Finito di stampare nel mese di giugno 2019 Presso Imoco Industrie Grafiche – Treviso - Italy
35° convegno internazionale Scienza e Beni Culturali
Collana Scienza e Beni Culturali
Volume.2019
ISSN 2039-9790ISBN 978-88-95409-23-8
IL PATRIMONIO CULTURALE IN MUTAMENTO.
LE SFIDE DELL’USO
Bressanone, 1 - 5 luglio 2019
In questo volume vengono pubblicati i contributi estesi che sono stati sottoposti a double blind peer review da parte di esperti dello stesso settore.
THE CULTURAL HERITAGE IN THE PROCESS OF
CHANGE. THE CHALLENGES OF USE.
Bressanone, 1 - 5 july 2019
This volume includes extensive contributions (Full-paper) that have been subject to double-blind peer review by qualified referees.
Tutti i diritti riservati,
EDIZIONE ARCADIA RICERCHE Srl Parco Scientifico Tecnologico di Venezia Via delle Industrie 25/11 – Marghera Venezia Tel.:041-5093048 E-mail: arcadia@vegapark.ve.it www.arcadiaricerche.eu
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IL TEMA DELL’USO NEL RESTAURO DELL’EDILIZIA
STORICA E MONUMENTALE ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE
DELLECARTEDELRESTAURO
S. Gizzi ... 1
IL PATRIMONIO CULTURALE IN MUTAMENTO TRA
RIGENERAZIONEURBANAETUTELADEICENTRISTORICI
C. Crova, M. Eichberg, F. Miraglia ... 13
ACOEVOLUTIONARYAPPROACHTOTHEREUSEOFBUILT
CULTURALHERITAGE
S. Della Torre ... 25
RI-USAREPERCONSERVAREEPERCONOSCERE.
S. Pesenti ... 35
CONSERVAZIONE NELL’USO E NEL RIUSO DELLE
COSTRUZIONISTORICHE
D. Pittaluga ... 45
BEYOND MUSEUM / NEW STRATEGIES OF PRESERVATION
APPLIEDTOOVERSIZEDARCHITECTURES
E. Vigliocco ... 59
QUANDO L’USO NON CAMBIA. QUESTIONI APERTE SUL
RESTAURODELLA NEUENATIONALGALERIE DI MIESVAN
DERROHE
G. Danesi, S. Di Resta ... 69
ANTICHE STRUTTURE PER NUOVI USI (CONDIVISI):
“RIEMPIRE SPAZI E TEMPI” PER UNA CONSERVAZIONE
INTEGRATA
F.Ottoni, S. Celli ... 81
ARCHITECTURAL HERITAGE AND RETROFIT MEASURES:
THE IMPROVEMENT OF BUILDINGS PERFORMANCE
THROUGHPASSIVECOMPATIBLESTRATEGIES
M. De Vita ... 91
“VA E RIUSA LA MIA CASA” CHI E COME: RUOLO E
COMPETENZE DEL GESTORE DEI BENI CULTURALI,
RIFLESSIONITRATEORIAEPRATICA
A. Pili ... 101
LE TRASFORMAZIONI DELL’ABITARE. IL CASO DEL
QUARTIERESTADERAAMILANO(1929-2018).
THE COMPLEXITY OF CONSERVATION OF OUTFITTING,
HISTORICSITESANDBUILDINGSUNDEREVERYDAYUSES.
E. Rosina, M. Suma ... 123
VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO STORICO:
ESPERIENZE DI COLLABORAZIONE PUBBLICO-PRIVATA
NELLA GESTIONE DEL CASTELLO DI BRIVIO COME POLO
ATTRATTIVODELSISTEMACULTURALEDELTERRITORIO
LECCHESE.
L.Cantini ... 133
“NUOVA VITA DELLE AREE INTERNE”. UN ESEMPIO DI
VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IDENTITARIO DEL
TERRITORIO, PROMUOVENDO MODELLI DI RECUPERO
MULTIFUNZIONALEEPARTECIPATO
B. Scala ... 145
IDENTITÀ, COMPATIBILITÀ, CONSERVAZIONE.
RIFLESSIONI SUL RAPPORTO TRA RIUSO E TUTELA NEL
PORTOVECCHIODITRIESTE.
V. Peron ... 157
ESQUILINO CHIAMA ROMA! STRATEGIE PER UNA
CONOSCENZA CONDIVISA E APPLICATA VOLTA ALLA
RIGENERAZIONE URBANAATTRAVERSO LA FORMAZIONE
DIUNAHERITAGECOMMUNITY
M. Magnani Cianetti, P. Petraroia, S. M.C. Salvo ... 169
SANTA MARTA AL COLLEGIO ROMANO. RESTAURO
APERTO. UN PROGETTO DI RECUPERO E RIUSO PER LA
PUBBLICAFRUIZIONE.
A. Rorro, C.Udina ... 181
THE CREATION OF A PUBLIC SPACE WITHIN A PRIVATE
COMMISSION: THECASEOFTHE FONDACODEI TEDESCHI
INVENICEANDITSCHANGEOFUSE.
C. Boniotti, R. Codello, S. Della Torre ... 191
PAESAGGIO COSTIERO: PRESSIONE ANTROPICA E
TURISMO
G Cacudi, M Catalano ... 201
RIGENERAZIONE URBANA E CONSERVAZIONE DELLE
SUPERFICIARCHITETTONICHE:ILCASODELLAGALLERIA
PRINCIPEANAPOLI
IL MOORISH KIOSK NEI GIARDINI BOTANICI HANBURY:
L’ANIMACELATA
F. L. Buccafurri, M. Abbo, C. Pilati ... 223
GIARDINI STORICI: DA LUOGHI DI LOISIR A MUSEI EN
PLEIN AIR PER IL GRANDE PUBBLICO. QUALI INDIRIZZI
PERUNASOSTENIBILEFRUIZIONEEVALORIZZAZIONE?
M. Ferrari ... 233
ROMAELAREALTÀDELTURISMO
C. Bellanca, C. Frigieri ... 245
ALTA VAL BREMBANA BETWEEN PAST AND FUTURE.
UNDERUSED HOLIDAY HOUSES AND SLOW TOURISM AS A
POSSIBLESTRATEGYFORREPOPULATION
B. Silva ... 255
RIUSO COMPATIBILE ED OSPITALITÀ SANITARIA: UNA
PROPOSTAPERVILLALAUDANI(CT)
A. Lo Faro, A. Salemi, G. Laudani ... 265
TERRITORI FRAGILI TRA SPOPOLAMENTO E
SOVRAFFOLLAMENTO TURISTICO. IL CASO DI PYRGOS A
SANTORINI(GRECIA).
C. Circo ... 275
RECUPERARE IL SENSO DEL LIMITE? BUONE PRASSI E
QUESITIAPERTI
G.Battista, G. Campanini ... 285
UN APPROCCIO METODOLOGICO AL TEMA
DELL’INTEGRAZIONE DEGLI IMPIANTI NELLE
ARCHITETTURE STORICHE: DALL’ANALISI
DELL’ESISTENTE ALLE PROPOSTE DI SOLUZIONI
COMPATIBILIPERL’ADEGUAMENTOEILRIUSO
C.Aghemo, M. Naretto, R. Taraglio, L.Valetti ... 295
ENVIRONMENTAL IMPACTS OF ENERGY EFFICIENCY
IMPROVEMENT OF LISTED HISTORICAL BUILDINGS
THROUGHSHALLOWGEOTHERMALSYSTEMS
G. Cadelano, R. Pasquali, N. O’Neill, F. Becherini, F. Cicolin,
G. Mezzasalma, G. Dalla Santa, G. Emmi, A. Bernardi ... 307
THE CIRCULAR ECONOMY IN ADAPTIVE REUSE:
RESPECTINGAUTHENTICITYANDINTEGRITY
CHALLENGES OF SUSTAINABLE REUSE. A
RESILIENCE-BASEDAPPROACH.
M. Morandotti, D.Besana, C. Cecchini, A. Chiesa ... 331
RILEVARE UN’OPERA CINETICO-PROGRAMMATA PER
GESTIRELESUETRASFORMAZIONI
A. Devecchi, F. Gasparetto, L. Baratin ... 343
TRA CONSERVAZIONE E RIUSO, LE SFIDE DEL
MUTAMENTO: IL RESTAURO DI ARCHITETTURE
RAZIONALISTEINROMAGNA
G. Favaretto, M. Pretelli, A. Zampini ... 355
FERRARA.CASTELLOESTENSE–LETTURADELTEMPO
CONSERVAZIONEEDIVULGAZIONENELLA
CONTEMPORANEITÀ
A. Ugatti, E. Goberti, B. Pazi, M. Beltrami ... 367
RIFLESSIONI SU POSSIBILI MODALITÀ DI SALVAGUARDIA
DEGLIALLESTIMENTISTORICI.LAPINACOTECADIBRERAE
ILRECENTEINTERVENTODIRIALLESTIMENTO(2015-2018)
G. Di Gangi ... 377
IL MOLINO SCOPPETTA DI PULSANO (TA), DALL’ARTE
MOLITORIA ALLA GASTROSOFIA, PER UN PROCESSO DI
RIAPPROPRIAZIONEDELBENEDALLACOMUNITÀ.
F. Lupoli, A. Monte, C. Sasso ... 387
RE-USETHEELECTRICITYHERITAGE
M. Mattone ... 399
RE-USEOFAMEDIEVALTOWERBETWEENCONSERVATION
ANDTRANSFORMATION
F. Fratini, M. Mattone, S. Rescic ... 411
THE FRIGORIFERO OF FRIULI: CHARACTERISTICS AND
REUSEPOSSIBILITIES
V. Foramitti ... 421
IL RIUSO DEI MERCATI COPERTI DEL NOVECENTO A
GENOVA:TEMIEPROBLEMI
L. Napoleone, R. Vecchiattini ... 431
THE VALORIZATION PROCESS OF THE BASILICA DI SAN
LORENZO IN CREMONA: FROM STATIC DYSFUNCTION TO
NEWREUSE
STRATEGIE DI VALORIZZAZIONE CULTURALE E
PAESAGGISTICA DELLA CAVA PONTRELLI ANCHE DETTA
“DEIDINOSAURI”ADALTAMURA(BA)
A. Disabato ... 453
FIRENZUOLAELAVALLEDELSANTERNO.TRACCEPERUN
VIDEODIPAESAGGIO.
P. Ricco ... 463
LA STORICITÀ DELLE MUTAZIONI DEL PATRIMONIO:
STUDI PER UN PROGETTO DI VALORIZZAZIONE DI
PALAZZOBORGHITROTTISEDEDELL’ARCHIVIODISTATO
DIFERRARA.
F. Mainardi, F. Babbi ... 473
BOLOGNA IL RIUSO DELL’EX-CONVENTO DELLA SS.
ANNUNZIATA COME POLO PER I BENI CULTURALI. LA
SFIDA, LE RAGIONI E I CARATTERI DEL PROGETTO DI UN
NUOVOUSO
F.Tomba, E.Pozzi ... 485
MEMORY AS TOOL FOR TRANSFORMATION: THE
REGENERATIONOFURBANSPACESINTHECASESTUDYOF
PASTUROINVALSASSINA–LECCO,ITALY
L. De Stefani, A. Tognon ... 495
MILANO: LE DUE “MANICHE” DI SMISTAMENTO DELLO
SCALOFARINIEILLORORIUSOASEDEDELL’ACCADEMIA
DIBRERA
G. Guarisco, L. Monica ... 507
LE CAVALLERIZZE DEL MUSEO NAZIONALE DELLA
SCIENZAEDELLATECNOLOGIADIMILANO:UNPOSSIBILE
DIALOGOTRANUOVOEARCHITETTURASTORICA
D. Lattanzi, F. Conte, P. Savio ... 519
ASYSTEMICREUSEFORITALIANANASHOUSES
C. Bonaiti, A. Silvetti ... 531
DALL’ABBANDONO AL RIUSO SOSTENIBILE: IL CASO DEL
KURSAALDIBARI
VALORI E VALORIZZAZIONE: UNA PROPOSTA METODOLOGICA PER LA CONSERVAZIONE DEGLI EDIFICI STORICI ABBANDONATI
R. Moioli, S. Capolongo, S. Della Torre, M. Dell’Ovo, M. Morandotti, L. Sdino ... 551
RIUSO DELLA PERSISTENZA A RUDERE DEL FORTE DI
VALLEDRANEATREVISOBRESCIANO
O. Longo, D. Sigurtà ... 561
MORANO CALABRO: IL SILENZIO DI UN BORGO.
UN’ESPERIENZADIRICERCAPERLACONSERVAZIONEEIL
RIUSODIUNPATRIMONIOINDISUSO
B. Canonaco ... 571
IL CINEMA IMPERO A ROMA: ESISTE UN FUTURO PER I
CINEMATOGRAFI?
M.G. Ercolino ... 581
LA SOLITUDINE DELLE ARCHITETTURE DISMESSE.
PROIEZIONI IMMAGINATIVE PER IL PATRIMONIO
CARCERARIOSTORICOINSARDEGNA
G.B. Cocco, C. Giannattasio, F. Musanti, V. Pintus ... 591
APASSOD’UOMO.USOEVALORIZZAZIONI DIMANUFATTI
ALLOSTATODIRUDERELUNGOILTRATTOAPPENNINICO
DELLAVIAROMEADISTADE:ILCASTRUMPLANETTI
E Ceccaroni, L Salina, A Ugolini ... 605
STRATEGIE DI VALORIZZAZIONE E RIUSO DEL
PATRIMONIO RURALE: ESPERIENZE DELL’AREA
METROPOLITANAMILANESE
R. Laviscio ... 615
CONTRO L'OBLIO. PER IL RIUSO DEL PATRIMONIO
DELL'ARCHITETTURARURALEDELLELEOPOLDINE.
B.G. Marino, I. Nocerino ... 627
RI-USARE PER RI-VIVERE. PARADIGMI PER IL RIUSO DI
ARCHITETTUREMINORIINABBANDONO
M. Bellomo, A. Falotico ... 637
IL RIUSO DEI COMPLESSI ABBANDONATI NEI PROCESSI
BOTTOM-UP:PROBLEMATICHEERICADUTEINTERMINIDI
CONSERVAZIONE
MANAGEMENT OF INDUSTRIAL ARCHEOLOGY, THE CASE
STUDYOFLECCO
A. Silvetti, M. Alberganti ... 659
RESTAURO E NUOVE OPPORTUNITÀ URBANE DEL
PATRIMONIO INDUSTRIALE: IL CASO DELL’EX FORNACE
SIECIASCAURI(LT)
L. Cappelli, E. Fiore ... 673
LA DISTILLERIA NICOLA DE GIORGI A SAN CESARIO DI
LECCE. DA "FABBRICA DI SPIRITO" A "FABBRICA PER LA
CULTURA"
A. Monte ... 685
LACARTIERA DUCALEDI FERMIGNANO NELTERRITORIO
MARCHIGIANO: UN ESEMPIO DI PATRIMONIO
INDUSTRIALE TRA RESTAURO, RECUPERO, RIUSO E
VALORIZZAZIONE
L. Baratin, A. Cattaneo ... 695
DALMINE: IL RIUSO CONTEMPORANEO DELLA COMPANY
TOWNDIGIOVANNIGREPPI
A. Cardaci, G. Mirabella Roberti, A. Versaci ... 707
LA “CITTÀ SOCIALE” E L’AREA DELL’EX LANIFICIO
MARZOTTO DI MANERBIO: UN PATRIMONIO
ARCHITETTONICOEURBANOARISCHIODIDISSIPAZIONE
C. Coccoli, G. Cavagnini, S. Mondolo ... 717
USE AND ABUSE OF THE INDUSTRIAL HERITAGE
ARCHEOLOGY.COMPARINGEXPERIENCES
L. Serafini, S. Cacamore ... 729
ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE: IL RIUSO DI EDIFICI
DISMESSI A FUNZIONE “CRUDA” TRA MEMORIA E
INNOVAZIONE
C. Campanella, M. Suma, C. Dell’Orto, L.M. Sanchez Jimenez ... 739
ILRIUSODELLEAREEMILITARIINITALIA:ESPERIENZEDI
RICERCA E DIDATTICA PER LE CASERME DI BOLZANO E
CAGLIARI
D.R. Fiorino, P.Iannotti, P.Mellano ... 749
STRATEGIES FOR DISMANTLED MILITARY SITES AND
BUILDINGS OF THE COLD WAR: EXPERIENCES FROM
EUROPE
RE-USESTRATEGIESANDCONSERVATIONPRACTICESFOR
THE FORTIFIED ARCHITECTURE. AN EXAMPLE FROM
LIGURIAREGION:FINALEANDITSFORTRESSES
E. Brusa, C. Stanga ... 773
BUONE PRATICHE DI RICONVERSIONE E RIUSO DEGLI
AEREOPORTI MILITARI STORICI: UN CONFRONTO
INTERNAZIONALE
D. R. Fiorino, M. Vargiu ... 785
PAESAGGI FORTIFICATI IN TRANSIZIONE. IL CASO DEI
CASTELLIMEDIEVALIINSARDEGNA
V. Pintus, M. S. Pirisino ... 799
CONTINUITÀ D’USO E RESILIENZA DEL PATRIMONIO
MODERNO. L’"UNIVERSIDADE DE BRASÌLIA" DI OSCAR
NIEMEYER
R. Maspoli ... 811
RIABILITAZIONE E CAMBIO D’USO DEL PATRIMONIO
COSTRUITO. RIFLESSIONI SULL’ESPERIENZA DELLE
POUSADASINPORTOGALLO.
E. Fantini, T. Cunha Ferreira, A. Ugolini ... 821
SPAZI MUSEALI E PREESISTENZA IN OLANDA
SPERIMENTAZIONIECASISTUDIO.
G. Proto ... 831
OPEN-AIR ARCHITECTURAL MUSEUMS: CULTURAL
FRUITION,USEANDREUSEOFBUILDINGTYPESINJAPAN
F. Gotta ... 843
ABBANDONO E RIUSO IN ARCHITETTURA. L'USO
TRANSITORIO COME PRATICA DI CONSERVAZIONE IN
ULSTER.
G. De Martino, R. Scognamiglio ... 855
NON-FINITO ED ESERCIZI NOSTALGICI TRA REMAKE
RESTAUROENUOVIUSIPERLEARCHITETTUREEFFIMERE
S. Caccia Gherardini ... 865
IL MONITORAGGIO MICROCLIMATICO NELLE AREE
ARCHEOLOGICHE: DALLA PROGETTAZIONE ALLA
FRUIZIONE. PER UN SISTEMA CULTURALE NELLA
NECROPOLIDITUVIXEDDUACAGLIARI
INDOOR MICROCLIMATE MONITORING: USE AND ISSUES.
THECASEOFTHEREALMOFVENARIAREALE.
A. Bonora, K. Fabbri, M. Pretelli ... 885
L’INTERFACCIA-SUPERFICIE COME FATTORE DI
VALUTAZIONE DELLA COMPATIBILITÀ DI UN
INTERVENTO. PROBLEMATICHE SPECIALISTICHE
RIFERITEALL’USO.
S. Massari, M. Pretelli ... 895
ADAPTIVE CLOISTERS BETWEEN NEW FUNCTIONS AND
EFFICIENCYSTRATEGIES
E.Petrucci, R. Cocci Grifoni ... 907
T'ERA PARK:UNCATALOGODI STRATEGIEPOSSIBILIPER
LEMEMORIEDELLEETEROTOPIEDINAPOLIEST
G. Vannelli ... 917
PROPOSAL OF AN EXPERIMENTAL APPROACH FOR FIRE
SAFETYCOMPLIANCEINPALAZZOVECCHIO
T. Giusti, P. Capone ... 927
ECONOMIA CREATIVA PER IL RIUSO E LA
VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE IN
MUTAMENTO. 10 LABORATORI APERTI PER 10 CITTÀ
STORICHEDELL’EMILIA-ROMAGNA.
C.Mariotti, L. Signorelli ... 937
USO E STRUTTURA NEI CENTRI MINORI ABBANDONATI:
SICUREZZAVSCONSERVAZIONE?
A. Donatelli ... 951
IL MARE NON BASTA PIU’. LA TUTELA DEGLI
STABILIMENTIBALNEARI:INDAGINIECASOSTUDIO
S. G. Florea ... 965
LA FERROVIA ROMA FIUGGI: L’ARCHITETTURA
DELL’UTILE
V. D’Ettore, M. Floridi ... 977
DEVELOPMENT STRATEGIES FOR SMALL HISTORIC
CENTERS. USE OF CLARENTANO PALACE IN RANDAZZO
(CT)ASAHALTINANURBANMUSEUMNETWORK
LE COSTRUZIONI STORICHE DI LEGNO STRUTTURALE
PORTANTE. UN CONTRIBUTO AL RIUSO. LA SCHEDA DI
CONOSCENZAEVALORIZZAZIONE
D. Pittaluga, G. Stagno, L.Secondini, C. Marvaldi ... 997
ARCHITECTURE AND CINEMA: NARRATIVE AND
ECONOMICTOOLSFORURBANREGENERATION
A. Lancellotti ... 1007
USO, DISUSO, ABUSO: LA TUTELA DEL PAESAGGIO
MONTANOEL’ADEGUAMENTODEIRIFUGIALPINI
C. Bartolomucci... 1017
HYDROELECTRIC POWER PLANTS AS A SUBJECT IN THE
RE-USEOFINDUSTRIALHERITAGE
N. Kuban ... 1027
ATTUALITÀ DEL PATRIMONIO CULTURALE COSTRUITO E
STRATEGIE PER UN RIUSO COMPATIBILE: RECENTI
INTERVENTIINITALIA
V. Bernardini ... 1037
DELL'UTILITÀEDELLAROVINADELMODERNO
A. Canziani ... 1047
LA “SPETTACOLARIZZAZIONE” DEI BENI CULTURALI: IL
RESTAURODELLAFIUMARAD’ARTE
C. Accetta ... 1057
DIGITALANASTYLOSISOFFRESCOESCHALLENGE(DAFNE)
V Cantoni, L Lombardi, G. Mastrotisi, A. Segimiro, A. Setti ... 1067
STUDIPERILRIUSODELLAFORESTERIADELL’ABBAZIADI
CHIARAVALLEMILANESE
G. Guarisco, N. Lombardini, D. Oreni ... 1077
ILPATRIMONIOARCHITETTONICODELLACITTÀSTORICA
DICORALGABLES,FL:CONSERVAZIONE,USOERIUSO
S. Aimar ... 1089
L'EX NOVIZIATO DEL SAN NICCOLÒ DI PRATO:
CONOSCENZA,CONSERVAZIONEERIUSO
M. Lazzari ... 1099
ISTANZE STRUTTURALI NELLA DEFINIZIONE DI USI
COMPATIBILI: UN CASO STUDIO NEL COMPLESSO
MONUMENTALEDELLAPILOTTA
LA TRASFORMAZIONE DEI BENI PAESAGGISTICI
INTERPRETATA COME GRAVE COMPROMISSIONE O
DEGRADO: UN MODELLO DI LETTURA CONDIVISO TRA
MI.B.A.C. E REGIONE TOSCANA PER IL RECUPERO E LA
RIQUALIFICAZIONE DEI VALORI IDENTITARI NELL’AREA
METROPOLITANAFIORENTINA
G. Nannetti ... 1121
THESYSTEMICAPPROACHFORNEWUSESOFIHATURBAN
SCALE,THESTUDYCASEOFLECCO.
R. Pivetta, M. Alberganti, E. Rosina ... 1133
PERMANENZE NEL PATRIMONIO DI ARCHEOLOGIA
INDUSTRIALE DELLE MARCHE: IL RICONOSCIMENTO
DELLADUPLICEVALENZAESTETICAEPAESAGGISTICAAI
FINIDIUNACORRETTASTRATEGIADIVALORIZZAZIONEE
RIUSO.
D. Bravi, D. Licastro ... 1143
ARCHITECTURES FROM ARCHITECTURES. THE REUSE OF
HERITAGEINABANDONMENT
C. Verazzo ... 1155
PROPOSTEPERLARIGENERAZIONEDELL’ANTICO BORGO
DIQUERONELLAPROVINCIADIBELLUNO.
E. Pietrogrande, A. Dalla Caneva ... 1165
RE-USE AND ENHANCING PLANNING OF THE “MADNESS
SPACES”.MEMORYANDFUTUREOFTHEROYALHOUSEOF
LUNATICSINAVERSA.
M. D’aprile, L. Lanza ... 1175
RESTAURO E PROBLEMI DI CONSERVAZIONE: LA VALLE
DELBELICEINSICILIA.
A. Versaci, A. Cardaci ... 1185
CONTINUITÀ D’USO E TRASFORMAZIONI NEGLI EDIFICI
RESIDENZIALI PROGETTATI DA GIUSEPPE TERRAGNI A
COMO
M. Casanova ... 1195
LA STREET ART COME STRUMENTO DI RIGENERAZIONE
URBANA?
MODALITÀ DI INTERVENTO PER IL RIUSO DI AMBIENTI
STORICIINSTATODINONUTILIZZO:PALAZZOBELLISOMI
VISTARINOAPAVIA
E. Doria, M. Morandotti ... 1215
PALAZZO DUCALE DI SASSUOLO: VICENDE DI
TRASFORMAZIONI DA DELIZIA ESTENSE A SALUMIFICIO.
RIFLESSIONIPERILPROGETTODIRESTAURODELFRONTE
MERIDIONALE.
E. Fain ... 1225
IL SITO DISIDI HARZEMDI JEANFRANÇOIS ZEVACO ELA
DIMENSIONEDELCONSUMOTURISTICO
F. Pisani ... 1235
PMM: DALLA SPOLVERATURA ALLA GESTIONE DELLA
COLLEZIONEMUSEALE.
E. Antonelli, E. De Marsico ... 1245
RESTORATIONOFNAVIGATINGBOATS. ACHALLENGETO
MAINTAINUSABILITYOFOURNAUTICALHERITAGE
G. Zappia, M. C. Morozzo Della Rocca ... 1257
USO ED ACCESSIBILITÀ: COLLEGAMENTI VERTICALITRA
NORMAEARCHITETTURA.
C. Campanella ... 1267
INDIVIDUAZIONE,CONSERVAZIONEEVALORIZZAZIONE
DELLEBOTTEGHESTORICHE,DEILOCALIDITRADIZIONE
ERIFLESSIONIPERUNUSOCOMPATIBILENELTEMPO.
SPERIMENTAZIONEECASISTUDIOAGENOVAESESTRI
LEVANTE.
C. Pastor ... 1279 “UNNATURAL” MATERIALS FOR COATINGS IN THE
RESTAURATION PROJECTS.
G. Marsili, A. Gutierrez, U. Dainese ... 1291
FIRENZE,VIADELLACOLONNA.DAICAVALLIALTROTTOAI
CAVALLIAMOTOREDEGLIAUTOBUS:LESTESSEPIETREPER
UNASTRADATUTTANUOVA
G. Signori, M.Deganutti ... 1305
DAREUNFUTUROALLAMEMORIA-RESTAURO
CONSERVATIVODELSACRARIOMILITAREDIREDIPUGLIA
80ANNIDOPOLASUAINAUGURAZIONE
SCIENZA E BENI CULTURALI.2019
DELL’UTILITÀ E DELLA ROVINA DEL MODERNO
A
NDREAC
ANZIANISoprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, via Balbi 10, Genova andrea.canziani@beniculturali.it
Abstract.
Architecture can be considered for its use value because of the performance that is able to provide. Such a performance is not absolute or unchangeable, but is usually linked to a specific time frame, which is defined by mutation cycles of housing needs.
Obsolescence in our realm can be real or induced, temporary or irreversible, cyclical or incremental, leading to significant differences. But is obsolescence real? Or does it belong only to the perception of the user subject?
In the field of the protection of modern architecture is by no means new the paradox, according to which, buildings of strict functionalist derivation cannot accept a change of function, without a betrayal and a substantial loss of their very raison d'être. But anyway what is obsolescent goes with the option of upgrading or abandoning. Where this feeling affects the perception of the users, the option of their update goes through education, communication. Where it affects the building, abandonment takes the form of an intermediate step towards the incipient creation of a ruin, but modern time has no time for ruins: in our hypermodernity what is obsolete is destined for substitution well before becoming ruin. The concept is different from that of debris and that of unfinished.
Ruins can be a product or a process. As a process is the dynamic outcome of changes, stratifications and transformations that architecture registers, like a palimpsest that belongs to two times, past and present.
The ruins are both the defeat of the Modern and the very necessary transition for its entry into history. The ruin of the modern has no possibility of existing except temporarily, but at that time it can have a function and a use of its own, as an expression of a pure time that helps us to detach ourselves from the idea of a continuity with the legacy of the Modern, admitting that it can age and therefore can be appreciated through its ruins.
Keywords: ruins, modernity, modern heritage, conservation, use value, unfinished
È consapevolezza comune che un’architettura possa essere considerata come un bene d’uso in ragione dell’offerta prestazionale che è in grado di erogare. Questa prestazione non è assoluta né immodificabile, bensì è legata solitamente a un determinato ambito temporale, che è definito da cicli di mutazione delle esigenze abitative. Detto in altri termini: dalle aspettative degli abitanti o dai modi di abitare di una società. Nell’arco temporale in cui questi restano stabili il valore d’uso può comunque diminuire a causa del degrado o del logorio dei materiali che provoca una diminuzione graduale dell’efficienza, che può arrivare alla graduale distruzione quando intacchi i componenti strutturali di una architettura.
Lasciando per il momento da parte le considerazioni sul ruolo del degrado, consideriamo l’altro termine del problema: l’uso.
Il valore d’uso di una architettura cresce con il crescere del grado di soddisfazione legato all’utilizzo. Il mutare delle esigenze che determini una risposta funzionale insufficiente è alla base del concetto di obsolescenza, che, più che un rischio, appare essere una caratteristica inevitabile nel ciclo di vita di un edificio. Tutto il patrimonio storico, non solo quello in disuso, ma anche quello che un uso lo conserva, è esposto all’obsolescenza.
L’obsolescenza percepita.
L’obsolescenza nel campo di nostro interesse può essere reale o indotta, temporanea o irreversibile, ciclica o incrementale, determinando significative differenze. Il suo carattere di ciclicità o temporaneità è particolarmente ricco di conseguenze perché ne determina la potenziale reversibilità, per ragioni che sono totalmente estranee al corpo dell’edificato.
Obsoleto è ciò che è antiquato, passato di moda, ciò che pur essendo ancora in perfetta efficienza, risulti non più competitivo rispetto ad altro basato su idee o tecnologie più avanzate, oppure rispetto a nuove forme o perfezionamenti che inducano ad abbandonare il vecchio modello. In genere si associa all’invecchiamento e alla perdita di efficienza e di valore economico subiti da un oggetto -tangibile- o una tecnologia -intangibile- a causa del progresso tecnologico. Tutto ciò non si applica all’architettura in sè, qualunque definizione se ne voglia prendere a prestito che sia Vitruvio o Le Corbusier, ma solo ad alcune sue prestazioni. Potremmo definire obsoleto il Pantheon o l’Unité d’Habitation? Obsoleti rispetto a cosa?
Può esistere una obsolescenza causata dal progresso tecnologico che permette di avere una prestazione prima impossibile: l’edificio funziona ma secondo una modalità che non mi soddisfa più. Una tale situazione non ha in realtà a che vedere con l’architettura, ma è centrata sul suo abitante. Il punto di vista cambia. Un edificio nato per rispondere a certi standard abitativi che prevedevano la soglia del comfort a 18 gradi di temperatura interna e che continua a fornirli non presenta un
SCIENZA E BENI CULTURALI.2019 1049
degrado o una perdita di efficienza, ma appare obsoleto a un abitante che sente di stare bene solo a temperature superiori a 20 gradi. La sua obsolescenza svanisce nel momento in cui possa fornire più riscaldamento, o possa convincere l’abitante a ritenere normale indossare abiti più pesanti, o possa semplicemente istruirlo su come utilizzare correttamente l’architettura in cui abita, o infine possa invertire tra loro i luoghi destinati a certe funzioni, come nell’esempio degli interventi legati al miglioramento dell’efficienza energetica realizzati tra il 2010 e il 2016 nell’edificio del Bauhaus (2019).
Ciò con cui ci confrontiamo oggi deriva dalle aspettative di funzionalità che il Movimento Moderno ha fatto nascere rispetto alla soddisfazione delle necessità e al controllo esercitabile sull’ambiente.
L’architettura della prima età della macchina aveva dimostrato di esserne capace e non se ne vedevano limiti, ha determinato le nostre aspettative di utenti e le ha nutrite di un’illimitata fiducia nelle possibilità del progresso e nella velocità delle sue risposte. Inoltre ha fatto sbrigativamente liquidare le aspettative delle modalità di vita pre-moderne come qualcosa di appartenente a un passato che poteva, quando non doveva, essere dimenticato. Tutto ciò insieme con l’idea che quando la capacità di rispondere a una funzione si fosse esaurita, allora anche la necessità di esistere di un edificio si sarebbe esaurita e sarebbe stato sostituito da un altro. Ma l’obsolescenza è reale? oppure appartiene solo alla percezione del soggetto utente? potremmo dire che incide solo esclusivamente sull’utilitas e non ha nessun legame con firmitas e venustas? e più il valore simbolico, celebrativo, rappresentativo di una architettura è alto - più essa è sentita come parte del patrimonio culturale- più appare inadeguato decretarne uno stato di obsolescenza?
Obsolescenza e funzione
Non è un caso che l’obsolescenza colpisca in modo particolare l’architettura intesa come espressione del funzionalismo fin dalla sua matrice sullivaniana: “form ever follow function” (Sullivan 1896) e dalla sistematizzazione di Taut (1929) secondo cui la prima esigenza in ogni edificio è il raggiungimento della migliore utilità possibile e la bellezza consiste nel rapporto diretto tra edificio e scopo. Ma si dovrebbe altresì considerare sia la derivazione wrightiana: “form and function are one” (Wright 1953), sia i dubbi che l’architettura successiva esprime sulla applicabilità e sui risultati di quell’approccio: si ricordino le parole di Venturi (1977): “We no longer argue over the primacy of form or function (which follows which?)” e l’idea darwiniana secondo cui la forma (variazione) precede la funzione (ed è determinata dalla selezione).
Nel campo della tutela dell’architettura moderna non è affatto nuovo il paradosso secondo cui, edifici di stretta derivazione funzionalista, non possano accettare un cambio della funzione se non a scapito di un tradimento e una perdita sostanziale della loro ragion d’essere. L’introduzione di una nuova funzione, che garantisca
l’uso e quindi la cura, invece non solo si è dimostrata inevitabile ma anche possibile con risultati eccellenti, come ha dimostrato ad esempio il cambio di funzione di un edificio come la fabbrica Van Nelle a Rotterdam (2005). Può essere utile, proprio a partire da questo caso, considerare una differenza tra i caratteri dell’architettura razionale e della architettura funzionale, pur sapendo che non è sempre possibile distinguere queste categorie e che spesso una confluisce nell’altra. La prima, flessibile e ricca di una ridondanza interna frutto della sua razionalità, permette rimodulazioni e una molteplice possibilità di uso dei propri spazi senza perdere identità e senso. La seconda, derivata dalla diretta applicazione degli standard del momento, poco pre-disposta al cambiamento se non con modifiche sostanziali.
In entrambi i casi, anche quando appaia sostenibile la continuità dell’uso, il raggiungimento degli obiettivi funzionali e prestazionali odierni richiede una serie di adattamenti che finiscono spesso per far perdere il senso della conservazione di queste architetture che si trasformano in altre. La presenza di una prestazione culturale forte e riconosciuta non è si ancora affermata nel moderno, lasciando spazio solo alla aspettativa di macchina perfettamente funzionale, moderna per forme e per definizione, ergo inscindibile dal primato del suo valore d’uso e del suo valore di novità che tuttora rappresenta una parte sostanziale nei meccanismi di apprezzamento di queste architetture.
La recente introduzione dell‘idea di “adaptive-reuse”, visto come una trasformazione sensibile a fronte di un ri-uso inevitabile di un patrimonio sempre più ampio e differenziato in qualità, sembra aver aperto una possibilità alternativa al ripristino, senza la sensazione del tradimento dell’idea modernista. Ma con un'ambiguità di fondo: non è mai dato sapere se adattativo sia il progetto all'edificio o l’edificio al progetto.
In ogni caso ciò che è obsolescente va incontro all’opzione dell’aggiornamento o dell’abbandono. Dove questa sensazione colpisca la percezione dei fruitori l’opzione del loro aggiornamento passa attraverso educazione, comunicazione, disapprendimento, invece il loro abbandono passa attraverso l'introduzione di una nuova categoria di fruitori per i quali quell’architettura funzioni rispetto alle loro esigenze.
Per gli edifici nel caso dell’aggiornamento, anche con l’introduzione di una nuova funzione, l’intervento punta a innalzare le prestazioni verso standard odierni, gli unici ritenuti accettabili per garantire la funzionalità e dove il valore patrimoniale non sia abbastanza forte di solito ciò porta a pesanti modifiche di forme e materiali. Il patrimonio moderno, superficialmente e tendenziosamente confinato nel campo della disaffezione e dell’inefficienza, è particolarmente esposto a sbrigative valutazioni sul suo valore culturale, ove non si stia parlando dei soliti noti capolavori, creando una pressione fortissima che si sperimenta quotidianamente nel
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lavoro di tutela di qualunque patrimonio costruito, ma che qui ha una incidenza drammatica per via della essenzialità di spazi, strutture e dettagli.
Incompiuto, macerie e rovine
Se a fronte di una situazione di obsolescenza l’aggiornamento non si può fare, non si vuole fare o non conviene farlo, l’esito inevitabile è l’abbandono, la demolizione e la sostituzione dell’oggetto. La rovina, come risultato di una assenza di interesse nel continuare un uso, è consequenziale all’idea moderna di architettura come espressione di un puro valore d’uso. L’abbandono si configura come passaggio intermedio verso la creazione incipiente di una rovina, ma il tempo moderno non ha tempo per le rovine (Augè 2003): nella nostra ipermodernità ciò che è obsoleto è destinato alla sostituzione ben prima di diventare rovina e così al massimo possiamo conservare un frammento o pre-occuparci della copia. Ed ecco che il Victoria & Albert Museum presenta alla Biennale del 2018 “A Ruin in Reverse”, una sezione recuperata della facciata dei Robin Hood Gardens, il complesso residenziale brutalista londinese di Alison e Peter Smithson destinato alla demolizione –ben prima di diventare rovina?- e in questo facendo seguito a “A World of Fragile Parts” proposta della Biennale di due anni prima sulla copia come risposta al deperimento e alla rovina.
Impossibile non rimandare alle "ruins in reverse" di Robert Smithson nel suo “A Tour of the Monuments of Passaic” del 1967, dove i monumenti sono ponti, pompe per liquami e impianti di perforazione, molti dei quali ancora in costruzione, perchè questi oggetti infrastrutturali rendono storicamente significativo il luogo. Inoltre, questa monumentalità beneficia di un valore di rovina, anche se "al contrario". Per Smithson, questi monumenti sono "rovine al rovescio" perché complicano la "idea del tempo" spesso "screditata". Invece di cadere in rovina dopo essere stati costruiti, questi monumenti senza inizio e fine sono “l’opposto della rovina romantica perché gli edifici non cadono in rovina dopo essere stati costruiti ma piuttosto sorgono in rovina prima di essere eretti. Questa mise-en-scène suggerisce l’idea screditata del tempo e molte altre cose fuori moda”.
Ma quando un’architettura diviene rovina? Si potrebbe sostenere con Simmel (1911) che ogni opera architettonica che presenti tracce del deperimento e delle azioni del tempo sia considerabile come rovina, ma la rovina è tale nel momento in cui la si riconosca come frammento.
Le rovine non sono le macerie. La maceria è informe, la rovina è ancora spazio, costruzione, architettura. Le distingue la presenza o assenza di una struttura, non il tempo. La rovina ha un futuro perché – e finché – ha la capacità di evocare quello che era e ciò che l’ha portata a essere rovina. La maceria è un frammento, che attende solo di essere smaltito. Non ha capacità di evocazione. Il suo tempo è solo il tempo della materia di cui è composta.
Le rovine non sono nemmeno l’incompiuto. Il lavoro fatto da Alterazioni Video e Fosbury Architecture (2018), che ci restituisce la mappa di un incompiuto italiano che assurge a nuovo stile architettonico nella loro provocante interpretazione, non mostra tanto il tempo assoluto delle rovine, quanto il tempo sospeso di una azione. Non sono ruderi che si avvicinano all’idea di resto significante, di residuo e ferita di cui siamo vittime. Con una nuova inversione del punto di vista l’accento cade sul soggetto più che sull’oggetto. Mentre la rovina rimanda a qualcosa di compiuto e alla precarietà del destino, alla fine della utopia e dell'idea onnipotente del progresso, l'incompiuto non è memoria, se non forse della incapacità umana. L’incompiuto crea una diversa tipologia di rovina, come nota Robert Storr, perché ciò che resta interrotto è frutto di una arbitrarietà anomala e inconoscibile (Alterazioni 2018. Cfr. anche Carnicero 2016).
Ben altro incompiuto sarebbe quello della maison Dom-Ino di Le Corbusier che è scheletro puro di cemento armato, in attesa di essere finito e allestito, ma che mostra nella sua struttura la cosa più importante. Il parallelo è con la rovina come resa all’essenza, come scavo, erosione, come assenza di decorazione, sottrazione fino a mostrare la nudità delle strutture, introduzione del tema del vuoto, del taglio, dalla assenza, che ritroviamo in operazioni concettuali come la Dom-Ino o nei tagli di Luigi Moretti, nei cut di Gordon Matta Clarke, nelle sospensioni di Franco Albini, negli strappi di Alberto Burri, nell’opera di Franco Guerzoni.
L’utilità della rovina
“Davanti a delle rovine siamo in genere al cospetto di un deserto che fa semplicemente allusione a ciò che era prima di essere un deserto: non abbiamo idea, il più delle volte, di quel che rappresentavano quelle rovine agli occhi degli uomini e delle donne per cui non erano affatto rovine… Io avevo suggerito che quest’ultimo [fascino] attenesse forse alla presenza sensibile del tempo, di una forma di tempo “puro” che suscitava la coesistenza brutale tra forme architettoniche molto elaborate e natura selvaggia”, scrive Augè in “Incompiuto, nostalgia o promessa” (Alterazioni 2018). Ma nelle rovine del moderno non siamo al cospetto di un deserto. Abbiamo perfettamente idea di quanto volessero significare e molte volte abbiamo addirittura ricordi diretti dell’uso di quelle rovine. “Memoria di quel che fummo, le rovine ci dicono non tanto quel che siamo, ma quello che potremmo essere.” (Settis 2010). Cosa resta allora? Forse la bellezza e la tristezza di quello che avrebbe potuto essere il mondo che quei frammenti cercavano di costruire, la bellezza della loro utopia, l’illusione dei loro artefici che un pezzo dopo l’altro l’utopia del moderno non sarebbe più stata tale. Noi di quello slancio sappiamo tutto, anche il suo esaurirsi. La tecnica, nella sua lucida oggettività, con la promessa di nuove infinite risorse, con i suoi nuovi materiali, si oppose alla continuità, alla tradizione e alla natura. È il mezzo attraverso cui la nuova architettura potrà concretizzare il suo spirito nuovo, di cui fa parte un
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profondo senso di responsabilità sociale. Efficienza e funzionalità diventano i mezzi per correggere le disuguaglianze del passato e per dare a tutti abitazioni funzionali, luce, aria e spazi verdi. È una rivoluzione permanente, parallela a quella politica, che proclama la possibilità di realizzare un’utopia finalmente raggiungibile. Insieme a una nuova percezione del mondo nasce una nuova estetica, e se oggi troviamo bella la fabbrica Van Nelle o la Torre Eiffel - come diceva Herman Hertzberger (Henket 2002)- è perché la nostra percezione è stata gradualmente cambiata delle nuove idee che questi edifici esprimevano. Oggi la rivoluzione del moderno appartiene al passato. Non c’è più nessuna utopia là fuori. Il Novecento ha visto la nascita del Movimento Moderno, il suo diventare stile, la sua affermazione. E poi la sua disfatta, la sua contestazione, i tentativi del suo superamento e il dramma della gestione delle sue rovine, forse insostituibili archivi della memoria.
In “Back from Utopia” Hilde Heynen (2002) sostiene che uno dei più importanti insegnamenti del Moderno sia stata la capacità di criticare lo status quo, il coraggio di immaginare un mondo migliore e iniziare a costruirlo. In questo c’era spazio anche per un rapporto del moderno con le rovine, ad esempio nel lavoro degli Smithson per il progetto di Golden Lane, ma anche nella loro celeberrima pubblicazione “Heroic Relics” sul destino infausto dei capolavori del Movimento Moderno o nella architettura radicale del monumento continuo di Superstudio, solo per citarne alcuni.
Rovine palinsesto
Di fronte alle sfide dell'uso si pongono due alternative altrettanto interessanti per una rovina: la prima è la ricerca di un recupero, puntando su quella ridondanza insita nella razionalità di spazio e struttura del moderno (esemplare il caso degli allestimenti museali o delle strutture industriali), la seconda è la sublimazione dell'uso nella rovina (nel rudere) come oggetto di memoria, sufficiente in sé e anche necessario.
Potremmo considerare la rovina secondo due interpretazioni paradossalmente alternative e compresenti allo stesso tempo: rovina come opera compiuta o come processo.
Come opera si presenta come esito finale di una azione del tempo unita una inazione dell’uomo che riporta le forze della natura ad aver ragione degli sforzi umani, ma questi ultimi ad aver di nuovo ragione della natura incorporando la sua opera in una interpretazione che la trasforma in qualcosa di voluto e ci riporta a tutta una esegesi romantica delle rovine e in quel caso risponde infatti anche a una precisa estetica, che potremmo ricondurre all’idea del sublime. La rovina è in questo caso paradossalmente bloccata in se stessa. Natura morta (significativo che la natura diventi morta e che quindi si cerchi una ulteriore vittoria su di essa anche
in questo caso) che potremmo figurarci come il fermo immagine dei blocchi di pietra del Colosseo che Stern congela nella sua opera.
Come processo è invece esito dinamico di modifiche, stratificazioni e trasformazioni che l’architettura registra, come un palinsesto che appartiene a due tempi contemporaneamente, passato e presente, che trova la sua più compiuta ragion d’essere nel racconto di ciò che è stato, che riunisce i due tempi.
La rovina palinsesto non ammette secondo il restauro né ripristino, né musealizzazione (che è in realtà un ben più grave caso di tradimento), né è destinata per forza a essere espressione dell'entropia, ma può essere espressione "dell'apparire di nuove strutture, in cui possono aver luogo delle trasformazioni" (Prigogine 1985). Quello che potrebbe ovviamente essere visto come un non-uso, non potrebbe invece essere per noi un diverso uso? una nuova funzione? è possibile leggere la transitorietà, concetto contenuto come premessa del progresso, non soltanto nel termine più immediato di ‘sostituzione’ ma in una ‘permanenza’ in altra condizione? la rovina è la sconfitta del moderno o il passaggio necessario per il suo ingresso nella storia? perdersi e perire è più morale che conservarsi (Mann 1924)?
Il tema delle rovine svela il nostro rapporto con il passato, la capacità della trasformazione psicologica di un dato naturale e del trapasso delle cose nel tempo (Carena 1982). Anche concentrando la nostra attenzione sul campo del rapporto con il progetto si aprono almeno due diversi scenari in cui l’architetto è chiamato a conservare senza tradire la rovina, oppure a usare la rovina come materia del progetto che quella storia incorpori. La rovina simboleggia la presenza del passato ma contemporaneamente contiene in sé la potenzialità del frammento: un lacerto che ci arriva dal prima, ricoperto dalla patina del tempo, con i suoi risvolti culturali e simbolici. Ma per la costruzione moderna la rovina potrebbe non arrivare mai, vinta dalla nostra incapacità di accettare il passaggio del tempo, la sconfitta del moderno o semplicemente il suo invecchiamento, più che non per causa dalla fragilità dei suoi materiali.
Il senso dell’utilità delle rovine del moderno non può essere quello della sola memoria data dall’oggetto che si disfa nel tempo, anche se nel frattempo si mostra nella sua essenzialità con un altissimo valore simbolico e educativo. Si può passare attraverso questa fase, ma per arrivare ad altro.
Se nel rudere classico l'immagine del trionfo del tempo si confronta con una massa capace di resistergli, nel rudere moderno si ritrova una fragilità disarmata, una resa immediata agli elementi, il vuoto contro il pieno (Carena 1982) che rende difficile associare ruskinianamente grazia a rovina. Da quel rudere possiamo però imparare ad accettare il valore delle tracce del tempo anche sul moderno.
La rovina del moderno non ha possibilità di esistere se non temporaneamente, ma in quel tempo può avere una funzione e un uso proprio in quanto espressione di un tempo puro che ci aiuti a staccarci dall’idea di una continuità con l’eredità del
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moderno che non lo lascia invecchiare e quindi non lo lascia apprezzare attraverso la sua rovina.
Esisterebbe davvero la possibilità di non intervenire e lasciare che una architettura-rovina si disfi in polvere e macerie? Forse in una deliberata scelta artistica che sopravanza la rovina stessa come testimonianza. Forse in casi rarissimi, come il villaggio di Oradour-sur-Glane o come potrebbe diventare il Marchiondi di Vittoriano Viganò. Il suo compito è decretare la fine dell’utopia del moderno, mentre le forze che hanno vinto trasformeranno quella stessa rovina, destinata poi a scomparire perché la civiltà “dei consumi richiede la continua estinzione e il rinnovamento totale. Le sue tecniche, i suoi mezzi meccanici non lasciano visibili nemmeno i detriti” (Carena 1982).
Conclusioni
Il Moderno ha bisogno delle sue rovine, ma ne minaccia l’esistenza stessa, per la fragilità e la smaterializzazione, come nota Dimitri Ozerkov in Futuruins (2018). Queste non sono mai neutre, contese tra natura e cultura, tra distruzione e ricostruzione, sono immerse nel fluire del tempo. La loro è una funzione d’uso che possono evidentemente esercitare per un periodo limitato. Sappiamo che non possiamo pensare di conservarne un senso se le conservassimo tutte, ma fatta salva qualche eccezione, su cui dovremmo meditare, le inevitabili rovine possono essere utilizzate in un modo più colto della semplice attesa di un ritorno a improbabili completezze e splendori. La loro conservazione lancia ulteriori sfide perché sono oggetti fragili che possono avere un valore d’uso solo se “non sono insensibili a quelle emozioni sentimenti e fantasie derivanti dal fascino del rudero, dell’incompleto, del non finito; per ragioni d'arte che – come scrisse Giuspeppe Pagano (1943) – preferiscono vederlo mutilato sì, ma saturo ancora di genuini suggerimenti quando una cauta mano pietosa lo abbia curato nelle sue piaghe più gravi riducendolo a simbolo puro di ‘memoria’, a segno assoluto di ‘documento’ ” .
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Pili A. 101,875 Pintus V. 591,799 Pirisino M.S. 799 Pisani F. 1235 Pittaluga D. 45,997 Pivetta R. 1133 Pozzi E. 485 Pretelli M. 355,885, 895 Proto G. 831 Rescic S. 411 Ricco P. 463 Romoli E. 875 Rorro A. 181 Rosina E. 123,875,1133 Salemi A. 265 Salina L. 605 Salvo S.M.C. 169 Sanchez Jimenez L.M. 739 Sanfilippo G. 987 Sasso C. 387 Savio P. 519 Scala B. 145 Scognamiglio R. 855 Sdino L. 551 Secondini L. 997 Segimiro A. 1067 Serafini L. 729 Setti A. 1067 Signorelli L. 937 Signori G. 1305,1315 Silva B. 255 Silvetti A. 531, 659 Stagno G. 997 Stanga C. 773 Suma M. 123,739,875 Taraglio R. 295 Tognon A. 495 Tomba F. 485 Treccozzi D. 211 Udina C. 181 Ugatti A. 367 Ugolini A. 605,821 Valetti L. 295 Vannelli G. 917 Vargiu M. 785 Vecchiattini R. 431 Verazzo C. 1155 Verde D. 649 Versaci A. 707, 1185 Vigliocco E. 59 Zampini A. 355 Zappia G. 1257 Zenoni E. 111 Zoli M. 367