Marxismo
"Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno
secondo le sue necessità."
Gli scritti principali
- Manoscritti economico-filosofici del 1844: Il problema è la struttura economica e il modo in cui i beni sono prodotti e distribuiti; introduce il concetto di alienazione causata dal dominio di classe e dall’automazione del processo produttivo.
- Il Manifesto e la lotta di classe (1848): Rapporti tra borghesia e proletariato, relazione tra comunismo e proletariato, differenza tra comunismo e socialismo. Lotte di classe come motore della storia.
- Lineamenti di una critica dell’economia politica (Grundrisse, 1857-1858): la relazione denaro-merce, forza-lavoro e plusvalore.
- Il capitale (Libro 1 del 1867): spiega il funzionamento e i difetti dell’economia classica.
Le idee principali
1. Filosofia tedesca (Hegel): filosofia della storia, dialettica.
2. Economia inglese: critica degli economisti classici (Smith,
Ricardo) e materialismo.
3. Politica francese: il socialismo utopico di Saint-Simon e
Fourrier e l’anarchismo socialista di Proudhon;
Le tesi di Marx
L’opera complessiva di Marx può essere concepita come divisa in tre parti analiticamente diverse:
(i) una teoria etico-politica su ciò che non funziona nel capitalismo, di cui sono elementi essenziali concetti quali alienazione e sfruttamento e come contro-altare una tesi sulla desiderabilità normativa del comunismo;
(ii) una teoria sull’inefficienza nel suo insieme del capitalismo basata sulla
dinamica dei modi di produzione, da cui dipende la tesi sul crollo del capitalismo stesso e la congiunta necessità di una transizione al socialismo.
(iii) una teoria sulla maniera in cui tale trasformazione radicale avrà luogo, teoria basata sulla nozione di lotta di classe e che presuppone i due punti precedenti.
La sinistra hegeliana
La critica si concentra sul significato su una frase di Hegel che si legge nella Prefazione alla sua Filosofia del diritto: “tutto ciò che è razionale è reale, e tutto ciò che è reale e razionale”.
La “destra” hegeliana, o se si preferisce i “vecchi” hegeliani, interpretavano la frase de La filosofia del diritto di Hegel sostenendo che la razionalità dovesse adattarsi alla realtà.
La “sinistra” hegeliana, o se si preferisce i “giovani” hegeliani invece sostenevano l’opposto: è la realtà che deve conformarsi ai dettami della ragione.
La critica di Hegel da parte di Marx
Critica della filosofia del diritto di Hegel (1843): Marx critica Hegel per avere dato
una visione idealizzata e distorta del rapporto tra stato e società civile, esagerando l'importanza del primo a discapito della seconda.
Marx sostiene invece che la società civile è più importante dello stato, perché in essa si svolge il conflitto tra classi. Con le sue parole: “lo stato politico non può essere senza la base naturale della famiglia e la base artificiale della società civile, che sono la sua conditio sine qua non”.
Marx critica anche l’inversione del rapporto tra soggetto e predicato nella filosofia di Hegel. L’individuo reale (il soggetto) scompare nella filosofia hegeliana nella “mistica sostanza” dell’universale (l’oggetto).
Questione ebraica (1843): La critica dei diritti e della
giustizia
"L'idea di 'uguale diritto' e 'equa distribuzione' è obsoleta
spazzatura verbale".
Diritti, tolleranza, democrazia rappresentativa, partiti politici di
opposizione, lo Stato di diritto i mercati sono, secondo Marx,
"meramente correttive, palliativi per affrontare problemi materiali,
sociali, culturali e epistemologici che possono essere superati,
rendendo così i rimedi inutili".
La critica del socialismo
Il socialismo francese proponeva una distribuzione egualitaria della ricchezza. Marx fornisce una teoria critica dell’economia in luogo della generica aspirazione etica dei socialisti utopici per giustificare gli aspetti che Marx condivide con il
socialismo utopico.
Inoltre Marx vuole riscattare tramite il processo economico il destino dell’uomo e riconciliare l’essere umano con una disumanizzazione, dovuta al capitalismo, che lo aliena e lo estranea da se stesso.
L’ideologia tedesca (1846)
Per Marx l’ideologia vuol dire falsa coscienza, intesa quest’ultima come un processo intellettuale mistificatorio in cui l’essere umano non comprende quali sono le forze che costituiscono il suo stesso pensiero.
L’ideologia marxiana è un sistema di idee che mostra a prima vista un’apparente indipendenza dal contesto ma che, dopo riflessione, si rivela essere conseguenza delle forze reali sociali ed economiche.
Etica, cultura, diritto e religione sono espressioni appunto “ideologiche” di realtà materiali e ingiustizie economiche sottostanti. In questo senso, Marx ritenne la religione una sorta di “oppio delle masse”.
Manifesto comunista (1848): “Proletari di tutto il
modo unitevi”
“La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto tra di loro: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta al società o con al rovina comune delle classi in lotta”.
La borghesia produrrà una permanente contraddizione socio-economica che finirà nell’inadeguatezza delle forme sociali corrispondenti alle forze di produzione
sviluppatesi nell’ambito del capitalismo. Il proletariato ha la funzione emancipatrice di realizzare la trasformazione rivoluzionaria della società.
Difesa del comunismo
Marx e Engels, nel corso del saggio, si preoccupano molto di difendere il
comunismo dalle accuse più comuni, come quelle che accomunavano alla nascita del comunismo la fine della proprietà privata e la conseguente crisi delle
motivazioni produttive, la abolizione dell’individuo e della famiglia, il tramonto della nazione oppure l’impossibilità di professare la propria religione.
Marx e Engels articolano un insieme di risposte contro queste accuse, ma tutte queste risposte hanno in comune un argomento unico: il comunismo abolirà solo forme distorte di relazioni umane per fare trionfare la forme non-alienata delle medesime.
Manoscritti economico-filosofici (1844): alienazione
e comunismo
Marx identifica i problemi della società civile con la struttura economica e col modo in cui i beni sono prodotti e distribuiti. Qui compare il rapporto centrale tra merce e
denaro, e di conseguenza la figura del “lavoro alienato”.
Per Hegel la disalienazione coincide con un processo spirituale in cui l’oggetto esterno progressivamente finisce per scomparire. Per Marx, invece, il lavoro come contatto attivo con la natura rappresenta la caratteristica essenziale dell’essere umano. Ma nel capitalismo il lavoro e il lavoratore stesso sono diventati merci come le altre.
L’alienazione renda impossibile una vita attiva di auto-realizzazione. Solo la rivoluzione comunista consentirà un’inversione di questa tendenza e renderà l’individuo
Alienazione
Siamo tutti dotati di poteri essenziali umane, potenzialità e capacità (perfezionismo).
Tuttavia, il lavoro salariato ci allontana dalla nostra vera 'specie-natura', perché riduce la forza-lavoro del lavoratore in una semplice merce, la disposizione di cui è sotto il controllo di qualcun altro. Inoltre, l'esercizio della forza-lavoro è irrazionale e privo di qualsiasi soddisfazione intrinseca.
Socializzare i mezzi di produzione garantisce che ogni persona ha una voce efficace nel modo in cui è organizzata la sua vita di lavoro e ci permette di organizzare la produzione in modo da aumentare la nostra soddisfazione intrinseca, piuttosto che per aumentare i profitti del capitalista.
Il Capitale (1867):Teoria del valore (1)
Secondo la teoria classica del valore-lavoro il valore dipende dalla quantità di lavoro incorporato nelle merci: un bene deve avere un prezzo che dipende dal tempo medio che occorre per produrlo.
Nelle società classiste il surplus dell’economia corrisponde al lavoro non pagato. Questo surplus viene appropriato da una classe a spese della altre in virtù della propria posizione sociale. Perciò c’è la lotta di classe.
La teoria del valore-lavoro ha due scopi fondamentali: (1) dimostrare che in una società capitalistica tutto il valore aggiunto nella produzione è lavoro sociale; (2) sostenere che in questo tipo di società il surplus, cioè il valore aggiunto, dipende da sfruttamento.
Teoria del valore (2)
Il primo scopo si raggiunge attraverso la distinzione ‘valore d’uso’ di una merce (quello a cui serve) e ‘valore di scambio’ (il prezzo). Il valore d’uso è determinato dai bisogni umani. Nei processi di scambio però assume un astratto valore di scambio.
Il valore di scambio viene determinato dal tempo di lavoro che incorporano. Lo scambio è possibile in quanto tutti gli oggetti sono riducibili a uno standard, il tempo di lavoro. Il tempo di lavoro è il tempo medio che occorre per produrre un certo oggetto in una determinata condizione storica.
Il lavoro possiede un duplice carattere: (1) lavoro concreto (produrre il valore d’uso) e (2) lavoro astratto (determina il valore creato).
Obiezioni alla teoria del valore-lavoro
(1) Non è possibile ridurre tutte le diverse forme di lavoro a unità come vorrebbe l’idea di lavoro astratto. Ci possono essere lavori che richiedono particolare addestramento, capacità speciali etc.
(2) Il valore di una merce dipende non solo dal tempo impiegato a produrla ma anche dagli strumenti a disposizione (il capitale fisso nel linguaggio di Marx). (3) Il valore di una merce dipende non solo dal tempo impiegato a produrla ma anche dal capitale e dalla domanda.
Non è possibile derivare dalla teoria del valore il prezzo delle merci. I prezzi devono perciò essere presupposti che rende l’idea di un valore ‘reale’ vaga.
Plusvalore
La forza-lavoro è l’unica fonte del profitto capitalistico. Quest’ultimo dipende dal ‘plus-valore’, cioè dalla forza lavoro non pagata dal capitalist all’operaio. Nella teoria del lavoro-valore lo scambio non dovrebbe generare profitto.
Il plusvalore nasce dal fatto che il capitalista può acquistare la forza-lavoro sul
mercato, al prezzo corrispondente al lavoro necessario a (ri)-produrla. Il plusvalore dipende dal fatto che il valore di un prodotto è dato dal tempo di lavoro necessario a produrlo, e questo è di regola maggiore di quanto i lavoratori non adoperino per ri-prodursi. Da questo differenziale dipende il plusvalore e il profitto del capitalista.
Sfruttamento
I mezzi di produzione sono distribuiti in modo ineguale e i nullatenenti sono costretti ad entrare rapporti salariali al fine di guadagnarsi da vivere.
I rapporti salariali sono intrinsecamente di sfruttamento, dal momento che i capitalisti estraggono più valore dal lavoro del lavoratore (sotto forma di merci prodotti) che viene restituito al lavoratore in cambio del suo lavoro (in forma di salario).
Lo sfruttamento è l'estrazione di 'plusvalore' da parte del capitalista. Per Marx lo sfruttamento è una nozione economica, per noi invece ha più un significato
Obiezioni alla teoria del sfruttamento
(1) Non tutti i rapporti salariali sono costretti (lavoro volontario).
(2) Ci sono molti casi legittimi di trasferimento forzato di plusvalore (apprendisti). (3) Lo sfruttamento è ingiusta solo se comprendiamo lavoro in termini di
appartenenza a se stesso. Tuttavia, i marxisti come G.A. Cohen vogliono evitare questa concezione del lavoro.
(4) La vera ingiustizia sembra risiedere con coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro: le donne senza diritti, i disoccupati. "Essere costretti a vendere il
proprio lavoro può essere meglio che essere costretti a non venderlo (donne), o non essere in grado di farlo (disoccupati), o guadagnandosi un'esistenza
marginale attraverso il crimine, l’accattonaggio, vivendo su terreni che rimangono di proprietà comune (lumpenproletariat)."
Materialismo storico
Marx concepisce l’essere umano come un produttore sociale dei suoi mezzi di sussistenza. La produzione sociale implica rapporti sociali la cui natura non è
indipendente dalle forza produttive della società. Questi rapporti sociali costituiscono la struttura economica della società su cui emerge una sovrastruttura.
L’insieme di rapporti sociali –che è legato alla produzione sociale- corrisponde sempre a una fase determinata dello sviluppo produttivo. Nella fase positiva del ciclo
economico i rapporti sociali di produzione facilitano e favoriscono lo sviluppo delle forza produttive. Ma presto o tardi il ciclo si inverte e lo sviluppo delle forze produttive le mette in conflitto coi rapporti sociali che pure prima avevano contribuito allo sviluppo stesso. A questo punto emerge la necessità di un cambiamento drammatico delle
Obbiezioni al materialismi storico
(1) La filosofia della storia è discreditata.
(2) il determinismo marxiano sembra condannarci inevitabilmente a una vita di attesa messianica in cui i nostri sforzi per capire e per agire in base a quanto capiamo sono superflui.
(3) La tesi di Marx ci dice che il progresso tecnologico e produttivo del capitalismo dovrebbe farlo esplodere nel momento di maggiore sviluppo.
Ma: la gente si rivolta violentemente quando le cose vanno male, non quando lo sviluppo raggiunge il suo massimo!
Critiche del marxismo
(1) Le leggi sociali, l’ideologia e il problema del punto di vista della prima persona.
(2) Negazione della giustizia distributiva. (3) Problemi di scientificità.
(4) Olismo metodologico.
(5) L’economia marginalista e le teorie di scelta razionale confutano il marxismo economico.