tesi, oltre alla messa a punto di una tecnica per l’identificazione di MNT con spettrometria di massa MALDI-TOF, è stata eseguita una revisione della letteratura pubblicata su questo argomento suddivisa per anno di pubblicazione.

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2. GENERALITA’ SUI MICOBATTERI

Il genere Mycobacterium

Il genere Mycobacterium è stato descritto nel 1896 da Lehmann e Neumann. All’interno di questo nuovo genere due specie già note, Bacillus leprae (1880) e Bacillus tuberculosis (1883), il cui appellativo “Bacillus” venne cambiato in “Mycobacterium”. La prima specie ad essere ufficialmente riconosciuta è stata Mycobacterium leprae, l’agente eziologico della lebbra, malattia molto antica che colpisce la cute e i nervi periferici. Mycobacterium leprae, a differenza delle altre specie appartenenti al genere Mycobacterium, non è coltivabile su terreni artificiali. Nell’ambito dei micobatteri coltivabili in vitro, il Mycobacterium tuberculosis complex (MTC) si differenzia nettamente per habitat, patogenicità, contagiosità e sensibilità ai chemioterapici da tutte le altre specie. Queste ultime sono state nel tempo indicate collettivamente con varie denominazioni: “micobatteri atipici”, “micobatteri non tubercolari” o MOTT (Mycobacteria Other Than Tuberculosis), “micobatteri ambientali potenzialmente patogeni” o PPEM (Potentially Pathogenic Environmental Mycobacteria), “micobatteri non tubercolari” (MNT) o NTM (Non Tuberculous Mycobacteria). Quest’ultima è certamente la denominazione più appropriata, mentre quella di “micobatteri atipici” è ormai considerata non corretta (Tortoli e coll., 2013).

Alla luce delle conoscenze attuali, il genere Mycobacterium risulta definito da una serie di caratteristiche peculiari sia a livello fenotipico che genotipico. Comprende batteri aerobi asporigeni e non capsulati, non mobili, di dimensioni variabili (0,2-0,6 x 1-10 μm), con morfologia bacillare, anche se raramente si possono presentare ramificazioni destinate a frammentarsi. Per quanto riguarda la colorazione, i micobatteri sono Gram-positivi, anche se la capacità di legare il colorante basico è ridottissima. Sono invece in grado di legare stabilmente coloranti fenicati che vengono trattenuti nella parete anche dopo trattamento con decoloranti molto energici quali alcol e acidi forti. Tale proprietà è nota come alcol-acido-resistenza.

All’interno del regno dei Bacteria, i micobatteri sono i microrganismi con il più elevato contenuto di lipidi, che sono localizzati a livello della parete cellulare e consistono in acidi micolici, acidi grassi saturi e insaturi e cere. Il fenomeno della alcol-acido resistenza è legato proprio alla presenza di lipidi nella parete. Gli acidi micolici costituiscono la

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componente lipidica più interessante. Si tratta di acidi grassi ad alto peso molecolare composti da una corta catena idrossilata in posizione β e ramificati in posizione α per la presenza di una lunga catena alchilica; essi, pur non essendo esclusivi dei micobatteri (sono anche presenti nelle specie appartenenti ai generi Actinomyces, Corynebacterium, Gordonia, Nocardia, Rhodococcus, Streptomyces e Tsukamurella), raggiungono, a livello del genere Mycobacterium, la lunghezza massima con un numero di atomi di carbonio compreso fra 60 e 90. Gli acidi micolici dei micobatteri possono presentare, in varia posizione, dei gruppi ossigenati in base ai quali è possibile distinguerne sette differenti tipi. Il genere Mycobacterium condivide con alcuni generi geneticamente correlati (Nocardia, Rhodococcus, Corynebacterium) un genoma particolarmente ricco in guanina e citosina (62-70 mol % G+C).

I micobatteri hanno tempi di replicazione assai più lunghi di quelli degli altri batteri. Mycobacterium leprae impiega per replicarsi circa un mese, Mycobacterium tuberculosis circa 20 ore. All’interno del genere Mycobacterium si definiscono a crescita rapida le specie che, a partire da un inoculo standardizzato, formano, su terreno solido, colonie visibili entro sette giorni. Tempi più lunghi, talvolta superiori a un mese, sono richiesti dalle specie a crescita lenta.

La recente sistematica colloca il genere Mycobacterium all’interno della famiglia delle Mycobacteriaceae facente parte della classe delle Actinobacteridae (tab. 1) (Tortoli a coll., 2013).

Tabella 1: Inquadramento tassonomico del genere Mycobacterium Regno Bacteria Tipo Actinobacteria Classe Actinobacteridae Ordine Actinomycetales Sotto-ordine Corynebacterinae Famiglia Mycobacteriaceae Genere Mycobacterium

Negli ultimi anni la tassonomia dei micobatteri ha subito importanti cambiamenti dovuti soprattutto alle nuove conoscenze nel campo della genetica che ha avuto come conseguenza il passaggio da un metodo di classificazione basato sul fenotipo a quello basato sul genotipo. La classificazione dei micobatteri fondata sul fenotipo valutava

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caratteri colturali (velocità di crescita, pigmentazione delle colonie, temperatura di crescita) e caratteri biochimici (soprattutto attività metaboliche).

La tassonomia basata sul genotipo si è sviluppata in seguito all’individuazione, all’interno del genoma del genere Mycobacterium, di regioni conservate. Si definiscono “conservate” quelle regioni che, regolando funzioni essenziali, sono andate incontro ad un basso numero di variazioni durante l’evoluzione; esse costituiscono il bersaglio ideale per gli studi volti a evidenziare affinità o diversità tassonomicamente utili. Diversamente da quanto avviene nelle regioni variabili, in cui le diversità sono talmente estese da risultare non interpretabili a fini classificativi, nelle regioni conservate le mutazioni a livello di singole basi risultano altamente informative (Tortoli e coll, 2013).

La conseguenza principale del passaggio dall’approccio fenotipico a quello genotipico è il grande aumento del numero di specie appartenenti al genere Mycobacterium. Oggi le specie ufficialmente riconosciute sono oltre 170 (Fedrizzi e coll, 2017). La maggior parte delle specie “classiche”, definite in base ai caratteri fenotipici, sono state confermate dagli studi genetici, ma in molti casi si è assistito al frazionamento di alcune di esse in due o più entità tassonomiche (Tortoli e coll, 2003).

La maggior parte delle informazioni sulle regioni conservate si hanno su quella che comprende il gene che codifica per l’rRNA 16S. Analizzando la sua sequenza genica i micobatteri risultano suddivisi in due raggruppamenti maggiori: uno con un’inserzione di lunghezza variabile all’interno del tratto noto come elica 18 e l’altro senza tale inserzione. È da notare che tutte le specie di micobatteri a crescita rapida mancano dell’inserzione all’interno dell’elica 18, mentre nelle specie a crescita lenta, salvo rare eccezioni, essa è presente. Sembra verosimile che i micobatteri ancestrali fossero caratterizzati da elica 18 corta (senza inserzione) e, a livello fenotipico, da crescita rapida. Il processo evolutivo avrebbe inizialmente portato alla differenziazione di un nuovo fenotipo a crescita lenta, accompagnato, in quasi tutte le specie, da un’inserzione di 12 paia di basi (pb) a livello dell’elica 18. Solamente un piccolo gruppo di specie a crescita lenta avrebbe invece conservato la struttura priva di inserzione; tale gruppo, di cui attualmente si conoscono 17 specie, è indicato come Mycobacterium simiae complex dato che Mycobacterium simiae è stata la prima specie in cui tale caratteristica è stata riconosciuta. All’interno del raggruppamento che include la maggioranza dei micobatteri a crescita lenta, contraddistinti dall’inserzione di 12 pb, un successivo filone evolutivo costituito da undici specie, raggruppate nel Mycobacterium terrae complex, è successivamente andato incontro a un’ulteriore inserzione di 2 pb, sempre all’interno dell’elica 18. Nell’ambito delle specie a

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crescita rapida, tutte caratterizzate dalla mancanza di inserzioni nell’elica 18, un gruppo abbastanza consistente di micobatteri, definiti “termo-tolleranti”, si è differenziato dagli altri per l’inserzione di una singola base (citosina) nell’elica 10. All’interno dei micobatteri a crescita rapida il livello di correlazione genetica è molto alto, tanto che, risultando il potere discriminante dell’rDNA 16S spesso inadeguato, gli esperti di tendono a spostare l’interesse su regioni meno conservate quali l’Internal Transcribed Spacer (ITS) e soprattutto il gene rpoB (Adekambi e coll, 2003).

L’analisi del genotipo permette anche di ricostruire il percorso evolutivo che ha portato alla differenziazione delle specie a partire da un progenitore comune (filogenesi). E’ da sottolineare che l’analisi filogenetica è fortemente condizionata dalla regione genomica su cui essa si basa, tanto che lo studio di regioni diverse porta a ricostruzioni evolutive non sempre sovrapponibili. Negli ultimi anni ha preso campo l’idea che risultati più affidabili possano ottenersi soltanto ricorrendo allo studio combinato delle principali regioni conservate è tuttavia indubbio che il sequenziamento dell’intero genoma, divenuto oggi possibile in tempi brevi grazie all’introduzione del next generation sequencing e allo sviluppo della bioinformatica, aprirà presto nuovi orizzonti agli studi filogenetici (Fedrizzi e coll, 2017).

La diffusione del sequenziamento genico rileva, con frequenza crescente, la presenza di sequenze che non si trovano in alcun database o comunque, quando presenti, non attribuite ad alcuna specie. E’ difficile dire se esse individuino nuove specie o siano varianti di specie conosciute, anche perché che i membri del genere Mycobacterium sono correlati fra loro in maniera molto più stretta rispetto agli altri microrganismi. Inoltre, non è mai stato stabilito un numero minimo di basi discrepanti, che possa essere utilizzato per decidere se due micobatteri appartengano alla stessa specie o a specie diverse. Un aiuto, attualmente, sembra venire dalla rivalutazione dell’analisi dei caratteri fenotipici, almeno dei più significativi tra cui la velocità di crescita e la pigmentazione delle colonie, ma anche i profili lipidici della parete cellulare. Sembra infatti ragionevole supporre che due micobatteri con sequenze affini, ma non identiche, rappresentino varianti della stessa specie se, condividendo velocità di crescita (rapida o lenta) e tipo di pigmentazione delle colonie, hanno anche profili lipidici compatibili, e che appartengano invece a specie diverse se differiscono per almeno uno dei caratteri sopracitati. Il numero di specie caratterizzate dall’esistenza al loro interno di varianti di sequenza è molto aumentato negli ultimi anni, e attualmente sono pochissime quelle che non ne hanno affatto. Fra quelle con

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il numero di varianti di sequenza più elevato si segnalano Mycobacterium gordonae, Mycobacterium avium e Mycobacterium intracellulare (Tortoli e coll, 2013).

Tabella 2. I principali complessi del genere Mycobacterium

Complessi Specie

Mycobacterium tuberculosis complex M. canettii M. africanum M. bovis M. bovis BCG M. caprae M. microti M. pinnipedii M. tuberculosis Mycobacterium avium complex M. arosiense M. avium

M. bouchedurhonense M. chimaera M. colombiense M. intracellulare M. marseillense M. timonense M. vulneris M. yongonense Mycobacterium terrae complex M. algericum

M. arupense M. engbaekii M. heraklionense M. hiberniae M. kumamotonense M. longobardum M. minnesotense M. nonchromogenicum M. senuense M. terrae Mycobacterium simiae complex M. tilburgii

M. europaeum M. florentinum M. genavense M. heidelbergense M. interjectum M. intermedium M. kubicae M. lentiflavum M. montefiorense M. palustre M. parascrofulaceum M. parmense M. saskatchewanense M. sherrisii M. simiae M. stomatepiae M. triplex

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La sistematica non prevede entità intermedie fra genere e specie; nel genere Mycobacterium sono molto usati raggruppamenti a tale livello quali i complessi (complex). Essi includono specie non facilmente differenziabili, nonché simili per il loro significato clinico. I più conosciuti sono il Mycobacterium tuberculosis complex e il Mycobacterium avium complex (tab. 2). La tassonomia è importante anche dal punto di vista clinico. Infatti, le varie specie micobatteriche differiscono per virulenza e, in molti casi, per la sensibilità ai farmaci; basti pensare che i micobatteri a crescita lenta si differenziano in maniera nettissima da quelli a crescita rapida per quanto riguarda l’antibiotico-sensibilità e che nel Mycobacterium simiae complex si trovano molte specie resistenti a praticamente tutti i farmaci. Il corretto inquadramento tassonomico fornisce quindi informazioni utili per quanto riguarda la patogenicità del ceppo isolato, la decisione di intraprendere o meno una terapia e la scelta appropriata dei farmaci (Tortoli e coll,2013).

Come riportato all’inizio del capitolo, all’interno del genere Mycobacterium si trovano Mycobacterium tuberculosis complex, Mycobacterium leprae, che verranno sinteticamente descritti, e i micobatteri non tubercolari (MNT), la cui identificazione è oggetto di questa tesi ed alla loro descrizione verrà dedicato il capitolo successivo.

Mycobacterium tuberculosis complex

Mycobacterium tuberculosis è l’agente eziologico della tubercolosi, un’antica malattia polmonare cronica che ancora oggi è una importante causa di morte nel mondo. Appartiene con altri micobatteri al Mycobacterium tuberculosis complex (tab. 2). M.tuberculosis, M. canettii e M. africanum sono gli agenti eziologici della tubercolosi nell’uomo. M. bovis è l’agente eziologico della tubercolosi negli animali da allevamento e selvatici e raramente causa patologia nell’uomo che si infetta assumendo alimenti contaminati come il latte dei bovini infetti. M.microti è l’agente della tubercolosi nei roditori e non è patogeno per l’uomo.

Nel 1998 è stato completato il sequenziamento di M.tuberculosis e successivamente quello di M.bovis e nel complesso è stato osservato che M.tuberculosis presenta un numero di geni maggiore di altri batteri patogeni, possiede un metabolismo più complesso di quanto si riteneva in passato e può essere considerato una specie geneticamente stabile e con poca variabilità (Antonelli e coll, 2012).

La tubercolosi s trasmette per via aerea da un paziente malato e si ritiene che pochi batteri siano sufficienti per iniziare l’infezione. Si stima che la tubercolosi uccida ogni giorno 5000 persone. L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica in circa 2 milioni il numero

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di decessi all’anno, circa 8-10 milioni di nuovi casi e 30 milioni il numero di pazienti con tubercolosi attiva. I paesi maggiormente colpiti sono quelli in via di sviluppo. Inoltre, negli ultimi anni sono comparsi ceppi resistenti ai principali farmaci antimicrobici (Antonelli e coll, 2012).

La diagnosi può essere a) diretta, con la dimostrazione della presenza del patogeno nel materiale biologico proveniente dal paziente ed evidenzia soggetti con tubercolosi attiva, b) indiretta, valutando cioè la risposta immunitaria del soggetto, per evidenziare soggetti infettati con M.tuberculosis ma non distingue soggetti sani da soggetti malati (Antonelli e coll,2012).

Mycobacterium leprae

E’ l’agente eziologico della lebbra o Malattia di Hansen. Si stima che nel mondo siano circa due milioni le persone con disabilità dovuta a infezione da M.leprae.

E’ un bacillo che cresce nei macrofagi, nelle cellule neurali, nella zona plantare dei topi e nell’armadillo Non è mai stato coltivato su terreno di coltura ed è considerato un patogeno intracellulare obbligato. Ha un tempo di replicazione di 12-14 giorni e si ritiene che sia responsabile del lungo tempo di incubazione e della necessità di adottare lunghi trattamenti terapeutici (Antonelli e coll,2012). La temperatura ottimale per la duplicazione del Mycobacterium leprae è intorno ai 27-30°C. Questa caratteristica di duplicazione, a temperatura inferiore alla temperatura corporea interna dell'uomo, potrebbe spiegare la distribuzione clinica delle lesioni della malattia nelle aree più fredde dell'organismo umano.

La malattia si trasmette mediante inalazione o contatto con le lesioni. La diagnosi si effettua generalmente su base clinica. La diagnosi di certezza si effettua mediante la biopsia cutanea, e quindi l'esame istologico, oppure la ricerca del micobatterio nelle secrezioni (soprattutto del naso) e negli strisci cutanei.

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3. MICOBATTERI NON TUBERCOLARI (MNT)

Si definiscono “micobatteri” non tubercolari (MNT) i micobatteri che non appartengono né al Mycobacterium tuberculosis complex né alla specie Mycobacterium leprae (Fedrizzi e coll, 2017).

Le differenze fra il Mycobacterium tuberculosis complex e i MNT risiedono principalmente nella patogenicità, nell’habitat, nella contagiosità e nella sensibilità ai chemioterapici. Sebbene i MNT siano prepotentemente saliti alla ribalta solo in seguito alla pandemia di HIV, iniziarono ad essere riconosciuti come patogeni negli anni ’50 in concomitanza con il rapido declino della tubercolosi conseguente alla scoperta dei farmaci antitubercolari.

I MNT comprendono numerose specie di micobatteri significativamente diversi per vari caratteri biochimici, antigenici e, soprattutto, diversi per patogenicità per la specie umana da quelli riuniti nel Mycobacterium tuberulosis complex. Si tratta per lo più di contaminanti ambientali o di parassiti di varie specie animali occasionalmente in grado di infettare l’uomo, generalmente con il concorso di fattori coadiuvanti (Tortoli, 2009). La classificazione degli MNT è in evoluzione e non ha ancora raggiunto un assetto definitivo anche per la continua identificazione di nuove specie, tra le quali sono presenti anche specie potenzialmente patogene per l’uomo.

Una classificazione relativamente vecchia proposta da Runyon (1970) (tab. 3) riunisce i MNT in 4 gruppi principali, distinti, rispettivamente, a seconda del ritmo di crescita nelle colture (a crescita lenta, simile nei tempi a quella di M.tuberculosis, o a crescita rapida, con sviluppo completo nelle colture, in meno di 7 giorni) e della produzione (cromogeni) o meno (non cromogeni o scarsamente cromogeni) di un’intensa pigmentazione (giallastra) nelle colture che, a sua volta, si produce solo dopo esposizione ad una forte sorgente luminosa (MNT fotocromogeni) o anche in assenza di luce (scotocromogeni).

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Tabella 3: Specie non tubercolari potenzialmente patogene per l’uomo.

Gruppo di Runyon “Complesso” Specie Patologia umana I-Fotocromogeni a

crescita lenta

M.marinum M.kansasii

Infezioni cutanee croniche Infezione polmonare cronica II- Focotocromogeni a crescita lenta M.scrofulaceum complex M.scrofulaceum M.szulgai M.paratuberculosis

Linfadenite prima infanzia Infezione polmonare cronica

III- Non cromogeni o debolmente

cromogeni a crescita lenta

M.avium complex M. avium M. intracellulare M. xenopi M. malmoense M. haemophilum M. genevense Infezioni disseminate particolarmente frequenti in pazienti affetti da AIDS Infezione polmonare cronica Infezione polmonare cronica nell’ospite immunocompromesso (AIDS) Infezioni cutanee e disseminate nell’ospite immunocompromesso. Linfoadenopatia cervicale Infezioni disseminate nell’ospite immunocompromesso (AIDS) IV- A crescita rapida M.fortuitum

complex

M. fortuitum M. chelonae M. abscessus

Infezioni dei tessuti molli Infezioni disseminate nell’ospite

immunocompromesso Otite media

Infezione polmonare cronica

Habitat dei MNT

I MNT sono ubiquitari. Sono, infatti, stati isolati da: condotte di acqua potabile, depositi di acqua, tubi riscaldati, rubinetti di abitazioni, rubinetti e macchine del ghiaccio di ospedali e laboratori diagnostici, acqua in bottiglia, ghiaccio del commercio e ospedaliero, terra in vaso, polvere domestica, materiale da costruzione danneggiato dall’acqua, docce, aerosol da doccia, aerosol da tubi caldi, suolo di foreste di conifere, acqua di torrente, sigarette, allevamenti, paludi costiere e acqua di mare. Questi report riguardano molti paesi (compresi USA, Australia, UK, Francia, Olanda, Danimarca, Cescoslovacchia, Italia, Finlandia, Germania, Madagascar, Tanzania, Taiwan, Japan, Korea) e climi diversi (Halstrom e coll, 2015).

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Vie di trasmissione dei MNT

L’aerosol sembra essere la via di trasmissione primaria di MNT che causano infezioni polmonari. Questo di solito accade in ambienti dove c’è acqua per uso domestico od industriale, ad esempio tubi caldi e docce, ma può succedere anche con la terra o la polvere domestica. I micobatteri possono formare aerosol più rapidamente di altri batteri poiché hanno una parete altamente idrofobica (Halstrom e coll, 2015).

La trasmissione diretta interumana è al momento esclusa, infatti quando nella stessa famiglia ci sono più casi è sempre presente una fonte comune di contagio (Falkinham, 1996).

Nel caso delle linfoadeniti e delle infezioni superficiali (cute e tessuti molli) la via di ingresso è costituita dalla cavità orale nel primo caso e dall’inoculazione diretta, traumatica o iatrogena, nel secondo. Nei pazienti affetti da AIDS le infezioni disseminate da MNT insorgono previa colonizzazione transitoria dei tratti respiratorio e/o digerente (Tortoli e coll, 2013).

L’identificazione a livello di specie degli isolati MNT è sufficiente a determinarne la presenza in un ambiente, ma per considerare patogeno un ceppo rinvenuto nell’ambiente è necessario dimostrarne la presenza anche nel paziente infetto; in tal caso bisogna confrontare isolati ambientali con isolati da paziente e dimostrane l’uguaglianza. Numerosi sono gli studi condotti in tutto il mondo in cui questa correlazione è stata dimostrata utilizzando metodi molecolari (Halstrom e coll, 2015).

Infezioni da MNT

Le infezioni da MNT prendono il nome di micobatteriosi.

La maggioranza dei MNT non sono patogeni per l’uomo, ma quasi tutti possono comportarsi da opportunisti e quindi divenire responsabili di malattia in presenza di condizioni predisponenti (Tortoli, 2009).

La capacità di crescita, diversamente da altre caratteristiche (ad esempio la pigmentazione delle colonie) ha importanti ripercussioni cliniche. MNT a lenta e rapida crescita differiscono tra loro per la sensibilità ai farmaci; inoltre quelli a lenta crescita sono più spesso responsabili di malattie polmonari e linfonodali, mentre quelli a rapida crescita attaccano prevalentemente la cute, le ossa e le articolazioni (Tortoli, 2009)

Nonostante la moderata patogenicità, la prevalenza delle malattie causate da MNT in diversi distretti del corpo sta aumentando in tutto il mondo. Le patologie del tratto respiratorio sono le più frequenti seguite dalle linfoadeniti nei bambini, dalle infezioni in

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vari distretti nei pazienti immunocompromessi e dalle infezioni cutanee (van Ingen e coll., 2013).

a) Infezioni polmonari: il polmone può infettarsi facilmente per inalazione di aerosol contenenti MNT. Nei pazienti HIV-negativi la malattia è indistinguibile dalla tubercolosi ed ha una progressione molto lenta. La popolazione coinvolta è rappresentata da pazienti anziani con patologie polmonari preesistenti (ad esempio silicosi, pregressa tubercolosi, cancro). Nei pazienti con AIDS l’immagine radiografica è spesso normale ma la progressione è molto rapida.

I MNT più frequentemente responsabili di malattia polmonare appartengono al Mycobacterium avium complex (MAC) con le sue due specie principali M.avium e M.intracellulare.

Infezioni da MNT sono state descritte in pazienti con fibrosi cistica, patologia in cui sono frequenti le infezioni batteriche, con M.abscessus e specie correlate prevalentemente nei bambini e con MNT appartenenti al MAC più frequentemente isolati negli adulti.

Contrariamente a quanto accade negli altri distretti corporei, in molti casi l’isolamento di MNT dal tratto respiratorio pone un problema piuttosto che fornire una soluzione. Infatti, il rischio di contaminazione dell’escreato da parte i micobatteri ambientali è molto elevato e una diagnosi errata porterebbe ad un trattamento inappropriato (Tortoli, 2009).

b) Infezioni linfonodali: è una patologia tipicamente infantile che riguarda i linfonodi cervicali. La via di accesso dei MNT verosimilmente la bocca; questo ne spiegherebbe la maggiore frequenza nei bambini a causa della loro abitudine di portare alla bocca mani e oggetti.

Il principale responsabile è stato considerato M.scrofulaceum, ma recentemente è stato riscontrato raramente con un aumento degli isolamenti di M.avium. Inoltre, sta aumentando l’incidenza di linfadenite da M.malmoense al di fuori della Scandinavia e dell’UK, dove tale specie è endemica. In generale, è in crescita il numero di nuove specie isolate dai linfonodi, tra queste M.lentiflavum e M.bohemicum (Tortoli, 2009).

c) Infezioni della cute e dei tessuti molli: le infezioni da MNT della cute e dei tessuti molli (mano, gomito, ginocchio e piede sono i siti principali) sono caratterizzate da lesioni granulomatose che si sviluppano poche settimane dopo l’infezione. Anche i linfonodi satelliti possono essere coinvolti e non è rara l’evoluzione verso l’ulcerazione e la cellulite arrivando fino alla disseminazione cutanea. La contaminazione avviene prevalentemente attraverso il contatto con acqua contaminata o pesci infetti, traumi e ferite chirurgiche.

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La più conosciuta è l’infezione da M.marinum che tipicamente si riscontra in proprietari di acquari o persone che hanno contati con i pesci. Questa specie ha una temperatura ottimale di crescita a 32°C; a questa temperatura le colonie crescono in meno di 2 settimane, ma a 37°C possono non crescere; pertanto è importante il sospetto clinico per indirizzare l’isolamento del microrganismo. Altre specie coinvolte in questo tipo di infezioni sono M.fortuitum e M.chelonae.

M.ulcerans è l’agente eziologico dell’ulcera del Buruli, malattia cutanea diffusa in Africa ed in Australia. E’ la terza più frequente micobatteriosi dopo la lebbra e la tubercolosi. Questo MNT cresce lentamente e solo a temperature prossime ai 30°C; inoltre molti ceppi sono poco vitali in coltura. Le acque dei laghi e dei fiumi rappresentano probabilmente la riserva naturale di questa specie.

M.haemophilum può infettare cute e tessuti molli soprattutto in pazienti immunocompromessi. Spesso le infezioni non vengono diagnosticate per la difficoltà di isolare in coltura questa specie.

Molte specie a crescita rapida possono essere coinvolte in infezioni conseguenti a un trauma o ad un intervento chirurgico. Le specie più frequentemente coinvolte sono: M.fortuitum, M.chelonae e M.abscessus, ma si è verificato un aumento dei casi attribuiti a altri MNT quali M.goodii e M massiliense.

Da segnalare l’aumento di outbreak di micobatteriosi, dovuti soprattutto a MNT a rapida crescita, riportati in diverse parti del mondo. L’agente infettivo in questi casi è introdotto accidentalmente nell’ospite per iniezione (vaccini, anestestici locali, allergeni, ecc.) o per l’impiego di un disinfettante contaminato. La maggior parte dei casi descritti è in relazione interventi di tipo estetico (Tortoli, 2009).

d) Infezioni dell’osso e delle articolazioni: questo tipo di infezioni spesso origina da traumi (ad esempio fratture esposte) o da interventi chirurgici. Sono coinvolte numerose specieM. haemophilum, M. kansasii, MAC, M.asiaticum, M.flavescens, M.szulgai, M.xenopi e, tra quelli a crescita rapida, M.thermoresistibile e M.goodii.

e) Infezioni disseminate: si sviluppano principalmente in soggetti immunocompromessi; le più conosciute sono quelle in pazienti HIV-positivi. Le principali vie di infezione sono l’apparato respiratorio ed il tratto gastrointestinale. La procedura di elezione per la diagnosi microbiologica è l’emocoltura in terreno specifico per micobatteri.

Infezioni disseminate da MAC sono state ampiamente descritte in soggetti con AIDS, dove M.avium era quattro volte più frequente di M.intracellulare (mentre nella popolazione HIV-negativa le percentuali erano uguali). Altri MNT sono stati descritti in soggetti con

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AIDS, tra questi M.genavense, una specie la cui prevalenza è sottostimata poiché è difficile la sua crescita in coltura.

Dopo l’introduzione delle terapie antiretrovirali si è assistito ad una diminuzione delle infezioni disseminate in pazienti HIV-positivi. Tali infezioni stanno aumentando pazienti immunodepressi al di fuori degli HIV-positivi (ad esempio trapiantati, soggetti trattati con antiblastici). Tra i soggetti trapiantati l’isolamento più frequente è quello di M.haemophilum ma sono presenti anche MAC e M.genavense.

Nei soggetti trattati con antiblastici sono stati isolati più frequentemente soprattutto M.fortuitum, M.chelonae, M.abscessu, M.smegmatis, e M.neoaurum (Tortoli, 2009).

Epidemiologia delle infezioni da MNT

In letteratura sono state riportate differenze significative nella distribuzione geografica dei MNT che vengono comunque isolati con maggior frequenza. E’ evidente che la pandemia da HIV e una più accurata diagnosi di laboratorio, anche se non possono essere considerate le uniche responsabili, hanno avuto un ruolo rilevante (Tortoli e coll, 2012). Quelle ritrovate più frequentemente sono specie appartenenti al Mycobacterium avium complex (MAC) ed in particolare M. avium and M. intracellulare sono i più frequenti (Hoefsloot e coll, 2013).

Altri NMT patogeni per l’uomo sono micobatteri a crescita lenta che di solito vengono acquisiti all’ambiente o dagli animali quali Mycobacterium kansasii, Mycobacterium xenopi, Mycobacterium malmoense, e micobatteri a crescita rapida tipicamente ospedalieri quali Mycobacterium abscessus, Mycobacterium chelonae e Mycobacterium fortuitum. Un altro MNT recentemente descritto come responsabile di importanti epidemie è M.chimera. Infatti, in tutto il mondo sono stati descritte epidemie causate dalla contaminazione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento dell’acqua usati in cardiochirurgia per gli interventi a cuore aperto (Lecorche e coll, 2017)

Nell’ultimo ventennio è stato osservato un notevole aumento dell’incidenza e della prevalenza delle infezioni attribuite a MNT, non solo dovuto allo sviluppo di nuovi metodi molecolari di indagine ma anche ad un reale aumento di casi di malattia (Behr e coll, 2009). Sono stati pubblicati numerosi studi europei che indicano un aumento degli isolamenti di MNT da campioni clinici umani. Un incremento è evidenziabile anche in Italia, sebbene nel nostro paese i dati non siano molto precisi, ed è in parte documentato in uno studio recente che ha descritto in Toscana un aumento degli MNT isolati, nel decennio 2004-2014, in accordo con la tendenza europea ed extraeuropea (Rindi e coll, 2016).

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Sensibilità ai chemioterapici

Gli antibiotici hanno un ruolo centrale nel trattamento delle malattie da MNT dove le singole specie e anche i singoli pazienti richiedono diverse combinazioni di antibiotici. Le difficoltà nel prescrivere il trattamento corretto derivano dalla limitata capacità dei test in vitro di predire la risposta agli antibiotici da parte delle specie dei MNT. Ad esempio M.kansasii è sensibile a più antibiotici e M.avium è sensibile ai macrolidi in vivo, ma M.abscessus subs abscessus ha una resistenza inducibile ai macrolidi. In alcuni casi gli effetti collaterali degli antibiotici sono peggiori delle manifestazioni della malattia Halstrom e coll, 2015).

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4. METODI DI IDENTIFICAZIONE DEI MICOBATTERI

Prima di eseguire l’identificazione è necessario isolare i micobatteri dal campione biologico. Lo scopo delle indagini di micobatteriologia è quello di rilevare nei campioni inviati per l’analisi la presenza di micobatteri, di identificarli e di determinarne, se ritenuto necessario, la sensibilità ai farmaci.

Isolamento e coltura

I campioni devono essere raccolti in maniera sterile e considerati potenzialmente infetti. Normalmente vengono inviati in laboratorio diversi tipi di campioni: materiali provenienti dalle vie respiratorie (escreato, escreato indotto, broncolavaggio, broncoaspirato o aspirato gastrico nel caso in cui il paziente non espettori), materiali non respiratori (liquidi cavitari, liquor, materiali necrotico-purulenti, urine, feci, biopsie, materiali da lesioni cutanee, sangue e midollo emopoietico). Eccetto liquor e sangue, i campioni clinici per la ricerca dei micobatteri sono in genere contaminati da microrganismi della flora microbica del distretto di provenienza e talvolta contengono muco; tali fattori potrebbero ostacolare o impedire la crescita dei micobatteri in coltura. Inoltre, è da tenere presente che il numero dei micobatteri nei campioni clinici è generalmente basso. Per questi motivi i campioni non sterili vengono sottoposti ad un trattamento di decontaminazione, di fluidificazione e di concentrazione. Il trattamento impiega un agente mucolitico in associazione a NAOH, a cui i micobatteri sono più resistenti rispetto ai comuni germi contaminanti. dopo incubazione con questi reagenti e neutralizzazione dell’alcalinità, il campione viene centrifugato per concentrare i micobatteri vitali; il sedimento viene usato per allestire i preparati per l’esame microscopico, le colture per l’isolamento ed eventualmente i test molecolari rapidi (Antonelli e coll,2012).

L’esame microscopico viene eseguito usando una colorazione che sfrutta una caratteristica peculiare dei micobatteri, cioè l’acido-alcol resistenza. Una volta entrato il colorante (la fucsina) questo viene trattenuto anche se il campione è sottoposto a trattamento con acidi e alcol. Le colorazioni utilizzate sono quella di Ziehl-Nielsen, quella di Kinoun e quella che utilizza fluorocromi (auramina/rodamina). Contemporaneamente all’esame microscopico, viene allestita la coltura. L’impiego di un terreno solido e di un terreno liquido sono considerati indispensabili. Periodicamente vengono controllati, in maniera manuale o da

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appositi strumenti e quando si rileva una crescita, il campione viene sottoposto ad identificazione (Antonelli e coll, 2012).

Terreni di coltura: La coltura in terreno solido può essere eseguita a partire da qualsiasi tipo di materiale biologico. La crescita dei micobatteri avviene più comunemente a 35-37°C, ma per alcune specie sono richieste temperature di crescita differenti, quali ad esempio 30 o 42°C. I principali terreni solidi sono:

a) terreni all’uovo: sono a base di uovo e come inibitore della flora residente, hanno verde di malachite in diversa concentrazione: il Löwenstein-Jensen ne contiene 0,025%, il Petragnani 0,052%, l’American Thoracic Society medium (ATS) 0,02%, e l’International Union Tuberculosis Medium (IUTM) 0,025%.

b) terreni a base di agar: il brodo Middlebrook 7H9, composto di sali, vitamine, acido oleico, albumina, catalasi, glicerolo al 2% (che favorisce la crescita di Mycobacterium avium complex) e destrosio, costituisce la base dei terreni agarizzati. Il terreno solido Middlebrook 7H10 contiene, oltre alla base del 7H9, agar e verde di malachite, e il Middlebrook 7H11 anche l’idrolisato di caseina allo 0,01%. Tali terreni possono essere distribuiti, oltre che in provette, anche in piastre Petri.

c) terreni selettivi: l’uso di terreni solidi addizionati con antibiotici può aumentare in maniera sostanziale la possibilità di isolare micobatteri dai campioni pesantemente contaminati. Il terreno di Gruft è costituito da Löwenstein-Jensen addizionato con penicillina e acido nalidixico. Il Löwenstein-Jensen selettivo contiene cicloeximide, lincomicina e acido nalidixico. Il 7H11 di Mitchison e il Löwenstein-Jensen con PACT contengono come inibitori polimixina B, amfotericina B, carbenicillina e trimetoprim I terreni liquidi, sebbene permettano un rilevamento più sensibile e precoce della crescita rispetto ai terreni solidi, sono stati poco usati per l’altissima percentuale di contaminazioni. Recentemente, grazie all’impiego di miscele antibiotiche questi terreni hanno sono stati maggiormente impiegati consentendo di abbreviare sensibilmente i tempi della coltura. Inoltre, alcune specie di micobatteri crescono meglio (Mycobacterium avium complex) o crescono esclusivamente (Mycobacterium genavense) in terreno liquido (Torotli e coll, 2012).

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I terreni liquidi hanno come terreno base il Middlebrook 7H9 che contiene sali, vitamine, cofattori enzimatici, albumina, catalasi, glicerolo e destrosio. E’ usato per numerosi sistemi di coltura, siano essi manuali o automatizzati. In questi terreni la crescita si rileva evidenziando la presenza di attività metaboliche.

I principali terreni liquidi in flacone sono:

a) MGIT (Mycobacteria Growth Indicator Tube), (Becton Dickinson): è una provetta di plastica con tappo a vite contenente 4 ml di brodo 7H9 con 0,25% di glicerolo. Pevede un arricchimento OADC (composto da acido oleico, albumina bovina, destrosio e catalasi) e una miscela di antibiotici PANTA (composta da polimixina B, amfotericina B, acido nalidixico, trimetoprim, azlocillina)

b) BacT/ALERT MP (bioMérieux): flacone da utilizzare per i campioni diversi da sangue contiene 10 ml di brodo Middlebrook 7H9 arricchito con caseina, sieroalbumina bovina e catalasi

c) Myco/F Sputa (Becton Dickinson): il medium (40 ml) è una variante del brodo Middlebrook 7H9 con supplemento PANTA/F (una miscela di antibiotici liofilizzati comprendente polimixina B, amfotericina B, acido nalidixico, trimetoprim e azlocillina) e supplemento/F (arricchimento contenente albumina bovina, destrosio, poliossietilene stearato, catalasi e acido oleico).

d) BACTEC Myco/F Lytic per emocoltura (Becton Dickinson): non richiede aggiunta di supplemento. E’ un brodo Middlebrook 7H9 modificato con l’aggiunta di saponina, come agente per la lisi ematica, SPS, come anticoagulante, citrato ferrico di ammonio, come sorgente di ferro (necessaria per la crescita di alcuni ceppi di micobatteri), infuso cuore cervello, glicerolo e Tween 80.

e)versaTREK Myco (Techno Scientific): flacone che contiene presenti spugne di cellulosa che fungono da supporto meccanico per la crescita batterica, è a base di brodo Middlebrook 7H9 addizionato di casitone, glicerolo e bicarbonato di sodio a cui vengono aggiunti antibiotici e fattori di crescita.

Una volta isolati, i micobatteri devono essere identificati e i metodi per farlo sono numerosi.

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Test di identificazione biochimico-colturali

L’impiego di questi test per l’identificazione delle varie specie di micobatteri è stato quasi completamente abbandonato poiché l’elevato numero di specie attualmente conosciute richiederebbe, per la differenziazione, l’esecuzione di un numero molto elevato di prove. Solo per alcune specie sono noti i risultati di questi test e il loro impiego porta quasi sempre all’attribuzione del microrganismo in esame a una delle specie (una trentina) di più frequente isolamento.

Gli unici test biochimici che potrebbero ancora essere usati nella routine di laboratorio sono quelli che permettono di riconoscere, nell’ambito del Mycobacterium tuberculosis complex, i ceppi di Mycobacterium tuberculosis.

In realtà, alcune caratteristiche colturali, quali velocità di crescita, morfologia e pigmentazione delle colonie, dovrebbero comunque essere sempre indagate, qualsiasi sia l’approccio identificativo adottato, e la loro compatibilità con l’identificazione ottenuta è assai importante per valutare l’attendibilità di quest’ultima (Tortoli e coll, 2013).

Brevemente, per l’ identificazione biochimico-colturale vengono valutati:

a) le caratteristiche delle colonie (velocità di crescita, morfologia, presenza di più tipi morfologici, pigmentazione)

b) test biochimici (accumulo di niacina, riduzione dei nitrati; indentificano M.tuberculosis all’interno del M.tuberculosis complex).

Identificazione mediante analisi dei lipidi della parete High Performance Liquid Chromatography (HPLC)

Gli acidi micolici presenti nella parete dei micobatteri, una volta estratti e derivatizzati (vengono sostituiti gruppi funzionali di molecole), possono essere analizzati mediante HPLC.

Nella HPLC viene utilizzato un liquido (fase mobile) per veicolare il campione attraverso la fase stazionaria contenuta, allo stato solido, nella colonna; i componenti della miscela di acidi micolici emergono dalla colonna a tempi diversi in base alla loro maggiore o minore affinità per la fase stazionaria, e il tracciato (profilo cromatografico) che ne risulta è specie-specifico (Butler e coll, 2001).

L’identificazione si ottiene confrontando il profilo cromatografico del ceppo in esame con una serie di profili di riferimento. Il cromatografo per HPLC normalmente è abbinato ad un software che identifica in automatico le principali specie di micobatteri per confronto con i tracciati presenti nella libreria interna.

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L’identificazione dei micobatteri mediante HPLC degli acidi micolici della parete è stata molto utilizzata nell’ultimo ventennio, ma i suoi limiti sono diventati evidenti a causa del moltiplicarsi delle specie, in particolare fra i micobatteri a crescita rapida, nei cui confronti il potere discriminante si è rivelato insufficiente.

Gascromatografia (Gas-Liquid Chromatography, GLC)

In questo tipo di cromatografia, un gas (fase mobile) veicola il campione attraverso la fase stazionaria contenuta, allo stato liquido, nella colonna. La miscela di lipidi estratti dalla parete di un ceppo micobatterico raggiunge la colonna e l’elevata temperatura a cui questa opera (attorno ai 300 °C) fa sì che gli acidi micolici producano, per pirolisi, esteri metilici saturi, le cui catene possono essere composte da 22, 24 o 26 atomi di carbonio. Oltre a tali prodotti di clivaggio vengono eluiti dalla colonna anche acidi grassi saturi e insaturi nonché alcol. Il riconoscimento dei differenti prodotti di eluizione si ottiene normalmente mediante spettrometria di massa. I prodotti di clivaggio, che sono specifici per i diversi tipi di acidi micolici, producono, assieme agli acidi grassi e agli alcol, profili specie-specifici che possono essere impiegati a scopo identificativo (Larsson e coll, 1985).

I limiti principali dell’utilizzo della GLC per l’identificazione dei micobatteri risiedono nella scarsa riproducibilità inter-laboratorio e nell’insufficiente potere discriminante. Cromatografia su strato sottile (Thin Layer Chromatography, TLC)

La fase stazionaria della TLC è una lastra di gel di silice sulla cui superficie viene deposto il materiale estratto dal micobatterio contenente gli acidi micolici. Un solvente che avanza per capillarità sulla lastra è la fase mobile e separa i differenti acidi micolici presenti in base alla loro diversa affinità per il solvente stesso. Quando la migrazione è terminata, dopo che la piastra è stata colorata, i singoli acidi micolici si presentano sotto forma di macchie. L’identificazione degli acidi micolici si ricava dalla posizione delle macchie rispetto al punto di deposizione. Per fare questo, su ogni lastra, oltre ai campioni da analizzare, vengono fatti correre dei ceppi di riferimento (di cui è noto il profilo di acidi micolici) ed è per confronto con la posizione delle macchie prodotte da questi ultimi che è possibile l’identificazione degli acidi micolici dei ceppi in esame e, di conseguenza, delle specie a cui questi appartengono.

La maggior parte delle specie di micobatteri ha nella parete due o tre diversi tipi di acidi micolici. Gli acidi micolici presenti nella parete dei micobatterisono sette tipi soltanto, quindi il numero delle possibili combinazioni non può essere abbastanza elevato da consentire un’identificazione univoca di tutte le specie. Pertanto la maggioranza dei profili sono condivisi da raggruppamenti di più specie (Tortoli e coll, 2013).

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Identificazione mediante sonde a DNA

Per l’identificazione vengono usate sonde costituite da DNA a catena singola aventi sequenza specie-specifica. Qualora la sonda riconosca, nel genoma del microrganismo in esame, una sequenza complementare, si verifica ibridizzazione, e l’identificazione viene desunta dalla specificità della sonda medesima.

I principali sistemi in commercio di identificazione basati sull’uso di sonde molecolari sono quattro: AccuProbe (Gen-Probe, bioMérieux, Francia), GenoType Mycobacterium (Hain, Germania), GenoType MTBC (Hain, Germania) e INNO LiPA Mycobacteria (Innogenetics, Belgio); tutti utilizzano micobatteri cresciuti sia in terreno solido sia liquido (Tortoli e coll, 2013).

Di seguito una breve descrizione dei metodi.

a) Ibridazione in fase liquida con sonde AccuProbe: l’RNA estratto dal ceppo in esame viene posto in contatto con una sonda di DNA a catena singola. Tale sonda, marcata con esteri di acridinio, è complementare a un tratto specie-specifico dell’rRNA 16S. In assenza di ibridazione, l’aggiunta di un apposito reagente d’idrolisi inattiva l’estere di acridinio legato alla sonda, mentre, in presenza di ibridazione, il marcatore risulta protetto dalla struttura della molecola ibrida e non viene inattivato. L’eccitazione dell’estere di acridinio mediante un apposito reagente determina emissione di luce (misurata con un luminometro) che testimonia l’avvenuta ibridazione. L’identificazione è data dalla specificità della sonda in presenza della quale si è avuta emissione luminosa.

Con tale Sistema si identificano: M.tuberculosis complex, M. avium complex, M. avium, M. intracellulare, M. kansasii, M. gordonae.

b) Ibridazione inversa, in fase solida, con GenoType Mycobacterium. Un segmento del gene codificante per l’rRNA 23S viene amplificato mediante PCR (utilizzando primer biotinilati). Il prodotto viene incubato son una striscia di nitrocelluosa dove sono adese alcune sonde specifiche per le diverse specie di MNT e si ha ibridizzazione ogniqualvolta quest’ultimo contiene ampliconi complementari a una o più sonde. L’aggiunta di un coniugato avidina-enzima e di un substrato cromogeno determina la comparsa, sulla striscia, di una banda colorata in corrispondenza di ciascuna sonda che ha dato luogo a ibridazione. L’identificazione si ottiene confrontando con l’apposito schema interpretativo il profilo di bande ottenuto.

Sono in commercio due kit: 1) CM (Common Mycobacteria), che permette l’identificazione di: M.avium, M. chelonae/M.immunogenum, M.abscessus/M. immunogenum, M.fortuitum 1, M.fortuitum 2/M.mageritense, M.gordonae,

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M.intracellulare, M.scrofulaceum/M.paraffinicum, M.interjectum, M.kansasii, M. malmoense/M. haemophilum/M. palustre/M. nebraskense, M. marinum/M. ulcerans, M. tuberculosis complex, M. peregrinum/M. alvei/M. septicum, M. xenopi. 2) AS (Additional Species), che permette l’identificazione di: M. simiae, M. mucogenicum, M. goodii, M. celatum, M. smegmatis, M. genavense, M.lentiflavum, M.heckeshornense, M.

szulgai/M. intermedium, M. phlei, M. haemophilum/M. nebraskense, M.kansasii, M.ulcerans, M.gastri, M.asiaticum, M. shimoidei. Sia GM che AS includono due sonde che riconoscono rispettivamente tutti i microrganismi Gram-positivi ad alto contenuto di guanina-citosina e tutti i membri del genere Mycobacterium.

c) Ibridazione inversa in fase solida con GenoType MTBC. Il DNA viene amplificato mediante multiplex PCR (utilizzando una miscela di primer biotinilati); vengono amplificati: una parte del gene codificante per l’rRNA 23S; frammenti di quattro diverse regioni del gene gyrB; le sequenze adiacenti alla regione RD-1.

Su una striscia di nitrocellulosa sono immobilizzate: una sonda specifica per il rRNA 23S delle specie appartenenti al M.tuberculosis complex, quattro sonde specifiche per altrettante mutazioni specie-specifiche del gene gyrB e una sonda specifica per i tratti che fiancheggiano, alle due estremità, la regione RD-1. La sonda rRNA 23S permette di confermare l’appartenenza del ceppo in esame al M.tuberculosis complex; le sonde gyrB permettono di differenziare M.tuberculosis/M.africanum II/M.canettii da M.africanum I, da M.bovis/M.bovis BCG, da M.microti e da M.caprae; l’ibridazione della sonda specifica per le regioni adiacenti a 1, possibile soltanto per i ceppi privi di 1 (la presenza di RD-1 non permette la produzione degli ampliconi corrispondenti alle due sequenze che lo delimitano) identifica M.bovis BCG differenziandolo da M.bovis.

L’incubazione della striscia con il prodotto di amplificazione permette di ottenere un profilo di ibridazione che diviene visibile dopo l’aggiunta di coniugato avidina-enzima e di substrato cromogeno. L’identificazione si ottiene confrontando con l’apposito schema interpretativo il pattern di bande ottenuto.

d) Ibridazione in fase inversa, in fase solida, con INNO LiPA Mycobacteria

Si amplifica mediante PCR (utilizzando primer biotinilati) una parte del gene codificante per lo spaziatore (Internal Transcribed Spacer, ITS) interposto fra i geni codificanti per rRNA 16S e rRNA 23S. Alcune sonde, con diversa specificità di specie, sono immobilizzate su una striscia di nitrocellulosa. La striscia viene incubata con il prodotto dell’amplificazione e si ha ibridazione se quest’ultimo contiene ampliconi complementari a una o più sonde. L’aggiunta di coniugato avidina-enzima e di un substrato cromogeno

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determina la comparsa, sulla striscia, di una banda colorata in corrispondenza di ciascuna sonda che ha dato luogo ad ibridazione. La posizione, sulla striscia, della banda colorata ne individua la specificità e permette l’identificazione del ceppo in esame.

IL kit INNO LiPA Mycobacteria permette l’identificazione di: M.tuberculosis complex, M. kansasii genotipo I, M. kansasii genotipo II, M. kansasii genotipi III/IV/V/M. gastri, M.xenopi, M.gordonae, M.genavense, M.simiae, M.marinum/M.ulcerans, M.celatum, M. avium-intracellulare-scrofulaceum complex, M. avium, M.intracellulare, M.chimaera, M.scrofulaceum, M.malmoense, M.haemophilum, M.chelonae complex genotipi I/II/III/IV, M.chelonae complex genotipo I, M.chelonae complex genotipo III, M. fortuitum complex e M.smegmatis. È presente inoltre una sonda che riconosce tutti i membri del genere Mycobacterium.

Per alcune delle sonde suddette sono state segnalate reazioni crociate, indicate nelle specifiche del metodo, delle quali bisogna tenere conto quando si procede alla lettura delle strisce.

e) Rilevamento diM.tuberculosis complex con test immuno-cromatografico

Le specie appartenenti al Mycobacterium tuberculosis complex producono, e secernono, durante la coltura, la proteina MPT64 che non viene secreta dalle altre specie del genere Mycobacterium (Andersen e coll, 2000).. Questa caratteristica è sfruttata nel test TBc ID (Becton Dickinson, USA), un immunodosaggio cromatografico per la rilevazione qualitativa di M.tuberculosis complex da una provetta di coltura liquida MGIT (Becton, Dickinson) positiva allo striscio per bacilli acido-alcol resistenti. Questo sistema immuno-cromatografico utilizza anticorpi di topo specifici per la proteina MPT64 coniugati a particelle di oro colloidale. Tale coniugato è presente, all’interno di una membrana porosa, in vicinanza del sito destinato alla deposizione del campione. Quando una goccia di brodo da coltura positiva per micobatteri viene dispensata nel dispositivo di test, l’antigene MPT64 si lega agli anticorpi anti-MPT64 coniugati con particelle di visualizzazione nella striscia di test. Il complesso antigene-coniugato migra sulla striscia del test fino all’area di reazione e viene catturato da un secondo anticorpo specifico per MPT64 applicato sulla membrana. In caso di presenza dell’antigene MPT64 nel campione, le particelle di oro colloidale marcate sviluppano una reazione cromatica che si manifesta come una riga di colore rosa-rosso. Una seconda banda di controllo si forma in una regione del supporto in cui sono immobilizzati anticorpi secondari anti-topo. Il coniugato in eccesso, non legato alla proteina MPT64, diffonde ulteriormente nel supporto richiamato da un cuscinetto assorbente. La risposta si ottiene in circa 15 minuti.

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Identificazione mediante analisi di restrizione (PCR restriction analysis, PRA)

In questa metodica viene amplificato mediante PCR un frammento di circa 440 pb del gene hsp65, codificante per la heat shock protein da 65 kD; successivamente due aliquote del prodotto di amplificazione vengono sottoposte separatamente all’azione di due enzimi di restrizione: BstEII e HaeIII. Il prodotto di restrizione di ciascun enzima varia, nelle singole specie, per il numero e/o per le dimensioni dei frammenti prodotti. Una corsa elettroforetica consente di determinare il numero e, per confronto con una scala di pesi molecolari, le dimensioni dei frammenti. L’identificazione si esegue interpretando i risultati utilizzando il database PRAsite disponibile su internet all’indirizzo:

http://app.chuv.ch/prasite/index.html. In ogni seduta è necessario correre, in parallelo con i prodotti di restrizione dei ceppi da identificare, anche quello di un micobatterio il cui profilo di restrizione sia noto (Tortoli e coll, 2013).

Identificazione mediante sequenziamento genico

Viene utilizzato il DNA estratto da una colonia o da una coltura liquida. Un frammento noto per contenere sequenze specie-specifiche viene amplificato mediante PCR. Sul prodotto di amplificazione viene quindi eseguita una seconda amplificazione che differisce dalla precedente per la presenza, assieme ai normali nucleotidi, di una aliquota di nucleotidi terminator. I nucleotidi terminator si differenziano dai normali nucleotidi per l’incapacità di stabilire un legame in posizione 3’, bloccando quindi, una volta incorporati, l’allungamento della catena di acido nucleico. Quattro fluorocromi diversi, a seconda del tipo di base azotata presente, marcano i nucleotidi terminator. Dato che il legame dei nucleotidi terminator è casuale, si formano filamenti di tutte le lunghezze possibili: dalla più corta, nel caso in cui il terminator si leghi direttamente al primer, alla più lunga, in cui esso costituisce l’ultimo elemento della sequenza. I frammenti così prodotti vengono ordinati elettroforeticamente, in base alla loro lunghezza, e la successione dei segnali fluorescenti riproduce la sequenza delle basi azotate. Attualmente le fasi di elettroforesi e di rilevazione della fluorescenza vengono eseguite in automatico da appositi apparecchi. La regione genica più comunemente sequenziata a fini identificativi è il gene codificante per l’rRNA 16S altre regioni idonee si trovano nel gene hsp65, che codifica per le proteine da shock termico nella regione spaziatrice (ITS) interposta fra i geni per rRNA 16S e 23S, e nel gene rpoB codificante per la subunità β della RNA polimerasi (Tortoli e coll,2013 ). Il sequenziamento può essere eseguito con procedure home-made o con kit disponibili in commercio.

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Il sequenziatore automatico produce un elettroferogramma che consiste in una successione di picchi corrispondenti ai segnali emessi dai nucleotidi terminator man mano che i vari spezzoni di sequenza, disposti in ordine crescente di lunghezza, passano davanti alla finestra di scansione. I picchi, che corrispondono alle quattro basi azotate, sono rappresentati con colori diversi, e rappresentano la sequenza del segmento in esame. La qualità dell’elettroferogramma deve essere rigorosamente controllata; in particolare occorre verificare che non vi sia sovrapposizione di picchi e che la decodifica operata dallo strumento sia corretta.

Esistono molti programmi per la gestione e l’archiviazione delle sequenze tra cui MEGA e BioEdit (http://www.megasoftware.net/; http://www.mbio.ncsu.edu/BioEdit/bioedit.html). All’’identificazione del microrganismo in esame si arriva confrontando la sequenza ottenuta con le sequenze presenti in un database. In aggiunta ai database commerciali ve ne sono alcuni consultabili gratuitamente tramite internet; fra questi l’americano GenBank (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/GenBank/index.html), EMBL (http://www.ebi.ac.uk/embl/) europeo, e il giapponese DDBJ (http://www.ddbj.nig.ac.jp/) sono perfettamente sovrapponibili dato che, fra di essi, esiste un accordo di condivisione delle sequenze depositate.

Una volta inserita una sequenza nell’apposita finestra (BLAST), il database restituisce un elenco di microrganismi in ordine decrescente di somiglianza con il ceppo in esame e ne riporta la sequenza, appaiata con quella in esame con, evidenziate, le eventuali discordanze L’analisi dei dati ottenuti è molto complessa e l’esperienza del microbiologo nella risoluzione delle discordanze e nella valutazione del loro “peso” gioca un ruolo determinante.

Il miglior controllo di qualità del sequenziamento consiste nell’analisi dei due filamenti forward e reverse della regione in esame e nella verifica della loro perfetta complementarità (Tortoli, 2013).

Identificazione del M. tuberculosis complex da campione

L’identificazione rapida della presenza di M.tuberculosis complex direttamente sul campione è fondamentale sia dal punto di vista clinico, poiché permette di iniziare precocemente una terapia adeguata con maggiori possibilità di successo, sia da quello epidemiologico, perché si possono mettere in atto misure per interrompere la trasmissione.

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Numerosi sono i metodi fino ad ora utilizzati, ma negli ultimi anni si è avuto una rivoluzione in questo campo con la commercializzazione del sistema rapido Xpert MTB/RIF (Cepheid, USA)

Amplificazione con geneXpert

L’introduzione di questo test ha rivoluzionato la diagnosi della tubercolosi poiché può essere eseguito direttamente da campione respiratorio ed in meno di tre ore fornisce una risposta. L’estrema semplicità della procedura, che non richiede esperienza in biologia molecolare, ed il costo relativamente basso dell’apparecchiatura ne ha permesso l’introduzione anche in laboratori di piccole dimensioni. Dati della letteratura indicano il test molecolare XpertMTB/RIF come sensibile e specifico per la rilevazione di M.tuberculosis e della sua eventuale resistenza alla rifampicina (Boheme e coll, 2010; tortoli e coll, 2012; Weyer e coll, 2013).

Il test viene eseguito sulla piattaforma geneXpert utilizzando cartucce monouso. In ogni cartuccia sono contenuti, in forma liofilizzata i reagenti per l’estrazione e l’amplificazione. Dopo una fase preparatoria che dura circa 15 minuti, il campione viene messo nella cartuccia e introdotto nello strumento dedicato che utilizza un termociclatore con rilevatore di fluorescenza. I primer amplificano una sequenza di 81 pb localizzata sul gene rpoB. L’amplificato prodotto viene rilevato a seguito dell’ibridazione con sonde fluorescenti che riconoscono vari frammenti della sequenza wild type. Il test permette il rilevamento semiquantitativo di M.tuberculosis complex in campioni respiratori e il contemporaneo rilevamento di mutazioni associate a rifampicino-resistenza.

Esistono molti altri test commerciali per la ricerca diretta su campione di M.tuberculosis complex tra cui:

- Test MTD2 (bioMérieux) per la ricerca qualitativa da campioni respiratori

- BD Probetec ET Mycobacterium Tuberculosis Complex (Becton Dickinson) per la ricerca qualitativa del DNA da campioni respiratori

- Genotype Mycobacteria Direct (Hain) è un test qualitativo che rileva la presenza di M.tuberculosis complex e quattro altre specie di MNT direttamente da campioni respiratori e extrapolmonari.

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5.

SPETTROMETRIA DI MASSA MALDI-TOF

(Matrix Assisted Laser Desoprtion Ionization-Time Of Flight)

La spettrometria di massa è una tecnica analitica che viene impiegata sia per l’identificazione di molecole sia per determinazioni quantitative di composti noti. Il principio su cui si basa la spettrometria è la possibilità di separare una miscela di ioni in funzione del loro rapporto massa carica.

Un particolare tipo di spettrometria di massa, denominata spettrometria di massa MALDI-TOF, ha dimostrato, negli ultimi anni, di essere una tecnica con grandi potenzialità per l’identificazione dei microrganismi (Lay, 2001; Dekker e coll, 2011). Lo sviluppo e la recente commercializzazione di spettrometri con piattaforme robuste e di facile uso ha portato, e probabilmente porterà sempre di più, questa tecnologia in molti laboratori di microbiologia.

La spettrometria di massa MALDI-TOF è un metodo di ionizzazione “soft” (dove viene trasferita poca energia sulla molecola da ionizzare) che permette la ionizzazione non aggressiva di macrolmolecole biologiche grandi e delicate. Tale tecnica può essere usata per analizzare proteine intatte senza eccessiva creazione di piccoli frammenti; è questa proprietà che rende la spettrometria MALDI-TOF adatta a rivelare gli spettri di massa delle proteine di organismi interi.

Uno spettrometro di massa MALDI-TOF comprende (Fig 1) :

a) una camera di ionizzazione, dove avviene la ionizzazione dell’analita ed il suo passaggio allo stato gassoso ad opera della sorgente laser,

b) un analizzatore TOF (tempo di volo) dove gli ioni vengono separati in funzione del loro rapporto m/z (massa/carica)

c) un rivelatore che permette di rivelare gli ioni.

Può essere usato per analizzare campioni diversi ivi incluse soluzioni di molecole organiche, acidi nucleici, proteine e microganismi interi; queste ultime due applicazioni sono, attualmente, le più usate in microbiologia.

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Figura 1. Rappresentazione schematica dello spettrometro di massa MALDI-TOF (da Brunelli e coll, 2010 )

Per vaporizzare e ionizzare il campione è utilizzato un laser pulsato; i più usati sono laser ad azoto sebbene anche altri tipi di laser possano essere impiegati. La frequenza del laser è bassa: da 10 Hz a 1 kHz.

Per proteggere le molecole dalla distruzione da parte del raggio che le colpisce direttamente e per facilitare la vaporizzazione e la ionizzazione viene utilizzata una matrice che assorbe la luce laser.

Per l’analisi, il campione deve essere depositato su una lastrina e ricoperto di matrice. Inoltre, all’interno della lastrina sonno depositati i controlli che subiscono lo stesso trattamento dei campioni. La matrice è selezionata in base a delle caratteristiche che includono: facilità alla sublimazione (passaggio dallo stato solido a quello gassoso senza passare per lo stato liquido) e forte assorbanza alla lunghezza d’onda del laser usato. Le

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LASER

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Ioni Peptide Ioni Matrice Detector Volo + - Sistema di analisi dei dati Analizzatore TOF

Produzione ioni

Lastrina portacampioni

Polo positivo Polo negativo

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matrici utilizzate sono diverse, quella più comune in microbiologia è l’acido alfa-ciano-idrossicinnamico (CHCA). Una volta completata la lastrina viene introdotta nello spettrometro e qui viene colpita dal laser. I più utilizzati sono i laser ad azoto che emettono nell’ultravioletto.

L’irradiazione del laser ha come risultato l’eccitazione vibrazionale della matrice e l’espulsione (desorbimento) delle molecole di analita circondate da gruppi di molecole di matrice, acqua e ioni. Una volta avvenuto il desorbimento, le molecole di matrice trasferiscono i protoni all’analita e così si hanno cationi di analita carichi positivamente in fase gassosa. Questi cationi in fase gassosa sono poi accelerati attraverso un campo elettrico all’interno della camera di ionizzazione a una velocità che dipende dal rapporto massa/carica (m/z).

Successivamente le particelle lasciano la camera di ionizzazione ed entrano nell’analizzatore. Qui compiono un tragitto che le porta al detector e viene misurato con la massima precisione il tempo di percorrenza (tempo di volo). Gli strumenti MALDI-TOF sono solitamente forniti di uno “specchio” per gli ioni, uno strumento che fa cambiare direzione grazie ad un campo elettrico; in questo modo si raddoppia il tragitto percorso dagli ioni stessi con conseguente aumento della risoluzione. In base al tempo di volo può essere determinato il rapporto m/z di ogni particella e da qui viene generato uno spettro di masse del campione analizzato (Dekker e coll, 2011).

I dati sono raccolti ed elaborati da programmi dedicati, portano alla generazione dei profili caratteristici delle cellule batteriche chiamati spettri peptidici. Un microrganismo ha un proprio specifico spettro (“spettro fingerprint”) con diversi picchi corrispondenti alle proteine solubili presenti in quantità elevata, includendo le proteine ribosomiali e le “heat shock protein”. L’identificazione dei microrganismi è ottenuta confrontando, con specifici algoritmi, lo spettro ottenuto con un database di spettri prodotti utilizzando microrganismi con identificazione nota (ceppi di riferimento o ceppi identificati con elevata confidenza). Per ottenere una identificazione è necessario, quindi, un microrgansimo intatto che, a seconda dei protocolli, può essere usato direttamente o necessitare di una procedura di concentrazione, purificazione o estrazione (Dekker e coll, 2011).

Il successo di questa tecnica è dovuto al fatto che gli spettri delle proteine di un microrganismo intatto sono cosi diversi da identificare il genere, la specie ed in alcuni casi anche il ceppo. Inoltre, non serve conoscere la composizione molecolare dei picchi o avere delle indicazioni aggiuntive sul microrganismo per poterlo identificare. Serve, però riuscire

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