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Daniele Corsi, Futurismi in Spagna. Metamorfosi linguistiche dell’avanguardia italiana nel mondo ibérico 1909-1928, Roma, Aracne, 2014

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DOI 10.14277/2037-6588/51p

Rassegna iberistica ISSN 2037-6588

Vol. 38 – Num. 103 – Giugno 2015

Corsi, Daniele (2014). Futurismi in Spagna:

Metamorfosi linguistiche dell’avanguardia italiana

nel mondo iberico 1909-1928. Prefazione di Maria

Grazia Profeti. Introduzione di Stefania Stefanelli.

Roma: Aracne, pp. 386

Silvia Monti (Università degli Studi di Verona, Italia)

Il Futurismo, stretto tra la sua unicità programmatica, ben rappresentata dalla figura cardine del suo ideologo, e la pluralità delle sue realizzazioni anche in contesti nazionali diversi – si pensi al titolo della celebre mostra di Palazzo Grassi del 1986 Futurismo & Futurismi – è declinato da Daniele Corsi appunto al plurale anche nel momento della ricostruzione delle in-fluenze esercitate in Spagna. È infatti noto che non esistette un Futurismo spagnolo ma che una buona parte degli intellettuali e dei letterati spagnoli non solo accolse con favore i proclami di Marinetti ma ne fu poi influenzata direttamente e indirettamente nelle proprie produzioni artistiche. Svelare e ricostruire le tracce del Futurismo italiano nella letteratura d’avanguar-dia in Spagna è il compito che affronta Corsi in un lavoro complesso e articolato, con approcci diversi che corrispondono alle tre sezioni in cui si suddivide il volume. Ma anche all’interno delle sezioni i percorsi non sono lineari bensì prevedono varie diramazioni dovute anche alla concen-trazione temporale se non alla simultaneità con cui si sviluppano in luoghi diversi i fenomeni legati alle avanguardie artistiche in Spagna.

Il discorso di Corsi parte dalla rivisitazione della storiografia letteraria spagnola sulle avanguardie che, come si sa, è segnata da alcune pietre miliari come i due volumi del ’25, Literaturas europeas de vanguardia di Guillermo de Torre e La deshumanización del arte di Ortega, e quello del ’30 di Díaz Fernández, El nuevo romanticismo, che sembra indicare l’esau-rimento delle istanze avanguardiste e il ritorno a un’arte di contenuti civili. In seguito lo studio dei movimenti d’avanguardia in Spagna conoscerà altri importantissimi contributi anche non ispanici, tra i quali mi limito qui a ricordare il fondamentale volume curato da Gabriele Morelli nel 1988,

Trent’anni di avanguardia spagnola, che ripropose all’attenzione della

cri-tica italiana quei fenomeni. In questa prima sezione, vengono ricostruiti poi i rapporti del Futurismo e di Marinetti con la Spagna, includendo il resoconto del suo viaggio a Barcellona e a Madrid nel 1928, ma che come si sa erano iniziati già nel 1909 con la pubblicazione del primo manifesto

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ISSN 2037-6588 futurista sulle pagine della rivista ramoniana Prometeo. Meno noto è forse il fatto che fu lo stesso Gómez de la Serna a sollecitare a Marinetti la ste-sura l’anno seguente del Proclama futurista a los españoles, alcuni dei cui concetti ritorneranno poi nel poema parolibero marinettiano Spagna

ve-loce e toro futurista, scaturito proprio dal viaggio in Spagna del ’28, come

dimostra Corsi commentando il poema (pp. 93-102). La parte più corposa di questa prima sezione (cap. 4) è dedicata all’Ultraismo e alle sue affini-tà con il Futurismo. Vengono anticipate qui alcune delle conclusioni che saranno formalizzate nella seconda e terza parte del volume, sotto l’egida di Gómez de la Serna citato in epigrafe del capitolo: «El ultraísmo […] se pareció más al ‘futurismo’ que al ‘dadaísmo’. Por más que no acaben de creerlo los ultraístas, el futurismo estaba dentro de ellos con sus tópicos» (p. 105). Per Corsi infatti «l’elemento portante della prismatica natura ultraista […] sono inequivocabilmente le marche ideologiche, stilistiche e lessicali del Futurismo» e si sente di affermare che «oggi l’Ultraismo può a buon diritto considerarsi non solo un «momento futuristico» dell’avan-guardia storica castigliana ma un indigeno futurismo spagnolo» (p. 117). La prima sezione del volume si conclude con un excursus lorchiano che mette a confronto con esiti sorprendentemente interessanti El público con il dramma marinettiano Il suggeritore nudo.

La seconda sezione si presenta come uno studio linguistico sui manifesti e i proclami prodotti dai movimenti d’avanguardia in ambito castigliano e catalano, finalizzato a rintracciarvi gli echi e le influenze del Futurismo. Corsi analizza 65 testi che coprono l’arco temporale 1909-1928: 47 in lingua spagnola e 18 in catalano. Lo strumento di cui si avvale per la sua ricerca è la base di dati prodotta da Stefania Stefanelli nel 2007 (un CD-ROM allega-to al volume Avanguardie e lingue iberiche nel primo Novecenallega-to), anche se il corpus da lui utilizzato non coincide esattamente con quello di Stefanelli; naturalmente prende in considerazione anche altri studi precedenti sui manifesti dell’avanguardia spagnola, come, per l’ambito italiano, quelli di Ivana Rota e di Valentina Nider. Per l’autore «i manifesti futuristi non isti-tuirono solo un nuovo modello letterario, ma furono anche uno strumento di rinnovamento linguistico e diffusione lessicale» (p. 162) e sarà allora «in-teressante notare come specialmente la lingua spagnola abbia germinato, sulla base dell’humus rivoluzionario del linguaggio futurista, una propria costellazione semantica di termini d’avanguardia autoctoni» (p. 163). Tra i vocaboli e i tecnicismi fortemente connotati come futuristi si possono citare dinamismo e dinámico (dinamisme e dinámic, in catalano), le parole costituite con il prefissoide electro-, i termini sportivi, quelli legati all’auto-mobile e alle sue componenti e a altri mezzi di trasporto, tra cui soprattutto l’aereo, ma anche relativi alle comunicazioni rapide (telégrafos, teléfonos,

antenas radiotelegráficas) o al cinema; ancora vengono segnalati da Corsi i

termini relativi ai campi semantici della simultaneità e della sintesi (incluso il neologismo simultanear) o i sostantivi doppi tipici del Futurismo (esempi

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Monti rec. Corsi 139 Rassegna iberistica, 38, 103, 2015, pp. 137-140 ISSN 2037-6588 sono palabras-puentes, ojos-antorchas, cerebros-guías...); infine evidente-mente l’eccezionale proliferazione di termini costruiti con il suffisso -ismo (-isme). Questa seconda sezione è conclusa da una breve appendice che commenta i due manifesti più interessanti dal punto di vista grafico-visivo, definiti appunto «verbovisivi»: sono il Manifiesto Ultraísta Vertical (1920) di Guillermo de Torre e il celebre Manifest Antiartistic Catalá (1928) di Dalí, Montanyà e Gasch, conosciuto anche come Full groc.

Oggetto di studio della terza sezione del lavoro di Corsi non sono più le formulazioni teoriche, i proclami o le intenzioni programmatiche degli aderenti alle avanguardie ma le loro produzioni artistiche. Questa parte si compone infatti di sei saggi di estensione diversa che indagano alcuni momenti della scrittura dell’avanguardia ispanica, sempre allo scopo di mettere in rilievo i debiti o le affinità con il Futurismo italiano: nel pri-mo saggio, ad esempio, la celebre invenzione rapri-moniana della greguería viene accostata alle teorie marinettiane dell’«immaginazione senza fili». I capitoli centrali sono dedicati in gran parte alla poesia ultraista, in par-ticolare a Guillermo de Torre e alla sua raccolta poetica Hélices del 1923, ma anche a un meno noto volume di César M. Arconada, Urbe, stampato a Málaga dall’editrice Sur nel 1928 e che Corsi definisce «poema-soglia tra l’Ultraismo e a Generazione del ’27» (p. 309). L’indagine critica di Corsi si addentra tra i vari aspetti affascinanti di questa produzione artistica che aspira a liberare la scrittura da qualsiasi condizionamento, rilevando giustamente due snodi significativi nei suoi rapporti con il cinema da una parte e con la pittura dall’altra: non è un caso che grande spazio venga dato in quest’ultima sezione all’esegesi della poesia «verbovisiva», i cui testi possiamo ammirare in un inserto finale molto opportuno.

Il volume di Corsi, che sviluppa qui alcune ricerche già precedentemente pubblicate oltre a esplorare nuovi ambiti di studio, rappresenta dunque un percorso molto documentato (imponente la bibliografia citata) e il più delle volte originale e suggestivo, in una realtà magmatica e di difficile valutazione come quella dell’avanguardia ispanica. Il suo lavoro d’altra parte e per sua stessa natura risente di una certa frammentarietà e forse si sarebbe giovato della presenza di maggiori nessi connettivi tra un capitolo e l’altro al fine di rendere più armonico e fluido il discorso complessivo e di sistematizzare i risultati della sua indagine.

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