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Strategie di comunicazione sui social media

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione 2

1. L’evoluzione del Web e la nascita dei social media 4

1.1 Web 2.0 4

1.2 L’evoluzione della comunicazione di marketing 7

1.3 Social Media Marketing 10

1.4 I Social Media 13 1.5 Utilizzo dei social media degli italiani 22

2. Sviluppare e organizzare i contenuti di marketing 28

3. Strategia e obiettivi del Social media marketing 33

4. Obiettivi della ricerca e metodologie 46

4.1 Selezione degli articoli di stampa 46

4.2 Selezione dei dati social 47

4.3 Analisi desk 47

5. Risultati della ricerca 54 6. Conclusioni 102

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Introduzione

Oggi le imprese utilizzano sempre di più i social media, come strumenti con cui avviare la comunicazione con il cliente, questo perché offrono al consumatore la possibilità di esprimersi senza intermediari e alle aziende di porsi in ascolto e interagire in modo bidirezionale con i consumatori.

Il presente lavoro ha come oggetto lo studio delle strategie di comunicazione avviate dalle aziende tramite i canali social, al fine di coinvolgere il cliente ed informarlo dalle strategie e attività da questa intraprese sotto il profilo della responsabilità d’impresa. Sempre più aziende, infatti, hanno adottato i principi della Corporate Social Responsability (CSR), utilizzando i canali social come mezzo di diffusione di tali contenuti.

La CSR è, l'ambito riguardante le implicazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa, la quale si traduce in una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d'impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività.

La maggiore attenzione alla CSR potrebbe essere giustificata dalla maggiore attenzione che i consumatori ripongono su queste tematiche ed inoltre potrebbe essere una via per generare una maggiore brand awarenes, che vada a tradursi, in una fidelizzazione del cliente. In Italia, infatti, sono più i consumatori disposti a pagare un premium price per brand sostenibili (Nielsen 2015).

Per svolgere tale studio è stata svolta un’analisi empirica avente ad oggetto quattro aziende italiane (Valfrutta, Zuegg, Sammontana, Granarolo) che appartengono a diverse categorie merceologiche dell’industria alimentare (succhi, gelati e latte).

Le fonti raccolte per svolgere tale analisi appartengono a due tipologie:

 Contenuto stampa, inizialmente selezionato utilizzando la banca dati Lexis Nexis, e sottoposto successivamente ad analisi al fine di individuare i soli articoli che contenevano all’interno del contenuto il coinvolgimento dell’impresa in attività relative alla CSR.

 Contenuto social, l’estrazione del quale è stata effettuata utilizzando il software NVIVO 10, grazie all’applicazione Ncapture, e successivamente è stato

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analizzato solo contenuto pubblicato dalle aziende nel medesimo arco temporale del contenuto stampa.

Lo scopo principale dell’elaborato è quello di effettuare un confronto tra le due tipologie di contenuti, per verificare se le imprese sottoposte ad analisi utilizzano i social media come mezzo di diffusione delle attività che esse intraprese che hanno come fine ultimo la CSR.

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Capitolo 1

L’evoluzione del Web e la nascita dei social media

1.1 Web 2.0

Il termine Web 2. 0 nasce nel 2005 presso la ÒReilly Radar Team, un importante osservatorio americano dedicato allo sviluppo delle nuove tecnologie. Il suo leader, Tim ÒReilly, scrisse: “Il Web 2.0 fa riferimento agli sviluppi della tecnologia oltre che consentono l’uso di funzionalità interattive in un ambiente caratterizzato da controllo dell’utente, libertà e dialogo”.

La locuzione pone l’accento sulle differenze rispetto al cosiddetto Web 1.0, diffuso fino agli anni novanta, e composto prevalentemente da siti web statici, senza alcuna possibilità di interazione con l’utente eccetto la normale navigazione tra le pagine, l’uso delle email e l’uso dei motori di ricerca.

Il Web 2.0 va molto al di là dei personal computer, Internet non è più un sistema che richiede un hardware specifico, collegato ad un luogo “statico”, tale versione del Web riflette dunque la democratizzazione dei media, i cui contenuti sono accessibili e alla portata di tutti attraverso le nuove tecnologie, ciò si evince dalla possibilità di utilizzare una molteplicità di dispositivi per accedere al Web, quali: tablet, computer potatili, telefoni cellulari, iPad e PDA.

Per mezzo la nuova piattaforma Web, per consultare i contenuti esistenti in rete non occorre acquistare un’applicazione software su CD/DVD, o scaricarla e installarla fisicamente su ciascuno dei nostri computer. Il Cloud computing è il termine utilizzato in generale per indicare esso permette la fornitura di servizi che sono ospitati su qualche server online. Il business model di Google è fondato su questo concetto, offre software per quasi tutti i tipi di attività, spesso senza alcun costo per gli utenti, e con la stessa accessibilità universale del Web sia rispetto ai tempi sia rispetto ai luoghi.

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L’era del Web 2.0 sembra dunque reggersi sul presupposto fondamentale secondo cui sono gli utilizzatori ad aggiungere valore ai servizi che il web propone. Grazie all’architettura partecipativa messa a disposizione da questa nuova generazione di applicazioni, gli utenti assumono il ruolo di co-sviluppatori facendo proprie le dinamiche dell’open source e del “beta perpetuo” (ovvero degli aggiornamenti continui dei software cosicché non esistano più distinzioni tra la versione di test e quella di produzione). Sono gli utenti, dunque, a indirizzare lo sviluppo tecnologico secondo quelli che sono i propri desideri e le proprie esigenze.

Ad evidenza di ciò, la caratteristica distintiva che testimonia l’evoluzione del Web 1.0 al Web 2.0 è il potenziamento del ruolo del Pubblico, mentre infatti il primo si focalizzava sulla sola pubblicazione di contenuti ed informazioni, nel secondo ciò che conta è la partecipazione attiva dell’utente che diventa quindi co-produttore.

Ciò rappresenta un nuovo approccio filosofico alla rete e ne connota soprattutto la dimensione sociale e di condivisione rispetto alla semplice fruizione.

Ovviamente permangono nel Web siti di mera consultazione quali le enciclopedie che principalmente trasferiscono contenuti da una fonte autorevole a un gran pubblico di utenti, l’evoluzione del Web 2.0, invece ha consentito lo sviluppo di Wikipedia, un’enciclopedia aggiornata in tempo reale e condivisa, è un esperimento di totale fiducia nell’utente di cui viene sfruttata la collaborazione spontanea; in tal senso la diffusione dei wiki indica un cambiamento profondo nelle dinamiche di creazione dei contenuti, una risorsa quindi co-prodotta e facilmente aggiornabile, che offre agli utenti un enorme valore aggiunto.

Il crowdsourcing consente di fare leva sulla conoscenza collettiva di una folla (crowd) per risolvere i problemi e svolgere compiti. Questo è ciò che sfrutta Wikipedia, in cui un piccolo esercito di volontari effettuano una verifica del contenuti che sono proposti da altri.

I social media (da “medium”, che in latino significa “mezzo, strumento”) sono lo strumento utilizzato per condividere contenuti con un vasto pubblico, essi consistono in tutte quelle sono applicazioni che sfruttano il palcoscenico del Web 2.0.e consentono agli utenti del web di creare e scambiare contenuti online.

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Il Web 2.0 livella il terreno tra produttori e consumatori, invita ciascuno di noi ad essere co-creatori nelle fasi di progettazione e realizzazione del prodotto nella consegna determinazione del prezzo e produzione.

Questo si evince sia dal fatto che sono gli utenti a organizzare e ordinare i contenuti all’interno del Web, sia dal fatto che le aziende stesse indicono campagne di contenuti generati dagli utenti, nel tentativo di incrementare consenso e condivisione.

Economia della reputazione

Il potenziamento del ruolo dell’utente, assume importanza anche tenendo presente il valore che i singoli soggetti attribuiscono alle recensioni e alle valutazioni offerte dagli utenti. Gli utenti si fidano degli altri utenti come fonte di conoscenza, creando così un’economia della reputazione che basa il valore che le persone si scambiano, sulla stima reciproca e dalla fiducia che gli altri ripongono in loro.

Alcuni esempi possono essere le recensioni su Amazoon, i feedback su eBay e altre forme simili di valutazione, in questi casi i singoli utenti ripongono molta fiducia su tali valutazioni e le considerano quando vogliono decidere se fare un acquisto. Per tale motivo i sistemi di valutazione basati sulla condivisione delle proprie esperienze, all’interno di una rete complessa di persone, prendono il nome di radical trust. Questo termine indica la fiducia che le aziende ripongono nel cedere il controllo agli utenti e consumatori, tale fiducia prende il nome di radicale proprio perché le imprese non hanno alcun mezzo per controllare i contenuti che i singoli utenti vogliono condividere. Tale fiducia permette, nonostante l’esposizione al rischio, di espandersi oltre le risorse e competenze disponibili.

Altro ambito in cui vediamo l’importanza dell’economia della reputazione e della fiducia è quello in cui partecipanti e sviluppatori delle piattaforme dei social media non ricevono un regolare compenso per il loro contributo. Tali soggetti tuttavia beneficiano di un feedback positivo generato dell’economia della reputazione che si esplicita nella considerazione e del rispetto degli altri utenti.

Quindi possiamo concludere dicendo che in tali contesti la valuta che viene scambiata, non deve essere per forza una forma di denaro, ma si creano forme di reddito

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psicologico, in cui il compenso sarà la soddisfazione di condividere le nostre esperienze,

idee con gli altri.

Rivoluzione orizzontale

Il Web 2.0 ha contribuito al cambiamento del modo di comunicare all’interno della società, con l’intensificazione del ruolo del pubblico e la partecipazione attiva dell’utente, le quali hanno reso possibile un modello di comunicazione che ha alimentato la Rivoluzione orizzontale. Tale rivoluzione ha modificato l’orientamento della comunicazione, essa non è più di tipo verticale, indirizzata ad un pubblico di riferimento, ma diviene multidirezionale e multimodale.

Questo ha anche modificato il modo in cui le marche interagiscono con i clienti, la comunicazione tradizionale si basava sulla messaggistica push, che utilizzava un’ampia quantità di trasmissioni e mezzi di stampa per raggiungere un pubblico di massa. Essa diventa di tipo pull, dove anche il destinatario diventa soggetto attivo nel processo di comunicazione, i contenuti sono amatoriali, creati dagli utenti stessi e modificati dalla comunità del web. Il controllo di questi processi si è quindi spostato dalle imprese agli individui e alle comunità che entrano a far parte del processo di creazione del valore delle imprese in un’ottica relazionale.

Fig. 1: Le politiche Pull e Push

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1.2 L’evoluzione della comunicazione di marketing

La comunicazione di marketing ha subito notevoli modifiche in un arco temporale relativamente breve, con l’avvento dei social media è cambiato il modo in cui le marche e i consumatori interagiscono tra loro.

Questo cambiamento è stato generato, sia per la rivoluzione orizzontale che ha contribuito al cambiamento del modo di comunicare della società, sia per la

partecipazione del pubblico, in quanto i social media consentono la partecipazione attiva

che permette ai consumatori di avere più di una voce in capitolo riguardo ai prodotti e i servizi che gli operatori realizzano per soddisfare le loro esigenze.

Il marketing tradizionale, basava la comunicazione su un tipo di messaggistica di tipo push, di tipo monodirezionale ed utilizzava un’ampia quantità di trasmissioni indirizzata al pubblico di riferimento ed in cui le opportunità di interazione e scambio di feedback tra clienti e imprese sono minime.

A partire dagli anni Novanta, l’avvento del Web apre le porte ad un a nuove forme di promozione, in quanto i consumatori iniziano a considerare Internet come piattaforma in cui svolgere i propri acquisti.

L’e-commerce, infatti, è stato il primo strumento attraverso il quale le imprese possono comunicare con i propri clienti, proporre i prodotti, venderli e fornire informazioni di ogni tipo senza il contatto fisico con questi.

Questo permise alle imprese differenti vantaggi, tra cui riduzione dei costi, maggiore velocità ed un accesso efficiente ai mercati.

L’accesso ai mercati rende possibile la soddisfazione di gruppi di consumatori che prima risultava inappetibile. Le motivazioni potevano derivare o nella distanza dei consumatori dal luogo di vendita o dalla numerosità ristretta dei gruppi che li rendeva poco remunerativi.

Quando gli operatori di marketing compresero l’importanza di tale strumento adottarono Internet come ambiente per la promozione dei brand. Inizialmente le imprese svolsero

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tale pianificarono la loro strategia pubblicitaria traslando il modello delle 4 P del marketing mix1 nel mondo digitale.

Fig.2: L’evoluzione della comunicazione di marketing.

Fonte: Tulen,Solomon, Social Media Marketing, pag28

Tale forma di marketing, chiamato Tradigital marketing, mantiene due caratteristiche del Marketing Tradizionale: il modello verticale dei canali di comunicazione e della distribuzione, basando la propria redditività sul modello interruption – disruption. Ciò comporta che la comunicazione rimane di tipo verticale, monodirezionale indirizzata ad un pubblico di massa, la quale cerca di veicolare, attraverso una scaletta di programmazione, il maggior numeri di utenti disposti ad ascoltarla. Tale messaggio raggiunge il pubblico interrompendo la programmazione per veicolare il messaggio pubblicitario.

Tuttavia è stato necessario svolgere alcuni miglioramenti sia dal punto di vista dell’interattività e dei metodi di misurazione, oltre che ampliamento dei canali all’interno dei quali inserire il contenuto pubblicitario, come: banner, micrositi, email.

1 Il termine marketing mix indica la combinazione (in inglese mix) di variabili controllabili (dette "leve decisionali") di marketing che le imprese impiegano per raggiungere i propri obiettivi. Le variabili che

tradizionalmente costituiscono il marketing mix sono le cosiddette 4P (in inglese four Ps) teorizzate da Jerome McCarthy e riprese in seguito da molti altri: Product: prodotto; Price: prezzo; Place: punto vendita; Promotion: promozione.

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Un ulteriore passaggio ad un’altra forma di marketing si ha con nascita dei social media, i quali hanno contribuito alla modifica del rapporto tra impresa e consumatore, i quali tendono ad essere più partecipativi e coinvolti nei confronti delle attività di marketing delle imprese, in quanto hanno la facoltà di creare e diffondere le loro idee e le loro opinioni. I consumatori sono sempre interconnessi sia tra di loro, sia con le imprese, essi hanno sempre un maggior potere di controllo, anche perché possono personalizzare il consumo di informazioni ed intrattenimento. I cambiamenti indotti dall’uso dei social media hanno contribuito alla nascita di un nuovo filone del marketing, il Social media marketing, il quale consente alle aziende di avere maggiore possibilità di relazionarsi ed interagire con le marche dei propri clienti e ciò genera una modifica del flusso della comunicazione, offrendo al consumatore la possibilità di esprimersi senza intermediari e alle aziende di porsi in ascolto e di soddisfare realmente i bisogni dei clienti, facendoli anche partecipare ai propri progetti.

1.3 Social Media Marketing

Il social media marketing può essere considerato quella parte del marketing che si occupa di dare visibilità ad un’azienda o brand su social media, comunità digitali, più in generale, sulle diverse piattaforme del Web 2.0. Esse possono essere utilizzate come strumento per generare passaparola e brand awareness, alimentando le conversazioni sulla marca e sulle attività dell’impresa. Inoltre tutte le informazioni create attraverso il traffico in rete, possono essere rielaborate per creare, comunicare, distribuire, e scambiare offerte che hanno valore per gli stakeholder di un’impresa.

Il Social media marketing, ha posto nuovi obiettivi raggiungibili alle imprese, tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie che offrono nuove possibilità di contatto tra le imprese e i clienti.

Gli operatori di marketing hanno accesso a quattro tipi fondamentali di media, le cui variabili distintive sono: il livello di controllo, il grado di interattività, entità e modalità di copertura dei costi, misurazione dei risultati. Per questa distinzione si perviene alla distinzione tra paid media, owned media, earned media e sold media.

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I paid media, comprendono le forme della pubblicità tradizionale, definite come l’inserimento dietro compenso di messaggi promozionali, pianificati e controllati, in forma one-to-many, standardizzati e unidirezionali, in grado di raggiungere un pubblico target. Tuttavia vi sono diversi gradi di qualificazione del target e di personalizzazione del messaggio. Esempi di paid media tra le forme di pubblicità classica sono: pubblicità televisive, annunci radiofonici, inserti sulle riviste, sui quotidiani; le forme di pubblicità online: spot su internet, banner serch engine marketing (SEM).

Gli owned media, sono mezzi proprietari dell’impresa, da essa detenuti e gestiti con piena autonomia, per i quali non è richiesto un esborso a terzi per l’acquisto di spazi, ma solo per il sostenimento delle spese di “produzione”. Sono canali controllati, quindi, dalla marca come i siti aziendali e i siti di e-commerce, i blog aziendali, gli advergame e gli ARG (Alternate Reality Gaming).

Gli earned media, sono quegli ambient di conversazione many-to-many all’interno dei quali l’impresa o la marca viene citata e commentata dagli utenti, come social network, blog, community, ma anche la comunicazione via passaparola o WOM (word-of-mouth). L’impresa ha un potere d’influenza su tali conversazioni assai modesto, se non nullo, ma deve monitorare attentamente ciò che accade in tali ambienti, ciò che i consumatori e gli opinion leader dicono su di essa e sui suoi prodotti.

I sold media, sono parte degli owned media, che eventualmente un’impresa può vendere a terze parti. Un mezzo proprietario che potrebbe risultare interessante per un’impresa inserzionista che potrà acquistare degli spazi al suo interno.

Questi importanti cambiamenti avvenuti nella gestione della comunicazione richiede nuove competenze, i nuovi media devono essere gestiti in modo integrato, assegnando a ciascuno di essi un ruolo ben preciso.

Per far ciò occorre definire delle strategie che siano in grado di ampliare i confini della propria azione di marketing rendendo al contempo tali strategie più mirate ed approfondite.

I nuovi canali digitali offrono la possibilità di superare i tradizionali vincoli geografici e momentanei, per connettere il brand con un numero di interlocutori più ampio che in passato. Consentendo anche di affinare i messaggi di marketing in modo molto preciso,

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per soddisfare specifiche nicchie e/o singoli consumatori, all’interno di un mercato di riferimento più esteso.

Le aziende sono ansiose di avviare una strategia di marketing che comprenda l’utilizzo dei social media, tuttavia la maggior parte di queste si trovano ancora in una fase in cui non sanno quale sia l’approccio più utile da seguire affinché essi possano raggiungere gli obiettivi di marketing prefissati.

La ricerca condotta da Marketing Sherpa su un campione di 2300 operatori di marketing, ha creato un Social Media Marketing Benchmarking Report, nel quale i dati raccolti posizionano gli operatori di marketing su tre fasi principali del percorso verso l’adozione del social media marketing: prova, transizione e strategica.

1. La fase di prova: le aziende iniziano ad utilizzare le piattaforme social, ma non pensano al ruolo che possono ricoprire all’interno del piano di marketing generale. L’uso dei social è finalizzato alla creazione di eventi, aventi come unico scopo quello di attirare il traffico degli utenti, in modo da aumentare la copertura mediatica o come strumenti di attivazione per sostenere le altre attività di marketing.

Questa fase viene vista dalla maggior parte delle aziende, come momento di esplorazione dei questo nuovo luogo d’incontro ascolto e condivisione, per poter meglio comprendere l’utilizzo che può essere attuato all’interno della propria strategia di marketing generale. L’errore spesso compiuto dalle aziende è quello di non considerare questo stadio iniziale di adozione dello strumento come una fase di un processo che si sviluppa in più fase, ma si concentrano sull’utilizzo dei singoli mezzi.

2. La fase di transazione: le aziende iniziano ad utilizzare i social media in maniera più matura, l’integrazione è pianificata in maniera più sistematica e coerente con la strategia di marketing generale, ciò comporta che tale strategia sia più ponderata, come l’utilizzo di più canali social sfruttando al meglio le potenzialità di ognuno.

3. La fase strategica: in questa fase le aziende effettuano il consolidamento del social media marketing, sviluppando piani strategici per i social media che ne

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riuniscono le diverse componenti per raggiungere gli obiettivi di marketing. Le aziende quindi coordinano gli obiettivi strategici dell’azienda con gli obiettivi dei social media, creando un piano integrato e complessivo per le aziende.

Una strategia digitale è tanto più significativa quanto è maggiore l’utilizzo della rete da parte dei clienti dell’impresa che si accinge ad adoperate tale modalità di comunicazione.

Al fine di rivolgersi al pubblico di riferimento in modo efficace ed efficiente, le imprese dovranno svolgere un’analisi sull’intensità e delle modalità di fruizione dei media digitali dei soggetti in target. In tal caso occorre considerare le attività e gli stili di vita del consumatore potenziale, il suo livello di partecipazione nei social media, i canali utilizzati, in modo da poter stilare il profilo social del target di riferimento.

Se il target è in qualche modo attivo online, è opportuno comunque promuovere la propria offerta in questo contesto attraverso un particolare media mix digitale, con esso intendiamo l’insieme integrato di strumenti di comunicazione/piattaforme digitali che l’impresa utilizzerà, tenendo conto del comportamento online tenuto dai soggetti appartenenti al target di riferimento.

1.4 I social media

I social media sono tutte quelle applicazioni web che sfruttano il palcoscenico del Web 2.0 per consentire agli utenti del web di creare e scambiare contenuti online con un vasto pubblico. Questo le identifica come piattaforme interattive in cui gli utenti possono, comunicare e condividere contenuti con altre persone appartenenti al network ed anche interagire con le imprese, raccogliendo informazioni sui brand e prodotti.

Possiamo in base a tale definizione identificare tre principali elementi dei social media in quanto esse sono: applicazioni basate su internet, in particolare sul Web 2.0, basate sull’assunto di base della bidirezionalità, in cui gli utenti hanno la possibilità di contribuire alla creazione dei contenuti.

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Lo spazio dei social media può essere una suddiviso in 4 aree2, tenendo in considerazione le caratteristiche comuni tra i diversi social media: Social Community, Social Publishing, Social Entertainment, Social Commerce.

Social Community

Il Social Community descrive l’area social focalizzata sulle relazioni, in tali media il motivo principale per cui le persone si impegnano è l’acquisizione ed il mantenimento delle relazioni. Tra le caratteristiche che presentano, possiamo distinguere la comunicazione bi o multi dimensionale, conversazione, collaborazione e condivisione a esperienze e risorse.

Avendo come riferimento queste caratteristiche possiamo indicare come appartenenti a questa prima area Social: i siti di social network, le bacheche elettroniche, i Wiki, i

Forum.

I siti di social network, sono host online che consentono ai propri membri di costruire e gestire i profili, identificare gli altri membri e partecipare altre varie attività offerte dal sito. Possono essere paragonate a delle comunità sociali, in quanto si crea tra le persone che sono interconnesse, un contesto di collaborazione e comunicazione.

L’interazione è alla base del valore dei social network, i contatti, che potremmo chiamare amici, follower o fan, comunicano e condividono contenuti in vari modi all’interno delle piattaforme dei social media.

La comunicazione che avviene all’interno delle comunità può essere in primo luogo distinta in sincrone e asincrone.

Le comunicazioni asincrone sono contenuti online durevoli, che possono essere consumati in momenti diversi dal momento in cui essi sono stati generati; alcuni esempi possono essere: aggiornamenti di stato e i commenti o la condivisione di contenuti. Le comunicazioni sincrone invece sono deperibili e per questo occorre che vi sia il coinvolgimento attivo e in tempo reale tra due o più persone; esempi in questo caso possono essere i direct message o i nudge.

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Altra differenza tra le modalità di comunicazione consiste nella contrapposizione tra: comunicazione diretta, che avviene tra due membri del social network (un esempio sono gli istant message e direct message), e quella indiretta avviene per esempio tramite la condivisone di contenuti online.

Entrambe tali modalità di comunicazione sono fondamentali, in quanto consentono l’interazione degli utenti e, seppur in modo molto differente, aumentano la percezione dell’ambient intimacy che avvertiamo con i membri della nostra rete. Questo termine associa alle comunità digitali e ai social media, la capacità di far stare in contatto persone che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di mantenere i contatti, per mancanza di tempo o limiti geografici.

Alla base della partecipazione alle comunità social, c’è la creazione del profilo.

Il profilo migliora la capacità dei membri di sviluppare un’identità social, esso si compone di un’immagine o un avatar, un nome utente e alcune caratteristiche personali quali età, sesso, posizione geografica ed interessi personali quali libri, film ecc.

Per poter mostrare meglio agli altri utenti, la nostra natura nell’ambiente digitale i profili possono essere personalizzati, con skin, che equivalgono a temi utilizzati per modificare il design di una pagina e altri componenti decorativi.

La presenza nelle comunità social è una caratteristica molto importante, per questo vengono utilizzati gli indicatori di presenza che danno la possibilità agli ai membri di offrire una proiezione più reale della propria identità.

Distinguiamo di seguito alcune tipologie di indicatori:  Icone di presenza

 Mood icone

 Liste di amici nel network  Status update

Noi tutti gestiamo le impressioni che facciamo sugli altri e ciò viene in primo luogo fatto gestendo la nostra identità social, le interfacce create all’interno dei social network sono progettate in modo da andare incontro alle esigenze dei membri, per mostrare al meglio la nostra natura nel mondo digitale.

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Le comunità possono consentire sia la possibilità di gestire la privacy al fine di renderla protetta, ma anche per poter dare la possibilità di promuovere immagini di noi diverse a seconda del gruppo di riferimento. Per agevolare la promozione di tale immagine, vi è la possibilità di visualizzare il nostro profilo dalla prospettiva degli altri utenti (identity reflector).

Oltre l’interazione, i social network offrono ulteriori tipologie di funzionalità una delle più importanti è la condivisione di contenuti, utenti per mezzo della condivisione hanno tutti gli strumenti per rivelare la propria identità digitale.

Possiamo suddividere i consumatori dei social in base alla tipologia dei contenuti condivisi.

Nel segmento di consumatori denominato creatori, appartengono quegli utenti che producono attivamente contenuti sotto forma di video, popcast o musica, storie, articoli e post sui blog. Tale segmento rappresenta il 20 percento dei consumatori dei social media.

Altro segmento comprende il luker sono coloro che consumano contenuti secondari, sono contenuti creati da altri che ritengono opportuno redistribuire ad una rete più ampia di persone. Essi leggono post e guardano video ma non contribuiscono al flusso dei contenuti.

Il motivo principale per cui i soggetti condividono i contenuti è perché ritengono che questi siano utili e/o interessanti e pensano che anche altri soggetti potrebbero reputarli tali.

Nei social network per incoraggiare la partecipazione sono offerti molti strumenti di condivisione:  Activity stream  Gift application  Condivisione continua  Funzionalità di upload  Codice embed Facebook

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Nella classifica dei social network più utilizzati e apprezzati in Italia, Facebook si conferma come primo dal 2008 ad oggi.

Facebook, ha ormai raggiunto ben 1,89 miliardi di utenti mensili ed è (ancora) il social network preferito in 119 dei 149 paesi analizzati e visibili sulla mappa.

Fig.3: Mappa dei social media

Fonte: Vincenzo Cosenza, Vincos.it

Oltre ad essere il luogo più affollato della rete, risulta anche quello con la più alta permanenza pari a 14 ore e 9 minuti per persona.

I dati più impressionanti riguardano l’utilizzo in mobilità, sono 21 milioni coloro che, almeno una volta al mese, lo usano da un tablet o uno smartphone, mentre 16 milioni accedono quotidianamente. Una crescita notevole se si considera che i mobile users erano rispettivamente 15 milioni e 10 milioni un anno fa.

Ha cambiato profondamente molti aspetti legati alla socializzazione e all'interazione tra individui, sia sul piano privato che quello economico e commerciale.

Gli utenti possono accedere al servizio previa una registrazione gratuita, durante la quale vengono richiesti dati personali come nome, cognome, data di nascita e indirizzo email. Completata la registrazione, gli utenti possono creare un profilo personale, includere altri utenti nella propria rete sociale, aggiungendoli come "amici", e scambiarsi messaggi, anche via chat, incluse le notifiche automatiche quando questi aggiornano i propri profili.

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Social Publishing

Nell’area del social publishing, la caratteristica principale è la diffusione di contenuti al pubblico, per questo nelle comunità social è la principale unità di valore che viene scambiata.

I contenuti possono avere differente natura (foto, consigli, slogan, opere d’arte ecc..), ed inoltre il catalizzatore da cui esse scaturiscono, può essere esterno come un film e proprio in seguito ad esso che si dà luogo alla condivisione di contenuti con riferimento ad esso.

La nascita dei contenuti avvenne attraverso il materiale di stampa, e sono diventati social soltanto nel momento in cui sono stati rafforzati con l’interattività, partecipazione e condivisione.

I contenuti social possono assumere una varietà di tipologie differenti: post e articoli nei blog; post sui micro blog; comunicati stampa; libri bianchi, case study ed e-book; newsletter; video; webinar e presentazioni; podcast; fotografie e altri ancora.

Il social publishing, comprende infatti quei canali dove le persone e le imprese pubblicano contenuti come: blog, microblog, siti di media sharing, social bookmarking

e di news.

I blog, sono nati come semplici diari online pubblicati, per condividere in maniera semplice le proprie opinioni mediante messaggi di testo e sono in circolazione da più di dieci anni. Ma nel corso del tempo, si sono evoluti, in luoghi che consentono a singoli individui e alle imprese di pubblicare i propri contenuti.

I blog sono siti web in cui i contenuti vengono visualizzati in ordine cronologico inverso, come testi, video, immagini e foto; possono essere gestiti da singole persone, giornalisti, gestori dei media tradizionali o organizzazioni di vario tipo.

Ai gestori di tali siti è data la possibilità di trattare un’ampia varietà di temi, con una vasta quantità di contenuti, hanno l’opportunità di esprimere la loro opinione e condividere le proprie conoscenze, guadagnando tramite gli spazi pubblicitari inseriti al suo interno.

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La natura social dei blog si evince dal fatto che essi incentivano la condivisione, consentono ai lettori di commentare i contenuti, creando un flusso di discussione su particolari articoli.

I blog posso, inoltre, consentire alle imprese di creare una leadership di pensiero su determinati argomenti, possono realizzare collegamenti con i siti aziendali, come l’e-commerce aziendale, aumentare il traffico verso i siti di riferimento in modo da diffondere la conoscenza della marca.

I siti di media sharing, sono simili ai blog, ma invece che limitarsi al testo o a un mix, comprendono:

 Siti per la condivisione di video come Youtube, Vimeo e Ustream;  Siti per la condivisione di immagini come Instagram, Pinterest e Fickr;  Siti per la condivisione di audio come Podcast Alley;

 Siti di condivisione di documenti e presentazioni come Slideshare e Scribd.

Per tale motivo la scelta del sito di media sharing da utilizzare dipende in primo luogo dal tipo di contenuto che deve essere condiviso.

I loro ambienti sono controllati direttamente dalla persona o organizzazione che posta i contenuti, ma sono disponibili a tutti per ricerche generiche ed vi sono, inoltre, opzioni per seguire i contenuti postati da persone specifiche.

Siti di micro blogging, la differenza fondamentale che li distingue dai blog è la lunghezza dei contenuti ammessi, essi possono essere costituiti da una frase, un video incorporato, un frammento di una frase o un collegamento ai contenuti che si trovano su un sito.

I post sui microblog possono essere come promemoria, e per instaurare una maggiore consapevolezza, possono offrire link di valore per indirizzare il traffico e costr uire credibilità e reputazione.

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Twitter, il sito di micro sharing più conosciuto, impone un limite di 140 caratteri per i messaggi e tiene legato l’utente medio per circa 1 ora al mese.

Sono un po’ più uomini che donne (53% vs. 47%), il 97% di loro partecipa alle decisioni d’acquisto della propria famiglia e il 73% gradisce provare nuovi prodotti e servizi. E’ il profilo dell’utente Twitter italiano, come risulta da un’infografica di Twitter Ads Italia, realizzata sulla base di dati di GlobalWebIndex relativi ai primi due trimestri del 2015.

Una fotografia che rivela dati interessanti anche per le aziende: il 34% degli utenti conosce i brand e il 52% si affeziona ai marchi che gli piacciono. Inoltre, il 61% informa regolarmente parenti e amici su nuovi prodotti e servizi.

Fig.3: Utenti Twitter

Fonte: GlobalWebIndex, relativi ai primi due trimestri del 2015

L’indagine fornisce anche qualche cifra sull’utilizzo che questi utenti fanno dei mezzi tradizionali, come la tv, confermando la validità dell’utilizzo di Twitter in ottica second screen e il mobile.

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Fonte: GlobalWebIndex, relativi ai primi due trimestri del 2015

Social Entertainment

Il Social Entertainment, comprende canali e veicoli che offrono, attraverso opportune piattaforme, opportunità di giocare e divertirsi.

Una piattaforma di gioco è costituita da sistemi hardware sui quali si gioca. Le piattaforme comprendono: console per i videogiochi, computer, dispositivi portatili (smartphone, PSP, Nintendo...).

Le principali tipologie di social entertainment possono essere distinte in: giochi social,

mondi virtuali, comunità di social entertainment.

Social Commerce

L’area del Social Commerce si riferisce all’uso dei Social Media, per incentivare la vendita online di prodotti e servizi.

Il termine social shopping, si riferisce a situazioni in cui il Social Commerce abilita comportamenti nei quali i consumatori interagiscono con altre persone durante l’intero processo d’acquisto.

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L’interazione può avvenire attraverso canali differenti: recensioni e valutazioni, siti di

occasioni e aggregatori di occasioni, mercati di social shopping e vetrine social.

Recensioni e valutazioni, occorre in primo luogo precisare che valutazioni e recensioni non sempre sono utili.

Le valutazioni (rating) sono rappresentate da punteggi che le persone assegnano a prodotti o servizi e vengono utilizzate dai consumatori come scorciatoie mentali per prendere delle decisioni.

Le recensioni (review) sono giudizi con commenti sull’oggetto in questione, forniscono informazioni più dettagliate, per quei soggetti che intendono valutare la scelta in modo più approfondito.

Recensioni e valutazioni offrono alcuni vantaggi per i rivenditori online in quanto, generano maggiori vendite poiché aumentano il numero di nuovi clienti, le persone che scrivono recensioni tendono ad acquistare più spesso e in maggiori quantità rispetto a coloro che non ne scrivono.

Tuttavia non tutti i venditori online ospitano, sui loro siti recensioni e valutazioni e questo perché hanno il timore che le recensioni dei consumatori insoddisfatti danneggino la brand reputation.

Possiamo infine sostenere che il social commerce, comprende diversi strumenti e applicazioni che aiutano a valutare le alternative e ad effettuare gli acquisti e che inoltre rafforzano la socialità dell’esperienza d’acquisto online.

1.5 Utilizzo dei social media degli italiani

Comprendere l’utilizzo dei social media da parte degli italiani è molto importante, al fine di permettere alle imprese di creare una strategia social efficace ed efficiente.

Un’indagine del Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, pubblicata nel suo ultimo rapporto sulla situazione sociale del Paese, tratta due aspetti molto importanti sull’utilizzo dei social da parte degli italiani:

1. Su quali social si concentra la presenza degli italiani

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1. Confrontando gli ultimi dati con quelli dell’indagine Censis 2013, si osserva che in due anni è aumentata la presenza degli italiani sui social network. In particolare, cresce l’appeal per Facebook e Instagram che segnano gli aumenti più rilevanti: il primo passa dal 44,3% di utenti nel 2013 al 50,3% nel 2015; mentre il secondo vede più che raddoppiare la propria quota di utenti, passando dal 4,3% al 9,8%. Il social network per i professionisti, Linkedin, che nel 2013 contava una quota di utenti del 3,9%, conquista il 5,0% degli italiani; mentre Twitter raggiunge il 10,1% della popolazione, registrando una differenza percentuale di appena lo 0,5% in due anni. Al terzo posto Twitter, è utilizzato soltanto dal 10,1% degli italiani. Il social network delle foto, Instagram, raggiunge invece il 9,8% degli italiani. Soltanto il 5,0% degli italiani utilizza Linkedin, il social network che consente di creare un proprio profilo professionale da condividere in Rete per sviluppare contatti lavorativi.

2. Considerando la classe di età degli utenti dei social network, si osserva che le quote maggiori di utilizzatori si concentrano nelle fasce di età più giovani, segnando una grande distanza tra gli under 45 e gli utenti con 45 anni e oltre. E la distanza diventa abissale se si confrontano le due generazioni dei giovanissimi e degli over 65. Facebook è il social network più amato sia tra gli under 30 sia tra gli ultrasessantacinquenni: ma se la quota dei giovani che lo utilizza raggiunge il 77,4%, gli utenti anziani sono appena il 14,3%. I giovani che utilizzano Youtube (72,5%) sono un multiplo significativo degli anziani che fanno altrettanto (6,6%). Instagram, il social delle foto, attrae un giovane su quattro (26,1%), mentre ad usarlo sono appena l’1,3% degli over 65. Il 19,1% dei giovani twitta, come fa soltanto il 2,3% degli anziani. Le distanze si accorciano, invece, per Linkedin, utilizzato dal 6,8% degli under 30 e dal 2,0% degli ultrasessantacinquenni. Altra ricerca su cui porre attenzione è quella svolta da Blogmeter, essa non ha come obiettivo quello di stimare in termini di volumi, l’utilizzo dei social della popolazione italiana (come l’indagine del Censis), ma la ricerca indaga sul perché gli italiani usano i social media e quali sono i loro impieghi nella vita di tutti i giorni.

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Tale ricerca che è stata realizzata intervistando un campione rappresentativo di 1500 residenti in Italia. La composizione del campione si differenzia per sesso, età e area geografica, dei residenti iscritti almeno ad un canale social.

La ricerca “Italiani e Social Media” ha come fine quello di indagare sul perché gli italiani usano i social e su quali sono i loro impieghi nella vita di tutti i giorni.

Dall’approfondita analisi svolta dei risultati di Blogmeter, sull’utilizzo dei social media da parte degli intervistati la ricerca ha contribuito a:

Identificare due categorie di social media: i social di cittadinanza e i social

funzionali.

I social di cittadinanza sono quelli che aiutano a definirci nel mondo digitale e la cui frequenza di utilizzo è molto alta (più volte al giorno o alla settimana). Tra questi il maggior rappresentante è Facebook con ben l’84% degli intervistati che ha dichiarato di utilizzarlo più volte al giorno. Gli altri sono YouTube, Instagram e Whatsapp.

I social funzionali sono quelli che utilizziamo più saltuariamente per un determinato “bisogno”. I social principali, che gli intervistati dichiarano di usare saltuariamente, sono Google Plus, Twitter e Linkedin le cui frequenze di utilizzo sono rispettivamente il 40%, il 35% e il 31%.

Tali informazioni raccolte sono utili alle aziende, in quanto potranno decidere le strategie social da implementare sulla base del ruolo che vogliono ricoprire. Quindi porsi nella veste di “compagni di strada” degli utenti o invece diventare dei risolutori di bisogni specifici.

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 Identificare le motivazioni che spingono gli utenti all’iscrizione sui social, il relativo utilizzo, ed anche quali sono i social preferiti dagli utenti per usi differenti, quali raccogliere stimoli e idee, per informarsi o per seguire un brand. Tra le motivazioni più gettonate spiccano la curiosità e l’interesse (ben il 21% degli utenti ha dato questa risposta); il 17% ha dichiarato che lo scopo di utilizzo è legato alla creazione di relazioni nuove e personali, mentre il 14% afferma di utilizzarli per svago o piacere.

Solo il 4% degli intervistati pensa che sia inevitabile iscriversi ai social e indagando le ragioni dell’utilizzo di un determinato social, Facebook si conferma il principale social network per tutti gli obiettivi.

Tra gli altri social media, emerge TripAdvisor per leggere recensioni, YouTube per informarsi, mentre per seguire brand e personaggi celebri gli intervistati preferiscono Instagram.

 Indagare sulla relazione tra i social e gli altri media, quantificando per entrambi i mezzi di comunicazione il tempo ad essi dedicato e le preferenze in termini di credibilità per la raccolta di informazioni.

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Dalla ricerca si evince che, se da un lato Facebook si configura come il social a cui dedichiamo in assoluto la maggior parte del tempo, dall’altro lato anche canali di comunicazione più tradizionali come la televisione e i magazine continuano a mantenere una forte credibilità anche tra gli utenti del web.

Gli intervistati considerano come assolutamente credibili per informarsi TV e stampa, mentre al contrario ritengono poco affidabili Facebook, YouTube e i Blog.

Quando però si tratta di acquistare, i canali che gli italiani digitalizzati considerano più attendibili sono i siti di acquisti online (Amazon e Ebay) e siti di recensione (TripAdvisor).

 Analizzare quali sono le personalità Influencer e celebrity più seguite gli utenti, di quali si fidano di più.

Dall’analisi, emerge anche che il rapporto con gli influencer è però sfaccettato: se fan-base e credibilità sono aspetti non sempre correlati, età e numero di influencer seguiti sì. I giovani seguono un numero maggiore di personaggi appartenenti a categorie diverse, mentre invecchiando si diventa più selettivi. Le aziende devono quindi comprendere bene a quali target ci si rivolge nella scelta di un determinato influencer.

Nell’ambito celebrity, invece, cantanti, giornalisti e scrittori sono i personaggi di cui gli italiani dichiarano di fidarsi di più, mentre musicisti e TV personalities risultano i più seguiti (secondo il 33% del campione).

 Definire l’utilizzo e la frequenza dei social, quali vengono abbandonati e quali sono le differenti modalità di fruizione (PC, Tablet, Smartphone).

In termini di età, i risultati dell’analisi dimostrano che al crescere dell’età decresce il numero di social a cui si è iscritti: nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, la media di social e servizi di messaggistica posseduti è superiore a sette, dopo i 45 anni, invece, scende a tre canali.

I giovanissimi – utenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni – dichiarano inoltre di dedicare più tempo a Instagram e YouTube, ma al crescere dell’età subentrano Facebook (18-24) e televisione (per gli italiani dai 35 anni in su).

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Dalla ricerca emerge che gli italiani non hanno remore a disiscriversi dai social. Il social più abbandonato in assoluto è Tinder: ben 3,5 italiani su 10 dichiarano di essersi iscritti e poi cancellati. Seguono Snapchat, con il 25%, Pinterest e Twitter, con il 10%.

Come abbiamo visto dalla ricerca svolta da Blogmeter si evince di come siano differenti le abitudini di utilizzo dei social sotto diversi punti di vista: aspettative, esigenze, diversi e bisogni.

Per questo i brand sono costretti ad ascoltare e a saggiare il terreno del loro segmento di mercato prima di poter iniziare a delineare una strategia social d’impatto, che possa essere al tempo stesso efficace ed efficiente.

La ricerca di cui sono state riportate le conclusioni fornisce alle aziende informazioni molto utili, in termini di canali da utilizzare in base: alla reputazioni che essi detengono, alle caratteristiche che gli utenti gli attribuiscono e alla frequenza di utilizzo e alle modalità di fruizione.

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Capitolo 2

Sviluppare e organizzare i contenuti di marketing

Nelle comunità social la principale unità di valore che viene scambiata è il contenuto, esso può essere costituito sia da contributi prodotti e pubblicati dai membri, sia prodotto per fini commerciali come slogan, spot televisivi o può essere costituito da notizie per incentivare la diffusione. Idealmente i contenuti presenti nei Social Media non dovrebbero essere una mera trasposizione di quelli già esistenti offline, ma dovrebbero essere adattati al contesto del Web.

I Social Media organizzano al loro interno una quantità di contenuti molto ampia, tale che è difficile creare una categorizzazione. Tuttavia per provare a capire come le imprese utilizzano questo mezzo di comunicazione per creare involvement e awareness dobbiamo analizzare sia i contenuti trasmessi che il tipo di comunicazione.

Prima dell’avvento del Web era molto facile distinguere i contenuti editoriali, dai

contenuti commerciali.

Possiamo definire un contenuto come editoriale nel momento in cui esso è obiettivo e imparziale, il suo fine ultimo è quello fornire un’informazione o esprimere un’opinione e non quello di contribuire al programma d’impresa. Mentre al contrario un contenuto è commerciale se il suo scopo è quello di provare a convincere lo spettatore, lettore a cambiare il proprio atteggiamento nei confronti di una marca o di un prodotto.

Nei mezzi di comunicazione tradizionali era molto chiaro se un’inserzione all’interno della stampa o uno spot presente su programmi televisivi o radiotelevisivi era di tipo commerciale, per la stampa occorreva rispettare determinate norme e linee guida, mentre lo spot era sempre anticipato da un esplicito riferimento alla natura del contenuto. Anche se i contenuti che provengono dalle fonti dei media tradizionali mantengono il loro ruolo, esse sono accostate ad altre modalità di comunicazioni che competono con esse.

Il Web ha, infatti, introdotto altre metodologie di comunicazione, nelle quali diventa sempre più complicato distinguere la natura dei messaggi. Tali modalità attirano sempre l’attenzione del consumatore, e questo ha incentivato il bisogno dei fornitori di contenuti

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tradizionali di adattarsi al nuovo ambiente spostando il proprio messaggio dalla carta stampata alle applicazioni del mondo digitale.

La linfa vitale dei social media è costituita dai contenuti generati dagli utenti (UGS,

User Generated Contents), con esso intendiamo qualsiasi contenuto creato dagli utenti

e pubblicato in Internet, e reso fruibile attraverso diverse piatteforme, come Flicker o Instagram per le foto o Youtube per i video. Questo contenuto può essere condiviso nel contesto delle relazioni (social community) o potrebbe essere un contenuto pubblicato (social publishing).

L’importanza di tale tipologia di contenuti risiede nel fatto che essi riesco a catturare l’attenzione su cosa alle quali altrimenti non guarderemmo e rende allo stesso tempo il contenuto più sticky. Stickiness è un termine che spiega quanto un sito o un contenuto sono in grado di trattenere gli utenti in una singola sessione o incoraggiarli a tornare. Le marche possono disseminare diverse forme di contenuti nelle comunità social, per cercare di incrementare consenso e condivisione. Dato il potere dei UGC, questa tipologia di contenuti potrebbero anche impattare su ciò che gli altri pensano o addirittura modificare le attività di marketing di un’azienda.

Per trarre vantaggi da questa tipologia di contenuti, esse cercano di invitare i consumatori ad impegnarsi ed interagire mentre producono contenuti da condividere, svolgendo una forma di co-creazione di contenuti con l’azienda.

Tali contenuti vengono poi sfruttati dagli operatori di marketing online, inserendo nel proprio lessico frasi o contenuti collegate al contenuto generato dagli utenti.

Il contenuto generato dagli utenti si definisce organico quando la persona che la realizza e condivide è motivata da un’intenzione intrinseca, mentre il contenuto si definisce

incentivato, quando il contributo è una risposta ad un chiamata all’azione, la quale può

essere contenuta in un messaggio di marketing. Tale comportamento è incoraggiato dall’offerta di un incentivo, come la possibilità di vincere un concorso o ricevere prodotti o servizi gratuitamente. Gli operatori di marketing definiscono questo approccio pubblicità partecipativa in quanto i messaggi di marketing sono creati da reali consumatori. Le marche impongono delle linee guida specifiche alle quali i consumatori devono attenersi per l’invio di contenuti.

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Occorre inoltre dire che bisogna porre attenzione ai contenuti condivisi, in primo luogo ponendo attenzione alla qualità dei contenuti (regole formali, grammaticali, tecniche, stile comunicativo e non istituzionale), ed inoltre fare attenzione al linguaggio e alle regole proprie di ciascuna piattaforma.

Gli operatori di marketing nel sviluppare i contenuti sulle piattaforme social, devono seguire delle direttive, al fine di creare dei contenuti coerenti e in grado di coinvolgere il consumatore:

 I contenuti devono allinearsi alla brand identity e agli obiettivi strategici, tenendo presente la personalità complessiva della marca;

 Identificare gli argomenti rilevanti in base alla scala valori, selezionando la tipologia di contenuti, i luoghi di pubblicazione e il programma per la pubblicazione;

 Definire un calendario editoriale, per individuare, organizzare e gestire i contenuti di una strategia di comunicazione aziendale. Esso aiuta i produttori di contenuti, a gestire il processo di sviluppo dei materiali offrendo una visione d’insieme di tutti i contenuti suddivisi per giorno e per settimana, per tutta la durata del piano. Le imprese possono redigere un calendario principale, il quale terrà traccia delle date importanti in cui si svolgeranno eventi che potrebbero offrire lo spunto per trattare argomenti con il pubblico di riferimento. E potrebbe affiancare a questo altri calendari per attività più specifiche.

 Definire la strategia di social publishing, la quale aiuterà gli operatori di marketing nella decisione del contenuto da pubblicare e dei canali in cui pubblicarlo. Tale strategia ci permetterà di massimizzare l’esposizione al contenuto, facendo convergere nel nostro sito gli utenti del Web, rispettivamente dai motori di ricerca e dai canali social. L’impresa può intraprendere due tipologie di ottimizzazione:

 Ottimizzazione per motori di ricerca (search engine optimization, SEO), processo che modifica contenuti, caratteristiche del sito e collegamenti al contenuto al fine di aumentare le probabilità che i motori di ricerca li restituiscano, in posizioni migliori della classifica SERP (Search Engine

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Result Page). Gli operatori di marketing dovranno quindi creare aumentare l’importanza dei contenuti usando tattiche on-site e off-site.  Ottimizzazione per i social media (social media optimazation, SMO), è il

processo che aumenta le probabilità che il contenuto presente su una specifica piattaforma di social media sia più visibile e linkabile nelle comunità online. La SMO offre anche la possibilità di migliorare la posizione sui motori di ricerca, questo perché l’aumento di link organici verso il contenuto, contribuisce a migliorarne il posizionamento.

Fig. 5: Scala di valore dei contenuti

Fonte: Tulen, Solomon, Social Media Marketing, pag 37

Infine possiamo effettuare una classificazione dei contenuti, in base alla loro originalità e consistenza secondo una scala di valori, essa può essere definita quindi come scala di

valore dei contenuti (Fig.5)

Il primo in quanto ad importanza è il contenuto principale (flagship content), si riferisce a pezzi fondamenti che aiutano a descrivere un fenomeno o dare una forma al modo in cui la gente pensa a qualcosa nel tempo.

Il contenuto pilastro (pillow) fornisce una base solida di contenuto originale, è generalmente tratta argomenti di natura educativa che gli utenti del Web ne tempo

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usano, salvano e condividono. Definiamo un contenuto originale se è creato dallo stesso soggetto che li posta.

Un contenuto originale si dice che è un contenuto che genera autorità, quando pone l’entità sconsor come autorità sull’argomento in questione.

Il contenuto di base, è anch’esso originale ma non gode di uno “spessore” tale da rendere l’autore un’autorità nell’argomento trattato o da servire come riferimento al pubblico.

Alla fine della scala troviamo infine il contenuto riempitivo, il quale è formato da informazioni che la gente copia da altri posti.

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Capitolo 3

Strategia e obiettivi del Social media marketing

La pianificazione di una social media strategy è un’attività complessa, ed è tanto importante quanto dotarsi di un progetto prima di costruire un palazzo. Essa ha un valore enorme in quanto aiuta l’impresa a capire i propri mercati e i propri concorrenti, contribuisce a migliorare la comunicazione inter- e intra- organizzativa ed a comprendere in anticipo i cambiamenti che influenzano l’evoluzione del contesto competitivo di riferimento.

La pianificazione strategica è il processo che porta a definire gli obiettivi da raggiungere, le strategie da seguire, le tattiche e le azioni necessarie, a misurare l’efficienza e l’efficacia di ciò che si sta mettendo in atto.

Tale strategia, affinché si abbiano dei benefici diretti per il proprio problema di business, deve riunire le diverse componenti del social mix al fine di raggiungere gli obiettivi della strategia di marketing più generale.

La pianificazione di una strategia di social meda marketing si sviluppa attraverso alcune fasi ben definite, per svolgere tale pianificazione si è fatto riferimento alle fasi delineate da Miriam Bertoli, sul libro Social Media Marketing a cura di Guido di Fraia:

1. Analisi: la prima parte di pianificazione della strategia comprende l’analisi attuale dell’impresa, per attuare tale procedura occorre valutare differenti aree in cui l’impresa opera. Le informazioni raccolte in tale fase verranno poi incrociate con gli obiettivi generali di business aziendali, per poter delineare la strategia da seguire.

In primo luogo asset online, con essi intendiamo ciò che l’impresa svolge al momento online: tipo di pubblicità svolta e risultati economici da essa derivanti, posizione sui canali di ricerca, sito di proprietà o app che l’impresa ha già generato e il grado di conversione in clienti che il traffico su sito/app hanno generato. L’attività on line genera reputazione in rete, per valutarla sarà necessario raccogliere informazioni attraverso l’ascolto e il monitoraggio dei luoghi di riferimento online, analizzare la quantità di volte in cui viene nominato

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il brand, sia la valutazione (positiva o negativa) attribuita dagli utenti, svolgendo quindi un’analisi qualitativa, sarà possibile delineare la considerazione che gli utenti hanno del brand. Altro passo molto importante è l’analisi del contesto competitivo, essa prevede in primo luogo, l’individuazione dei competiors, ossia coloro che competono con te sul mercato offrendo gli stessi prodotti o servizi allo stesso target di riferimento. Una volta individuati, si può iniziare a studiarne il comportamento sui social in modo regolare per capire le abitudini e misurare il successo o l’insuccesso della loro strategia e quindi capire il modo in cui essi vengono percepito dal pubblico di riferimento. Ampliando lo scenario del contesto competitivo, occorre anche svolgere un’analisi sui competitors potenziali, ossia quelle imprese che vendono prodotti o servizi che possono soddisfare bisogni simili a quelli che il brand dell’impresa soddisfa. L’analisi dei clienti non può ridursi ai clienti attuali dell’impresa, ma deve anche considerare le attività svolte online dai clienti potenziali, in base a i dati racconti sarà possibile i comportamenti online, il profilo tipo e altre informazioni utili. Infine sarà necessario effettuare una ricerca sulle tendenze del mercato di riferimento, per indagare su eventuali possibilità di sviluppo.

2. Definizione della strategia: i dati raccolti dalla precedente fase di analisi saranno utili per la stesura degli obiettivi di social media marketing, perché avendo ben chiaro il punto di partenza dell’impresa sarà più facile definire gli obiettivo a cui essa può tendere. Gli obiettivi sono una componente molto importante perché costituiscono lo strumento di misura della strategia, dovranno essere specifici e misurabili, per poter capire e determinare quando sono stati raggiunti. Inoltre, dovranno essere realistici e accessibili perché porsi dei traguardi irraggiungibili vanificherà tutto il lavoro svolto e non ci permetterà di stabilire il successo o l’insuccesso della strategia. Infine, gli obiettivi devono avere una scadenza temporale, dobbiamo stabilire un tempo entro il quale dovrà essere raggiunto: questo ci permette di capire se stiamo andando nella direzione giusta o dobbiamo cambiare qualcosa. Per riassumere le caratteristiche degli obiettivi possiamo

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utilizzare l’acronimo SMART: Specifico, Misurabile, Appropriato, Realistico e Temporalmente orientato.

3. Piano operativo: dopo aver definito la strategia da intraprendere occorre prevedere un piano operativo che definisca le modalità con cui raggiungere gli obiettivi prefissati. Il piano di marketing è solitamente un documento che estende su un arco temporale le proprie attività. Nel social media marketing non si parla più di campagne di comunicazione, perché è necessario che la comunicazione sia continua. Tuttavia è necessario prevedere un piano che si estenda su un lasso temporale di lungo termine, dodici mesi o più, ma che al suo interno abbia un scansione anche settimanale. All’interno sarà necessario indicare: gli strumenti digitali da attivare e le azioni di ognuno, i soggetti predisposti a svolgere le singole azioni, gli obiettivi prefissati e la misurazione di questi.

4. Misurazione: la misurazione dei risultati raggiunti è indispensabile per capire se le azioni di social media marketing attuate siano consoni con gli obiettivi di marketing preposti. A causa della quantità di dati e di metodi di misurazione non è semplice avviare tale non è facile avviare tale procedura di misurazione. Tuttavia la quantità di dati che possiamo raccogliere è veramente tanta, in relazione alle nuove azioni intraprese online: quantità di nuovi clienti acquisiti, fatturato generato dal singolo cliente, com’è cambiata la percezione del marchio. Grazie ai metodi di misurazione e alla grande quantità di dati generata dal digital analytics possiamo avere idea di ciò che nel piano sta funzionando e ciò che invece deve essere migliorato.

5. Miglioramento continuo: con l’analisi dei dati racconti è possibile predisporre dei meccanismi che ci permettono di replicare eventuali iniziative che hanno avuto successo e allo stesso tempo di evitare e quindi non replicare iniziative strategiche che non hanno avuto successo.

Questo processo deve essere attuato dell’azienda che vuole attivare una strategia di social media marketing. Ciò che è importante e che questo processo non deve essere visto come un processo isolato, ma ciclico che si applica sia al piano annuale così come alla singola campagna di comunicazione.

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Come abbiamo visto precedentemente, una delle fasi più importanti è la definizione degli obiettivi.

Dobbiamo tenere presente che questi obiettivi devono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di business dell’azienda. Quindi una volta chiariti quali obiettivi di business l’azienda vuole raggiungere attraverso l’utilizzo dei social media, potrà predisporre degli obiettivi social che siano utili al loro conseguimento.

I principali obiettivi perseguibili con il supporto di una valida strategia social sono numerosi, in questa sede analizziamo i principali:

1. Creare o rafforzare la notorietà del prodotto/marchio aziendale (Brand Awareness)

La notorietà di una marca, è definibile come la capacità di un consumatore di conoscere e riconoscere un prodotto e associargli l’appartenenza ad una specifica tipologia. Essa gioca un ruolo fondamentale nel processo d’acquisto, in quanto tanto più una marca è nota, tanto più è probabile che essa sia acquistata dal consumatore rispetto a marche concorrenti.

La brand awareness può assumere tre configurazione3:

1. Awareness spontanea, rivela il grado con cui un individuo nomina spontaneamente una marca, con riferimento ad una marca di prodotto o settore, senza l’ausilio di alcun supporto;

2. Awareness aiutata, indica il grado con cui un singolo individuo riconosce la specifica marca come appartenente ad una categoria di prodotto o settore, nel momento in cui il nome della marca viene inserito in una lista di marche.

3. Top of mind, indica la prima marca che un individuo ricorda spontaneamente nella categoria.

La notorietà del brand può essere incrementata sfruttando la copertura della marca sui media, acquistando spazio su questi per diffondere i messaggi della marca.

I canali social sono uno strumento ampiamente sfruttato per fare marketing online e per promuovere prodotti, servizi o attività di vario genere, non solo grazie alla rapidità con

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cui le informazioni si diffondono, ma anche per la grande visibilità che Facebook, Twitter e simili offrono.

Negli ultimi cinque anni hanno raggiunto la terza posizione tra i canali digitali che raccolgono i maggiori investimenti in comunicazione, preceduti solo dagli investimenti pubblicitari sui motori di ricerca e dalla display advertising.

Fare comunicazione attraverso i social media è da qualche anno – e rimarrà tale anche per il 2017 – uno dei modi più efficaci e immediati per raggiungere il proprio target di riferimento.

Sempre più aziende hanno notato che ogni miglioramento dell’offerta, nell’ottica del marketing responsabile produce un effetto positivo sul consumatore, nel breve o nel lungo periodo determina un vantaggio competitivo per chi la propone.

Per tale motivo sempre più aziende hanno adottato i principi della Corporate Social Responsability (CSR), utilizzando i canali social come mezzo di diffusione di tali contenuti.

La CSR è, nel gergo economico e finanziario, l'ambito riguardante le implicazioni di natura etica all'interno della visione strategica d'impresa, la quale si traduce in una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d'impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività.

La CSR, riguarda, quindi, l'assolvimento simultaneo da parte delle imprese delle loro responsabilità economiche, legali, etiche e filantropiche, insieme all'inclusione degli stakeholder all'interno della loro strategia di gestione. L'ottemperamento di queste responsabilità può essere diverso a seconda della dimensione dell'attività, della filosofia della direzione, dal tipo di settore in cui ci si inserisce, dall'orientamento strategico e in generale dalle condizioni economiche del contesto.

Tuttavia loro presenza è fondamentale, la Commissione Europea ha negli anni incentivato le imprese a basare le proprie azioni sostenibili seguendo i dettami di alcune organizzazioni internazionali come ONU, OCSE e ILO; ed ha affermato che la CRS può contribuire fortemente allo sviluppo sostenibile europeo, e innalzare il potenziale innovativo e competitivo delle sue imprese (Commissione Europea, 2008).

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La creazione di valore economico nel lungo periodo deriva dall'abilità dell'impresa nel generare e distribuire valore e ricchezza tali da convincere gli stakeholder, in quanto, nell’attuale epoca, i diversi gruppi di stakeholder appaiono sempre più critici nei confronti delle imprese. Il management della comunicazione per la sostenibilità diviene cruciale per la sopravvivenza e lo sviluppo di qualsiasi organizzazione, comunicare il proprio approccio alla sostenibilità pare la strada obbligata per mantenere e sviluppare la propria posizione competitiva e la propria reputazione.

La maggiore attenzione alla CSR potrebbe essere una via per generare una maggiore brand awareness, che vada a tradursi, di fatto, in una fidelizzazione del cliente e in un maggiore orientamento delle decisioni di acquisto del pubblico. Questo è confermato da una ricerca svolta della dalla Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability condotta su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi.

In Italia i consumatori disposti a pagare un premium price per brand sostenibili sono il 52%, in sensibile crescita dal 44% del 2013 e dal 45% del 2014.

A livello globale il dato sale al 66%, in crescita accelerata di 11 punti percentuali rispetto al 2014 e di 16 punti dal 2013. In Europa il dato si attesta al 51% (2014 40%; 2013 37%).

A livello globale, le aziende impegnate nella sostenibilità ambientale e sociale hanno fatto registrare nel 2015 una crescita del fatturato pari al 4%, a differenza di quelle scoperte su questo versante, il cui giro d’affari è incrementato meno dell’1%.

Nei mercati presi in esame, in media le fasce d’età maggiormente propense a pagare di più per la sostenibilità sono quelle dei Millennials (21- 34 anni) e della Generazione Z (15-20 anni). La prima si posiziona al 73% nel 2015 (in crescita del 50% rispetto al 2014), la seconda al 72% (era il 55% nel 2014).

Per questo motivo la sostenibilità dei beni di largo consumo è da considerarsi non più solo un valore aggiunto del prodotto e del brand, bensì un requisito essenziale.

Secondo questa prospettiva la sopravvivenza e lo sviluppo nel tempo delle organizzazioni possono esserci solo a condizione di un equilibrio fra tre fattori: il conseguimento di risultati economici (profit), la preservazione delle risorse ambientali (planet) e il progresso sociale (people). Il business approach della sostenibilità pertanto

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