• Non ci sono risultati.

Il parto maschile tra immaginazione, arte e realtà: dal mito di Bacco nato da Giove alla gravidanza di un padre nella contemporaneità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il parto maschile tra immaginazione, arte e realtà: dal mito di Bacco nato da Giove alla gravidanza di un padre nella contemporaneità"

Copied!
276
0
0

Testo completo

(1)

INDICE:

INTRODUZIONE……….pag. 2 1. L'AMBIGUITÀ DI BACCO……….pag. 7 1.1 Cenni sulla divinità: culto, aspetto e duplicità

1.2 Cicli dionisiaci

1.3 Versioni sulle origini e la prima infanzia

2. IL MITO DI GIOVE E SEMELE NELL'ARTE………..pag. 56 2.1 L'antefatto e l’incontro fatale nelle rappresentazioni antiche

2.2 Il parto naturale di Semele 2.3 Il duplice parto in sequenza

2.4 La rivisitazione del mito: illustrazioni, disegni e stampe 2.5 La folgorazione di Semele

2.5.1 Esempi iconografici nell'arte moderna 2.5.2 Il bozzetto di Rubens

2.5.3 Nuove interpretazioni tra Ottocento e Novecento 2.6 Dal ventre di Semele alla coscia di Giove

2.6.1 Immagini del parto cesareo e del salvataggio del feto 2.6.2 L'affresco nel Palazzo Ducale di Sassuolo

2.7 La seconda nascita di Bacco

3. L'UOMO INCINTO………..………pag. 178 3.1 La sessualità "fluida" di alcune figure mitologiche

3.2 Temi cross-gender nell'arte contemporanea 3.3 La parodia dell'uomo incinto

3.3.1 Il motivo dell'uomo pregno nella tradizione popolare 3.3.2 Teatro

3.3.3 Cinema

3.3.4 Televisione, web e informazione 3.4 Il sogno diventa reale: il caso Beatie

CONCLUSIONI………pag. 246 ELENCO DELLE IMMAGINI……….pag. 249 BIBLIOGRAFIA………...……pag. 261 SITOGRAFIA E FONTI ELETTRONICHE………pag. 271 FILMOGRAFIA E VIDEOGRAFIA………....pag. 275 RINGRAZIAMENTI………....pag. 276

(2)

2

INTRODUZIONE

Il mio studio prende le mosse da un precedente seminario di Iconologia ed Iconografia, dedicato al mito della doppia nascita di Bacco, narrato del libro III delle Metamorfosi di Ovidio; esso scaturiva in quel periodo principalmente da ragioni autobiografiche, perché avendo sperimentato l’esperienza speciale quanto sconvolgente della gravidanza e del parto naturale, il racconto di quella circostanza eccezionale, anche rispetto ad altre leggende, aveva inevitabilmente suscitato il mio interesse e destato la mia curiosità. Pertanto ho stabilito di sfruttare ancora in questa sede i versi ovidiani come punto di partenza per seguire lo svolgimento del mito, ai fini di approfondire ulteriormente la raffigurazione del prodigioso evento, ponendo l’accento sul duplice parto, prima della mortale Semele, poi del padre divino Giove: il feto prematuro, sfidando qualsiasi legge naturale viene strappato dal grembo materno e viene incubato nella coscia paterna, sfociando così nella sua seconda nascita, dopo una presunta gestazione maschile. Una fonte molto utile come base e traccia per portare avanti le mie ricerche è stato sicuramente il sito www.iconos.it creato ad opera della Sapienza Università di Roma, la cui idea nasce grazie alla Prof.ssa Claudia Cieri Via, titolare della cattedra di Iconografia e Iconologia del Dipartimento di Storia dell'Arte della Facoltà di Scienze Umanistiche. Le Metamorfosi di Ovidio costituiscono il primo di vari progetti in quanto il poema costituisce un'inesauribile risorsa a cui attingere per la produzione artistica successiva, ma a sua volta è anche influenzato dalla letteratura classica e dall'arte precedente; ciò è emerso anche nella recente mostra romana dedicata a Ovidio che ho avuto il piacere di visitare.1 Tra i suoi oltre duecentocinquanta miti, alcuni dei quali sul sito sono ancora in cantiere, ovviamente la mia attenzione si è rivolta soprattutto alla sezione relativa a Giove e Semele, la cui autrice è Francesca Pagliaro.

Per reperire ed analizzare i vari esempi iconografici tratti dalla pittura vascolare, dagli oggetti etruschi e dai rilievi sui sarcofagi di epoca romana, mi sono servita principalmente del Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, di cui ho consultato, coi relativi cataloghi di immagini, il volume III alle voci "Dionysos","Dionysos-Fufluns" ed "Eileithyia" nonché il volume VII alla voce "Semele". Per tutte le opere artistiche esaminate nella mia tesi ho estrapolato le informazioni di base dalle singole schede, ove presenti, contenute nel sito ufficiale dei rispettivi musei di appartenenza.

Il primo capitolo sarà dedicato alla figura poliedrica del nascituro, il dio del vino Bacco, corrispondente al greco Dioniso e presente nelle fonti testuali e visive fin dall’antichità. Come giustamente sostiene a metà del '900 lo storico Henri Jeanmaire, non siamo in condizione di ricostruire tutti i racconti su Dioniso: essi si sono susseguiti a partire da leggende locali nate

(3)

3

probabilmente associando determinate funzioni alle varie divinità; proprio per tale ragione dobbiamo riconoscere la sua complessità e prestigiosità.2 Tra gli innumerevoli esempi tratti dall'arte figurativa, ho scelto di riportare solo pochi esempi celebri e significativi ai fini di accennare alla fortuna iconografica del dio sia solo che accompagnato. La vicenda della sua nascita, in molteplici versioni, preannuncia la particolarità del personaggio tra gli déi dell’Olimpo, rivelando come sia caratterizzato da una forte ambiguità già dalle origini; ciò si riflette nel culto, come nella letteratura e nelle opere artistiche a lui dedicate. Tra i testi che ho consultato particolarmente importanti per questa sezione sono stati quelli di Otto, Fusillo e Kerényi, mentre per il tema della duplicità del dio, riscontrabile all'interno del ciclo dionisiaco del Camerini d'Alabastro di Alfonso I d'Este, mi sono servita del testo del Prof. Vincenzo Farinella dedicato all'illustre committente. Per accennare agli altri cicli dionisiaci mi sono servita di alcuni saggi dedicati ai singoli casi e del testo L'arte delle metamorfosi: decorazioni mitologiche nel Cinquecento che comprende un "Atlante del mito" comprensivo della descrizione a più mani degli affreschi dei più importanti palazzi e castelli italiani.3

Nel secondo capitolo mi soffermerò brevemente sul motivo iconografico dell'antefatto, ossia l'inganno tramato da Giunone che causa la morte tragica di Semele; dopo di ché aprirò una parentesi sulle versioni illustrate delle Metamorfosi, che tra il XV e il XVI secolo arrivano alla trentina, costituendo una grande miniera di informazioni e anche una fonte d’ispirazione per le opere d’arte coeve e successive. Entrando nel vivo del mito inizialmente illustrerò casi numericamente scarsi riguardanti una versione che non prevede affatto l'evento miracoloso che mi ha colpito, ma solo un parto materno naturale, con eventuale morte post partum di Semele. In secondo luogo descriverò alcuni sarcofagi antichi che riportano invece sui rilievi dei coperchi un modello comune, individuato da studiosi tra cui l'archeologo Friedrich Matz, rappresentando le due distinte nascite, dalla madre e poi dal padre, disposte una affianco all'altra.4 Da questo punto in avanti i paragrafi procederanno seguendo ogni singola tappa dello svolgimento della vicenda nel poema ovidiano, dall'incontro amoroso con rogo fino alla seconda e definitiva nascita, di volta in volta illustrando esempi pertinenti; solo all'interno di ciascun paragrafo cercherò, per quanto possibile, di seguire l'ordine cronologico di realizzazione delle immagini.

Dedicherò molto spazio all’iconografia relativa alla prima parte del racconto, ovvero il momento della folgorazione precedente la venuta alla luce di Bacco, che risulta il più diffuso nell’arte figurativa di epoca moderna. Nel passare in rassegna svariati esempi mi concentrerò sul dipinto realizzato da Peter Paul Rubens, che con ogni probabilità è il bozzetto preparatorio per un'opera

2 H. Jeanmaire, Religione e cultura in Grecia. Appendice e aggiornamento bibliografico di Furio Jesi. Nuova Biblioteca

Scientifica Einaudi 38. Torino: Giulio Einaudi editore, 1972, pp.331-332.

3 L'arte delle metamorfosi: decorazioni mitologiche nel Cinquecento. A cura di Claudia Cieri Via. Cura redazionale di

Nicolette Mandarano. I saggi. Roma: Lithos, 2003.

(4)

4

perduta destinata alla Torre de la Parada, cioè il padiglione di caccia di Filippo IV di Spagna; per approfondire tale parte mi sono basata sul puntuale studio della statunitense Svetlana Alpers contenuto all'interno del Corpus Rubenianum Ludwig Burchard, ovvero il catalogo ragionato delle opere dell'artista, iniziato negli anni ’60 del Novecento e basato sulle ricerche e le collezioni dello storico dell'arte Burchard.

Analizzerò poi qualche lavoro sul medesimo soggetto, eseguito tra l'Ottocento e il Novecento e rappresentativo della reinterpretazione personale del mito da parte di singoli artisti, influenzati spesso dalla corrente artistica di appartenenza.

Aprirò il paragrafo seguente con una veloce premessa sulla storia del cesareo, basandomi dal testo della storica Nadia Maria Filippini, necessario per comprendere il contesto in cui si inseriscono le immagini di nascite prodigiose principalmente tratte dalla mitologia, tra cui appunto le illustrazioni dell’attimo in cui Giove estrae il feto dal grembo di Semele; descriverò quindi le poche opere di arte grafica in cui il dio effettua un'incisione sul ventre della donna per porre fine alla gravidanza materna. Il piccolo commento di biologia dello sviluppo servirà per sottolineare come la gestazione maschile sia naturalmente impossibile per l'essere umano e quindi gli eventi successivi nel mito della nascita di Bacco acquistano un valore eccezionale, sia nei testi che nelle immagini. Dopo aver elencato alcune xilografie sull'inserimento nella coscia sarà dato maggior rilievo all'affresco di Jean Boulanger a Sassuolo in provincia di Modena, caso pittorico isolato nell'iconografia del mito. La lunetta fa parte di un ambiente del Palazzo Ducale interamente dedicato a Bacco, che e a sua volta si inserisce all'interno di un grande programma decorativo voluto a metà Seicento da Francesco I d'Este, come consolazione per la perdita dei capolavori ferraresi di famiglia, e anche a scopo autocelebrativo, come consueto per i principi. Per fortuna la qualità pittorica degli affreschi del palazzo, che ricoprono tutti i soffitti e le pareti delle sale, è oggi visibile al pubblico; oltre a qualche spunto tratto dalla guida che ha accompagnato la mia recente visita a palazzo, per questa sezione mi sono servita soprattutto di un saggio di Monica Zampetti.5

L'ultima parte del capitolo tenterà di esaurire l’argomento del parto paterno, che mira a valorizzare la figura del neonato Dioniso, come avviene anche per altre nascite miracolose in ambito letterario, mitologico e anche religioso. Il parto maschile di Giove, compare in arte quasi mai dal ventre e molte volte dalla gamba; seppur non sempre in maniera esplicita, questa seconda modalità pare prevalere nei reperti di pittura vascolare, sui sarcofagi di epoca romana e sugli oggetti di area etrusca. Dalle mie ricerche pare che il motivo tenda a scomparire in tutta l'arte figurativa successiva, per poi tornare forse solo nel secolo scorso, grazie ad una fotografia scattata e manipolata da George

5 M. Zampetti. L’encomio al duca Francesco I d’Este: tra le carte e nelle arti. Un percorso tra artisti e letterati nell’orbita

della delizia sassolese. Acc. Naz. Sci. Lett. Arti di Modena Memorie Scientifiche, Giuridiche, Letterarie Ser. VIII, v. XIII

(5)

5

Platt Lynes: l'immagine, estremamente drammatica e realistica costituisce probabilmente un unicum nell’iconografia, non solo della nascita divinità ma del parto maschile in generale. Dalle informazioni che ho recuperato in rete emerge che il lavoro dell'artista sul nudo omoerotico negli anni '30 e '40 rimanda anche alla lotta dei diritti LGBT, tema molto attuale e che può collegarsi all'ambiguità sessuale sia di Zeus partoriente, ché di Dioniso stesso, oggetto del capitolo successivo.

Nel terzo capitolo spiegherò come la figura dell'uomo incinto, capace di generare un figlio senza l’ausilio di una donna, sia riconducibile ad altri personaggi mitici, come Tiresia o Ermafrodito, caratterizzati anch'essi da una sessualità che ingloba in sé i principi maschile e femminile. L'ambiguità sessuale è anche motivo ricorrente nell'arte contemporanea, come si scopre scorrendo alcuni libri dedicati alla Body Art e in particolare all'arte Queer, che esplorano il corpo e l'identità di genere attraverso opere pittoriche, fotografie ma anche performance ed installazioni.

Mi soffermerò infine su due artisti italiani, Luigi Ontani e Francesco Impellizzeri, di cui ho recuperato informazioni rispettivamente da cataloghi di mostre e dalla rete: nonostante la diversità di stile e di intenti, sono accomunati dall'utilizzo del proprio corpo in maniera eccentrica ed ironica; l'immagine risultante di sé in ambedue i casi denota una propensione per l'ambiguità, a metà strada tra il maschile e il femminile, collocandosi quindi nell'ambito dell' incrocio di genere, che caratterizza l'arte contemporanea.

Dopo una breve digressione che aiuta a comprendere perché la figura dell'uomo pregno ha il potere di suscitare il riso, tratterò della presenza del motivo nei racconti letterari e soprattutto popolari, a cui è stato dedicato un testo dallo storico Roberto Zapperi; egli dimostra che nella tradizione tramandata oralmente o dalle raccolte di fiabe, il tema della gravidanza maschile cambia connotazione e soggiace ad una morale cristiana, assimilata oppure sfidata dalla superstizione contadina; oltre al tema dell'inganno, della burla e della vergogna, emergono molteplici conflitti sociali, non limitati all'opposizione povero-ricco. Al di là dei codici miniati che riproducono la novella di Boccaccio sulla presunta gravidanza di Calandrino, non si trovano riferimenti figurativi a questo filone antico, in quanto la situazione è sempre frutto di una finzione e perciò non manifesta i sintomi visibili di una reale gestazione; tuttavia l'iconografia dell'idropico miracolato nel Nuovo Testamento, a causa dell'evidente pancia ingrossata, viene sovrapposta alla figura del gravido.

A seguire, utilizzando il web come fonte principale di informazioni, presenterò alcuni esempi significativi tratti da altri settori artistici e dello spettacolo, come il teatro, il cinema e la televisione, che spesso dimostrano l'influenza del genere fantascientifico; i mass media, con nuove modalità di manifestarsi, rappresentano il motivo con accezione prevalentemente comica, condizionando la concezione del padre gravido nell’immaginario collettivo fino ai giorni nostri. Attraverso l'uso della rete internet il pancione maschile viene ulteriormente sfruttato con forte senso dell'ironia dalla pubblicità, , e talvolta dall'informazione, per provocare una sorta di immagine shock che possa attirare

(6)

6

l'attenzione su problemi sociali importanti, come le gravidanze indesiderate.

Nel paragrafo finale, che si basa soprattutto su alcuni saggi dell'americana Mary Ingram-Waters nell'ambito degli studi di genere, esporrò il caso non più artistico né fantastico ma reale di Thomas Beatie, un transgender nato femmina che nel III millennio, grazie al supporto del progresso scientifico e medico, acquisisce un'identità, un aspetto ed uno status sociale maschili, mantenendo però le funzioni fisiologiche congenite, richiamando così in qualche modo l’antico ideale dell’androgino. Ma rispetto a casi coevi analoghi, egli va oltre, provocando scalpore e dando origine ad un vero fenomeno mediatico, quando trasforma in realtà il sogno della gravidanza e del parto maschile, incarnando concretamente il mito ovidiano di Giove, che genera, porta in grembo e dà alla luce Bacco.

(7)

7

1. L’AMBIGUITÀ DI BACCO

1.1 Cenni sulla divinità: culto, aspetto e duplicità

Ritengo necessario presentare innanzi tutto la figura del protagonista del mito, a partire dalla religione politeista greco-romana: Bacco (gr. Βάκχος, lat. Bacchus) corrisponde a Dioniso (gr. Διόνυσος), divinità popolare ad Atene, ma pure in Macedonia, a Creta, in Asia Minore, in Tracia e in Tessaglia, in associazione al piacere, al vino e al divertimento. L'equivalente indiano sarebbe Soma, ovvero il patrono delle bevande a base di miele.6 Il nome Dionysos si trova documentato già in età micenea (di-wo-nu-so-jo) e secondo le più probabili interpretazioni appare composto da Διός e νυσος indicando quindi «il giovane figlio di Zeus».

Benché le sue sembianze umane siano documentate dalle fonti, molte testimonianze antiche ne attestano anche una rappresentazione teriomorfa, non sempre limitata alla presenza delle corna, che giustifica l’appellativo Tauros. Ad esempio negli Inni omerici risalenti al VII secolo a.C. viene più volte definito «dio dall'aspetto di toro»; l'Inno I è pervenuto a noi in parte grazie alla citazione di dello storico greco Diodoro Siculo vissuto tra l'80 e il 20 a.C.,7 in parte grazie al manoscritto «M» e fa supporre si tratti di un discorso di Zeus rivolto al figlio e a Semele: promette loro onori straordinari per l'eternità.8

L’ambiguità del suo aspetto, antropomorfo o meno, rimane una delle caratteristiche proprie del dio fino alla tarda antichità; tra le varie manifestazioni animali risultano il capretto e l’ariete, da cui deriva l’epiteto Eriphos e che lo collega alla concezione come figlio di Ammon; viene anche identificato col leone o legato al serpente in connessione al culto orgiastico. Una peculiarità comune anche nelle raffigurazioni umane è comunque la varietà del suo aspetto: giovane o vecchio, barbuto o imberbe, femmineo o mascolino, con la chioma vegetale, coronato d’edera e di grappoli.9 L’origine e la natura molteplice di Dioniso si manifesta anche negli innumerevoli epiteti riferiti a forme, facoltà, invocazioni rituali e luoghi di culto: ad esempio Nysaios e Kresios rinviano rispettivamente a Nisa e Creta. Lo studioso tedesco Otto nel suo testo che analizza il rapporto tra il mito e il culto dionisiaco, sottolinea che le celebrazioni spesso nascono come manifestazioni di un accadimento nella storia del dio.10 Legato al mondo infero, alla vegetazione e alla vite, dispensatore delle gioie del convito e insieme del delirio e dell’estasi, suscita entusiasmo orgiastico e dona virtù profetiche alle menadi, 6 Voce enciclopedica "Dioniso" su: http://www.treccani.it.

7 Diodoro Siculo. Biblioteca storica. Volume primo (libri I-III). A cura di Giuseppe Codiano e Marta Zorat. BUR Classici

greci e latini. Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 2004, III, 66,3, p.795.

8 Inni omerici. A cura di Giuseppe Zanetto. Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 1996, Inno I "A Dioniso" pp.66-67. 9 C. Gasparri. A. Veneri. Ad vocem "Dionysos" in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae. Zurigo, Monaco:

Artemis Verlag, 1992, III, p.414.

10 W.F. Otto. Dioniso. Mito e culto. Traduzione di Albina Ferretti Calenda. Itinera. Genova: Il melangolo S.r.l., 1990,

(8)

8

con cui si unisce e condivide riti cruenti. Combatte nella lotta degli dèi contro i Giganti affiancato dalle bestie che gli sono fedeli; ferino e selvaggio, è seguito sia da animali che rappresentano la fecondità, quali il toro, il capriolo e l'asino, sia da creature feroci come il lupo, la pantera e la lince.11 È capace di metamorfosi: la facoltà si rivela ad esempio nella vicenda riguardante le figlie di Minia, le quali non rispondono alla sua chiamata per attendere fedelmente i rispettivi mariti; lo spirito del dio, in forma di fanciulla, toro, leone e pantera si insinua nella loro casa e le rende affamate di carne umana, al punto da sbranare uno dei figlioletti.12 L'Inno VII degli Inni omerici racconta l'episodio dei pirati che lo rapiscono credendolo figlio di potenti, da sfruttare per arricchirsi; ma il piccolo compie un miracolo: il profumo dolce del vino e l'edera scura, «densa di fiori ed amabili frutti», avvolgono la nave; il dio si trasforma in leone e crea l'immagine di un orso, spingendo tutti a gettarsi in mare per scappare.13

Dioniso è legato all'elemento dell'acqua poiché si sposta spesso in nave e frequenta le profondità marine. Omero narra che quando Licurgo figlio di Driante mette in fuga le sue nutrici, il dio fanciullo si rifugia presso Teti sul fondo del mare.14 Inoltre sull'isola di Nasso sposa Arianna, precedentemente amante di Teseo figlio di Poseidone, la quale riceve come dono nuziale la corona foggiata da Efesto custodita negli abissi.15

Visita anche la dimora di Persefone, che l'avrebbe generato unendosi a Zeus e poi allevato per volere del padre secondo gli Inni orfici.16 Questi 87 poemetti o litanie si presentano come invocazioni di divinità: sette sono rivolte a Dioniso, presentato come figlio di Sabazio. I componimenti sono così denominati in quanto Orfeo viene menzionato nell'introduzione come autore; in epoca bizantina vengono raccolti in compendi assieme agli Inni Omerici, a quelli di Callimaco o di Proclo. Potrebbero risalire al II-III sec. d.C. ed essere stati stilati da qualche comunità dedita al culto dionisiaco nell'Asia Minore.17

Plutarco nel I secolo d.C. tramanda la tradizione locale secondo cui Dioniso, genio del mondo infero, periodicamente viene invocato dal fondo della palude di Lerna al suono di trombette.18 Per il suo furore si avvicina agli spiriti del mondo infero, in particolare alle Erinni, creature dal duplice

11 Ivi, p.117. 12 Ivi, p.116.

13 Inni omerici, cit., Inno VII "A Dioniso" pp.182-185. M. Cristofani. Ad vocem "Dionysos- Fufluns" in LIMC, Zurigo,

Monaco: Artemis Verlag, 1992, III, p.531.

14 Omero, L'Iliade di Omero tradotta da Vincenzo Monti. Firenze: Successori Le Monnier, 1880, libro sesto, vv.162-170,

p.120.

15 L. Della Bianca. S. Beta. Il dono di Dioniso. Il vino nella letteratura e nel mito in Grecia e a Roma. Quality Paperbacks

0450. Roma: Carocci, 2015, p.21.

16 Inni Orfici. A cura di Gabriella Ricciardelli. Scrittori Greci e Latini. Roma, Milano: Fondazione Valla, Arnoldo

Mondadori, 2000, "30. Profumo di Dioniso storace" pp.84-85, "46. Profumo di Licnite polvere d'incenso" pp.124-125.

17 Jeanmaire. Religione, cit., pp.469-470. 18 Riportato da Jeanmaire. Religione, cit., p.342.

(9)

9

aspetto,19 e a Demetra, legata alla sfera ctonia, cioè alculto della vita sotterranea.20 Varie volte visita il regno dei morti: secondo Orazioquando vi si reca per recuperare la madre, ammansisce Cerbero, che addirittura gli lecca il piede.21 Eraclito in uno dei frammenti afferma perfino:

[…]

ma Ade e Dioniso sono la medesima cosa,

per quanto impazziscano e delirino celebrando riti bacchici in onore di quest'ultimo.22

Il curatore e traduttore del testo greco, dopo aver fornito le interpretazioni di alcuni studiosi, afferma che si tratta di un commento su un'usanza diffusa tra la gente: celebrare con inni e processioni falliche la vita risulta insensato, in quanto Dioniso è in realtà inseparabile da Ade, inteso come morte e quindi il culto non è in alcun modo giustificabile. Infatti la concezione degli opposti vita-morte come unità inscindibile è una verità religiosa accettata comunemente.23 Secondo lo storico Otto, nel dio in bilico tra la vita e la morte si condensano in maniera smisurata la pienezza vitale e la violenza, rispecchiando la descrizione di Friedrich Nietzsche nella Volontà di potenza:24

Dioniso: sensualità e crudeltà. La caducità si potrebbe definire come un godimento della forza generatrice e distruttrice, come creazione continua.25

Fin dagli Inni omerici è considerato l'inventore e il dispensatore del vino con l’appellativo di «Acratoforo» che significa appunto «che reca vino puro»26, con tutte le implicazioni liete e tristi che il suo uso comporta. Nelle Baccanti di Euripide del 400 a.C. circa, viene restituita un'immagine viva della condizione prodigiosa in cui le donne si inebriano dei doni del dio;27 Seneca riporta il miracolo della fonte di Nasso da cui sgorga il vino anziché l'acqua in seguito alle nozze con Arianna.28 In occasione della festa del dio si narra perfino del fenomeno delle «uve del giorno» per cui le viti

19 Otto. Dioniso, cit., cit. p.121.

20 La divinità ctonia per eccellenza è Ade per i Greci o Dite per i Latini. Il termine è usato anche per indicare la connessione

con la terra di figure appartenenti ad altre civiltà religiose. Voce enciclopedica "Ctonio" su: http://www.treccani.it.

21 Q. Orazio Flacco, Odi ed Epodi. Traduzione di Germano Zanghieri. Led on line: Edizioni Universitarie di Lettere

Economia Diritto, 2006, libro II, 19, p.118.

22 Eraclito. Frammenti. Introduzione, traduzione e commento a cura di Miroslav Marcovich. Biblioteca di Studi superiori

LXIV Filosofia antica. Firenze: «La Nuova Italia» editrice, 1978, parte prima, "La dottrina del Logos" gruppo XII, fr.50 (fr.15 per Hermann Diels, fr.127 per Ingram Bywater), vv.4-5, pp.177.

23 Ivi, pp.167,178.

24 Si tratta di una raccolta dei quaderni del filosofo edita postuma; per la prima volta i frammenti sono pubblicati nel 1906

col titolo Der Wille zur Macht a cura della sorella.

25 Riportato da Otto. Dioniso, cit., p.149. 26 Idem.

27 Euripide. Ifigenia in Tauride. Baccanti. Introduzione e traduzione di Umberto Albini. Note di Maurizia Matteuzzi.

Milano: Garzanti Editore S.p.A., 1987.

28 L.A. Seneca. Edipo. Tragedia attribuita a L. A. Seneca il morale filosofo, trasportata in versi sciolti del nostro idioma

(10)

10

fiorirebbero e maturerebbero nel giro di poche ore.29 Nelle Rane di Aristofane e nelle Leggi di Platone il vino e la danza delle sacri feste a lui consacrate, ringiovaniscono miracolosamente anche i vecchi.30 Dioniso infatti incarna un'energia primaria e tende all'immortalità: perciò Karl Kerényi gli dedica una monografia nel 1976, in cui l'idea di vita indistruttibile denominata zoé corrisponde alla logica del dio, che trascende la frammentazione e i limiti spazio temporali e della morte.31 Anche secondo Fusillo il dio rompe i confini, dissolve i legami, confonde le separazioni, rompe le polarità in nome di un'energia che vince sulla mortalità.32

La rappresentazione come divinità della natura rigogliosa, specialmente vegetale, e quindi preposto alla crescita e alla maturazione dei frutti, è un aspetto importante della sua essenza, sottolineata da numerosi appellativi con cui viene venerato in varie località della Grecia, quali Ampelos per il tralcio di vite, Kissos che rimanda all’edera, Arboreo, Dendrides, Dendreus, Endrendros come spirito dell’albero, Evantche che indica la feconda fioritura, Fleonte, Oineo collegato al vino, Vitisator e Sicite.33 Come afferma Cicerone nel De natura deorum del 44 a.C., Dioniso è figlio di Giove e della Luna perciò racchiude in sé il calore del giorno e l'umidità della notte, dando vigore alle viti, portandole a maturare.34 Nelle fonti letterarie e visive oltre al tirso, ovvero la verga agitata nelle danze orgiastiche con la punta di pigna e un ciuffo di foglie all’estremità, tiene spesso in mano il kantharos, cioè una coppa a due manici solitamente d'oro.Secondo gli antichi Greci la bevanda è potente perché può inebriare i sensi e rivelarsi un mezzo efficace per dimenticare le preoccupazioni; porta gioia nei banchetti, induce al canto, all’amore, nonché alla follia e all’aggressività, se assunto a dismisura; alterando lo stato di coscienza, durante i sacrifici diventa lo strumento di mediazione tra uomini e dèi.35 Alcuni epiteti come Lieo e Lisio, rispettivamente «liberatore» e «colui che scioglie» si riferiscono proprio a tale facoltà. Lo studioso Dodds tratta di alcuni tipi di furore, prodotti da un'alterazione di origine divina delle condizioni e sottolinea come quello telestetico o rituale patrocinato da Dioniso pone gli individui a non essere più se stessi: per un periodo limitato nel tempo permette l'evasione dalla realtà e la liberazione dai limiti imposti dalla

29 Otto. Dioniso, cit., p.105.

30 Aristofane. Tutte le commedie. Gli Acarnesi, I Cavalieri, le nuvole, Le vespe, La pace, Gli uccelli, Lisistrata, le

Tesmoforiazuse, Le rane, Le donne a Parlamento, Pluto. Introduzione di Guido Paduano. Grandi Tascabili Economici

120. Roma: Newton, 1994, coro vv.345-349, p.354.

Platone. Leggi. Libri XII. Delle migliori opere di politica greche e latine tradotte ed annotate. Vol.1. Napoli: Stamperia della Biblioteca Analitica, 1819, libro secondo, p.48, 56-58, 66 sgg.

31 K. Kerényi. Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile. A cura di Magda Kerényi. Traduzione di Lia Del Corno.

Volume 362. Milano: Adelphi Edizioni, 2010, pp.21, 69, 125 sgg.

32 M. Fusillo. Il Dio ibrido. Dioniso e le Baccanti nel Novecento. Bologna: Società Editrice Il Mulino S.p.A., 2009,

pp.30-31.

33 Sezione "Epiteti di Dioniso" su: https://ditirambo.jimdo.com.

34 Riportato da G. Boccaccio. La genealogia de gli dei de gentili. Con la spositione de sensi allegorici delle favole e con

la dichiaratione dell'historie appartenenti a detta materia. Tradotta per M. Gioseppe Betussi da Bassano. Venezia: Fabio

e Agostino Zoppini Fratelli, 1581, libro XII, "Dioniso trentesimo primo figliuolo di Giove" p.196.

(11)

11

coscienza; il culto del dio accompagnato dal vino e dalla danza acquisisce così funzione catartica.36 Nei Dialoghi degli Déi di Luciano del II sec. d.C., Zeus risponde alle aspre critiche di Era nei confronti del figlio, forse dovute ancora alla gelosia verso la madre Semele: il re dell'Olimpo afferma che né il vino né Dioniso hanno di per sé effetti negativi, ma è l'eccesso nel bere a causare follia, come è avvenuto nel caso di Icaro, ucciso dai suoi stessi compagni.37

Emerge quindi una figura dalle molte sfaccettature: dio dell'ebbrezza soave e dell'amore estatico ma altresì sofferente, perseguitato e fragoroso. Il vino che dona agli uomini rappresenta le contraddizioni insite nella sua natura ma anche l'unità dei contrari.38 La frenesia è il suo carattere fondamentale e si manifesta nella musica, nella danza e nei riti a lui dedicati, grazie al miracoloso potere della bevanda, che oltre ad assicurargli la vittoria sulle più lontane genti dell’Asia, inebria, esalta ed eleva i suoi seguaci, facendo svanire le ostilità. 39 Per il calore che provoca nel corpo si avvicina al dio del fuoco Efesto, protettore dell’umile categoria dei fabbri. Dioniso e il suo regno si distinguono però dal resto dell'Olimpo per l'originale spirito della duplicità: il travolgente avvento e la sua perturbante ambiguità si ritrovano nel simbolo associato della maschera, da cui trapela la sua frenesia.40

Oltre alla vite anche l'edera, il pino, il fico e il mirto sono piante a lui sacre, tutte accomunate dall'elemento umido;41 ma l'edera in particolare si distingue come sempreverde che lo accompagna costantemente, fin dal concepimento; gli Inni omerici collegano questo elemento all'infanzia poiché le Niseidi lo guidano tra le valli col capo cinto appunto di alloro ed edera, dando origine alla corsa sfrenata sui monti detta oreibasia che sarà tipica delle orge bacchiche, come si ritrova anche nelle Argonautiche di Apollonio Rodio del III sec. a.C.42

Diodoro Siculo collega la nascita del dio alla terra da cui nasce spontaneamente la pianta e poi ai grappoli maturi della medesima.43 Euripide nelle Fenicie dice che dopo la venuta di Dioniso sulla vetta del Parnaso a lui sacra, la vite matura ogni giorno un grappolo d'uva;44 nelle Baccanti riporta varie volte l’usanza dei suoi seguaci di coronarsi d’edera.45 Nel III sec. a C. Teocrito nel carme

36 E.R. Dodds. I Greci e l'irrazionale. Nuova edizione italiana a cura di Riccardo Di Donato. Presentazione di Arnaldo

Momigliano. Traduzione di Virginia Vacca De Bosis. Milano: Sansoni, 2003, cap.III "I divini doni della pazzia" pp.121-123.

37 Luciano di Samosata, Dialoghi degli Dèi, 18. Era e Zeus. Consultabile su: http://www.miti3000.it. 38 Otto. Dioniso, cit., p.159.

39 Gasparri, Veneri. "Dionysos" in LIMC, III, cit., p.414. 40 Otto. Dioniso, cit., p.92.

41 Ivi, p.167.

42 Inni omerici, cit., Inno XXVI "A Dioniso" pp.200-201.

Apollonio Rodio. Le argonautiche. Libri I-II. Traduzione di Guido Paduano. Introduzione e commento di Guido Paduano e Massimo Fusillo. BUR poesia. Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 1995, libro I, pp.160-161.

43 Diodoro Siculo. Volume primo, cit., III, 62, pp.782-783.

44 Euripide. Le tragedie. Medea. Alcesti. Le Fenicie. Con incisioni di A. De Carolis. Bologna: Nicola Zanichelli Editore,

1956, epodo dopo il canto del coro e l'antistrofe, p.228.

(12)

12

Le Baccanti descrive la preparazione degli altari in onore di Dioniso e della madre Semele con l'edera vitale e la quercia frondosa.46

Tutto ciò si riflette nell’arte figurativa, dove gli attributi più diffusi sono il ramo o il tralcio di pino, l’abete, la vite e soprattutto l’edera in quanto pianta sempre verde come lui eternamente giovane, e poiché secondo Plutarco si appiglia come il vino, legando le menti umane e suscitando furore. Dalle immagini vascolari sappiamo che durante le «Antesterie» Dioniso entra trionfale su un carro a forma di nave, accolto al suono di trombe, bevute collettive, corone e offerte.47 Ancora Plutarco narra l'ingresso ad Efeso di Antonio nei panni di «Nuovo Dioniso» donatore di grazia: la città per accoglierlo è adornata di edera, le donne si vestono da baccanti e gli uomini da satiri; eppure alla maggioranza egli appare crudele e disumano, quanto il dio ferino e selvaggio.48 Lo splendore è infatti adombrato da oscurità profonde poiché dietro all'apparente realtà incantata affiorano una frenesia sinistra, un delirio cupo e violento che si connettono alla morte.49

La presenza di Dioniso afferra totalmente gli uomini, li eccita al delirio e alla sete di sangue,50 perciò ad Orcomeno in Beozia nelle feste in suo onore dette «Agrionie» un sacerdote armato di spada insegue alcune donne e le dilania quando riesce a raggiungerle; le sopravvissute tornano ad informare che il dio si è rifugiato presso le Muse. Anche Pausania descrive riti con cadenza biennale detti «Scieree» dove in conformità col responso oracolare di Delfi, alcune donne vengono sottoposte alla sferza.51 Pure le Baccanti di Euripide non si limitano ad esaltare il culto di Dioniso, ma ne mostrano la complessità: da un lato il re Penteo è il sovrano persecutore, dall'altro il dio si vendica con un atto di violenza distruttiva, creando, secondo l'interpretazione di Fusillo, una tensione e complementarità tra due poli.52 Anche in Ovidio il tiranno che rinnega il culto, scambiato per cinghiale dalla madre e dalle zie, viene dilaniato brutalmente, diventando infine la vittima.53

Filostrato Maggiore, vissuto tra il II e il III secolo d.C., nelle Immagini descrive la nascita di Bacco dalle fiamme, esprimendo la contrapposizione tra la natura rigogliosa accompagnata dal canto di Pan e la reazione di Citerone con sembianze umane, il quale piange le sventure che si abbatteranno

46 Teocrito, Carmi. Poeti bucolici greci minori. A cura di Onofrio Vox. Classici UTET. Torino: Unione Tipografico

Editrice Torinese, 1997, XXVI, pp.356-361.

47 Otto. Dioniso, cit., p.106

48 Plutarco. Le Vite parallele. Volgarizzate da Marcello Adriani il Giovane. Vol.V, Firenze: Felice Le Monnier, 1864.

"Antonio", XXIV, pp.296-298.

49 Otto. Dioniso, cit., p.109. 50 Ivi, p.55.

51 Pausania. Guida della Grecia. Libro VIII. L'Arcadia. Testo e traduzione a cura di Mauro Moggi. Commento a cura di

Mauro Moggi e Massimo Osanna. Roma, Milano: Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori editore, 2003, 23,1 pp.114-117.

52 Otto. Dioniso, cit., p.28.

53 P. Ovidio Nasone. Le Metamorfosi. Introduzione di Giampiero Rosati. Traduzione di Giovanna Faranda Villa. Note di

Rossella Corti. BUR Classici greci e latini. Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 2016, libro III, vv.715-731, pp.214-217.

(13)

13

su di lui, lasciando scivolare la corona d'edera dalla testa in quanto se n'è adornato mal volentieri.54 Clemente Alessandrino (150ca.-211ca.) esorta ad abbandonare gli antichi misteri per passare al Verbo cristiano: proprio il Citerone viene paragonato per contrasto al monte di Dio innalzato in nome della Verità e non umiliato da racconti tragici quali le sventure della stirpe di Cadmo, da cui discendono Edipo e appunto Dioniso. Con ironia confronta anche le sorelle di Semele e le menadi che si spartiscono la carne con le agnelle leggiadre che formano un coro di temperanza per inneggiare al re dell'universo. Invita il vecchio Tiresia a lasciare Tebe, a riacquistare la vista abbandonando l'arte dell'indovino e abbracciando la nuova fede.55 L'influenza greca in ambito etrusco determina una reinterpretazione delle divinità tradizionali per creare una corrispondenza: Tinia equivale a Zeus, Uni ad Era, Aita ad Ade, etc. Così la divinità agreste Fufluns viene assimilata al latino Liber-Pater,56 all’umbro Pomono e soprattutto al greco Dioniso, che nelle iscrizioni sui monumenti dell'antica Populonia è ritenuto sia fausto che infausto, accordandosi con l'ambiguità del dio ellenico.57 Ispirandosi per l'iconografia alla ceramica attica, solitamente si presenta barbuto, con un lungo chitone e un himation,58 fornito di un corno potorio o di un kantharos per bere; soprattutto a Vulci, centro di produzione vinicola, è valorizzato il legame col vino, ma figurano anche la lira, il tirso e la pantera, sempre ereditati dalla Grecia. Testimoni della sovrapposizione tra le due divinità sono le raffigurazioni sul retro di alcuni specchi e sui gioielli, spesso danneggiati e comunque scarsi numericamente, a causa dell'originaria funzione domestica e del diffuso utilizzo come amuleti.59 Qualche esempio sarà riportato successivamente.60 Il nome Fufluns è connesso con l'etrusco puple da cui probabilmente deriva il toponimo di Populonia e che originariamente significa germoglio, legandosi quindi ad una divinità connessa alla natura.61

Il culto bacchico e le associazioni di Baccanti pare si diffondano prima in Etruria e poi a Roma.62 All’inizio del II sec. a.C., col progressivo affermarsi del dominio romano, si intensificano i contatti e molte tendenze culturali vengono importate ed assimilate:63 La triade Cerere-Liber-Libera

54 F. Filostrato. Immagini. Introduzione di Franco Fanizza. Traduzione e note di Gianni Schilardi. Metis Estetica, Teoria

e Storia Della Critica 3. Lecce: Argo, 1997, "Semele" pp.79-81 e note pp.241-242.

55 T.F. Clemente Alessandrino. Protreptico ai Greci. Introduzione, traduzione e note a cura di Alieto Pieri. Patristica

Paoline. Roma: Edizioni Paoline, 1967, 119, pp.288-289.

56 Voce enciclopedica "Liber-Pater" su: http://www.treccani.it. 57 Jeanmaire. Religione, cit., p.450.

58 L’imàtio dal gr. ἱμάτιον o εἱμάτιον, è la veste di lana o di lino, bianca o colorata, originaria della Grecia antica, che

consiste in un mantello drappeggiato che parte da una spalla, gira dietro il dorso e torna sul davanti. Lemma del vocabolario "Imatio" su: http://www.treccani.it.

59 F. Pagliaro. Sezione "Giove, Semele e la nascita di Bacco" delle "Metamorfosi di Ovidio, libro III" su:

http://www.iconos.it, commento immagine 14.

60 Vedi infra par.1.3, cap.2 par.2.7.

61 Dionysos:Mito e Mistero. A cura di Fede Berti e Carlo Gasparri. Catalogo della mostra di Palazzo Bellini a Comacchio,

7 maggio - 17 dicembre 1989. Bologna: Nuova Alfa Editoriale, 1989, "Fufluns" p.156.

62 Cristofani. "Dionysos- Fufluns" in LIMC, III, cit., p.531.

63 Gian Biagio Conte. Letteratura latina. Manuale storico dalle origini alla fine dell’Impero Romano. Milano: Le

(14)

14

analoga a Demetra-Dioniso-Persefone fin dal V secolo ha un tempio sull'Aventino.64 Dioniso penetra col nome di Bacco e il suo culto si diffonde finché nel 186 a.C. il Senatus consultum de Bacchanalibus proibisce ufficialmente le feste in suo onore a causa del loro carattere orgiastico e violento. Ab urbe condita di Tito Livio riporta la convocazione di una liberta, Ispala, accusata di aver partecipato a convegni notturni durante i Baccanali sulle pendici dell'Aventino; il luogo è il bosco di Stimula, la divinità indigena che sveglia nei giovani gli stimoli erotici.65 Questo aneddoto conferma che il movimento dionisiaco è già diffuso da tempo: le congreghe di donne formano sette in cui le fanciulle vengono iniziate e svolgono il sacerdozio a turno, celebrano riti considerati abominevoli come l'assassinio e si appropriano di lasciti ereditari. Per tali accuse il senato e i consoli dell'anno 186 attuano misure di sicurezza che sfociano in una vera repressione, distruggendo le sedi del culto e risparmiando solo le statue e gli altari antichi.66 Analogamente una ventina di anni prima in Egitto con Tolomeo IV le associazioni dionisiache subiscono la regolamentazione e la censura sui libri.67

Sant'Agostino nel 413 d.C. sostiene che il comportamento dei Greci è vergognoso ma conforme alle loro divinità:68 il vizio è una caratteristica comune e i giochi celebrati in onore degli dèi e delle dee sono definiti infami;69 non risparmia dalle critiche anche i Romani, affermando che se avessero disposto di leggi morali, dopo la fondazione di Roma non avrebbero ricorso a copiare quelle degli Ateniesi.70

L’iconografia romana conserva gli attributi del modello greco: i vasi dipinti a figure nere o rosse, i rilievi e i sarcofagi rappresentano scene mitiche in cui appare coronato d’edera e tiene in mano il tirso, la coppa, un ramo di vite o un grappolo d’uva. Riflettendone il culto compare spesso seguito da un corteo di bestie feroci, satiri e fanciulle danzanti dette menadi. Infatti Nonno di Panopoli narra che Dioniso, appena nato da Zeus, viene incoronato di edera dalle Ore e poi portato da Ermes presso le figlie di Lamos, per essere accolto e nutrito.71 L'opera dell'autore egiziano intitolata Dionisiache risale probabilmente al V sec. d.C. ed è una vasta epopea che tratta delle origini tebane del protagonista, della storia della creazione grazie alla vittoria di Zeus sui Titani e della teoria dei tre diluvi. Distingue il primo Bacco-Zagreo nato da Core da un secondo, frutto dell'unione con la Vite Ampelos, destinata a morire tragicamente; Dioniso grazie all'invenzione del vino e al dono fatto agli uomini pone fine alla sua afflizione. Infine al terzo, di Tebe, si legano i motivi della nascita,

64 Jeanmaire. Religione, cit., p.449.

65 Tito Livio. Storia di Roma. Libri XXXIX, XL. Testo latino e versione a cura di Carlo Vitali. Bologna: Zanichelli Editore,

1978, libro XXXIX, 12, "Il console convoca Ispala" pp.30-33.

66 Jeanmaire. Religione, cit., pp.451-452. 67 Ivi, cit., p.454.

68 S. Agostino. La città di Dio: riduzione e traduzione del "De civitate Dei" con introduzione e commento a cura di Ulisse

Pucci. Torino: Società Editrice Internazionale, 1938, IV,11, p.93.

69 Ivi, IV, 11, p.89. 70 Ivi, IV, 16, p.94.

71 Nonno di Panopoli, Le dionisiache. (Canti I-XII) Volume primo. Introduzione, traduzione e commento di Daria Gigli

(15)

15

dell'allevamento e dei trionfi militari in India. La figura complessivamente risulta quella di un eroe benefattore e civilizzatore.72 Per l'avvento di un salvatore e la consacrazione del vino usato anche nei rituali, la sua passione inevitabilmente rimanda a quella di Cristo; tant'è vero che i primi apologeti cristiani come Giustino, spacciano la leggenda come tentativo dei pagani di contraffare le verità bibliche.73

Fig. 1.1. Michelangelo, Bacco, 1496-97, Fig. 1.2. Marten van Heemskerk, Il Bacco nella collezione marmo, h.203cm (con base). di antichità di Jacopo Galli a Roma, 1532-35 ca., Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Inv.10S. disegno a penna, 13x20,3 cm. Berlino, Staatliche Museen,

Kupferstichkabinett, Codex Barolinensis, I, fol.72a.

Fig. 1.3. Caravaggio, Bacco, 1598 ca., Fig. 1.4. Caravaggio, Bacchino malato,1593-94 ca., olio su tela 95x85cm. Firenze, olio su tela, 67x53cm. Roma, Galleria Borghese, inv.534. Galleria degli Uffizi, sala 90.

72 Ivi, canto 7, p.473.

(16)

16

Nella letteratura come nell’arte, la sua figura incarna il dualismo tra la forza vitale e l’impeto distruttivo, che si contrappongono all’interno di un’unica divinità; pertanto gli studiosi parlano di duplice natura, spirito selvaggio e frenetico, contraddizione, etc. In particolare Fusillo nel suo libro sul dio «ibrido» afferma che l'alterità e le polarità comportano una «tragica ambivalenza»; egli ricorda che a partire dalla Nascita della tragedia di Nietzsche si parla di apollineo e dionisiaco come di modelli basilari della creatività umana, che consistono nella dicotomia tra razionalismo e irrazionalismo; inoltre i due impulsi artistici della natura, ossia visione-forma-sogno e suono-corpo-eliminazione delle categorie, corrispondono alle due arti della scultura e della musica. Superando il conflitto tra ragione e sentimento, si incrinano quindi le opposizioni e l'immagine di Dioniso come emozione esclusivamente violenta. Ciò avviene anche grazie al contributo della Psicanalisi: soprattutto in Totem e Tabu di Freud il dio compare come doppio di Edipo, in connessione alla morte ma anche alla resurrezione tragica.74 A sottolinearne la duplicità non mancano nell'arte le rappresentazioni in cui è dotato di entrambi i sessi o viene associato alla pigna, frutto di specie ermafrodita noto e diffuso nel bacino del Mediterraneo. L’argomento dell'ambiguità sessuale del dio sarà approfondito nel capitolo terzo all'interno del paragrafo riguardante Ermafrodito e il mito dell’androgino.75

Soprattutto in epoca rinascimentale, quando gli artisti tentano di emulare l’arte classica per soddisfare il gusto della committenza, la divinità pagana riscuote particolare fortuna: esemplare è la scultura di marmo di Michelangelo Buonarroti conservata al Bargello (Fig. 1.1).76 L'artista riceve l'incarico a Roma, da parte di Raffaello Sansoni Riario, cardinale di San Giorgio in Velabro, appassionato di antichità, che intende esporla nella dimora del Palazzo della Cancelleria.77 Il resoconto del critico Francisco de Holanda, dimostra che lo scultore allude alla grandezza e al mistero dei culti antichi adeguandosi alla moda dei collezionisti romani, ma al contempo mette in discussione l'ideale artistico classico raffigurando il dio barcollante. Coi grappoli d'uva simboleggia l'abbondanza della natura autunnale e si presenta insieme atletico ed effeminato per la posa languida.78 Forse questa ambivalenza semantica delude le aspettative del committente iniziale, visto che l'opera completata nel 1497 si ritrova nel giardino del banchiere Jacopo Galli, nel vicolo dei Lautari del Rione Parioli, presso San Lorenzo in Damaso.79 Proprio qui Bacco appare in un disegno realizzato negli anni '30

74 Friedrich Nietzsche. Die Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik ,1872. Sigmund Freud. Totem e Tabu, 1912.

Riportati da Fusillo. Il dio ibrido, cit., p.16.

75 Vedi infra cap.3 par.3.1.

76 http://www.bargellomusei.beniculturali.it.

77 P. Barocchi. Il Bacco di Michelangelo. Museo Nazionale Firenze. Lo Specchio Del Bargello 8. Firenze: Museo

Nazionale Del Bargello, 1982, p.3.

78 C. De Tolnay. Michelangiolo. Monografie e Studi d'arte antica e moderna. Firenze: Del Turco, 1951, p.21.

79 C. Thoenes. F. Zöllner, Michelangelo. Tutte le opere di pittura, scultura e architettura. Köln: Taschen, Bibliotheca

(17)

17

del Cinquecento da Marten van Heemskerk (Fig. 1.2) che lo rappresenta mutilo della mano destra;80 ciò contraddice i riferimenti contenuti nella biografia del Condivi del 1553 e nelle Vite del Vasari del 1568, dove la scultura alta dieci palmi, viene descritta dotata dell'arto completo che regge la tazza. De Tolnay ipotizza che la mano venga spezzata a inizio secolo e ripristinata prima del testo del Condivi.81

Anche Michelangelo Merisi detto il Caravaggio contribuisce sullo scorcio del secolo a confermare l’iconografia classica di Bacco con la tela conservata agli Uffizi (Fig. 1.3) raffigurandolo come un giovane dalle gote rosse per il vino, lo sguardo languido e gli attributi tipici dell’edera, simbolo d'eternità, e della coppa in mano. Il dipinto si inserisce nel periodo giovanile insieme a opere come il Fruttaiolo della Galleria Borghese di Roma, il Fanciullo morso dal ramarro della Fondazione Longhi di Firenze, il Canestro di frutta della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Rinvenuta nei depositi degli Uffizi nel 1913 e attribuita a Caravaggio da Roberto Longhi, l'opera è da riferirsi all’attività sotto la protezione del cardinale Francesco Maria del Monte. Assieme alla Medusa, viene donata nel 1608 dal Cardinal del Monte a Ferdinando I de' Medici, in occasione delle nozze del figlio Cosimo II. L'artista quasi ostenta la resa naturalistica del mondo vegetale nel cesto di frutta, mentre il dio che offre la coppa lascia intendere un invito alla vita frugale, alla convivialità e all'amicizia. La figura scultorea, il volto dall’espressione sensuale e appena inebriato dal vino è esemplata su modelli dell’arte classica.82 Risulta utile un confronto col cosiddetto Bacchino malato (Fig. 1.4) proveniente dal gruppo di opere confiscate al Cavalier d'Arpino nel 1608, dopo la pretestuosa incarcerazione per possesso illegale di archibugi. Il pittore, per essere rilasciato è costretto a donare la propria quadreria alla Camera Apostolica, in modo che Paolo V possa regalarla al nipote Scipione Borghese, presumibilmente pianificatore della vicenda. Si tratta di una raffigurazione di tipo allegorico in cui il protagonista, ritratto con estremo realismo, è ornato dagli attributi del vino e dell'ebbrezza, ma si rivolge allo spettatore in una posa atipica, di tre quarti; inoltre mostra fra le mani un naturalistico grappolo d'uva bianca, che contrasta cromaticamente con l'incarnato ceruleo e insalubre. La critica individua nel soggetto un possibile autoritratto dell'artista, collegando il dipinto a un avvenimento biografico, ovvero il ricovero presso l'Ospedale romano della Consolazione in circostanze non ben definite. In questa sede si potrebbe proporre una lettura, seppur semplicistica, dei due quadri caravaggeschi su Bacco come opposte conseguenze dovute all'assunzione del vino per cui la coppia, vista come dittico, potrebbe rappresentare di nuovo la duplicità del dio, coi suoi risvolti positivi e negativi.

80 Ivi, p.5.

81 G. Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti. III. A cura di Carlo Ludovico Ragghianti. I classici

Rizzoli. Milano-Roma: Rizzoli, 1942, "Vita di Michelagnolo Buonarroti" p.410.

A. Condivi. Vita di Michelagnolo Buonarroti. A cura di Emma Spina Barelli. Milano: Rizzoli, 1964, p.184.

De Tolnay. Michelangiolo, cit. p..233.

(18)

18

1.2 Cicli dionisiaci

La testimonianza più antica sebbene indiretta riguardante una serie figurativa di episodi della vita di Dioniso è fornita da Pausania nella Periegenesi della Grecia del II sec. a.C.; il geografo greco narra che in Attica, all'interno di un recinto, sorgono due templi consacrati al Dioniso Eleutereo ed una statua in avorio e oro scolpita da Alcamene.83 Nel santuario vicino al teatro, alle pendici dell'Acropoli di Atene, descrive un ciclo dipinto in cui si vede il dio che riporta in cielo Efesto, gettato neonato a terra dalla madre Era; poi compaiono Penteo e Licurgo che pagano il fio per essersi opposti al culto dionisiaco; infine Arianna dorme a Nasso, mentre Teseo salpa abbandonandola e Dioniso arriva sull'isola per rapirla.84

Fig. 1.5. Fotografia del Tempio di Bacco, II-III sec. d.C., Baalbek (Libano).

Fig. 1.6. Tempio di Bacco: particolare (con ritocchi) dell'architrave.

Fig. 1.7. Tempio di Bacco: rilievi sull'architrave e sui lati del portale.

83 Sul confronto tra la descrizione di Pausania e i resti archeologici rimasti si veda: A. Natale. Il riso di Hephaistos.

All'origine del comico nella poesia e nell'arte dei Greci. Roma: «L'erma» di Bretschneider, 2008, cap.III, pp.107-114.

84 Pausania. Guida della Grecia. Libro I, L'Attica. Introduzione, testo e traduzione a cura di Domenico Musti. Commento

a cura di Luigi Beschi e Domenico Musti. Roma-Milano: Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori editore, 1982, 20,3 pp.102-103.

(19)

19

La diffusione del culto nel secolo di Pausania e in quelli successivi è confermata dal sito archeologico di Baalbek in Libano presso Beirut nella Valle della Beqaa. Dichiarato nel 1984 Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, raccoglie le monumentali rovine di alcuni templi di epoca romana che nel basamento comprendono monoliti di notevoli dimensioni. Come risulta da alcune iscrizioni trovate nell'Ottocento, il sito chiamato Heliopolis cioè «Città del Sole» anticamente ospita importanti santuari dedicati a Giove, Venere e Bacco. Quest'ultimo (Fig. 1.5) risalente al 150 d.C. circa, viene probabilmente eretto all'epoca di Antonino Pio (138-161) e comporta la pratica locale del culto dionisiaco, con l'utilizzo di vino, oppio e altre droghe per il raggiungimento dell'estasi religiosa; per volontà dell'imperatore Teodosio nel 392-395 d.C. viene trasformato in una chiesa cristiana, così come il vicino tempio di Venere.85

L'edificio prende il suo nome dalla decorazione del portale con tralci di vite, nonché le piccole figure di menadi e satiri che si connettono appunto a Bacco. Attualmente risulta ben conservato: collocato sul podio alto 5 metri vi si accede dalla scalinata con oltre trenta gradini; mancano il tetto della cella e alcune porzioni delle colonne laterali. Sul soffitto (Fig. 1.6) l'aquila col caduceo tra gli artigli si lega alla ricchezza data dal commercio e potrebbe verisimilmente simboleggiare la potenza del sole a cui è dedicata la città: assieme ad altri dettagli dei rilievi (Fig. 1.7) promette fecondità della natura e abbondanza del raccolto. Se accettiamo che la costruzione risalga al periodo di prosperità sotto Antonino Pio, l'aquila potrebbe altresì rappresentare Roma, mentre il caduceo rimanderebbe a Mercurio come messaggero di pace.Sul fondo del tempio si può individuare l'adyton, ossia il sacrario destinato in origine ad ospitare la statua di Bacco, mentre i rilievi sulle pareti rappresenterebbero vari momenti della vita della divinità; questa interpretazione fa sì che il reperto si possa considerare l'esempio più antico di ciclo dionisiaco giunto fino a noi.86

Anche i grandi complessi figurativi che decorano le dimore alla fine della Repubblica e nell'Impero Romano accolgono rappresentazioni dionisiache. Per esempio gli affreschi della Villa Item detta «dei Misteri» in parte riemersa sulla via tra Pompei ed Ercolano, in un salone raffigurano la gioia di un tiaso durante l'iniziazione, Dioniso bambino e una figura femminile che potrebbe essere la zia nutrice Ino, mentre gioca coi suoi capelli.87 I bassorilievi, i mosaici e le pitture della Domus Aurea di Nerone o di Pompei nel I sec. parzialmente perduti dimostrano il persistere della voga dei motivi di Dioniso e Arianna, i satiri, le menadi e il trionfo indiano.88

Guardando a tempi meno remoti, non si possiedono dati certi nemmeno a proposito del perduto e anonimo fregio con le storie di Bacco, della «casa vecchia» di Lorenzo di Pierfrancesco

85 Voce enciclopedica "Siria e Libano" su: http://www.treccani.it.

86 A. Lo Monaco. " Il Tempio di Bacco in Libano è uno dei Templi Romani meglio conservati al Mondo" su:

https://www.vanillamagazine.it.

87 Jeanmaire. Religione, cit., pp.456-459. 88 Ivi, cit., p.466.

(20)

20

Medici (1463-1503) in via Larga a Firenze. In un articolo dedicato alle collezioni del ramo giovane della dinastia, Shearman si basa sui documenti dell'Archivio di Stato per analizzare le notizie sui beni immobili e mobili e tentarne una ricostruzione. Lo studioso riporta che Vasari attribuisce cassoni, spalliere e altri arredi oggi musealizzati a Giovanni di Bicci; i dipinti sarebbero invece di Dello Delli mentre i rilievi dorati del giovane Donatello. Come descritto nel Libro di Antonio Billi tra i mobili dell'abitazione di Lorenzino detto «il Popolano» si trova una spalliera di animali realizzata da Pesello, pertanto le tele sulla Storia di Bacco nell'Anticamera dei Baccanali potrebbero essere attribuite al medesimo. In una lettera scritta da Paolo Somanzi il 29 giugno 1497 e diretta a Ludovico il Moro viene riferito che il padrone di casa, inspiegabilmente, intende rimuovere tutti i beni di valore, escludendo il ciclo di dipinti dionisiaci, che restano invece sulle pareti della stanza.89 Infine scarse notizie sono fornite da un inventario del 15 settembre del 1498, che ci informa sull’estensione del fregio di oltre dodici metri.90

Il dio assume una posizione dominante nel programma iconografico del «camerino delle pitture» di Alfonso I d’Este (1476-1534) successore di Ercole I come terzo duca di Ferrara. Impegnandosi nelle guerre contro la Repubblica di Venezia e l’esercito papale di Giulio II Della Rovere, porta il ducato a conoscere un notevole sviluppo, anche dal punto di vista artistico e culturale; infatti prosegue l'opera di ristrutturazione del castello già intrapresa dal padre: col supporto dell'architetto di corte Biagio Rossetti, sistema l'appartamento della duchessa, le sale, le cucine e appunto lo studiolo sulla via Coperta. Alla grande impresa decorativa che riguarda i cosiddetti «camerini dorati» o «d'alabastro» collaborano artisti del calibro di Antonio Lombardo, Tiziano Vecellio, i fratelli Battista e Dosso Dossi, Raffaello Sanzio e Giovanni Bellini.91

Già nello «studio dei marmi» le sculture paiono confrontarsi idealmente con le collezioni romane, in particolare con l’«antiquario delle statue» allestito in Belvedere da Bramante per Giulio II. Al momento dell’elaborazione del programma iconografico la città è colpita da interdetto e stretta d’assedio dalle truppe pontificie, pertanto la sconfitta sembra imminente. Infatti Alfonso, colpito da scomunica, reagisce alle drammatiche difficoltà del presente, alle precarie condizioni di salute e all’offensiva del papa. Il professor Vincenzo Farinella, nel capitolo VIII del suo volume dedicato al duca, analizza ed interpreta il progetto decorativo come autorappresentazione del principe estense.92

Il 9 ottobre 1511 Mario Equicola, umanista campano al servizio di Isabella d’Este, le invia da Ferrara una lettera, nota dalla fine del XIX secolo e collegata dalla critica alla decorazione del

89 J. Shearman. The Collections of the Younger branch of the Medici. «The Burlington Magazine» 1975, CXVII 862,

pp.20-21.

90 Ivi, inventario del 15 settembre 1498, n.40 p.27.

91 I cenni su Alfonso I sono tratti da A. Bayer. "Il pubblico di Dosso: la corte estense a Ferrara" in Dosso Dossi pittore di

corte a Ferrara nel Rinascimento. Catalogo della mostra tenuta a Ferrara nel 1998 a New York e Los Angeles nel 1999.

Ferrara: Ferrara Arte, 1998, pp.27-31.

92 V. Farinella. Alfonso I d'Este. Le immagini e il potere: da Ercole de' Roberti a Michelangelo. Milano: Officina Libraria,

(21)

21

camerino; scrivendo della «pictura di una camera nella quale vanno di sei fabule o vero hystorie» fa intendere che il committente abbia suggerito al letterato il tema da svolgere, ruotante attorno alle figure di Bacco, Venere ed Enea, incaricandolo di mettere per iscritto un vero e proprio programma iconografico, suddiviso in sei parti.93 Emerge la volontà di emulare l’appartamento papale in Vaticano e anche lo studiolo della marchesa di Mantova, che consacrano Raffaello come grande pittore. Ancora oggi la cupola dell'ambiente estense è dominata da cinque amorini in volo che recano i simboli degli dèi Mercurio, Giove, Bacco, Plutone e Nettuno; stucchi e affreschi raffigurano divinità fluviali, mascheroni, animali esotici, uccelli, figure fantastiche e le virtù cardinali.

Le opere su tela invece non trovano più la loro collocazione già dal 1598 a causa della devoluzione del ducato allo Stato Pontificio: la disposizione originaria può solo essere ipotizzata sulla base di pochi documenti. Per esempio la missiva del 23 aprile 1518 dell’ambasciatore Jacopo Tebaldi nomina una «fazata» che accoglie tre dipinti di Baccanali, lasciando supporre che la parete ospitante sia estesa almeno sei metri, escludendo eventuali finestre o porte. La contiguità tra gli Andri di Tiziano e il Festino degli dèi di Bellini è un'isolata certezza, garantita dallo sfondo paesaggistico che collega i due quadri.94 L’unica riproduzione visiva dell'insieme è una sanguigna conservata agli Uffizi del 1598 circa, attribuita al Cavalier d’Arpino, (Fig. 1.8) che copia in sequenza i Baccanali, Bacco e Arianna e gli Andri.95

Fig. 1.8. Cavalier d'Arpino (da Tiziano). Apoteosi d'Arianna ed Arianna a Nasso, 1598ca. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv.n.7383.

93 Ivi, pp.487-489. 94 Ivi, p.636

95 Il disegno è riportato da A. Ballarin. Lo studio dei marmi ed il camerino delle pitture di Alfonso I d'Este. Analisi delle

fonti letterarie, restituzione dei programmi, riallestimento del camerino in Il camerino delle pitture di Alfonso I. Volume 1. A cura di Alessandro Ballarin. Pittura del Rinascimento nell'Italia Settentrionale. Cittadella: Bertoncello artigrafiche,

(22)

22

Per tentare di riallestire concretamente l’intero camerino all’epoca della realizzazione devono essere tenuti presenti anche i dati forniti dal Fregio di Enea di Dosso Dossi, che corre lungo le pareti sovrastando le altre tele: oltre a suggerire le fonti luminose a sinistra, l’estensione dei dieci pannelli fa capire il perimetro della stanza. L’analisi delle porzioni superstiti rispecchia il catalogo pubblicato a Madrid nel 1856, i cui i dipinti, conservati nella raccolta di José de Madrazo y Agudo, vengono descritti con precisione.96 Come gli affreschi del cortile del palazzo, il fregio virgiliano esalta le glorie letterarie della famiglia, incarnate dal ritratto di Matteo Maria Boiardo, antenato del committente e autore dell’Orlando innamorato; esso rivela dunque le ambizioni intellettuali dell'ambiente, dedicato probabilmente alla lettura, allo studio e alla musica. Il ciclo non illustra fedelmente l’intera Eneide ma riflette sul valore morale dei primi sei libri, ispirandosi forse alle incisioni delle Opere di Virgilio a cura di Sebastian Brant.97 I singoli episodi selezionati sottolineano le principali qualità di Enea: la pietas verso la famiglia, il rapporto con gli dèi che gli consente di sopportare l’ostilità di certe divinità ottenendo aiuto da altre, la dedizione verso i concittadini, profughi da Troia e diretti verso una nuova patria.98 Alfonso I, assimilato al modello etico dell’eroe troiano che salva il suo popolo e la sua stirpe, si rivela il reale protagonista: ne scaturisce un’immagine del principe dotato di capacità belliche, virtù morali, protezione divina e garante del destino illustre del ducato, poiché governa con la stessa saggezza di Enea nei Campi Elisi.

Anche altre commissioni coeve menzionate da Farinella confermano la fortuna e l’attualità della leggenda virgiliana a Ferrara. L’idealizzazione del mecenate è rafforzata dalla medaglia coniata da Giovan Antonio Leli da Foligno, che lo raffigura a cavallo, nelle vesti di un imperatore antico, mentre porge una corona alla personificazione della città.99

Anche le pareti con le storie di Bacco e Venere hanno l’intento di creare un multiforme panegirico del duca, sottraendolo alle contingenze del presente e proiettandolo idealmente nel mondo degli eroi e degli dèi antichi.100 Tuttavia si prestano a varie letture tra cui l’esaltazione del vino e della bellezza femminile, il trionfo del piacere, l’amore platonico con la sopravvivenza dell’anima post mortem, l'inserimento all'interno della cultura degli studioli. Al di là delle interpretazioni la serie onora Bacco, caro ad Alfonso in quanto portatore della libertà, del benessere, della civiltà e della pace, adatto allo scopo autocelebrativo in senso politico.101 Per analoghe ragioni egli nel 1505 acquista una statua antica del dio. Inoltre nello studio dei marmi del 1507 nella Contesa di Minerva e Nettuno per il dominio sull'Attica di Antonio Lombardo, oggi all'Ermitage, il giudice è stato

96 Farinella. Alfonso I d'Este, cit., pp.537-538.

97 L'edizione a stampa è pubblicata a Strasburgo nel 1502, corredata da 214 xilografie di grande formato. Ivi, p.511. 98 Farinella nota che allo stesso modo la figura di Priamo, antenato dei Plantageneti, scampato da Troia e primo re dei

Franchi, ribadisce i legami della casa regnante di Francia con l’antico Impero Romano. Ivi, pp.539-540.

99 Ivi, p.542. 100 Ivi, p.491. 101 Ivi, pp.492-493.

(23)

23

identificato ancora con Bacco, che riceve in dono dalle due divinità rispettivamente un ramo d'ulivo e un cavallo.102

Una delle fonti per la stesura del programma iconografico di Mario Equicola è sicuramente la Biblioteca storica di Diodoro Siculo, posseduta dagli Estensi in varie edizioni: quella in latino di Poggio Bracciolini stampata nel 1472 a Bologna, quella realizzata per Ercole I nel 1476, due volgarizzamenti e un codice in lingua greca. Dioniso, figlio di Zeus allevato a Nisa in Arabia, è lodato come inventore del vino che predispone al canto e al gioco; fondatore di città come nuova Nisa in India, compie spedizioni per diffondere il suo culto e insegna a coltivare l’uva. Si instaura un parallelo rispetto ad Eracle, suo fratello per linea paterna, che compie le celebri fatiche, poiché entrambi sono esaltati in quanto apportano benefici all’umanità.103 Il protagonista è ritratto in maniera articolata come beenfattore, seguendo tre diverse tradizioni poi unificate dai Greci: il primo Dioniso indiano inaugura la coltivazione della vite, il secondo usa per primo i buoi, il terzo tebano compie una spedizione di tre anni per portare pace e punire gli empi, seguito da un corteo di donne.104 Emerge quindi una figura erculea, un eroe semidivino che arreca grande benessere gli uomini e merita di ottenere l’immortalità; con le sue imprese militari e la sua opera di civilizzazione si adatta bene ad essere usato come modello dai regnanti che desiderano ricorrere alla storia antica o al mito per celebrare il proprio operato.105 In quest'ottica la bonifica dell’Etiopia attuata dal dio potrebbe rimandare alle opere idrauliche realizzate dagli Este fin dal XV secolo per contrastare le rovinose inondazioni del Po. La prima tela a giungere nel 1514 a Ferrara è il Festino degli dèi di Giovanni Bellini che in realtà rappresenta una festa in onore di Bacco (Fig. 1.9); per l’iconografia si ispira al primo libro dei Fasti di Ovidio dove un excursus spiega il sacrificio di animali agli dèi, descrivendo un rito a cadenza biennale; il dio incoronato di corimbi, ovvero foglie e bacche d’edera, offre il vino temperandolo con l’acqua di un ruscello per liberare tutti i presenti dagli affanni e perciò è definito Liber e Lyaeus.106 L'appellativo viene ripreso dal Mitografo Vaticano II del XI-XII secolo, che attribuisce al donatore del vino il potere di liberare le menti e svelare i segreti.107 Il personaggio negativo è invece Priapo, ovvero il dio della fecondità nato dall’unione di Dioniso e Afrodite, secondo quanto riportato dalle fonti greche e da Diodoro Siculo.108 Nei Carmina priapea la figura riflette le

102 Un inventario anonimo del 1829 interpreta Bacco come giudice nel rilievo. Zampetti. L'encomio, cit., p.668. 103 Diodoro Siculo. Volume primo, cit., I, 13-20, pp.143-163.

Diodoro Siculo. Biblioteca storica. Volume secondo (Libri IV-VIII). A cura di Giuseppe Codiano e Marta Zorat. BUR Classici greci e latini. Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 2004, IV, 15, pp.54-55. IV, 25-26, pp.83-87.

104 Diodoro Siculo. Volume primo, cit., III, 62-74, pp.781-824.

105 Vale la pena ricordare che il sovrano che promuove la propria identificazione come "Nuovo Dioniso" si individua nei

casi di Alessandro Magno, Marco Antonio, Nerone ed Eliogabalo. Farinella. Alfonso I d'Este, cit., pp.575-576. Plutarco,

Le Vite, V, cit., "Antonio" XXIV, pp.296-298.

106 P. Ovidio Nasone. I Fasti. Introduzione e traduzione di Luca Canali. Note di Marco Fucecchi. Milano: Biblioteca

universale Rizzoli, 1998, libro I, vv.395-403, pp. 94-95.

107 Mythografo Vaticano II in Scriptores Rerum Mythicarum Latini Tres Romae Nuper Reperti. A cura di Georg Heinrich

Bode. Hildesheim-Zurigo-New York: Georg Olms Verlag, 1996, "Liber" 80.46-51, p.103.

(24)

24

antinomie dei genitori oscillando tra gioia e follia, tra piacere ed ebbrezza; garantisce la vita che si rinnova ma al contempo risulta grottesco poiché costantemente eccitato e fuori controllo; la raccolta comprende un'ottantina di scritti che costituiscono un classico della poesia erotica latina ed esprimono forme del maschilismo antico.109 Nel passo ovidiano l’incontinenza erotica di Priapo ubriaco, «colui che col suo rosso fallo atterrisce i timorosi uccelli», degenera nella lussuria e sfocia nel desiderio di possedere con la forza la ninfa Lòtide; non ottiene successo a causa dell’asino di Sileno che ragliando sveglia tutti i dormienti che hanno partecipato alla festa.110

Fig. 1.9. G. Bellini, Il festino degli dèi, 1514-1529, olio su tela, 170,2x188cm. Washington, National Gallery of Art,edificio ovest, piano principale, Galleria 17, Collezione Widener.

Fig. 1.10. "De Lotos & Priapo" in Giovanni de' Bonsignori,

Ovidio Methamorphoseos vulgare, 1497, p.78.

109 Carmina Priapea. A cura di Roberto Gagliardi. Cultura Politica 244. Roma: Savelli, 1979. 110 Ovidio. I Fasti, cit., libro I, v.415, p.95.

Riferimenti

Documenti correlati

Egli nella sua opera “Historia Ani- malium”, che rimarrà un punto di riferimento per tutti gli studiosi fino al medioevo, descrive la biologia riproduttiva di questa specie,

• Individuazione del significato espressivo in linee, colori, forme, volumi, spazi COMPRENDERE ED APPREZZARE LE OPERE D’ARTE... • Individuare in un’opera d’arte gli

 Individuazione del significato espressivo in linee, colori, forme, volumi, spazi COMPRENDERE ED APPREZZARE LE OPERE D’ARTE..  Individuare in un’opera d’arte

La maggiore diffusione dell’allattamento al seno si osserva nel Nord-est (88,5%), mentre nel Mezzogiorno si registra la quota più bassa (82,8%), ma solo per effetto della

Fornire gli strumenti di prevenzione della patologia della gravidanza e del travaglio/parto e la metodologia di assistenza ostetrica in caso di situazioni a

Fornire gli strumenti di prevenzione della patologia della gravidanza e del travaglio/parto e la metodologia di assistenza ostetrica in caso di situazioni a

Fornire gli strumenti di prevenzione della patologia della gravidanza e del travaglio/parto e la metodologia di assistenza ostetrica in caso di situazioni a

 Ogni punto nascita definisce indicazioni operative per il triage, il ricovero e le procedure assistenziali delle donne in gravidanza con infezione da SARS-CoV-2 sospetta