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VALUTAZIONE DELLA SEDAZIONE CON INFUSIONE DI DEXMEDETOMIDINA IN CORSO DI BAL NEL CAVALLO

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Valutazione della sedazione con infusione di

dexmedetomidina in corso di lavaggio

bronco-alveolare nel cavallo

Candidato: Anna MENICAGLI

Relatori: Dott.ssa Angela BRIGANTI

Dott.ssa Micaela SGORBINI

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Valutazione della sedazione con infusione di dexmedetomidina

in corso di lavaggio bronco alveolare nel cavallo

RIASSUNTO

Lo scopo della presente tesi è stato quello di valutare la sedazione ottenuta con infusione di dexmedetomidina in cavalli sottoposti a lavaggio bronco-alveolare. Lo studio è stato effettuato su 18 cavalle suddivise in due gruppi: al primo gruppo (Lido), è stato somministrato un bolo di lidocaina alla dose di 1 mg/Kg in 5 minuti, al secondo gruppo (NaCl) è stato somministrato un bolo di soluzione fisiologica alla dose di 0,05 ml/Kg EV; 10 minuti dopo la somministrazione del farmaco (lidocaina o NaCl) è stato somministrato a entrambi i gruppi un bolo di dexmedetomidina alla dose di 4 mcg/Kg EV in 5 minuti, seguito da una infusione variabile di dexmedetomidina. Tutti i cavalli sono stati sottoposti, da svegli e ad intervalli di 5-10 minuti dopo la sedazione, a monitoraggi che valutavano parametri quali frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, colore delle mucose, motilità intestinale, pressione arteriosa media. Inoltre è stato registrato il numero di boli intratracheali di lidocaina in relazione alla frequenza della tosse.

I risultati dello studio, comparati a quelli riportati in letteratura, hanno dimostrato che entrambi i protocolli hanno fornito sedazione adeguata per il BAL e rapidi tempi di risveglio. In nessun gruppo sono stati registrati effetti cardiovascolari significativi, anche se la pressione arteriosa nel gruppo Lido è risultata più bassa, così come la frequenza respiratoria. Il sinergismo tra lidocaina e dexmedetomidina ha fatto sì che i cavalli del gruppo Lido ricevessero dose di infusione di dexmedetomidina più bassa e minor dose di boli di lidocaina intratracheale. La motilità intestinale ha avuto in entrambi i gruppi una significativa diminuzione ed ha ripreso la normale attività ad intervallo simile sia per Lido che per NaCl (circa 2,5 h dopo la fine dell’anestesia).

ABSTRACT

The purpose of this study is to evaluate the sedation effect of dexmedetomidine infusion in horses undergoing broncho-alveolar lavage (BAL). Eighteen healthy mares divided into two groups were enrolled in the study: the first group (“Lido” group) received a bolus of lidocaine at a dose of 1 mg/kg over 5 minutes, the second group (“NaCl” group) received a bolus of saline solution at a dose of 0.05 ml/kg IV over 5 minutes. Ten minutes later the drug administration, all the animals received a bolus of dexmedetomidine at a dose of 4 mcg/kg IV followed by a variable rate infusion of dexmedetomidine. The following parameters were recorded before anesthesia and every 5 minutes for all the procedure course: heart rate, respiratory rate, mucous membranes color, intestinal motility, mean arterial pressure. Lidocaine bolus requirement administered during the procedure was also recorded.

The results of the study, compared to those reported in the literature, showed that both protocols provided adequate sedation for BAL and fast recovery time. Important cardiovascular effects were not recorded for any group, even if the mean arterial pressure was lower in the Lido group, as well as the respiratory rate. Synergism between lidocaine and dexmedetomidine was responsible of a lower infusion rate of dexmedetomidine and less intratracheal lidocaine bolus during the BAL procedure in the Lido group. Intestinal motility showed a significant decrease and the normal activity resumed at similar intervals in both groups (about 2.5 h after the procedure).

(3)

INDICE

Introduzione

1

1. Anestesia in stazione quadrupedale

3

1.1 Generalità

3

1.2 Valutazione del paziente e preparazione

4

1.3 Farmacologia

5

2. Dexmedetomidina

12

2.1 Recettori α-2 adrenergici

12

2.2 Meccanismo di azione

13

2.3 Farmacologia

14

2.3.1 Farmacocinetica

14

2.3.2 Farmacodinamica

15

2.3.2.1 Effetti sul sistema cardiovascolare

15

2.3.2.2 Effetti respiratori

16

2.3.2.3 Studi eseguiti sugli effetti cardiopolmonari

16

2.3.2.4 Effetti sul sistema nervoso centrale

18

2.3.2.5 Rilassamento muscolare

19

2.3.2.6 Effetti ormonali

19

2.3.2.7 Effetti uterini e gravidanza

19

(4)

2.3.2.9 Effetti termoregolatori

20

2.3.2.10 Effetti oculari

20

2.3.2.11 Effetti ematologici

20

2.3.2.12 Studi di farmacocinetica e farmacodinamica

21

3. Lavaggio bronco-alveolare

23

3.1 Introduzione

23

3.2 Tecnica alla cieca

24

3.3 Tecnica endoscopica

25

3.4 Sedazione per il BAL

26

3.4.1 Riflesso della tosse e farmaci antitussigeni

26

4. Studio clinico

30

4.1 Introduzione

30

4.2 Scopo dello studio

30

4.3 Materiali e metodi

30

4.4 Analisi statistica

33

4.5 Risultati

33

4.6 Discussione

38

(5)

INTRODUZIONE

Il sedativo è un farmaco che produce effetti calmanti caratterizzati da sonnolenza, disinteresse all’ambiente e minore risposta agli stimoli. I sedativi sono spesso definiti “ipnotici”, ed alcuni producono anche analgesia, e vengono definiti “sedativi-analgesici” (Bradbury et al., 2008).

Prima di somministrare qualsiasi farmaco anestetico ad un animale, è bene conoscerne l’età, le vaccinazioni fatte, eventuali patologie e trattamenti terapeutici. Inoltre è consigliato condurre esami clinici, soprattutto per la valutazione del sistema cardiorespiratorio.

Si pensa che i cavalli siano prevalentemente soggetti all’attività del loro sistema nervoso simpatico e quindi in assenza di animali dominanti che facciano da guida, tendono a fuggire da potenziali “ nuove” situazioni. Il contenimento fisico talvolta può essere sufficiente per svolgere alcune operazioni, ma più spesso deve essere accompagnato da un “contenimento farmacologico”.

Diversi fattori incidono sulla scelta finale relativa al farmaco da utilizzare e alla via di somministrazione. Quindi prima di decidere quale farmaco utilizzare bisogna considerare:

1. il temperamento del paziente;

2. la condizione fisiologica del paziente (eventuali patologie o gravidanza); 3. la disponibilità e l’esperienza del personale;

4. le strutture e l’ambiente disponibile;

5. l’intensità e la durata degli effetti anestetici desiderati; 6. la familiarità con il farmaco;

7. il peso del paziente.

Il farmaco ideale per fornire sedazione deve avere le seguenti caratteristiche: 1. avere un alto indice terapeutico;

2. essere affidabile e produrre sedazione con durata relativa prevedibili;

3. avere un rapido inizio di azione dopo la somministrazione tramite qualunque via possibile; 4. non essere irritante e non provocare dolore dopo l’iniezione;

5. essere miscelabile con altri farmaci;

6. possibilmente fornire analgesia e rilassamento muscolare; 7. essere reversibile (antagonizzabile).

Una buona sedazione, accompagnata anche da effetto analgesico, è data dai farmaci alfa-2 agonisti. Di questa classe fa parte la dexmedetomidina, che rappresenta il più recente e selettivo agente α-2 agonista, utilizzato per la prima volta in medicina umana nel 1999 negli USA come agente sedativo per infusione intravenosa nei pazienti adulti in terapia intensiva (Bufalari et al., 2008).

Obiettivo della presente tesi è quello di valutare la sedazione fornita da infusione di dexmedetomidina in cavalli soggetti a lavaggio bronco-alveolare.

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CAPITOLO 1

ANESTESIA IN STAZIONE QUADRUPEDALE

1.1 Generalità

I rischi connessi con l’anestesia equina sono ben noti a tutti i professionisti coinvolti nella cura medica del cavallo.

È stato ripetutamente dimostrato che l’anestesia generale nei cavalli ha il più alto tasso di complicanze rispetto a quello nelle altre specie e questo fa si che la scelta tra benefici e rischi sia sempre attentamente valutata dal medico veterinario prima di intervenire.

Svariate, infatti, sono le complicazioni che possono verificarsi anche durante il risveglio dell’animale (Wagner, 2008), soprattutto a carico degli apparati respiratorio e cardiovascolare causate dall’anestesia e dal decubito (Johnston et al., 2002), si ha diminuita perfusione tissutale e diminuita ossigenazione ai muscoli e agli organi viscerali, con conseguente rischio di miopatia e disfunzione gastrointestinale (Johnston et al., 2002; Wagner, 2008).

Alla luce di quanto detto, lo sviluppo e la messa in pratica di protocolli sedativi che permettano all’animale di restare in piedi durante alcune procedure diagnostiche e chirurgiche, si è dimostrato essere l’ideale in determinate circostanze.

La sedazione mantiene attivi i meccanismi compensatori cardiovascolari fisiologici, comunemente depressi durante l’anestesia generale; inoltre mantenendo il cavallo in stazione quadrupedale si elimina l’effetto negativo del decubito sullo scambio di gas e perfusione muscolare.

Tuttavia i vantaggi fisiologici dell’anestesia in stazione sono controbilanciati dalle difficoltà intrinseche, ossia nel dover mantenere un’adeguata contenzione del paziente durante le procedure diagnostiche o chirurgiche.

Una sedazione eccessiva induce tremori, atassia, o, peggio ancora, può portare l’animale a cadere. È quindi preferibile l’utilizzo di sedativi a breve durata d’azione somministrati con infusione continua, piuttosto che la sedazione somministrata in bolo con farmaci a lunga durata d’azione.

Il bolo sedativo, somministrato da solo, può avere sull’animale picchi intermittenti, alzando quindi il rischio di sedazione eccessiva o inadeguata (Johnston et al., 2002)

L’uso di infusioni continue fornisce un effetto sedativo più costante una volta che è stato somministrato un bolo iniziale.

La combinazione di farmaci con azione farmacologica diversa permette di ridurre la dose del singolo farmaco, diminuendone così gli effetto collaterali (Dutton et al., 2009).

Anche se alla sedazione in stazione del cavallo è associato un rischio più basso di complicanze rispetto a quelle valutate in anestesia generale, la letteratura corrente non fornisce indicazioni precise sul

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tasso di complicazioni e mortalità; questo perché non ci sono ancora prove definitive sulla superiorità di un protocollo di sedazione rispetto ad un altro.

Fondamentale è il lavoro dell’anestesista, che non solo deve garantire il corretto livello di sedazione del paziente, ma deve anche fornire una condizione di lavoro sicura per tutti gli operatori coinvolti.

1.2 Valutazione del paziente e preparazione

Il dottor Robert Smith Mori, un’icona di anestesiologia pediatrica umana, a proposito della sua professione nella medicina moderna, rispose brevemente: “non ci sono agenti anestetici sicuri, non ci sono procedure di anestesia sicure; ci sono solo anestesisti sicuri”.

Di fondamentale importanza è quindi il monitoraggio intra-procedurale dell’anestesista ai fini di una tranquilla sedazione in piedi.

La selezione dei pazienti è il primo passo da fare: cavalli facilmente irritabili, nevrili, altamente stressati, spesso non rispondono come dovrebbero ai farmaci e, allo stesso tempo, possono avere reazioni imprevedibili aumentando le dosi dei farmaci.

Per questi motivi questi pazienti dovrebbero essere considerati “cattivi candidati” per la sedazione in stazione.

Prima di sedare l’animale, è bene prevenire il verificarsi di complicazioni; ad esempio, un grave rischio che si corre nella sedazione in stazione è che il soggetto cada sul terreno.

In questo scenario sfortunato l’intervento consigliato è l’induzione rapida dell’anestesia generale ed il posizionamento del paziente in una stanza opportunamente imbottita per il risveglio.

Pertanto è indicato avere sempre a disposizione dosi appropriate di agenti induttori (ketamina-diazepam, tiopentale), tubi endotracheali di diverse dimensioni e ossigeno.

Durante la preparazione viene generalmente posizionato un catetere endovenoso per la somministrazione di farmaci e fluidi.

Per le procedure che durano più di un’ora è consigliato il posizionamento di un catetere urinario, soprattutto quando vengono utilizzati α-2-agonisti; l’obiettivo è quello di prevenire la diffusione di urina sul pavimento che potrebbe aumentare il rischio di caduta dell’animale.

Importante è anche effettuare la sedazione in un luogo tranquillo, privo di fattori stimolanti come la luce intensa, rumori, altri cavalli; l’uso di paraocchi e l’immissione di tamponi negli orecchi può aiutare a ridurre le stimolazioni esterne.

Con la sedazione ed analgesia giusta, ci sono diverse procedure che possono essere eseguite nel cavallo cosciente ed in piedi.

Le procedure diagnostiche, come la risonanza magnetica, scintigrafia, endoscopia; di solito questi interventi richiedono minima o nessuna analgesia.

Procedure chirurgiche minori, tra cui tracheotomia, rimozione della membrana nittitante, tarsorrafia, criochirurgia, rimozione di piccole masse cutanee.

(8)

La chirurgia delle mammelle, l’asportazione di grandi masse cutanee, la toracoscopia e la laparoscopia sono esempi di interventi più invasivi in cui è appropriata una buona analgesia per ottenere risultati di successo.

La laparoscopia in piedi viene comunemente usata per biopsie diagnostiche, ovariectomia, criptorchidectomia, colonpessi, chirurgia perineale e uretrale.

1.3 Farmacologia

L’ideale nella sedazione per le procedure in piedi si ha quando si ottiene una sedazione affidabile, si causa minima atassia e si offre un’adeguata analgesia.

ACEPROMAZINA: è comunemente usata per la premedicazione; con la somministrazione endovenosa l’effetto sedativo si ottiene entro 15 minuti, mentre con la somministrazione intramuscolare si ha un ritardo del picco sedativo di circa 30-45 minuti. La durata della sedazione è 3-4 ore e non ha nessun effetto analgesico (Love et al., 2012). Ha buon effetto calmante, e viene usata in combinazione con altri farmaci, come α-2 agonisti ed oppioidi (Marroum et al., 1994). Non viene utilizzata per la sedazione in stazione, in quanto aumenta il grado di atassia.

L’acepromazina può causare un collasso improvviso nei cavalli eccitati, anche se è estremamente raro: questo accade perché hanno alti livelli di catecolamine circolanti.

L’epinefrina in circolo preferenzialmente si attacca ai recettori -adrenergici, causando dilatazione della vascolarizzazione muscolare e, dal momento che i recettori periferici 1 sono bloccati dall’acepromazina, la vasodilatazione diventerà massiva, con ipotensione profonda secondaria e possibile collasso.

È inadatto l’utilizzo di acepromazina in animali ipovolemici o settici, perché la vasodilatazione che induce è destinata a peggiorare l’instabilità cardiovascolare preesistente.

L’acepromazina è inoltre controindicata degli stalloni riproduttori, perché può indurre priapismo e parafimosi, anche se molto raramente (Driessen et al., 2011).

α-2 AGONISTI

Gli agonisti α-2-adrenergici sono senza dubbio la componente fondamentale di qualsiasi sedazione nel cavallo. È realisticamente impossibile fornire un affidabile, stabile e profondo grado di sedazione senza utilizzare un agonista α-2-adrenergico. Xilazina, romifidina, detomidina, sono disponibili per l’uso in equini (England & Clarke, 1996).

Esistono però anche studi sperimentali e clinici sull’impiego di medetomidina e dexemdetomidina nel cavallo (Grimsrud et al., 2009) sebbene queste specialità non siano registrate per questa specie.

Il loro effetto massimo si verifica dopo 2-5 minuti dalla somministrazione endovenosa e 15-30 minuti dopo quella intramuscolare (Grimsrud et al., 2009). La dose intramuscolare richiesta per produrre una simile intensità della sedazione è circa il doppio di quella endovenosa.

(9)

Recentemente sono state studiate la farmacocinetica e farmacodinamica di un gel di detomidina somministrato sublinguale, alla dose di 0,04 mg/Kg. Il tempo di insorgenza della sedazione è stato di circa 40 minuti, e la durata circa 2 ore.

Tutti gli α-2-agonisti producono affidabili, viscerali, somatici effetti analgesici e miorilassanti; aumentando la dose si estende la durata dell’analgesia, ma non l’intensità della sedazione (Valverde, 2010). Dopo il bolo iniziale, ci sono due opzioni per mantenere la sedazione prolungata: dosi endovenose supplementari possono essere date in base alle esigenze quando gli effetti sedativi iniziano a diminuire, a circa un quarto della dose iniziale (Valverde, 2010); in alternativa molti autori raccomandano la somministrazione di infusioni endovenose continue, evitando gli “alti e bassi” che si avrebbero ripetendo il bolo.

Effetti indesiderati degli α-2-agonisti comprendono: bradicardia, blocco atrio ventricolare di secondo grado, ipertensione bifasica seguita da ipotensione, aumento della produzione di urina, iperglicemia moderata, sudorazione, diminuzione della motilità gastrointestinale (England & Clarke, 1996).

L’atassia è più profonda con la somministrazione di xilazina rispetto alla romifidina o detomidina (Ringer et al., 2013). Conseguenza dell’uso di xilazina è anche aumento della contrattilità miometriale e della pressione intrauterina, pertanto non deve essere usata nell’ultimo trimestre di gravidanza.

Al contrario, la detomidina ha dimostrato di ridurre la pressione intrauterina e rappresenta quindi il sedativo di scelta in cavalle gravide nelle ultime fasi di gestazione (Schatzmann et al., 1994). La somministrazione endovenosa di detomidina diminuisce anche la pressione intraoculare e può rappresentare un sedativo sicuro quando si devono fare procedure oftalmiche (Holve, 2012).

Gli α-2-agonisti somministrati in bolo causano un temporaneo aumento del postcarico con secondaria depressione della funzione ventricolare. L’entità di questi effetti sembra essere dose-indipendente, pertanto l’uso di “basse dosi” è più sicuro di quello con dosi elevate (Yamashita et al., 2000). La valutazione preliminare e la selezione appropriata dei pazienti sono invece i fattori importanti nel determinare la sicurezza dell’uso di qualsiasi α-2-agonista (Yamashita et al., 2000).

La soluzione per infusione continua può essere preparata aggiungendo il farmaco a fluidi cristalloidi isotonici. Questa soluzione viene somministrata ad una velocità di “gocciolamento calcolato” o mediante pompa ad infusione.

La durata della sedazione è più lunga con romifidina, seguita da detomidina, dexmedetomidina, xilazina.

Le velocità di infusione raccomandate devono essere regolate sulla base della risposta del paziente e del livello sedativo desiderato.

La combinazione di qualsiasi α-2-agonista con butorfanolo riduce l’infusione fino alla metà del tasso di farmaco utilizzato da solo (Ringer et al., 2012).

Le dosi in bolo consigliate e velocità di infusione sono elencate in seguito:

1. xilazina: 0,8-1 mg/kg bolo; velocità di infusione 0,65 mg/kg/h. Atassia significativa è stata dimostrata a dosi elevate e infusione prolungata.

(10)

2. romifidina: 0,1 mg/kg bolo; velocità di infusione 0,03 mg/kg/h. L’insorgenza della sedazione è da 5 a 10 minuti dopo la somministrazione per via endovenosa e la durata dell’effetto è di circa 60 minuti (Freeman & England, 1999).

3. detomidina: 0,01 mg/kg bolo; infusione da 0,01 a 0,04 mg/kg/h (van Dijk et al., 2003; Mama et al., 2009). La combinazione di butorfanolo con detomidina ha dimostrato avere forte effetto sinergico (Clutton, 2010).

4. dexmedetomidina: bolo di 0,003-0,005 mg/kg per via endovenosa è stato utilizzato per la sedazione in piedi di breve durata (< 30 minuti). Per le procedure più lunghe è indicata l’infusione a 0,005 mg/kg/h. Dopo la somministrazione in bolo, la dexmedetomidina ha dimostrato di produrre cambiamenti cardiopolmonari simili agli altri α-2 agonisti ma di brevissima durata. Gli studi di farmacocinetica sulla dexmedetomidina hanno dimostrato una rapida distribuzione e rapida clearance (Bettschart-Wolfensberger et al., 2005). Il costo del farmaco tuttavia rappresenta ancora il principale ostacolo per l’uso di routine di dexmedetomidina nella sedazione equina.

Farmaco Bolo (mg/kg) CRI (mg/kg/h) Xilazina 0,8-1 0,65

Romifidina 0,1 0,03 Detomidina 0,01 0,01-0,04 Dexmedetomidina 0,003-0,005 0,005

α-2 ANTAGONISTI

L’atipamezolo (Hubbell & Muir, 2006), α-2-antagonista, (0,05-0,15 mg/kg IM), è stato utilizzato con successo per invertire la sedazione da detomidina, xilazina, romifidina e medetomidina.

OPPIOIDI

L’effetto analgesico degli oppiacei nei cavalli rappresenta ancora un importante argomento di discussione e indagine in corso.

L’effetto degli oppioidi sul dolore somatico e viscerale è stato ampliamente studiato (Stout & Priest, 1986; Corletto et al., 2005; Walker, 2007; Loveet al., 2009; Sanz, et al., 2009).

La combinazione di un α-2-agonista con un oppioide consente una significativa riduzione della dose efficace di ciascun agente, fino alla metà della dose di ciascun farmaco usato da solo (Dyson et al., 1987; Clarke & Paton, 1988; Clarke et al., 1991; Schatzman et al., 2001).

I potenziali effetti collaterali degli oppioidi hanno però limitato il loro uso in passato. Segni di eccitazione come scuotimento della testa, e ipomotilità gastrointestinale sono gli effetti collaterali più temuti.

(11)

Queste complicazioni sono rare a dosi analgesiche, ma possono verificarsi a dosi molto elevate (1,5-1 mg/kg di morfina). Tuttavia il dibattito sulla sicurezza di questi farmaci è ancora aperto.

La morfina è stata implicata nella colica post anestetica in un istituto; un altro studio ha dimostrato una riduzione fecale in un cavallo a cui era stata somministrata morfina (Senior et al., 2004).

Tuttavia l’anestesia generale, il dolore, lo stress, i cambiamenti nella dieta hanno dimostrato di poter produrre effetti significativi sulla motilità intestinale. Vari autori incoraggiano l’uso di analgesici oppioidi nei cavalli quando vengono eseguite invasive procedure chirurgiche, dato che i benefici del loro corretto uso superano i rischi (Clutton, 2010).

La somministrazione di alcuni oppioidi induce il rilascio di istamina, che può provocare orticaria e ipotensione. Il rilascio di istamina è più frequente dopo la somministrazione di meperidina e morfina, quindi è consigliato somministrarli per via intramuscolare.

1. butorfanolo: un unico bolo endovenoso ha una breve durata di azione, tra i 30 ed i 60 minuti. Una dose iniziale di 0,02 mg/kg per via endovenosa, seguita da un’infusione a velocità 0,024 mg/kg/h, ha dimostrato di produrre effetti sia sedativi che analgesici senza provocare grossi cambiamenti comportamentali. L’uso del butorfanolo è stato associato a scuotimento della testa e fascicolazioni dei muscoli facciali e per questo non è adatto per le procedure oftalmologiche. Se combinato con α-2-agonisti produce un forte effetto sinergico.

2. morfina e metadone: la morfina somministrata a 0,1-0,2 mg/kg per via endovenosa produce sedazione e analgesia di durata superiore al butorfanolo. L’effetto dopo la somministrazione in bolo dura da 4 a 6 ore. La morfina è stata usata con successo in infusione a 0,03 mg/kg/h, dopo un bolo iniziale di 0,05 mg/kg per via endovenosa, in combinazione con un α-2-agonista per la sedazione in stazione (Solano et al., 2009). Il metadone, a 0,15 mg/kg per via endovenosa, produce un livello di sedazione simile alla morfina, ma il tasso di infusione costante non è ancora stato determinato. Alcuni studi (Combie et al., 1979) hanno dimostrato con successo l’uso di metadone a 0,05 mg/kg/h in combinazione con α-2-agonisti per la chirurgia della mammella (in stazione).

3. buprenorfina: la buprenorfina è stata recentemente studiata nei cavalli e sembra fornire sufficiente analgesia per 8-12 h. A dose di 0,005-0,1 mg/kg per via endovenosa, in associazione con α-2-agonisti, dà buona analgesia per interventi laparoscopici in stazione. L’insorgenza dell’analgesia è lenta e l’effetto massimo si verifica dopo 45-60 minuti dopo la somministrazione del bolo.

Farmaco Bolo (mg/kg) CRI (mg/kg/h) Butorfanolo 0,02 0,024

Morfina 0,1-0,2 0,03

Metadone 0,15 0,05

(12)

KETAMINA

La ketamina, oltre al suo uso comune come farmaco per induzione, può essere somministrata a dose sub anestetiche per dare al cavallo analgesia, in particolare nei casi di malattie infiammatorie. La durata di azione di un bolo a dosi sub anestetiche (0,1-0,5 mg/kg) è breve (circa 30 minuti). L’infusione di ketamina può quindi essere utile quando, ad esempio in una chirurgia di lunga durata, l’effetto anestetico degli α-2-agonisti o degli oppioidi si dimostra insufficiente.

La ketamina può essere somministrata ad infusione (0,3-0,6 mg/kg/h per via endovenosa), con minimi effetti collaterali (Larenza et al., 2009). Essa può essere utilizzata in combinazione con gli α-2-agonisti, gli oppioidi, la lidocaina in infusione. Un bolo di 0,1-0,2 mg/kg EV è efficace come intervento di soccorso in caso di alleggerimento intraprocedurale della sedazione.

Negli ultimi anni ha dimostrato di possedere diverse proprietà indipendenti dalla sua attività anestetica e analgesica. Ha infatti un effetto antiinfiammatorio agendo come down regolatrice nella produzione di citochine (Larenza et al., 2009). In virtù di questa azione sta guadagnando l’interesse nella terapia della laminite ed altri processi infiammatori.

LIDOCAINA

La lidocaina può essere somministrata per via sistemica nei cavalli per fornire analgesia, sedazione, con effetti antinfiammatori (Cook et al., 2009), procinetici e antiendotossiemici.

La dose di carico utilizzata è di 1-2 mg/kg EV, somministrata in 5-10 minuti, seguita da un’infusione a 0,025-0,5 mg/kg/minuto (Robertson et al., 2005). Con questo farmaco la dose più alta indicata si avvicina molto a quella con la quale possono cominciare a comparire gli effetti collaterali, soprattutto a carico del sistema nervoso centrale (fascicolazioni muscolari, ansia, incoordinazione, che possono progredire fino alla perdita di coscienza, convulsioni, arresto respiratorio). Convulsioni ed eccitazione devono essere trattati con diazepam o con induzione in anestesia generale. Se si verifica collasso cardiovascolare, è bene somministrare fluidi e vasopressori (raramente il collasso cardiovascolare si verifica prima dell’inizio delle fascicolazioni muscolari).

Effetti collaterali cardiovascolari includono bradicardia, ipotensione, aritmie ventricolari e arresto cardiaco. (Meyer et al., 2001).

L’accumulo di lidocaina e dei suoi metabolici durante infusione prolungata (> di 2 ore) potrebbe produrre atassia. Come misura preventiva, anche in assenza di segni di tossicità, dopo 2 ore di infusione ad alte dosi (0,05 mg/Kg/min), è consigliato dimezzare il tasso di infusione.

Farmaco Bolo (mg/Kg) CRI (mg/Kg/h) Ketamina 0,1-0,2 0,3-0,6

(13)

CAPITOLO 2

DEXMEDETOMIDINA

2.1 Recettori α-2 adrenergici

I recettori α-2-adrenergici sono recettori trans-membrana composti da proteine G che

attraversano la membrana cellulare e si connettono a ligandi extracellulari. Il recettore

adrenergico α-2 è formato da 3 α-2 isorecettori: α-2a, α-2b, α-2c, che si legano ad

agonisti ed antagonisti α-2 con affinità simili e omologa composizione amminoacidica

approssimativamente intorno al 70-75% (Coursin et al., 2001).

I recettori α-2-adrenergici sono coinvolti in diverse funzioni fisiologiche. La loro

farmacologia è complessa, ma studi effettuati su modelli genetici di topo hanno chiarito

gli effetti fisiologici mediati dai differenti sottotipi di adrenorecettori α-2.

I sottotipi di recettori α-2 adrenergici mediano i diversi effetti farmacodinamici

della dexmedetomidina. Per esempio, l’agonismo nel recettore α-2a sembra promuovere

la sedazione, l’ipnosi, l’analgesia, la neuroprotezione e l’inibizione della secrezione di

insulina. L’agonismo nel recettore α-2b annulla il tremore, genera analgesia nel midollo

spinale e induce vasocostrizione nelle arterie periferiche. Il recettore α-2c è associato

alla modulazione della cognizione sensoriale, dello stato mentale e dell’attività motoria

indotta stimolando e regolando il flusso di adrenalina dalla midollare del surrene

(Panzer et al., 2009).

Questi recettori sembrano avere azione presinaptica, postsinaptica e

extrasinaptica; infatti si trovano nelle piastrine ed in diversi organi come fegato,

pancreas, rene, occhio, sistema nervoso centrale e periferico. Le azioni presinaptiche

locali sono clinicamente significative perché con un meccanismo di feedback negativo

modulano la liberazione di noradrenalina e adenosina trifosfato. Le risposte fisiologiche

regolate da questi recettori variano a seconda di dove sono ubicati.

La stimolazione dei recettori α-2 nel cervello e nel midollo spinale inibisce la

scarica neuronale e questo porta ad ipotensione, bradicardia, sedazione e analgesia. Le

risposte degli altri organi in seguito alla stimolazione dei recettori α-2 comprendono la

riduzione della salivazione e della secrezione e motilità gastrica, inibizione della

liberazione di renina, maggiore velocità di filtrazione glomerulare, maggior

(14)

eliminazione di sodio e acqua attraverso i reni, diminuzione della pressione intraoculare

e diminuzione dell’increzione di insulina ad opera del pancreas.

La stimolazione dei recettori α-2 riduce l’entrata di calcio nelle terminazioni

nervose e questo può contribuire all’inibizione della liberazione dei neurotrasmettitori

(Haselman, 2008).

2.2 Meccanismo di azione

L’effetto ipnotico della dexmedetomidina è mediato dalla iperpolarizzazione dei

neuroni noradrenergici localizzati nel locus coeruleus (LC) del tronco encefalico.

Questo è un piccolo nucleo bilaterale che contiene molti recettori adrenergici e

costituisce l’area principale della modulazione della “veglia”. Quando il recettore α-2 è

attivato inibisce l’adenilciclasi che agisce catalizzando la formazione di AMP ciclico,

una molecola con funzione di secondo messaggero che agisce su molti processi

catabolici cellulari. Riducendo la quantità di cAMP nella cellula, la dexmedetomidina

favorisce i processi anabolizzanti a scapito di quelli catabolizzanti. Allo stesso tempo si

verifica un efflusso di potassio e un’inibizione dell’entrata del calcio nelle terminazioni

nervose (Khan et al., 1999). La variazione della conduttanza degli ioni di membrana

porta ad iperpolarizzazione della membrana che annulla la scarica neuronale del LC e di

conseguenza l’attività del sistema noradrenergico ascendente (Kamibayashi & Maze,

2000).

Il LC è anche sede di origine della struttura adrenergica del midollo spinale

discendente, implicata nel meccanismo chiave della regolazione della neurotrasmissione

nocicettiva. I meccanismi simili dei recettori α-2 e dei recettori degli oppioidi in questa

area cerebrale hanno contribuito all’idea che deve anche esistere un’azione

extramidollare. Quando i recettori locali sono stimolati, diminuisce la scarica dei

neuroni nocicettivi stimolata dalle fibre periferiche A e C e viene inibita anche la

liberazione dei neurotrasmettitori. Si ritiene che gli effetti analgesici si originino nel

corno dorsale del midollo spinale.

Quando viene somministrata una dose ipnotica di dexmedetomidina ad un

animale, la liberazione di noradrenalina dal LC resta inibita. L’assenza di controllo

dell’inibizione sul nucleo pre-ottico ventrolaterale (VLPO) ha come risultato la

liberazione di acido gamma-ammino-butirrico (GABA) e galanina, che ha inibito ancor

(15)

più il LC e il nucleo tubero-mammillare (NTM). Questa risposta inibitoria provoca

anche una diminuzione del rilascio di istamina, che comporta una risposta ipnotica.

Questa risposta è simile a quella riscontrata nel sonno naturale, in cui la riduzione della

liberazione di noradrenalina dal LC attiva la liberazione del GABA e galanina dal

VLPO. Questi neurotrasmettitori inibiscono ancor più la liberazione di noradrenalina

dal LC e annullano la secrezione di istamina dal NMT. La ridotta occupazione dei

recettori dell’istamina nelle cellule delle aree sottocorticali induce uno stato ipnotico

(Nelson et al., 2001).

2.3 Farmacologia

La dexmedetomidina è descritta chimicamente come un monocloridrato di

(+)-4-(S)-{1-(2,3-dimetilfenil)etil}-1H-imidazolo (Chrysostomou e Schmitt, 2008). Ha un peso

molecolare di 236,7, e pH nel range tra 4,5 e 7. È solubile in acqua ed ha pKa di 7,1.

La dexmedetomidina è farmacologicamente attiva come enantiomero destrogiro

della medetomidina. È considerata principalmente un’agonista dell’imidazolina. È

chimicamente relazionata alla clonidina, ma è circa 8 volte più specifica

(α-2:α-1=1620:1, comparata alla clonidina che è 200:1), specialmente per il sottotipo

recettoriale 2a (Chrysostomou e Schmitt, 2008). I suoi effetti vengono invertiti in

dipendenza alla dose di antagonista somministrato (atipamezolo) (Panzer et al., 2009).

2.3.1 Farmacocinetica

Il picco della concentrazione di dexmedetomidina si ottiene generalmente entro 1 ora

dopo la somministrazione con infusione endovenosa continua. La dexmedetomidina

viene anche assorbita attraverso la via transdermica, boccale, intramuscolare, con una

biodisponibilità dell’82% e 104% nelle ultime due vie rispettivamente (Panzer et al.,

2009).

Il legame delle proteine all’albumina e alla glicoproteina α-1 è segnalato

approssimativamente come un 94% e permane nonostante le diverse concentrazioni del

farmaco. La frazione di legame si riduce significativamente nei pazienti con

insufficienza epatica rispetto a quelli in buona salute. La dexmedetomidina ha una

rapida fase di distribuzione (Dyck & Shaker, 1993). È ampliamente metabolizzata dal

(16)

fegato tramite la glucuronoconiugazione e la biotrasformazione da parte del sistema

enzimatico del citocromo P450. Non ci sono metaboliti attivi o tossici conosciuti.

Tuttavia la metabolizzazione epatica può essere diminuita del 50% rispetto al normale

in caso di grave malattia epatica (Vilo et al., 2008). Non sono state riscontrate

differenze tra pazienti sani e pazienti con insufficienza renale. I metaboliti, inattivi, sono

eliminati al 95% con le urine e al 4% con le feci.

Risultati di alcuni studi mostrano che la dexmedetomidina ha una più breve

emivita rispetto alla medetomidina nei cani e pony (Bettschart-Wolfensberger et al.,

2005).

Inoltre la dexmedetomidina riduce la MAC dell’isofluorano negli umani (Aanta

et al., 1997) e nei cani (Pascoe et al., 2006).

Lo studio eseguito da Ranheim et al. nel 2014, riguarda la farmacocinetica della

dexmedetomidina somministrata con infusione continua nei cavalli. A sette cavalli è

stata somministrata un’infusione di dexmedetomidina alla dose di 8 microgrammi/Kg/h

per 150 minuti e le concentrazioni del farmaco sono state dosate usando cromatografia

liquida, spettrometria e analizzate mediante analisi farmacocinetiche. Il livello di

sedazione è stato valutato misurando la distanza in centimetri tra il labbro inferiore del

cavallo ed il pavimento. È stato valutato che l’emivita della dexmedetomidina nella

concentrazione plasmatica era di circa 20,9 min, la clearance 0,3 L/min/Kg e il volume

di distribuzione 13,7 L/Kg. È stata evidenziata una variazione individuale nella

concentrazione plasmatica della dexmedetomidina col variare del tempo. Anche i livelli

di sedazione variavano con la concentrazione del farmaco nel plasma. Questo implica

che per quanto riguarda l’uso della dexmedetomidina in infusione nel cavallo, la dose di

infusione deve essere modulata in base agli effetti sedativi che si vogliono ottenere.

2.3.2 Farmacodinamica

2.3.2.1 Effetti sul sistema cardiovascolare

Tipicamente, somministrando la dexmedetomidina per via endovenosa, si osserva

un’iniziale ipertensione transitoria, principalmente dovuta all’attivazione del recettore

α-2 periferico post-sinaptico, che comporta vasocostrizione periferica e contrazione

della milza. In risposta a questa ipertensione, segue una bradicardia mediata

dall’attivazione di un barocettore, alcune volte accompagnata da bradiaritmia.

Nello stesso momento in cui si verifica la bradicardia, le azioni centrali del

farmaco diventano evidenti al momento in cui attraversa la barriera ematoencefalica.

(17)

Quindi, il decrescere del tono simpatico e il relativo aumento del tono parasimpatico

porta ad un incremento della bradicardia e porta il rilassamento del tono vascolare

periferico.

Così si verifica l’attivazione dei recettori α-2 periferici presinaptici, che inibisce

la liberazione di noradrenalina dalle terminazioni nervose, quindi aiuta a ridurre gli

effetti simpatici sul cuore e porta ad una vasocostrizione periferica. L’output cardiaco è

ridotto di circa la metà, e la vascolarizzazione è rallentata e si registra incremento della

resistenza vascolare (SVR) (England & Clarke, 1996; Yamishita et al., 2000).

Nonostante il suo effetto pro-aritmico, la dexmedetomidina può avere anche

alcune proprietà anti-aritmiche, infatti contrasta l’aritmia indotta dalle catecolamine.

Questi “effetti anti-aritmici” possono avere la loro origine nell’attivazione dei recettori

centrali α-2, probabilmente attraverso il cambiamento di equilibrio del sistema

autonomo nel quale il sistema parasimpatico è nella norma predominante.

2.3.2.2 Effetti respiratori

Gli effetti respiratori sono variabili e dipendono dalla dose e dalla specie. La frequenza

respiratoria può essere ridotta, sebbene il volume tidalico possa aumentare per

compensare tale riduzione, così che la generale ventilazione alveolare non è

compromessa a “basse” dosi. Il pH del sangue e la concentrazione dei gas nel sangue

rimangono quasi invariati in animali sani somministrando “basse” dosi di

dexmedetomidina.

Ogni farmaco che agisce sul sistema nervoso centrale per diminuire l’ansia, per

produrre sedazione o analgesia, è necessariamente associato alla riduzione della

ventilazione alveolare, che può riflettersi sul metabolismo.

2.3.2.3 Studi eseguiti sugli effetti cardiopolmonari

L’anestesia generale nel cavallo comporta alto rischio di mortalità in comparazione al

rischio nei piccoli animali e nell’uomo. Inoltre, l’anestesia gassosa è utilizzata

comunemente nei lunghi interventi e l’alta incidenza di morte è data dalla depressione

cardiovascolare indotta appunto dagli anestetici inalati (Johnston et al., 2002).

Infusioni costanti (CRI) di differenti farmaci possono dare analgesia e allo stesso

tempo ridurre i rischi dell’anestesia gassosa. Infatti, la lidocaina (Doherty & Frazier,

1998), la ketamina (Muir & Sams, 1992) e differenti α-2 agonisti (Wagner et al., 1992;

Ringer et al., 2013), sono stati usati in CRI nell’anestesia del cavallo. Gli α-2 agonisti

(18)

sono potenti sedativi con azione analgesica e riducono la minima concentrazione

alveolare (MAC) degli agenti anestetici inalati (Marcilla et al., 2013)

Uno studio condotto da Duke-Novakovski del 2014 affronta gli effetti

cardiopolmonari dati da infusioni di dexmedetomidina e ketamina associate ad infusioni

di propofol o isofluorano per anestetizzare dei cavalli a scopo di eseguire un’artroscopia

carpale. Vennero studiati 6 cavalli con peso di 488,3 ±29,1 Kg, sedati con xilazina. Le

misurazioni dell’output cardiaco, frequenza cardiaca, pressione dell’arteria polmonare e

dell’atrio destro, temperatura corporea vennero effettuate dopo la sedazione con

xilazina. L’emogasanalisi venne eseguito dopo 10, 30 e 60 minuti dall’induzione.

Da questo studio risultò che la pressione dell’arteria polmonare e dell’atrio

destro e la temperatura corporea decrebbero in tutti i cavalli. La PaO

2

e il pH arterioso

risultarono più bassi nei cavalli anestetizzati con il propofol piuttosto che in quelli

anestetizzati con isofluorano. L’output cardiaco decrebbe nei cavalli anestetizzati con

isofluorano dieci minuti dopo l’induzione.

In conclusione, gli autori hanno riportato che entrambi i protocolli anestetici

erano adatti al fine di eseguire le artroscopie e che la somministrazione di ossigeno e la

ventilazione polmonare erano necessarie quando l’anestesia si basava sulla

somministrazione di propofol.

Uno studio di Gozalo-Marcilla del 2010 ha valutato gli effetti cardiopolmonari

dati da 30 minuti di infusione di dexmedetomidina, somministrata a due dosi diverse, in

pony anestetizzati con isofluorano. Sono stati utilizzati 6 poni di 7 anni del peso di 306

±71 Kg. Il primo gruppo ha ricevuto una CRI di dexmedetomidina alla dose di 1

microgrammo/Kg e successivamente un’altra CRI alla dose di 1,75 microgrammi/Kg.

Ai pony del secondo gruppo sono state somministrate dosi inverse. Ogni 5 minuti sono

stati valutati CO

2

ed O

2

inspiratorio ed espiratorio, FC, SAP, MAP, DAP e temperatura

corporea.

I risultati hanno riportato che FC, CI (indice cardiaco), CaO

2

(ossigeno

contenuto nell’arteria), CvO

2

(ossigeno contenuto nella vena centrale) e DO

2

(ossigeno

fornito) diminuiscono significativamente, mentre aumenta il SVR, la pressione sistolica

dell’arteria e dell’atrio destro con entrambe le dosi di infusione. Non sono state

registrate differenze causate dalle due diverse dosi di CRI.

(19)

Nel 2012 Gonzalo-Marcilla et al. studiarono l’influenza che un’infusione

continua di dexmedetomidina aveva sulla funzione cardiopolmonare e sulla qualità del

recupero in cavalli anestetizzati con isofluorano. Gli autori affermano che la

combinazione tra diversi anestetici porterà ad un sinergismo per quanto riguarda gli

effetti desiderati, ma non sugli effetti collaterali e quindi la combinazione anestetica in

cavalli aiuta a mantenere buona la funzione cardiopolmonare e a diminuire il dolore

associato alla chirurgia.

Nello studio sono stati utilizzati 40 cavalli, di età compresa tra 7 mesi e 16 anni,

con peso 491 ±102 Kg, anestetizzati per intervento chirurgico. I cavalli sono stati

suddivisi in 2 gruppi, D (trattati con dexmedetomidina) e S (trattati con soluzione

fisiologica). La dexmedetomidina è stata somministrata EV a dose di 3,5

microgrammi/Kg, e dopo 10 minuti l’anestesia è stata indotta con midazolam e

ketamina e mantenuta con isofluorano.

Dal momento in cui il tubo endotracheale veniva connesso al circuito gassoso

anestetico,

il

gruppo

D

riceveva

una

CRI

di

dexmedetomidina

(1,75

microgrammi/Kg/h), mentre al gruppo S soluzione fisiologica con equivalente volume.

La valutazione dei parametri inspiratori ed espiratori CO

2

, O

2

, frequenza cardiaca, SAP,

MAP, DAP, temperatura corporea, venivano misurati ogni 5 minuti.

Durante il risveglio venivano registrati i tempi in cui l’animale si è messo

sternale e poi in piedi .e valutati secondo una scala che va da 1 a 5.

I risultati di questo studio dimostrarono che la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa

parziale dell’ ossigeno, la resistenza del sistema vascolare, l’ematocrito, la pressione

sistolica, diastolica e media erano relativamente più bassi nel gruppo D. Il risveglio è

stato migliore nel gruppo D, anche se con tempi più lunghi.

2.3.2.4 Effetti sul sistema nervoso centrale

Come altri α-2 agonisti, la dexmedetomidina fornisce sedazione, ipnosi, amnesia e

analgesia (Schatzmann et al., 2001).

Gli effetti sedativi/ipnotici dipendenti dalla dose di dexmedetomidina

somministrata sono stati ben documentati da studi clinici e sperimentali. Con dosi

crescenti è stato descritto anche l’uso della dexmedetomidina per anestesia generale,

con somministrazione endovenosa.

È interessante notare che è stata riportata una certa somiglianza tra il sonno

naturale e la sedazione indotta dalla dexmedetomidina. Gli effetti amnesici della

(20)

dexmedetomidina sono piuttosto inferiori a quelli dati dalle benzodiazepine, infatti

l’amnesia si ottiene solo con alte dosi di dexmedetomidina e non risulta essere

retrograda.

Le proprietà analgesiche della dexmedetomidina sono piuttosto controverse;

sembra che l’azione analgesica abbia buoni effetti sul midollo spinale e nelle regioni

sovra spinali.

L’ansiolisi e la sedazione si crede possano essere causate dalle azioni in

differenti siti del sistema nervoso centrale.

La sedazione sembra essere il risultato dell’azione della dexmedetomidina nel

LC, mentre l’ansiolisi sembra risultare dalla soppressione dell’attività nel sistema di

attivazione reticolare. La sedazione si manifesta con abbassamento della testa, ptosi, il

rilassamento del labbro inferiore, atassia e protrusione del pene nei maschi (questo non

risulta causare altri problemi secondari).

2.3.2.5 Rilassamento muscolare

L’utilizzo della dexmedetomidina porta a rilassamento muscolare, che si manifesta con

atassia e incoordinazione. Questo è il risultato di una riduzione dello stato vigile e della

diminuzione della concentrazione che accompagna la sedazione e l’ansiolisi.

L’abbassamento della testa può essere in parte dovuto a questo rilassamento muscolare

indotto dalla sedazione (Bryant et al., 1991).

Si ha anche protrusione del pene, ma non ci sono state dimostrazioni di

problematiche secondarie.

La muscolatura liscia sembra essere più interessata, infatti è bene prestare

attenzione nell’utilizzo di tale farmaco nei soggetti con paralisi laringea, in quanto la

dexmedetomidina può oscurare la diagnosi portando ad ostruzione respiratoria

(Bradbury et al., 2008).

2.3.2.6 Effetti ormonali

Con la somministrazione di dexmedetomidina si ha diminuzione della secrezione di

ADH, ed anche abbassamento della risposta periferica all’ADH. Si ha inoltre

diminuzione della secrezione renale, della secrezione di insulina, della secrezione di

ACTH (che porta alla diminuzione di cortisolo), diminuzione di catecolamine e

aumento degli ormoni della crescita (Schatzmann et al., 2001).

(21)

2.3.2.7 Effetti uterini e gravidanza

La stimolazione dei recettori α-2 uterini porta a contrazioni uterine e incremento della

pressione uterina in equine non gravide (Schatzmann et al., 2001). Nelle cavalle gravide

, tuttavia, la dexmedetomidina ha dimostrato di non avere nessun effetto sulla pressione

intra uterina o addirittura può ridurla.

Però non significa che sia bene utilizzarla in cavalle gravide, perché gli α-2

agonisti potenzialmente causano vasocostrizione utero placentare, che può

compromettere la vitalità del feto deprimendone la funzione cardiovascolare. Non sono

riportate prove certe sugli effetti teratogenetici degli α-2 agonisti nel primo trimestre di

gravidanza. Pertanto sussiste una diffidenza nell’utilizzo degli α-2 agonisti nelle cavalle

gravide, soprattutto nell’ultimo trimestre di gravidanza in cui l’uso è controindicato.

2.3.2.8 Effetti gastro-intestinali

Generalmente la motilità intestinale si riduce e il transito del cibo è rallentato in tutto il

gastro enterico. L’aumento del tempo di transito del cibo nell’esofago può predisporre

gli animali al soffocamento, e per questo gli animali non dovrebbero assumere cibo

subito dopo la sedazione. La riduzione della motilità intestinale può aiutare a diminuire

il dolore associato a coliche, ma di conseguenza si può avere anche vasocostrizione dei

vasi sanguigni intestinali, che può portare ad ischemia intestinale (Senior et al., 2004).

2.3.2.9 Effetti termoregolatori

La termoregolazione è soffocata a livello centrale con conseguente diminuzione della

termogenesi. L’aumentata vasocostrizione periferica può bilanciare la perdita di calore

corporeo in una certa misura. La sudorazione tuttavia può anche influenzare la perdita

del calore corporeo (Bryant et al., 1991).

2.3.2.10 Effetti oculari

La stimolazione dei recettori α-2 nei muscoli radiali dell’iride si manifesta con la loro

contrazione e midriasi, che può ridurre il drenaggio acquoso e favorire un incremento

della pressione intraoculare. La stimolazione degli α-2 nel corpo ciliare porta però ad

una riduzione della produzione dell’umor acque ,e così la pressione intraoculare tende a

ridursi.

L’abbassamento della testa conseguente alla sedazione può anche ridurre il ritorno

venoso dalla testa ed aumentare la pressione intraoculare (Wagner, 2008).

(22)

2.3.2.11 Effetti ematologici

La conta cellulare e le proteine totali possono diminuire leggermente. PCV e TP

diminuiscono in conseguenza all’iperglicemia lieve e al possibile passaggio di acqua

nello spazio intravascolare. Seppure parzialmente, tale diminuzione di PCV può essere

conseguente al sequestro di RBC nella milza. Il pH del sangue e i valori

dell’emogasanalisi rimangono essenzialmente invariati in animali sani. L’aggregazione

piastrinica aumenta, ma non sono stati riportati problemi clinici. L’iperglicemia è

comune ma di solito non è accompagnata da glicosuria (Wagner, 2008).

2.3.2.12 Studi di farmacocinetica e farmacodinamica

Uno studio effettuato da Grimsrud et al. del 2014 analizza la farmacocinetica e la

farmacodinamica comparando i diversi effetti della detomidina, medetomidina e

dexmedetomidina in gruppi di cavalli a cui viene somministrato un singolo bolo di

farmaco.

In questo studio, l’altezza della testa, la frequenza cardiaca e la glicemia nel

sangue vennero misurate per più di 6 ore. I cavalli manifestarono marcata riduzione

dell’altezza della testa e della frequenza cardiaca; le concentrazioni del farmaco

richieste per ottenere inibizione a metà dell’effetto massimo furono 4 volte maggiori per

la detomidina rispetto alla medetomidina e dexmedetomidina, per l’altezza della testa e

la frequenza cardiaca. La medetomidina ha dimostrato avere una grande influenza

sull’aumento della glicemia rispetto alla dexmedetomidina.

Un altro studio è stato realizzato da Rezende et al. nel 2014, riguardo la farmacocinetica

e la farmacodinamica della dexmedetomidina somministrata EV alla dose di 5

microgrammi/Kg in 8 cavalli adulti. Le risposte fisiologiche e comportamentali vennero

valutate 6 ore prima e 6 ore dopo la somministrazione di dexmedetomidina. Tale studio

rilevò un rapido abbassamento della concentrazione plasmatica di dexmedetomidina, ed

il tempo dell’ultima rilevazione variò tra 30 e 60 minuti. Venne valutata bradicardia a 4

e 10 minuti dopo la somministrazione. L’abbassamento della testa aumentò del 70% a 4

e 10 minuti, per poi tornare gradualmente alla posizione di partenza. L’equilibrio

diminuì per 60 minuti. La glicemia raggiunse il picco a 30 minuti (134 ±24 mg/dL) ed i

borborigmi intestinali diminuirono per 4 ore dopo la somministrazione. La

dexmedetomidina fu velocemente eliminata come indica il rapido abbassamento della

(23)

concentrazione plasmatica. Gli effetti fisiologici, comportamentali e analgesici vennero

osservati dopo la somministrazione di dexmedetomidina per un breve lasso di tempo.

Lo studio eseguito da Benmansour nel 2013 descrive il prolungamento dell’anestesia

utilizzando sevofluorano, remifentanil e dexmedetomidina nel cavallo.

Questo studio, eseguito su una cavalla araba di 10 anni operata per togliere un

sarcoma mandibolare, dopo aver monitorato ad intervalli di 5 minuti frequenza cardiaca

e respiratoria, ECG, pressione arteriosa, gas inspirati ed espirati, valore del

pulsossimetro

e

temperatura

corporea,

ha

dimostrato

che

remifentanil,

dexmedetomidina e sevofluorano sono adatti per interventi di lunga durata e

mantengono livelli appropriati di analgesia.

Un altro studio è stato eseguito da Risberg nel 2014 con lo scopo di investigare l’effetto

analgesico, la concentrazione plasmatica e gli effetti sedativi di 2, 4 e 6

microgrammi/Kg/h di dexmedetomidina EV, preceduti da 0,96 microgrammi/Kg in

bolo, e 20, 50 e 60 microgrammi /Kg/min di lidocaina EV, con un bolo iniziale di 550

microgrammi/Kg.

Lo studio, effettuato su 10 cavalle, ha dimostrato che la dexmedetomidina

aumenta il valore soglia nocicettivo somministrata a 4-6 microgrammi/Kh/h, ma non a 2

microgrammi/Kg/h. La concentrazione plasmatica ed i livelli di sedazione sono per la

dexmedetomidina molto variabili. La concentrazione plasmatica media registrata che

fornisce effetti analgesici è 0,15 ng/mL, in un intervallo compreso tra 0,02 ng/mL e 0,25

ng/mL.

Uno studio effettuato da Gozalo–Marcilla nel 2013 ha valutato gli effetti di una CRI di

dexmedetomidina sulla MAC di sevofluorano in 6 pony.

Il risultato dello studio dimostra che la somministrazione EV di

dexmedetomidina con infusione continua abbassa la MAC del sevofluorano in poni da

2,42% ±0,55 a 1,07% ±0,21.

(24)

CAPITOLO 3

LAVAGGIO BRONCO-ALVEOLARE

(Broncho-AlveolarLavage – BAL)

3.1 Introduzione

Il BAL è un esame collaterale dell’apparato respiratorio che può essere effettuato sia con tecnica endoscopica che “alla cieca”.

La tecnica alla cieca è una valida alternativa all’utilizzo dell’endoscopio se non si ritiene necessaria un’attenta visualizzazione delle vie aeree, ad esempio se queste sono già state visionate con un endoscopio troppo corto per il BAL; richiede un supporto tecnico minimo, è a basso costo e facile da effettuare. L’utilizzo dell’endoscopio ha il vantaggio di poter visualizzare le strutture aeree fino alle basse vie e segnalare eventuali alterazioni patologiche correlabili con la patologia respiratoria sospettata (edema, broncospasmo) e la presenza di secrezioni e/o sangue (Hewson & Viel, 2011).

Per effettuare il BAL nella maggior parte dei soggetti adulti, è necessario che l’endoscopio sia lungo almeno 160-180 cm. La profondità del polmone lavato dipenderà dal diametro esterno dello strumento. In quasi tutti i soggetti adulti, un diametro esterno di 10-13 mm garantirà il lavaggio dei bronchi di V-VI generazione. Rispetto alla metodica alla cieca, l’endoscopio permette anche la visualizzazione delle vie aeree prima che si effettui il BAL. Il naso-faringe può essere esaminato attentamente per evidenziare anormalità anatomiche o scoli. Se si sospetta un rumore delle alte vie, è importante visualizzare il naso-faringe prima di sedare il cavallo e senza l’utilizzo del torcinaso al fine di avere una giusta valutazione delle eventuali irregolarità. La trachea dovrebbe essere ispezionata per l’iperemia e per la qualità delle secrezioni. (Hewson & Viel, 2011).

In un recente lavoro è stato proposto un punteggio per valutare quantitativamente il muco presente in trachea (Holcombe et al., 2006). Gli autori danno un punteggio uguale a 0 se non è presente muco; 1 se sono presenti singole gocce di muco; 2 se sono presenti molte bolle, a volte confluenti; 3 se il muco è confluente ventralmente; 4 se è presente molto muco nella porzione ventrale della trachea; 5 se il muco occupa il 25% e oltre della trachea.

Dovrebbero essere segnalate raccolte di secrezioni diverse dal muco, registrata la loro localizzazione (terzo superiore, medio o inferiore della trachea), la quantità, il colore e le caratteristiche. A causa della depressione della trachea che si localizza a livello dell’ingresso in torace della trachea, spesso le secrezioni possono essere visualizzate soltanto a quel livello, ma nei casi gravi possono essere evidenziate in tutta la trachea. Anche la presenza di sangue dovrebbe essere registrata e quantificata mediante un punteggio (Marlin, 2002).

Inoltre, la presenza di edema dovrebbe essere quantificata valutando lo spessore della biforcazione tracheale e della divisione dei grossi bronchi che appariranno ispessiti e arrotondati. Anche il

(25)

broncospasmo può essere valutato durante l’esame broncoscopico ed è caratterizzato dalla protrusione degli anelli tracheali nel lume delle vie aeree con conseguente riduzione del diametro delle vie aeree.

Naturalmente, poiché la valutazione endoscopica delle vie aeree è un esame soggettivo, dovrebbe essere effettuato da un operatore esperto. Per questo motivo sono stati sviluppati dei sistemi semi-quantitativi a punteggio per standardizzare i rilievi ottenuti (Hewson & Viel, 2011).

È importante anche ricordare che l’utilità del BAL è in relazione al fatto che con esso si indagano patologie diffuse a tutto il polone e non localizzate come ad esempio un ascesso. Inoltre la comparazione tra l’esame citologico del polmone sinistro e destro ha evidenziato che non esiste differenza tra l’uno e l’altro (McKane et al., 1995). In alcuni casi è necessario lavare particolari siti polmonari, come ad esempio i settori cranio-ventrali se sospettiamo una polmonite ab ingestis o i settori caudo-dorsali se si sospetta un’EIPH (“exercise-induced pulmonary hemorrhage”).

3.2 Tecnica alla cieca

(Fogarty, 1991; McKane et al., 1995; Rush & Mair, 2004; Hewson & Viel, 2008; Lavoie et al., 2011).

Per questa metodica viene utilizzato un tubo naso-tracheale flessibile e cuffiato, di 8 mm di diametro esterno. Un tubo naso-tracheale cuffiato con diametro esterno di 9 mm fornisce risultati simili a quelli ottenuti con l’endoscopio.

Il tubo viene fatto passare attraverso il naso-faringe estendendo la testa del cavallo, in modo da far passare facilmente il tubo attraverso il laringe in trachea. Un colpo di tosse suggerisce che il tubo è arrivato alla biforcazione tracheale e quindi ha stimolato i recettori della tosse; anche in questo caso viene instillata lidocaina allo 0,4% (60-120 ml). Quindi il tubo viene fatto avanzare finché non si avverte una resistenza che indica che il diametro esterno del tubo è equivalente al diametro del bronco. Nella maggior parte dei casi, il tubo procede naturalmente nelle zone caudo-dorsali. La cuffia viene insufflata con 5-10 ml di aria; questa previene la fuoriuscita del liquido instillato. Come per la tecnica endoscopica, vengono infusi 200-30 ml di soluzione salina sterile riscaldata utilizzando 5 siringhe da 60 ml. Si dovrebbero instillare 120 ml di soluzione fisiologica, quindi aspirare, instillare la seconda aliquota di 120 ml ed infine aspirare.

3.3 Tecnica endoscopica

(Rush & Mair, 2004; Hewson & Viel, 2008; Lavoie et al., 2011)

Viene effettuata inserendo l’endoscopio nelmeato ventrale della narice destra o sinistra, per poi oltrepassare il laringe ed entrare in trachea. Quindi far passare un catetere (7-8 F per colonscopio) nel canale di servizio dell’endoscopio: Il catetere viene inserito in questo momento perché quando si raggiunge il laringe e si entra in trachea, è possibile avere qualche colpo di tosse; di solito un soggetto sano tossisce 2-3 volte durante il passaggio dell’endoscopio in laringe, a differenza di soggetti con ipersensibilità possono presentare anche degli accessi di tosse. In questo caso, attraverso il catetere precedentemente posizionato, è possibile infondere lidocaina per uso locale (lidocaina senza adrenalina

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diluita allo 0.4% in soluzione fisiologica sterile). Alcuni Autori (Hewson & Viel, 2008) sconsigliano l’uso di anestetico locale a livello della giunzione laringo-tracheale perché il liquido instillato potrebbe fluire attraverso la trachea e lavare le basse vie prima che si sia raccolto il campione per la batteriologia o per la citologia.

Quindi si percorre la trachea sino alla biforcazione, si entra (dx o sx) e si segue l’albero bronchiale finché il diametro dell’endoscopio lo permette. Anche a questo livello, poiché l’attraversamento della biforcazione tracheale può provocare tosse, è opportuno infondere anestetico topico. L’endoscopio viene fatto procedere fino ad un bronco segmentale: lo strumento deve essere inserito finché non si avverte una resistenza che indica che il diametro esterno dell’endoscopio è uguale al diametro del bronco. Questo è molto importante perché è necessario che l’endoscopio stesso occluda il bronco per evitare che il fluido instillato venga disperso. Bisogna ricordare che l’area di polmone che viene lavata e quindi indagata è in relazione al diametro esterno dell’endoscopio; strumenti di diametro di 10-13 mm generalmente riescono ad occludere bronchi di IV o V generazione. In questo caso saremo in grado di lavare un numero significativo di bronchi ad alveoli (Hewson & Viel, 2008).

Una volta che l’endoscopio o il tubo sono posizionati, si può procedere al BAL. Questo viene effettuato con soluzione fisiologica 0.9%, è utile scaldare a 37°C la soluzione per evitare il broncospasmo indotto dal freddo che ridurrebbe la quantità di liquido recuperato. Si infondono 300 ml di soluzione salina sterile a 37°C e una volta che tutta la soluzione fisiologica è infusa, si aspira immediatamente a causa dell’elevata capacità di assorbimento dell’albero bronchiale. Si può raccogliere fino al 75% della soluzione infusa.

Le complicazioni del BAL sono minime. Una risposta infiammatoria neutrofilica si presenta quando il lavaggio viene eseguito in un arco di tempo lungo, e può essere rilevato se i successivi lavaggi sono eseguiti entro 48 ore dal primo (Sweeney et al., 1992).

Questa risposta infiammatoria si verifica solitamente nel bronco e segmento polmonare in cui è stato effettuato il lavaggio, ma occasionalmente può manifestarsi anche nel polmone controlaterale.

Anche un lieve aumento della temperatura è stato riportato in cavalli nelle prime 24 ore successive al BAL, senza però conseguenze cliniche importanti.

3.4 Sedazione per il BAL

Il BAL viene effettuato in stazione quadrupedale su un animale sedato. Come per l’aspirato ed il lavaggio tracheale, anche per il BAL la sedazione viene ottenuta mediante somministrazione di α-2 agonisti. La concomitante somministrazione di butorfanolo tartarato (0,01-0,03 mg/kg pc, IV) è spesso utile in soggetti con COPD grave ed ipersensibilità marcata, al fine di ridurre gli accessi di tosse secondari al passaggio dell’endoscopio.

3.4.1 Riflesso della tosse e farmaci antitussigeni

Il posizionamento dell’endoscopio durante il BAL causa una stimolazione delle fibre vagali afferenti in laringea, trachea e bronchi. Le fibre nervose vagali trasmettono impulsi elettrici al centro della tosse nel

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tronco encefalico e la sua funzione è quella di ricevere questi impulsi e coordinare la risposta tussigena mediante l’attivazione dei neuroni motori efferenti.

Controverse sono le opinioni sull’esistenza del centro della tosse, ma stimolazioni elettriche di varie aree midollari ha dimostrato provocare tosse negli animali; questo ha suggerito che un centro virtuale nel midollo allungato o “nucleo del tratto solitario” inducono il riflesso della tosse.La modulazione farmacologica del riflesso della tosse può concentrarsi sul SNC, dove potenti farmaci antitussivi, come gli oppioidi, hanno dimostrato inibire la tosse mediante la soppressione del presunto “centro della tosse” (Fuller et al., 1991).

Altri bersagli potenziali nel SNC sono il recettore 5–idrossitriptamina, il recettore γ-aminobutirrico e monoamminossidasi, coinvolti direttamente o indirettamente nella risposta tussigena.I farmaci broncodilatatori (ad esempio i β-agonisti o la teofillina) hanno dimostrato ridurre chiaramente la broncocostrizione ed avere un effetto antitussigeno nei porcellini d’India, ma questi farmaci non hanno azione inibitoria sulla tosse in umani (Forsberg et al., 1992).

I farmaci anticolinergici, che potrebbero ridurre indirettamente la tosse aumentando la secrezione mucosa, non inibiscono direttamente il riflesso tussigeno.

I farmaci anticolinergici come l’atropina vengono spesso utilizzati durante l’anestesia gassosa per inibire la stimolazione vagale che si ha quando si inserisce il tracheotubo e per l’aumento della secrezione di muco, ma i recettori colinergici non sembrano avere un ruolo nella modulazione della tosse.

La secrezione mucosa e la broncocostrizione che sono spesso evidenti in concomitanza con la tosse, possono essere selettivamente inibiti grazie alla somministrazione locale di anestetici e cromoglicato, che riducono la conduttanza degli afferenti vagali e quindi bloccano la fase iniziale della tosse (Gove et al., 1985).

Lo studio effettuato da Westermann et al. nel 2005 ha valutato gli effetti antitussigeni di farmaci somministrati prima del BAL in 8 cavalli, tra i 5 ed i 10 anni, di peso corporeo medio di 577 Kg. Prima di effettuare il BAL, tutti i cavalli vennero sedati con detomidina (10 mcg/Kg EV).

I cavalli vennero trattati con codeina (0,6 mg/Kg PO), butorfanolo tartrato (0,2 mg/Kg EV), glicopirrolato (0,0025 mg/Kg EV), lidocaina cloridrato alla concentrazione finale del 0,33%, lidocaina cloridrato alla concentrazione finale del 0,66% o soluzione fisiologica.

La codeina venne somministrata 2 ore prima del BAL; il glicopirrolato ed il butorfanolo 20 minuti prima del BAL; la lidocaina e la soluzione fisiologica vennero somministrate all’interno della trachea al momento dell’inizio del BAL con un catetere.

La frequenza e l’intensità della tosse venne misurata durante ogni BAL utilizzando un sistema minidisk con microfono posizionato a 60 cm dalla testa del cavallo.Gli esami clinici vennero effettuati prima e dopo ogni BAL, prestando particolare attenzione ai sistemi cardiocircolatorio e respiratorio, alla motilità intestinale, al diametro pupillare.Il volume di fluido aspirato con il BAL venne analizzato microscopicamente e con citologia.

I risultati di questo studio hanno riportato che il glicopirrolato ha causato diversi effetti avversi. Sei degli 8 cavalli hanno manifestato riduzione dei borborigmi intestinali e la ripresa della normale motilità

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