1
DIPARTIMENTO DI
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
CORSO DI LAUREA IN LINGUISTICA E TRADUZIONE
TESI DI LAUREA
Il post-esotismo di Antoine Volodine: una letteratura per
sovvertire il mondo.
Proposta di traduzione di Les aigles puent di Lutz Bassmann.
CANDIDATO
RELATORE
Linda Cibati
Prof.ssa Barbara Sommovigo
CONTRORELATORE
Dott.ssa Rosa Cetro
3
INTRODUZIONE ... p. 5
CAPITOLO 1 – Il post-esotismo di Antoine Volodine ... p. 9
1.1 – L’edificio post-esotico ... p. 11
1.2 – Le fondamenta dell’edificio ... p. 15
1.2.1 – Écrire en français une littérature étrangère ... p. 16
1.2.2 – Militanza politica e collettività ... p. 19
1.3 – Traduttori, gli ultimi post-esotici? ... p. 23
CAPITOLO 2 – Voci all’interno del coro: Lutz Bassmann ... p. 25
2.1 – Bassmann extradiegetico ... p. 26
2.1.1 – Peculiarità stilistiche ... p. 29
2.1.2 – Il narrat ... p. 32
2.2 – Les aigles puent ... p. 34
CAPITOLO 3 – Proposta di traduzione ... p. 41
CAPITOLO 4 – Analisi e commento traduttologico ... p. 225
4.1 – Prima di tradurre ... p. 227
4.2 – Lessico ... p. 229
4.2.1 – Registri linguistici ... p. 230
4.2.2 – Neologia ... p. 235
4.2.3 – Lessici speciali ... p. 237
4.2.3.1 – Terminologia post-esotica ... p. 241
4.3 – Sintassi ... p. 244
4.3.1 – Ritmo del testo ... p. 251
4.4 – Onomastica e vincoli discreti ... p. 254
4.5 – Le aquile puzzano, titolo e simbologia ... p. 258
CONCLUSIONE ... p. 263
BIBLIOGRAFIA ... p. 267
5
Introduzione
Il 2020 sarà ricordato come un anno di grandi scosse. Iniziato con una serie di tensioni
militari e con il superamento di ogni record per le temperature più alte mai registrate ai
poli, è proseguito con l’insorgere di una pandemia mondiale senza precedenti, che ha
fatto emergere in via definitiva i segni di nuovo modello di società impostata su un
assetto globale. Tutte le falle e le conseguenze delle azioni intraprese negli ultimi
decenni vengono a galla, ed è sempre più difficile ignorarle. Mai come ora è stata
evidente la necessità di riformare la nostra visione del mondo, il nostro modo di
concepirlo e di approcciarci a esso; mai come ora si è sentita l’esigenza di trovare
soluzioni più sostenibili non solo a livello ecologico ma anche umano. In un simile
contesto, abbiamo bisogno di qualcosa che ci aiuti a trovare un’alternativa percorribile,
a rimettere in discussione ciò che abbiamo sempre dato per assodato. Letterature come
quella post-esotica sono necessarie e fondamentali per apprendere nuovi concetti, per
iniziare a ragionare in termini di alterità e promuovere così un’idea di reciprocità e
uguaglianza anche nella differenza.
Una volta accettato il vincolo che impone di non cercare di ricondurre il post-esotismo
alla realtà, i meccanismi difensivi insiti in esso saltano uno dopo l’altro, e questo
oggetto letterario si dispiega sotto agli occhi del lettore: ciò che compare è un universo
intero, racchiuso nello spazio circoscritto di un libro, ed è sorprendente scoprire quanti
elementi apparentemente incompatibili possano in realtà convivere in perfetta armonia.
La forza evocativa di questa letteratura risiede nella circolarità tipica della storia. Dalle
aberrazioni del ventesimo secolo a quelle del ventunesimo non sono intercorsi dei veri
cambiamenti: gli oppressi sono spesso diventati oppressori, e i campi di concentramento
non sono affatto spariti, hanno solo cambiato nome. Gli Untermenschen di oggi sono
quelli che si incontrano nei campi profughi, alle frontiere e sui sentieri che segnano le
nuove rotte della migrazione, le rotte percorse da chi ha una sola alternativa e per
seguirla è costretto ad affrontare situazioni che per noi, oggi, non sono altro che
finzione.
Questa tesi vuol essere innanzitutto un’occasione di riflessione su una letteratura
realmente contemporanea, analizzandone da vicino la capacità di ribaltare le
prospettive. Al tempo stesso, vogliamo anche esplorare il potenziale ruolo della
6
traduzione in un universo letterario che ha fatto del meticciato linguistico e culturale la
sua roccaforte e il suo obiettivo, un universo politicamente scorretto che non ha paura di
eleggere a protagonisti personaggi che hanno toccato il fondo, ritraendone le
contraddizioni, le debolezze e le miserie.
Les aigles puent occupa una posizione relativamente periferica nella letteratura
post-esotica e, pur presentando tutte le caratteristiche tipiche del genere, gode di una
notevole indipendenza che gli permetterebbe di funzionare anche al di fuori
dell’edificio, pur con perdite non indifferenti in termini di significato. Diversamente da
altri libri post-esotici, infatti, gode di grande autosufficienza ed è in grado di proporre
diversi livelli di lettura, adeguati alle potenzialità del lettore. Qualcuno potrebbe
leggerlo come un libro distopico tra i tanti, altri potrebbero aggiungervi un significato
politico e altri ancora, magari, deciderebbero alla fine di approfondire la questione e di
ampliare la propria conoscenza del post-esotismo. Con la sua scrittura sobria ma
ricercata, Bassmann propone un’immagine del mondo, visto attraverso i suoi occhi di
militante disilluso.
I primi due capitoli di questa tesi serviranno a creare un inquadramento generale,
necessario per potersi muovere con relativa agilità tra i concetti esposti in fase di analisi
traduttologica, ovvero nel quarto capitolo. Nel terzo, invece, riporteremo una proposta
di traduzione del libro con testo originale a fronte. Per quanto riguarda la bibliografia, è
stato necessario un continuo dialogo tra testi critici, articoli, interviste e opere
post-esotiche vere e proprie, per non discostarsi mai eccessivamente dal cuore pulsante
dell’edificio, che vive in sé stesso e in funzione di sé stesso.
In Francia i testi critici su Volodine abbondano, e anche in ambito anglofono gli
approfondimenti non mancano, mentre in Italia al momento non risultano studi
accademici sull’argomento. Ciò nonostante, dal 2013 a oggi, l’interesse per questi
autori è aumentato, non solo nei confronti di Volodine ma anche dei suoi eteronimi
Bassmann e Draeger, portando alla traduzione di almeno un testo all’anno. È allora
lecito aspettarsi di assistere presto a una crescita dell’interesse nei confronti di questo
collettivo di autori anche in ambito accademico; d’altra parte, la comparsa di studi
sempre nuovi sull’autore (ad esempio il testo pubblicato da Dominique Soulès nel
2017) sembra suggerire che il terreno sia fertile e pronto ad accogliere nuove
esplorazioni.
7
L’interesse non manca, insomma, e se anche così non fosse, per dirla con le parole di
Bassmann:
Potremmo comunque, nell’ambito di tale esplorazione, acquisire una migliore conoscenza di noi stessi. Il che non ci tranquillizzerà affatto, posto che il sapere non aiuta a vivere, non più di quanto faccia il proferire, ma almeno ci spronerà ad avanzare un po’ meno sprovveduti verso la fine.1
1 A. Volodine, A. D’Elia, Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima, 66thand2nd, Roma, 2017,
9
Capitolo 1 – Il post-esotismo di Antoine Volodine
Antoine Volodine nasce tra il 1949 e il 1950 in Francia, probabilmente a
Chalon-sur-Saône. Sul suo conto si sono fatte diverse ipotesi, tra cui quella della nascita in una
famiglia di origini russe e il legame di parentela con la scrittrice e accademica francese
Lucette Desvignes. Segue un percorso di studi in lettere moderne, specializzandosi in
letteratura russa, e prende parte ai movimenti politici degli anni ’60, sempre occupando
una posizione marginale, in linea con le sue idee di indipendenza e autodeterminazione.
Quali che siano le sue origini, i dati anagrafici e biografici perdono gran parte del loro
valore se messi a confronto con la realtà dei fatti: la scelta di scrivere sotto pseudonimo
– secondo alcuni ispirato a Innokentij Volodin, un personaggio de Il primo cerchio di
Solženicyn
2, secondo altri da Volodia, diminutivo affettuoso di Vladimir, il nome Lenin
e Majakovskij
3– deriva dalla volontà di mantenere la vita privata ben separata dalla sua
esistenza in quanto scrittore.
In tanti, soprattutto nelle prime fasi della sua carriera, hanno provato a stabilire dei
rapporti tra la vita privata dell’autore e la letteratura da lui inventata, cercando ogni
volta di “smascherare” i presunti richiami alla letteratura tradizionale nascosti qua e là
nei suoi testi. Dal nouveau roman alla fantascienza, per anni si è cercato di assimilare
l’opera di Volodine a quella degli autori più disparati, ottenendo dall’autore solo
risposte caustiche e grande perplessità circa l’insistenza di alcuni critici nel voler a tutti
i costi ricondurre la sua letteratura a quella di altri, come se un collegamento con il
canone fosse indispensabile per giustificarne l’esistenza:
I like Kafka, Borges, and also hundreds of first-rate writers, and I have been affected by numerous films, by paintings, by musical works, by personal experiences and by personal experiences lived by others, recounted, imagined, dreamed, interpreted, understood, misunderstood. I have difficulty with the fact that people want to shed light on my texts via the light of literary influence alone, and I am annoyed, in fact, when the name of a writer is proposed in order to “explain” this or that detail in the prose that I sign. I am annoyed when the name has scarcely any relation to my readings and reflections, when it is completely
2 M.-P. Huglo, “The Post-Exotic Connection: Passage to Utopia”, in SubStance, Issue 101 (Volume 32,
Number 2), 2003, p. 103-104.
10
outside my sensitivity – i.e. when the critic is totally mistaken. I am so annoyed when someone invokes a reference that is undeniable […] for immediately one is going to be reduced to a game between a definite source and novelistic material. It is this function of analysis that upsets me. The novelistic material always has numerous sources, most of which have been deformed by time, introspection, doubt, and memory. Nothing in your head is authentic.4
A chi cerca disperatamente di classificarlo, Volodine non dà soddisfazioni: lungi da lui
porsi in continuità con qualsiasi tipo di tradizione, e ancor meno cercarne la rottura. Ciò
che propone è una letteratura dell’altrove, del parallelo e del possibile. Le uniche
influenze che accetta e rivendica, non in senso strettamente letterario, sono quelle del
surrealismo e dell’epica rivoluzionaria, che hanno contribuito a formare la sua capacità
di pensare in modo veramente libero, aggiungendo immagini inedite al suo ipertrofico
repertorio fantastico. Mentre i suoi colleghi cercavano protezione e legittimazione nelle
opere di Proust o Flaubert, lui rivendicava l’influsso “de la littérature soviétique des
années 1920 et du surréalisme”
5.
Filiazioni e genealogie a parte, è evidente lo statuto di grande indipendenza di cui gode
il post-esotismo, concepito per essere completo in sé e per sé. Si tratta infatti di una
letteratura composita e sfaccettata, dotata di diversi livelli di comprensione che
funzionano solo all’unisono ma che al tempo stesso sembrano impossibili da afferrare
contemporaneamente. In dialogo diretto con l’inconscio del lettore, il post-esotismo ha
come prima e principale caratteristica quella di non poter essere descritto attraverso le
categorie tradizionali. Tutti i testi, così come gli autori, godono di un discreto livello di
individualità che ne permette l’esistenza e il funzionamento in quanto singole unità, ma
è solo in un’ottica corale che se ne realizzano a pieno le potenzialità. Il post-esotismo è
un cantiere aperto, un’opera in costruzione che, testo dopo testo, prende forma e si
espande, e che arriverà a mostrarsi nella sua totalità solo una volta che l’ultima pietra
sarà stata posata.
4 A. Volodine, J.-D. Wagneur, “Let’s take that from the beginning again…”, in SubStance, Issue 101
(Volume 32, Number 2), 2003, p. 23-24.
5 A. Volodine, S. Omont, S. Nicolino, L. Roux, “L’humour du désastre”, intervista pubblicata in La
11
1.1 – L’edificio post-esotico
L’esigenza della scrittura si è manifestata in Volodine fin dall’infanzia, come un
impulso irrefrenabile. Il suo primo racconto, intitolato Comancer
6, risale all’epoca in
cui ancora non aveva pieno controllo della penna. La storia, piuttosto complessa per un
bambino di soli cinque o sei anni, conteneva già in forma embrionale alcuni di quelli
che sarebbero poi diventati i caratteri distintivi del post-esotismo, e Volodine ne
rivendica la paternità con orgoglio. Da quel momento in poi, nel suo processo creativo,
tutto è stato volto a imbastire la struttura che noi oggi conosciamo, anche se non sempre
in modo consapevole
7. Possiamo considerare Comancer come una sorta di genesi del
post-esotismo, nato da un’esigenza interiore più che da una vera e propria coscienza
letteraria. Prima di essere pubblicato e di approdare al mondo dell’editoria ufficiale,
infatti, il percorso di Volodine è stato lungo e tortuoso, costellato di testi nati in modo
spontaneo e inizialmente destinati solo a lui. Il post-esotismo è il risultato di anni e anni
di scrittura, di accumulo e di rielaborazione incessante di testi e frammenti di testo.
La costante è sempre stato il piacere dell’atto creativo, non certo il desiderio di ottenere
dei riconoscimenti o di vedere il suo nome sugli scaffali di una libreria. La possibilità di
essere pubblicato si concretizza solo 1985, grazie all’interesse di Élisabeth Gille, ai
tempi direttrice della collana Présence du Futur per le edizioni Denoël, con cui
Volodine pubblica quattro opere, dalla Biographie comparée de Jorian Murgrave,
dell’85, a Des enfers fabuleux nell’88. Gille era in cerca di testi volutamente ibridi, che
non rispettassero necessariamente le regole tipiche della fantascienza e che
permettessero di fonderla con la letteratura propriamente detta. Così Volodine, che
corrispondeva al profilo, si è ritrovato tra le fila degli scrittori veri e propri, confinato
però in quello che ha definito come “il ghetto della fantascienza”
8. Nel 1990, grazie
all’interesse di Jérôme Lindon, storico presidente delle Éditions de Minuit, Volodine
riemerge dal ghetto e fa il suo debutto nella letteratura generale. Con la pubblicazione
di Lisbonne, dernière marge, lo scrittore si libera finalmente dall’etichetta di scrittore di
6 Parti del testo compaiono in versione originale, errori ortografici compresi, nel libro Écrivains, Éditions
du Seuil, Paris, 2010.
7 A. Volodine, J.-D. Wagneur, Let’s take that from the beginning again…, op. cit., p. 15.
8 A. Volodine, J.-D. Wagneur, “Volodine, le post-exotique”, intervista pubblicata su Libération,
12/03/1998. URL: < https://next.liberation.fr/livres/1998/03/12/volodine-le-post-exotique_232924 > Ultima consultazione: 29/03/2020.
12
fantascienza, ma solo per ritrovarsi di nuovo confinato in un altro genere letterario,
quello delle avanguardie.
La sua consacrazione come autore “ufficiale” va di pari passo con il risveglio della
critica letteraria, che d’improvviso inizia a manifestare grande interesse nei suoi
confronti, oltre a un irrefrenabile desiderio di classificare e inquadrare le sue opere,
spesso ancor prima di averle comprese. È in questo contesto che il nome post-esotismo
vede la luce, in risposta alle domande di un giornalista particolarmente insistente.
Secondo Volodine, niente è più insolente di un giornalista che chiede a un autore di
autocollocarsi nel panorama letterario, specialmente a un autore come lui, che per la sua
letteratura non chiede altro che il diritto di esistere; tale compito spetta semmai ai
critici
9. Incalzato di continuo e costretto a dissociarsi ora da un genere, ora da un altro,
Volodine conia l’espressione post-esotismo anarco-fantastico, una definizione ironica e
nata come una provocazione che però si rivela più accurata del previsto. Da quel
momento in poi il nuovo termine continua a evolvere, riempiendosi di sfumature di
significato parallelamente alla formazione dell’edificio, cresciuto fino a diventare
un’entità tangibile. Nonostante Lisbonne, dernière marge abbia segnato un punto di
svolta, ci sono voluti alcuni anni prima che il post-esotismo raggiungesse lo status di
completa indipendenza di cui gode oggi in quanto oggetto letterario.
La consacrazione definitiva arriva con Gallimard, che si dimostra più elastica del
previsto nei confronti delle insolite dinamiche editoriali post-esotiche. Nel 1998 viene
pubblicato Le post-exotisme en dix leçons, leçon onze, un libriccino destinato a
proiettare il post-esotismo in una dimensione fino ad allora inedita. Sebbene la
copertina riporti solo il nome di Volodine, all’interno del libro si trovano le firme di
altri sette importanti scrittori post-esotici: Lutz Bassmann, Ellen Dawkes, Iakoub
Khadjbakiro, Elli Kronauer, Erdogan Mayayo, Yasar Tarchalski e Ingrid Vogel. La
Leçon onze è considerata da alcuni come la più rappresentativa di tutte le opere
post-esotiche, quasi alla stregua di un manifesto. In effetti, il titolo potrebbe far pensare che
si tratti di un’opera finalmente esplicativa, di un saggio in grado di fornire la chiave di
lettura definitiva per sciogliere i nodi di questo genere così controverso. E invece, come
sempre quando si parla di post-esotismo, il lettore si ritrova al cospetto (e all’interno)
9 Festival ChiassoLetteraria 2019, incontro diretto da Alessandro Zaccuri e Marina Astrologo,
04/05/2019. Il video dell’incontro è disponibile su Youtube. URL: <
13
dell’ennesima (i. e. dell’undicesima
10) opera di narrativa, intrisa come al solito di
elementi più o meno esplicativi, in cui i diversi firmatari prendono parola l’uno
sull’altro. Più di tutto, la Leçon onze è un’occasione per far scendere in campo i
numerosi meta-narratori di cui Volodine si fa portavoce, per conferire un’esistenza
extradiegetica a “those who speak the post-exotic novels, who murmur them, modify
them, transmit them, dream them”
11. Di voce in voce, assistiamo alla presentazione di
tutti gli aspetti fondamentali del post-esotismo, condividiamo l’esperienza
dell’incarcerazione con un numero indefinibile di compagni e compagne, veniamo
inondati dal più acre disprezzo per i padroni e per tutto ciò che proviene dal mondo
“ufficiale”, scopriamo una serie di sottogeneri letterari mai visti e uno sterminato
corpus di opere prodotte da collettivi, autori singoli oppure anonimi. Ancora una volta,
insomma, Volodine ci offre un testo che non può essere ricondotto ad alcuna categoria
specifica, irriducibile, dai contorni sfumati e inafferrabili.
L’anno successivo, in sordina, uno di questi autori sfonda le barriere cartacee
dell’universo diegetico per assumere una dimensione di gran lunga più tangibile. È Elli
Kronauer, che dal 1999 al 2001 pubblica cinque libri con la casa editrice École des
loisirs, specializzata in letteratura per ragazzi. Quello che Kronauer ci propone è, ancora
una volta, profondamente eterodosso: si tratta di raccolte di byline, canti epici della
mitologia russa originariamente cantati da bardi per un pubblico popolare, riadattate alle
esigenze estetiche e ideologiche del post-esotismo, nel tentativo di preservare un
patrimonio storico-culturale fin troppo trascurato. Dal 2002, alla misconosciuta voce di
Kronauer se ne aggiunge una femminile, quella di Manuela Draeger, sempre all’École
des loisirs, che con la sua scrittura dalla spiccata sensibilità femminile produce testi in
grado di presentare a un pubblico giovane le tematiche forti del post-esotismo,
censurandone gli aspetti più violenti ma mantenendo questioni anche molto delicate
come quella identitaria o di genere
12. Nel 2008, poi, i post-esotici guadagnano ancora
un po’ di terreno, spingendosi più in là oltre le linee nemiche, con la pubblicazione da
10 La Leçon onze è un valido esempio di cosa si intende per vincolo post-esotico. Si tratta infatti
dell’undicesima opera firmata Volodine e suggerisce in modo non troppo velato che per comprendere il post-esotismo serve solo il post-esotismo stesso. Opera dopo opera, il lettore capace di farsi trasportare scopre che tutte le chiavi di lettura necessarie sono già dentro ai testi.
11 A. Volodine, J.-D. Wagneur, Let’s take that from the beginning again…, op. cit., p. 36.
12 A. Volodine, A. Armel, “Transformer le monde par un peu de murmure”, in Le Nouveau Magazine
14
parte di Lutz Bassmann di Haïkus de prison e Avec les moines-soldats, presso le
Éditions Verdier.
La critica accorda una maggiore attenzione a quest’ultima apparizione rispetto alle due
precedenti, ma il vero e proprio colpo di stato si ha nel 2010, con un’azione militante in
piena regola, una tripla pubblicazione volta a ribadire in modo inequivocabile che il
post-esotismo non è solo un pittoresco gioco di pseudonimi ma la reale convivenza di
più autori. Come i più celebri collettivi politici della storia, anche i post-esotici si sono
organizzati in clandestinità, per poi sferrare un attacco combinato su più fronti: Antoine
Volodine con Écrivains (Seuil), Lutz Bassmann con Les aigles puent (Verdier) e
Manuela Draeger con Onze rêves de suie (Éditions de l’Olivier)
13. La scelta di
pubblicare presso diverse case editrice non è certo casuale; tutto sembra indicare che
questo tipo di condotta miri non solo alla concretizzazione ma anche alla dignificazione
delle opere post-esotiche, attraverso l’attribuzione di spessore e indipendenza agli autori
stessi. Pubblicare tutto presso la stessa casa editrice non sarebbe stato solo tecnicamente
irrealizzabile, avrebbe avuto un sapore posticcio. In questo modo, invece, ogni
personaggio in campo rivendica la propria individualità, per poi metterla al servizio del
movimento post-esotico. Nel 2017, in occasione della presentazione di Black Village di
Lutz Bassmann, Volodine si dichiara fiero della performance editoriale sua e dei suoi
compagni. Ogni collaborazione segna un momento specifico del loro percorso
editoriale, perché l’appartenenza al catalogo di uno specifico editore è molto vincolante
per gli autori: sebbene tutte le opere siano in continuità tra loro, Volodine non potrebbe
più scrivere come faceva quando era pubblicato da Denoël o da Minuit. Gallimard,
dimostrandosi così accomodante, ha reso possibile la pubblicazione delle prime opere
collettive, Vue sur l’ossuaire e Le post-exotisme en dix leçons, leçon onze. L’editore
non cambia la voce degli autori ma di certo può cambiarne la relazione con i propri
progetti.
14Oltre alle opere pubblicate dai vari autori presso le diverse case editrici (l’attuale stato
dell’arte include Denoël, Minuit, Gallimard, Seuil, École des Loisirs, Verdier,
L’Olivier), Volodine ha scritto un numero incalcolabile di articoli, racconti brevi, testi
13 Con il passaggio dall’École des loisirs alle Éditions de l’Olivier, Manuela Draeger lascia la letteratura
per ragazzi e si inoltra in quella per adulti.
14 Presentazione di Black Village alla libreria Charybde di Parigi, 07/09/2017. L’audio della
presentazione è disponibile su Youtube. URL: < https://www.youtube.com/watch?v=z9s5G9Hurrk > Ultima consultazione: 15/04/2020.
15
teatrali, radiofonici e molto altro; l’ampiezza della portata del post-esotismo lo rende un
oggetto mutevole e puntiforme, difficilmente rappresentabile nella sua totalità. Per
essere finalmente completa e del tutto autosufficiente, la struttura deve arrivare a
comprendere un totale di quarantanove opere pubblicate, numero che, come si vedrà in
seguito, non è affatto casuale. Frères Sorcières, pubblicato con Seuil nel gennaio 2019,
costituisce la quarantatreesima opera post-esotica. Sono solo sei, quindi, i testi che
devono ancora vedere la luce, l’ultimo dei quali, secondo alcune indiscrezioni
15, si
chiamerà Retour au goudron, porterà la firma del collettivo Infernus Johannes e si
concluderà con la frase «Je me tais». Non resta allora che aspettare il seguito, in attesa
di scoprire cosa succederà da qui a Retour au goudron, quali altri colpi stanno mettendo
a punto questi prigionieri e queste prigioniere. Per ingannare l’attesa, possiamo cercare
di avvicinarci quanto più possibile a questa corrente narrativa, che prende ciò che
conosciamo, ciò che crediamo di sapere, e lo ribalta deliberatamente, restituendoci una
visione del mondo che affonda le sue radici in quanto di più umile, dimenticato e
raccapricciante esista, una vera e propria letteratura delle pattumiere
16.
1.2 – Le fondamenta dell’edificio
Un edificio tanto complesso e così minuziosamente progettato non può che avere
fondamenta ampie e profonde. È il caso del post-esotismo, che porta in sé modalità,
tematiche e condizioni di esistenza declinate nei modi più svariati, ma tutte strettamente
interrelate; non si può sperare di coglierne l’essenza se non si è disposti a considerare il
post-esotismo al tempo stesso sia come un unicum collettivo e indissolubile, sia come
un mosaico che riunisce al suo interno gli elementi più disparati, celebrando l’unicità di
ognuno. È una letteratura che subisce la fascinazione di mondi e culture lontane, che
recupera forme letterarie antiche, quasi ancestrali. Una letteratura del diverso, del
subordinato, del marginale e del minoritario, che rifiuta e disprezza il sistema limitante
su cui si regge la società occidentale, basata su un sistema di opposizioni
15 A. Volodine, J. Arthuys, J.-L. Bertini, C. Casaubon, F. Courtal, L. Roux, “Héros de l’écrabouillement”,
in La Femelle du Requin, n°46, Automne/Hiver 2016, p. 40-42.
16 A. Volodine – F. Di Lella, Lisbona, ultima frontiera, ebook, Edizioni Clichy, Firenze, 2017, p.30. Il
16
sostanzialmente binarie. Sovvertire questo sistema, minarlo dal profondo, è uno degli
obiettivi primari del post-esotismo, che ci invita a cambiare approccio, a liberarci dai
limiti che ci impongono di cercare sempre e solo ciò che è lineare, consequenziale,
logico. Il post-esotismo si offre come una visione alternativa del mondo e proprio per
questo è capace di dipanarsi in infinite direzioni, il cui unico limite è quello che noi
stessi gli poniamo. Ecco quindi alcuni dei presupposti di base su cui si fonda.
1.2.1 Écrire en français une littérature étrangère
Fin dagli inizi della sua carriera, Volodine si è sempre trovato a dover ribadire
l’estraneità del post-esotismo rispetto ai diversi generi della letteratura francese
contemporanea. Trattandosi di una scrittura istintiva, della manifestazione superficiale
di un’esigenza profonda, questa corrente non si è mai davvero curata dell’ambiente
circostante. Nel corso degli anni, interrogato da critici e giornalisti desiderosi di capire
dove collocare il post-esotismo, Volodine ha prodotto una serie di risposte brevi e
concise, spesso ironiche e variabili in base all’umore del momento ma sempre mirate a
ribadirne l’alterità e la rottura con la tradizione. Messe insieme, queste risposte possono
fornire un primo inquadramento degli autori e delle opere post-esotiche:
Qu’est-ce donc que le post-exotisme ?
- Une littérature de l’ailleurs, venue d’ailleurs, allant vers l’ailleurs.
- Une littérature internationaliste, cosmopolite, dont la mémoire plonge ses racines dans les tragédies du XXe siècle, les guerres, les révolutions, les génocides et les défaites du XXe siècle.
- Une littérature étrangère écrite en français.
- Une littérature qui mêle indissolublement l’onirique et le politique. - Une littérature des poubelles, en rupture avec la littérature officielle.
- Une littérature carcérale de la rumination, de la déviance mentale et de l’échec. - Un édifice romanesque qui a surtout à voir avec le chamanisme, avec une variante
bolchevique de chamanisme.17
17 A. Volodine, À la frange du réel, lezione tenuta alla Bibliothèque Nationale de France, 11/06/2006.
Testo disponibile sul sito delle Éditions Verdier. URL: < https://editions-verdier.fr/2014/06/04/lecon-prononcee-a-la-bnf-11-juin-2006-par-antoine-volodine/ > Ultima consultazione: 31/03/2020.
17
Il post-esotismo è dunque un oggetto letterario scritto, sì, in lingua francese, ma pensato
e concepito in una lingua neutra, nazionalmente indistinta e geograficamente
indeterminata, che ambisce a liberarsi dai tratti culturali che le lingue naturalmente
portano con sé. Ecco allora che il francese post-esotico diventa una sorta di lingua
“straniera per natura”
18, svuotata da ogni contenuto culturalmente caratterizzante e poi
di nuovo riempita di sonorità aliene, provenienti dai quattro angoli del mondo;
dall’Unione Sovietica alla Cina, passando per steppe e foreste vergini, entriamo in
contatto con giapponesi, calmucchi, ceceni, ybür… Una tale varietà gruppi etnici, siano
essi reali o fittizi, rappresenta una grande fonte di arricchimento per l’immaginario
post-esotico, già di per sé prolifico. Per riuscire a trasportare il lettore in questa
dimensione apolide, Volodine si serve di una serie di espedienti che provocano
l’insorgere di una sensazione di Unheimlichkeit
19, di inquietudine e straniamento non
meglio identificati.
L’onomastica è una delle componenti in cui tale strategia è più evidente: gli
antroponimi sono tutti rigorosamente ibridi, creati a partire da giochi di sonorità che
mirano a confondere il lettore e a impedirgli di attribuire ai personaggi una precisa
origine geografica: Maria Schrag, Yasar Dondog, Armanda Ichkouat e Khrili Gompo
sono solo alcuni dei nomi che, a centinaia, si alternano e si ripetono, richiamandosi gli
uni con gli altri e intromettendosi nel campo visivo del lettore. Lo stesso vale per i
toponimi. A parte alcune rarissime eccezioni (Lisbonne, dernière marge è una di
queste), le coordinate spaziotemporali sono oscure, inintelligibili. Gli indizi
storico-geografici forniti sono contraddittori, rimandano a un universo parallelo la cui
cartografia ci è sconosciuta e in cui il tempo sembra scorrere circolarmente o non
scorrere affatto. Di fronte a un sistema di riferimenti tanto insolito, il lettore può
scegliere se rinunciare in partenza o se accettare la realtà per come viene rappresentata,
immergendosi in questo mondo estraneo ma in qualche modo familiare. Il permesso di
accedere all’universo post-esotico viene concesso solo a chi si dimostra degno e capace
di fiducia, acconsentendo a firmare un patto di rigorosa sospensione di ogni incredulità.
18 A. Volodine. Écrire en français une littérature étrangère, intervento alla Bibliothèque Nationale de
France, 14/12/2001. Testo disponibile sul sito delle Éditions Verdier. URL: < https://editions-verdier.fr/2014/06/04/revue-chaoid-n-6-automne-hiver-2002-par-antoine-volodine/ > Ultima consultazione: 31/03/2020.
19 P. Casanova, “A fragmentary history of trashcan literature”, in SubStance, Issue 101 (Vol. 32, n° 2),
18
Una volta accettata questa condizione essenziale, lo spaesamento e lo straniamento
cedono via via il passo a una nuova complicità con i narratori, che prendono per mano
questi spettatori in visita e li conducono in un’esplorazione di paesaggi estranei e
surreali. Come quando si passa da una stanza illuminata a una buia e è necessario un
periodo di transizione prima che i sensi si abituino alla nuova situazione; allo stesso
modo il post-esotismo chiede ai “nuovi arrivati” di prendere confidenza con la
penombra. Solo allora i contorni delle cose si delineano, lasciando affiorare
un’immagine che, per quanto inafferrabile, è capace di risvegliare un sentimento di
familiarità. In questo risiede una delle più straordinarie abilità post-esotiche: i narratori
ricreano un’ambiente familiare ma al tempo stesso estraneo, la cui comprensione è
affidata a una sorta di memoria arcaica e collettiva, che funziona per immagini e
archetipi e che fa leva sulla parte più primitiva e inconscia dell’essere umano.
Ecco quindi comparire bonzi tibetani, mistici predicatori, stregoni e negromanti, figure
che fungono da ponte tra l’aldilà e l’aldiquà, permettendo di attraversare confini fino a
quel momento ritenuti invalicabili. La mediazione sciamanica è un meccanismo
essenziale nel post-esotismo, è la componente che permette ai personaggi di vagare con
disinvoltura tra una dimensione e l’altra, portando con sé quel che serve per arricchire e
lasciarsi arricchire da ciò che troveranno dall’altra parte. Così facendo si aprono le porte
del Bardo, lo spazio intermedio che, secondo i buddisti tibetani, intercorre tra la morte e
la rinascita, secondo i post-esotici luogo per eccellenza della non-opposizione dei
contrari, dell’interferenza tra il reale e il fantastico, dello scioglimento di ogni confine.
Il Bardo Thodol, o Libro tibetano dei morti, testo classico proprio del buddismo
tibetano, rappresenta un hapax all’interno del corpus post-esotico, che solo in questa
occasione ha accettato che un testo estraneo, debitamente rivisitato e spogliato di ogni
implicazione religiosa, entrasse a far parte dell’edificio in costruzione.
Il libro riscosse subito grande successo tra noi, dato che coincideva potentemente con i valori della nostra poetica: 1) La descrizione dell’inferno era quella che avevamo intrapreso, a modo nostro, sin dalla stesura dei nostri primi libri. 2) L’idea di un viaggio conscio attraverso la morte ci si confaceva, con quella sua marcia disseminata di trappole e parole che conduceva il cadavere, o quel che ne restava, verso la sconfitta, cioè verso la rinascita. 3) Le nostre trame e i nostri personaggi si erano da sempre pienamente espressi all’interno di sistemi narrativi dove regnava la non-dualità, la non-opposizione dei contrari. 4) L’eternità era per noi merce comune, nessuno più di noi ne aveva sperimentato i tremendi disastri. 5) Il discorso rivolto ai morti corrispondeva a ciò che avevamo messo in
19
pratica sin dalle origini del post-esotismo, da quando cioè la reclusione collettiva dei nostri individui aveva avuto luogo. 6) Il libro stesso, con i suoi commenti, funzionava contemporaneamente sul piano della scrittura e dell’oralità, al pari dei nostri. 7) Era circolato per secoli, passando di mano in mano tra straccioni e miserabili che non avevamo alcuna remora ad assumere come modelli, o a lasciar fraternizzare con i nostri personaggi.20
La capacità di spostarsi e viaggiare tra mondi paralleli è ciò che distingue il
post-esotismo dal resto della letteratura ufficiale, spesso bloccata nella sua stessa univocità;
in questo modo l’impasto romanzesco che alimenta il post-esotismo trova sempre di che
rinnovarsi, arricchirsi e accrescersi, continuando a nutrire gli ideali di collettività,
fratellanza e comunione che costituiscono le fondamenta dell’edificio.
1.2.2 Militanza politica e collettività
Gli scrittori post-esotici, Myriam Ossorgon, Maria Clementi, Jean Doievod, Irina Kobayashi, Jean Edelman, Maria Schrag e molti altri, si sono impegnati in politica per tentare di rovesciare un sistema che sembrava ormai radicato per sempre sul pianeta, un sistema che favoriva l’eterna miseria, costringendo cinque miliardi di straccioni a vivere nel fango, nella polvere e nella disperazione. Si sono mobilitati per distruggere le radici e i germi della miseria, e prima di tutto per farla finita con i padroni e con i cani dei padroni. Gli scrittori post-esotici non erano degli scribacchini da strapazzo, si sono impegnati in politica con le armi, hanno scelto la strada della clandestinità e della sovversione, e senza temere né la follia né la morte si sono lanciati in una lotta in cui le possibilità di vincere erano minime, infinitesimali, e così sono diventati dei soldati e dei solitari, talmente pochi da essere quasi ridicoli sul fronte di una guerra in cui, battaglia dopo battaglia, perdevano tutto.21
Collettività e condivisione sono due dei valori fondanti del post-esotismo, che in linea
con i valori dell’egualitarismo militante si professa apertamente e violentemente
anarco-comunista, libertario, anticapitalista e anticolonialista
22.
20 A. Volodine – A. D’Elia, Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima, op. cit., p. 79-80. 21 A. Volodine – D. Contadini, F. Di Lella, Scrittori, Edizioni Clichy, Firenze, 2013, p. 31-32. 22 A. Volodine, À la frange du réel, op. cit.
20
Gli scrittori post-esotici sono idealisti disillusi, lottatori sconfitti, profeti della
rivoluzione mondiale sfiniti: mentre le ultime energie li abbandonano cresce il desiderio
di accovacciarsi e aspettare immobili che la fine sopraggiunga. Il contatto con la realtà è
sempre più intermittente, eppure non rinunciano agli ideali rivoluzionari che da sempre
li guidano nella lotta alla cultura dominante: la morte è preferibile alla resa.
Imprigionati, rinchiusi in carceri di massima sicurezza o in asili psichiatrici, non rimane
loro altro da fare che rifugiarsi nel mondo dei sogni, nella loro stessa follia, per sfuggire
al presente avvelenato dall’ ormai irreversibile avvento di una società capitalista che
opprime chi è debole o diverso. È in nome di chi non ha più i mezzi per lottare che
questi poeti della sovversione portano avanti, come ultimo, estremo atto di resistenza,
una guerra che ormai esiste solo nella loro mente, in continuità empatica, poetica e
ideologica con tutti i rivoluzionari del mondo, con tutti i combattenti infelici del
globo
23. Privati del futuro e costretti a un presente di repressione e reclusione, i guerrieri
post-esotici non hanno altra scelta che rivangare costantemente il passato, rivivendo in
loop le loro disfatte più tragiche. A differenza del “nemico”, terribile entità senza volto,
non temono il fallimento e non esitano a dichiararsi sconfitti. Si schierano dalla parte
delle vittime, degli umiliati, delle moltitudini di fantasmi e mendicanti che lottano per la
sopravvivenza nelle zone più periferiche e devastate del mondo, tirando avanti con
l’irriducibile ostinazione di non ha più nulla da perdere. Deliberatamente, si classificano
come subumani; in segno di protesta contro la presunta umanità dei padroni, i
post-esotici scelgono di restare con la carne a contatto con la carne del mondo
24.
Proclamarsi Untermenschen non è un gesto privo di ironia, per quanto amara. Le
ambientazioni post-esotiche si rifanno agli episodi più oscuri della storia del ventesimo
secolo, punteggiato da guerre, genocidi e disastri ambientali (e a cui il ventunesimo sta
tenendo testa discretamente). Sulla normalizzazione di eventi drammatici si costruisce
quello che Volodine ha definito “humor del disastro”, un effetto di distacco paradossale,
grottesco e quasi comico tra gli orrori narrati e il modo in cui questi vengono recepiti e
raccontati. Abomini e bestialità di ogni genere sono all’ordine del giorno per i
protagonisti, che però vivono l’orrore come la più banale delle quotidianità. È una
questione di sopravvivenza: l’unico modo per tirare avanti è prendere le distanze da sé
23 Ibidem.
21
stessi, e questo è possibile solo attraverso la parola. Quando tutto è perduto rimane solo
la propria voce e quelle che si levano dalle celle vicine. Arrendersi al silenzio è fuori
discussione, e con le ultime energie che rimangono loro, questi uomini e queste donne
si dedicano alla creazione di mondi alternativi, spazio sicuro di convergenza di tutte le
minoranze del mondo, in cui tutti e tutte hanno uguale diritto di esistenza e di
autodeterminazione. In questo non-luogo l’individualità sparisce, il vocio si fa indistinto
e le varie personalità si riversano le une nelle altre in totale comunione.
Il ricorso agli eteronimi, il più evidente meccanismo di difesa post-esotico,
fondamentale per preservare la clandestinità del gruppo, comporta anche il rifiuto della
paternità dell’opera, dello status di personaggio pubblico tanto ambito dagli scrittori
ufficiali. Al contrario, in un gesto di totale rinuncia di sé, gli scrittori post-esotici
scelgono di dissimulare la propria voce, mescolandola con quella dei compagni e delle
compagne e usando le proprie opere per rendere omaggio
25ai caduti:
Come sempre accadeva, quando uno dei nostri veniva assassinato, mettemmo in piedi un collettivo che recava il suo nome. La sua voce vibrò dunque insieme alla nostra, dentro la nostra. La memoria di lei continuò a persistere, a smuovere ricordi di cui potevamo appropriarci, e lei continuò a fabbricare immagini dentro cui noi ci muovevamo con gioia, e sogni che negavano la realtà e la sovvertivano. […] Di tutti e tutte ci sforzavamo di prolungare, così facendo, la presenza sulla terra. Le personalità si scambiavano, le firme si mescolavano, come nell’amicizia si mescola il sangue: accadeva che apponessimo il nome dei trapassati alla fine di testi che avevamo appena composto; o, inversamente, ci attribuivamo a gran voce crimini, o libri, di cui i nostri fratelli e le nostre sorelle scomparsi erano stati autori.26
In un universo in cui l’identità è percepita in modo così fluido, il racconto finisce
inevitabilmente per spaccarsi su diversi livelli narrativi, in cui gli autori diventano
personaggi e viceversa, in un gioco di specchi già di per sé sufficiente a minare le
certezze più basilari della letteratura tradizionale. Questo perché l’immaginario politico
non è un semplice substrato ma una vera e propria matrice del post-esotismo, è ciò che
dà ai testi la forma che hanno. Ogni singola componente della struttura contribuisce al
25 Per omaggio si intende la “reincarnazione in un corpo letterario fraterno, la possibilità di un altro
viaggio all’interno di un altro libro”. A. Volodine – A. D’Elia, Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione
undicesima, op. cit., p. 33.
22
fine ultimo del post-esotismo, ovvero il rifiuto di accettare una realtà fondata su valori
disumani e inaccettabili.
In un simile contesto, inevitabilmente, anche i lettori e le lettrici sono chiamati a
prendere posizione. In base all’atteggiamento che decidono di assumere, vengono divisi
in due categorie. La prima è quella dei “lettori da libreria”, ovvero tutti coloro che,
siano essi amanti del post-esotismo o suoi acerrimi nemici, vi si approcciano secondo le
modalità tipiche della letteratura ufficiale, partendo dal presupposto che in letteratura
esistano una periferia e un centro, e cercando quindi di dimostrare l’estraneità e il
decentramento del post-esotismo.
27Questa tipologia di lettore non riuscirà mai ad
azzerare la distanza che lo separa dal cuore pulsante di questa corrente, quindi non sarà
mai in grado di coglierne a pieno l’essenza e le dinamiche. Per impedire a questo tipo di
lettore (oltre che ai critici letterari ufficiali) di accedere al significato più intimo delle
loro opere, i post-esotici hanno eretto un’ulteriore struttura difensiva, che consiste nel
disseminare i loro libri di messaggi cifrati e riferimenti numerici. Come illustrato
nell’articolo Un étrange soupir de John Untermensch
28, questi riferimenti possono
essere particolarmente evidenti, come in un testo composto da quarantanove capitoli,
tanti quanti i giorni che un morto deve trascorrere nel Bardo prima di poter rinascere,
oppure del tutto nascosti, ad esempio l’ammontare del numero di personaggi di una data
opera a trecentoquarantatré, che si dà il caso essere sette volte sette volte sette
29. I lettori
da libreria rimarranno facilmente incantati da questo specchietto per allodole e
perderanno il proprio tempo cercando di decifrare messaggi in codice inseriti nel testo
in maniera spesso arbitraria o per puro gusto estetico.
Il secondo tipo di lettore è quello che Volodine definisce simpatizzante. Simpatizzanti
sono coloro che scelgono di guardare al post-esotismo dall’interno piuttosto che cercare
di classificarlo, di immergervisi invece che di dissezionarlo. Questo lettore è capace di
empatizzare con i protagonisti del post-esotismo, sviluppando con essi una profonda
complicità. Il lettore simpatizzante è chiamato a dare un senso alle narrazioni dei
post-esotici, ad attualizzarne le potenzialità sciamaniche e la forza evocativa, riempiendo con
la sua memoria e con le sue esperienze personali i vuoti storici e i riferimenti lasciati
27 A. Volodine, À la frange du réel, op. cit.
28 A. Volodine, “Un étrange soupir de John Untermensch”, Formule (Revue littéraire à contraintes), n°3,
1999-2000, p. 141-148.
23
volutamente nebulosi dai narratori, portando per un istante gli stessi narratori nella sua
dimensione. Così facendo il lettore viene preso e trasportato nel mondo surreale e
onirico in cui si muovono i poeti-guerrieri post-esotici, uscendo da sé stesso per visitare
una dimensione altra e parallela, prima di tornare al presente con uno sguardo più
limpido e pulito.
Ecco il motivo del nostro arroccamento in una concezione radicale della rivolta.
[…] La parola post-esotica si esaurirà quando sarà scomparso l’ultimo dei nostri scrittori, e nessuno in nessun luogo se ne accorgerà. Tuttavia, finché avremo un po’ di fiato in gola rinnoveremo ancora e ancora la magia insensata di questa parola, ci inoltreremo nel linguaggio e diremo il mondo.30
1.3 Traduttori, gli ultimi post-esotici?
Se la partecipazione del lettore è in un certo senso indispensabile nel post-esotismo per
permettere ai messaggi veicolati di prosperare e allargarsi su livelli di esperienza
potenzialmente infiniti, è ragionevole pensare che chi traduce questi testi possa
collocarsi su un livello di complicità ancora più intima. Per sua natura, il traduttore è
chiamato a mettere la propria voce al servizio di quella altrui, a eclissarsi per lasciare
che il testo parli per sé, rinunciando a priori a rivendicare qualsiasi tipo di paternità.
Quando anche la voce dell’ultimo post-esotico si sarà spenta, che si tratti di Antoine
Volodine, di Lutz Bassmann o di Infernus Johannes, i traduttori e le traduttrici
rimarranno gli unici a poter riprendere in mano questi testi, a riconoscere le singole voci
che compongono questo groviglio indistricabile, per rendere giustizia a ognuna di esse.
Volenti o nolenti, i traduttori post-esotici entrano a far parte di questa grande polifonia,
partecipando alla creazione di una rete letteraria sovranazionale. Il loro lavoro permette
la trasmissione e la continua rielaborazione dei testi anche al di fuori del francese, che
ricordiamo essere la lingua zero di traduzione, oltre che l’ampliamento degli orizzonti
culturali di chi, anche solo per errore, entrasse in contatto con il post-esotismo,
diffondendo l’idea che smettere di parlare di diversità e cominciare a ragionare invece
in termini di alterità, quindi di reciprocità, di uguaglianza nella differenza, sia possibile.
25
Capitolo 2 – Voci all’interno del coro: Lutz Bassmann
Ultimo evaso dal carcere diegetico del post-esotismo, Lutz Bassmann ricopre un ruolo
fondamentale all’interno dell’edificio e la sua voce non è certo meno declinata o forte di
quella dei suoi predecessori, Elli Kronauer e Manuela Draeger.
Lo incontriamo per la prima volta all’inizio della Leçon onze, in cui viene presentato
come l’ultimo dei combattenti post-esotici, ormai agonizzante e in preda agli ultimi
guizzi di lucidità prima che di spegnersi del tutto, e con lui anche l’ultima scintilla di
resistenza. Tutti i suoi compagni sono morti e non rimane più nessuno con cui
continuare a rimpastare le storie post-esotiche; rinchiuso per ventisette anni in un
carcere di massima sicurezza, Bassmann è stato portavoce dei suoi compagni “sino alla
fine, la sua, e quella di tutti e di tutto”
31. A lui si deve un meticoloso lavoro
terminologico pensato per sopperire alle mancanze della critica letteraria tradizionale:
Il minuzioso esame operato dalla critica tradizionale sortisce il seguente effetto: induce delusione, ma, più di ogni altra cosa, deturpa e uccide. Strumenti inadatti lacerano il testo e lo frantumano, non riescono a smontarne gli ingranaggi, si basano su ambiti di riflessione da noi appena sfiorati […] e trascurano invece ciò che per noi è essenziale […].
Ci occorre dunque una terminologia critica ad hoc.32
La nuova terminologia studiata da Bassmann, elencata nella Leçon onze senza
nemmeno una definizione che permetta al lettore-intruso di capirne meglio il contenuto,
contiene termini relativi alla tipologia delle voci (ad esempio: voce muta), alla natura
del linguaggio (respirazione ornamentale), alle modalità di elaborazione (progressione
reticolare) e alle caratteristiche della finzione narrativa (maschera onirica)
33. Sebbene
imperscrutabile agli occhi dei lettori, tra cui il nemico è sempre in agguato, come ci
ricorda lo stesso Bassmann, questa nuova terminologia è stata fondamentale per
“porta[re] alla luce i meccanismi più profondi dell’edificio che [si andava]
31 A. Volodine – A. D’Elia, Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima, op. cit., p. 13. 32 Ibid., p. 61.
26
costruendo”
34, oltre che per dare modo al movimento di raggiungere la completa
autosufficienza, e di potersi così opporre ancor più nettamente all’ordine costituito.
Volendo provare, una volta ancora, a ricondurre l’edificio alla nostra dimensione
extradiegetica, si potrebbe azzardare una corrispondenza tra la stesura di questa
terminologia con il periodo successivo alla pubblicazione di Lisbonne, dernière marge,
che ricordiamo aver segnato un punto di svolta per Volodine e per tutti i post-esotici, il
momento in cui l’edificio ha cominciato a esistere effettivamente come tale, riunendo
sotto di sé i lavori passati, presenti e futuri.
La terminologia coniata da Bassmann crea una nuova intimità tra i prigionieri e le
prigioniere, ora più che mai in grado di escludere dalla propria poetica il nemico, le sue
ombre e le sue norme immutabili. Una volta eliminata la necessità di appoggiarsi, anche
solo in misura minima, alla dimensione esterna (i. e. una volta liberatisi dai vincoli
imposti dalla letteratura tradizionale), dopo aver raggiunto gli obiettivi prefissati dalla
prima generazione di autori, per il post-esotismo si inaugura una nuova stagione:
È possibile datare ai primi anni del millennio questa evoluzione del post-esotismo verso un sistema meno barocco, più stringato, più compatto, verso storie dal tono più intimista.35
È proprio in questa seconda fase che Lutz Bassmann (evaso o redivivo?) vede
aumentare il proprio spessore, varcando la soglia della dimensione diegetica e arrivando
fino a noi come uno scrittore non proprio in carne e ossa ma di certo concreto e dotato
di caratteristiche tipiche della sua personalissima voce.
2.1 – Bassmann extradiegetico
Attualmente, Lutz Bassmann ha all’attivo cinque testi pubblicati esclusivamente a nome
suo, tutti con la casa editrice Verdier. I primi due testi, entrambi apparsi nel 2008 a
distanza di pochi mesi l’uno dall’altro e profondamente diversi tra loro, contengono
gran parte delle caratteristiche fondanti del genere post-esotico. Ciò nonostante, come
già sottolineato in precedenza, l’autore ha uno stile personale che si distingue da quello
34 Ibid., p. 64. 35 Ibid., p. 71.
27
dei suoi pari. Lui stesso, in un’intervista rilasciata in occasione della tripla
pubblicazione del 2010, definisce la sua voce come brusca, dura e violenta, molto più
ruvida di quella, per esempio, di Volodine o di Draeger
36. Nei suoi libri non troveremo
mai la ricerca della belle page
37, ma questo non comporta una mancanza di ricerca
stilistica.
Già con Haïkus de prison, prima pubblicazione in assoluto, è possibile farsi un’idea
della ricchezza di forme a cui Bassmann attinge per la sua produzione poetica.
Suddiviso in tre parti, Prison, Transport e Enfer, il libro racconta l’esperienza di un
gruppo di prigionieri in viaggio verso un campo di lavoro. In un saggio intitolato Poésie
de Lutz Bassmann, Rémi Astruc definisce il contenuto del libro come poesia
concentrazionaria
38, sia perché riguarda l’esperienza della vita nei campi di
concentramento, tema di grande importanza nel post-esotismo, sia perché si tratta di una
poetica della limitazione, in quanto sottostante a vincoli formali piuttosto rigidi.
L’haiku infatti prevede un totale di diciassette sillabe divise su tre versi nell’ordine
5-7-5, e in più prevede regole rigorose anche per quanto riguarda il contenuto
39. Gli haiku di
Bassmann, in versi liberi, non rispettano la suddivisione in sillabe della forma classica,
ma ne preservano la capacità di trasmettere immagini incisive attraverso un uso
estremamente concentrato della lingua, servendosi in ugual misura dei silenzi, degli
spazi tipografici tra un componimento e l’altro, servendosi “du vide et du manque
comme d’un éspace de résonance”
40:
En pleine nuit il y a eu un silence ça a réveillé
tout le monde41
36 L. Bassmann, G. Leménager, L’extinction de l’humanité est plausible, intervista pubblicata su
BibliObs, 24/08/2010. URL: < https://bibliobs.nouvelobs.com/romans/20100824.BIB5532/lutz-bassmann-l-extinction-de-l-humanite-est-plausible.html > Ultima consultazione: 04/05/2020.
37 Ibidem.
38 R. Astruc, “Poésie de Lutz Bassmann”, in Antoine Volodine et la constellation « post-exotique », a cura
di D. Soulès, F. Traisnel, Revue des Sciences Humaines, N° 322, 2/2016, p. 160.
39 Per approfondire i vincoli formali imposti dalla composizione di haiku si consiglia il Manifesto della
poesia Haiku in lingua italiana, a cura di P. Tartamella per l’associazione Cascina Macondo (TO).
40 R. Astruc, Poésie de Lutz Bassmann, op. cit., p. 160.
28
Pochi mesi più tardi vede la luce un secondo libro, Avec les moines-soldats, più lungo e
più manifestamente in linea con le modalità e le forme tipiche del post-esotismo. Nel
frontespizio l’opera viene definita come una raccolta di entrevoûtes
42, così definite da
Erdogan Mayayo, uno dei firmatari della Leçon onze:
Dietro il meccanismo che regola il funzionamento della nuvella, ritroveremo dei tratti comuni agli altri generi post-esotici: 1) la medesima constatazione della propria alterità rispetto all’esterno; 2) la medesima volontà di aumentare tale iato, di accentuare lo squilibrio con il mondo reale, percepito come fonte di ogni dolore; 3) la medesima ansia di affermare la propria ribellione in rapporto alle mode che fioriscono al di fuori del ghetto carcerario.
[…] Il termine intrarcana è un termine felice. Suggerisce delle pratiche magiche, un misterioso incantamento e, allo stesso tempo, un’intimità musicale, fatta di intessuto onirismo, di reciprocità e di condivisione; mette bene in luce la natura circolare di tale struttura, la sua curvatura semplice e solida.43
Nel concreto, si tratta di racconti brevi divisi in due parti, spesso inseriti nei libri
secondo una struttura piramidale (il primo capitolo coincide con l’ultimo, il secondo
con il penultimo e così via), ripresi in modo da raccontare gli stessi eventi in modo
leggermente diverso, con l’obiettivo non tanto di chiarire il contenuto del primo brano,
quanto di “creare una rete di assonanze, [in cui] le immagini circolano meglio, la storia
vibra meglio, fin nel profondo”
44.
Negli anni successivi assistiamo alla pubblicazione di Les aigles puent (2010) e Danse
avec Nathan Golshem (2012), entrambi classificati nel frontespizio come romanzi, e di
Black Village (2017), a oggi l’ultima opera pubblicata, che consiste in una raccolta di
narrat, un genere cardine del post-esotismo che andremo presto ad approfondire. La
particolarità di Black Village rispetto ad altre raccolte simili, come Des anges mineurs
di Volodine, è che i narrat che lo compongono si interrompono nel bel mezzo
dell’azione, andando a creare un sottogenere inedito, rinominato interruptat.
Già così l’opera di Bassmann appare poliedrica e sfaccettata, andiamo quindi a vedere
più nel dettaglio quali sono le caratteristiche più tipiche del suo stile personale, le
42 Nuvelle o intrarcane, secondo la traduzione italiana proposta da Anna D’Elia.
43 A. Volodine – A. D’Elia, Il post-esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima, op. cit., p. 56. 44 Ibid., p. 57.
29
tematiche che affronta e le modalità secondo cui l’autore mette in pratica le massime
del post-esotismo.
2.1.1 – Peculiarità stilistiche
Abbiamo già detto che i primi tratti distintivi della poetica bassmanniana sono la
durezza della voce e la crudezza dei contenuti. Non a caso, in Bassmann possiamo
riscontrare un uso particolarmente forte di ciò che Volodine ha definito humor del
disastro, attraverso la presentazione di ogni genere di scenario post-apocalittico, scenari
solitamente abitati dagli ultimi esemplari di un’umanità in via di estinzione, dove sono
tornati a regnare “le silence primordial et le paisible goutte-à-goutte des jours et des
nuits”
45, come prima della distruttiva diffusione dell’uomo sulla terra.
In questo contesto il ricorso a forme brevi come il narrat o l’intrarcana assume una
nuova valenza
46: quella che Bassmann vuole rappresentare, raccontando tante storie
diverse, è una collettività di individui, per la maggior parte Untermenschen, superstiti
alle prese con un mondo ormai inospitale in cui ognuno è la priorità di sé stesso,
persone che vivono separate le une dalle altre, proprio perché ormai schiacciate dalle
urgenze della mera sopravvivenza. Tra i superstiti, oltre a questi “eroi dello
schiacciamento”
47, troviamo anche gli emissari di una fantomatica Organizzazione che
non risponde più veramente all’ideale di un bene comune e superiore. In questo
troviamo una delle grandi tematiche post-esotiche che stanno alla base dell’opera di
Bassmann, ovvero il fallimento di ogni ideale e della rivoluzione stessa, resa
impossibile dalle divisioni e dai tradimenti interni a qualsiasi movimento:
L’organisation s’est constituée on attend que les chefs surgissent pour les haïr48
45 L. Bassmann, Black Village, Verdier, Lagrasse, 2017, p. 122.
46 Dimostrazione ulteriore della totale comunione di forme e contenuti in seno al post-esotismo, in cui le
une sono funzionali agli altri e viceversa.
47 A. Volodine, J. Arthuys, J.-L. Bertini, C. Casaubon, F. Courtal, L. Roux, Héros de l’écrabouillement,
op. cit., p. 18.
30
Spesso i messi dell’Organizzazione sono uomini-uccello, non sempre armati delle
migliori intenzioni; che si tratti di uccelli tout-court o di creature ibride non meglio
identificate, questi esseri ricoprono i ruoli più diversi e la loro connotazione varia da
un’opera all’altra. Qualunque sia la funzione che svolgono, tali personaggi vanno
sempre interpretati in un’ottica surrealista. Facendosi portavoce di Bassmann, Volodine
ha dichiarato che gli uccelli del pittore Max Ernst hanno ampiamente influenzato il suo
immaginario
49, ma in arte si trovano molti altri elementi che potrebbero essere associati
ai canoni estetici del post-esotismo.
Dettagli del Trittico del Giardino delle Delizie, H. Bosch, 1490 ca., El Prado, Madrid.
In Black Village, gli uomini-uccello che incontriamo sono spesso circondati da un’aura
di indefinibile negatività. La sensazione trasmessa da questi personaggi è simile a
quella che si prova durante certi sogni, in cui ci si trova davanti a elementi normalmente
privi di connotazione, che però sappiamo istintivamente avere valenza positiva o
negativa. Non a caso, l’onirismo è un altro grande protagonista del post-esotismo, al
tempo stesso oggetto e modalità narrativa; ogni dettaglio è studiato affinché non si
31
capisca dove finisce la realtà e dove inizia il fantastico. A eccezione forse solo di
Haïkus de prison, più ancorato al reale rispetto agli altri libri, questa caratteristica è
onnipresente e pervasiva in tutte le opere di Bassmann.
Da un punto di vista più strettamente strutturale è possibile individuare una serie di
meccanismi che mirano a immergere il lettore in una sorta di realtà aumentata. Tra
questi troviamo lo stesso principio che regola il funzionamento delle intrarcane, ovvero
il riproporre lo stesso racconto in due capitoli diversi, uguali non parola per parola ma
“avvenimento per avvenimento”
50, secondo lo stile più tipico di Bassmann, che fa della
ripetizione un vero e proprio espediente narrativo che favorisce l’insorgere nel lettore di
un profondo senso di déjà-vu, che richiama qualcosa di familiare ma al tempo stesso
estraneo. Un altro truquage tipico del post-esotismo e particolarmente sviluppato nella
poetica di Bassmann è il ricorso frequente a elenchi ed enumerazioni di ogni calibro,
sorta e fattura. Questo particolare uso della sintassi permette di giocare con la lingua,
conferendo un ritmo cadenzato alla narrazione e permettendo di veicolare diversi
messaggi, che vanno dall’ironico al terribilmente serio. A prescindere dal grado di
serietà del messaggio, è importante tenere a mente che nessuna lista, nessuna
enumerazione è mai inserita in modo casuale nella narrazione: al contrario, ne fanno
parte in tutto e per tutto.
D’autre part, la langue écrite, la langue littéraire, surchargée, pompeuse, pâteuse, prétentieuse, gorgée de digressions ineptes, absconse, évasive, allusive, ne réussissait pas à lui transmettre d’informations, ne réussissait qu’à lui transmettre un vilain bruit et de vilaines évidences très mal formulées.51
Un’altra invenzione narrativa che possiamo attribuire a Bassmann, riscontrabile in
alcuni capitoli di Les aigles puent, consiste nel partire da una “frase-costola”
52molto
breve, facendo in modo che da questa, attraverso l’aggiunta progressiva di elementi,
scaturisca un testo sempre più completo e complesso. In un certo senso, questo
procedimento narrativo potrebbe essere assimilato al processo creativo che sta alla base
di tutte le opere post-esotiche: tale processo consiste nel partire da un’immagine cardine
50 Ibidem.
51 L. Bassmann, Black Village, op. cit., p. 123.