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Academic year: 2021

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Esercitazione del 16/11/2010

Uno spazio complesso X si dice iperbolico (secondo Kobayashi) se dX `e una

distanza; X si dice iperbolico completo se `e iperbolico e lo spazio metrico (X, dX)

`e completo secondo Cauchy.

Prp 3.1 Se X `e iperbolico, dX ne induce la topologia di spazio complesso.

Dim: Abbiamo osservato che dX `e una metrica di lunghezze e X, in quanto

spazio complesso, `e di Hausdorff e localmente compatto. Da questo la tesi segue. !

Notiamo che se X `e iperbolico e Y `e un sottospazio, allora Y `e iperbolico; inoltre, se X1, X2sono sottospazi di X, X1∩ X2`e iperbolico. Per quanto fatto

nella precedente esercitazione, il prodotto di spazi iperbolici `e iperbolico. Esempio: Ogni aperto limitato di Cn `e contenuto in un polidisco; un polidisco

`e iperbolico in quanto prodotto di dischi e dunque un dominio limitato di Cn `e

iperbolico in quanto sottospazio di uno spazio iperbolico.

Prp 3.2 Sia f ∈ Hol(X, Y ), sia Y!⊂ Y un sottospazio e sia X!= f−1(Y!). Se X e Y! sono iperbolici completi, allora X! `e iperbolico completo.

Dim: Sia Γf il grafico di f in X × Y ; Γf `e un sottospazio chiuso del prodotto.

Se f! `e la restrizione di f a X! e Γ

f! `e il suo grafico, allora

Γf! = Γf∩ (X × Y!)

e dunque Γf!`e chiuso in X ×Y!. Quest’ultimo `e uno spazio iperbolico completo,

allora Γf!, in quanto sottospazio chiuso, lo `e pure e la proiezione πX : X ×Y! X induce un isomorfismo tra Γf! e X!, che dunque `e iperbolico completo. !

Thm 3.3 Sia X uno spazio complesso e π : !X→ X un rivestimento. Allora i. per ogni p, q ∈ X, per ogni !p ∈ π−1(p), si ha

dX(p, q) = inf{dXe(!p, !q) | !q ∈ π−1(q)} ii. !X `e iperbolico se e solo se X `e iperbolico

iii. se X `e iperbolico, allora π : ( !X, dXe) → (X, dX) `e una locale isometria e π∗dX = d

e

X.

Dim: i. π `e olomorfa, quindi dX(p, q) ≤ dXe(!p, !q). Se ora α `e una catena di

dischi tra p e q, possiamo sollevarla a !α da !p. Allora il punto terminale di α sar`a un !q ∈ π−1(q) e l(α) = l(!α); dunque

inf{dXe(!p, !q) | !q ∈ π−1(q)} = inf{l(β) | β catena tra !p e un punto di π−1(q)} ≤

≤ inf l(!α) = inf l(α) = dX(p, q)

ii. Sia !X iperbolico e siano p, q in X tali che dX(p, q) = 0. Scelto !p in π−1(p); allora trovo !q

n in π−1(q) tali che dXe(!p, !qn) = 0. Poich´e dXe induce la

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Se d’altra parte X `e iperbolico, posso subito dire che dXe(!p, !q) = 0 solo se stanno entrambi nella fibra su uno stesso punto p di X. Sia !U un aperto che

incontra la fibra su p nel solo !p; allora

dXe(!p, b !U )≥ dX(p, bπ(U)) ≥ $ > 0

dunque, ogni catena tra !p e !q `e lunga almeno $. Ovvero dXe(!p, !q) ≥ $ > 0.

iii. Sia !p ∈ !X e poniamo p = π(p). Sia U un intorno di p di raggio!

2$ di modo che U sia biolomorfo ad ogni componente connessa di π−1(U) e

chiamiamo !U la componente che contienep. Siano V un intorno di p di raggio!

$ e !V = π−1(V ) ∩ !U .

Consideriamo !q e !r in !V, q e r le loro immagini in V . Poich´e dX(q, r) < $,

esiste una catena α da q a r con l(α) < $ e con |α| ⊂ U; ricordiamo che

L(|α|) ≤ l(α).

Sollevando α a !α, otteniamo una catena da !q a un punto di π−1(r), che

per`o deve essere contenuto in !U e dunque deve essere !r. Dunque dX(q, r) ≥ dXe(!q, !r); l’altra uguaglianza segue dall’olomorfia della proiezione. Dunque π `e

una isometria locale. Inoltre, notiamo che

dXe(!p, !q) = inf e γ L(!γ) = infeγ supT " dXe(!γ(ti), !γ(ti−1)) = = inf e γ supT " dX(π(!γ(ti)), π(!γ(ti−1))) = inf e γ L(π◦ !γ) = π dX(!p, !q)

e questo dimostra l’ultima affermazione. !

Un facile corollario `e che ogni superficie di Riemann che abbia come rive-stimento universale, come le superfici di Riemann compatte di genere ≥ 2 o gli aperti di C il cui complementare contenga almeno 2 punti, `e iperbolica. Complementari di rette nel piano proiettivo Consideriamo in CP2 le

rette li = {zi = 0} per i = 0, 1, 2 e la retta l3= {z0+ z1+ z2 = 0}; vogliamo

dimostrare che Y =CP2\ 3 # i=0 li

non `e iperbolico. Abbiamo che l0∩l1= [0, 0, 1] e l2∩l3= [1, −1, 0], quindi la retta

per questi due punti `e l4= {z0+z1= 0}; notiamo che l4∩Y = CP1\{2 pt} = C∗

e dunque su l4∩ Y la pseudodistanza dY `e degenere.

Consideriamo ora invece

X =CP2\

4

#

i=0 li

con le notazioni di prima. Infatti, X sta nella carta U = {z0+ z1 *= 0} ∼=C2,

ottenuta mandando all’infinito la retta l4. In essa, rispetto alle coordinate x, y,

le rette l0, l1, l2, l3 sono date da

(3)

e dunque sono due coppie di rette parallele. Questo implica che

X ∼= (C \ {0, 1}) × (C \ {0, 1}) e dunque `e iperbolico, in quanto prodotto di spazi iperbolici.

3.1

Legami tra iperbolicit`

a e curvatura

Sia X una variet`a complessa con una metrica hermitiana h. Definiamo la

curvatura sezionale olomorfa di X in x lungo v ∈ TxX come

Kh(x)[v] = sup{Kf∗h(0) | f ∈ Hol(D, X), f(0) = x, v ∈ Txf (D)}

dove Kf∗h `e la curvatura di f∗h come metrica suD.

Osserviamo che, se scriviamo f∗h = 2λdzdz, allora

Kf∗h= −1

λ

2log λ

∂z∂z

La definizione appena data non coincide, a priori, con la definizione della geometria differenziale; vediamo come in realt`a i due concetti siano il medesimo. Sia h = 2hi,jdzidzj la metrica hermitiana, allora il tensore di curvatura `e

dato da Ri¯jk¯l= − 2hi¯ j ∂zk∂z¯l + n " p,q=1 ∂hi¯q ∂zk ∂hp¯j ∂z¯l

e dato un vettore del tangente olomorfo v = vi∂/∂zi, si definisce Hds2(v) = Ri¯jk¯lvivjvkvl

che `e la curvatura sezionale olomorfa lungo v in senso classico. Notiamo che, se X! `e una sottovariet`a di X e ds2

X! `e la restrizione della

metrica di X a X!, allora si ha

Hds2X!(v) ≤ Hds2X(v) ∀ v ∈ T X!

Infatti, fissando delle coordinate in cui X! = {zm+1 = . . . = zn = 0} e che

diagonalizzino la metrica, per le equazioni di Gauss-Codazzi, si ha

RXjk¯l− RX! i¯jk¯l= m " p=1 ∂hi ¯p ∂zk ∂hp¯j ∂z¯l

Dunque Kh[v] ≤ Hds2X(v). Ora, sia X!una curva tangente a v ∈ TxX; scegliamo

delle coordinate in cui

X! = {z2= . . . = zn} hi¯j(x) = δi,j

Se ∂hi¯q(x)/∂zk = 0, allora X! realizza l’uguaglianza tra Kh[v] e Hds2X(v);

altrimenti si consideri il cambio di variabili

z1= w1 zq = wq−aq

2(w

1)2 q

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allora ds2= 2g i¯jdwidw ¯ j con gq= hq− n " r=2 hr ¯qarw1 e ponendo aq= ∂hq(x) ∂z1

si ha l’annullarsi delle derivate prime in w1 dei coefficienti h

q in x. Quindi Y! = {w2= . . . = wn= 0}

`e una curva per x, tangente a v che realizza l’uguaglianza. Dunque Kh[v] = Hds2X(v).

Osserviamo che, dalla definizione variazionale fornita, segue immediatamente che, data φ : X → Y olomorfa, Kφ∗h[v] ≤ Kh[φ∗v] per ogni v∈ T Y , dove h `e

una metrica Hermitiana su X.

Prp 3.4 Sia ds2la metrica di Poincar`e sul disco unitario e sia dσ2una metrica

hermitiana sul disco con Kdσ2≤ −1. Allora dσ2≤ ds2.

Dim: Sia Da il disco di raggio a. Consideriamo su di esso la metrica ds2a =

4a2

(a2− |z|2)2dzdz = 2µadzdz

sia inoltre dσ2= 2λdzdz. Poniamo u

a = λ/µa; la nostra tesi `e u1≤ 1. Notiamo

che ua(z0) → u1(z0) se a → 1−, quindi ci basta mostrare che ua≤ 1; inoltre, se z→ bDa, allora ua(z) → 0, quindi ua ha massimo interno a Da, diciamo in z0.

Se ua(z0) = 0, abbiamo finito. Altrimenti notiamo che

∂∂ log ua(z0) = ∂∂ log λ(z0) − ∂∂ log µa(z0) = −λ(z0)Kdσ2(z0) − µa(z0)

= µa(z0)(−ua(z0)Kdσ2(z0) − 1) ≤ 0

in quanto il punto `e di massimo. Dunque ua(z0)Kdσ2(z0) ≤ −1, ovvero ua(z0) ≤

1. !

Thm 3.5 Sia (X, h) una variet`a Hermitiana con Kh ≤ 1. Allora f∗h≤ ds2D per ogni f ∈ Hol(D, X).

Dim: Kf∗h[v] ≤ Kh[fv] ≤ −1 e dunque possiamo applicare la proposizione

precedente, che si dice che f∗h≤ ds2 D. !

Cor 3.6 Sia (X, h) una variet`a Hermitiana con Kh ≤ c < 0, allora X `e iperbolico.

Dim: A meno di riscalare, Kh ≤ −1. Sia δ la distanza indotta dalla metrica h, allora per ogni f ∈ Hol(D, X), si ha fδ ≤ dD, dunque, per la propriet`a

estremale della distanza di Kobayashi, si ha δ ≤ dX e poich´e δ `e una distanza

lo `e anche dX. !

Dunque, ogni superficie di Riemann di genere ≥ 2 o ogni aperto di C \ {0, 1} sono iperbolici.

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3.2

Iperbolicit`

a secondo Brody

X si dice iperbolico secondo Brody se ogni funzione olmorfa f : C → X `e

costante. Per il teorema di Liouville, il disco unitario `e Brody-iperbolico. Osserviamo che, se X `e iperbolico, allora `e Brody-iperbolico, in quando

dX(f(p), f(q)) ≤ dC(p, q) = 0.

Prodotto di spazi Se X e Y sono Brody-iperbolici, consideriamo f : C →

X × Y , allora πX ◦ f e πY ◦ f devono essere costanti, dunque anche f deve

esserlo.

Sottospazi Se i : Y → X `e un’inclusione olomorfa e X `e Brody-iperbolico, allora f : C → Y induce i ◦ f : C → X che `e costante. Dunque Y `e Brody-iperbolico.

Fibrati Sia 0 → F → E → B un fibrato, con F e B Brody-iperbolici; allora

f :C → E induce π ◦f : C → B che deve essere costante, ovvero f : C → π−1(b)

per qualche b ∈ B, ma π−1(b) ∼= F e dunque f `e costante. Segue che E `e

Brody-iperbolico.

Rivestimenti Se π : !X → X `e un rivestimento, allora dal paragrafo

pre-cedente `e ovvio che la Brody-iperbolicit`a di X implica quella di !X. D’altra

parte, se !X `e Brody-iperbolico, data f :C → X olomorfa, possiamo sollevarla

a f : C → !X olomorfa, poich´e π1(C) = {1}, e dunque costante.

Osserviamo che la Brody-iperbolicit`a non `e un invariante birazionale, infatti se Y `e il blow-up di X in un punto, il divisore eccezionale contiene un’immagine non banale di C.

Il teorema di Brody afferma che per uno spazio compatto, iperbolicit`a e Brody-iperbolicit`a sono equivalenti; l’ipotesi di compattezza `e necessaria, infatti l’aperto di C2 dato da

X ={|z| < 1, |zw| < 1} \ {z = 0, |w| ≥ 1}

`e Brody-iperbolico. Sia infatti f : C → X, allora tramite la mappa π(z, w) = (z, zw) abbiamo che π ◦ f : C → D2 e quindi `e costante. Ci`o vuol dire che f(C)

deve essere contenuta in f−1(0, 0) = {z = 0, |w| < 1}, che `e l’unico insieme su

cui f non `e iniettiva; ma anche in quest’ultimo caso, f deve essere costante, in quanto ha immagine contenuta in un disco. D’altra parte, X non `e iperbolico. Siano f0(z) = (z, 0) f1(z) = (1/n, nz) f2(z) = (1/n + z/2, w0) e z1= 1/n z2= w0/n z3= −2/n Allora f0(0) = (0, 0) f0(z1) = (1/n, 0) f1(0) = (1/n, 0) f1(z2) = (1/n, w0) f2(0) = (1/n, w0) f2(z3) = (0, w0)

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quindi

dX((0, 0), (0, w0)) ≤ dD(0, z1) + dD(0, z2) + dD(0, z3) → 0

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