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‘Puzzle di suoni e di incanti.’ Gwyneth Lewis, L’albero dei passeri (Roma, Elliot)

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Academic year: 2021

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3/22/2018 Gwyneth Lewis - L'albero dei passeri | Recensione | Poesie https://www.lindiceonline.com/geografie/itinerari-di-parole/gwyneth-lewis-lalbero-dei-passeri/ 1/1

Puzzle di suoni e di incanti

  recensione di Irene De Angelis dal numero di settembre 2017 Gwyneth Lewis   L’ALBERO DEI PASSERI   ed. orig. 2011, a cura di Paola Del Zoppo   pp. 128, € 18,50   Elliot, Roma 2016 Vent’anni fa, nel 1997, usciva per i tipi di Seren Press Twentieth Century Anglo­Welsh Poetry, antologia magistralmente curata da Dannie Abse. La poetessa Gwyneth Lewis,

nata  nel  1959,  era  inclusa  tra  le  voci  più  giovani,  insieme  alla  collega  Deryn  Rees­ Jones, classe 1968. L’ampia selezione spaziava da W. H. Davis e Edward Thomas agli immaginifici  versi  di  Dylan  Thomas,  passando  per  il  poeta­minatore  Idris  Davies,  il poliedrico  Tony  Curtis  e  Duncan  Bush.  Brillante  promessa  di  questo  rinascimento poetico,  Gwyneth  Lewis,  all’epoca,  aveva  pubblicato  due  raccolte  in  gallese  e  una  in inglese. Diplomata in una scuola bilingue di Cardiff, ha compiuto gli studi a Cambridge, dove  si  è  immersa  nel  canone  inglese,  per  poi  trovare  ispirazione  e  libertà  creativa durante il periodo di formazione trascorso negli Stati Uniti. Dal 2005 al 2006 è stata il primo  poeta  nazionale  gallese.  L’albero  dei  passeri,  sua  ultima  raccolta  in  versi,  ha vinto  il  premio  per  il  libro  gallese  dell’anno  nel  2012.  L’attenta  e  appassionata traduzione di Paola Del Zoppo fa conoscere meglio in Italia questa autrice, finora quasi ignorata,  con  cui  la  studiosa  si  è  già  abilmente  confrontata  in  L’assassino  della

lingua (2003; Del Vecchio, 2007). Ricongiungere i nodi dell’esistenza

L’avifauna è un soggetto assai caro alla poesia: da sempre, osservando il cielo, l’uomo ha  sognato  di  poter  spiccare  il  volo,  al  pari  dei  suoi  compagni  alati.  Per  Gwyneth Lewis il canto degli uccelli è lirismo puro: l’ascoltatore attento non può che essere incantato dal suo ritmo, poiché anche le idee si esprimono attraverso la musica delle parole. La scrittura è vita, e la lingua della poesia, sia essa il nativo gallese o l’inglese “adottivo”,  offre  infinite  possibilità  di  espressione.  Le  quattro  sezioni  di  L’albero  dei

passeri hanno  ciascuna,  per  titolo,  un  frammento  del  verso  finale  di Che  dicono  gli  uccelli?.  Le  poesie  usano  metafore  e  tematiche

ornitologiche  per  creare  un  linguaggio  nuovo,  apparentemente  spontaneo  ma  in  realtà  controllato  e  misurato  dalla  voce  poetica.  Il canto/incanto poetico di Lewis lascia a tratti intravedere la possibilità del trascendente nell’immanente: “Che tu possa essere guidato ad ogni passeggiata / da un vago uccello che ti vola / davanti di un ramo (…). / Il tuo desiderio di un nome cresce. / Fringuello? Forapaglie? È l’oro / che volteggia tra le canne. / Sei in buone mani. Taci e seguilo” (Piccolo Giobbe bruno piumato).

Il componimento più riuscito della prima sezione è L’allevatrice di uccelli, scritto da Gwyneth Lewis in memoria di sua zia Megan. La terza strofa introduce nella lirica  il  tema  della  mortalità  e  delle  lacrimae  rerum,  o  dell’impermanenza: “Quando muoio / vorrei sentire uccelli che battono / alla mia finestra, sentire le luci  /  dei  piccoli  stormi  che  mangiano.  Vorrei  meritare  quella  litania:  /  picchio, passero,  fringuello”.  Tali  preoccupazioni  s’intrecciano,  nella  raccolta,  con  una meditazione  accorata  sulle  fragili  condizioni  della  cognata  della  scrittrice, malata  di  cancro.  La  vita,  sembra  suggerire  Lewis,  è  fugace  come  un  battito d’ali o il passaggio di una cometa: il tema delle transizioni si fonde con quello del linguaggio e dei luoghi dell’esistenza, entrambi centrali nella seconda sezione. Con le ventuno poesie che costituiscono, nel complesso, Piuma, Lewis passa dalla metafora ornitologica a quella del patchwork e del lavoro a maglia. In Trapunta folle, parte integrante di Trapunte per donne senza bambini, Lewis lega metaforicamente l’atto poetico al dono della vita: “Non avere bambini è non avere rime / declinazioni, restare più integra di quanto vorresti. / Quando finalmente avrai chiuso / con il corpo e dovrai restituirlo / consunto. Ma se siamo immortali, / anche chi è senza bambini vive per sempre. / Se le parole sono il pianto di un figlio per la madre assente, / perché non posso rispondere io che ho tanto latte da dare?”. In questi versi affiorano ansie, cadute e cicatrici antiche, che continuano a far soffrire nel presente. Tuttavia la poesia, oltre che incantare, ha il dono di ricongiungere i nodi dell’esistenza. Ecco, dunque, la centralità della metafora del lavoro a maglia in Come si lavora ai ferri una poesia, commissionata dalla BBC Radio 4: “Tutto ha inizio con un nodo singolo / ai ferri. Parola e penna. Stringi un giro / nel nulla. Guarda. Vai avanti, ripeti (…) / Abbi pazienza, lega i ritmi vuoti / crea un tessuto da indossare o persino / imparare, se hai fortuna. Non è mai troppo // tardi per riprendere maglie cadute, ogni buco / un’idea di qualcosa che ti preoccupa.” Parte manifesto programmatico, parte preghiera, il componimento apre la raccolta alla dimensione della speranza, nella fiducia che la poesia, nel suo “puzzle di suoni” e di (in)canti, offra sempre la possibilità di ricominciare. irene.deangelis@unito.it I De Angelis è ricercatrice di letteratura inglese all’Università di Torino

La  vita,  sembra  suggerire  Lewis,

è fugace come un battito d’ali o il

passaggio di una cometa.

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