1
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA Facoltà di Economia
Corso di laurea specialistica in:
Banca Finanza Aziendale e Mercati Finanziari
Tesi di Laurea
Una visione alternativa: la Finanza di Mandelbrot
RELATORE
Prof. Fabrizio Bientinesi
CANDIDATO Lorenzo Biscioni
2 INDICE
INDICE ... 2
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE ... 3
CAPITOLO 2: La teoria moderna della finanza ... 8
2.1 L’edificio della finanza moderna ... 8
2.2 Bachelier, il padre fondatore ... 11
2.3 La teoria del portafoglio di Markowitz ... 16
2.4 Sharp e il CAPM ... 22
2.5 Black and Scholes e la valutazione del rischio ... 25
2.6 La dottrina dominante ... 30
CAPITOLO 3: LA CRITICA DI MANDELBROT ... 32
3.1 La razionalità degli investitori ... 32
3.2 Aspettative omogenee ... 39
3.3 Continuità dei prezzi ... 40
3.4 Il Moto Brownianiano ... 41
CAPITOLO 4: IL MISTERO DEL COTONE ... 46
4.1 Una legge di potenza inaspettata ... 49
4.2 Una legge di potenza in economia ... 51
4.3 La distribuzione di Levy ... 53
4.4 Il significato del Cotone... 57
CONCLUSIONI ... 67
3
CAPITOLO 1: INTRODUZIONE
Non si può sfuggire al fascino delle idee anticonformiste di
Mandelbrot1, un matematico atipico per più motivi ma soprattutto
per quella sua passione per l’economia e per la finanza in
particolare. Le peculiarità di Mandelbrot come scienziato sono state quella di essere considerato un outsider in ogni contesto
intellettuale in cui si è ritrovato a lavorare, quella di essere un fervente sostenitore della riscoperta delle intuizioni geometriche come strumento di ricerca per le teorie matematiche e quella di non aver aderito alla corrente di pensiero matematica dell’epoca: il “Bourbakismo”. A differenza di tanti suoi colleghi che aderendo alle idee del circolo di Bourbaki hanno teorizzato e praticato per gran parte della loro vita una matematica esclusivamente teorica fine a se stessa, Mandelbrot ha sempre avuto un approccio più pratico ed ha cercato fino alla sua morte avvenuta nel 2010, di applicare le sue innovative teorie matematiche a vari aspetti della nostra vita. Noto principalmente per i suoi studi sulla geometria frattale, materia della quale è riconosciuto fondatore, uno dei suoi campi di ricerca
preferiti è stato quello dei mercati finanziari ai quali dedicò una serie di articoli incredibilmente originali tra il 1962 e il 1972. Il suo
maggior merito in questo campo è stato quello di intuire prima di tutti come il rischio, inteso come varianza o variabilità, fosse in
1 Benoit B. Mandelbrot, nato a Varsavia nel 1924 e morto a … nel 2010, si è
formato in Francia e successivamente negli Stati Uniti dove fu professore emerito di Matematica alla Yale University. Considerato l’inventore della Geometria frattale sulla quale ha pubblicato numerosi articoli e volumi divulgativi. A partire dagli anni Sessanta si è dedicato allo studio della Finanza.
4
realtà più grande di quanto si riconosca in genere, prefissandosi come obiettivo quello di poter arrivare ad una migliore valutazione del rischio e comprensione del modo in cui il rischio dirige i mercati; inoltre il suo lavoro di ricerca in campo economico fu un importante input per il suo successivo lavoro innovativo riguardante i frattali. Mandelbrot è diventato famoso per aver ideato la geometria
frattale e averne illustrato le possibili applicazioni in vari settori dove regnano sistemi caotici. Un frattale, un termine da lui coniato dal latino “fractus” che significa spezzato rotto, è una forma geometrica che si può suddividere in parti più piccole, ciascuna delle quali è una ripetizione dell’intero insieme in scala minore.2 Questa branca della
matematica evita linee regolari e i piani della geometria euclidea ma le applicazioni sono incredibilmente vaste ovunque vi sia
irregolarità3. Prima della geometria frattale non era mai stata
pensata un’adeguata teoria che trattasse l’irregolare, ovvero tutte le irritanti imperfezioni che di norma vengono ignorate quando si presentano. Studiando l’irregolarità, Mandelbrot ha scoperto un ordine frattale là dove altri avevano visto solo un fastidioso disordine. I mercati finanziari sono un classico esempio di sistema caotico dove irregolarità ed eventi teoricamente inattesi avvengono con frequenza tutt’altro che bassa. Dalla struttura matematica della
2 Si hanno molti esempi di forme frattali presenti in natura. Mandelbrot
menziona le linee costiere, i bacini idrografici dei fiumi, le catene
montuose, i fulmini, le nuvole, i rami di un albero,le foglie, i fiocchi di neve, i cristalli, i fiori di gelo sui vetri, i coralli, le stelle e i ricci di mare, i cavoli di Bruxells, il sistema vascolare, il sistema di alveoli e i polmoni dell’uomo e degli animali
3 Notevole il contributo che la disciplina della matematica frattale ha dato
in campi come la meteorologia, la sismologia, l’astronomia, l’idrografia e nel miglioramento della computer grafica.
5
geometria frattale emerge una distinzione fra tre stati di casualità: lieve, lenta e selvaggia. La teoria finanziaria tradizionale presuppone che sia possibile modellare la variazione dei prezzi mediante
processi casuali che seguono lo schema di casualità lieve, il più semplice; come se ogni aumento e ogni diminuzione di prezzo fossero determinati dal lancio di una moneta. Quel che i frattali mostrano è che basandosi su questo criterio, i prezzi reali si comportano in maniera errata. Per Mandelbrot la visione frattale è l’unica ad affrontare le elevate probabilità di variazioni “estreme” dei prezzi.
In tal senso i suoi studi sui sistemi economici e sui mercati finanziari sono particolarmente rilevanti, perché non sono stati condotti da un esperto economista ma da un matematico con una forte impronta scientifica e sperimentale, ma questo come vedremo non è
necessariamente una novità, la novità sta nel fatto che Mandelbrot non si è limitato ad evidenziare gli aspetti critici di quello che lui stesso chiama l’edificio della teoria finanziaria moderna, ma ha anche offerto una possibile alternativa al pensiero classico che ha nella geometria frattale la sua chiave di lettura. Lui stesso ammette di non aver ancora capito con esattezza cosa muova i prezzi dei mercati finanziari di tutto il mondo e ha auspicato più volte che la strada della finanza frattale da lui intrapresa possa essere portata avanti da altri matematici ed economisti. Quello di cui è stato da sempre fermamente convinto è che le teorie matematiche utilizzate per descrivere la variazione dei prezzi e il comportamento dei mercati ed accettate ormai da decenni come la teoria finanziaria
6
ortodossa siano pericolose perché basate su presupposti inesatti e perché non in grado di valutare correttamente la rischiosità dei mercati finanziari.
Rivedremo inizialmente i presupposti sui quali si basa tutto l’impianto della moderna finanza ed evidenzieremo come questi abbiano origini dalle idee di Bachelier. Vedremo poi il contributo decisivo apportato da Markowitz con la sua teoria del portafoglio, da Sharpe con il suo CAPM e da Black e Scholes con la loro formula per calcolare il valore delle opzioni.
Sono i capisaldi e gli elementi più importanti della teoria finanziaria. Pur non essendo applicati dalla totalità del mondo della finanza e pur essendo stati modificati e aggiustati con l’aggiunta di nuove idee dagli stessi addetti ai lavori, continuano in ogni modo ad essere i mattoni con cui è costruito l’edificio moderno della finanza. Mandelbrot vede in queste fondamenta il problema della Finanza.
La seconda parte dell’elaborato si focalizza sugli aspetti critici di tutta la teoria finanziaria soffermandosi su determinati aspetti che Mandelbrot si accorse essere contraddetti alla prova dei fatti. Si tratta sia di aspetti che riguardano il comportamento umano degli individui coinvolti a titolo di investitori nei mercati finanziari sia di aspetti riguardanti il comportamento dei prezzi. Per i primi verranno evidenziati una serie di studi che sono stati riuniti sotto la voce di economia comportamentale che mostrano come il comportamento degli investitori sia tutt’altro che razionale.
7
Un intero capitolo infine sarà dedicato allo studio sui prezzi del cotone. Analizzando cento anni di prezzi del cotone Mandelbrot dimostrò come nei fatti i mercati finanziari non seguano il
comportamento teorizzato da Bachelier e dai suoi seguaci. Verranno prima di tutto analizzati i tre indizi che hanno permesso a
Mandelbrot di risolvere il mistero del comportamento dei prezzi del cotone ovvero la legge di potenza implicita nell’andamento dei prezzi, la distribuzione dei redditi (ovvero un esempio di legge di potenza in economia) e l’inadeguatezza della curva gaussiana a descrivere il comportamento dei prezzi finanziari.
8
CAPITOLO 2: La teoria moderna della finanza
2.1 L’edificio della finanza moderna
Come già ricordato uno dei contributi più importanti che Mandelbrot ci ha lasciato come matematico e uomo di scienza riguarda la Finanza e la Matematica Finanziaria in particolare. Egli era profondamente convinto che la geometria frattale potesse offrire un grande contributo anche alla finanza e per questo motivo ha sempre cercato di far interagire lo sviluppo della geometria frattale con le ricerche sui mercati finanziari e sui sistemi economici. Il suo merito fu quello di aver analizzato come si distribuiscono i redditi, come scoppiano le bolle del mercato azionario, come variano le dimensioni delle aziende e come si muovono i prezzi finanziari4 con gli strumenti che la scienza
disponeva già e con i nuovi strumenti che riusciva ad aggiungere grazie ai suoi studi. Questi studi lo portarono ad affermare: “Vedo uno schema nell’andamento di questi prezzi, di certo non uno schema che potrà arricchire qualcuno; sono d’accordo con gli economisti ortodossi: probabilmente i corsi azionari non sono prevedibili in nessun senso utile del termine. Senza alcun dubbio però, il rischio segue effettivamente alcuni schemi che si possono esprimere matematicamente e modellare al computer. Pertanto la mia ricerca potrebbe aiutare le persone a non perdere tutto il denaro che perdono a causa della sconsiderata sottovalutazione del rischio della
4 L’analisi si è concentrata prevalentemente sul prezzo del cotone, sul
9
rovina. Considerando i mercati come un sistema scientifico, prima o poi potremmo riuscire a costruire un’industria finanziaria più forte e un sistema di controllo migliore”. Dalle sue parole emerge come la sua ricerca parta dall’intuizione, confermata in un secondo momento dall’analisi dei dati, che il rischio inteso come variabilità nei prezzi del mercato sia in realtà molto sottovalutato. Mandelbrot prese infatti una posizione fortemente critica nei confronti della teoria ortodossa degli investimenti e dei mercati finanziari, una teoria che è utile passare in rassegna seguendo lo schema proposto dallo stesso matematico francese. Il percorso evolutivo che questa materia ha compiuto iniziò, ad esclusione di qualche precedente di minor rilievo5, con Louis Bachelier e la sua tesi di dottorato del 1900. Nella
sua tesi, intitolata Théorie de la Spéculation, il matematico francese per descrivere il comportamento dei mercati proponeva un’idea che successivamente verrà sviluppata da autori come Maurice Kendall e Alfred Clowles e che prenderà il nome di “random walk hypotesis”. Bachelier riteneva che i cambiamenti di prezzo dei titoli sui mercati finanziari fossero casuali con media pari a 0 e che quindi la distribuzione delle variazioni di prezzo fosse una Gaussiana. Questa idea fu la base per lo sviluppo delle seguenti idee come la Teoria del portafoglio ottimo di Markowitz, come il CAPM di Sharpe o come la formula di Black e Scholes per prezzare le opzioni. Le idee di Bachelier non riscontrarono immediatamente l’approvazione dei suoi colleghi che forse non ne intuirono le potenzialità, infatti queste furono per
5 Nel 1863 un mediatore di Borsa francese, Jules Regnault, aveva teorizzato
che più a lungo si possiede un titolo più si può guadagnare o perdere per le variazioni del suo prezzo e aveva persino individuato una formula precisa.
10
qualche decennio messe da parte fino a quando Harry Markowitz nella sua tesi trattò come argomento il mercato finanziario ritenendo che gli investitori fossero influenzati nella scelta di un titolo non solo dal potenziale profitto di questo ma anche dalla sua rischiosità in termini di oscillazione di un titolo rispetto all’oscillazione del mercato. Il suo importante contributo fu quello di tradurre i due concetti di rischio e redditività in termini matematici, ovvero media e varianza. Una delle principali problematiche dell’idea di Markowitz era la complessità e la quantità di calcoli. Questo problema fu risolto da un giovane economista William F. Sharpe e dalla sua tesi sulla semplificazione del modello del portafoglio elaborata con la supervisione dello stesso Markowitz. Sharpe ipotizzò un mercato nel quale tutti gli investitori agivano le regole di Markowitz, ed il sorprendente risultato dell’esperimento fu che non esisteva un portafoglio efficiente per ogni persona, bensì un unico portafoglio uguale per tutti. Gli ultimi in ordine di tempo ad aver contribuito in maniera importante alla moderna teoria finanziaria sono Fisher Black e Myron S. Scholes i quali idearono una formula in grado di calcolare o meglio stimare un prezzo ragionevole per i contratti a premio. Da quel momento la compravendita di opzioni che era una piccola e costosa attività condotta fuori dai mercati regolamentati divenne un nuovo tipo di mercato, il mercato delle opzioni. Dunque possiamo dire che le idee di questi scienziati sono diventati la dottrina di quella che oggi viene chiamata la teoria moderna della finanza avendo trovato nei mercati regolamentati di tutto il mondo operatori disposti a seguire ed applicare i loro insegnamenti. Va detto però che
11
dall’osservazione del comportamento degli operatori di borsa, gli insegnamenti di Bachelier e dei suoi “discepoli” non vengono assolutamente applicati alla lettera. Di fatto, osservando una sala contrattazioni con gli occhi dei puristi accademici, si vedono moltissimi comportamenti sbagliati6.
2.2 Bachelier, il padre fondatore
Tra le prove da superare per ottenere la laurea all’Università di Parigi Bachelier dovette anche esporre una sua ricerca originale. L’argomento della tesi, intitolata “Thèorie de la Spèculation”, era insolito per il mondo accademico francese in quanto trattava il tema della speculazione intesa come operazione a fini di lucro, che in quegli anni in Francia significava prevalentemente la compravendita di titoli di stato alla borsa di Parigi. In Francia allora come oggi la speculazione incontrollata godeva di una fama tutt’altro che buona; gli investimenti erano socialmente auspicabili ma non la pura e semplice speculazione, l’agiotage. Il giudizio dei professori tra i quali vi era anche Henri Poincaré, uno dei più acclamati matematici di tutti i tempi, si limitò ad una decorosa mention honorable, senza riconoscere a Bachelier i massimi onori che gli avrebbero facilitato una grandiosa carriera matematica. Bachelier fece infatti la spola per tutta la Francia come insegnante delle superiori e assistente universitario a Parigi, Besancon, Digione e Rennes ma per sua fortuna,
6 Secondo Mandelbrot questa è una prova del fatto che teoria finanziaria e
12
la tesi fu pubblicata nel 1964 in lingua inglese7 e non fu cancellata
dalla storia che lo ha giudicato più benevolmente di quanto fecero i suoi contemporanei. La sua tesi gettò infatti le basi della teoria finanziaria, basandosi sulle sue idee, gli economisti hanno costruito un’elaborata ed esauriente teoria dei mercati, degli investimenti e della finanza. Anche se la maggior parte dei professionisti e degli esperti finanziari, procedendo in base all’esperienza e all’intuizione, ha modificato le formule specifiche, adottandole alle esigenze, i principi generali di Bachelier continuano a essere la struttura usata per descrivere l’attività dei mercati finanziari di tutto il mondo. Dalle sue idee emerge prima di tutto la consapevolezza che la previsione dei movimenti dei titoli finanziari non potrà mai diventare una scienza esatta, ma che è possibile soltanto studiarne il comportamento per giungere a una conoscenza meno approssimativa. Bachelier nella sua tesi identificava due diverse tipologie di probabilità: la probabilità “mathèmatique”, tipica dei giochi d’azzardo e che si può calcolare a priori e la probabilità condizionata dagli eventi che possono verificarsi, e che di conseguenza non può essere calcolata matematicamente ma soltanto analizzata a posteriori. Una delle intuizioni fondamentali di Bachelier nella sua tesi fu proprio quella di dover considerare un medesimo evento da due punti di vista diversi: un punto di vista consistente in un’analisi prima dell’evento cioè ex-ante e il secondo consistente in un’analisi della situazione ex-post. Dopo che un prezzo è cambiato, si può esaminarlo e attribuire a tale cambiamento una serie di cause ed effetti ma prima della variazione
13
sarebbe stato difficile immaginare l’arrivo di queste notizie e prevedere come il mercato avrebbe reagito a queste. Bachelier riteneva questa impostazione inutile perché impossibile da applicare per le difficoltà nel prevedere con precisione una successione di eventi; si concentrò sull’altra impostazione cercando per primo, di stimare la probabilità matematica della variazione dei prezzi, lo fece in maniera brillante utilizzando per descrivere il comportamento dei prezzi delle azioni un’analogia con la diffusione del calore attraverso una sostanza, rendendosi conto che entrambi i processi sono imprevedibili con precisione. Partendo da questo presupposto, elaborò un modello che considerava il mercato delle obbligazioni come un “gioco equilibrato” ovvero un gioco dove era possibile conseguire con la medesima probabilità un risultato positivo, ovvero un aumento dei prezzi delle obbligazioni oppure una loro riduzione, con la stessa probabilità del 50%. Questo modello può essere paragonato al lancio di una moneta nel quale vi è sempre la stessa probabilità di ottenere testa oppure croce. Se infatti guadagno una certa cifra ogni volta che esce testa e perdo la stessa cifra ogni volta che esce croce alla fine di una serie di lanci nel linguaggio delle probabilità dovrei aspettarmi un profitto pari a 0. Allo stesso modo i prezzi compiono una serie di movimenti aleatori, un cammino casuale utilizzando la metafora adottata dai successori di Bachelier, ma la miglior previsione possibile del prezzo in un qualsiasi momento futuro è il prezzo di partenza. In mancanza di nuove informazioni che possano alterare l’equilibrio tra domanda e offerta il prezzo di un’obbligazione può salire o scendere e lo scostamento può essere
14
piccolo o grande ma il prezzo in media oscillerà intorno al prezzo di partenza. Ogni variazione di prezzo inoltre, non ha relazione con la precedente ed è generata dal medesimo processo immutabile e misterioso, che guida i mercati. Parlando in termini statistici, le variazioni dei prezzi formano una sequenza di variabili casuali indipendenti e identicamente distribuite. I prezzi in altre parole percorrono una traiettoria aleatoria definita appunto “random walk”, “cammino casuale” che non dipende da eventi trascorsi ma esclusivamente da nuove informazioni giunte al mercato sottolineando implicitamente che i prezzi non dispongono di una memoria. Da questa affermazione si deduce che le variazioni dei prezzi siano una serie di variabili casuali indipendenti ed identicamente distribuite, poiché disponendo in un diagramma le variazioni di prezzo di un titolo in funzione di un periodo di riferimento temporale, come un mese o un anno, si potrebbe scorgere una configurazione grafica a campana in cui le variazioni numerose e di entità esigue si disporrebbero nella parte centrale del grafico, mentre le variazioni di maggior intensità ma che si verificano con una bassissima frequenza, nelle parti estreme del grafico stesso.
Negli anni successivi alla pubblicazione della sua tesi, Bachelier verificò empiricamente le conclusioni a cui era giunto. Analizzando l’andamento dei prezzi dei contratti a termine e dei contratti a premio8, Bachelier ottenne notevoli conferme sulla bontà del proprio
8 Sono contratti nel quale gli investitori si impegnano ad acquistare una
certa somma di titoli, a una certa data futura e ad un determinato prezzo. In questo modo è possibile guadagnare o perdere sulle variazioni del prezzo di un titolo senza averne mai l’effettiva disponibilità. Nel contratto a
15
lavoro, le stime a priori calcolate sulla base del proprio modello risultarono molto vicine alla verifica a posteriori dei dati reali. Nel corso del Novecento, la teoria del matematico francese venne denigrata da molti accademici critici nei confronti del suo lavoro.
Il nome di Bachelier ricomparve nella teoria economica solo nel 1956, quando fu riconosciuto come precursore in una tesi sui prezzi delle opzioni redatta da uno studente di Paul A. Samuelson, un economista del MIT. L’idea di “gioco equilibrato” prese piede negli anni seguenti e gli economisti riconobbero le virtù pratiche di una descrizione dei mercati in funzione delle leggi del caso e del moto Browniano. Negli anni Sessanta e Settanta, Eugene F. Fama le inserì in una cornice teorica più generale quando formulò la cosiddetta “ipotesi del mercato efficiente” “Efficient Market Hypotesis”. L’idea fondamentale della teoria non si discosta di tanto dalle idee di Bachelier ed è che in un mercato pienamente efficiente i prezzi dei titoli riflettono tutte le informazioni pertinenti. Il mercato è in ogni momento in equilibrio, l’offerta dei venditori compensa perfettamente la domanda dei compratori e viceversa; di conseguenza il prezzo è necessariamente quello corretto in altre parole, il prezzo ufficiale riflette la miglior ipotesi complessiva del mercato in merito al probabile rendimento dell’azione. Ulteriore conseguenza di questa teoria è che per un investitore ottenere rendimenti più alti del rendimento del mercato è impossibile. Ad ogni
premio in più, uno dei due contraenti si riserva la possibilità di recedere dal contratto oppure dichiararsi acquirente o venditore previo pagamento di un premio in denaro.
16
nuova notizia i prezzi salgono o scendono fino a raggiungere un nuovo equilibrio e la successiva variazione dei prezzi, ancora una volta, ha le stesse probabilità di andare nell’una o nell’altra direzione. Questo non vuol dire che non si possa vincere, anzi si può prevedere di vincere metà delle volte e di perdere le altre volte ma in media il rendimento atteso sarà esattamente quello del mercato. Teoricamente è dunque impossibile ottenere rendimenti più alti del mercato e quindi inutile cercare di farlo. Riassumendo il modello iniziò con il concetto di gioco equo e di informazione perfetta promosso da Bachelier nella sua tesi e si sviluppò analizzando i mercati finanziari nella “random walk theory”, teoria secondo la quale il prezzo di un asset si muove percorrendo una traiettoria indipendente dal percorso coperto in precedenza e nella “efficient market hypotesys” secondo la quale i prezzi rilevati in un determinato istante riflettono pienamente tutte le informazioni disponibili. Il modello di Bachelier si basava su una analisi di natura prettamente probabilistica che descrive l’andamento dei prezzi con un processo stocastico applicando quindi tutti i vari strumenti statistici tra cui la distribuzione normale o gaussiana.
2.3 La teoria del portafoglio di Markowitz
Il primo passo nell’applicazione delle idee di Bachelier fu compiuto da Harry Markowitz il quale fin dai suoi anni all’Università di Chicago si dimostrò interessato all’economia dell’incertezza ovvero allo studio dei metodi che portano gli individui a scegliere di investire in un
17
progetto piuttosto che in un altro o in un’azione piuttosto che in un’altra. Harry Markowitz pubblicò un articolo, “Portfolio Selection” pubblicato sul “Journal of Finance” nel 1952, nel quale propose un modello innovativo per spiegare il comportamento degli investitori nel mercato finanziario. Il modello sviluppato da Markowitz si fonda sulle seguenti ipotesi: gli investitori selezionano i portafogli sulla base del rendimento medio atteso e del rischio atteso, l’orizzonte temporale è uniperiodale9 e gli investitori sono avversi al rischio. In
quegli anni la tesi prevalente era che per stimare il valore di un’azione si dovesse prevedere prima di tutto i dividendi che saranno distribuiti per poi modificarne la previsione tenendo conto di inflazione e di altri fattori che rendono la previsione incerta. Markowitz si accorse presto che gli investitori non ragionano in modo così semplicistico e non considerano solo ed esclusivamente il loro potenziale profitto. Se così fosse la loro scelta ricadrebbe su un’unica azione, la migliore secondo la loro previsione. La realtà dei fatti è molto più complessa gli investitori pensano anche a diversificare gli investimenti, giudicano un’azione anche in base a quanto il suo prezzo oscilla in confronto a quello di altre azioni, non considerano solo la rimunerazione ma anche il rischio, a cui sono avversi, sono influenzati nella scelta anche dalla paura per questo comprano azioni diverse componendo un portafoglio titoli. La tesi elaborata da Markowitz, che dal punto di vista pratico si rivelò quasi da subito attraente, proponeva per valutare un portafoglio due indici, la redditività e il rischio che si
9 Tutti gli investitori hanno il medesimo orizzonte temporale per i loro
18
traducevano in termini matematici in media e varianza o deviazione standard10. Il cosiddetto criterio media-varianza, è abbastanza
semplice: dati due portafogli di investimenti tra cui scegliere, si sceglie quello che ha il massimo rendimento atteso e la minima varianza ovvero il minor rischio. Il primo si prevede con gli strumenti standard degli analisti finanziari: si elaborano previsioni su ricavi, utili e altri dati di bilancio, si cerca di capire quale sarà l’evoluzione riguardo la politica di distribuzione dei dividendi e si cerca anche il maggior numero di notizie su management assetto proprietario e altri aspetti di rilievo. Dopo di che per calcolare la media si prende semplicemente il rendimento atteso di ogni titolo del portafoglio e lo si moltiplica per il suo peso all’interno del portafoglio. Nel caso per esempio di un portafoglio composto per il 40% da un titolo A per cui si prevede un rendimento atteso del 5% e composto per il restante 60% da un titolo B con rendimento atteso pari al 10%, si avrà un rendimento complessivo del: 5 X 0.4 + 10 X 0.6 = 8%.
Più complesso è invece stimare il rischio del portafoglio titoli dal momento che non basta fare una semplice media pesata delle singole varianze. Infatti il suo risultato complessivo può essere superiore o inferiore alla somma delle parti questo perché le azioni hanno una certa tendenza a salire e a scendere insieme, i loro movimenti sono in una certa misura correlati. Il nodo della teoria del portafoglio di Markowitz sta proprio in questo, nel grado di correlazione tra azioni; mescolando in un portafoglio azioni che hanno un comportamento
19
opposto in una stessa fase di contrattazione è possibile diminuire il rischio complessivo del portafoglio. Due azioni che tendono a crollare nello stesso momento tendono ad essere un portafoglio più rischioso di due che vanno in direzioni opposte. La formula della varianza di un portafoglio P composto da due titoli 1 e 2 è:
σP2 = X12 × σ12 + X22 × σ22 + 2 × X1 × X2 ×σ1 ×σ2 × ρ12
LEGENDA:
σP2 = varianza del portafoglio p
X1=peso del titolo 1 all’interno del portafoglio p
σ1=deviazione standard del titolo 1
X2=peso del titolo 2 all’interno del portafoglio p
σ2=deviazione standard del titolo 2
ρ12= grado di correlazione (-1;+1)
Ad esempio supponiamo che la volatilità, o deviazione standard, sia 10% per il titolo 1 e il 15% per il titolo 2. Inserendo i numeri alla formula sopra l’equazione diventa:
σP2 =(0.42 X 0.102)+(0.62 X 0.152)+2 X 0.4 X 0.6X 0.10 X 0.15 X ρ12
20
Il grado di correlazione ρ12 può assumere valori compresi tra -1 e 1.
Chiaramente più alta è la correlazione, più grande è la varianza, e quindi il rischio: confrontando infatti due portafogli che differiscono esclusivamente per il grado di correlazione P1 con ρ12=1 e P2 con
ρ12=-1 otterremo nel primo caso una varianza pari a 169/1002 e nel
secondo caso una varianza pari a 25/1002 con deviazione standard
rispettivamente 13% e 5%11. L’obiettivo per l’investitore sarà dunque
combinare diversi titoli in proporzioni diverse per formare quello che lo stesso Markowitz chiama “portafoglio efficiente”. Un portafoglio è efficiente se produce il massimo profitto con il minimo rischio e con le regole introdotte da Markowitz, per ogni livello di rischio considerato, si può individuare un portafoglio efficiente che produrrà il massimo profitto possibile. Con Markowitz l’attività degli investitori che era un’attività fatta di consigli e intuizioni sui titoli divenne l’applicazione di metodi ingegneristici a medie, varianze e indici di avversione al rischio dando vita a quella che divenne l’ingegneria finanziaria. La potenzialità del metodo fu chiara fin da subito, come fu chiara una delle sue principali problematiche; il metodo richiedeva un’incredibile quantità di calcoli per calcolare le covarianze di ogni possibile coppia di azioni. Per un portafoglio di trenta azioni sono necessari 495 calcoli tra medie, varianze e covarianze. Per l’intera borsa di New York si arriva a 3,9 milioni di calcoli da ripetersi costantemente ogni qualvolta i prezzi cambiano. Markowitz non si
11 Il risultato, espresso come deviazione standard o scarto quadratico
medio, indica la rischiosità del portafoglio. Chiaramente il primo
portafoglio, quello con la deviazione standard maggiore sarà più rischioso perché suscettibile di maggiori variazioni.
21
limitò soltanto a teorizzare il portafoglio efficiente, propose anche un metodo per individuare il “portafoglio ottimo” per ogni investitore. Al fine di individuare il portafoglio ottimo si ricorre al concetto di curva di indifferenza, la quale permette di identificare le combinazioni rischio – rendimento considerate equivalenti dall’investitore. Nel caso della teoria del portafoglio di Markowitz, vengono prese in esame delle curve di indifferenza basate su una funzione di utilità quadratica. Quest’ultima infatti ha le proprietà di: esprimere le preferenze degli investitori esclusivamente in funzione di due sole variabili, il rendimento ed il rischio coerentemente con la prima ipotesi del modello di Markowitz e riconoscere il rendimento atteso come un “bene” e il rischio come un “male” coerentemente con la terza ipotesi del modello di Markowitz. Il portafoglio ottimo sarà quel portafoglio che appartiene contemporaneamente alla frontiera dei portafogli efficienti e alla curva di indifferenza più bassa. Matematicamente sarà il punto di tangenza tra la curva di indifferenza e la frontiera dei portafogli efficienti. Occorre sottolineare che la teoria del portafoglio parte dai concetti chiave della Efficient Market Hypothesis (EMH) la quale venne divulgata dopo la pubblicazione di Eugene Fama dal titolo “Efficient Capital Markets: a review of Theory and Empirical work”. Tali concetti strettamente legati tra di loro sono l’efficienza del mercato e la razionalità degli investitori. Tali investitori agiscono preparando delle previsioni sui futuri movimenti dei titoli e perseguendo una strategia razionale, partendo dall’assunto secondo cui in un mercato ideale i prezzi dei titoli riflettono pienamente tutte le informazioni attinenti
22
e che la variazione di un giorno sia indipendente dalle variazioni precedenti denotando assenza di memoria di breve e lungo termine e indipendenza12. Fu dunque servendosi dei concetti di investitore
razionale e investitore avverso al rischio che Markowitz presentò la Modern portfolio Theory.
2.4 Sharp e il CAPM
Una delle principali problematiche dell’idea di Markowitz era la complessità e la quantità di calcoli. Questo problema fu risolto da un giovane economista William F. Sharpe e dalla sua tesi sulla semplificazione del modello del portafoglio elaborata con la supervisione dello stesso Markowitz. In realtà in contemporanea John Lintner, un professore di Harvard e Jan Mossin, un economista norvegese stavano sviluppando idee simili in maniera indipendente da Sharpe che però fu il primo a pubblicarle. Oggi il modello del CAPM, insegnato in tutte le facoltà di economia è attribuito congiuntamente a tutti e tre ed è utilizzato non solo per la valutazione dei titoli ma anche per valutare i progetti di un’azienda. Sharpe ipotizzò un mercato nel quale tutti gli investitori seguissero le regole di Markowitz, ed il sorprendente risultato fu che con tale ipotesi non esisterebbe un portafoglio efficiente per ogni persona, bensì un unico portafoglio per tutti. Quando le oscillazioni dei prezzi suggeriscono determinati investimenti, tutti gli investitori inizierebbero a trasferire il denaro in quel portafoglio abbandonando il precedente portafoglio.
12 Vedremo come questi assunti alla base del mercato efficiente siano
troppo forti; sia perché il mercato non è del tutto efficiente, sia perché gli investitori non agiscono sempre in modo razionale.
23
Si arriverebbe così in poco tempo ad un unico portafoglio uguale per tutti, il portafoglio di mercato. Con Sharpe nacque così il concetto di fondo d’investimento su indici azionari: una grande quantità di denaro, di migliaia di investitori diversi, che detiene quote esattamente nella stessa porzione del mercato reale nel suo complesso. Ragionando in questi termini il valore di una singola azione dipende soltanto da come si comporta in confronto al resto del mercato. Chiaramente gli investitori saranno maggiormente attratti e quindi disposti a pagare di più quelle azioni che hanno una volatilità minore del mercato, al contrario acquisteranno titoli con volatilità maggiore del mercato solo se questi promettono alti rendimenti nei momenti buoni di mercato. Il contributo fondamentale di Sharpe fu quello di sviluppare un modello di mercato basato sull’idea di scomporre il rischio in due dimensioni. Una prima dimensione legata all’andamento generale del mercato chiamata rischio sistematico e una seconda dimensione legata appunto alla variabilità del rendimento del singolo titolo rispetto al rendimento del mercato chiamata invece rischio non sistematico. La misura della reazione alle variazioni del mercato sono indicati da un unico coefficiente β: il beta di mercato. Esso stima la sensibilità del titolo alle variazioni del mercato e può essere minore maggiore o uguale a 1. Un β inferiore a 1 indica un’attività meno rischiosa del mercato al contrario un β maggiore di 1 indica attività più rischiose del mercato mentre 1 è esattamente il β del mercato. Ogni attività ha dunque un suo β che matematicamente sarà dato dal rapporto tra covarianza dell’attività con il portafoglio di mercato e varianza del portafoglio di
24
mercato. Anche se ciascun investitore sceglie lo stesso identico portafoglio la diversa propensione al rischio continua a svolgere un ruolo fondamentale nelle scelte di investimento. La diversa propensione al rischio emerge nella decisione di allocazione vale a dire nella decisione di quanto investire nel titolo privo di rischio e quanto nel portafoglio di mercato. Il fatto che ciascun investitore possieda una combinazione del titolo privo di rischio e del portafoglio di mercato ha un’importante implicazione: il rendimento atteso di un’attività è strettamente correlato al suo beta, in particolare sarà una funzione del tasso di rendimento del titolo privo di rischio e del beta dell’attività.
E(r)=Rf + β (Rm – Rf)
Secondo questa formula il rendimento atteso E(r) è dato dal rendimento di un titolo privo di rischio Rf maggiorato di un premio
per il rischio, che sarà più o meno elevato a seconda del rischio aggiunto dall’attività al portafoglio di mercato. Emerge dalla formula la necessità di conoscere solamente i seguenti tre input per usare il CAPM, una sensibile semplificazione alla formula di Markowitz:
Rf, Tasso di rendimento del titolo privo di rischio: si intende un titolo il cui rendimento atteso nel periodo di riferimento sia noto all’investitore con certezza. Solitamente come titolo privo di rischio viene preso il titolo di stato decennale.
(Rm - Rf ), Premio per il rischio di mercato: indica la rimunerazione aggiuntiva richiesta dai risparmiatori per investire nel portafoglio di mercato, che comprende tutta una serie di attività rischiose,
25
piuttosto che nel titolo privo di rischio. E’ un rendimento differenziale dato dalla differenza tra rendimento del mercato e rendimento del titolo privo di rischio.
β: è l’unico input specifico del titolo analizzato. Nel CAPM l’intero rischio-mercato è sintetizzato nel beta, misurato in relazione al portafoglio di mercato. In altre parole l’unica ragione per cui due investimenti possono avere un diverso rendimento è un diverso beta.
2.5 Black and Scholes e la valutazione del rischio
Per completare il quadro della moderna teoria finanziaria occorre aggiungere il contributo di Fisher Black e Myron S. Scholes che si occuparono del mercato delle opzioni. Il contributo di Black e Scholes allo sviluppo della teoria e della pratica finanziaria è stato “epocale” per portata e per semplicità. Il loro modello di formulazione del prezzo per le opzioni su azioni di tipo europeo13 ha influenzato le
metodologie di definizione del prezzo di qualsiasi strumento finanziario. Il 26 Aprile 1973 nel Chicago Board of Trade, che per più di un secolo era stato il centro degli scambi commerciali di ogni tipo di merce negli Stati Uniti, fu inaugurato un nuovo tipo di mercato quello delle opzioni. Da generazioni esistevano vari tipi di contratti a premio, contratti che davano il diritto di comprare o vendere qualcosa ad un prezzo stabilito. I diritti di opzione per vendere o
13 Le opzioni europeesi caratterizzano per il fatto che il loro possessore ha
il diritto di decidere se esercitare o meno la facoltà soltanto in
corrispondenza della scadenza del contratto. Le opzioni europee possono essere sia di tipo call che di tipo put.
26
comprare azioni di un’azienda sono una forma di compensazione per molti dirigenti e per alcuni speculatori sono un modo alternativo per scommettere sulle azioni stesse. Prima del mercato di Chicago, la compravendita di opzioni era una piccola e costosa attività condotta fuori dal mercato regolamentato tra un mediatore e l’altro; il nuovo mercato era invece un mercato aperto con prezzi ufficiali e commissioni basse. Come in altri mercati il prezzo era semplicemente il valore su cui si accordavano il compratore e il venditore ma gli attori del mercato delle opzioni avevano l’esigenza di stimare con ragionevole precisione un prezzo. La soluzione fu trovata partendo da un’intuizione di Black che capì che si poteva ipotizzare il prezzo delle opzioni o comunque avvicinarsi alla soluzione senza dover conoscere il valore del titolo a scadenza. Elaborò una complicata equazione differenziale per descrivere le sue idee ma inizialmente non riuscì a risolverla. Dall’incontro tra Scholes e Black, entrambi insegnanti al MIT, riprese vigore la ricerca di una formula che valutasse un contratto a premio senza conoscere il prezzo del titolo a scadenza del contratto. Ne elaborarono una che utilizzava solo informazioni che potessero essere reperibili dagli operatori ovvero i termini del contratto, il corso del premio e la scadenza, e la volatilità del titolo sottostante.
Il modello Black-Scholes-Merton permette infatti di valutare un’opzione sulla base della conoscenza di questi sei fattori:
S, prezzo del titolo sottostante
27 K, strike price definito sull’opzione
r, tasso risk-free con la scadenza dell’opzione
T, vita residua dell’opzione
σ, (sigma) volatilità del titolo sottostante
Il prezzo di un’opzione call su titolo azionario è: c = S0 N (d1) – Ke-rT N(d2)
d1 e d2 si calcolano nel seguente modo: d1 = [ln(S/E) + (r + σ2/2) T] / σ √T
d2 = d1 – σ √T
Il prezzo di un’opzione put su titolo azionario è: p = Ke-rT N(-d
2) – S0 N(-d1)
La formula indica che se un titolo è molto stabile i suoi contratti “out of the money”14 non avranno grande valore per nessuno; è molto
difficile infatti che il prezzo del titolo salga abbastanza da rendere vantaggiosi i contratti. Al contrario per un titolo rischioso con grosse oscillazioni di prezzo in un senso e nell’altro, i contratti avranno un valore elevato. Inoltre via via che il contratto giunge a scadenza e il prezzo del titolo cambia, il valore dell’opzione continuerà a cambiare.
14A seconda della relazione fra prezzo di esercizio e prezzo di mercato le
opzioni sono definite: “In the money” quando il detentore avrebbe convenienza ad esercitare l'opzione se fosse alla scadenza, “At the money” quando il detentore è in posizione di indifferenza “Out of the money” quando il detentore non avrebbe convenienza ad esercitare l'opzione se fosse alla scadenza.
28
La formula consentiva di eseguire calcoli frequenti e quindi di aggiornare con continuità il prezzo delle opzioni. Su pressione di Fama e di Merton Miller l’articolo di Black e Scholes fu pubblicato dal “Journal of Political Economy” poco dopo l’inaugurazione a Chicago del Board Options Exchange. Fu subito accolto con entusiasmo e in pochi anni attorno alla formula si sviluppò un’intera industria e un nuovo linguaggio tecnico fatto di “delta” e “volatilità implicita”. Grazie alla formula e ai suoi perfezionamenti oggi sul mercato sono disponibili una quantità enorme di assicurazioni e coperture contro situazioni di mercato indesiderate. Per esempio un’azienda può dover comprare contratti a premi put su una valuta straniera se si è esposta al rischio di cambio avendo firmato un grosso contratto con un’azienda di un altro paese. Oppure la formula viene usata abitualmente per calcolare il valore delle stock option che una società concede ai suoi manager. La formula ha permesso di sviluppare un tipo completamente nuovo di compravendita basata non sul prezzo di titoli e valute, ma sulla loro volatilità.
Questa, molto in breve è la teoria della finanza moderna. Un edificio che sta in piedi a patto di presupporre la correttezza di Bachelier e dei suoi più moderni discepoli. La varianza e la deviazione standard sono buoni sostituti del rischio di mercato come ipotizzò Markowitz, a patto che la curva a campana descriva correttamente la variazione dei prezzi. Il coefficiente β e le stime del costo degli investimenti di Sharpe sono sensate a patto che Markowitz abbia ragione e che a sua volta abbia ragione Bachelier. Infine la formula di Black-Scholes è corretta, di nuovo a patto di supporre che la curva a campana sia la
29
distribuzione giusta e che i prezzi abbiano variazioni continue. Proprio a causa di questa sua struttura l’insieme complessivo di queste teorie non è più forte del suo elemento più debole. Nel prossimo capitolo mostreremo tutte le sue debolezze.
30
2.6 La dottrina dominante
Alla luce di quanto sopra esposto, possiamo facilmente constatare come le idee di questi scienziati siano diventate la dottrina di quella che oggi viene chiamata la teoria moderna della finanza avendo trovato nei mercati regolamentati di tutto il mondo operatori disposti a seguire ed applicare i loro insegnamenti. Va detto però che dall’osservazione del comportamento degli operatori di borsa, gli insegnamenti di Bachelier e dei suoi “discepoli” non vengono assolutamente applicati alla lettera. Nel mondo della finanza, la purezza e l’eleganza della teoria non hanno alcuna importanza. Conta una sola domanda a cui non è facile dare una risposta: cosa fa guadagnare soldi? Le facoltà di economia di tutto il mondo, dove si continuano ad insegnare le teorie e le equazioni della moderna finanza, formano migliaia di dirigenti finanziari e consulenti d’investimento che con l’esperienza sul campo imparano poi che quelle equazioni applicate così come sono non funzionano. Così gli analisti finanziari sviluppano numerosi miglioramenti, correzioni e adattamenti ad hoc per rendere possibile il proprio lavoro. Di fatto, osservando una sala contrattazioni con gli occhi dei puristi
accademici, si vedono moltissimi comportamenti sbagliati. Per esempio molti operatori sono specializzati nel ricercare e reperire informazioni privilegiate, quel genere di informazioni che secondo l’ipotesi del mercato efficiente non dovrebbe essere utile perché si riflette già nel prezzo ed è quindi implicita a questo. Altri analizzano
31
la volatilità del mercato dei premi; operatori specializzati analizzano un grafico a tre dimensioni che indica la cosiddetta “superficie di volatilità” di questo mercato; in base alla formula di Black e Scholes il grafico non dovrebbe avere niente di importante da analizzare ma dovrebbe avere una forma piatta e regolare. Al contrario ha una forma complessa e selvaggia che permette di ottenere grandi guadagni agli operatori del mercato dei premi analizzando la
“superficie di volatilità” e cercando di prevedere le sue mutazioni. Lo stesso comportamento degli addetti ai lavori fa dunque presupporre che essi stessi non credano all’efficienza del mercato e ai
32
CAPITOLO 3: LA CRITICA DI MANDELBROT
3.1 La razionalità degli investitori
Il primo presupposto del mercato efficiente è quello che gli investitori sono perfettamente razionali e mirano esclusivamente alla ricchezza personale. Questa teoria può essere vista come una rivisitazione in chiave moderna della mano invisibile di Adam Smith15.
Così come il mercato tende all’equilibrio grazie al comportamento “egoistico” dei singoli individui che mirano razionalmente ad arricchirsi anche i mercati finanziari funzioneranno in maniera efficiente grazie alle azioni ben ragionate degli investitori che spingeranno i prezzi al loro livello corretto. Le loro preferenze, che influenzano direttamente le loro decisioni, possono essere espresse con semplici funzioni di utilità economica che attribuiscono l’utilità massima al massimo grado di ricchezza. In altre parole gli investitori perfettamente razionali realizzano un modello razionale ed efficiente di mercato. Mandelbrot intuì che la realtà non fosse così semplice ma assai più complessa tanto è vero che in seguito sarebbe nato un nuovo e fertile settore d’indagine cioè l’economia comportamentale. Ci si è accorti come vedremo che gli individui non ragionano in funzione di una funzione di utilità e non sono sempre razionali e interessate soltanto alla massimizzazione del profitto. Il modello di riferimento in materia di scelte in condizioni di incertezza, che prese il nome di “Teoria dell’Utilità Attesa”, fu elaborato da Von Neuman e
15 Adam Smith, padre del liberismo in economia, teorizzò per primo un
sistema economico nel quale la libera iniziativa del singolo individuo privato fosse l’unica forza motrice di un sistema economico nel quale l’intervento statale debba essere ridotto ai minimi termini.
33
Morgenstern; secondo questo modello il decisore o investitore associa a ciascuna delle alternative un valore numerico che dipende anche dalla loro probabilità di verificarsi. Questo prende il nome di “valore atteso” ed esprime la valutazione delle conseguenze di una scelta, tenendo conto della probabilità che tali conseguenze hanno di verificarsi realmente. Altro concetto importante che influenza il valore atteso da cui dipenderà la scelta è quello di “Utilità Attesa” ovvero il valore soggettivo che il decisore attribuisce agli esiti tra cui deve scegliere. Naturalmente il decisore razionale sceglierà l'opzione che presenta il valore atteso più elevato16.
Valore atteso= pi . u (xi)
Dove pi è la probabilità che si avveri l’evento “i” e u(xi) l’utilità ad esso associata.
Gli assiomi che contribuiscono alla decisione razionale sono quattro17:
1. Assioma della cancellazione delle componenti comuni: vengono
ignorate le componenti comuni alle varie opzioni e si considerano solo le differenze tra le alternative.
2. Assioma della transitività: il processo decisionale prevede una certa
coerenza tra le preferenze. Se preferisco A a B e B a C allora preferisco sicuramente A a C.
16 Il decisore razionale è quello in grado di massimizzare l’utilità dell’esito di
una decisione che nel caso di un investitore equivale alla massimizzazione del profitto.
17 Esiste anche un assioma 0 che afferma che Lotterie semplici sono da
considerarsi equivalenti alla Lotteria composta con identica Distribuzione di Probabilità sui premi finali.
34
3. Assioma dell'invarianza: la scelta di un opzione viene mantenuta
anche quando sono proposte opzioni equivalenti. Continuo a preferire A anche se cambiano modalità di confronto.
4. Assioma della dominanza: le opzioni sono definite in base a diverse
dimensioni. Sceglierò l’opzione che su una dimensione è dominante rispetto le altre opzioni.
Mandelbrot intuì per primo che il presupposto di un investitore perfettamente razionale e quindi di un mercato efficiente fosse utopico. La sua intuizione fu poi supportata da altri scienziati che si occuparono più nel dettaglio dei criteri realmente alla base delle decisioni d’investimento degli individui. Partendo dai risultati di alcuni test effettuati, nel quale le scelte degli individui non seguivano gli assiomi della Teoria dell’Utilità Attesa anzi alcuni studiosi hanno cercato di comprendere come effettivamente venissero prese le decisioni in condizioni di incertezza e quali fossero gli aspetti che ne influenzano la scelta finale. Le maggiori scoperte e i più importanti contributi in quella che può essere chiamata teoria delle decisioni le dobbiamo a Daniel Kahneman e Amos Tversky che con uno studio confermarono e spiegarono i risultati anomali già trovati da Allais18 e
dimostrarono un numero impressionante di anomalie rispetto alle
18Il paradosso di Allais è il più celebre paradosso del modello dell’utilità attesa risalente al
1953, quando l'economista francese Maurice Allais riscontrò in diversi esperimenti la violazione dell'assioma di indipendenza. Gli individui si comportavano in modo ambiguo nella scelta tra eventi quasi certi ed eventi probabili. Allais chiese ad un campione di individui di selezionare una tra due prospettive in due diverse lotterie:
1) A: 25.000 con p=0,33 - 24.000 con p=0,66 – 0 con p=0,01. B: 24.000 con p=1.
2) C: 25.000 con p=0,33 – 0 con p=0,67. D: 24.000 con p=0,34 – 0 con p=0,66.
Allais riscontrò che gli intervistati del suo campione, l'82% sceglieva B nella prima scommessa e l'83% C nella seconda lotteria. Tale risultato viola l'assunto di indipendenza dell'utilità attesa, poiché se la prospettiva B è preferita alla prospettiva A allora per lo stesso agente la scommessa D deve essere preferita a C.
35
implicazioni e agli assiomi della teoria standard dell’utilità attesa. Il loro merito è stato quello di aver portato alla luce le effettive procedure di elaborazione delle decisioni di investimento messe in pratica da soggetti ritenuti umanamente razionali. Il loro minuzioso e capillare lavoro ha reso maggiormente riconoscibili i giudizi e le procedure cognitive dei soggetti alle presse con decisioni in condizioni di incertezza. In effetti la loro teoria la cosiddetta Prospect Theory è un tentativo di articolare alcuni dei principi della percezione e del giudizio che limitano la razionalità della scelta. Il paradosso di Allais per esempio era un esempio di ciò che Kahneman-Tversky chiamano “Certainty Effect”, il fatto cioè che gli individui sono portati a dare un peso eccessivo a risultati che sono considerati certi rispetto a risultati che sono solo probabili. Un altro tipo di sistematica violazione della teoria standard dell’utilità attesa, in cui gli individui cambiano scelta se si cambia il segno ai risultati attesi, è detto “Reflection Effect”. Il cambiamento nel segno di tutti i risultati cambia anche le preferenze modali19 espresse dai soggetti è il caso del
seguente problema: 1) A: 4.000 con p=0,80 – 0 con p=0,20. B: 3.000 con p=1. 2) C: -4.000 con p=0,80 – 0 con p=0,20. D: -3.000 con p=1.
19 Le preferenze modali sono le preferenze espresse dalla maggior parte
36
Messi di fronte a queste due scelte molto simili la maggior parte degli intervistati ha dato la sua preferenza a B nel primo caso e a C nel secondo caso evidenziando come in presenza di premi negativi il soggetto tende ad invertire l'ordine delle preferenze in quanto le lotterie sono valutate considerando solo la situazione finale di ricchezza e non la eventuale perdita che vi ha portato. L'inversione delle preferenze nel dominio negativo implica che, se il soggetto è avverso al rischio per premi positivi esso sarà ora propenso al rischio
Un’ulteriore anomalia, frutto degli esperimenti condotti da Kahneman-Tversky è il cosiddetto Isolation Effect che mostra come due problemi che danno risultati finali identici sono percepiti dalla maggior parte degli individui come diversi a causa della propensione degli individui a isolare spesso probabilità consecutive, invece di trattarle insieme.
Per esempio si può essere chiamati a scegliere se provare a vincere
A: 4.000 con p=0,20.
B: 3.000 con p=0,25.
Immaginate di essere ora di fronte a un problema in due stadi: la prima fase prevede una probabilità 0,75 di finire il gioco senza vincere e una probabilità 0,25 di passare alla seconda fase, dove si presenta la seguente scelta:
C: 3.000 con p=1.
37
In questo secondo gioco si ha una scelta tra 0,25 x 0,80 = 0,20 possibilità di vincere 4000, e un 0,25 x 1,0 = 0,25 possibilità di vincere 3000, cioè esattamente come nella scelta fra A e B, tuttavia le preferenze dominanti sono diverse nei due problemi: nel primo prospetto la scelta è stata A nel 65% dei casi mentre nel secondo prospetto è stata C per il 78% dei casi dello stesso campione di intervistati. Kahnemann e Tversky interpretato questo risultato nel modo seguente: in modo da semplificare la scelta, le persone spesso ignorano i componenti probabilistici delle alternative e si concentrano sui rami degeneri, portando a preferenze incoerenti come dimostrato sopra e chiamano questo fenomeno appunto "effetto di isolamento".
Oltre a queste tendenze e comportamenti i due psicologi israeliani scoprirono anche una certa influenza sulla scelta finale da parte del contesto in cui l’individuo si ritrova ad operare la scelta. Venne ribattezzato “framing effect” e si spiega col fatto che il modo in cui il problema viene formulato influisce sul modo in cui l'individuo percepisce il punto di partenza (o ‘'status quo'’), rispetto a cui valutare i possibili esiti delle proprie azioni.
Kahneman e Tversky concludono il loro studio proponendo una funzione di Valutazione che va a sostituirsi alla funzione di Utilità classica. Questa è (i)definita su deviazioni dal punto di riferimento a differenza della funzione di utilità Von Neuman-Morgenstern, la quale è definita invece sulla ricchezza totale; (ii) generalmente concava nei guadagni e comunemente convessa nelle perdite; (iii) più
38
inclinata nelle perdite che nei guadagni evidenziando una caratteristica denominata loss avversion20. La forma della funzione di
valutazione V è suggerita quindi da diversi risultati empirici come l’effetto riflesso, l’effetto isolamento e l’avversione alle perdite che sono stati precedentemente ricordati.
Figura 1 Funzione di valutazione
20 Si tratta di un atteggiamento da parte degli investitori, i quali modificano
i loro criteri di scelta nel campo delle perdite divenendo più propensi al rischio.
39
3.2 Aspettative omogenee
Altro presupposto debole riguarda le aspettative omogenee degli investitori. In teoria infatti ogni investitore ha gli stessi obiettivi e gli stessi orizzonti temporali; disponendo delle stesse informazioni tutti prenderebbero le stesse decisioni. La ricchezza può variare da un individuo ad un altro, ma nessuno detiene abbastanza ricchezza da influenzare i prezzi. Palesemente le persone non sono invece tutte uguali. Nella realtà non esistono investitori omogenei uguali tra loro nella selezione dei titoli e delle informazioni, così come non esistono investitori con la stessa funzione di rischio oppure con orizzonti temporali uguali: alcuni comprano azioni e se le tengono per vent’anni (cassettisti), altri scambiano azioni ogni giorno speculando via internet (speculatori); alcuni cercano azioni di buone società temporaneamente sottostimate, altri investono su azioni in rialzo cercando di sfruttare il trend crescente. Questa discrepanza tra teoria e realtà è tutt’altro che trascurabile dal momento che nelle simulazioni al computer di un mercato ipotetico con due tipologie di investitori, questo smette di essere un sistema tranquillo e lineare, in cui ogni fattore si aggiunge in maniera prevedibile al successivo, e diventa un sistema caotico non lineare, in cui i fattori interagiscono e generano eventi inattesi. Da ciò si può comprendere come i mercati finanziari, in particolare il mercato azionario dove le tipologie di investitori presenti non sono solamente due, sia paragonabile ad un ambiente caotico tutt’altro che lineare e perfetto.
40
3.3 Continuità dei prezzi
Terzo presupposto è quello che riguarda la continuità nella variazione dei prezzi. Secondo la teoria finanziaria classica le quotazioni dei titoli o i tassi di cambio non salgono o scendono di diversi punti in un colpo solo ma si muovono in maniera regolare da un valore al successivo. Una continuità che caratterizza tutti i sistemi fisici soggetti a inerzia come per esempio la temperatura. Questa idea fu introdotta nella disciplina economica da Alfred Marshall nel suo Principles of Economics del 1890. Se si presuppone la continuità dei prezzi è naturale conseguenza che si possa utilizzare tutta una serie di formule e strumenti matematici ed è in questo contesto che Markowitz ha ridotto tutte le decisioni relative agli investimenti a due semplici numeri media e varianza dei prezzi previsti, i sostituti matematici di rendimento e rischio. Questo presupposto è totalmente disatteso dal comportamento dei mercati, che anzi vedono nella discontinuità un elemento essenziale che distingue la finanza dalle scienze naturali e permette a tutta una serie di operatori specializzati a muoversi, autorizzati dalle borse stesse, a negoziare nelle fasi in cui gli ordini di acquisto e quelli di vendita non collimano. L’azione di questi operatori pur essendo rischiosa garantisce loro ottimi profitti ed è inoltre un’azione che riduce questa discontinuità caratteristica dei mercati. I prezzi dei titoli quotati fanno salti a volte trascurabili e altre volte significative. I salti trascurabili sono dovuti al fatto che i mediatori tendono a quotare i prezzi in numeri tondi; nel mercato delle valute per esempio cifre finali come 0 e 5 si presentano l’80% delle volte contro il 20% che è logico attendersi. I salti
41
significativi sono dovuti ad uno sbilancio negli ordini dovuti per esempio a notizie importanti o inaspettate. Il mercato può tornare in equilibrio solo se gli operatori forzano le quotazioni ed aumentano e o diminuiscono il prezzo a seconda dei casi fino a raggiungere l’equilibrio.
3.4 Il Moto Brownianiano
Il quarto ed ultimo presupposto fortemente criticato da Mandelbrot parte da un’intuizione di Bachelier il quale aveva suggerito di prendere a prestito dalla fisica il concetto di Moto Browniano21.
Bachelier riteneva infatti che il processo con cui veniva descritto il movimento di una molecola in un mezzo con temperatura uniforme potesse descrivere anche la variazione dei prezzi. Questa idea sottintende diversi assunti critici: primo su tutti l’indipendenza; ogni variazione di prezzo, che si tratti di un lieve aumento o di un crollo, si verifica indipendentemente dalla variazione precedente e le variazioni dei prezzi avvenute una settimana prima o un anno prima non influenzano le variazioni odierne. Questo significa che qualsiasi informazione che potrebbe essere utilizzata per prevedere il prezzo futuro, è già contenuta nel prezzo odierno, quindi non è affatto necessario studiare i diagrammi storici. Secondo assunto è la stazionarietà statistica delle variazioni dei prezzi. Questo significa che il processo che genera le variazioni dei prezzi, qualunque esso sia,
21Per moto browniano si intende il moto disordinato delle particelle
presenti in fluidi o sospensioni fluide, ed osservabile al microscopio e scoperto agli inizi dell'Ottocento dal botanico scozzese Robert Brown. Il moto browniano grazie alle sue caratteristiche ben si adatta a descrivere l'andamento temporale di una classe molto ampia di fenomeni casuali e fu usato da Bachelier per descrivere i mercati finanziari.
42
rimane invariato nel tempo. Se si presuppone per esempio che a stabilire i prezzi e la loro variazione sia il lancio di una moneta, la moneta non viene cambiata o truccata nel corso della partita. Tutto ciò che cambia è, a ogni lancio, il numero di volte che è venuta croce non la moneta stessa. Terzo ed ultimo assunto la distribuzione normale. Le variazioni dei prezzi seguono il comportamento della curva a campana; per la maggior parte sono piccole variazioni mentre le grosse variazioni sono estremamente rare, con frequenze prevedibili e rapidamente crescenti. La critica di Mandelbrot parte da una nuova concezione di dipendenza, diversa da quella dipendenza a breve termine che un gran numero di economisti ha studiato e cercato di provare. Nel caso di dipendenza a breve termine si parla della possibilità che i livelli o le variazioni dei prezzi in un certo momento influenzino i livelli o le variazioni che si avranno poco dopo. Alcuni economisti hanno teorizzato in questo senso un effetto “spinta”, accorgendosi di una certa tendenza dei titoli nel continuare a salire una volta iniziato il trend crescente. A questo proposito nel 1991, Campbell Harvey della Duke University studiò le borse valori di sedici fra le maggiori economie mondiali scoprendo che, se in un certo mese un indice era sceso o salito, era leggermente più probabile che scendesse o salisse anche nel mese successivo. I dati inoltre indicavano che più è netto il movimento del primo mese, più è alta la probabilità che la tendenza continui nel mese successivo, seppur più moderatamente. Numerosi altri studi hanno messo in evidenza tendenze simili a breve termine nel prezzo delle azioni è il caso di citare il lavoro di Lo e MacKinley del 1988. Mandelbrot invece parla di
43
pseudo-cicli ed usando una metafora biblica chiama questo comportamento dei mercati effetto Giuseppe per facilitare la comprensione della sua teoria22. Una forma di comportamento ben
noto anche grazie agli studi e alle ricerche di Hurst sulle piene del Nilo23 che si manifesta anche nei mercati. In altre parole grossi balzi
del mercato hanno una sorta di eco nei giorni di contrattazione immediatamente successivi. Non si tratta di una struttura regolare e prevedibile ma quando si presenta non passa inosservata. Alla base di questo comportamento vi è, secondo Mandelbrot una dipendenza di lungo termine mediante la quale il passato continua a influenzare le oscillazioni casuali del presente. Questo tratto caratteristico dei mercati prende il nome di “pseudociclicità” e sottintende l’azione di una dipendenza a lungo termine nell’ambito di un processo altrimenti aleatorio o in altre parole, di una memoria a lungo termine mediante la quale il passato continua a influenzare le oscillazioni casuali del presente. Mandelbrot utilizzò l’esponente H, ovvero il coefficiente di Hurst, per definire il grado di indipendenza/dipendenza delle variazioni di prezzo: un coefficiente pari a 0,5 indica indipendenza dalle variazioni precedenti, un coefficiente compreso tra 0,5 e 1 indica “persistenza” ovvero tendenza delle variazioni a procedere nella stessa direzione, infine un valore compreso tra 0 e 0,5 indica
22 Mandelbrot fa riferimento all’episodio biblico nel quale Giuseppe riuscì a
prevedere grazie ad un sogno profetico del faraone sette anni di prosperità seguiti da sette anni di carestia che furono superati grazie ai raccolti messi da parte nei sette anni precedenti.
23 Hurst fu un fisico inglese chiamato a studiare la portata del fiume Nilo
per poter costruire una diga adatta a regolarizzarne il flusso. La principale scoperta che fece fu una significativa dipendenza a lungo termine delle piene o delle secche del fiume, misurabile attraverso un esponente “H” che Mandelbrot successivamente studiò in maniera approfondita.
44
“antipersistenza” ovvero una tendenza a fare continui cambi di direzione nella variazione dei prezzi. Non si può parlare di pseudocicli senza nominare l’altra forma di variabilità selvaggia ovvero i cambiamenti repentini o effetto Noè. Sono due aspetti di una stessa realtà, riscontrabili dall’osservazione di molti diagrammi. In ogni titolo e nel comportamento dei suoi prezzi si riscontrano entrambe le forme di comportamento selvaggio in un diverso miscuglio. I due effetti sono correlati al punto che con un semplice test è possibile verificare il grado di dipendenza ovvero l’effetto Giuseppe nei prezzi di un titolo.24 Spesso questi due effetti sono tanto correlati che H è
uguale a 1/α, matematicamente il legame è piuttosto profondo e rappresenta quella che viene definita relazione duale.
Per quanto riguarda gli altri due assunti, ovvero la stazionarietà statistica e la distribuzione normale, emerse fin da subito la loro debolezza. Dopo la pubblicazione della tesi di Bachelier infatti, alcuni ricercatori iniziarono a controllare se i dati seguissero quanto teorizzato dal matematico francese e osservarono diverse tendenze sconcertanti. Decisero di non tenere conto dei dati discordanti, giudicandoli come anomalie da ignorare. L’origine astronomica dell’analisi gaussiana condizionò gli scienziati a presupporre che nel mondo reale, disordinato e confuso, vi sarebbero sempre stati valori
24 Per distinguere questi due effetti ì, misurati da H e da α, Mandelbrot ha
ideato un test statistico chiamato “Rescaled Range Analysis”. L’idea alla base del test è semplice: l’Effetto Giuseppe dipende dall’ordine preciso degli eventi mentre l’effetto Noè dipende esclusivamente dalle dimensioni relative di ciascun evento; se si rimescolano i dati distruggendo la sequenza precisa, si elimina ogni Effetto Giuseppe presente in origine. Soltanto le dimensioni relative degli eventi, Effetto Noè rimane visibile prima e dopo il rimescolamento. Se non vi è differenza prima e dopo il rimescolamento allora allora il grado di dipendenza dei dati originali è trascurabile.