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Malattia da virus Ebola, diagnostica, prevenzione.

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Academic year: 2021

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Introduzione

La malattia da virus Ebola (precedentemente conosciuta come febbre emorragica da virus Ebola) è una malattia grave, spesso letale, con un tasso di mortalità pari al 90%. La malattia colpisce esseri umani e primati non umani (scimmie, gorilla, e scimpanzé).

La prima manifestazione dell’Ebola risale al 1976 quando scoppiarono contemporaneamente due epidemie, una in un villaggio in prossimità del fiume Ebola, nella Repubblica Democratica del Congo, e l'altra in una remota area del Sudan.

L'origine del virus è sconosciuta, tuttavia, in base alle prove a disposizione, i pipistrelli della frutta (Pteropodidae) sono considerati i più probabili portatori del virus Ebola.

Epidemiologia

La malattia da virus Ebola (Evd), in passato nota come febbre emorragica da virus Ebola, è una malattia grave e spesso fatale per l’uomo.

Il nome “Ebola” deriva dal nome di un fiume in Africa, localizzato presso il villaggio Yambuku in Zaire (adesso Repubblica Democratica del Congo). Nel 1976 si è verificato uno dei primi due focolai epidemici, l’altro si sviluppo in Nzara (adesso Sudan).

Come riportato dal Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc), dal 1979 al 2012 si sono verificate numerose epidemie da Ebola virus in Africa e sono stati notificati 2387 casi di malattia da virus Ebola e 1590 decessi (letalità 66.6%).[3]

Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire):  1976 con 318 casi (88 % di mortalità);

 1995 con 315 casi (81 % di mortalità);  2001 con 59 casi (75 % mortalità);

 2003 con due focolai separati rispettivamente con 143 casi (il 90 % di mortalità) e 35 casi (83 % mortalità);

 2007 con 372 segnalazioni di casi che coinvolgono 166 decessi. Sudan:

 1976 con 284 casi (il 53 % di mortalità);  1979 con 34 casi (65 % di mortalità).

Gabon:

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2  1996 due focolai separati rispettivamente con 37 casi (57% di mortalità) e 60 casi (74% di

mortalità)

 2001/2002 con 65 casi (82 % di mortalità). Costa d'Avorio:

 Singolo caso non fatale di uno scienziato infettato durante la necroscopia di uno scimpanzé infetto nella foresta Tai.

Uganda:

 2000 con 425 casi (53 % di mortalità)

 2007, con 93 casi che hanno determinato 22 morti. Stati Uniti:

 1989 con un’epidemia di REBOV nelle scimmie in una spedizione di animali dalle Filippine;  1996 in Texas tra animali degli stessi fornitori filippini.

Uganda occidentale:

 2007 nei comuni di Bundibugyo e Kikyo nel Distretto Bundibugyo hanno determinato la scoperta del quinto ceppo del virus, il Bundibugyo Ebolavirus. L’epidemia è durata 2 mesi determinando 149 casi sospetti e 37 decessi.[35]

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3 A marzo 2014 una grande epidemia di Ebola è esplosa in Africa occidentale. Si tratta di una delle più grandi epidemie di Ebola mai riscontrata, sia per il numero di focolai attivi di infezione che per il numero dei casi e di decessi riportati. È anche la prima volta che l’epidemia si trasmette in aree urbane densamente popolate, tra cui città capitali come Freetown, Conakry e Monrovia. I primi casi si sono verificati nella regione boschiva della Guinea sud-orientale, vicino al confine con la Liberia e Sierra Leone.

L’origine dell’epidemia non è nota, tuttavia si sospetta che i casi primari possano essere stati esposti a cacciagione locale infetta. La maggior parte d’infetti ha partecipato a cerimonie funebri, entrando in contatto con deceduti o persone infette.

Dall’inizio dell’epidemia da malattia da virus ebola (Evd) al 7 giugno 2015, sono stati segnalati all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un totale di 27.273 casi sospetti, probabili e/o confermati di Evd e 11.173 decessi, in dieci Paesi (Liberia, Guinea, Sierra Leone, Mali, Nigeria, Senegal, Spagna, Regno Unito, Italia e Stati Uniti d’America). Al 21 gennaio 2015, 13 evacuazioni mediche di casi confermati di malattia da virus Ebola sono avvenute in Europa (3 in Germania, 3 in Spagna, 2 in Francia, 1 in Regno unito, 1 in Norvegia, 1 in Italia, 1 nei Paesi Bassi, 1 in Svizzera). Inoltre, sei persone esposte a malattia da virus Ebola, poi risultate negative al virus, sono state evacuate in Europa (2 in Paesi Bassi, 1 in Svezia, 1 in Danimarca, 1 in Germania e 1 in Svizzera). Nuovi casi di malattia sono stati segnalati in Guinea e Sierra Leone nella settimana dell’8 marzo 2015. In assenza di nuovi casi in Nigeria, Senegal, Spagna, Mali e Regno Unito 42 giorni dopo l’ultima segnalazione, l’OMS ha ufficialmente dichiarato la fine dei focolai di malattia da virus Ebola in questi Paesi. In assenza di nuovi casi di Evd in Liberia 42 giorni dopo l’ultima segnalazione, l’OMS ha ufficialmente dichiarato la fine dell’epidemia in questo Paese (9 maggio 2015).

Trentuno casi di Evd sono stati segnalati in Guinea e Sierra Leone nella settimana dal 1 al 7 giugno 2015. Nelle ultime due settimane si è registrato un aumento nell’incidenza settimanale di nuovi casi ed un ampliamento nella loro distribuzione geografica, in contro-tendenza a quanto osservato dal mese di aprile all’inizio del mese di maggio 2015. Continua, nei due paesi, l’identificazione di nuovi casi di infezione da Evd non collegati a catene di trasmissione note.

Paesi con un caso/i iniziale/i o con trasmissione localizzata di Evd

Sette Paesi: Mali, Nigeria, Senegal, Spagna, Regno Unito, Italia e Stati Uniti d’America hanno segnalato all’OMS uno o più casi di Evd importati da Paesi con diffusa e intensa trasmissione di Evd.

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4 La mortalità attuale di malattia da virus Ebola è molto alta 21,2 – 71,4% [14],[24],[25],[27],[28],[31],[34],[38].

Virologia

Virus Ebola appartiene al Gruppo V (virus a ssRNA-), Ordine Mononegavirales, Famiglia Filoviridae, Genere Ebolavirus. Il Genere Ebolavirus comprende 5 specie Bundibugyo ebolavirus, Reston ebolavirus, Sudan ebolavirus, Taï Forest ebolavirus (originariamente Côte d'Ivoire ebolavirus), Zaire ebolavirus. Reston non è patogeno per l’uomo, anche se si sono verificate infezioni asintomatiche.

I virioni hanno una struttura tubulare variabile, diametro 70 – 80 nm, lunghezza 800 – 1400 nm.

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5 Nel centro è presente nucleocapside, la proteina del nucleocapside è costituita da 288 aminoacidi. Il nucleocapside è allungato ed ha una simmetria elicoidale

Il genoma del virus Ebola contiene una singola catena di RNA, lineare, non-segmentata, polarità negativa, dimensioni: 18,959 bp. Capacita codificante: 7 proteine

Le proteine codificate dal genoma virale, studiate in un sistema replicon

NP: proteina NP strutturale di 83.3 Kd. Nucleoproteina interagisce con il genoma virale.

Gli scienziati sono riusciti a determinare la struttura atomica di cinque delle sette proteine di Ebola, ma la nucleoproteina non è una di loro, anche se le nucleoproteine da altri virus sono state analizzate. Per lo studio, i ricercatori hanno progettato un modello di E. coli per produrre la nucleoproteina di Ebola. Questo ha permesso loro di determinare la struttura atomica del “dominio C-terminale” della proteina, che si estende in una posizione identificata come residuo aminoacido da 641 a 739, attraverso la cristallografia a raggi X.

C’è grande interesse in questa parte della proteina, perché l’evidenza suggerisce che essa è coinvolta nella trascrizione delle istruzioni genetiche del virus per assemblare se stesso all’interno delle cellule ospiti.

Utilizzando la cristallografia a raggi X, la squadra UVA, ha scoperto che la nucleoproteina di Ebola ha una piega terziaria precedentemente sconosciuta e che un ulteriore esame potrebbe rivelare esattamente come il virus si assembla nelle cellule infette.

Questo studio è un esempio di ricerca di modi per combattere i virus, cercando dei bersagli nei virus stessi. Tuttavia, la gravità di un’infezione virale non è causata solo dal virus, ma anche dalla risposta del sistema immunitario.

VP35: proteina coinvolta in eventi trascrizionali; inibisce l’attivazione del sistema IFN contribuendo alla patogenicità dei filovirus. Funziona come cofattore polimerasi virale e inibitore della produzione di IFN- α/β, inibitore di kinasi R delle proteine (PKR) e inibitore RNA interference.

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6 VP40: proteina di matrice per la sua carica positiva facilita la gemmazione. La proteina di matrice VP40 del virus è un’importante proteina strutturale che svolge un ruolo centrale in assemblaggio del virus a livello della membrana plasmatica delle cellule infette. Proteine VP40 funzionano associandosi con membrane cellulari, interagendo con le code citoplasmatiche di glicoproteine e vincolandosi al complesso ribonucleoproteina.

Il monomero VP40 consiste di due domini proteici, il dominio N terminale di oligomerizzazione ed il dominio di legame C membrana terminale, collegate da un linker flessibile. Entrambi i domini terminali N e C si ripiegano in strutture beta sandwich topologia simile. All'interno del dominio terminale N ci sono due domini L sovrapposti con il PTAP sequenze e PPEY a residui 7 al 13, che sono necessari per gemmazione efficiente. Domini L sono pensati per mediare la loro funzione attraverso la loro interazione con proteine cellulari specifici di accoglienza, come tsg101 e vps 4.

VP40 coordina numerose funzioni nel ciclo di vita virale del virus Ebola. Questi includono: regolazione della trascrizione virale, morfogenesi, imballaggio e gemmazione di virioni maturi. VP40 passa attraverso stati intermedi di assemblaggio. È stato osservato che le proteine codificate da EBOV agiscono indipendentemente come soppressori di silenziamento dell'RNA, che indica che il virus resiste attivamente cellulare RNAi durante la replicazione.

GP: glicoproteina GP (2 forme: trans-membrana e secretoria). La glicoproteina superficiale matura composta da due subunità diverse di dimensioni e funzioni GP1 e GP2. GP1 è una subunità che si collega al recettore, è responsabile per l'attacco della superficie cellulare, invece GP2 è una glicoproteina dell’envelope del virus Ebola, è responsabile per la fusione delle membrane cellulari virali e cellule ospiti e contiene il ciclo di fusione interna, 2 settetti ripetuti HR1 e HR2, che formano α antiparalleli.

La scoperta e’ frutto di uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Pathogens e condotto da Viktor Volchkov della Università Claude Bernard di Lione in Francia. Come gran parte dei virus, anche l’Ebola ha un corredo genetico relativamente semplice, contenente solamente 7 geni. Uno di questi geni, chiamato GP, contiene il codice per sintetizzare l’omonima proteina che si distribuisce sul guscio che racchiude il virus, detto capside. Gli esperti hanno studiato a fondo – usando cellule umane in provetta – il ruolo che la corrispondente proteina GP ha nel processo infettivo e nei sintomi della malattia. I ricercatori francesi hanno così scoperto che la proteina GP viene riconosciuta dalle cellule del sistema immunitario (macrofagi e cellule dendritiche) che per reazione cominciano ad attivare aberranti ed eccessivi processi infiammatori, così sproporzionati da procurare febbre alta e altre conseguenze dell’infiammazione. Inoltre GP, in via diretta e indirettamente sempre attraverso l’attivazione smisurata del sistema immunitario umano, rende le pareti dei vasi sanguigni più deboli e quindi

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7 inclini ad emorragie. Gli esperti hanno infine scoperto che le reazioni aberranti delle cellule immunitarie alla presenza di GP sono mediate dalla proteina immunitaria umana TLR4; disattivando TLR4 si potrebbero dunque contenere gli effetti dell’infezione quali la febbre altissima e le emorragie.

VP30: proteina fosforilata con funzione di attivazione e modulazione della trascrizione (incapsidamento RNA). Agisce come un fattore di trascrizione anti-terminazione subito dopo l’inizio della trascrizione, ma non influenza la trascrizione di allungamento. Virus Ebola VP30 è un attivatore essenziale della trascrizione virale. In particelle virali, VP30 è strettamente associata con il complesso nucleocapside. Una caratteristica strutturale cospicua di VP30 è una zinco-bending Cys

VP24: proteina associata alla matrice; la funzione rimane ambigua.

E uno studio americano pubblicato sulla rivista Cell Host & Microbe. Il lavoro è firmato da ricercatori della Washington University School of Medicine di St.Louis, della Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital di New York e dell’UT Soutwestern Medical Center di Dallas. In sintesi, la proteina VP24 dell’Ebola «congela» all’origine la risposta immunitaria contro l’infezione disarmando le cellule della cosiddetta immunità innata. In particolare, VP24 ostacola il lavoro dell’interferone, un composto chiave della reazione immunitaria. Quando Ebola infetta l’uomo la sua proteina VP24 impedisce la trascrizione di un fattore (STAT1) che ha il compito di trasportare il messaggio antivirale dell’interferone all’interno del nucleo cellulare, innescando il contrattacco dell’organismo al virus. Se in condizioni normali STAT1 gode di una sorta di «corsia preferenziale» per entrare nel nucleo, quando è in corso un’infezione da Ebola, VP24 sbarra questo portone di ingresso, annullando la catena della risposta immunitaria.

L: RNA-polimerasi RNA dipendente, coinvolte nel processo di replicazione del genoma del virus che possiedono un genoma ad RNA. Si tratta dunque di un enzima in grado di sintetizzare DNA come le consuete DNA polimerasi. Tuttavia, a differenza di queste ultime, è in grado di utilizzare l'RNA come stampo di partenza. [4],[10]

1.trascrizione dell’RNA (-) in RNA (+) ad opera della RNA-polimerasi RNA dipendente (RpRd) associata al virione

2.traduzione dell’RNA (+) neoformato

3.trascrizione dell’RNA genomicoin RNA (+) (antigenoma) ad opera della RpRdvirale 4.sintesi del nuovo RNA di progenie

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Ciclo virale

 Il virus attacca i recettori dell'ospite mediante il peplomero glicoproteico veicolandosi in vescicole per endocitosi nella cellula ospite.

 Fusione della membrana virale con la membrana vescicolare; il nucleocapside è rilasciato nel citoplasma.

 L'ssRNA anti-senso incapsidato è usato come stampo per la sintesi (3' - 5') di mRNA poliadenilato, monocistronico.

 Traduzione dell'mRNA nelle proteine virali utilizzando le strutture della cellula ospite.

 Elaborazione post-traduttiva delle proteine virali. Dal clivaggio di GP0 (precursore glicoproteico) derivano GP1 e GP2, che vengono abbondantemente glicosilate. L'assemblaggio di queste due molecole, prima in eterodimeri, e poi in trimeri costituisce la superficie del peplomero. Un precursore glicoproteico di secrezione subisce un clivaggio in SGP e delta peptide, entrambi i quali rilasciati dalla cellula.

 Con l'aumento del livello proteico virale, dalla traduzione si passa alla replicazione. Usando l'RNA anti-senso come stampo, è sintetizzato un +ssRNA complementare, usato come stampo ulteriore per la sintesi del nuovo (-) ssRNA genomico, rapidamente incapsidato.

 Il nucleocapside neoformato e le proteine envelope si associano alla membrana plasmatica della cellula ospite; il rilascio dei virioni avviene per gemmazione [32]

Patogenesi

Il genoma del virus Ebola contiene sette geni che codificano per proteine strutturali (VP30, VP35, nucleoproteina, polimerasi) e per proteine di membrana (VP40, VP24 e una glicoproteina).

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9 La glicoproteina di superficie del virus Ebola viene codificata secondo due diversi schemi di lettura delle sequenze nucleotidiche del genoma virale, identificati come ORF I e II (ORF sta per Open Reading Frame o cornice di lettura aperto e indica lo schema di lettura delle sequenze

nucleotidiche dell’RNA o DNA).

ORF I codifica per una una glicoproteina piccola e solubile (sGP), non strutturale, che viene prodotta in elevata quantità nella fase iniziale dell’infezione virale (Sanchez et al., 1996). La sGP inibisce l’attivazione dei neutrofili (che rappresentano circa il 50-70% dei globuli bianchi) e si pensa sia responsabile della riduzione di linfociti (linfopenia) che caratterizza l’infezione da virus Ebola. I ricercatori attribuiscono alla glicoproteina solubile del virus Ebola un ruolo strategico nell’ostacolare una risposta efficace del sistema immunitario dell’ospite.

ORF II codifica per una glicoproteina virale più grande, transmembrana, strutturale, che si lega alle cellule endoteliali, ma non ai neutrofili. La distruzione delle cellule endoteliali indotta dal virus è responsabile del quadro sintomatologico dell’infezione (distruzione del microcircolo, coagulazione intravascolare disseminata, manifestazioni emorragiche).

L'infezione da virus Ebola è caratterizzata da una prima fase in cui il virus si replica con elevata velocità fino a distribuirsi diffusamente nell’organismo. Quando la diffusione del virus inizia ad essere massiva si manifestano i sintomi della malattia.

Il virus Ebola attacca il sistema immunitario e vascolare provocando la distruzione dei tessuti e del microcircolo. Si instaura, a seguito dell’infezione, uno stato cronico di infiammazione tissutale, caratterizzato dall’aumento di citochine proinfiammatorie circolanti, a cui si associa la distruzione progressiva dei vasi capillari attraverso cui il sangue arriva ai tessuti. L’infezione porta ad un’insufficienza renale (che nello stadio finale della malattia si manifesta con anuria) e, a livello circolatorio, si osserva coagulazione vascolare disseminata.

Il virus Ebola infetta diversi tipi di cellule: monociti, macrofagi, cellule dendritiche, cellule endoteliali, fibroblasti, epatociti, cellule adrenaliche corticali e cellule epiteliali. Il virus migra e va ad infettare i linfonodi regionali, il fegato, la milza e la ghiandole surrenali. Sebbene il virus dell’Ebola non sia in grado di infettare i linfociti, questi ultimi vanno incontro a morte programmata (apoptosi) determinando una riduzione del numero di linfociti circolanti. A livello epatico, la diffusione del virus provoca necrosi epatocellulare con ripercussioni sui fattori della coagulazione e conseguente coagulopatia. A livello delle ghiandole adrenaliche, la presenza del virus comporta ipotensione e ridotta sintesi steroidea[6],[8],[9].

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Immunopatogenesi

Negli stadi iniziali dell’infezione, il virus, grazie ad alcune proteine (secondo ultimi studi USA VP24) codificate dal suo genoma, blocca la risposta immune; questo determina una massiccia replicazione virale e un ritardo nella produzione degli anticorpi e nell’attivazione di altri meccanismi antivirali

La risposta immune inizia quando la replicazione virale è fuori controllo; ne risulta una iperattivazione immunitaria, che da una parte non è più efficace nel contenere la replicazione del virus, e dall’altra innesca effetti dannosi per l’organismo (ad esempio tempesta citochinica). L’eccessiva e incontrollata produzione delle citochine, tra cui IL-6, IL-1ß, IL-8, IL10, TNF-α, detta tempesta citochinica, comporta la propagazione dell’infiammazione dal focolaio infettivo a tutto l’organismo, condizionando la severità e il corso dell’evoluzione della sepsi stessa.

La tempesta citochinica è caratterizzata da livelli citochinici tossici per l’organismo, responsabili dei cambiamenti fisiopatologici, infiammatori ed emodinamici, tipici della sepsi, come il danno alle cellule, l’insufficienza d’organo. Una volta avviata la tempesta citochinica questa è difficilmente arrestabile, anche eliminandone la causa primaria, essendo un processo che si autoalimenta. Questo significa che, per modulare la risposta infiammatoria dell’organismo, controllando l’evoluzione clinica della setticemia, occorre arginare la propagazione della tempesta citochinica, ristabilendo l’equilibrio tra mediatori pro- e anti- infiammatori [6],[8],[9].

I serbatoi della infezione

Ebola è una malattia trasmessa dagli animali selvatici all'uomo attraverso lo stretto contatto con il sangue, gli organi, le secrezioni e altri fluidi di animali infetti. E' noto da anni che diverse specie animali in particolare primati e pipistrelli della frutta, possono essere infettati con il virus Ebola rappresentando la più probabile fonte di infezione per l’uomo.

Pratiche quali la caccia e la raccolta di animali malati o morti, la manipolazione e il consumo di carne cruda di animali selvatici rappresentano il principale momento e modo di

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11 infezione e di ingresso del virus nella popolazione umana. L'infezione può anche essere trasmessa all'uomo attraverso il consumo di frutti contaminati da saliva o feci di pipistrelli infetti.

La trasmissione interumana avviene successivamente attraverso il contatto con i fluidi corporei quali sangue, vomito, urina, saliva, feci o lo sperma di una persona infetta. Si pensa che le epidemie attuali in tutta l'Africa occidentale siano originate da un singolo evento di trasmissione animale-uomo che si è verificato nella foresta al confine tra Guinea, Sierra Leone e Liberia (fonte OIE).

Tutte le segnalazioni di virus Ebola negli animali in Africa provengono da Paesi che hanno anche registrato casi umani, con l'eccezione di alcuni pipistrelli sieropositivi nel sud del Ghana. Nei paesi endemici dell’Africa, cani randagi e animali selvatici possono contribuire alla diffusione della malattia dissotterrando i cadaveri talvolta sepolti in fosse poco profonde[13],[26],[30].

Presenza di virus Ebola nelle diverse specie animali

Pipistrelli

Sulla base delle evidenze ad oggi disponibili, i Megachirotteri della famiglia Pteropodidae più comunemente noti come pipistrelli della frutta o volpi volanti, sono considerati i più probabili ospiti reservoir del virus Ebola. Diversi studi hanno dimostrato che a differenza di altre specie animali, i pipistrelli della frutta infettati naturalmente o sperimentalmente con il virus Ebola (EBOV) non sviluppano la malattia, ma possono rimanere portatori ed eliminare il virus con le feci per settimane.

Anticorpi specifici contro EBOV sono stati identificati in diverse specie di pipistrelli della frutta in Africa centrale (Hypsignathus monstrosus, Epomops fraqueti, Myonycteris torquata). E’ stato inoltre dimostrato che la distribuzione geografica degli Ebolavirus può sovrapporsi a quella dei pipistrelli della frutta, e in almeno un caso l’insorgenza di un focolaio di infezione nella popolazione umana è stato collegato al consumo di carne di pipistrello. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e recenti studi hanno suggerito che l'attuale epidemia di Ebola può essere ricondotta a pipistrelli della frutta nella regione dell'Africa occidentale. In Guinea, dove la carne di pipistrello è considerata una prelibatezza, ne è pertanto stata immediatamente vietata la vendita e il consumo. In Italia ed in Europa, dove peraltro Ebola non è mai stato isolato in natura e gli unici casi rilevati erano “d’importazione”, sono presenti circa 35 specie di pipistrelli insettivori tutte riferibili al sottordine dei Microchirotteri. Nessuna di queste specie rientra tra quelle finora identificate come suscettibili all’infezione da EBOV. Per questo motivo i pipistrelli presenti in Italia non possono rappresentare un rischio in termine di possibile contagio.

Come peculiarità coerente con il tropismo di filovirus per i pipistrelli si segnala la recente identificazione di un nuovo filovirus, geneticamente differente dal virus Ebola, denominato Lloviu virus (LLOV) in pipistrelli/o insettivori della specie Miniopterus schreibersii in Spagna. LLOV, geneticamente distinto da altri Ebolaviruses e Marburgviruses, è il primo filovirus rilevato in Europa, che non risulta essere stato importato da una zona endemica dell’Africa o dalle Filippine.

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12 I primati

I primati non umani possono essere una fonte di infezione per gli esseri umani, ma non sono considerati i reservoir dell’infezione a causa della loro elevata sensibilità al virus e il loro alto tasso di mortalità quando infettati. Dal 1994, alcune grandi epidemie di Ebola delle specie EBOV e TAFV hanno avuto effetti devastanti sulle popolazioni di scimpanzé e gorilla causando una grave diminuzione della popolazione di queste specie mentre RESTV ha causato gravi epidemie di EVD in macachi (Macaca fascicularis) importati dalle Filippine. Studi epidemiologici suggeriscono che i casi indice di focolai umani in Africa sono stati spesso legati al contatto diretto con le scimmie presumibilmente infettate attraverso i pipistrelli o un'altra specie serbatoio. Anche se la fonte d’infezione per i primati non umani spesso rimane indefinita, più prove indicano che l’infezione possa avvenire attraverso uno o più ospiti naturali.

Sempre considerando l’assenza di casi naturali di infezione da EBV in Europa, le scimmie presenti in Italia in giardini zoologici e circhi non rappresentano un rischio per la diffusione di Ebola virus, a meno che non si verifichi un contatto con una persona infetta da Ebola, nel qual caso potrebbero agire da amplificatori dell’infezione virale.

Cani

Ad oggi non c’è alcun caso documentato di diffusione di virus Ebola da cane a uomo o da uomo a cane, ma al tempo stesso non vi sono evidenze scientifiche tali da poter escludere in maniera assoluta il rischio di contagio. Quanto detto sta alla base dei diversi approcci e comportamenti attuati rispettivamente in Spagna ed USA nella gestione dei due cani Excalibur e Bentley ormai resi famosi dai media per essere stati teoricamente esposti al virus Ebola dopo che i rispettivi padroni, entrambi operatori del sistema sanitario, si sono infettati assistendo pazienti ammalati di EVD.

Infatti, mentre le autorità sanitarie spagnole, hanno ordinato l’eutanasia per il cane esposto al virus suscitando le immediate reazioni da parte dei gruppi animalisti internazionali, a Dallas, in Texas, i funzionari della sanità hanno posto il cane in quarantena in strutture ad elevato livello di biosicurezza e ne hanno monitorato le condizioni, senza evidenziare, dopo un periodo di

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13 osservazione di 21 giorni (limite massimo descritto di incubazione dell’uomo), sintomi di malattia o positività al virus. Il motivo del diverso approccio che ha suscitato l’interesse dell’opinione pubblica non deve essere ridotto ad una differente sensibilità nei confronti di temi quali etica e benessere animale o legata a carenze scientifiche, ma deriva piuttosto dalla necessità di rispondere in maniera urgente ed efficace ad un problema sanitario di interesse globale con le risorse in quel momento disponibili.

Esiste ad oggi un unico studio in letteratura scientifica al quale poter fare riferimento per cercare di colmare le lacune esistenti sull’argomento. Lo studio, condotto sulle popolazioni di cani presenti nelle regioni del Gabon colpite da epidemia di Ebola nel 2001-2002 dimostra che il cane può sviluppare un’infezione asintomatica, vale a dire produrre anticorpi anti-Ebolavirus in seguito all’esposizione virale senza presentare i sintomi della malattia. Lo studio suggerisce inoltre che le abitudini alimentari dei cani presenti nelle aree associate a focolai di EVD possono influenzare il rischio di trasmissione di virus Ebola. Questo in considerazione del fatto che molti dei cani oggetto dello studio possono essersi cibati di carcasse di animali morti con conseguente possibilità di esposizione al virus. Gli autori ipotizzano quindi che i cani potrebbero, nel corso di epidemie umane, rappresentare una potenziale fonte di malattia per l'uomo e di diffusione del virus ma non forniscono alcuna evidenza concreta di questo, ne spiegano come ciò potrebbe avvenire. Lo studio, infatti, non dimostra se il cane possa diventare eliminatore di EBOV attraverso saliva, urina o feci come osservato sperimentalmente per altre specie animali.

Alla luce dei dati disponibili, non c’è quindi per il momento alcuna prova certa a sostegno di un possibile ruolo del cane nella trasmissione di EBOV. Considerando pertanto che il rischio di un'epidemia di Ebola che colpisca più persone in Italia così come in Europa o negli Stati Uniti è molto basso, anche il rischio per gli animali domestici è da considerare estremamente ridotto.

Osservare tuttavia rigorose misure di quarantena per gli animali che hanno avuto contatto con un caso umano confermato o sospettato di Ebola rappresenta senza dubbio una precauzione necessaria.

Importazione animali esotici

Oltre ai pipistrelli di cui si è già detto, scimmie, gorilla e scimpanzé sono alcune delle specie provenienti dall'Africa occidentale che potrebbero rappresentare un pericolo per l'uomo se infettate dal virus Ebola. L'importazione di questi animali è regolamentata da specifiche norme; sebbene in Italia sia vietato possedere primati e ci siano specifici divieti di manipolazione e detenzione di pipistrelli autoctoni, apparentemente il numero di persone che detengono pipistrelli di specie d’importazione è maggiore di quanto si possa credere. Gli individui di queste specie potrebbero rappresentare un rischio per l'uomo, ma solo se fossero importati illegalmente dai Paesi africani colpiti dall'epidemia e risultassero infetti, eventualità abbastanza improbabili. Gli animali esotici presenti in Italia non rappresentano quindi un pericolo per l'uomo. Anche la pratica dell'importazione in Occidente di animali selvatici cacciati in Africa è limitata. E' quindi assai improbabile trovare in Italia un esemplare a rischio Ebola.

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14 Alimenti di origine animale

La carne di animali selvatici (bushmeat) come pipistrelli, scimmie o gorilla, è considerata una prelibatezza e potrebbe venir importata in modo clandestino. Quindi , in questo momento, la carne introdotta illegalmente in Europa dall’Africa potrebbe costituire un potenziale vettore di Ebola (ma anche di altre malattie batteriche e virali). Non a caso, infatti, il virus Ebola si è diffuso inizialmente nell’uomo proprio tramite il contatto con carcasse e fluidi di animali infetti e solo in un secondo momento si è verificata la trasmissione da uomo a uomo. Allo stato attuale, occorre quindi verificare il livello di rischio posto da carne o sottoprodotti animali importati illegalmente in Europa. In base ad un primo parere di Aprile 2014 dell’European Center for Disease Control (ECDC) il rischio di contagio di Ebola tramite carne infetta è considerato basso, anche se vi sono numerosi fattori di incertezza che rendono problematica tale valutazione, in considerazione del fatto che gorilla, scimmie, scimpanzé e antilopi non sono alimenti ricercati solo in Africa, ma hanno estimatori in Europa, soprattutto tra le comunità africane[33],[35],[36],[37],[39]

Trasmissione infezione virale

Trasmissione inter-umana. Inizio e durata della contagiosità.

Durante il periodo di incubazione le persone non sono considerate a rischio di trasmettere l’infezione. Anche se 24 ore prima della comparsa dei sintomi è già rilevabile viremia, il paziente diventa contagioso tramite secrezioni quando comincia a manifestare sintomi.

Le persone malate, invece, sono contagiose fino a quando il sangue e le secrezioni contengono il virus. Per questo motivo, per evitare di infettare chiunque altro nella comunità, i pazienti infetti devono essere attentamente monitorati e sottoposti a test virologici, per garantire che il virus non sia più in circolo prima della dimissione. I non molti dati attualmente disponibili indicano che dopo meno di 20 giorni dalla

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15 comparsa dei sintomi non è più rilevabile viremia. L’eliminazione del virus tramite allattamento e per via sessuale può proseguire anche dopo la guarigione clinica. In particolare, la permanenza del virus nello sperma può verificarsi fino a 7 settimane dopo la guarigione, in casi eccezionali anche oltre (fino a 12 settimane). Nella saliva il virus è presente in tutta la fase acuta mentre non è stato trovato nel sudore.

Modalità di trasmissione: le informazioni scientifiche disponibili, desunte dalle pregresse epidemie di Ebola, evidenziano come il virus Ebola si trasmetta attraverso:

• il contatto diretto (attraverso cute lesa o mucose) con sangue o altri liquidi biologici (urine, saliva, feci, vomito, sperma).

• il contatto indiretto (attraverso cute lesa o mucose) con oggetti contaminati con sangue o altri liquidi biologici (ad esempio aghi).

Sia le linee guida dell’HPA inglese che quelle dei CDC statunitensi sottolineano come non vi sia alcuna evidenza di trasmissione del virus per via aerea, mentre raccomandano l’adozione di precauzioni da droplets (mascherina chirurgica e protezione oculare per contatti entro 1 metro di distanza) per la possibile presenza di virus nella saliva. La probabilità di trasmissione del virus cambia nel corso della malattia in ragione delle manifestazioni cliniche.

All’inizio, quando è presente solo febbre in assenza di vomito o diarrea o di manifestazioni emorragiche, il rischio di trasmissione è basso; nelle fasi tardive, quanto compaiono manifestazioni emorragiche, il rischio è significativamente più elevato, e rimane molto elevato anche dopo la morte. Per questo motivo le precauzioni di isolamento raccomandate in questo documento cambiano a seconda della fase del percorso assistenziale, in ragione della valutazione del rischio (cioè probabilità che il paziente sia stato effettivamente esposto ad un malato di Ebola, stadio e decorso clinico della malattia). I diversi livelli di rischio di contrarre il virus Ebola sono illustrati nella tabella successiva tratta dal recente documento dell’ECDC di Stoccolma[40].

Livello di rischio Tipo di contatto

Basso rischio di trasmissione  Contatto casuale con un paziente febbrile, autonomo, in grado di deambulare. Esempi: condividere una sala di attesa o un mezzo pubblico di trasporto; lavoratori di una reception.

Alto rischio di trasmissione  Contatto faccia a faccia (ad esempio a meno di 1 metro di distanza) senza indossare appropriati dispositivi di protezione individuale(inclusi quelli per la protezione oculare) con un paziente con tosse o vomito, emorragia, o che ha diarrea. Contatto sessuale non protetto con una persona precedentemente ammalata, fino a tre mesi dopo la guarigione;

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16 contaminato da fluidi corporei di un caso probabile o confermato;

 esposizione percutanea, mucosa o per puntura accidentale a sangue che contiene il virus, altri liquidi biologici, campioni di tessuto o di laboratorio in pazienti in gravi condizioni o con malattia confermata da virus Ebola;

 partecipazione a riti funerari con esposizione diretta alla salma nelle zone (o proveniente dalle zone) affette, senza appropriati dispositivi di protezione;  contatto diretto con carne di animali

selvatici (“bush meat”) o pipistrelli, roditori, primati, vivi o morti, nelle zone (o proveniente dalle zone) affette.

Caratteristiche cliniche

Dopo un periodo di incubazione variabile tra 2-8 giorni (che in alcuni pazienti può prolungarsi fino a 21 giorni), la malattia si viene a manifestare improvvisamente, in genere con uno stadio simil-influenzale. In una fase precoce il quadro clinico è caratterizzato da intensa stanchezza, astenia, comparsa improvvisa di febbre (sopra il 38°C ascellare), cefalea, mialgia, artralgie, singhiozzo, congiuntivite, nausea ed anoressia, mal di gola e disfagia, dolore addominale, diarrea (sanguinolenta o meno).

I sintomi possono spesso sovrapporsi o non svilupparsi tutti insieme. Questa prima fase prodromica può durare fino a 10 giorni.

La malattia evolve con la comparsa di segni e sintomi ascrivibili a danni in diversi organi e apparati. Oltre a segni di prostrazione, possono essere presenti segni e sintomi di alterazioni nella

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17 funzione epatica e renale, respiratoria, gastrointestinale, del sistema nervoso centrale (cefalea, confusione), vascolare (iniezione congiuntivale/faringea), cutaneo (esantema maculo papuloso).

I fenomeni emorragici, sia cutanei che viscerali, compaiono in oltre la metà dei pazienti affetti da Evd, in genere dopo una settimana dall’esordio. Si può trattare di sanguinamenti a carico del tratto gastrointestinale (ematemesi e melena), petecchie, epistassi, ematuria, emorragie sottocongiuntivali e gengivali, meno-metrorragie. Alcuni pazienti presentano emorragie estese e coagulazione intravasale disseminata (CID). Nella fase terminale della Evd il quadro clinico è caratterizzato da tachipnea, anuria, shock ipovolemico, sindrome da insufficienza multi-organo.

Manifestazioni cutanei

 Rash maculopapulare (in circa 50% dei casi). Appare dopo 3 – 5 giorni dopo episodio dei primi sintomi

 Non pruriginoso  Eritematoso

 Può iniziare focalmente, poi diventare diffusa, generalizzata e confluente

 Petecchie

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18  Ematomi

 Porpora

Sindrome emorragica

Dalla seconda settimana d’infezione, il paziente potrà guarire oppure aggravarsi per l’interessamento di organi interni. Il virus Ebola si diffonde attraverso il sangue, moltiplicandosi in molti organi. Esso causa gravi danni al fegato, al sistema linfatico, ai reni, alle ovaie ed ai testicoli. Le piastrine e le pareti dei vasi sanguigni sono severamente danneggiati con la conseguenza di profusi sanguinamenti. Anche la superficie mucosa dello stomaco, le membrane cardiache e della vagina sono interessate.

Nel caso la malattia progredisca, i sintomi si aggravano e nel 40-50% dei casi i pazienti manifestano emorragie che rappresentano un segno prognostico sfavorevole

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19 Citiamo:

 emorragie congiuntivali  nausea,

 dolore di stomaco,

 ematemesi (vomito di sangue),  diarrea sanguinolenta,

 arrossamento degli occhi (emorragie congiuntivali),

 sanguinamento dal naso,  petecchie,

 ematomi (specialmente nei punti dove vengono eseguite iniezioni),

 ecchimosi,

 eruzione cutanea,

 dolore toracico, tosse e difficoltà di respiro,  emoptosi ( sangue dai polmoni)

 significativa perdita di peso,

 nei pazienti premorienti emorragie anche dalle orecchie e dal retto

La diffusione del virus nell’organismo determina anche sanguinamenti a livello cerebrale, depressione, convulsioni e delirio.

L’exitus avviene con un quadro di tachipnea, anuria, esaurimento fisico, shock ipovolemico e insufficienza di molti organi interni.

Caratteristiche cliniche tardive  Confusione ed irritabilità  Crisi convulsive

 Dolore toracico

 Diarrea (acquosa o sanguinolenta)  Vomito (talora emorragico)  Rash cutaneo

 Sanguinamento interno o esterno  Aborto nelle gravide

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20  Distress respiratorio

 Shock

Nella fase tardiva la febbre può essere assente, ovvero si può avere un periodo di iperpiressia seguito da ripresa febbrile (andamento bifasico)

Complicazioni

L’infezione da Ebola può causare la morte in una percentuale che varia dal 50 al 90% delle persone ammalate. Nel suo decorso la malattia può causare:

 insufficienza multipla di organi interni  grave sanguinamento  ittero  delirio  convulsioni  coma  shock

Per le persone che sopravvivono, il ritorno alla normalità è lento. Possono passare mesi prima che la persona riacquisti peso e forza, mentre il virus rimane nell’organismo per settimane. In questo decorso si può osservare:

 perdita dei capelli  disturbi della sensibilità  epatite

 debolezza  stanchezza  mal di testa

 disturbi agli occhi (iriti, iridocicliti, coroiditi, cecità)  infiammazione ai testicoli.

EBOV e SEBOV possono persistere nel liquido seminale dei sopravvissuti sino a 7 settimane dalla guarigione, creando le condizioni per la trasmissione sessuale del virus.

Diagnostica di base

La circolare del Ministero della Salute 0026708-06/10/2014 dispone che per gli esami ematochimici ed i test per le diagnosi differenziali, nei casi sospetti/probabili di MVE, sia

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21 individuato un laboratorio di riferimento che, in base alla valutazione del rischio, effettuata dalla struttura di malattie infettive di riferimento regionale, definisca le procedure per il trasporto ed il processo dei campioni.

E’ opportuno che il personale sanitario, in tutte le fasi del percorso assistenziale, anche in presenza di un caso sospetto a basso rischio, rispetti scrupolosamente le precauzioni standard per la prevenzione delle infezioni, operando in modo tale da evitare assolutamente qualsiasi contatto diretto con liquidi biologici dei pazienti

Valutazione del rischio

I campioni dei pazienti che rientrano nella definizione di caso sospetto di malattia da virus Ebola (MVE) dovrebbero essere trattati utilizzando un strategia di stratificazione dei rischi, che tenga conto di

 esistenza ed entità del link epidemiologico provenienza da zone dove l’epidemia ha un’alta diffusione

 aver frequentato strutture ospedaliere

 aver avuto contatti diretti con persone infette

 gravità della sintomatologia

 eventuale mancato miglioramento dei sintomi a seguito dei trattamenti terapeutici

 persistenza della febbre nonostante il trattamento antimalarico in pazienti con parassitemia

Prelievi

 Valutazione del rischio

 Improbabile che si tratti di MVE

 Bassa probabilità che si tratti di MVE

 Alta probabilità che si tratti di MVE

 MVE confermata

 Avvisare il laboratorio locale del rischio assegnato, per consentire l’adozione di adeguate misure di biosicurezza

 Inviare i campioni al laboratorio locale in contenitori primari chiusi, ermetici, non in vetro, racchiusi in un secondo contenitore infrangibile, a sua volta contenuto in un terzo contenitore rigido, rispettando la regola del triplo imballo

Indagini chimico cliniche

 Emocromo

 Leucocitosi con forme immature  Linfopenia

 Trombocitopenia

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22  Anemia normocromica

 Elettroliti

 Elevato valore di creatinina sierica o urea  Ipokaliemia

 Ipocalcemia  Transaminasi

 Elevato valore di AST e ALT

 Sollevata bilirubina, γ-glutamil transferasi, fosfatasi alcalina  Elevato valore di amilasi (indica la presenza di pancreatite  PCR

 Funzione renale  Ematuria

 Proteinuria  Oliguria

 Gas del sangue arterioso

 Elevato valore di lattato (ipoperfusione tissutale e indicatore di shock)  pH

 Bicarbonato  Coagulazione

 Tempo di protrombina prolungato

 Valori di D-dimero elevato (nei primi 6-8 giorni)

La circolare del Ministero della Salute 0026708-06/10/2014 dispone che i laboratori per l’effettuazione dei test ematochimici (oltre che per la diagnosi differenziale e per la diagnosi di MVE) siano appositamente individuati. Le indagini chimico-cliniche possono essere eseguite in loco, nei laboratori appositamente individuati, privilegiando POCT (Point of Care Testing) o sistemi chiusi che consentano ad es. di forare la provetta e di centrifugarla, ove necessario, in modo automatico. Tali sistemi, se utilizzati con la piena osservanza delle precauzioni standard, offrono un elevato livello di biosicurezza. le precauzioni di biosicurezza attuate in ogni laboratorio, in ottemperanza del D. Lgs. 81/08, sono sufficienti a controllare il rischio di qualsiasi agente infettivo, incluso il virus Ebola. La struttura di malattie infettive di riferimento dovrà definire, d’intesa con il laboratorio di riferimento, un protocollo che preveda corrette modalità di richiesta dei test e flussi informativi specifici. È necessario che tale laboratorio venga avvisato in anticipo dell’invio di un campione proveniente da un caso di MVE. È altresì opportuno che le direzione dei laboratori condividano con gli ospedali individuati per il ricovero dei casi sospetti, la valutazione del rischio per adottare i percorsi e le procedure più appropriate per il trasporto ed il processo dei campioni. I campioni biologici devono essere confezionati e conferiti al laboratorio di riferimento nel rispetto

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23 delle “Raccomandazioni per la sicurezza del trasporto di materiali infettivi e di campioni diagnostici” (Circolare Ministeriale n. 3 del 3 maggio 2003)

In laboratorio

Se necessaria, la centrifugazione dei campioni va eseguita in centrifughe che posseggano cestelli chiusi. I cestelli vanno aperti preferenzialmente sotto cappa biohazard di classe II (BSC II). L’apertura delle provette deve essere eseguita sotto cappa BSC II, evitando la formazione di aerosol. In caso di necessità di procedure che generano aerosol, l’operatore deve adottare le precauzioni standard, da contatto e droplets.

L’analisi dei campioni dovrebbe essere seguita dalla disinfezione dello strumento secondo le procedure suggerite dalla ditta produttrice. Gli scarichi degli strumenti analitici, dedicati o meno, devono essere trattati e smaltiti come rifiuti a rischio infettivo, secondo le procedure aziendali, tenuto conto che andrebbero privilegiati sistemi che producano una ridotta quantità di rifiuti speciali. I campioni residui dovranno essere smaltiti come rifiuti a rischio infettivo, secondo le procedure aziendali

Diagnostica specifica di Ebola

Il virus ebola, come gli altri filovirus, è un virus di gruppo di rischio 4

• Alta contagiosità • Elevata mortalità

• Assenza di terapia specifica • Assenza di vaccini

La diagnostica per virus di gruppo di rischio 4 non è assimilabile ad analoghe procedure per microrganismi di gruppo inferiore, in quanto presenta requisiti strutturali, professionali ed organizzativi peculiari.

La circolare del Ministero della Salute 0026708-06/10/2014 indica i seguenti criteri di laboratorio, almeno uno dei quali è necessario per la conferma di un caso di MVE.

CRITERIO DI LABORATORIO: La positività ad uno dei seguenti:

 Individuazione di acido nucleico del virus Ebola in un campione clinico e conferma mediante sequenziamento o un secondo test su una diversa regione del genoma;

 Isolamento del virus Ebola da un campione clinico;  Evidenza di sieroconversione

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24 Necessità, specie in assenza di un sospetto clinico ben indirizzato, di una diagnosi differenziale ad ampio spettro. Scarsità di materiali di riferimento per lo sviluppo e la validazione dei metodi diagnostici specifici per MVE. Scarsità/assenza di kit commercialmente disponibili, sufficientemente validati. Necessità di test accessori per la conferma dei risultati dei test iniziali, dovuti allo scarso potere predittivo positivo in situazioni di bassissima prevalenza, come quella attuale al di fuori delle zone epidemiche. Necessità di partecipare a network internazionali per poter accedere a: metodi, materiali/agenti, EQA, assistenza/conferme dei risultati. Necessità di sviluppare, spesso in fretta, metodi nuovi e, in assenza di standard di riferimento, di sviluppare metodi di conferma. Necessità di laboratori ad alto biocontenimento.

Considerazioni sui livelli di biosicurezza

La ricerca dell’acido nucleico virale viene effettuata con metodi molecolari

 I tamponi di lisi utilizzati per l’estrazione degli acidi nucleici (es. AVL) inattivano l’infettività virale

 L’aggiunta del tampone di lisi al campione clinico deve essere effettuata ad un livello di biosicurezza commisurato alla valutazione del rischio; è raccomandato come livello minimo il BSL3

 Le fasi di estrazione ed amplificazione possono essere eseguite in condizioni di biosicurezza 2 (BSL2)

 L’isolamento del virus va effettuato in laboratorio a livello di biosicurezza 4

 Allo stesso livello deve essere effettuata la manipolazione e la conservazione di tutti i campioni positivi

 La sieroconversione viene valutata mediante metodi non commerciali, il cui allestimento richiede la disponibilità di colture virali, e quindi di laboratorio a livello di biosicurezza 4  In base a queste premesse, la circolare del Ministero della Salute 0026708-06/10/2014

dispone che la ricerca degli acidi nucleici virali venga eseguita in laboratori identificati dalle regioni, dotati almeno di livello di biosicurezza 3

 I laboratori abilitati alla manipolazione degli agenti di gruppo di rischio 4 possono effettuare i test che necessitano la coltura del virus e conservare i campioni biologici positivi

 I laboratori di riferimento identificati dalle regioni e comunicati al Ministero della Salute saranno inseriti in un processo di qualificazione con la collaborazione del centro di riferimento nazionale per la diagnosi di Febbri Emorragiche Virali, presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “L.Spallanzani”.

 In attesa della conclusione di tale processo di qualificazione, i campioni per la diagnosi eziologica di MVE devono essere inviati contemporaneamente anche all’INMI “L. Spallanzani

Conclusioni

 Per la diagnosi virologica di Ebola, bisogna inviare i campioni al laboratorio regionale di riferimento o, ove questo non fosse stato identificato, al Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’INMI “L. Spallanzani”

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25  Contemporaneamente all’invio del campione al laboratorio regionale di riferimento per la diagnosi di MVE, un campione dovrà essere inviato anche al Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’INMI “L. Spallanzani

Capacità diagnostiche per Ebola al centro di riferimento Nazionale individuato dal Ministero  Ricerca diretta del virus mediante metodi molecolari basata su un test iniziale di screening

e vari test successivi di conferma

 Caratterizzazione molecolare mediante sequenziamento ed analisi filogenetica  Ricerca diretta del virus mediante metodi colturali

 Ricerca diretta del virus mediante microscopia elettronica

 Ricerca degli anticorpi mediante Immunofluorescenza indiretta (IgM e IgG)  Ricerca di anticorpi mediante test di neutralizzazione

 Misura della risposta cellulare virus-specifica

 Diagnosi differenziale verso le principali eziologie alternative, nonché verso altre cause di sindromi emorragiche, incluse Lassa, Dengue, Alkhurma, febbre gialla, ecc.

Metodi molecolari commerciali •Filovirus

 Altona Real Star®Filovirus Screen RT-PCR Kit 1.0; •Ebola

 Genekam Ebola (Common) PCR kit, (Zaire) PCR kit, (Reston) PCR kit, (Zaire) PCR kit, (Sudan) PCR kit

 Liferiver (Vacunek) (EBOV) Real Time RT-PCR kit

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26  Sacace Ebola Zaire Real Time PCR kit

 Genesig Ebola Real Time PCR kit, Path-EBOV (Zaire) / Path-SUDV (Sudan)  Tib Molbiol Ebola (Zaire) Real Time PCR kit

 Marburg

 Liferiver (Vacunek) (MBV) Real Time RT-PCR kit  Genekam Marburg PCR kit

Recentemente si sono resi disponibili alcuni kit commerciali che rilevano l’RNA virale. Alcuni kit sono in grado di differenziare Ebola dagli altri filovirus. Alcuni kit sono specifici per le diverse specie di virus Ebola (5 specie, di cui una non patogena per l’uomo), o per Marburg. Le performance analitiche e cliniche di questi kit non sono ancora descritte in letteratura.

Metodi di diagnostica specifica

 Ricerca diretta del virus mediante metodi molecolari basata su un test iniziale di screening e vari test successivi di conferma

 Caratterizzazione molecolare mediante sequenziamento ed analisi filogenetica  Ricerca diretta del virus mediante metodi colturali

 Ricerca diretta del virus mediante microscopia elettronica

 Ricerca degli anticorpi mediante Immunofluorescenza indiretta (IgM e IgG)  Ricerca di anticorpi mediante test di neutralizzazione

 Misura della risposta cellulare virus-specifica Anticorpi

 Benché fra i criteri di laboratorio sia indicata l’evidenza di sieroconversione, la ricerca degli anticorpi in genere ha valore di documentazione retrospettiva

 Le IgM compaiono dopo 3 giorni e sono fugaci (< 3 settimane)

 Le IgG persistono a lungo e sembrano essere protettive I grafici mostrano l’andamento della risposta anticorpale osservata nell’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo del 1995

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27 Immunofluorescenza indiretta

 Non esistono metodi commerciali per la ricerca di anticorpi specifici per il virus Ebola

 Nel laboratorio di riferimento nazionale viene eseguita l’immunofluorescenza indiretta, utilizzando vetrini allestiti in house, con cellule infette mescolate con opportune quantità di cellule non infette

Questa preparazione richiede la coltivazione del virus, e quindi viene effettuata in BSL4 Cellule non infette Cellule infette con virus Ebola

Controllo negativo Campione IgM positivo

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28 Campione IgG positivo

Risposta cellulare specifica

Per la risposta cellulare vengono eseguite colture di PBMC esposti al virus; la rilevazione delle sottopopolazioni linfocitarie attivate viene eseguita mediante rilevazione citofluorimetrica delle citochine intracitoplasmatiche

Identificazione del virus

 Isolamento virale in colture di tessuto (BSL4) e successiva caratterizzazione degli isolati con metodi immunologici o molecolari.

 In casi particolari è previsto anche lo studio morfologico in Microscopia Elettronica, sia sull’isolato che sul campione biologico iniziale.

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Diagnosi differenziale

I sintomi precoci della condizione possono essere confusi facilmente con le manifestazioni di malattia da virus Marburg, setticemia da gram-negativi, della malaria da falciparum, della febbre tifoide, della dissenteria e shigellosi, dell'influenza, della febbre dengue, del colera, della borreliosi o di altre febbri tropicali. Altre malattie infettive che dovrebbero essere incluse nella diagnosi differenziale sono la leptospirosi, la peste, la febbre Q, la candidosi, l'istoplasmosi, la tripanosomiasi, la leishmaniosi viscerale, il vaiolo emorragico, il morbillo e l'epatite virale fulminante.

Malattie non infettive che possono essere confuse con la febbre emorragica da Ebola sono la leucemia acuta promielocitica, la sindrome uremica emolitica, la carenza di fattori della coagulazione o la presenza di disordini piastrinici, la porpora trombotica trombocitopenica, la teleangectasia emorragica ereditaria, la malattia di Kawasaki ed anche l'avvelenamento da warfarin.

Le FEV presentano le manifestazioni cliniche simili. Dopo un periodo di incubazione variabile, (in media 1-9 giorni mentre per il virus Ebola e Lassa può arrivare fino a 21 giorni) le prime fasi dell’infezione sono caratterizzate da sintomatologia non specifica (malessere generale, febbre, cefalea, mialgie, faringite) che rende difficile la diagnosi fin quando non appaiano caratteristiche cliniche piu specifiche o quando vengono registrati più casi.

La diagnosi differenziale delle febbri emorragiche virali va posta con tutte le condizioni caratterizzate da febbre, rash, interessamento epatico o rene, emorragie. Dovrebbero essere prese in considerazione: la malaria, la febbre tifoide, la febbre gialla, le epatiti virali, la leptospirosi, la sepsi meningococcica e altri sepsi, la febbre reumatica, la mononucleosi infettiva, le infezioni da rickettsie, la febbre Dengue, altre patologie da arbovirus.

I criteri per la diagnosi delle FEV sono esattamente gli stessi e si basano, durante la fase acuta, sull’identificazione dell’agente, e successivamente, sulla rilevazione della risposta immune.

Gli esami per la ricerca dell’agente etiologico possono essere eseguiti mediante coltura virale, ricerca degli antigeni, rivelazione degli acidi nucleici e valutazione diretta con microscopia elettronica. Attualmente per la diagnosi si utilizzano principalmente i test di biologia molecolare,

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30 amplificando mediante RT-PCR classica o Real-Time l’acido nucleico estratto dai materiali biologici. I risultati preliminari si ottengono nel giro di poche ore dall’arrivo del campione in laboratorio e possono essere confermati mediante sequenziamento del prodotto di amplificazione. Inoltre è opportuno, sia per l’eventuale identificazione di nuovi agenti virali che per la caratterizzazione degli agenti identificati, procedere contemporaneamente al isolamento virale su culture di tessuto.

Punti nella diagnosi di malaria

 Cronologia del viaggio ad una zona ad alto rischio o una cronologia del morso. La cronologia dettagliata del viaggio ai brevi scali endemici di aree anche dovrebbe essere registrata.

 La diagnosi precoce è importante per assicurare il trattamento appropriato, presuntivo ed accurato e da diminuire il rischio di complicazioni e di morte pericolose. Un campione di sangue è prelevato solitamente per la diagnosi.

 Le sbavature spesse e sottili di sangue sono catturate su una lastra di vetro. La migliore manifestazione dei campioni una diagnosi confermativa durante il periodo di febbre quando il parassita è presente nella circolazione sanguigna periferica. Le sbavature sulle lastre di vetro poi sono macchiate con la macchia di Giemsa. Le diapositive sono esaminate sotto il microscopio ed il parassita è identificato. Ciò è il metodo di sistema monetario aureo di diagnosi e di resti una dei metodi più economici e più redditizi. Altri vantaggi comprendono le alte sensibilità e specificità una volta usati dal personale ben preparato. Dove la pellicola di sangue è negativa, almeno 2 ulteriori pellicole dovrebbero essere

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31 ottenute sopra il seguente 48 ore prima che la malaria sia eliminata. Un rapporto negativo necessariamente non significa che la persona non ha malaria. Ciò è specialmente il caso nella gravidanza quando i parassiti rimangono raggruppati nella placenta e non possono essere individuati facilmente.

 I test diagnostici Rapidi (RDTs) egualmente sono impiegati per rilevazione facile e richiedono intorno 2 - 15 minuti. Queste prove individuano gli antigeni del parassita. Questi possono essere usati dal personale relativamente non addestrato.

 La reazione a catena della Polimerasi (PCR) è un metodo complesso di diagnostica della malaria. È costosa e meno disponibile alle zone endemiche. Gli acidi nucleici del Parassita sono individuati facendo uso della PCR. La PCR è più utile per la conferma delle specie di parassita malarico dopo che la diagnosi è stata stabilita da microscopia della sbavatura o dal RDT.

 La Sierologia può anche essere usata per individuare gli anticorpi contro i parassiti di malaria. Ciò può essere fatta facendo uso di qualsiasi immunofluorescenza indiretta (IFA) o dell'analisi enzima-collegata dell'immunosorbente (ELISA). La Sierologia non individua l'infezione corrente ma piuttosto misura l'esposizione passata.

 Oltre alla rilevazione del parassita, altre prove egualmente sono ordinate. Questi comprendono gli emocromi che rivelano l'anemia, i conteggi delle piastrine bassi e

raramente gli alti conteggi di globulo bianchi.  L'attività di G6PD è veduta per impedire gli effetti

secondari di alcune droghe antimalariche come il primaquine.

 Le funzioni epatiche renali e sono valutate per eliminare il danno dell'organo.

 L'Urea e gli elettroliti sono valutati per controllare per vedere se c'è l'acidosi e bassi livelli elevati e del sodio della creatinina.

 Il glucosio del sangue è valutato poichè l'ipoglicemia è comune con malaria di falciparum.  Altre prove comprendono la valutazione dei gas del sangue, emocoltura, studi di

coagulazione di sangue, radiografia del torace, culture delle feci e dell'urina ed esame del liquido Cerebrospinale (CSF) dalla foratura lombare.

I pazienti affetti da leucemia mieloide acuta generalmente riferiscono sintomi di malessere fin dall’esordio della malattia. I sintomi principali più spesso riscontrati sono astenia (stanchezza), febbre e facilità a sviluppare ematomi spontanei e dopo lievi traumi. In alcuni casi il sanguinamento può essere uno dei primi sintomi in relazione a bassi valori di piastrine.

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32 Per la diagnosi di leucemia mieloide acuta vengono sempre esaminati il sangue periferico ed il midollo osseo. Viene posta diagnosi di LMA in tutti i casi in cui vi sia un numero di cellule leucemiche >20% nel midollo osseo. Lo studio delle alterazioni cromosomiche e molecolari è molto importante per la definizione della categoria di rischio (elevato, intermedio e basso) e per il monitoraggio della risposta ai trattamenti.

Tra i principali esami necessari per la diagnosi di LMA si ricordano:

Esame emocromocitometrico/striscio di sangue periferico: misura il numero di globuli bianchi, rossi e piastrine del sangue periferico (SP) e dettaglia in percentuale e valore assoluto i 5 principali tipi di globuli bianchi (i granulociti neutrofili, eosinofili e basofili, i monociti ed i linfociti), le cui frazioni più rare ed immature (blasti, pro mielociti e mielociti) possono anche essere esaminati più approfonditamente al microscopio ottico.

Aspirato e Biopsia del Midollo Osseo: entrambe le procedure vengono eseguite in tutta sicurezza introducendo un ago in un osso sul retro del bacino, precisamente la spina iliaca postero-superiore. Con l’aspirato midollare (AM), una volta posizionato opportunamente l’ago in anestesia locale, si procede a 2-4 brevi ripetute aspirazioni della durata di pochi secondi, allo scopo di raccogliere adeguati campioni di midollo osseo. La biopsia osteomidollare (BOM) è una procedura che prevede l’estrazione di un piccolo cilindro d’osso con un apposito ago. Viene eseguita sempre in anestesia locale. L’esecuzione della BOM per l’inquadramento clinico-prognostico nel sospetto di LMA non sempre viene ritenuta necessaria dall’oncoematologo.

Analisi morfologica: consiste nell’esaminare al microscopio ottico le caratteristiche morfologiche delle cellule midollari presenti in campioni di aspirato midollare e sangue periferico. Fornisce importanti informazioni per la diagnosi e la definizione della fase di malattia.

Analisi citogenetica: consente di esaminare il numero e la struttura dei cromosomi delle cellule midollari presenti in campioni di aspirato midollare o sangue periferico. Alcune peculiari alterazioni cromosomiche possono essere associate ad una prognosi favorevole o sfavorevole per la LMA.

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33  Analisi immunofenotipica: permette di esaminare le caratteristiche di superficie delle cellule leucemiche presenti in campioni di aspirato midollare e sangue periferico, facilitando la diagnosi e, in alcuni casi, permettendo di monitorare nel tempo la risposta ai trattamenti.

Analisi molecolare: è utile per esaminare la presenza, nelle cellule midollari di campioni di aspirato midollare e/o sangue periferico di “marcatori molecolari” di malattia che possono facilitare l’inquadramento prognostico e permettere di monitorare nel tempo la risposta ai trattamenti. I “marcatori molecolari” originano da alterazioni cromosomiche o del DNA. Il vaiolo emorragico è una forma grave, caratterizzata da estese emorragie della cute, delle mucose, delle membrane e del tratto gastrointestinale.

Si sviluppa in circa il 2% dei casi, soprattutto negli adulti. In questa forma non si sviluppano vescicole e la cute rimane liscia; l'emorragia si sviluppa nel derma profondo, facendo apparire la cute nera quasi fosse carbonizzata. Si suppone che la forma sia dovuta a particolari condizioni dell'individuo, quali l'immunodepressione, piuttosto che a un particolare ceppo del virus; i dati relativi sono tuttavia carenti.

All'inizio, durante il 2º-3º giorno, si presenta con emorragia sottocongiuntivale. Il vaiolo emorragico presenta anche eritema, petecchie, emorragia della milza, del rene, del peritoneo, dei muscoli e, più raramente, dell'epicardio, del fegato, dei testicoli, delle ovaie e della colecisti. Nella forma precoce il decesso avviene rapidamente intorno al 5º-7º giorno di malattia, quando solo un minimo numero di lesioni cutanee è presente, mentre la forma tardiva conduce a morte il paziente in 8-10 giorni. Le emorragie si manifestano precocemente e il rash cutaneo rimane piatto, senza raggiungere la fase vescicolare.

I pazienti con la forma precoce mostrano una rapida riduzione dei fattori della coagulazione, delle piastrine, delle globuline e della protrombina e un innalzamento dell'antitrombina circolante. La forma tardiva mostra una minor carenza dei fattori della coagulazione, una piastrinopenia marcata e un innalzamento dell'antitrombina. Questa forma, normalmente mortale, rappresenta dal 3 al 25% dei casi fatali

(34)

34 di vaiolo in relazione alla virulenza del ceppo virale.

Al microscopio si possono osservare le classiche inclusioni citoplasmatiche dei poxvirus, le più importanti delle quali sono denominate corpi di Guarnieri, che rappresentano dei siti di replicazione virale. Queste inclusioni possono essere facilmente identificate in biopsie cutanee colorate con ematossilina eosina come bolle rosa e sono presenti in tutte le infezioni da poxvirus; tuttavia, la loro assenza non può escludere la diagnosi di malattia. La diagnosi infezione da orthopoxvirus può essere anche ottenuta rapidamente tramite microscopia elettronica del fluido contenuto nelle pustole o delle croste, ma i virioni sono identici tra tutti gli orthopoxvirus.

La diagnosi definitiva avviene sottoponendo il virus a crescita nella membrana corio-allantoidea, una parte dell'embrione di pulcino ed esaminando le lesioni a definite condizioni di temperatura. I ceppi batterici possono essere distinti mediante la reazione a catena della polimerasi (PCR) e l'analisi del polimorfismo da lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP). I test sierologici e il test ELISA, che misurano le immunoglobuline specifiche dirette verso antigeni del Variola virus, possono risultare utili nella diagnosi[29],[30].

Terapia specifica

Tutti questi farmaci sono ancora in fase di sperimentazione.

ZMapp farmaco biotecnologico, costituito da 3 anticorpi monoclonali, proteine che si legano alle cellule infette favorendo la reazione del sistema immunitario. Il funzionamento del siero consiste nel prevenire l'ingresso del virus della febbre emorragica in nuove cellule dell'organismo e quindi a impedire la diffusione dell'infezione nel corpo. ZMapp è quindi una risposta immunitaria artificiale contro le proteine del virus Ebola.

Un cocktail di tre anticorpi monoclonali umanizzati e prodotti nelle piante di tabacco australiane. Il target degli anticorpi sono diversi epitopi della GP

MB-003 + ZMAb =ZMapp

Mapp Biopharmaceuticals (san Diego) esperta in “pianticorpi” ZMApp in Rhesus Macaques 100 % delle scimmie infettate sopravvivevano se trattate entro le 24h dall’ infezione 50% se trattate entro le 48h

Siero Umano Convalescente

Già usato nel 1995 nell’epidemia di Kikwit

 There is only anecdotal evidence of the therapeutic efficacy of human plasma in filovirus infected patients (7 out of 8 patients who received whole blood from convalescent patients survived ebolavirus infection Mupapa et al., 1999).

 Immunoglobulin preparations from EBOV and MARV convalescent NHPs protected NHPs against lethal challenge (Jahrling et al. Arch Virol Suppl 1996)

(35)

35 • Unico raccomandato da WHO

Piccoli RNA interferenti (siRNA)

TkM-Ebola (Tekmira Pharmaceuticals-Canada, con US Department of Defense). Nanoliposomi conteneti siRNA. RNA interference - un approccio basato sull'RNA interference, una metodica che permette di bloccare la replicazione del virus

EK-1 mod ha come target la RNA polimerasi virale 1160 mod ha come target VP24

855 modA ha come target VP35

100% protezione contro dose letale di Zaire Ebola se somministrate 7 dosi a 30 min e ai giorni 1, 2, 3, 4, 5,e 6 dopo infezione. Nel Gennaio 2014 è iniziato clinical trial Phase I

BCX443 ( Biocryst Pharmaceuticals e NIAD USA)

Si tratta di un nuovo analogo dell’adenosina. Inibisce l’ RNA polimerasi RNA dipendente promuovendo la terminazione della catena. Attivo contro diversi virus a RNA. Protegge I macachi dalla infezione con Marburg anche se somministrato 48 ore post infezione.

Jk-05 - blocca la polimerasi, indispensabile per la replicazione virale. JK-05 sembrerebbe attivo anche verso influenza e febbre gialla.

Terapia di supporto

 Mantenimento della volemia (il volume totale di sangue nell'organismo) e dell'equilibrio idro-elettrolitico.

 Per controllare il sanguinamento si può somministrare plasma, piastrine, sangue.  Può essere utile una copertura antibiotica per la prevenzione di infezioni secondarie.  Per il controllo dello shock è consigliabile la somministrazione di dopamina

 Amiodarone, dronedarone e verapamil – bloccanti d’ingresso del virus nella cellula umana (studi di università di Hannover)

Riferimenti

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