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Tempo sociale e tempo interiore in tre sceneggiature proustiane. E. Flaiano, H. Pinter, L. Visconti - d'Amico.

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL

SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-65: Scienze dello spettacolo e

produzione multimediale

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Tempo sociale e tempo interiore in tre

sceneggiature proustiane.

Flaiano, Pinter, Visconti-d’Amico

IL RELATORE IL CANDIDATO

Lorenzo Cuccu Erica Barbaro

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Indice Introduzione

1. I segni del tempo sociale 1.1. La storia

1.1.1. Gli eventi storici

1.1.2. Le innovazioni tecniche e i mezzi di trasporto 1.1.3. I riferimenti culturali 1.2. La società 1.2.1. Borghesia e aristocrazia 1.2.2. Classi popolari 1.2.3. La moda 1.2.3.1. Mariano Fortuny 1.2.4. La sessualità 1.2.5. Le abitudini gastronomiche 1.2.6. Il tempo libero 1.3. I luoghi

1.3.1. I dati urbanistici della città di Parigi di fine Ottocento e le località provinciali

1.3.2. La casa

1.3.3. L’arredamento Conclusioni

2. I segni del tempo interiore

2.1. La configurazione temporale nella Recherche e le principali proposte analitico-interpretative

2.2. E. Flaiano, Progetto Proust

2.3. L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto

2.4. H. Pinter, Proust. Una sceneggiatura Conclusioni

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Introduzione.

La storia degli adattamenti cinematografici della Recherche proustiana ha un’unica origine: il progetto di Nicole Stéphane di realizzare la versione cinematografica di uno dei più importanti e complessi romanzi del Novecento. Come ricorda Anna Masecchia i n Al cinema con Proust, non è casuale l’interesse verso un possibile adattamento del romanzo proustiano per il cinema: non solo l’epoca in cui Proust scrive è anche quello della scoperta del mezzo cinematografico – e quindi della nascita di un nuovo modo di raccontare e vedere la realtà –, ma il cinema, per sua stessa natura, è anche l’arte del movimento e del tempo. La Recherche si pone quindi in stretta connessione con un mezzo che, attraverso una nuova forma di spazio-tempo narrativo realizzabile con il montaggio cinematografico, permette di restituire l’esperienza soggettiva della realtà. La sfida che Nicole Stéphane propone ha molteplici risultati, tre dei quali saranno oggetto della presente analisi: Progetto Proust di Ennio Flaiano, Alla ricerca del tempo perduto di Luchino Visconti e Suso Cecchi d’Amico e Proust. Una sceneggiatura di Harold Pinter.

Nel 1968 Nicole Stéphane ottiene i diritti di Un amour de Swann. Da questo momento il percorso volto alla realizzazione di un film tratto dalla Recherche la porta a contattare vari autori fortemente affini con la sensibilità proustiana.

Il primo di questi tentativi avviene nel 1964 a New York dove, tramite una lettera di Giovannella Zannoni proveniente da Parigi, Ennio Flaiano apprende e accetta la proposta di Nicole Stéphane di lavorare a un adattamento del romanzo di Marcel Proust. L’idea è

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quella di offrire la regia a René Clément. Dall’iniziale proposta di Stéphane di adattare solo il primo volume del romanzo, Flaiano impone come testo centrale Sodoma e Gomorra, mettendo in primo piano le relazioni amorose tra il Narratore e Albertine e tra Charlus e Morel. Basandosi sulla necessaria fedeltà al metodo proustiano della ricerca, Flaiano organizza la narrazione attraverso due piani temporali: uno circolare e psicologico che, raccontando la storia del Narratore e di Albertine, procede per evocazioni memoriali e ripetizioni; l’altro cronologico e lineare che racconta la storia del barone de Charlus e Morel. Il mosaico generato dall’accostamento dei due piani temporali è definito da Flaiano stesso come una rappresentazione “cubista” di episodi e tempi visti come rappresentazioni mentali. In questo modo Flaiano opera un tentativo di traduzione della complessità dell’opera proustiana incentrata sulla rappresentazione del tempo vissuto attraverso il ripensamento offerto dalla memoria involontaria. Flaiano lavora a questo progetto per due anni circa, portandolo a termine nel 1965. Nel corso del tempo la situazione vede alternarsi ripensamenti, questioni legate ai diritti d’autore, problemi contrattuali e di ordine pratico posti dalla realizzazione del film. La stesura dell’adattamento viene portata a termine, ma il film non verrà mai realizzato.

Nel 1969 il progetto viene ripreso da Luchino Visconti che si dimostra interessato al Progetto scritto da Flaiano. Inizialmente propenso alla realizzazione del film basato sulle relazioni amorose dei quattro personaggi, la sua attenzione si sposta progressivamente verso la ricostruzione d’ambiente. Questo aspetto non solo è in linea con tutta la produzione cinematografica viscontiana, ma è anche indice di quelle che secondo Visconti sono le esigenza

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principali poste dalla realizzazione del film, ovvero la necessità di rappresentare uno dei tratti forti della Recherche che è l’affresco sociale della Parigi di fine Ottocento e la necessità di divulgare il romanzo proustiano attraverso un adattamento più fruibile. Visconti lavora alla scrittura della sceneggiatura insieme a Suso Cecchi d’Amico, sceneggiatrice di buona parte dei suoi film, realizzando un adattamento che, escludendo apparentemente la temporalità proustiana e la dimensione memoriale insita nel romanzo, si presenta come una rappresentazione della società francese fin de siècle estremamente dettagliata. Anche il progetto viscontiano si traduce in un nulla di fatto: la corrispondenza tra il regista e Nicole Stéphane a proposito dei sopralluoghi francesi e della scelta degli attori principali evolve nell’abbandono del progetto a causa di difficoltà produttive e finanziarie.

Dopo la mancata realizzazione dei progetti cinematografici di Flaiano e Visconti, nella seconda metà degli anni Settanta Nicole Stéphane propone a Harold Pinter di lavorare all’adattamento della Recherche insieme a Losey, scelta non casuale in quanto il tema del Tempo è centrale nella produzione cinematografica precedente nata dalla loro collaborazione. Il progetto Proust. Una sceneggiatura è pensato a partire dalla necessità di «distillare l’intera opera» – evitando una selezione riduttiva e parziale della complessità narrativa del romanzo – e dalla necessità di tradurre filmicamente il lavoro memoriale soggettivo che lo caratterizza. Pinter organizza il testo attraverso due movimenti – uno narrativo verso la disillusione e uno intermittente verso la rivelazione – con i quali descrive la transizione dal tempo perduto al tempo ritrovato. Anche questo progetto è destinato a rimanere incompiuto.

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La prima realizzazione di un film tratto dalla Recherche è opera di Schlöndorff con Un amour de Swann. Senza approfondire il seguito della vicenda cinematografica dell’opera proustiana, mi sembra utile ricordare come a partire da questa realizzazione filmica sono state realizzate nel corso degli anni più versioni cinematografiche della Recherche. Ne è un esempio Le temps retrouvé di Raoul Ruiz, interessante per l’idea di tradurre la temporalità proustiana come una dimensione spaziale, o La captive di Chantal Akerman. Le ragioni per cui gli adattamenti di Flaiano, Visconti e Pinter non abbiano trovato una realizzazione di carattere cinematografico sono molteplici e probabilmente legate a questioni produttive e finanziarie. Non ho la competenza per proporre in questa sede un discorso sulla realizzabilità di tali adattamenti. L’analisi che invece vorrei provare a proporre in questo progetto di tesi è relativa alla configurazione della temporalità proustiana nei soggetti cinematografici. Cercherò di individuare, cioè, in che modo Flaiano, Visconti-d’Amico e Pinter affrontano la questione della temporalità, essendo questo il problema che dà origine alla stesura della Recherche stessa, e in quali forme il Tempo si manifesta all’interno delle sceneggiature. In questo senso la struttura di questo progetto risponde a due idee del tempo diverse. Nella prima parte mi propongo di rintracciare i segni di un tempo che possiamo definire sociale, ovvero i segni che “raccontano” la società parigina fin de siècle e che rimandano all’epoca storica che fa da cornice alla vicenda. Cercherò quindi di verificare come l’idea del Tempo come “magazzino di segni” si manifesti nella materialità degli abiti e delle mode, nella struttura urbana della città di Parigi, nelle abitudini alimentari, nella sessualità e nelle pratiche relative al

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tempo libero, oltreché nei dati relativi agli eventi storici e alle innovazioni tecniche dell’epoca.

La seconda parte di questo progetto è invece rivolta all’analisi del t e m p o interiore e soggettivo che si manifesta nella struttura narrativa e nelle scelte filmiche adottate dai vari sceneggiatori. Mi interessa individuare, cioè, in che modo la concezione del tempo proustiana legata all’idea della memoria involontaria come mezzo per comprendere il tempo passato, trovi spazio nel linguaggio cinematografico.

La configurazione della temporalità proustiana – e la pluralità delle dimensioni del tempo – pone dunque il ripensamento in chiave cinematografica delle forme attraverso cui è possibile raccontare l’esperienza soggettiva del Tempo. Le due analisi che cercherò di condurre verteranno quindi sulla ricerca dei segni del tempo sociale che si manifestano concretamente nell’epoca storica, e dei segni del tempo interiore che traducono l’esperienza temporale soggettiva del protagonista.

Questa duplice indagine mi sembra necessaria in quanto i tre sceneggiatori adottano una soluzione al problema della temporalità proustiana che oscilla tra queste due categorie dei segni del tempo, ora rivolti a un’indagine di tipo sociale relativa alla ricostruzione d’ambiente, ora rivolta alla traduzione filmica dell’attività memoriale. Mi propongo quindi di esaminare in che modo queste due forme del Tempo siano rintracciabili nei tre progetti e quale delle due forme prevalga nel ripensamento della Recherche per un adattamento cinematografico. Certa di non poter effettuare un discorso esaustivo sull’argomento scelto per quest’analisi e consapevole della sua complessità, cercherò di proporre un tentativo di analisi delle sceneggiature prendendo come punto di

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riferimento le proposte analitico-intepretative della configurazione temporale di Ricoeur, Genette, Deleuze e Benveniste, le cui riflessioni mi saranno da guida nell’indagine della comprensione del tempo in Proust e poi nella relativa trasposizione cinematografica di tale soggetto.

La scelta di questo argomento per la stesura del progetto di tesi ha un’origine del tutto ingenua, rintracciabile nella semplice quanto banale curiosità che mi ha spinta a leggere la Recherche, che si è poi trasformata nella necessità di approfondire il problema del tempo insito nel linguaggio cinematografico. La proposta dell’analisi di queste sceneggiature è frutto di una conversazione con Lorenzo Cuccu, il quale, intuita la mia curiosità, ha individuato in questi tre testi un possibile terreno per indagare i rapporti tra la temporalità proustiana e il linguaggio cinematografico. L’analisi che condurrò di seguito è quindi il risultato di questo scambio e di un dialogo che mi hanno regalato l’occasione di potermi confrontare con la complessità di un discorso che, proprio per la sua inesauribilità, permette di intuirne la vertiginosa apertura.

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1.1. La storia.

L’analisi dei segni del tempo sociale è rivolta all’individuazione degli elementi che caratterizzano l’epoca in cui è ambientata la Recherche: mi riferisco a quei dati che rimandano agli eventi storici, alle innovazioni tecniche e ai mezzi di trasporto che caratterizzano il XIX secolo; inoltre, a proposito dei segni culturali, l’analisi si rivolgerà ai dati relativi alle correnti artistiche e ai segni legati al panorama letterario, musicale e teatrale cui sono dedicate numerose pagine del romanzo.

L’epoca storica che fa da cornice alla Recherche è la cosiddetta Belle Époque, il periodo storico-culturale che si colloca a partire dagli ultimi venti anni dell’Ottocento fino all’inizio del primo conflitto mondiale nel 1914: trent’anni durante i quali si condensano una serie di innovazioni e sviluppi tecnici che cambiano la fisionomia tecnologica europea e mondiale e in cui si concentrano alcuni tra gli eventi storico-culturali più significativi.

1.1.1. Gli eventi storici.

L’evento storico di maggior rilievo descritto dal Narratore proustiano è il primo conflitto mondiale: la descrizione della città di Parigi sotto i bombardamenti occupa molte delle pagine de Il tempo ritrovato, in cui il Narratore e i personaggi del romanzo sono ormai invecchiati e si ritrovano nel 1916 alla matinée di casa Guermantes.

La prima guerra mondiale ha inizio nel 1914 con l’attentato a Sarajevo del 28 giugno, quando l’arciduca austriaco Francesco Ferdinando viene assassinato da un nazionalista serbo. La Francia è alleata con l’Intesa, cui aderiscono la Russia e la Gran Bretagna,

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schierandosi a fianco della Serbia contro l’alleanza degli Imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria1.

La tecnica bellica è di particolare importanza nell’analisi storica del romanzo. Le innovazioni tecniche hanno un peso estremamente rilevante nell’andamento del conflitto mondiale e sono il materiale storico che Proust predilige nella descrizione della guerra: le mitragliatrici, i cannoni, le granate e i gas asfissianti irrompono sulla scena bellica determinando esplosioni e tecniche mortali di estrema efficacia. Nella Recherche vengono nominati principalmente gli aerei da combattimento, «sperimentati per la prima volta in questa guerra come strumenti per bombardare le posizioni nemiche»2 e le città.

La Parigi descritta dal Narratore è invasa da militari, i negozi, i locali e i musei sono chiusi e il cielo è continuamente attraversato da Zeppelin3 che sorvolano strade deserte:

«Tornai sui miei passi; ma, appena lasciato il pont des Invalides, non v’era più luce in cielo, quasi non v’eran più lampioni accesi nella città, e, urtando qua e là contro le cassette pei rifiuti, prendendo una direzione per un’altra, mi trovai a mia insaputa, seguendo macchinalmente un dedalo di strade buie, sui boulevards. Là l’impressione d’Oriente avuta poco prima si rinnovò e, per contro, all’evocazione della Parigi del Direttorio succedette quella di Parigi nel 1815. Come nel 1815, ecco una sfilata delle più disparate uniformi e truppe alleate»4.

La guerra influenza anche la moda che propone accessori decorati con «schegge di proiettile o di ghiere di granate da 75»5.

1 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, Laterza, Bari, 2009, p. 4.

2 Ivi, p. 8.

3 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi, Torino, 1978, vol. VII, p. 77. «Nome di un tipo di dirigibile a involucro rigido, progettato e costruito dall’ingegnere aeronauta tedesco F. Zeppelin (1838-1917) per usi bellici e anche per trasporto di persone» (Devoto Oli 2010).

4 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. VII, pp. 82-83. 5 Ivi, p. 39.

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Nel 1916 l’iniziativa tedesca di attaccare la Francia dalla frontiera belga si concretizza nella «terribile offensiva contro la piazzaforte di Verdun»6.

In questo contesto non cambiano però le abitudini mondane dei personaggi proustiani, i quali continuano a organizzare eventi e pranzi per i loro ospiti:

«Così i Verdurin (e ben presto la sola signora Verdurin, perché suo marito morì poco tempo dopo) continuavano a dare i loro pranzi, e il signor di Charlus ad andare in cerca dei suoi piaceri, senza inquietarsi che i Tedeschi (immobilizzati, è vero, da una sanguinante barriera di continuo rinnovellata) fossero a una sola ora di automobile da Parigi. Si dirà che in qualche modo i Verdurin ci pensavano, dacché avevano un «salotto» politico, dove ogni sera si faceva il punto della situazione non solo degli eserciti, ma anche delle flotte»7.

Qualche riga più sotto la signora Verdurin inzuppa il suo croissant mentre legge sul giornale la notizia del disastro del Lusitania8 a

causa di un attacco tedesco:

«I tedeschi utilizzano indiscriminatamente i sottomarini contro le navi mercantili dirette in Gran Bretagna. Il 7 maggio 1915 un sottomarino tedesco affonda il transatlantico inglese Lusitania, in servizio tra New York e Liverpool, con a bordo 128 cittadini statunitensi»9.

L’altro fatto storico di grande importanza e precedente alla Grande Guerra è l’Affare Dreyfus, il caso più esemplare di antisemitismo francese:

«Il 22 dicembre 1894 il Consiglio di guerra francese condanna un capitano d’artiglieria ebreo, Alfred Dreyfus (1859-1935), impiegato presso lo stato maggiore francese, alla deportazione perpetua nell’Isola del Diavolo (Guyana francese). L’accusa è di aver passato documenti riservati ai responsabili dell’esercito tedesco. L’inchiesta è stata condotta in modo alquanto sommario e le accuse sembrano mal fondate, cosicché (…) la stampa francese liberale, radicale e socialista comincia a protestare con vigore, documentando l’arbitrarietà del procedimento giudiziario cui è stato sottoposto il capitano»10.

6 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, cit., p. 24. 7 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. VII, p. 93.

8 Ibidem.

9 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, cit., p. 26. 10 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

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Nel corso del 1898 Émile Zola si unisce alla protesta pubblicando sul giornale L’Aurore una lettera aperta dal titolo J’accuse contro il presidente della Repubblica. Lo scandalo assume proporzioni sempre più ampie, trasformandosi in uno scontro politico tra innocentisti, di cui fanno parte i socialisti e i radicali, e colpevolisti, «tra cui si distingue il movimento nazionalista e monarchico dell’Action Française»11.

Nella Recherche il dibattito sul caso Dreyfus è uno degli argomenti delle chiacchiere del “salotto” Guermantes e dei militari della caserma di Doncières:

«Robert era tutto preoccupato in quel momento dall’affare Dreyfus. Ne parlava poco, perché era il solo della sua tavolata a essere dreyfusista: gli altri erano violentemente ostili alla revisione del processo, tranne il mio vicino di tavola, il mio nuovo amico, le cui opinioni sembravano piuttosto incerte. Ammiratore convinto del suo colonnello, che passava per un ufficiale assai valente, e che aveva stigmatizzato l’agitazione contro l’esercito con varie circolari che lo facevano passare per antidreyfusista, il mio vicino aveva appreso che il suo capo si era lasciato sfuggire alcune asserzioni da far credere che egli avesse dei dubbi sulla colpevolezza di Dreyfus»12.

Tra i riferimenti storici presenti nel romanzo spicca la campagna del 1870 condotta da Napoleone III, che nel Secondo Impero promuove sia la ristrutturazione urbanistica di Parigi a cura di Haussmann13, sia una politica estera estremamente aggressiva e

dinamica sulla scia del suo predecessore. Dopo la guerra di Crimea del 1853, condotta contro la Russia al fianco della Gran Bretagna, e il fallimentare tentativo di conquista del Messico del 1861, Napoleone III si scontra militarmente con la Prussia nel 187014.

I riferimenti che troviamo nella Recherche si condensano in brevi cenni a proposito delle strategie militari:

11 Ibidem.

12 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. III, p. 113.

13 Vedi 1.3.1. I dati urbanistici della città di Parigi di fine Ottocento e le località provinciali.

14 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

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«Potrai vedere Napoleone non attaccare quando tutte le regole glielo prescriveranno, ma un’oscura divinazione lo sconsigliava. Vedi per esempio Austerlitz, oppure, nel 1806, le sue istruzioni a Lannes. Ma tu vedrai certi generali imitare scolasticamente la tal manovra di Napoleone, e arrivare al risultato diametralmente opposto: dieci esempi nella campagna del 1870»15.

Oppure, sono i personaggi stessi a raccontare fatti storici cui prendono parte:

«“Norpois mi ha invitato di nuovo a pranzo, è straordinario; tutti ne sono stupefatti in Commissione, dove egli non ha rapporti privati con nessuno. Sono sicuro che mi racconterà ancora cose interessantissime sulla guerra del ’70”. Mio padre sapeva che Norpois era stato forse l’unico ad avvertire l’Imperatore della crescente potenza e delle intenzioni bellicose della Prussia, e che Bismarck aveva per la sua intelligenza una stima particolare»16. Altrove i riferimenti storici diventano pura chiacchiera e pettegolezzo, a dimostrazione di una certa attitudine superficiale da parte dei personaggi nei confronti di argomenti storico-politici, che sono così confinati sullo sfondo della mondanità:

«La prima principessa di Borodino si diceva avesse avuto un debole per Napoleone I, che aveva seguito all’isola d’Elba, e la seconda, per Napoleone III. E, se nella faccia tranquilla del capitano si poteva ritrovare del primo Napoleone, se non la fisionomia, almeno la studiata maestà della maschera, egli aveva soprattutto, nello sguardo dolce e melanconico e nei suoi baffi spioventi, qualche cosa che faceva pensare a Napoleone III»17.

Infine, l’evento storico cui il Narratore accenna brevemente è l’Esposizione universale del 188918 ricordata soprattutto per la

costruzione della Tour Eiffel:

«L’esposizione parigina del 1889 appare come una delle più memorabili, non fosse altro per il peculiare edificio che vi viene costruito: è la torre innalzata su progetto dell’ingegnere Alexandre-Gustave Eiffel (1832-1923), una struttura in acciaio alta 300 metri»19.

I progetti cinematografici riportano in minima parte i dati storici appena descritti. Flaiano inserisce nel testo riferimenti al Primo

15 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. III, pp. 119-120. 16 Ivi, vol. II, p. 11.

17 Ivi, vol. III, p. 137. 18 Ivi, vol. IV, p. 549.

19 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

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Impero di Napoleone e alla Restaurazione, due epoche che alludono alla giovinezza di Mme de Saint’Euverte:

«CHARLUS. Eppure, chi più di lei sarebbe interessante ascoltare! Quanti ricordi storici visti e vissuti del tempo del Primo Impero e della Restaurazione»20.

Inoltre allude al caso Dreyfus, inserendolo nel contesto della “chiacchiera da salotto” del Duca di Guermantes e del signor de Bréauté:

«BRÉAUTÉ. A proposito del caso Dreyfus… M’hanno raccontato una battuta abbastanza felice…

Il duca aggrotta le sopracciglia, seccato.

DUCA DI GUERMANTES. Affare Dreyfus, affare Dreyfus! è presto detto, è un’espressione impropria…»21.

Infine, il riferimento alla prima guerra mondiale apre la quinta parte del progetto:

«Una sola scena di repertorio, della I guerra mondiale dovrà dare il passaggio di tempo. La scena sarà muta, in bianco e nero, e rappresenterà una marcia di fanti verso il fronte, nel 1917»22.

Nelle pagine seguenti Flaiano descrive l’atmosfera militare della città mettendo in evidenza le innovazioni belliche adottate durante il conflitto:

«Fuori risuona ancora la sirena dell’allarme. Si sentono lontane detonazioni, mitragliatrici, tiri della contraerea, che rimbombano nell’oscurità dell’ambiente.

Il boato sordo aumenta. Le pareti tremano, un quadro si stacca dal suo chiodo e cade sul pavimento.

Nel vestibolo i giovani si alzano spaventati. Alcuni si precipitano verso l’uscita. Il vetro di una finestra va in frantumi.

(…)

Nel cielo, un incrociarsi di riflettori, un crepitare di mitragliatrici antiaeree, colpi di cannone. E infine l’ombra mostruosa di uno Zeppelin che sfiora basso il quartiere, come uno squalo»23.

20 E. Flaiano, Progetto Proust, Bompiani, Milano, 1989, p. 76. 21 Ivi, p. 147.

22 Ivi, p. 237. 23 Ivi, pp. 259-261.

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Nel Proust di Harold Pinter i riferimenti al periodo storico sono spesso indicati nelle didascalie di apertura delle scene in corrispondenza del cambiamento dell’ambientazione: nelle prime pagine del progetto si passa da «Esterno. Casa del Principe di Guermantes. Parigi. 1921. Pomeriggio»24 a «Interno. Stanza di

Marcel. Casa di Combray. 1888. Sera»25, inscrivendo

continuamente il materiale narrativo in una cornice storica sempre definita. Come nella sceneggiatura di Flaiano, anche qui alcuni degli eventi storici più importanti sono citati sotto forma di pettegolezzi e chiacchiere:

«PRIMO UOMO Ero a letto con lei il pomeriggio in cui il Generale Mac-Mahon dette le dimissioni»26.

In questo caso l’evento cui si allude ha luogo durante la Terza Repubblica nel 187727. Ancora, il barone de Charlus esprime la sua

opinione sul caso Dreyfus durante una passeggiata con Marcel:

«CHARLUS Quante stupidaggini scrivono sui giornali su quel Dreyfus. Come si può accusare Dreyfus di tradire il suo paese? È ebreo, non francese. L’unica accusa sensata contro di lui sarebbe quella di aver violato le leggi dell’ospitalità»28.

La parte finale del progetto di Pinter è ambientata durante la prima guerra mondiale; le didascalie riportano la collocazione temporale e descrivono l’ambientazione parigina durante il conflitto:

«Esterno. Via di Parigi. 1915.

Riflettori nel cielo. Sirene di incursione aerea.

La macchina da presa effettua una panoramica verso il basso fino a inquadrare una strada abbandonata.

Oscuramento generale»29.

24 H. Pinter, Proust, Einaudi, Torino, 1987, p. 3. 25 Ivi, p. 7.

26 Ivi, p. 32.

27 «Dopo che nelle elezioni del 1876 i repubblicani hanno conquistato la maggioranza in Parlamento, MacMahon tenta di forzare la situazione e, avvalendosi dei poteri che la Costituzione gli concede, nel 1877 decreta lo scioglimento della Camera e indice nuove elezioni nella speranza di un diverso risultato politico. Tuttavia le elezioni confermano la maggioranza repubblicana, il che induce MacMahon a riconoscere la sconfitta politica e a dimettersi dalla carica di presidente della Repubblica», in A. M. Banti, L’età contemporanea.

Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo, cit., p. 487.

28 H. Pinter, Proust, cit., p. 75. 29 Ivi, p. 161.

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Poco dopo, fuori dall’Hotel:

«Marcel si siede e beve.

Colpi di cannone in lontananza.

Improvvisamente nota un oggetto sul pavimento ai piedi del letto. Si avvicina, lo raccoglie.

È una croce di guerra. I colpi di cannone cessano»30.

I riferimenti storici presenti nel progetto cinematografico di Visconti-d’Amico sono nettamente più numerosi. Il caso Dreyfus è trattato più volte nel corso del testo. Inizialmente è nominato all’interno del dialogo tra un maggiordomo e Françoise a proposito di Saint-Loup:

«MAGGIORDOMO: E dicevate che è dreyfusardo. Non ci credo. FRANÇOISE (con violenza): L’ho sentito con le mie orecchie. Diceva che al reggimento è l’unico ad essere dreyfusardo, mentre tutti gli altri sono violentemente ostili alla revisione. Gli ho sentito dire che il suo colonnello… un uomo intelligente, dice lui… è accecato dai pregiudizi di casta e soprattutto dal clericalismo…»31. Successivamente, l’Affare Dreyfus è al centro della discussione tra Saint-Loup e Rachel in un ristorante alla periferia di Parigi:

«RACHEL: Sua madre, una donna molto religiosa, dice che Dreyfus va lasciato all’Isola del Diavolo, anche se è innocente. Non è una cosa orrenda? (Alzando la voce fino a gridare) Non è una cosa orrenda?

(…)

SAINT-LOUP: Calmati, Zézette. Dreyfus tornerà, sarà assolto, si chiarirà che è stato tutto un errore…

RACHEL (furiosa, con le lacrime agli occhi): Sì, ma intanto lui sarà morto! Resterà ai suoi figli un nome senza macchia. Ma l’idea delle sue sofferenze, povero Dreyfus, mi è insopportabile!»32.

Infine, nel salotto Guermantes è trattato con il tipico tono della “chiacchiera” tra Oriane de Guermantes e le signore sue ospiti:

«ORIANE DE GUERMANTES: Sapete che Robert è un partigiano arrabbiato di Dreyfus?

La duchessa gira lo sguardo intorno come per assicurarsi di essere ascoltata e addenta golosa un pasticcino. Poi riprende a dire:

30 Ivi, p. 163.

31 L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori, Milano, 1986, p. 38.

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ORIANE DE GUERMANTES: Se questo Dreyfus è innocente, non ce ne dà gran prova. Che lettere idiote e retoriche scrive dalla sua isola! Non so se il signor Esterhazy valga più di lui. Ha comunque molto più stile nel modo di esprimersi. Un altro tono. Capisco che ciò possa dispiacere ai sostenitori di Dreyfus. Dovrebbero scegliersi un altro innocente!»33.

Il caso Dreyfus assume dunque una certa importanza, in quanto compare ben tre volte e in tre contesti opposti tra loro attraverso un movimento descrittivo che attraversa gli strati dell’intera società dell’epoca.

L’altro evento storico di ampia portata è la prima guerra mondiale. In Visconti-d’Amico la descrizione della città durante la guerra occupa alcune tra le ultime didascalie del testo:

«Sta cadendo la notte, poi, d’un tratto, il cielo viene tagliato dalle tante lame luminose dei fari di luce che frugano nel buio.

Si sente l’urlo lacerante delle sirene. È scoppiata la guerra. Strade di Parigi, 1916 – esterno – giorno.

La notte si stempera in un’alba livida. Alcune immagini di Parigi in assetto di guerra: immagini che la luce pallida del primo mattino svuota di colore. Sì che si ha quasi l’impressione di vedere alcune vecchie fotografie.

– Sacchi di sabbia sono ammassati davanti alle porte del Louvre chiuso.

– File di gente (per lo più donne e uomini anziani) davanti alle botteghe.

– Locandine che annunciano tè e spettacoli di beneficienza a favore dei mutilati.

– Una tenda della Croce Rossa piazzata vicino a un mercato. Le infermiere vanno in giro chiedendo offerte per i sinistrati.

– Donne al mercato e per le strade: la moda è cambiata. Gli abiti sono più corti. Ghette. Capelli a turbante rigido»34.

Ancora, all’interno del cortile di Palazzo Guermantes:

«Quasi tutte le botteghe sono chiuse con le spranghe. La deficienza dei mezzi di trasporto ha consigliato di ammassare nel cortile i rifornimenti di legna e carbone. Aria quindi di disordine, di desolazione. Un cartello indica l’ingresso al rifugio antiaereo, e la capienza.

Un ufficiale in divisa attraversa il cortile diretto verso l’ala abitata dalla famiglia di Marcel»35.

33 Ivi, p. 53. 34 Ivi, pp. 176-177. 35 Ibidem.

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La collocazione temporale è definita nei progetti cinematografici attraverso rimandi espliciti a eventi storici, di cui talvolta sono riportate le date e gli aspetti più significativi.

Gli altri segni del tempo sociale che offrono importanti riferimenti all’epoca analizzata sono le innovazioni tecniche e la tipologia di mezzi di trasporto usati dai personaggi.

1.1.2. Le innovazioni tecniche e i mezzi di trasporto.

Tra i riferimenti storici presenti nella Recherche, spiccano i mezzi di trasporto e le innovazioni tecniche. I soggetti che più stimolano la fantasia e l’immaginazione del Narratore sono infatti il telefono, l’aereo, l’automobile e la lanterna magica, simboli di un progresso tecnico-scientifico in grado di cambiare la sensibilità dei personaggi e il loro sguardo sul mondo.

Dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi anni del Novecento, l’Europa è il teatro di questo cambiamento: le scoperte scientifiche e tecniche si susseguono rivoluzionando la vita dei cittadini europei al punto da definire questo periodo storico seconda rivoluzione industriale36:

«Le prime sperimentazioni per la conservazione e la trasmissione di energia elettrica risalgono all’inizio dell’Ottocento (…). Le prime applicazioni importanti si hanno con il telegrafo elettrico e con i cavi telegrafici, terrestri e sottomarini. Attraverso un’ulteriore serie di perfezionamenti e miglioramenti, negli anni Ottanta, prima in Gran Bretagna, poi in Francia, Germania, Svizzera, Italia e altrove, si è in grado di costruire centrali elettriche (…) o idroelettriche (…). Attraverso cavi ad alta tensione l’energia elettrica può essere distribuita a tutto un distretto abitativo e industriale integrato (…). L’importanza di tutto ciò sta nel fatto che le applicazioni dell’energia elettrica sono svariate e rese attraenti per un pubblico di consumatori vasto e variegato, anche perché in parallelo vengono sviluppati molti nuovi congegni alimentati dall’elettricità – diversi dei quali di potenziale uso domestico»37.

36 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

all’imperialismo, cit., p. 385.

(23)

Una delle più importanti applicazioni dell’energia elettrica, nominata dal Narratore in varie occasioni, è l’uso dell’illuminazione elettrica nelle strade e nelle abitazioni:

«Non poté approfondire questo problema, poiché un accesso di pigrizia mentale, in lui congenita, intermittente e provvidenziale, venne in quel minuto ad estinguere ogni luce nella sua intelligenza, non meno bruscamente di come più tardi, introdotta dappertutto l’illuminazione elettrica, si poté far buio di colpo in una casa»38. Altrove, la scoperta dell’illuminazione elettrica è raccontata attraverso il pettegolezzo caratteristico della mondanità:

«A proposito di vista, vi hanno detto che il villino acquistato dalla signora Verdurin avrà l’illuminazione elettrica? È un’informazione che ho avuta non dalla mia piccola polizia privata, ma da un’altra fonte: è stato lo stesso elettricista, Mildé, a dirmelo. Come vedete, cito i miei autori! Perfino le camere avranno le loro lampadine elettriche, con una ventola per attenuare la luce. È un lusso molto carino, non vi pare?»39.

Poche righe più sotto viene menzionato il telefono, uno degli impieghi più rivoluzionari della scoperta di Edison:

«C’è la cognata d’una mia amica che si è fatta mettere il telefono in casa! Può fare un’ordinazione a un fornitore senza muoversi dalla sua stanza. Confesso che ho prosaicamente brigato per avere il permesso di andare un giorno da lei, a parlare all’apparecchio»40. I nuovi apparecchi apportano uno sconvolgimento nella quotidianità e nelle abitudini dei personaggi, descritti sempre con una velata ironia:

«I progressi della civiltà permettono a ognuno di manifestare qualità insospettate o nuovi vizi, che ci rendono più cari o più insopportabili agli amici. Così la scoperta di Edison aveva permesso a Françoise di acquistare un difetto di più: quello di rifiutarsi, quale ne fosse l’utilità o l’urgenza, di usare il telefono»41.

38 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. I, p. 285. 39 Ivi, vol. II, p. 194.

40 Ibidem.

(24)

La lampadina inventata da Edison nel 187942 e il telefono inventato

da Meucci – brevettato da Bell nello stesso anno – sono i dispositivi che provocano maggior stupore nei personaggi descritti. Nel progetto di Flaiano non sono presenti riferimenti espliciti all’innovazione tecnica di Edison: la «lampada»43 che Françoise

poggia sul tavolo del Narratore è una lampada a petrolio, ma una didascalia riporta la presenza di «lampioni»44 nelle strade eleganti

della città. Analogamente, nel Proust di Pinter sono presenti entrambi i riferimenti: la presenza di «lampade»45 a petrolio – e

l’uso di «candele»46 durante l’infanzia di Marcel – e i «lampioni»47

che, spegnendosi lasciano la «strada completamente buia»48.

Tra le innovazioni tecniche Flaiano riporta l’uso del telefono:

«Il Narratore ha un gesto di ira represso. Va al telefono e controlla se funziona»49.

Una delle innovazioni di fine Ottocento da ricordare è il calorifero ad acqua, inventato da San Galli a metà Ottocento e nominato dal Narratore a proposito del suo rumore fastidioso:

«Fin dal mattino avevano acceso il nuovo calorifero ad acqua. Il suo sgradevole rumore, una specie di singhiozzo saltuario, non aveva nessun rapporto coi miei ricordi di Doncières; ma quella promiscuità così prolungata con essi dentro di me, per tutto quel pomeriggio, stava conferendogli una tale affinità con loro, che in seguito, ogni volta che (un poco) disabituato ad esso dovevo sentir di nuovo il rumore del riscaldamento centrale, me li avrebbe richiamati»50.

Nel progetto di Visconti-d’Amico compaiono riferimenti all’uso del telefono, sia privato che pubblico: Marcel aspetta con ansia una

42 «L’utilizzazione su larga scala della lampadina, che nell’illuminazione pubblica sostituisce le lampade a gas o a petrolio, ha inizio ai primi del Novecento», i n A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

all’imperialismo, cit., p. 389.

43 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 49. 44 Ivi, p. 237. 45 Ivi, p. 27. 46 Ivi, p. 12. 47 Ivi, p. 26. 48 Ibidem. 49 Ivi, p. 89.

(25)

telefonata da parte di Françoise per avere notizie di Albertine51;

inoltre è nominato un «ufficio telefonico» all’interno del quale «Saint-Loup grida parlando al telefono»52. Questa sceneggiatura è

l’unica che contiene un riferimento al calorifero:

«La casa vuota riecheggia di strani rumori: quello del nuovo termosifone appena messo in funzione e quello dell’ascensore nella scala»53.

Ancora, Visconti nomina l’uso dell’«ascensore»54 appena citato

(nominato anche nelle altre sceneggiature) e del «telegramma»55.

L’impiego dell’elettricità nei mezzi di trasporto rende possibili nuovi dispositivi:

«L’automobile e – in generale – le autovetture da trasporto acquistano presto il carattere di prodotti che – sebbene ancora costosi – mostrano grandissime potenzialità di sviluppo»56.

La ferrovia elettrica, «usata poi per i trasporti urbani col nome di tramvia»57, l’automobile e in seguito l’aeroplano, sono tra i mezzi

che compaiono nella Recherche. Ad esempio, viene nominato l’uso di «automobili Charron»58, uno dei primi costruttori francesi di

auto; inoltre, il Narratore noleggia una decappottabile per le gite fuori città con Albertine:

«Non appena ebbi ricevuto il tòcco e il velo, ordinai, per mia disgrazia, un’automobile a Saint-Fargeau (…). Albertine, che avevo lasciata all’oscuro della cosa, ed era venuta a prendermi, fu stupita nel sentire davanti all’albergo un motore che sbuffava, beata quando seppe che l’automobile era per noi»59.

In un passo della Recherche il Narratore confronta il treno e il mezzo automobilistico individuando in quest’ultimo la possibilità di una concezione intima del viaggio e dello spazio:

51 L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto, cit., p. 140. 52 Ivi, p. 168.

53 Ivi, p. 63.

54 Ultimo decennio sec. XIX.

55 L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto, cit., p. 82. 56 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

all’imperialismo, cit., p. 390.

57 Ivi, p. 389.

58 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. III, p. 278. 59 Ivi, vol. IV, pp. 421-422.

(26)

«Può sembrare che il mio amore per i magici viaggi in ferrovia avrebbe dovuto impedirmi di condividere la meraviglia d’Albertine dinanzi all’automobile, che conduce perfino un malato là dov’egli vuole, e impedisce di considerare – com’era avvenuto a me finora – la posizione geografica d’un luogo come il marchio individuale, l’essenza non surrogabile delle bellezze inamovibili. E senza dubbio, di questa posizione l’automobile non faceva, come un tempo la ferrovia, quando ero venuto da Parigi a Balbec, un mèta estranea alle contingenze della vita consueta, quasi ideale alla partenza, e che, restando tale all’arrivo, all’arrivo in quella grande dimora dove non abita nessuno e che reca soltanto il nome della città, la stazione, ha l’aria di promettere finalmente l’accessibilità, così com’essa ne sarebbe la materializzazione. No, l’automobile non ci portava così magicamente in una città che vedessimo dapprima nell’istante riassunto dal suo nome, e con le illusioni dello spettatore della platea. Essa ci faceva entrare nel retroscena delle vie, si fermava a chiedere un’informazione a un abitante. Ma, come compenso d’una progressione così familiare, si hanno le esitazioni dell’autista incerto della strada, che torna sui propri passi, le contraddanze della prospettiva che fa giocare ai quattro cantoni un castello con una collina, un chiesa e il mare (…). Dimodoché questa positura d’un luogo, punto unico, che l’automobile sembra aver spogliato del mistero dei treni-espresso, essa ci dà in compenso l’impressione di scoprirla, di determinarla noi stessi come con un compasso, di aiutarci a sentire con mano più amorosamente esploratrice, con più minuta precisione, la geometria vera, la bella “misura della terra”»60.

A proposito della ferrovia elettrica, il primo riferimento all’uso del «treno»61 è presente nel primo volume del romanzo ed è poi ripreso

nel secondo, quando il Narratore descrive il suo viaggio verso Balbec:

«Dunque, saremmo partiti semplicemente da Parigi con quel treno delle una e ventidue che troppe volte mi era piaciuto di cercare nell’orario, – dove sempre mi dava l’emozione, quasi la beata illusione della partenza, – perché non dovessi figurarmi di conoscerlo»62.

Il treno è soprannominato dalle “fanciulle” con vari appellativi che descrivono, in chiave ironica, il carattere insolito del nuovo mezzo:

«Andai a prendere la piccola ferrovia locale, di cui Albertine e le sue amiche mi avevano insegnato un tempo tutti i soprannomi che aveva nella regione: dove la chiamavano ora «il Tortiglione», per il suo percorso tortuoso, ora «la Tartaruga», perché non andava mai avanti, ora «il Transatlantico», per una sua spaventosa sirena che avvisava i passanti, la «Decauville» e «la Funi», sebbene non fosse

60 Ivi, vol. IV, pp. 432-433. 61 Ivi, vol. I, p. 313. 62 Ivi, vol. II, p. 240.

(27)

affatto una funicolare, ma perché si arrampicava sulla scogliera, e neppure era, propriamente, una Decauville, ma aveva uno scartamento di sessanta centimetri; «il B.A.G.» perché andava da Balbec a Grattevast passando da Angerville, «il Tram» e «il T.S.N.» perché faceva parte della linea tranviaria del sud della Normandia»63.

La ferrovia è uno dei simboli di quest’epoca, perché è il mezzo tramite il quale si afferma la pratica del turismo e della villeggiatura descritta da Proust:

«La ferrovia rende familiare l’idea del viaggio di piacere ed entra rapidamente in stretto rapporto con lo sviluppo del turismo. (…) In Francia, la linea Parigi – St. Germain viene ideata per il piacere dei parigini, affinché (…) “prendano gusto alla ferrovia”»64.

Il Narratore e Albertine scoprono un’altra delle “meraviglie della tecnica” quando si recano all’aerodromo per poter ammirare un aeroplano da vicino che, essendo un mezzo ancora poco diffuso alla fine del XIX secolo, è per loro un’apparizione straordinaria:

«Intorno a Parigi, non avevan tardato a sorgere degli aerodromi, i quali sono per gli aeroplani quel che i porti sono per le navi. E poiché dal giorno in cui, nei pressi della Raspelière, l’apparizione quasi mitologica d’un velivolo, che aveva fatto impennare il mio cavallo, era stata per me come un’immagine simbolica della libertà, sceglievo spesso, alla fine della giornata, come mèta delle nostre passeggiate – gradita, del resto, anche da Albertine, appassionata per tutti gli sport – uno di quegli aerodromi»65.

Il carattere singolare e sbalorditivo dell’invenzione dell’aeroplano è riportato in sceneggiatura da Flaiano, che sceglie di aprire il progetto proprio sulla visione del velivolo da parte del Narratore:

«… Nel sole, tra due grandi ali d’acciaio scintillante di un aereo di vecchio modello, una figura indistinta, un uomo. L’aereo sembra esitare e vola molto basso, a una cinquantina di metri sul mare. Il rumore del motore si fa più forte, l’immagine dell’aereo riempie lo schermo.

P.P. del Narratore. È molto commosso da quella visione magica. L’ombra dell’aereo passa su di lui. Gli occhi gli si riempiono di lacrime. Immobile e sgomento, segue…

… le evoluzioni dell’aeroplano»66.

63 Ivi, vol. IV, pp. 200-201. Altrove Albertine definisce il tram «una caffettiera», in ivi, vol. II, p. 481.

64 P. Bairoch e E. J. Hobsbawm (a cura di), Storia d’Europa. L’età contemporanea:

secoli XIX-XX, Einaudi, Torino, 1996, p. 573.

65 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. V, p. 104. 66 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 22.

(28)

I primi volumi del romanzo riportano l’uso della «carrozza»67 e del

«buggy»68 e dei mezzi pubblici come l’«omnibus»69, retaggi di un

passato che sta per essere spazzato via dalle possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico.

Infine, l’altro mezzo di trasporto nominato dal Narratore è la bicicletta che, sebbene sia legata a un uso sportivo o di puro piacere, è il mezzo più diffuso alla fine del XIX secolo:

«Tuttavia nell’immediato, nel campo dei trasporti, ancor più importante delle autovetture è la bicicletta, che ha una grandissima diffusione sin dall’ultimo decennio dell’Ottocento: molto meno costosa dell’automobile, maneggevole, non ingombrante, semplice da usare, la bicicletta diventa un bene di consumo con una domanda che raggiunge subito grandi proporzioni»70.

Albertine è il personaggio della Rercherche al quale è associato l’uso della bicicletta: nel secondo volume il Narratore nota il gruppo di “fanciulle in fiore” sulla passeggiata di Balbec, focalizzando la sua attenzione sulla ragazza con il “polo” in testa e l’abbigliamento sportivo della ciclista:

«Una di quelle sconosciute spingeva davanti a sé, con la mano, la sua bicicletta; altre due tenevano in mano mazze da golf; e il loro abbigliamento contrastava con quello delle altre fanciulle di Balbec, tra le quali, è vero, alcune si davano agli sport, ma senza usare per questo una tenuta speciale»71.

N e l Progetto di Flaiano i riferimenti ai mezzi di trasporto sono molteplici: la già citata «bicicletta»72 di Albertine, annunciata dal

suono ripetuto del campanello, il «treno»73, descritto nell’arrivo alla

stazione di Balbec e più volte citato nel corso del testo, e l’uso della «carrozza»74 compaiono nella prima parte della sceneggiatura.

67 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. I, p. 153. Altrove la carrozza prende il nome inglese “cab”, in ivi, vol. I, p. 392.

68 Un tipo di calesse, in ivi, vol. I, p. 122.

69 Ivi, vol. I, p. 395. «Carrozzone a cavalli, con un numero considerevole di posti, che nel sec. XIX era adibito ai servizi regolari di trasporto pubblico nelle grandi città» (Devoto Oli 2010).

70 A. M. Banti, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche

all’imperialismo, cit., p. 390.

71 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. II, p. 391. 72 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 31.

73 Ivi, p. 27. 74 Ivi, p. 85.

(29)

Ancora, il Narratore nomina il «tramway», a proposito del suono del corno che sente dalla strada e che si confonde con gli altri rumori della città:

«Egli alza il capo perché sente giù per la strada il fischietto del mercante di frattaglie,

il corno del tramway,

il ritornello del venditore di giocattoli»75.

Altrove, è presente il riferimento all’uso dell’automobile noleggiata dal Narratore:

«Un autista è appoggiato allo sportello di un’automobile parcheggiata davanti all’albergo.

Vediamo uscire dall’albergo il Narratore e Albertine che porta un cappello di paglia di Firenze con una veletta.

Aimé, il direttore, li segue.

Albertine vede l’automobile e ne rimane estasiata. NARRATORE. L’ho ordinata a Saint-Fargeau. È per voi. (…)

Aimé si avvicina all’autista e gli dà un ordine. L’autista scopre la capote»76.

Nel Proust di Pinter gli unici riferimenti a mezzi di trasporto citano l’uso di carrozze e automobili nel 1921, simboli di due diverse epoche ormai compresenti:

«In campo lungo, un uomo di mezza età (Marcel) avanza verso la casa del Principe di Guermantes (…).

Molte carrozze, alcune automobili, una piccola folla di autisti. Rumori dal vero»77.

Viene poi nominato il treno con l’appellativo di “trenino”:

«Interno. Carrozza ferroviaria. Trenino da «La Raspelière». 1901. Notte»78.

La sceneggiatura di Visconti-d’Amico presenta un numero maggiore di riferimenti ai mezzi di trasporto dell’epoca: nelle prime scene del progetto Marcel si reca a Balbec su un «trenino» a vapore di cui è descritto il movimento leggermente “affaticato”:

75 Ivi, p. 157. 76 Ivi, pp. 115-117.

77 H. Pinter, Proust, cit., pp. 3-4. 78 Ivi, p. 19.

(30)

«Il trenino che porta a Balbec avanza nella campagna assolata. Nessun altro segno di vita nel paesaggio, se non il trenino che procede lentamente – si direbbe faticosamente – con il suo alto pennacchio di fumo nero»79.

A Balbec Marcel incontra le “fanciulle in fiore”, una delle quali, Albertine, «tiene per il manubrio una bicicletta»80. Le ragazze sono

solite andare alle «corse della Sogne» con il tram, definito dispregiativamente “macinino” confrontandolo con la praticità della bici:

«ALBERTINE: Noi ci siamo andate col tram. Capisco che non vi diverta prendere quel macinino. Ci ha messo due ore! Con la mia bici sarei potuta andare e tornare tre volte!»81.

In un altro passo del testo viscontiano è descritto l’utilizzo di mezzi pubblici che Albertine deve prendere per andare da sua zia:

«ROSEMONDE (a Marcel): Albertine deve partire domattina per andare da sua zia, la signora Bontemps. È molto triste. Deve prendere il treno di buon’ora e andrà a dormire al Grand Hôtel. Da lì, con l’omnibus, potrà andare a prendere il primo treno, senza disturbare i suoi ospiti»82.

Ancora, «Marcel e Saint-loup scendono dal trenino che collega la città con i sobborghi»83, dove si recano per andare a trovare Rachel;

«Albertine, coprendosi il volto con il velo di chiffon, fa cenno allo chauffeur di aprire la cappotta della macchina»84 decappottabile che

Marcel ha affittato per loro; infine, si accenna alla «carrozza»85 che

Marcel bambino va a cercare per soccorrere sua nonna.

A proposito delle innovazioni in campo artistico la più rilevante è senz’altro la fotografia. Nelle Recherche troviamo riferimenti all’uso ormai desueto del «dagherrotipo»86 e all’inizio della

diffusione delle prime macchine fotografiche:

79 L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto, cit., p. 15. 80 Ivi, p. 20. 81 Ivi, p. 31. 82 Ivi, p. 35. 83 Ivi, p. 45. 84 Ivi, p. 98. 85 Ivi, p. 59.

(31)

«“Prima di tutto, non è una bellezza, poi riesce male in fotografia, sono istantanee che ho fatte io stesso con la mia Kodak”»87.

Il nuovo modo di guardare il mondo nasce anche con l’invenzione del cinema, ma di questo non c’è traccia nelle pagine proustiane. È nominata invece la «lanterna magica»88 con cui, da bambino, il

Narratore era solito fantasticare attraverso le immagini proiettate sulla parete:

«Nella grigia e provinciale Combray le loro vignette s’incastravano multicolori, come nella nera chiesa le vetrate dalle mobili gemme, come nel crepuscolo della mia camera le proiezioni della lanterna magica»89.

La lanterna magica è citata nel Proust di Pinter, il quale descrive il carattere ondulatorio delle immagini proiettate dall’apparecchio:

«Marcel (8 anni) da solo, con una lanterna magica.

L’immagine di Geneviève de Brabant (antenata della famiglia Guermantes) ondeggia sulle pareti e sul soffitto»90.

Inoltre, Pinter descrive il personaggio di Saint-Loup mentre scatta una fotografia alla nonna di Marcel, accennando alla posa tipica dei ritratti dell’epoca91:

«Saint-Loup con la macchina fotografica. Scatta la fotografia. Fotografia della Nonna.

87 Ivi, vol. II, p. 386.

88 «Era una scatola con una candela dentro e una lente anteriore, che proiettava sulle pareti di una sala buia delle figure disegnate su un vetro. Inizialmente la lanterna magica proiettava una sola immagine fissa, ma poco a poco una serie di invenzioni accessorie consentì di moltiplicare le immagini e di muoverle, almeno in parte; per esempio, facendo scorrere due o più lastre una sopra l’altra si poteva dare l’illusione di un cavaliere (mobile) che si avvicinava a un castello (fisso) o di due persone che si allontanavano una dall’altra», in S. Bernardi, L’avventura

del cinematografo: storia di un’arte e di un linguaggio, Marsilio, Venezia, 2007,

pp. 16-19.

89 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. II, p. 509. 90 H. Pinter, Proust, cit., p. 15.

91 Mi riferisco in particolare ai ritratti femminili di F. Nadar (1820-1910), pioniere della fotografia. Riporto la descrizione di Finette, datato 1860: «La mise en page est à la fois simple et gracieuse. Bien qu’il s’agisse d’une personne de mœurs très libre dont le maquillage est perceptible, il y a de la noblesse dans l’attitude générale de la jeune femme drapée dans son châle de cachemire, de la retenue dans le geste esquissée de la main et dans l’expression songeuse du visage qui ne fixe pas le spectateur mais baisse les yeux. Nadar détaille avec volupté le costume féminin, sans nullement écraser la modèle. C’est en artiste qu’il s'arrête sur le merveilleux nœud de soie claire formé par les brides du chapeau garni de dentelles et de fleurs – sorte de point d’orgue du portrait», in Nadar. Les Années

créatrice: 1854-1860. Paris, Musée d’Orsay, 7 juin – 11 septembre 1994; New

York, The Metropolitan Museum of Art, 3 avril – 9 juillet 1995, Réunion des musées nationaux, Paris, 1994, Catalogo della mostra, p. 75.

(32)

Il volto di lei, sofferente, nascosto accuratamente dall’ombra della tesa del cappello»92.

Anche nel progetto di Visconti-d’Amico viene ripresa la scena della seduta di posa della nonna di Marcel, dove i riferimenti alla pratica fotografica si fanno più dettagliati. Saint-Loup propone all’anziana signora di scattarle una foto con la sua Kodak:

«Cappello in testa, espressione severa, la Nonna è in posa.

VOCE F.C. DI SAINT-LOUP: Per favore, signora. Un’espressione più allegra…

A pochi passi dalla Nonna c’è Saint-Loup che mette a fuoco la sua piccola Kodak.

(…)

Saint-Loup scatta una prima fotografia, gira poi la pellicola per scattarne una seconda.

SAINT-LOUP (alla Nonna): Farò lo stesso un capolavoro. Se vostro nipote la prossima settimana verrà da me a Doncières, gli farò trovare pronte le copie.

Saint-Loup ha scattato una seconda fotografia e ora chiude l’astuccio della macchina con cura, avvicinandosi alla Nonna»93. Nella sceneggiatura di Flaiano è menzionata la «cronofotografia»94,

sperimentata da Muybridge e Marey nel 1878 per studiare il movimento95.

L’epoca storica è raccontata nella Recherche, così come nei progetti cinematografici, attraverso la panoramica delle innovazioni tecniche che, determinando una nuova svolta nel progresso e nella quotidianità delle persone, sono uno degli ambiti fondamentali per la descrizione del XIX secolo.

92 H. Pinter, Proust, cit., p. 53.

93 L. Visconti e S. Cecchi d’Amico, Alla ricerca del tempo perduto, cit., pp. 29-30. 94 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 255.

95 «A parere di molti, sono proprio loro, i due esponenti della cosiddetta cronofotografia, i veri inventori del cinema, coloro insomma che si sono avvicinati di più alla soglia che divide l’immagine fotografica fissa da quella in movimento, senza spingersi oltre per il semplice fatto che – pur creando sequenze temporali di immagini –, non hanno tuttavia elaborato un dispositivo per proiettarle», in B. Di Marino, Pose in movimento. Fotografia e cinema, Bollati Boringhieri, Torino, 2009, p.17.

(33)

1.1.3. I riferimenti culturali.

I riferimenti culturali presenti nel romanzo sono numerosissimi: il Narratore cita continuamente nomi del mondo della musica, dell’arte, della letteratura, del teatro e dell’architettura, delineando uno spaccato culturale estremamente ampio.

Molti dei riferimenti che ho rintracciato nel testo rimandano a epoche che si allontano dal sistema di segni storici che sto analizzando: nomi come «Dante»96, «Gentile Bellini»97,

«Mantegna»98 o «Leonardo»99 sono espressione dell’universalità

dell’arte che trascende dall’epoca e dal contesto in cui sono nominati. I segni del tempo sociale sono rintracciabili, invece, nella comparsa di personalità strettamente legate al periodo ottocentesco che fa da cornice temporale alla Rercherche. Uno dei passi più significativi, da questo punto di vista, racconta della partecipazione di Swann a una mostra di Corot, uno degli esponenti del Realismo della Scuola di Barbizon100:

«Esse mostrarono maggior interesse quando, la vigilia del giorno che Swann doveva venire a pranzo, e aveva mandato a loro personalmente una cassa di vino di Asti, la zia, tenendo in mano un numero del Figaro, dove, a lato del nome d’un quadro esposto a una mostra di Corot, c’erano queste parole: “appartenente alla collezione del signor Charles Swann”»101.

96 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. I, p. 180. 97 Ivi, vol. I, p. 177.

98 Ivi, vol. I, p. 343. 99 Ivi, vol. I, p. 177.

100 «A Barbizon, presso Fontainebleau, da tempo meta preferita dei paesaggisti parigini, si forma, verso il 1830, una vera e propria scuola che si affianca al Realismo di Courbet, animata da Théodore Rousseau, Jean-François Millet, Charles-François Daubigny, insieme al più anziano Camille Corot», in P. De Vecchi e E. Cerchiari, Arte nel tempo. Dall’età dell’Illuminismo al tardo

Ottocento, Bompiani, Milano, 2000, p. 195.

(34)

Proust dedica un’attenzione particolare anche agli Impressionisti102,

riportando le principali posizioni del dibattito critico103 a proposito

del valore innovativo della loro pittura. Tra gli artisti citati troviamo «Manet»104, «Degas»105, «Monet»106 e «Renoir»107:

«Ed ecco che il mondo (il quale non è stato creato una volta sola, ma tutte le volte che è sopraggiunto un artista originale) ci sembra completamente diverso da quello di prima, ma perfettamente chiaro. Passano signore nella via, diverse da quelle di prima, perché ora sono altrettanti Renoir, quei Renoir in cui ci rifiutavamo un tempo di riconoscere delle donne. E anche le carrozze sono dei Renoir, e l’acqua, e il cielo»108.

Di particolare rilievo, a proposito dell’arte figurativa, è la figura di «Vermeer»109 che, sebbene appartenente a un’epoca passata

(seconda metà del Seicento), ha un ruolo di primo piano nel romanzo proustiano. Il personaggio di Swann è un intenditore di Vermeer e dei pittori olandesi seicenteschi (è citato anche Pieter van Hooch110) di cui ammira il realismo e la capacità di

rappresentare la luce. Il muro giallo della Veduta di Delft è il simbolo della perfetta capacità descrittiva dell’arte e della letteratura111:

«Avendo letto nell’articolo di un critico che, nella Veduta di Delft di Vermeer (che un museo dell’Aja aveva prestata per una mostra

102 «Il gruppo accetta il termine “Impressionismo” che, sebbene in origine attribuito in senso dispregiativo alla loro pittura giudicata incolta e rozzamente sommaria, si adattava in effetti allo stile nuovo, capace di rendere con immediatezza la percezione visiva del mondo naturale, cioè proprio l’“impressione” (…). Della realtà essi prediligevano soprattutto la luce: è proprio l’osservazione dei suoi effetti di incidenza sull’acqua a sollecitare l’invenzione di una nuova tecnica, in virtù della quale il colore, steso in rapida successione di piccoli tocchi, annulla i contorni netti per tradurre sulla tela gli effetti istantanei e mutevoli della percezione visiva», in P. De Vecchi e E. Cerchiari, Arte nel tempo. Dall’età

dell’Illuminismo al tardo Ottocento, cit., pp. 206-207.

103 «In nome del cielo, dopo un pittore come Monet, che è semplicemente un genio, non mi venite a parlare d’un vecchio barbogio senza talento come Poussin! Vi dirò nudo e crudo che lo trovo il più barboso dei seccatori. Che volete, non posso chiamare pittura quella roba! Monet, Degas, Manet, sì, sono dei pittori!», in Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. IV, p. 228.

104 Ivi, vol. II, p. 467. 105 Ivi, vol. IV, p. 236. 106 Ibidem.

107 Ivi, vol. III, p. 358. 108 Ibidem.

109 Ivi, vol. I, p. 212.

110 «Come in quei quadri di Pieter van Hooch, resi più profondi dalla stretta inquadratura d’una porta semiaperta, a gran distanza, di un colore diverso, nel velluto d’una luce interposta», in ivi, vol. I, p. 233.

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di pittura olandese), quadro che egli adorava e credeva di conoscere a fondo, una piccola ala di muro gialla, di cui non si ricordava, era dipinta così bene da apparire, a guardarla isolatamente, simile a una preziosa opera d’arte cinese, di una bellezza che basta a se stessa, Bergotte mangiò un po’ di patate, uscì e si recò alla mostra (…).

Infine, giunse davanti al Vermeer, che egli si ricordava più sfolgorante, più diverso da tutto quel che conosceva, ma dove, grazie all’articolo del critico, notò per la prima volta dei piccoli personaggi turchini, il color roseo della sabbia e, infine, la preziosa materia della piccolissima ala di muro gialla. I suoi capogiri crescevano; egli fissava lo sguardo, come un bambino su una farfalla gialla che cerchi di catturare, sulla preziosa ala di muro gialla. “Così avrei dovuto scrivere”, – si disse. – “I miei ultimi libri son troppo secchi, ci volevano più strati di colore, bisognava render più preziosa la mia frase, come quella piccola ala di muro gialla”»112.

Nel passo appena citato il Narratore nomina «Bergotte»113, uno

scrittore fittizio nei confronti del quale nutre ammirazione e che sembra essere stato ispirato dalla figura di «Anatole France»114, uno

scrittore francese di fine Ottocento citato da Pinter in sceneggiatura115. Inoltre, nel corso del romanzo vengono nominati

altri scrittori ottocenteschi molto apprezzati dal Narratore: «George Sand»116, «Musset»117, «Stendhal»118, «Victor Hugo»119,

«Flaubert»120, «Zola»121 e «Balzac», della cui opera i personaggi

proustiani discutono per varie pagine:

«Quando, dopo aver guardato la bella rilegatura del suo Balzac, gli chiesi quale opera preferisse nella Comédie humaine, lui mi rispose, guidando il proprio pensiero verso un’idea fissa: – L’una come l’altra, le piccole miniature come Le Curé de Tours e La

Femme abandonnée o i grandi affreschi, come la serie delle Illusions perdues»122.

112 Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. V, pp. 188-189. 113 Ivi, vol. II, p. 52.

114 L. De Maria (a cura di), Album Proust, cit., p. 54. 115 H. Pinter, Proust, cit., p. 50.

116 «Il ricordo di quanto mi era m’era apparso inesplicabile nella trama di François le Champi, quando la mamma mi aveva letto il libro di George Sand, eccolo risvegliato in me da quel titolo», in Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. VII, p. 214.

117 Ivi, vol. I, p. 43.

118 «Il nome di Parma, una delle città dove più desideravo andare dopo che avevo letto La Chartreuse, m’appariva compatto, liscio, dolce e color malva», in ivi, vol. I, p. 412.

119 Ivi, vol. II, p. 10. 120 Ivi, vol. III, p. 513. 121 Ivi, vol. III, p. 545. 122 Ivi, vol. IV, p. 479.

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Nella sceneggiatura di Flaiano uno dei pochi riferimenti letterari è proprio relativo a un’opera di Balzac, di cui il barone de Charlus possiede una copia:

«Vi mostrerò una curiosa edizione del Cabinet des Antiques con alcune correzioni di mano di Balzac. Sarò felice di porre a confronto i due Victurnien»123.

Fanno parte del quadro storico analizzato anche i giornali dell’epoca citati dal Narratore: i «Debats»124, che una passante

legge quotidianamente seduta su una panchina degli Champs-Élysées, la «Revue des Deux Mondes»125, «Le Figaro»126, sul quale

il Narratore riesce a pubblicare un suo racconto127, il «Journal

Officiel»128, i cui numeri ingombrano la casa del signor Bloch,

l’«Echo de Paris»129, il «Times»130, il principale giornale britannico

– segno di una profonda attenzione alla moda e alla cultura inglese –, e il «Corriere della sera»131 che il Narratore legge durante il

soggiorno veneziano.

I quotidiani compaiono nei progetti cinematografici in minima parte: Flaiano menziona il «Figaro»132 a proposito dell’articolo del

Narratore; Pinter cita il «Times»133, nel quale, in un articolo di

fondo, si parla del barone de Charlus; Visconti inserisce in sceneggiatura sia il «Figaro»134, «abbandonato sul letto di Marcel»,

sia la «Revue des deux mondes»:

123 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 72.

124 «Mentre i nipotini giocavano più lontano, ella leggeva sempre il Journal des

Débats che chiamava “i miei vecchi Débats», in Proust M., Alla ricerca del tempo perduto, cit., vol. I, p. 422.

125 Ivi, vol. II, p. 15. 126 Ivi, vol. II, p. 166.

127 «Avevo lasciato cadere ai miei piedi «Le Figaro» che facevo comperare scrupolosamente tutti i giorni, da quando gli avevo mandato un articolo che non era ancora uscito», in ivi, vol. III, p. 381.

128 Ivi, vol. II, p. 379. 129 Ivi, vol. IV, p. 167. 130 Ivi, vol. III, p. 311. 131 Ivi, vol. VI, p. 229.

132 E. Flaiano, Progetto Proust, cit., p. 135. 133 H. Pinter, Proust, cit., p. 76.

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