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Continuità e metamorfosi : nuovi spazi per la cultura. Un progetto tra storia e contemporaneità

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Academic year: 2021

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SCUOLA DI

ARCHITETTURA URBANISTICA

INGEGNERIA DELLE

COSTRUZIONI

CONTINUITÀ E METAMORFOSI:

NUOVI SPAZI PER LA CULTURA.

UN PROGETTO TRA STORIA E CONTEMPORANEITÀ

Relatore: Arch. Emilio Faroldi Correlatore: Arch. Diego Cisi Laureandi: Marco Scitta, 822916 Nicola Speranzini, 804311

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1 _INTRODUZIONE: inquadramento dell’ area di progetto 2 _ CONTINUITA’ E METAMORFOSI: l’ approccio progettuale 3 _ L’ EX OFFICINA DEL GAS:

la storia affascinante di un’ archeologia industria le nella città storica.

4 _ MANTOVA: “la città nella città”.

5 _ IL SISTEMA URBANO: la città per elementi. 6 _ L’ AREA DI PROGETTO DURANTE IL 1800:

la comparsa dell’ officina del gas a metà secolo.

7 _ LE MODIFICHE DEL ‘900 8_ PROGETTO

_ Impianto planivolumetrico. _ Programma funzionale. _ Intervento sull’esistente:

_Da officina del gas a Galleria d’Arte Moderna. _Da centrale termica a spazio Co-Working. _Da palazzina per uffici a Ostello.

_Lo spazio pubblico.

9_ CONCLUSIONI

Indice

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1 Progetto di David Chipperfield per il castello sforzesco di Milano: prospettoe modello

2 Fondazione Prada: rapporto tra esistente e nuovo progetto 3 Porto Catena, gru portuali, 1965, Giuseppe Tripodo

4 Facciata laterale di Sant’Andrea (L.B.Alberti), Mantova, Marco Introini 5 Vista aerea di Mantova, Roberto Merlo, con evidenziata l’area di progetto 6 Vista del lago inferiore dall’area di progetto

7 Vista del rio da via Pomponazzo

8 Porto Catena: foto dei dettagli e rapporto con l’area di progetto 9 Skyline di Mantova da Campo Canoa

10 1831: Catasto Teresiano, Biblioteca Teresiana di Mantova;

11 1865: Pianta della Regia città di Mantova, pianta topografica della città, incisione in rame;

12 1896: Pianta della Regia città di Mantova, disegnata da G.B. Intra. 13 Foto d’epoca del gasometro

14 Piano regolatore di Mantova, 1940

15 Il gasometro, Carlo Zanfrognini, Mantova, 1954, olio su tela 16 Foto aerea dell’area di progetto, Roberto Merlo

17 Vista area di progetto da Porto Catena 18 Vista area di progetto da giardini Marani 19 Foto del muro storico

20 Metaprogetto

21 Schema pubblico/privato 22 Schema demolizioni/costruzioni 23 Masterplan

24 Schema funzionale con nuove costruzioni

25 Ex officina del gas: collage della facciata principale 26 Ex officina del gas: dettagli di facciata

27 Progetto del 1863 dell’officina del gas 28 Restituzione stato di fatto dell’officina del gas

29 Pianta del piano terra Galleria Arte Moderna 30 Pianta piano primo Galleria Arte Moderna 31 Prospetto Nord Galleria Arte Moderna 32 Prospetto Ovest Galleria Arte Moderna 33 Sezione AA Galleria Arte Moderna 34 Sezione BB Galleria Arte Moderna 35 Dettagli tecnici Galleria Arte Moderna 36 Ex centrale termica: facciata principale 37 Ex centrale termica: vista laterale della corte 38 Restituzione stato di fatto centrale termica 39 Piano terra Co-Working

40 Piano primo Co-Working 41 Prospetto Ovest Co-Working 42 Prospetto Sud Co-working 43 Sezione AA Co-Working 44 Detagli Co-Working

45 Ex Palazzina per uffici dal frontelago

46 Facciata ex palazzina per uffici dall’area di progetto 47 Dettagli ex palazzina per uffici

48 Affaccio sul lago

49 Restituzione stato di fatto ex palazzina per uffici 50 Piano terra ostello

51 Piano primo ostello 52 Sezione AA ostello

53 Rapporto spaziale tra gli edifici esistenti 54 Vista su piazza Aporti

55 Rampa di accesso all’area da via Fondamenta 65 Ex torretta Enel posta sul lungolago

66 Disegno delle pavimentazioni 12 14 18 22 26 28 28 30 32 36 36 36 38 40 40 44 46 47 46-47 48 49 49 50-51 54 56 58 60 61 62-63 64-65 66-67 68 69 70-71 72-73 74 75 76-77 78 79 80-81 82-83 84-85 86-87 88 88 90 91 92-93 94 95 96-97 98 98 100 100 102-103

Indice figure

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L’ area di progetto si trova nella città di Mantova, uno dei capoluoghi di provin-cia lombardi, quest’ anno nominata capitale italiana della cultura.

Più precisamente è situata all’ interno della cosiddetta “città antica” di Mantova, la “Civitas Vetus”, ovvero città della seconda cerchia (XI-XII secolo), soggetta a Tutela Unesco. Posizionata nella parte sud - est della Civitas Vetus, adiacente a Porto Catena, l’ ex officina del gas eretta nel 1865 si pone come un baluardo del tessuto storico esistente che si sviluppa dietro le antiche mura di cinta.

Il suo altissimo camino in ferro, che non è quindi l’ originale in mattoni del 1865, nonostante non sia esteticamente molto apprezzabile diviene comunque un landmark riconoscibile nel profilo della città. Il recupero degli edifici esisten-ti, il loro ampliamento e la loro valorizzazione sono i temi principali di questo progetto. Ospiteranno infatti funzioni di carattere pubblico, come una galleria d’ arte contemporanea, che oggi manca nella città virgiliana, uno spazio co-wor-king volto a creare una nuova polarità e un punto di riferimento per giovani stu-denti e liberi professionisti ed un ostello con rivolto perlopiù a giovani e turisti che non possono soggiornare nei costosi alberghi del centro città.

Da una prima analisi, si può notare come il costruito esistente molto denso e fitto della città storica vada a frammentarsi all’ interno dell’ area di progetto, perdendo la densità e la misura che lo caratterizzano.

L’ intervento prevede quindi la ricucitura del tessuto urbano della città tramite un impianto a destinazione d’ uso residenziale che dovrà connettere il sistema urbano circostante agli spazi dell’ area di progetto. Le residenze che si pensa di insediare avranno tagli diversi, saranno destinate a giovani coppie, ma anche agli studenti delle facoltà mantovane. Questo progetto vuole infatti riportare i giovani nella città, prevedendo quindi strutture per loro.

Dopo aver analizzato alcuni dati statistici, ci si è infatti accorti che la città di Mantova sta invecchiando anno dopo anno, sia per quanto riguarda la percen-tuale di persone over 65 rispetto a quelle più giovani, sia per quanto riguarda l’ età media degli abitanti che si attesta oggi sui 43 anni.

Perciò gli obiettivi che si intende raggiungere sono sia una buona qualità urbana ed architettonica, che una strategia funzionale efficace.

Introduzione

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L’ area in cui viene sviluppato il progetto è una parte della città di Mantova sicu-ramente ricca di storia.

Confinante con l’ area di intervento si trova infatti Porto Catena, un importante punto di scalo delle merci, per anni molto attivo e florido, fino all’ inizio del XX secolo, a tal punto da essere chiamato “Nuova Genova” a fine Ottocento. In alcune foto d’ epoca infatti si possono vedere alcune gru che, uscendo diret-tamente dall’ edificio dell’ officina del gas, calano i loro ganci sulle barche or-meggiate al porto per lo scarico delle merci, passando sopra il muro di cinta in mattoni e sopra i carri di passaggio in via delle Fondamenta.

Per questo l’ approccio adottato si servirà della memoria come strumento pro-gettuale, perché le preesistenze portano con sé una qualità architettonica ed una storia importante.

Partendo da questa citazione di Sartoris, uno dei grandi razionalisti del ‘900, si ha uno spunto di riflessione interessante: è infatti fondamentale guardare agli edifici esistenti come una base del progetto, rispetto alla quale si può agire in continuità, mantenendo e valorizzando le parti che racchiudono in sè una buona qualità architettonica ed una forte identità, ma anche progettare contaminan-dola ed in un certo senso trasformancontaminan-dola.

Dal momento che gli edifici presenti oggi nell’ area di progetto sono composti da più elementi di diversa natura ed identità, il lavoro fatto nello sviluppo del disegno progettuale ha voluto guardare in modo critico a questa composizione variegata.

Va fatta innanzitutto una premessa: questo progetto si è occupato, in una prima fase, della ricucitura del tessuto urbano di una parte della città in cui la misura ed il ritmo molto serrati della città storica vengono a diradarsi.

Come nel progetto di Cino Zucchi alla Giudecca di Venezia, elementi lineari van-no ad innestarsi nel tessuto esistente per ridare una geometria ed un carattere tipologico ad un’ area in cui gli spazi non hanno una gerarchia propria.

Qui gli elementi generatori del progetto sono gli assi provenienti dalla morfolo-gia urbana, l’ antico muro in mattoni come limite imposto da quello che è stato lo sviluppo storico della città e l’ identità delle preesistenze.

Continuità e metamorfosi:

l’approccio progettuale

“ Costruire nel costruito … costruire il presente sul passato, senza

ipotecare l’avvenire, unendoli senza distruggerli entrambi. ”

(A. Sartoris).

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L’ approccio alle preesistenze si fa qui molto complesso: mentre alcune sono edifici di qualità, con facciate ben proporzionate e modanature che ne confer-mano la dignità, altre sono spazi tecnici o strutture accessorie destinate all’ im-piantistica.

Il lavoro di pulizia, recupero e trasformazione diviene quindi quasi scientifico in fase di progetto.

Si analizza perciò quali siano state in passato l’ identità e la conformazione di tali edifici, quali siano le tracce della storia da seguire e da elevare a elemento guida al momento delle scelte progettuali.

Si parlava in precedenza di due concetti molto forti, parlando di interventi di recupero nel costruito: continuità e metamorfosi.

Nel progetto di Chipperfield per il Castello Sforzesco di Milano, ad esempio, la continuità con il passato del manufatto storico viene racchiusa nella ripropo-sizione delle volumetrie che lo connotavano, prima del restauro effettuato dal Beltrami nel ‘900.

Nonostante il progetto sia poi rimasto solo su carta, in quanto si trattava di un concorso, la continuità nell’ ipotetico progetto realizzato sarebbe stata accen-tuata anche nella scelta di materiali analoghi a quelli dell’ esistente per i nuovi edifici. Il rapporto con il passato di un manufatto può quindi esprimersi nel ten-tativo di riportare alla luce alcune qualità architettoniche e spaziali che sono andate perdute nel suo ciclo vitale.

Nel progetto sviluppato per l’ ex officina del gas l’ esempio di Chipperfield viene ripreso sia nella costruzione di volumetrie sul sedime storico del 1865, sia nel mantenimento di una continuità materica.

Il legame con l’ identità storica viene rafforzato dall’ uso di un materiale come l’ acciaio corten, che crea un rapporto “ dialogante ma al contempo contrastante fra antico e contemporaneo ” (Rossella Mombelli, MATERIA, giugno 2007) e allo stesso tempo richiama l’ uso industriale a cui era destinata questa area, ma an-che dei mattoni bianchi, per non tralasciare il fatto an-che gli spessi muri portanti dell’ ex officina sono composti da mattoni, di cui si fa largo impiego anche negli edifici della città storica gonzaghesca.

Spostando invece l’ attenzione sul concetto di metamorfosi, lo si può vedere

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espresso in modo molto marcato e sapiente nel progetto di Rem Koolhaas per la Fondazione Prada a Milano. Questo intervento di recupero operato su una distilleria dei primi del ‘900 nella parte sud-est della città si pone come un para-digma del progetto nel costruito. Caratterizzata da un’articolata configurazione architettonica che combina il recupero di sette edifici preesistenti e tre nuove costruzioni (Podium, Cinema e Torre), permette di coesistere a due dimensioni: l’opera di conservazione e l’ideazione di una nuova architettura che, pur distin-guendosi, si confrontano in un processo di continua sinergia.

“ Il progetto della Fondazione Prada non è un’opera di conservazione e nemme-no l’ideazione di una nuova architettura. Queste due dimensioni coesistonemme-no, pur rimanendo distinte, e si confrontano reciprocamente in un processo di continua interazione, quasi fossero frammenti destinati a non formare mai un’immagine unica e definita, in cui un elemento prevale sugli altri. ” (Rem Koolhaas)

Prendendo in considerazione la totalità di questo intervento di recupero, il me-todo adottato da Koolhaas può contenere diverse similitudini con il meme-todo utilizzato nel progetto che verrà illustrato in seguito: le preesistenze dell’ area dell’ ex gasometro sono infatti di varia natura, dal punto di vista architettonico, storico e funzionale, perciò, come durante un processo di metamorfosi, alcuni elementi vengono mantenuti inalterati, come avviene per l’ edificio che ospitava gli uffici, mentre altri vengono rimossi, nel caso dei vani tecnici, e altri ancora di-vengono elementi nuovi, ma che mostrano alcune tracce di ciò che erano, come si può riscontrare negli spazi di co-working.

L’ edificio che ospiterà la galleria di arte moderna racchiude in sé una moltepli-cità di questioni, e la proposta di recupero lavora principalmente per addizione, con ampliamenti ed innesti.

Non si può dunque riassumere l’ intervento sugli edifici dell’ ex officina del gas in un unico concetto, ma è la dicotomia fra continuità e metamorfosi che dà luogo all’ esito del progetto.

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Approcciandosi a questa area di progetto e facendo le relative ricerche, è emer-so che l’ ex officina del gas è stata inserita in un censimento della Regione in cui vengono catalogati i casi di archeologia industriale presenti sul territorio. Quella qui presa in considerazione è riportata alla scheda 321, che ne elenca poi le caratteristiche tecniche e funzionali di ieri e di oggi, una descrizione che si riassume in due righe:

“ Uso: Centrale di cogenerazione; Magazzini; Centrale termica; Uffici.

Usi precedenti: Officina produzione gas; Servizio approvazione e distribuzione acqua ”

In realtà, fra queste due righe è scritta una storia molto affascinante ed artico-lata, che è stata ben raccontata in un libro del giornalista mantovano Renzo dall’ Ara. Il gesto quotidiano e semplice di accendere una qualsiasi fiammella di gas cela una storia mantovana che ha compiuto già 150 anni.

All’inizio dell’800 nelle ore notturne i cittadini di Mantova si muovevano alla sola luce dei lampioni a olio, appena 172 in tutta la città, mentre sui giornali leg-gevano dei progressi rivoluzionari di altri centri urbani in fatto di illuminazione pubblica.

Fino a quando, nel gennaio 1863, l’amministrazione comunale ricevette dall’im-presa Ludwig August Riedinger di Augsburg, un progetto di illuminazione pub-blica a gas: fu approvato all’unanimità e furono subito avviati i lavori.

L’ innovativa officina del gas fu costruita in riva al lago Superiore, dopo espropri e sbrigative demolizioni di qualche edificio, anche per ricavarne la nuova piazza Gasometro, giunta fino ai giorni nostri e pavimentata con il tipico ciottolato cit-tadino. Tutto svolto a tempo di record. La sera di sabato 8 ottobre 1864 veniva attivata l’illuminazione a gas per tutta la città.

Venne firmato il contratto il 29 dicembre 1864 sotto la supervisione del nota-io Gnota-iovanni Nicolini “per la pubblica illuminaznota-ione della regia città di Mantova, durata 30 anni, becco di normale consumo in 142 litri l’ora che non sia minore di 14 candele di cera.” Nasceva così un nuovo tipo di mestiere, l’accenditore e spegnitore, con tanto di uniforme che identificasse la categoria.

L’ex officina del gas:

la storia affascinante di un’ archeologia

industriale nella città storica.

Il gesto quotidiano e semplice di accendere una qualsiasi fiammella di gas cela una storia mantovana che ha compiuto già 150 anni.

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Il gas veniva prodotto mediante l’ utilizzo di carbone che arrivava per la via d’ac-qua, nell’ antico Porto “della Catena”, come si vede in alcune foto d’ epoca. L’ultimo lampione a gas sarebbe stato spento 55 anni dopo, nel 1919. L’impresa tedesca uscì di scena nel Novembre del 1908, quando l’ Officina del gas passò sotto l’ amministrazione comunale, dopo il si dei cittadini mantovani alla munici-palizzazione, nel referendum richiesto dalla legge. Subentrava nell’ ambito dell’ illuminazione pubblica la Società Elettrica Bresciana, che via via l’elettrificava. L’Azienda dovette superare poi i due famigerati conflitti mondiali con inevitabili problemi, dal fatto di avere vari gasisti sotto le armi alla scarsità di carbone, ai bombardamenti, con la rete infrastrutturale da ricostruire, ma riuscì a superare questi enormi scogli.

Nel ventennio precedente, gli amministratori comunali avevano trovato sem-pre un punto d’accordo sull’idea di liberarsi dell’azienda, un peso che ormai era divenuto fastidioso.

Andarono però sistematicamente a vuoto ben 5 tentativi di vendita a privati, fra il 1934 e il ‘38: sembrava che proprio non volesse acquistarla nessuno.

La svolta decisiva si ebbe nel 1954 con l’avvento del metano, che rivoluzionava tutto il processo di produzione, con l’addio definitivo ai gasometri della storica officina. Nel 1978 si avviava il teleriscaldamento.

Dopo più d’un secolo quindi l’azienda diventava Tea e società per azioni, offren-do vari servizi legati al terzo millennio, nel segno delle energie rinnovabili. Questa storia affascinante legata allo stabilimento dell’ ex officina del gas la rende sicuramente un elemento unico all’ interno della città consolidata. Infatti un altro esempio di archeologia industriale di pregio presente nella città è la ex fabbrica della Ceramica Mantovana, che però si trova a sud di Porto Ca-tena e fuori dalle mura gonzaghesche.

La peculiarità dell’ ex gasometro infatti è proprio quella di essere una figura ti-pologicamente eccezionale all’ interno delle mura della seconda cerchia, nelle quali sono racchiuse chiese, piazze, palazzi storici e corti di antichi conventi. L’ incontro con questi edifici diviene quindi una sorpresa mentre ci si muove all’ interno delle strette vie urbane, fiancheggiate da bugnati, intonaci e lastre di pietra che rivestono gli spessi muri dei palazzi.

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Mantova oggi è una città che sta vivendo un momento particolare, quasi di cam-biamento.

Quest’ anno è stata eletta infatti capitale italiana della cultura e ciò ha dato origine ad un forte flusso di turisti, che generalmente non affollano la città, dal momento che uno dei problemi principali di essa è la mancanza di strutture ri-cettive e turistiche adeguate.

Viene da tempo considerata una città “chiusa” su sé stessa, dove gli alberghi hanno scarsa qualità e sono molto costosi, i servizi e le iniziative volte ad acco-gliere i visitatori sono piuttosto ridotti e vi sono importanti problemi riguardan-ti i parcheggi e la viabilità; è stata dunque soprannominata “la bella addormen-tata”, non in grado di mettersi “al passo con i tempi” per così dire e di aspirare a divenire una rinomata meta turistica.

Ma allo stesso modo in cui sembra adatto il secondo aggettivo, lo è anche il pri-mo: Mantova è un piccolo gioiello, racchiude segreti e bellezze difficili da egua-gliare, ma anche da scovare.

Ha inoltre mantenuto fortemente il suo carattere di città agricola, “cruda” come scrisse dante descrivendo la figura leggendaria di Manto, e di città d’ acqua, nata da terreni paludosi.

Passeggiando infatti per le sue vie storiche capita in alcuni frangenti di incon-trare uno scorcio magnifico sul Rio, come nel caso delle antiche Pescherie, o di giungere al limite dell’ urbe, dove si incontrano le acque ed i prati dei laghi. Gli scrittori romantici la annoverarono fra le loro città preferite e, come scrisse Piovene nel suo Viaggio in Italia,

“ vi trovarono lo stimolo ad immaginare intrecci, retroscena, intrighi. I deca-denti vi cercarono il disfacimento. Uno dei luoghi poetici della città, sono le log-ge del Palazzo Ducale da cui si contempla il lago d’ acque stagnanti derivante dal Mincio. Servì come sfondo alla “Morte della Vergine” di Andrea Mantegna che si vede al museo del Prado ”.

Mantova non è infatti una città adatta a divenire un centro commerciale all’ aperto, e nemmeno un luogo adatto alla vita notturna o ad enormi flussi di

turi-Mantova:

“la città nella città”

“ La meraviglia, la sorpresa è proprio in questa Mantova “teatrale”: una città che si nasconde dentro la città e che soltanto con il silenzio dei vivi può farsi cogliere nell’ intimo. ”

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sti per il suo carattere di piccolo scrigno di bellezze artistiche e storiche. Ciò è accentuato anche dalla scala della città, che si potrebbe definire a misura d’ uomo.

Il suo nucleo antico è infatti percorribile in soli venti minuti a piedi, che passano piacevolmente dal momento che il traffico è limitato nelle aree centrali. Venti minuti sono infatti il tempo che serve per andare ad esempio da Piazza Virgilia-na, che ospita la statua dell’ omonimo e natio scrittore, a Palazzo d’ Arco, sede della facoltà di Architettura, o dalla maestosa Sant’ Andrea alla bellissima casa del Mantegna.

Tornando però a quello che si potrebbe definire il vero Genius Loci di questa cit-tà nata sulle acque, da un terreno paludoso, non adatta forse ad un salto di scala rivolto a dinamiche di più ampio respiro turistico e attrattivo, sembrano più che mai opportune le parole spese da Frediano Sessi nella suggestiva introduzione al libro Mantova in volo di Roberto Merlo:

“ I bar, eredi delle vecchie osterie, e i pochi ristoranti, figli non sempre legitti-mi delle antiche trattorie, si svuotano e la città si concede ai pochi passanti che hanno capito. La città vera non è quella dei negozi e dei commerci (…) nemmeno quella artificiale dei turisti in fila indiana che seguono diligenti guide che raccon-tano di storia e arte (…) ”

Mantova è una città che va esplorata con occhi che sanno osservare, non si pre-sta ad uno sguardo sbrigativo e distratto.

Le sue vie sono stratificazioni di epoche storiche ed eventi importanti, hanno passeggiato attraverso di esse Leon Battista Alberti, Filippo Juvara, Luca Fan-celli, Andrea Mantegna e molti altri, che hanno lasciato il segno del loro passag-gio, nelle bellezze di Palazzo Te e del complesso di Palazzo Ducale, ma anche in strade, piazze e palazzi che costellano il tessuto urbano.

Perciò, dietro una città che cerca di tenere il passo con altre che sono riuscite ad aprirsi con successo ai turisti, dietro alle insegne luminose dei negozi ed i numerosi e vivaci gruppi di turisti giapponesi, si celano angoli, scorci e pietre con storie da raccontare, ma le possono raccontare solo a chi saprà ascoltarle.

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Dopo queste pagine che raccontano l’ “anima” del progetto, per così dire, va fat-to un excursus più analitico, che racconti il sistema urbano per elementi. Infatti nella città di Mantova sono ben riconoscibili alcuni layers, come i percorsi viabilistici principali, i punti di snodo, la pista ciclabile, il Percorso del Principe, che permette di passare accanto alle bellezze storico - artistiche della città, la ferrovia, il sistema dei laghi e del Rio, il sistema del verde pubblico ed i landmark che caratterizzano lo skyline della città.

I percorsi viabilistici principali sono quelli che cingono la città dal punto in cui si collega alla terraferma a Nord – Ovest e ad Est con i ponti dei Mulini e di San Giorgio, elementi dai forti connotati storici, e si diramano poi nella parte Sud e Sud - Ovest.

Molto importante è anche il “viale del Te”, che fiancheggia il complesso di Palaz-zo Te ed il parco antistante, fino allo storico stadio Martelli.

L’ area di progetto è fortemente connessa ad uno di questi tracciati in quanto viene percorsa sul perimetro rivolto verso i laghi da via delle Fondamenta, una strada che in passato veniva percorsa dai muli che portavano le merci al porto, ma che ora porta alla rotonda cui si connette il ponte di San Giorgio, che offre uno degli scorci più famosi e suggestivi dello skyline della città.

Si è creata dunque a livello viabilistico una sorta di cornice che passa intorno al centro più antico, in cui regnano le cosiddette ZTL, senza andare quasi mai ad intaccarlo.

Ciò rende la città inospitale per le auto a causa del numero ridotto di posti in cui parcheggiare e degli ingorghi stradali, ma molto piacevole da attraversare in bicicletta o a piedi, come si diceva in precedenza quindi “a misura d’ uomo”. I punti di snodo sono invece quei punti della città in cui confluiscono le arterie principali e che poi danno la possibilità di raggiungere i diversi poli del tessuto urbano.

Possono essere individuati nella rotonda che si trova al termine del ponte di San Giorgio, in quella al termine del ponte dei Mulini, detta anche Porta Mulina, nel piazzale di fronte al Teatro Sociale, uno dei punti focali del tessuto della città, in

Il sistema urbano:

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piazza Martiri di Belfiore, vicino alle pescherie ed al cinema Ariston e nella ro-tonda di Largo Pradella, luogo in cui sorgeva la storica Porta, che conduce verso l’ uscita a Sud – Ovest della città.

Il Percorso del Principe è invece un percorso che si ricollega al capitolo prece-dente che parla di una città nella città, nel senso che è un tracciato che si dirama all’ interno della città storica e tocca punti fondamentali per capire l’ identità storica del costruito.

Partendo dal castello , situato sul lungolago a fare da sfondo all’ arrivo in città dal ponte di San Giorgio, il Percorso del Principe conduce il visitatore attraver-so piazza Sordello, per passare poi da piazza Broletto e piazza Erbe e farlo in-cantare in seguito davanti alla facciata di Sant’ Andrea appena restaurata e alla facciata della casa tardo - gotica di Giovanni Boniforte, ricco mercante di un’ epoca che fu.

Si scende poi passando vicino alle Pescherie ed ai loro scorci misteriosi, per rag-giungere in seguito le bellezze di Palazzo Te.

Si può passare quindi attraverso secoli di storia in soli venti minuti a piedi. La ferrovia percorre la parte ovest della città e ha il suo punto di collegamento con essa nella storica stazione.

Fu aperta il 21 giugno 1873, quando iniziò ad offrire il servizio di trasporto ai cittadini. Con i bombardamenti della II guerra mondiale il fabbricato venne dan-neggiato, e al termine del conflitto fu ristrutturato in stile moderno, con l’appli-cazione di un nuovo rivestimento e di una tettoia in cemento armato; l’edificio tornò in funzione nel 1951.

Fino ai primi anni del XXI secolo, dalla stazione passavano treni che collegavano la città gonzaghesca a scali italiani di principale importanza.

Oggi le tratte principali sono quelle che collegano Mantova a Modena e Vero-na Porta Nuova, entrambe gestite da Trenitalia. In uVero-na città così ostica per il traffico sulle quattro ruote, il treno è spesso un’ ottima e comoda soluzione, dal momento che dalla stazione si possono raggiungere agevolmente tutti i punti d’ interesse della città.

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Il sistema delle acque: i laghi, il rio e Porto Catena.

Mantova oggi è attorniata su tre lati dai laghi, anticamente modificati a dife-sa della città, che prendono il nome di Lago Superiore, di Mezzo ed Inferiore; quest’ ultimo si estende davanti all’ area di progetto. Una leggenda attribuisce le sue acque alle lacrime della profetessa greca Manto.

In realtà, la cosa interessante è che secoli fa i laghi circondavano Mantova com-pletamente, questa era infatti un agglomerato urbano che sorgeva in mezzo a paludi e zone acquitrinose, in seguito bonificate.

Questo fa capire come il rapporto di Mantova con l’acqua sia strettissimo: il fiu-me Mincio, i laghi, lo storico canale fiu-medievale detto “Rio” sono parte della tradi-zione popolare e della cultura della città.

Il Rio fu tracciato in età comunale, è un corso d’ acqua che taglia in due la cit-tà, collegando il lago Superiore a quello Inferiore, passando attraverso punti nevralgici del centro storico e facendo assomigliare alcuni scorci di Mantova a quelli di Venezia.

Veniva usato come via commerciale, permettendo di raggiungere le pescherie di Giulio Romano, progettate nel 1536, le macellerie e le oreficerie poste ai mar-gini del centro cittadino.

Oggi è possibile vedere solo alcuni punti del Rio perché la maggior parte di esso è stata ricoperta dalle strade cittadine.

Il suo percorso nasce nella parte ovest della città, all’ altezza della chiesa di San Francesco, e si conclude nell’ insenatura di Porto Catena, prima di raggiungere il lago inferiore, fiancheggiando quindi nell’ ultimo breve tratto l’ ex officina del gas, e passando sotto lo storico ponte Arlotto .

La conca di Porto Catena si staglia davanti agli edifici dell’ ex gasometro, ma è di gran lunga antecedente ad essi, era già utilizzata infatti nel XIII secolo, anche se il commercio veniva gestito dai porti dell’Ancona di S. Agnese e di Cittadella, sulle sponde del Lago di Mezzo. Allora veniva chiamato Porto degli Scoli, poichè era il terminale di tutti gli scarichi cittadini che finivano nel Rio.

Il porto acquisì poi importanza e divenne quello principale a partire dal 1353, in seguito all’ interramento dell’Ancona di S. Agnese.

Sopra: vista lago inferiore dall’ area di progetto Sotto: vista del rio da via Pomponazzo

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Il suo nome attuale deriva dalla pesante catena che in quell’ epoca lo chiudeva di notte. L’attuale darsena invece si formò nel 1899, periodo nel quale Porto Catena era il più grande porto fluviale italiano.

Ciò gli conferì il nome di “Nuova Genova”, che per decenni fu attribuito anche a tutta l’area circostante. Nel XX secolo tuttavia il porto iniziò a mostrarsi inadat-to ai traffici commerciali fluviali, perdendo sempre più di importanza.

Dopo il secondo conflitto mondiale però ci fu un periodo di ripresa, infatti veni-va usato quasi esclusiveni-vamente dalla vicina Società Ceramica Mantoveni-vana, per lo scarico dei rifornimenti di argilla e l’imbarco dei manufatti prodotti.

In un periodo, aleggiava nell’ aria perfino un progetto per portare i tre laghi allo stesso livello, ma l’alluvione del 1951 cancellò i sogni di cittadini e commercian-ti, dando inizio al declino di Porto Catena.

Vennero svendute le costosissime gru, chiusa la fabbrica di ceramica, il porto rischiò scomparire e con lui tutta la sua storia.

Oggi è ancora in funzione grazie a quei pochi circoli nautici che vi hanno sede. Il verde pubblico a Mantova è diviso di fatto in due ambiti: i polmoni verdi che si trovano all’ interno del fitto tessuto della città ed il lungo parco che costeggia i laghi. Fanno parte degli spazi verdi del primo ambito piazza Virgiliana, i Giardini Tazio Nuvolari ed il parco del Te.

Piazza Virgiliana è situata a Nord della città, adiacente alle mura storiche, ha un disegno ispirato alle piazze giardino francesi, e ciò è dovuto al periodo in cui fu progettata. In epoca gonzaghesca era occupata dalle acque del Lago di Mezzo ed ospitava l’ antico porto dell’ Ancona di Sant’ Agnese.

Con il tempo la zona iniziò a diventare una palude e si pensò di far diventare il vecchio porto una piazza.

Nel corso del XVIII secolo l’”ancona” fu interrata, furono usate anche le macerie degli edifici cittadini che avevano subito demolizioni o ristrutturazioni.

La nuova piazza fu denominata Virgiliana per onorare il poeta Virgilio.

I giardini Tazio Nuvolari invece si trovano al Largo Porta Pradella, uno dei punti di snodo situato ad ovest della città, e sono di fatto nel punto in cui precedente-mente, ossia quando vi era ancora la vera e propria Porta Pradella, si trovavano i giardini pubblici.

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31

Per quanto riguarda il Parco del Te, questo occupa il limite a sud della città stori-ca, il suo disegno è in relazione con le geometrie della pianta del palazzo proget-tato da Giulio Romano, e a fianco del parco si è sviluppata in seguito una fascia di impianti sportivi, che ospita l’ Ippodromo e lo stadio comunale “Danilo Martelli”. Parlando invece del secondo ambito, l’ elemento che rappresenta sia un grande parco per tutta la città, che uno spazio di filtro tra il costruito ed il mondo acqua-tico, è la fascia verde che dai giardini di Belfiore posti a sud – ovest arriva fino ai giardini Marani, che occupano tutta la fascia est della città storica.

Questi ultimi a sud terminano quando incontrano Porto Catena e quando la parte del muro storico che cinge l’ ex officina del gas svolta dolcemente verso il parco fino ad arrivare tangente a via Fondamenta.

L’ area di progetto si trova quindi ad uno degli estremi di questo parco continuo che, con la pista ciclabile che vi scorre per tutta la lunghezza, permette ai citta-dini di mantenere costante il loro rapporto con i laghi di Mantova.

I Landmark che caratterizzano il profilo della città sono molteplici, e dietro le loro modanature si celano alcuni secoli di storia.

Quelli che si possono vedere da una prospettiva ristretta al nucleo più antico della città sono le torri in mattoni della Gabbia, di Santa Barbara, dello Zucchero e dei Gambulini, fra le quali spiccano la cupola di Sant’ Andrea ed il Castello di San Giorgio. Questi elementi compongono quell’ opera d’ arte che è il profilo della città che si può vedere dal ponte di San Giorgio, o dalla sponda opposta del lago. Oltre a questi elementi però, allargando il campo della prospettiva, si può vedere a sinistra, esattamente dove si trova lo storico Porto Catena, una cimi-niera in ferro che si innalza di diversi metri nascendo dall’ ex officina del gas, che si staglia dietro il muro in mattoni che cinge la città vecchia.

Nel 1800 e anche nella prima metà del ‘900 la ciminiera era quella in mattoni ottagonale tipica delle fabbriche di quell’ epoca, ma è stata poi rimpiazzata con l’ ammodernamento degli impianti.

La sua presenza rende da sempre riconoscibile per i cittadini il punto in cui sor-ge la vecchia fabbrica, per loro uno spazio inaccessibile, ed è un elemento di di-stinzione in uno skyline di mattoni, intonaco e pietra.

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33

Indagando la storia degli edifici presenti oggi nell’ area di progetto, essendo questi tutelati da vincolo, si scopre che la prima traccia di essi si trova nel 1865, poiché questo è l’ anno della loro edificazione.

Nei decenni precedenti, senza voler andare troppo a ritroso nei secoli per non cadere in mere ricerche storiche che niente hanno a che fare con le scelte pro-gettuali, si nota che all’ interno del perimetro che delimita l’ area di intervento, si trovavano agglomerati residenziali spontanei, che si sviluppavano senza una regola.

Nella pianta del Catasto Teresiano del 1831 però si possono riconoscere in modo piuttosto preciso elementi che sono poi giunti fino ai nostri giorni. È il caso di Palazzo Sordi, della chiesa di San Martino e dell’ ex palazzo della Dogana. Il primo ha mantenuto la sua destinazione d’ uso residenziale fino ai giorni nostri e fu progettato da Frans Geffels nel 1680; lo stesso Geffels diede alla chiesa di San Martino, risalente al 1127, la sua impronta barocca operandovi tra il 1680 ed il 1693 e negli anni 30 questa fu adibita a magazzino ma dopo la II Guerra Mondiale fu di nuovo consacrata al culto; il palazzo della Dogana invece era ori-ginariamente un convento dei carmelitani, costruito nel 1444 e adibito a palaz-zo della Dogana e sede degli uffici dell’Intendenza di Finanza nel 1783 per la sua vicinanza al porto e per la sua articolata disposizione spaziale.

Oltre all’apertura di un secondo ingresso verso Porto Catena, per agevolare l’introduzione delle merci, e alla ridefinizione funzionale degli spazi interni, fu realizzata, su disegno di Paolo Pozzo, la facciata prospettante l’attuale via Pom-ponazzo che, ispirata ad uno stile cinquecentesco, accoglie il portale dell’antico convento e quello della vecchia Dogana di piazza Broletto disegnato da Giulio Romano.

All’ interno della sua planimetria del piano terra si può riconoscere anche il pro-filo della chiesa del Carmine, i cui resti sono visibili ancora oggi da vicolo Car-mine.

L’ area di progetto

durante il 1800:

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La prima pianta in cui si può chiaramente vedere la comparsa degli edifici dell’ officina del gas è quella della Regia Città di Mantova del 1865, dove si distinguo-no chiaramente i manufatti dell’ ex officina, dell’ edificio per uffici posto fronte lago e dei due gasometri.

Non si vede alcuna traccia però nell’ impianto originario dell’ edificio che poi è stato aggiunto, alto 4 metri, presente oggi davanti al palazzo per uffici e a fianco dell’ ex officina.

Nella planimetria manca anche un elemento del tessuto urbano circostante piuttosto importante, si tratta di piazza Aporti, che vedremo comparire in se-guito alla demolizione di un comparto edilizio posto sul suo sedime preceden-temente.

Nella pianta della città di Mantova del 1896 si vede invece che i bordi attuali dell’ area di progetto iniziano a definirsi, soprattutto nella parte ad ovest. Gli assi che verranno poi portati all’ interno del progetto provenienti dal tessuto della città risultano qui segni molto chiari e visibili, passano sui lati nord e sud dell’ impianto del gasometro.

Non vi sono cambiamenti sostanziali nella disposizione degli edifici dell’ officina.

1. 1831: Catasto Teresiano, Biblioteca Teresiana di Mantova

2. 1865: Pianta della Regia città di Mantova, pianta topografica della città, incisione in rame 3. 1896: Pianta della Regia città di Mantova, disegnata da G.B. Intra

1.

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Una visione d’ insieme che riporta quasi tutti gli elementi presenti oggi è quella del Piano Regolatore di Mantova del 1940, dove si vedono altri elementi arriva-ti poi fino ai giorni nostri, come il volume basso lineare posto verso il fronte lago e l’ elemento ad L che si trova verso piazza Aporti.

I gasometri sono aumentati di numero, ora se ne vedono chiaramente quattro. Interessante è vedere anche le previsioni di piano: viene individuato qui un asse forte proveniente dal lago per il nuovo sviluppo di questa area, e sono indicate le zone in cui si necessita di una bonifica sanitaria, poiché le strade sono molto strette e gli spazi urbani angusti e insalubri.

Una curiosità è anche la vicenda del ponte Arlotto, sul quale passava via Pom-ponazzo: demolito tra il 1924 ed il 1930, e ricostruito ed ammodernato nell’ ar-chitettura negli anni seguenti.

Suggestivo è l’ olio su tela di Carlo Zanfrognini, “il gasometro”, in cui dal lungola-go nel 1954 immortala una bellissima immagine dell’ area di progetto, mentre il terreno è ricoperto dalla neve invernale e nel cielo plumbeo si staglia la sagoma rossa della grande cisterna del gas.

Si può riconoscere in questo dipinto la copertura dell’ elemento basso lineare fronte lago, che fa capolino timidamente da dietro il muro storico, e le strutture in ferro degli altri gasometri sulla destra, oltre alla sagoma marrone a sinistra dell’ edificio per uffici.

Salta subito all’ occhio inoltre la struttura reticolare a sinistra, con linee nere e marcate, che probabilmente era quella che sosteneva la gru che si vede in alcu-ne foto d’ epoca, inalcu-nestata alcu-nel colmo del volume dell’ officina del gas.

Dall’ ortofoto del 1970, facendo un salto in avanti nel tempo di qualche decen-nio e confrontandola quindi con quella odierna, tutto risulta più riconoscibile, si vede l’ impianto generale dell’ area che è quello arrivato fino ai giorni nostri, fatta eccezione per il gasometro, che lì è presente ed invece ora è un segno nella pavimentazione poco curata dello spazio tra gli edifici principali; si vede l’

edi-Le modifiche del ‘900

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ficio basso a forma di C, che ospita impianti e spogliatoi per il personale ed è posto a fianco dell’ officina e di fronte all’ edificio per uffici, e si ha la comparsa di un grande capannone, leggermente ruotato rispetto alle geometrie generali degli edifici, parallelo al volume basso lineare fronte lago.

Questa è quindi l’ evoluzione storica dell’ area di progetto e del suo contesto, attraverso 150 anni di eventi, che ci ha fatto notare come gli elementi principali del complesso siano rimasti inalterati, e così anche ciò che vi è intorno, con gli edifici di Vicolo Carmine che a livello di disegno urbano si sono mantenuti come nell’ impianto originario, e gli elementi di rilevanza culturale e storica che hanno resistito al passare del tempo e delle varie epoche.

Nel tessuto infatti, l’ unica modifica importante è avvenuta per il complesso di vicolo stretto e nella creazione di piazza Aporti.

Sopra: Piano regolatore di Mantova, 1940

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Il progetto si articola di fatto in due fasi.

Quella di masterplan, in cui si lavora ad una scala urbana, e quella dell’ interven-to sugli edifici esistenti.

Nelle pagine precedenti sono stati illustrati i riferimenti, i temi e la storia di quest’ area, che hanno costituito la base delle scelte operate in questo inter-vento.

Ora si vedrà il processo che ha trasformato le questioni teoriche in forme archi-tettoniche.

Nell’ impianto volumetrico si vede come siano stati portati all’ interno di questo “baluardo” della città storica alcuni assi ben riconoscibili del tessuto esistente, uno dei quali nasce proprio dalla piazza del Mantegna, su cui si eleva imponente e splendida la facciata di Sant’ Andrea.

Proprio lungo questo asse si delinea la cortina di edifici fra i quali si trovano an-che i resti della chiesa del Carmine, an-che fa parte del complesso dell’ ex palazzo della dogana, l’ elemento di maggior pregio storico - culturale sul perimetro dell’ area di progetto.

L’ altro segno su cui si è basato il processo che ha condotto a questo impianto volumetrico è il muro storico che cinge l’ area di progetto e si pone di fatto come un limite entro il quale si sviluppa la città.

Ma i ritmi e le misure spaziali della città storica sembra che vadano a perdersi nello spazio che si trova tra via Pomponazzo ed il muro di cinta della Civitas Ve-tus.

Infatti si percepisce come un tessuto caratterizzato da palazzi a quattro o cin-que piani e vie larghe a volte anche solo due metri e mezzo, incontri uno spazio aperto senza qualità, indefinito, non controllato, nato da continue addizioni e rimozioni.

Perciò il passo successivo nel progetto è stato quello di definire uno spazio aperto centrale e controllato, una piazza appunto, delimitata da un lato dall’ asse proveniente da Sant’ Andrea.

È stata poi ricucita la maglia urbana, mantenendo gli edifici dell’ ex officina ed aggiungendone altri.

Progetto

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L’ impianto volumetrico è dunque composto da edifici lineari alti due piani de-stinati alle residenze, che seguono la regola del lotto gotico ed un preciso anda-mento dettato dagli assi della città, e da ingombranti presenze post industriali che ospitano funzioni pubbliche.

Fatta eccezione per l’ ex magazzino che sorge al centro della maglia costituita dagli edifici residenziali, la parte a sud - est dell’ area di progetto diviene una sorta di cittadella pubblica in cui si trova un polo culturale.

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1. Vista area di progetto da Porto Catena 2. Vista area di progetto da Giardini Marani

3. Foto muro storico

1 2

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RICUCITURA TESSUTO URBANO

AMBITO PRIVATO

FUNZIONI BUBBLICHE

AREA PUBBLICA PEDONALE

ACCESSI PRINCIPALI

DEMOLIZIONI

EDIFICI ESISTENTI

NUOVA COSTRUZIONE

MURO STORICO- LIMITE

RIDEFINIZIONE AMBITO URBANO ASSI GENERATORI

1. Metaprogetto 2. Schema Pubblico/Privato 3. Schema Demolizioni/Costruzioni

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N

MASTERPLAN

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Pensando alla strategia funzionale adatta ad un progetto di questo tipo, che prevede il recupero di alcuni edifici esistenti e la ricucitura urbana di una parte del tessuto, ci si accorge che questo luogo potrebbe diventare una nuova po-larità urbana, perciò il concetto su cui si basa l’ intervento racchiude in sé un aspetto comune ai due ambiti.

In seguito ad analisi e riflessioni, il focus del progetto è divenuto quello di ri-portare i giovani nel centro città, prevedendo strutture rivolte principalmente a loro, che possano creare nuove dinamiche socio - culturali con il contesto. Stando alle statistiche dell’ ISTAT ci si accorge infatti che la città di Mantova sta invecchiando anno dopo anno, sia per quanto riguarda la percentuale di per-sone over 65 rispetto a quelle più giovani, sia per quanto riguarda l’ età media degli abitanti che si attesta oggi sui 47 anni.

Il programma funzionale prevede perciò la creazione di un polo socio – culturale negli edifici esistenti che si affacciano sulla nuova piazza centrale e di residenze con tagli diversi, rivolte agli studenti delle facoltà mantovane, ma anche a gio-vani coppie.

I tre edifici esistenti oggetto dell’ intervento sono la ex officina del gas, nella quale oggi vengono immagazzinate le merci e sono stati posti molti impianti, il vecchio magazzino con gli impianti che contiene anche spogliatoi e spazi di ser-vizio per il personale e l’ ex edificio per uffici, usato fino a pochi mesi fa dalla Tea s.p.a. con la medesima funzione.

Nella prima si è pensato di progettare una galleria d’ arte moderna, che ad oggi non risulta presente nella città, per mettere in contatto quest’ ultima con i capo-lavori artistici del periodo più recente.Infatti nella città gonzaghesca, le gallerie d’ arte permanenti sono rivolte a ristrette cerchie di persone e le mostre più in-teressanti e che godono di più ampio respiro sono temporanee e si svolgono all’ interno dei bellissimi scenari di Palazzo Te o del complesso di Palazzo Ducale. Questa destinazione d’ uso comporterà nuovi innesti a livello volumetrico nell’ ex officina del gas, permettendo così di avere uno spazio a quota zero, ossia al piano terra, che da destinare ai servizi principali della galleria, come hall, spazio ristoro, sala conferenze, servizi, oltre che alle sale espositive occupate da opere

Programma funzionale:

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di arti visive; al piano primo invece tutto lo spazio sarà dedicato all’ esposizione delle opere. .L’ edificio che oggi ospita spogliatoi e servizi per il personale, oltre a vani per gli impianti, sarà invece trasformato in uno spazio co – working, ossia uno spazio in cui confluiranno sia persone legate all’ attività della galleria d’ arte moderna, che studenti e liberi professionisti, che vogliono lavorare, o studiare, in un ambiente adatto, dove possono nascere anche sinergie con gli altri utenti e dove sarà possibile per loro uscire dall’ isolamento legato al lavoro individuale. Lo spazio co – working prevederà anche servizi come una piccola cucina, aree relax, aree meeting, aree per colloqui individuali, tutto il necessario per farlo divenire un punto importante all’ interno del polo culturale.

L’ ex edificio per uffici, per concludere il discorso riguardante l’ intervento sull’ esistente, sarà adibito ad ostello.

Il suo recupero per quanto riguarda l’ involucro esterno diviene quasi un’ opera di restauro conservativo, in quanto gode già di una buona qualità architettonica. Per ottenere invece una buona qualità spaziale viene riorganizzato quasi inte-ramente l’ interno, per avere stanze con taglio diverso, da 3 o da 4 persone, che mirano al comfort degli abitanti, con gli spazi collettivi posti al piano terra. Le residenze verranno invece insediate nella parte del progetto in cui sorgeran-no i nuovi edifici, quella che riconnette il tessuto urbasorgeran-no che si fa in questo pun-to della città molpun-to frammentapun-to.

Saranno pensate come residenze temporanee, per ospitare studenti che studia-no nelle facoltà mantovane, o più in generale giovani sotto i 35 anni con ridotte possibilità economiche, ma anche giovani coppie e single con figli, in modo che vi sia una buona varietà di utenza e che gli alloggi possano essere una valida e più invitante alternativa agli appartamenti cittadini.

Gli affitti possono andare da 1 a 18 mesi, in modo che gli inquilini non siano mai troppo vincolati dai parametri del contratto e possano avere una discreta liber-tà organizzativa.La tipologia di appartamento predominante è quindi il duplex, che permette di progettare lo spazio interno senza l’ inserimento di corpi scale esterni e funziona in meglio nella disposizione delle residenze secondo il princi-pio del lotto gotico.

BIKE SHARING RESIDENZIALE

GALLERIA DI ARTE MODERNA RESIDENZIALE ATTIVITÀ COMMERCIALE CO-WORKING OSTELLO

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Il focus finale del progetto va ad approfondire l’ intervento architettonico su tre degli edifici esistenti.

L’ ex officina, ossia l’ edificio più imponente, che nella mole e nelle proporzioni ricorda quasi una chiesa che giace in una piazza indefinita, è stata analizzata in modo scientifico, per così dire, per capire quali fossero le parti da rimuovere e quali invece da mantenere, ossia quali fossero parti impiantistiche, funzionali, senza alcuna qualità e quali invece quelle legate alla sua storia e con una buona qualità architettonica.

Infatti l’ analisi storica dell’ evoluzione del suo corpo di fabbrica è diventata uno strumento di progetto.

Nonostante abbia subito numerose modifiche nel corso degli anni, da un pro-spetto del 1860 si è potuto vedere come in principio questo fosse un edificio simmetrico in facciata e con un grande camino in mattoni ottagonale che ne au-mentava la qualità estetica e lo caratterizzava come edificio industriale. Fra il 1860 ed il 1970 ha perso alcuni elementi fondamentali, come la parte de-stra dell’ edificio, al posto della quale oggi si trovano volumi bassi che ospitano gli impianti, ed il grande camino in mattoni, rimpiazzato da quello in ferro che si eleva alto nello skyline della città, anche se esteticamente meno apprezzabile. L’ intervento si è basato dunque su due questioni principali: la memoria e la me-tamorfosi.

La memoria è stata un importante strumento progettuale in quanto si è voluto riportare una parte dell’ edificio alla bellezza passata, ricostituendo a livello vo-lumetrico la simmetria dell’ ‘800.

È stato innestato un volume puro, in mattoni bianchi, un materiale che si rifà alle architetture industriali di quel periodo, che ospiterà una delle sale espositive. L’ edificio è stato ripulito di tutti quegli elementi impiantistici di fine ‘900 che erano prettamente funzionali e dovuti all’ ammodernamento della struttura. Infine, la sua funzione di galleria d’ arte moderna ha comportato un ampliamen-to ulteriore, che si è posampliamen-to come un elemenampliamen-to regolaampliamen-tore rispetampliamen-to ai volumi esi-stenti.

L’ identità dell’ ex officina infatti sembra risiedere nel suo essere un agglomerato di corpi senza una regola, con differenze qualitative fra di essi, in continua

tra-Intervento sull’esistente

DA OFFICINA DEL GAS A GALLERIA D’ARTE MODERNA

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sformazione nel corso degli anni.

La sua mancanza di armonia fra le parti quindi è stata risolta con un grande vo-lume stereometrico in corten, che fa da sfondo alla composizione e disegna una geometria precisa, attraversando e sormontando la grande fabbrica.

Il materiale è stato scelto per rimandare ad un linguaggio post-industriale, e per richiamare l’ elemento della gru in ferro che era innestata anni fa in uno dei cor-pi dell’ edificio.

Al piano terra, l’ ingresso si trova ad ovest, e si accede ad esso salendo su una sorta di podio rialzato di pochi centimetri per distinguerlo dallo spazio circo-stante.

Nel volume esistente posto ad ovest, la cui facciata è caratterizzata da quattro grandi arcate, si trovano l’ ingresso con il banco bar, i servizi ed una piccola sala conferenze.

I restanti spazi sono dedicati tutti all’ esposizione delle opere, eccezion fatta per il magazzino, e si dispongono lungo un asse centrale, evidenziato da un cambio nella pavimentazione, che accompagna i visitatori dall’ ingresso fino in fondo alla galleria.

Lungo questo asse si possono vedere arrivare a terra anche i pilastri che sosten-gono il grande parallelepipedo in corten che attraversa tutto l’ edificio e ospita anch’ esso opere di arti visive.

Quasi al centro della pianta si possono vedere gli impianti di risalita, con la scala che diventa un elemento scultoreo all’ interno dello spazio.

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RESTITUZIONE STATO DI FATTO

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N

PIANO TERRA

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N

PIANO PRIMO

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Nella ex centrale termica che si trova davanti alla galleria d’ arte, nel volume basso a C, si è pensato di porre un co-working.

Questa funzione legata al lavoro di gruppo, alla sinergia fra gli utenti ed alla di-namicità culturale è scaturita dallo studio della forma dell’ edificio.

Infatti durante il sopralluogo è stata percepita come una figura molto forte la corte centrale, anche se aperta su un lato.

La corte è lo spazio della socializzazione, infatti essa è stata coperta ed è divenu-ta lo spazio del lavoro di gruppo.

Per la copertura sono state pensate delle falde che portano dentro la luce in-diretta come fanno gli shed, altro elemento che richiama la natura industriale dell’ area.

Il lavoro su questo edificio si è basato sulla definizione degli elementi caratteriz-zanti di questo spazio, come la corte coperta centrale, l’ ingresso dalla piazza, e gli spazi accessori alla corte.

È stata poi operata un’ aggiunta, che potesse dare all’ edificio la giusta propor-zione per chiudere la piazza.

Infatti l’ altezza della facciata, allo stato di fatto, era solamente di quattro metri, troppo poco per delineare nel modo giusto lo spazio pubblico principale, per-metteva alla vista di perdersi oltre la sua massa e non dialogava bene con l’ ex officina, la cui imponenza quasi la soffocava.

Il volume aggiunto in addizione ha una propria struttura, indipendente dall’ esi-stente, ed è rivestito di zinco titanio, un materiale industriale, ma allo stesso tempo moderno e tecnico.

I segni delle paraste esistenti sono stati prolungati sulla facciata nuova e hanno dato origine anche alle sue bucature.

DA CENTRALE TERMICA

A CO-WORKING

Sopra Ex centrale termica: facciata principale Sotto Ex centrale termica: vista laterale della corte

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RESTITUZIONE STATO DI FATTO

PROSPETTO SUD

PROSPETTO NORD

PROSPETTO EST

PROSPETTO OVEST

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PIANO TERRA

PIANO PRIMO

N

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sezione

corte

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L’ ex palazzina per uffici è stata convertita in ostello, per sopperire alla mancan-za di alloggi pratici ed a basso costo in centro città.

La sua funzione ricettiva è molto legata alla sua posizione ed alla sua qualità architettonica.

Fra quelli recuperati, è l’ edificio che ha subito meno modifiche nel tempo, nono-stante i suoi 150 anni di vita.

Osservandone i dettagli se ne può capire facilmente il motivo.

Il progetto si occupa della ri - organizzazione degli spazi interni, con la pianta che viene resa più libera al piano terra e meno vincolata ad un sistema spaziale rigido.

Vengono fatte modifiche strutturali importanti, ma l’ involucro esterno non su-bisce alcun cambiamento.

A livello funzionale la ri-distribuzione degli ambienti è stata abbastanza imme-diata, e si può vedere come questi si dispongano in relazione ad un asse longitu-dinale centrale.

Sono stati posti al piano terra gli spazi di servizio e per i clienti dell’ ostello, come hall, sala da pranzo, area relax, cucine, spogliatoi del personale, servizi e magaz-zino, in punti agevoli da raggiungere.

Al piano primo, raggiungibile attraverso i due corpi scala, si trovano i servizi con le docce per gli ospiti e le stanze da letto, con un taglio per 3 e 4 persone. A questo piano si trovano anche due terrazze che offrono uno scorcio notevole sul lago e su Porto Catena.

DA PALAZZINA PER UFFICI AD OSTELLO

Sopra: Ex palazzina per uffici dal frontelago Sotto: Facciata ex palazzina per uffici dall’area di progetto

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RESTITUZIONE STATO DI FATTO

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PIANO TERRA

PIANO PRIMO

N

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Lo spazio pubblico esterno, sul quale poggiano tutti gli edifici, merita un discor-so approfondito.

Una delle prime fasi del progetto, una volta definiti i cardini su cui questo avreb-be poggiato, è stata infatti quella di individuarne i limiti spaziali e di dare ad esso un’ identità.

Ci si è posti dunque una domanda: in quale modo ridisegnare questa parte di città, questo nuovo ambito urbano?

In precedenza questa era un’ area privata, solo gli addetti ai lavori potevano ac-cedervi: questo progetto la restituisce ai cittadini, cercando di dare ad essi uno spazio di qualità in cui vivere.

Essendo uno spazio così frammentato e dalla forma irregolare, si è cercato dun-que di progettarlo in modo che ogni ambito si relazionasse con gli edifici che insistevano su di esso.

Perciò, la grande piazza centrale si è definita nascendo dall’ asse proveniente da Sant’ Andrea ed andando quasi a toccare gli edifici circostanti, alcuni di proget-to, ed altri esistenti.

Nel punto in cui si relaziona con l’ ingresso della galleria d’ arte, si eleva di alcuni centimetri il piano di calpestio, in modo da andare quasi a proteggere il percorso che invece ospita gli ingressi alle residenze e resta alla stessa quota della piazza. Il podio richiama quello che si può vedere in altri edifici pubblici della città, per esempio nell’ ingresso di Sant’ Andrea, dove l’ accesso alla grande opera del Mantegna viene enfatizzato con l’ elevazione dello spazio antistante.

Su tutta l’ area di progetto si estende una pavimentazione omogenea, che ri-chiama quella in ciottoli tipica della città ma con un andamento più confortevole da calpestare e piatto.

Un altro ambito dello spazio pubblico invece è quello che viene individuato tra l’ edificio che ospita il co - working ed il volume in mattoni bianchi della galleria, uno spazio in cui le facciate non hanno bucature e favoriscono la definizione di un ambiente più intimo in cui sostare, al riparo di muri intonacati e di un grande albero che è stato mantenuto nella sua sede.

Altri spazi di sosta si trovano davanti all’ ostello, con una lunga panca protetta da un filare di alberi e all’ interno della planimetria della galleria d’ arte, in cui

LO SPAZIO PUBBLICO

Sopra: rapporto spaziale tra edifici esistenti Sotto: Vista su Piazza Aporti

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attraversando un portale disegnato da un trilite ci si trova in uno spazio contem-plativo composto da una statua ed una panca.

Il limite a sud dell’ area di progetto è invece occupato da una pensilina che quasi si appoggia al muro storico e ospita la stazione di bike sharing ed il deposito delle bici degli utenti dell’ area.

Il percorso che invece passa tra il muro storico nella parte nord – est e le resi-denze ospiterà un lapidarium, ossia i resti ed alcuni elementi dell’ ex officina del gas, per richiamare la memoria storica, elemento importantissimo nello svilup-po del progetto.

Sopra: rampa di accesso all’area da via Fondamenta Sotto: ex torretta Enel posta sul lungo lago

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PAVIMENTAZIONI SPAZIO PUBBLICO

PORFIDO GRIGIO A SPACCO

PIETRA DELLA LESSINIA BIANCONE DI VERONA LEVIGATO

PIETRA DELLA LESSINIA BIANCONE DI VERONA LEVIGATO

1 2 3

N

PIETRA DELLA LESSINIA PERSICHINO

BOCCIARDATO

PIETRA DELLA LESSINIA PERSICHINO

LEVIGATO

CIOTOLI ESISTENTI PIETRA DI FIUME

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Conclusioni

Questo intervento architettonico è stato preceduto da un percorso teorico e di

analisi molto importante.

La fase di studio del contesto e di ricerca dei fondamenti progettuali è stata mol-to articolata e ponderata.

Questo è ciò che deriva infatti dal progettare nell’ esistente, soprattutto quando esso è portatore di questioni ed identità storico-culturali di grande spessore. Bisogna essere in grado di agire sul costruito in modo sapiente, non secondo pure ambizioni formali ma secondo un bagaglio intellettuale molto solido.Il contesto è una fonte inesauribile di informazioni, basta saperle riconoscere e valutare, capi-re quali siano quelle che possono essecapi-re elevate a strumento progettuale e quali invece nella gerarchia delle parti rivestano un ruolo più marginale.

Questo è il metodo che ha strutturato il progetto, per fare in modo che le forme, le tipologie e gli elementi divenissero portatori di concetti e di valori.

In questo modo il costruito ed il nuovo si fondono insieme, in una sintesi che ren-de l’ uno ren-definizione ren-dell’ altro.

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Bibliografia

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ALTRE FONTI

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Vogliamo ringraziare innanzitutto il nostro co - relatore Diego Cisi, che ha seguito tutto il complesso e laborioso iter progettuale con grande disponi-bilità e passione, ed il nostro relatore Emilio Faroldi per il suo ruolo di guida nell’ impostazione del lavoro svolto con suggerimenti e direttive sempre chiare ed efficaci.

Molto utili sono stati anche i consigli forniti dal docente Stefano Mazzocchi per quanto riguarda la parte strutturale ed un grazie a Leonardo Scitta per la parte tecnica.

Un grazie importante va ad Angelica, dipendente della Tea, che ci ha fornito il materiale tecnico riguardante gli edifici esistenti dell’ area di progetto, come sezioni e planimetrie, e ha ottenuto i permessi per farci entrare ed eseguire i dovuti sopralluoghi e rilievi in un’ area altrimenti inaccessibile poiché privata.

Ringraziamo infine i nostri compagni di università, compagni di questo viag-gio lungo e faticoso, ma pieno di soddisfazioni.

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Laureato in Architettura e pronto per il mondo lavorativo mi sento in dovere di ringraziare chi mi ha aiutato in questo percorso.

Il ringraziamento più grande va alla mia famiglia che non mi ha mai fatto man-care nulla permettendomi di rimanere sempre focalizzato sui miei studi, soste-nendomi in ogni mia scelta ed aiutandomi nei momenti più difficili.

Ricordo come fosse ieri la prima lezione durante il primo giorno di università. “Posso sedermi qui? mi chiesi e da quel momento iniziammo insieme un percor-so di studi ed un’amicizia vera. Sono felice di aver conclupercor-so questo ciclo laurean-domi con te Nicola Speranzini chiudendo questa avventura come è iniziata e ti ringrazio di tutti i momenti vissuti in questi anni.

Grazie anche ai tuoi famigliari che durante il periodo di “soggiorno lavorativo” a casa tua mi hanno fatto sentire parte della famiglia.

Grazie a Federica, la mia fidanzata, che mi ha supportato e sopportato special-mente durante lo sviluppo di questa tesi dovendo stare lontano da casa. Questo risultato è anche frutto della tua allegria e la tua pazienza.

Ultimo ma non per importanza un grande grazie a tutti gli amici che mi hanno fatto vivere questi anni in allegria e distraendomi nei periodi di grande tensione; quindi grazie infinite agli amici d’ infanzia che non sono mai mancati, agli amici conosciuti strada facendo, coinquilini speciali e compagni di università con cui non sarebbe mai stato così bello studiare.

Un ciclo si è concluso, un altro stà iniziando e quello che sono è anche merito vostro.

Grazie a tutti ancora di cuore.

Marco Scitta Questi pochi anni trascorsi a Milano per conseguire la laurea specialistica sono

stati così densi di nuove conoscenze ed esperienze che mi servirebbe un libro intero per ringraziare tutti i miei compagni di viaggio.

Andando con ordine, ci tengo a ringraziare prima di tutto la mia famiglia, soste-gno costante, che non mi ha mai fatto mancare nulla.

Ai miei famigliari ed ai loro sacrifici va un grazie importante.

In secondo luogo ringrazio i miei amici, quelli “di sempre” come si dice, per es-sere stati sempre presenti, anche in periodi in cui facevo fatica a trovare tempo per loro.

Grazie a tutte le persone che hanno fatto qualche passo con me lungo questo cammino, durante laboratori e corsi vari , con cui ho condiviso sia ansie che gio-ie.

In special modo un grazie va a Stefano, Serena, Elisabetta, Francesco, Agustin, Michele, Andrea, Stefano, Davide e Gianluca.

Ringrazio i vari coinquilini che ho avuto nell’ anno trascorso a Milano, con i quali ho vissuto momenti che a pensarci ancora mi viene da ridere: Mattia, Marco, Francesca, Giulia e Luca.

Ovviamente un grazie particolare va al mio compagno di tesi Marco, quasi un fratello aggiunto ormai.

Infine ringrazio Anna, per la pazienza ed il sostegno degli ultimi mesi.

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