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I diversi ruoli del valutatore all'interno del processo valutativo. Analisi di alcuni rapporti sulle politiche di contrasto alla povertà attuate in Italia attraverso l'utilizzo della meta-valutazione.

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea in Sociologia e Management dei Servizi Sociali

Classe LM-87

TESI DI LAUREA

Il diversi ruoli del valutatore all’interno del processo valutativo.

Analisi di alcuni rapporti sulle politiche di contrasto alla povertà attuate in Italia attraverso l’utilizzo della meta-valutazione.

ANNO ACCADEMICO 2019-2020

CANDIDATA

RELATORE

(2)

A me stessa,

che non ho mai smesso di credere nei sogni, che danno il senso di una direzione

Alla mia vita, a ciò che sarà,

(3)

pag. 3 INDICE

INTRODUZIONE ... 5

CAPITOLO I ... 7

QUANDO UNA POLITICA SFIDA LA VALUTAZIONE: IL CASO DEGLI INTERVENTI CONDIZIONALI DI CONTRASTO ALLA POVERTA’ ... 7

I.1 Quali sono le principali politiche di contrasto alla povertà: una rassegna storica delle politiche di contrasto alla povertà in Europa ... 7

I.1.1 Dal modello europeo di politica sociale alla Strategia 2020 ... 10

I.1.2 Le politiche di contrasto alla povertà in Italia ... 14

I.2 Cosa sono gli interventi condizionali di contrasto alla povertà ... 22

I.2.1 I trasferimenti monetari condizionali (TMC) ... 23

I.2.2 Le politiche di contrasto alla povertà in Italia che prevedono condizionalità ... 27

I.3 Come e perché funzionano le politiche di contrasto alla povertà che prevedono condizionalità ... 32

I.3.1 La condizionalità e l’importanza che ha l’agency nel raggiungimento della compliance ... 35

I.3.2 Coordinamento e integrazione dei servizi nelle misure di inclusione attiva 36 I.3.3 Benefit economici condizionati e il supporto morale del case manager ... 38

CAPITOLO II ... 40

LA VALUTAZIONE DI FRONTE ALLE POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’ ... 40

1. La valutazione delle politiche sociali ... 40

1.a. Obiettivi e approcci nella valutazione delle politiche sociali ... 45

1.a.i. Approccio sperimentale ... 45

1.a.ii. Approccio pragmatista ... 47

1.a. iii. Approccio costruttivista ... 48

1.a.iv. Approcci TBE (Theory-based evaluation) ... 50

2. Caso di studio 1: La valutazione del Reddito di Garanzia di Trento (approccio sperimentale) ... 53

2.a.Che cosa è il RG a Trento ... 53

(4)

pag. 4 3. Caso di studio 3: La valutazione del Reddito di Cittadinanza a Napoli (approccio

TBE) ... 69

3.a. Che cosa è il RdC a Napoli ... 69

3.b. Che tipo di valutazione è stata condotta... 71

3.c. I risultati della valutazione... 79

4. Caso di studio 2: La valutazione del SIA-REI nazionale (valutazione realista).. 83

4.a. Che cosa è il SIA-REI ... 83

4.b. Che tipo di valutazione è stata condotta... 84

4.c. I risultati della valutazione... 91

CAPITOLO III ... 94

I RUOLI DEL VALUTATORE NELLE VALUTAZIONI DEGLI INTERVENTI CONDIZIONALI DI CONTRASTO ALLA POVERTA’ ... 94

1. I possibili ruoli del valutatore nella valutazione ... 94

1.a Il dibattito internazionale sul ruolo del valutatore ... 94

1.a.ii. Il dibattito internazionale sul ruolo del valutatore ... 100

3.1.b. Il dibattito italiano sul ruolo del valutatore ... 108

3.1.b.i Il dibattito italiano sul ruolo del valutatore ... 108

3.1.b.ii. Il dibattito italiano sul ruolo del valutatore ... 114

2. I ruoli del valutatore nella valutazione degli interventi condizionali di contrasto della povertà... 118

2.a. Caso di studio 1 ... 118

2.b. Caso di studio 2 ... 120 2.c. Caso di studio 3 ... 121 Conclusione ... 123 Ringraziamenti ... 125 Bibliografia ... 127 Sitografia ... 129

(5)

pag. 5

INTRODUZIONE

Prima di spiegare il contenuto del mio lavoro di ricerca vorrei fare una piccola premessa. Innanzitutto il presente lavoro nasce dall’idea di trattare un tema che a parer mio soprattutto nel contesto italiano necessita di ulteriori sviluppi: la valutazione.

Ancora oggi nel quadro delle politiche pubbliche risulta essere mancante un riconoscimento giuridico della professione del valutatore.

Essendo studentessa di un indirizzo di coordinamento di servizi sociali ho ritenuto necessario trattare un argomento che è caratterizzato da particolare complessità e per questo motivo, richiede a priori competenze qualificate e riconosciute, un modello organizzativo da parte delle amministrazioni in grado di contenere un sistema di verifica degli interventi e professionisti in grado di offrire un aiuto concreto alla persona e di garantire azioni di monitoraggio costante orientate al benessere dei cittadini e non solo ai budget istituzionali.

La valutazione è un processo che permette di riflettere dell’operato svolto di un intervento o un programma al fine di poterne verificare i risultati attesi, gli impatti di breve, medio e lungo periodo e comprenderne come e perché quel tipo di intervento ha prodotto quel tipo di risultato e se effettivamente può essere considerato come l’unico

fattore responsabile.

Il valutatore è il soggetto che compie il processo il quale, a seconda del tipo di obiettivo che si vuole raggiungere adotta un metodo valutativo e di conseguenza un

ruolo differente.

Quest’ultimo può assumere un ruolo esterno o interno rispetto alla valutazione di un intervento o programma e in sostanza può definirsi o valutatore esterno o costruttore di politiche sociali.

La presente Tesi di Laurea Magistrale si compone di tre capitoli suddivisibili in due parti: la prima di natura letteraria e la seconda di analisi e di meta-valutazione.

(6)

pag. 6 All’interno del primo capitolo ho decritto il caso degli interventi condizionali di contrasto alla povertà attraverso una rassegna storico-letteraria dalle principali politiche di contrasto alla povertà nel contesto europeo e in quello italiano.

Successivamente nel capitolo secondo ho introdotto il concetto della valutazione in relazione alle politiche di contrasto alla povertà che prevedono condizionalità prendendo in esame tre case study quali: la valutazione del Reddito di Garanzia di Trento, la valutazione del Reddito di Cittadinanza a Napoli e infine la valutazione del SIA-REI nazionale.

Rispettivamente per ogni caso di studio ho analizzato il tipo di politica e il metodo di valutazione adottato, provando a riportare cosa è stato possibile vedere attraverso l’esercizio valutativo e cosa, invece, è rimasto in ombra.

Nel capitolo terzo il quale avvia la riflessione verso la conclusione, ho provato a riflettere i possibili ruoli che il valutatore assume nel processo di valutazione prendendo in considerazione il dibattito internazionale e italiano sul ruolo del valutatore.

Infine sulla base delle letture presentate nel capitolo 1 ho inserito alcuni commenti di natura meta-valutativa relativamente ai tre casi analizzati precedentemente.

(7)

pag. 7

CAPITOLO I

QUANDO UNA POLITICA SFIDA LA VALUTAZIONE: IL CASO

DEGLI INTERVENTI CONDIZIONALI DI CONTRASTO ALLA

POVERTA’

I.1 Quali sono le principali politiche di contrasto alla povertà: una rassegna storica delle politiche di contrasto alla povertà in Europa

“Povero non è colui che ha poco ma colui che ha meno rispetto ad una situazione di riferimento” (Sarpellon, 2006).

Il quadro storico delle politiche di contrasto alla povertà in Europa è da intendersi a partire dal XVI secolo e i primi anni del XVII secolo. Le prime fasi di intervento nell’ambito della povertà hanno origine in Inghilterra e nascono con il nome di “Poor Laws”(leggi sui poveri) e successivamente modificate nel 1834 con il nome di “Poor Law Reform Act”.

Queste due leggi erano rivolte agli strati più poveri della popolazione e prevedevano una forma di sostegno per individui che, a causa dell’età o di malattia, non erano in grado di svolgere un’attività lavorativa ed erano privi di mezzi propri di sostentamento. Invece coloro che, erano in grado di svolgere un’attività lavorativa venivano in via di principio non obbligatoriamente occupati all’interno delle work-houses (case di lavoro) pena l’esclusione dalla misura di sostegno e con il rischio di incorrere in pene o sanzioni, se in alternativa al lavoro venivano trovati a mendicare o vagabondare.

Con la Rivoluzione nel 1789 in Francia, viene varata dall’Assemblea Generale, la Riforma assistenziale e sanitaria la quale prevede: il diritto del cittadino inabile, malato e/o indigente a ricevere cure e assistenza (anche gratuite) da parte dello Stato, la personalizzazione dell’assistenza, il diritto della persona che versa in stato di bisogno di ricevere cure presso il proprio domicilio, l’aiuto e il sostegno ai poveri nella ricerca di un lavoro.

(8)

pag. 8 Il processo di trasformazione che si è avviato con la Rivoluzione troverà compimento durante il XIX secolo grazie alla nuova interpretazione del fenomeno povertà ed indigenza.

A partire dal 1884, sotto il governo del Cancelliere Bismark, vengono introdotte le assicurazioni sociali obbligatorie per tutti i lavoratori dell’industria, le quali hanno contribuito alla nascita di una nuova generazione di politiche, non più aventi il carattere paternalistico e stigmatizzante verso gli individui ritenuti più poveri, ma con lo scopo di proteggere i lavoratori dai rischi connessi ai processi di mercificazione del lavoro e industrializzazione della produzione: infortunio, malattia, invecchiamento e disoccupazione. (Polanyi,1944)

Nel 1811 in Francia, con apposito atto normativo, viene istituito “l’Assistance Publique ritenuto quale unico ente erogatore di interventi assistenziali a livello nazionale.

A Londra nel 1969 nasce la Society for Organizing Charitable Relief and Repressing Mendicity che ha poi portato alla costituzione delle Charity Organization Societies (C.O.S).

L’obiettivo delle organizzazioni fondate a Londra era quello di raggiungere un livello di coordinazione delle diverse attività caritative anche in seguito agli scarsi risultati ottenuti con le precedenti leggi sui poveri.

Nel XX secolo gli interventi di assistenza e di protezione assumono i caratteri della Previdenza ed Assistenza sociale e di quello che negli anni quaranta verrà chiamato welfare state.1

Nel corso degli anni ’40-70’ i sistemi di welfare moderni2 subiscono una rapida evoluzione che subito dopo entra in crisi (1973-1979) nella maggior parte dei Paesi Europei per motivi connessi principalmente a crisi economiche, trasformazioni del mercato del lavoro, delle strutture e dei ruoli familiari. A tutte queste ampie

1 Cfr. rapporto “Social Insurance and Allied Services” in cui l’autore Lord Beveridge con l’espressione “Social Service

State” delinea un piano di assistenza pubblica “dalla culla alla bara”.

2 Il contributo si deve anche alle teorie economiche di Keynes del 1926 secondo le quali le spese sociali favoriscono lo

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pag. 9 trasformazioni si accompagna un sempre più marcato senso di insicurezza e diffusa proletarizzazione connessa ai processi di globalizzazione.

L’influenza da parte delle teorie economiche “keynesiane” è osservabile nelle caratteristiche delle misure di contrasto alla povertà- fin qui riportate- e sul criterio di erogazione basato sul possesso dei requisiti (es. il pagamento dei contributi) e il superamento di una prova dei mezzi (means test) mirata ad accertare la condizione di bisogno.

I cambiamenti sopra citati, hanno richiamato l’attenzione politica verso i nuovi rischi sociali e alle sfide a cui hanno portato: (1) il contenimento dei costi crescenti connessi alla copertura dei vecchi rischi sociali, (2) l’adeguamento dei sistemi di welfare tradizionali ai nuovi rischi sociali e (3) l’esigenza di rinnovamento delle modalità di gestione in un contesto socio-economico molto più complesso. (Van Berkel, 2003)

Da qui in avanti, all’interno del fenomeno povertà sono considerate le forme di povertà temporanea e/o ricorrente , la vulnerabilità delle famiglie spostando l’attenzione sugli individui in relazione alle proprie capacità e alle offerte di lavoro del mercato.

Nel 1989 il governo francese introduce il Reddito Minimo di Inserimento considerata la prima politica ispirata ai nuovi valori di welfare state e al modello orientato all’attivazione.

Il caso francese del Revenue minimum d’insertion ha privilegiato la dimensione inclusiva dell’attivazione dei beneficiari, interpretando i servizi per l’occupazione come ampliamento del diritto sociale di cittadinanza.

Tra gli anni ’80 e i primi anni 2000 significativo è il caso del Jobseeker Allowance (JSA) misura volta all’inserimento professionale dei poveri disoccupati e del Income Support misura di sostegno al reddito delle persone incapaci di lavorare. Il ruolo del reddito minimo RM previsto dall’erogazione delle precedenti due misure si differenzia dal ruolo del caso francese poiché è uno strumento di welfare to work basato sulla controprestazione da parte del beneficiario.

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pag. 10 Il ruolo che hanno assunto le Riforme Harz tedesche del 2003-2006 e la misura inglese Universal Credit del 2012 annullano il legame tra RM e diritto sociale universale esigibile.

I.1.1 Dal modello europeo di politica sociale alla Strategia 2020

Durante il processo di riforma dei modelli di welfare nei singoli paesi membri dell’Unione Europa si sottolineò la necessita di costruire un discorso pubblico europeo attorno al concetto di politica sociale europea.

Fino ad ora l’attenzione dell’integrazione europea non è stata rivolta verso il sociale ma verso l’economia, predicendo la costruzione di un mercato unico.

Nel corso degli anni ’70 la dimensione sociale venne rafforzata grazie alla proposta di attuazione del primo Piano di Azione Sociale da parte della Commissione Europea e dall’approvazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori. E’ a partire dagli anni ’90 in avanti che, con la sottoscrizione a Maastricht di un Protocollo sociale, espressa da parte degli stati firmatari della Carta sociale, viene espressa l’intenzione di consolidare le iniziative di politica sociale.

Sempre nel 1992 viene approvata la Raccomandazione 92/441/CEE, che mira a “definire i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale” dei paesi membri, affermando:

il diritto della persona a ricevere i sostegni necessari per vivere conformemente alla dignità umana, invitando tutti gli Stati a adeguare le proprie politiche di welfare”.3 (Leone et al., 2017:47)

La volontà dell’UE di creare un proprio modello sociale di sviluppo prese corpo tra il 1995-1997 con il Programma di Azione Sociale e il Trattato di Amsterdam nel 1997.

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pag. 11 Il Programma di azione sottolineava la necessità di conciliazione tra la dimensione politica e la dimensione sociale, spingendo ad uso più rispondente del Fondo Sociale Europeo4 sia rispetto ai valori sia agli obiettivi dell’integrazione europea.

Attraverso lo strumento del Fondo Sociale Europeo e la strategia europea per l’occupazione (SEO) 5 l’Unione Europea promuove l’inclusione sociale integrando le politiche per l’occupazione e le politiche di welfare.

In occasione del Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 la Commissione Europea presentò nel mese di giugno un’Agenda Sociale Europea (2000-2005).

Gli obiettivi contenuti all’interno del documento mirano a raggiungere un livello di occupazione elevato, protezione sociale e lotta contro la discriminazione oltre all’integrazione sociale.

Nel corso degli anni 2006-2010 l’Agenda subì una revisione, “Un’Europa sociale nell’economia globale. Posti di lavoro e opportunità per tutti” contenente una guida per la politica sociale europea sino al 2010.

Un’ulteriore Raccomandazione “Unione Europea 3/19/2008 propose una strategia basata su tre principi: (1) supporto al reddito adeguato, (2) mercati di lavoro inclusivi, (3) accesso a servizi di qualità.

La finalità delle politiche sociali dell’attivazione ha come presupposto di base l’attivazione lavorativa che deve realizzarsi nel più breve tempo possibile attraverso la ricerca di un’occupazione la cui mancata riuscita è l’esito di carenze individuali. Infine, ricordiamo il Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009 il quale cita:

-all’art.3: i valori su cui si basa l’Unione Europea “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, (…) valori comuni agli Stati membri (..) in una società caratterizzata dalla giustizia e dalla solidarietà..”

4 Cfr. www.ec.europa.eu.E’ il principale strumento di finanziamento utilizzato dall’Unione Europea per raggiungere un

elevato livello di occupazione, e per questo investe nel capitale umano dell’Europa: i lavoratori, i giovani e le persone in cerca di un’occupazione.

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pag. 12 -al comma 3 dell’art. 3: “l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni, promuove la coesione economica, sociale e territoriale”; - all’art.9: “ Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni , l’Unione tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana”.

La commissione nel 2010 adotta la nuova Strategia dell’Unione “Europa 2020” nella quale confluiscono le finalità e le risorse dell’Agenda Sociale in cui viene individuato l’obiettivo quantitativo di ridurre di 20 milioni il numero dei poveri e delle persone a rischio esclusione sino al 2020.

Di seguito gli obiettivi che la Commissione Europea vuole ottenere attraverso la Strategia 2020:6

- 75% delle persone in età compresa tra i 20 e i 64 anni occupate - 3% del PIL dell’UE investito in ricerca e sviluppo

- Raggiungimento dei traguardi 20/20/20 in materia di clima e energia

- Tasso di abbandono scolastico inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani laureati

- 20 milioni di persone in meno a rischio povertà. (come indicato sopra)

Negli anni successivi seguì la creazione della Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale in cui, gli attori promotori di inclusione e protezione sociale quali: Stati membri, Istituzioni europee e altri soggetti interessati, coordinano le loro azioni specifiche.

Il fenomeno povertà assunse un carattere di multidimensionalità nell’ambito della nuova strategia: vi si legge che:

6Cfr. Rizzo A. INAPP, ROMA.

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pag. 13 “le molteplici dimensioni della povertà comprendono una mancanza di reddito e risorse materiali sufficienti a vivere dignitosamente, un accesso inadeguato ai servizi di base come la sanità, gli alloggi e l’istruzione, l’esclusione dal mercato del lavoro e un lavoro di scarsa qualità. Questi elementi sono le cause principali della povertà e spiegano come i singoli e le famiglie diventano emarginati. Per trovare soluzioni a questi problemi sono necessari approcci trasversali a tutti gli ambiti politici; di conseguenza, la sfida della lotta alla povertà va integrata nell’elaborazione di tutte le politiche. E’ necessario migliorare il coordinamento delle politiche macroeconomiche e microeconomiche riconoscendo il ruolo fondamentale di una serie di politiche che non rientrano negli ambiti tradizionali dell’inclusione e della protezione sociale”.7

La Piattaforma precedentemente citata opera sulla base di cinque criteri quali: misure trasversali in un’ampia gamma di settori, migliore uso dei fondi europei per sostenere l’integrazione, verifica delle innovazioni funzionanti nel campo della politica sociale, collaborazione con la società civile e utilizzo del metodo aperto di coordinamento con gli Stati membri. 8

Nell’anno 2013 la Commissione Europea promuove il Social Investment Package con l’intenzione di investire (come sottolinea il termine stesso) in infrastrutture e servizi piuttosto che in trasferimenti economici c. d. enabling services. Le ragioni dell’investimento sociale e dell’aiuto fornito hanno carattere di reciprocità cioè presuppongono in cambio una volontà di attivazione da parte della persona beneficiaria.

Gli interventi con condizionalità in particolare l’aiuto al reddito, mercati di lavoro inclusivi e servizi di qualità sono sostenuti e finanziati dal Fondo Sociale Europeo e il

7 10 Si veda Commissione Europea, La Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo

per la coesione sociale e territoriale, SEC(2010) 1564 definitivo

8 Cfr. Liliana L., Mazzeo Rinaldi F., Tomei G., Misure di contrasto alla povertà e condizionalità, Una sintesi realista delle

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pag. 14 Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Il Fondo Sociale Europeo finanzia molti progetti di natura nazionale, regionale e locale in materia di occupazione.

I progetti possono essere destinati all’istruzione o ai disoccupati giovani e meno giovani.

Le priorità di intervento vengono stabilite congiuntamente dalla Commissione Europea e dagli Stati membri dell’UE e possono riferirsi nella promozione e all’adattabilità dei lavoratori alle imprese attraverso un miglioramento delle competenze e nella preparazione dei giovani verso il mercato del lavoro mediante la formazione professionale e l’apprendimento permanente.

Le azioni e le priorità del Fondo Sociale Europeo in Italia nel periodo 2014-2020 sono state potenziate per migliorare i risultati di impatto e raggiungere una più consistente percentuale critica di persone svantaggiate.

In particolare è stato destinato un 20% dell’importo del FSE a favore dell’inclusione sociale.

Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale a differenza del FSE concentra la propria attenzione verso le specificità territoriali e le sue azioni sono mirate a ridurre i problemi economici, sociali ed urbani dei territori.

I.1.2 Le politiche di contrasto alla povertà in Italia

La prima politica nazionale di contrasto alla povertà e dell’inclusione sociale coincide in via sperimentale con l’introduzione del Reddito minimo di inserimento ai sensi del d. Lgs. 237/1998 durante il governo Prodi.

Il Reddito minimo di inserimento è previsto anche dal nostro ordinamento ai sensi della L. 328/2000 (art. 23).

Sono stati effettuati due periodi di sperimentazione: il primo durante il biennio 1999-2000 su 39 comuni (6 del Nord, 11 del Centro e 22 nel Mezzogiorno) e il secondo

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pag. 15 durante il biennio 2000-2001 mediante l’estensione ad ulteriori 267 comuni limitrofi ai 39 comuni precedenti. 9

I comuni prescelti sono stati selezionati sulla base di alcuni indicatori sociodemografici e territoriali definiti dall’Istat, con una netta prevalenza di comuni ubicati nelle regioni meridionali. (Spano 2009:8; Ministero della Solidarietà Sociale 2007:13)

A seguito delle elezioni politiche del 2001, il nuovo governo di centro-destra mette in discussione l’efficacia del programma Rmi che viene progressivamente accantonato e sostituito con l’Istituzione del Reddito di Ultima Istanza (Rui) che diventerà effettivo con la Legge Finanziaria del 2004 (Lodigiani, Riva).

La misura presentava caratteristiche di universalismo selettivo -anche se più precisamente si dice che ha avuto un’applicazione congiunturale- in quanto rivolta alle famiglie il cui reddito disponibile risultava al di sotto della soglia minima di Lire 500.000 mensili per l’anno 1998, 510.000 per l’anno 1999 e 520.000 per l’anno 2000. La soglia minima era calcolata tenendo in considerazione le caratteristiche del nucleo familiare, la presenza di figli minori o con handicap.

A queste caratteristiche si aggiungevano delle altre quali: l’assenza di patrimonio, sia mobiliare che immobiliare, fatta eccezione dell’unità immobiliare adibita ad abitazione, il cui valore non doveva superare alcuni limiti posti dai Comuni (Spano, Trivellato, Zanini 2013).

Il contributo integrativo previsto dalla misura della durata di 12 mesi con possibilità di proroga veniva calcolato sulla base della differenza tra il reddito percepito ai fini Irpef dal nucleo familiare e la soglia stabilita. Inoltre, era condizionato alla partecipazione da parte della famiglia al progetto personalizzato (rispetto alle esigenze di ogni singolo membro della famiglia) insieme ad interventi di integrazione sociale e di attivazione all’interno del mercato del lavoro.

Sostanzialmente la condizione era legata: per i minori all’assolvimento dell’obbligo scolastico o la frequenza a corsi di formazione professionalizzanti, per i soggetti in

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pag. 16 età lavorativa all’iscrizione presso i Centri per l’impiego insieme alla disponibilità a partecipare a corsi di formazione o ad accettare eventuali proposte di lavoro pena la sospensione o l’esclusione dal programma.

Nonostante l’attivazione fosse ritenuta l’elemento centrale rispetto all’efficacia del programma d’inclusione, “in particolare nei territori del Meridione d’Italia, dove risulta concentrato il 92,4% dei nuclei familiari inclusi nella sperimentazione, le problematiche strutturali legate al mercato del lavoro non hanno consentito l’attivazione di progettualità basate sull’inserimento lavorativo (Ministero della solidarietà sociale 2007:15)”.

L’attuazione dei percorsi di inclusione sociale e lavorativa ha risentito fortemente sia delle carenze organizzative degli operatori a cui era stata affidata la progettazione degli stessi e lo scarso raccordo dei Comuni.

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pag. 17 La fig.2 sopra riportata mostra i dati del tasso di disoccupazione e del successo del Reddito minimo di inserimento elaborati dall’Istituto Censis (2004) e Istat (2001), rispettivamente nelle aree Nord, Centro e Sud.

Dalla figura si nota che al Nord la percentuale di famiglie uscite dal programma di reddito minimo di inserimento è stata del 30,3%, dove è stato preso in carico solo lo 0,2% delle famiglie residenti con un tasso di disoccupazione pari al 4,3%.

Al centro il 30,2% di famiglie sono uscite dal programma con un tasso di disoccupazione pari al 7,2%.

La situazione al Sud è differente rispetto al Nord e al Centro poiché il numero dei partecipanti è stato del 3% (maggiore rispetto al Nord e al Centro) con una percentuale di successo dell’intervento pari al 14,8% e una disoccupazione pari al 17,3%.

La crisi economica avvenuta nel 2008 ha portato ad uno straordinario aumento dei prezzi di generi alimentari e delle bollette energetiche.

Sempre nello stesso anno con l’obiettivo di offrire un sostegno alle persone meno abbienti che, in seguito alla crisi economica si sono venute a trovare in uno stato di

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pag. 18 bisogno, il decreto legge n.112/2008 introduce la Carta acquisti ordinaria, una carta di pagamento del valore di 40 euro mensili di cui possono beneficiare le persone che hanno compiuto 65 anni o hanno figli di età inferiore ai 3 anni.

La gestione della Carta acquisti è centralizzata e l’erogazione da parte dell’Inps viene effettuata dopo la verifica della congruità dei dati.

Successivamente, nel 2011 il Governo Berlusconi lavora per la definizione di una “Nuova Carta acquisti”, la misura doveva realizzarsi attraverso il trasferimento di risorse da parte dello Stato alle associazioni non profit presenti nei territori conferendogli autonomia nella gestione: in pratica la realizzazione sarebbe dovuta avvenire attraverso la privatizzazione dei finanziamenti pubblici.

L’avvio della sperimentazione della misura in 250.000 comuni quali: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma ,Torino, Venezia e Verona, è stata impedita in un primo momento dalla caduta del governo (novembre 2011) e in seguito ridefinita durante il governo Monti. La sperimentazione aveva una durata iniziale di 12 mesi e necessitava di un ammontare complessivo di 50 milioni di risorse.

Con il decreto legge 5/2012 (art.60) il Vice Ministro Guerra ha ridefinito lo strumento conferendo agli enti locali un ruolo di primo piano, sia nell’individuazione dei beneficiari, sia nella definizione del programma di attivazione.

Secondo quanto definito dal decreto Lavoro (decreto legge76/2013) la sperimentazione è stata estesa a tutti i territori del Mezzogiorno a partire dal 1 gennaio 2015. La legge di stabilità per il 2014 ha successivamente stanziato 40 milioni l’anno per un triennio al fine di estendere ulteriormente l’intervento su tutto il territorio nazionale definendo il programma Sostegno per l’Inclusine Attiva. (Pon Inclusione 2014).

Il SIA introdotto a livello nazionale con Legge 147/2013, è uno strumento di contrasto alla povertà che prevede l’erogazione di una prestazione economica sottoposta alla prova dei mezzi.

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pag. 19 - è una misura rivolta esclusivamente ai nuclei familiari con un’ISEE

inferiore a 3.000€

- patrimonio mobiliare non superiore a 8.000€;

- i componenti del nucleo devono essere disoccupati da 36 mesi e almeno uno di essi deve aver svolto attività lavorativa continuativa per 6 mesi nei tre anni precedenti alla richiesta di sussidio;

- costituisce criterio preferenziale nell’accesso al beneficio la presenza di due o più figli minori o di figli minori con disabilità all’interno del nucleo, i nuclei monoparentali con figli minori e nuclei con disagio abitativo;

- trattamenti di natura previdenziale e assistenziale in godimento non superiori a 600€ mensili;

- Vincoli riguardanti il possesso di veicoli (nessun componente deve possedere un autoveicolo immatricolato negli ultimi 12 mesi.

La commissione istituita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali propone un’integrazione al reddito pari alla differenza tra le risorse economiche del nucleo familiare e il livello di riferimento definito come “il costo di un paniere di consumo di beni e servizi di mercato e di fruizione di beni pubblici ritenuto decoroso in relazione agli stili di vita prevalenti”. (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2013).

Sempre la stessa commissione ha ritenuto che la fruizione del beneficio non dovesse essere sottoposta ad una durata prestabilita e ha proposto che l’integrazione sia erogata fintanto che sussista lo stato di bisogno, sottoponendo i beneficiari a riconsiderazioni periodiche.

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pag. 20 L'erogazione del beneficio economico avviene tramite una carta di pagamento elettronico, che può essere utilizzata per acquistare generi alimentari, prodotti farmaceutici e parafarmaceutici e per pagare le bollette domestiche di luce e gas.10 L’importo della misura risultava essere maggiore rispetto alla vecchia Carta acquisti (dai 231 euro per le famiglie con due componenti, ai 404 per le famiglie con cinque o più componenti). L’ottenimento del beneficio economico presentava un elemento di condizionalità in quanto il beneficiario deve sottoscrivere un percorso personalizzato di inclusione sociale.

Come previsto per il Reddito minimo di inserimento, per poter beneficiare del trasferimento monetario, il nucleo deve stipulare e rispettare un patto di inserimento con i servizi sociali degli enti locali di riferimento.

I servizi sociali dopo aver effettuato la presa in carico del nucleo familiare si impegnano a sostenere insieme ai servizi di accompagnamento un processo di inclusione e di attivazione sociale di tutto il nucleo rispettando le esigenze di ogni membro della famiglia.

Dall’8 aprile 2014 ai sensi della legge di stabilità 147/2013 ai beneficiari si aggiungono anche i cittadini residenti negli Stati Membri dell’Unione Europea, ovvero familiari di cittadini italiani o comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero rifugiati politici o titolari di posizione sussidiaria sempre se in possesso dei requisiti sopra riportati.

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(*) Nuclei familiari «eleggibili»: nuclei familiari con figli minorenni che al 31.12.2012 avevano una dichiarazione ISEE in corso di validità con: ISEE inferiore o uguale a 3.000 euro; Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP, come definito a fini ISEE) inferiore o uguale a 8.000 euro; patrimonio mobiliare (come definito a fini ISEE) inferiore o uguale a 8.000 euro.

(**) Nuclei familiari beneficiari «potenziali»: nuclei familiari con figli minorenni ammissibili al beneficio sulla base del budget assegnato alla città. Poiché il beneficio varia sulla base della dimensione del nucleo familiare, si è usato ai fini del calcolo l’ammontare del beneficio medio registrato in ogni città a seguito dell’approvazione delle graduatorie definitive.

(***) Domande idonee dopo la verifica dei requisiti: la differenza rispetto ai nuclei beneficiari (quelli cioè per i quali al momento in cui si scrive è disposto il pagamento del beneficio, cfr. la tabella nel report) è costituita dai nuclei posizionatisi in graduatoria oltre il numero di domande ammissibili dato il budget (è solo il caso di Catania, 296 unità) o dai nuclei per i quali l’attività istruttoria rispetto alla verifica dei requisiti è ancora in corso e il beneficio sospeso (complessivamente 86 unità in 4 città). (****) Budget totale impegnato: è la proiezione su dodici mesi delle risorse necessarie a erogare i benefici relativi alle domande accolte, in posizione utile in graduatoria.11

11 Cfr., Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali, Quaderni

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pag. 22 I.2 Cosa sono gli interventi condizionali di contrasto alla povertà

In Italia l’introduzione di meccanismi condizionali sembra caratterizzare in maniera crescente le misure nazionali di contrasto alla povertà: dall’introduzione della Carta acquisti sperimentale durante gli anni 2013-2015, alla definizione del Sostegno per l’Inclusione attiva (SIA), al Reddito di inclusione (REI) fino all’introduzione del Reddito di Cittadinanza.12

La condizionalità è uno strumento che si aggiunge ai requisiti necessari all’erogazione di un intervento (condizionale) di contrasto alla povertà. In particolare, si può ritenere che pone dei vincoli ai richiedenti.

Essa è pensata per contribuire al raggiungimento degli effetti attesi quali: promozione dei processi di attivazione, inserimento socio-lavorativo per i soggetti adulti e l’assolvimento dell’obbligo scolastico per i soggetti minori e infine promozione del capitale umano per evitare la trasmissione intergenerazionale della povertà.

Tutti gli interventi con condizionalità richiedono ai soggetti del nucleo familiare o al singolo soggetto beneficiario, di rispettare gli impegni presi durante la sottoscrizione del patto personalizzato con i servizi sociali del Comune.

I soggetti beneficiari, pena l’esclusione dalla misura, si impegnano a modificare il proprio comportamento rispetto alle offerte di lavoro presenti nel mercato o nel caso di soggetti minori all’assolvimento dell’obbligo di istruzione.

Si può ritenere che le condizionalità sono parte integrante anche delle politiche di attivazione caratterizzate da varie misure a favore di percettori di sussidi al reddito o a rischio di diventare esclusi dal mercato del lavoro in modo permanente e finalizzate non solo ad assisterli ma a favorirne l’inserimento nel mercato del lavoro. (Dropping Hvinden and Vik, 1999).

L’attivazione dei soggetti si realizza mediante la partecipazione ad attività di orientamento, ricerca di lavoro e iscrizione ai servizi per l’impiego, l’inserimento in percorsi di formazione, la sperimentazione di inserimenti lavorativi. (Graziano, 2012)

12

Antonella Meo, «Liliana Leone, Francesco Mazzeo Rinaldi e Gabriele Tomei, Misure di contrasto della povertà e

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pag. 23 La differenza tra e le politiche di attivazione e le politiche di contrasto alla povertà risiede proprio nella concezione teorica della povertà. Le prime concepiscono la povertà come perdita della capacità o inabilità a prendersi cura dei propri interessi e obblighi, come impossibilità di mantenere il controllo della propria situazione (mancanza di agency) e quindi delle possibilità di scelta.

Le politiche di contrasto alla povertà diversamente dalle politiche di attivazione concepiscono tale condizione come mancanza di risorse sufficienti a soddisfare i bisogni di base e si focalizzano principalmente sulla redistribuzione dei mezzi finanziari.

Assunta come vincolo al trasferimento monetario, la condizionalità è finalizzata, al tempo stesso, a prevenire alcuni effetti indesiderati, in primis la dipendenza dal welfare, ma anche l’assunzione di comportamenti irresponsabili come, ad esempio, il consumo di beni superflui o non “meritori”. (Meo Antonella, Open edition journals, Quaderni di sociologia, 2018).

I.2.1 I trasferimenti monetari condizionali (TMC)

L’attenzione posta dai moderni sistemi nazionali di welfare è rivolta sulle politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.

Come già detto, riprendendo quanto scritto verso la conclusione del paragrafo precedente, la povertà all’interno di questo contesto di politiche viene intesa come: mancanza di risorse sufficienti per accedere ai beni essenziali e primari in modo da soddisfare i bisogni di base e assicurare al contempo un’equa redistribuzione dei mezzi finanziari.

L’esclusione sociale, invece, è legata ad un ampio contesto di deprivazione materiale cioè a fattori quali: disoccupazione, basso reddito, basso livello di istruzione, impossibilità di accedere alle cure sanitarie che impediscono alle persone di partecipare pienamente alla vita economica, culturale e sociale della comunità in cui vivono.

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pag. 24 Le cause e le conseguenze della povertà e dell’esclusione sociale spesso si concentrano in particolari aree geografiche e, pertanto, le politiche volte a rafforzare i processi di inclusione sociale devono prendere in considerazione determinati patterns di localizzazione e concentrazione dello svantaggio, come ad esempio le caratteristiche dei quartieri poveri, le differenze tra aree urbane e rurali, i meccanismi di trappola della povertà a cui sono esposti i soggetti e le comunità, e risultano di fondamentale importanza quando si disegnano misure per l’inclusione e si intende valutarne gli effetti (Leone et al., 2015).

Per garantire ai cittadini maggiore sicurezza, minore diseguaglianza e minore povertà, i sistemi di welfare combinano varie forme di intervento: (a) trasferimenti monetari, (b) benefici fiscali (ovvero trasferimenti monetari indiretti) e (c) prestazioni sotto forma di servizi (Pennacchi 2008).

Le misure di trasferimento monetario condizionato, denominate anche Conditional Cash Transfer (CCT), nascono a metà degli anni ’90 in America Latina giocando un ruolo chiave nelle strategie anti povertà mediante l’utilizzo di due modalità: il trasferimento delle risorse monetarie ai poveri e la riduzione della povertà futura attraverso investimenti in capitale umano.

Gli schemi di TMC (CCT) sono misure a carattere selettivo poiché sono rivolti a specifici target di beneficiari, individuati in base a determinate condizioni economiche, sociali, status occupazionale e storicità dell’attività lavorativa.

Esistono anche schemi di trasferimenti monetari incondizionati dei quali possono beneficiare tutti senza particolari restrizioni, e per questo motivo vengono presentano caratteristiche di universalità.

Entrambi i trasferimenti presentano vantaggi e svantaggi.

I trasferimenti monetari che presentano un’impostazione di universalità sono inadeguati a tutelare i bisogni multiformi (ad esempio legati a età, disabilità ecc..), non dispongono di un parametro di natura patrimoniale e il rischio è quello di un’economia sommersa o di evasione fiscale se si aumentano le aliquote contributive. Gli schemi di TM a carattere universale hanno minori costi amministrativi e di

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pag. 25 gestione, prediligono il rispetto dei principi di giustizia sociale, ricorrono al lavoro flessibile e presentano maggiori incentivi alla mobilità.

I TM selettivi invece, rispondono ad un miglior target efficiency, rispettano un principio di equità e hanno minori costi complessivi.

L’aiuto è indirizzato dove il bisogno è maggiore13 riducendo gli effetti distorsivi, di contro, i limiti di tale impostazione sono: la possibilità di dare luogo ad un trade -off ( una scelta) tra riduzione della disoccupazione e riduzione della povertà, poca efficacia dei meccanismi di controllo, invasione della privacy da parte della burocrazia, stigma sociale e mancato take-up, creazione di fenomeni di trappola della povertà14 ed elevati costi amministrativi.

Le cause e le conseguenze della povertà dell’esclusione sociale spesso si concentrano in particolari aree geografiche, per questo motivo le policy mirate a rafforzare i processi di inclusione sociale devono considerare dinamiche di localizzazione e concentrazione dello svantaggio. Dei patterns comuni di concentrazione geografica e svantaggio sono stati individuati nei paesi OCSE (Noya e Clarence, 2008): essi riguardano le caratteristiche dei quartieri poveri, le differenze tra aree urbane e aree rurali, i meccanismi di trappola della povertà a cui sono esposti i soggetti e le comunità.

Quando si disegnano misure per favorire l’inclusione sociale e quando si decide di valutarne gli effetti, oltre agli elementi di localizzazione geografica comuni, è opportuno considerare anche gli elementi di contesto istituzionale (strutture legali, politiche e amministrative) , il sistema culturale e la cultura politica dominante in un dato Paese.

“Le politiche esistono dentro un set che include le credenze circa il ruolo dello Stato e le relazioni attese tra Stato e cittadini”. (Leone L.)

13 Viene utilizzata la “prova dei mezzi”: il termine indica l’attestazione delle condizioni economiche dei cittadini, al fine

di indirizzare la spesa verso chi manifesta maggiori bisogni.

14 Con il termine “trappola della povertà” si fa riferimento ad una situazione in cui le persone con basso reddito non

vengono incentivate nella ricerca di un lavoro perché ogni reddito addizionale andrebbe a determinare la perdita di benefici sociali e aumenti delle imposte.

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pag. 26 I programmi di TMC contengono un elemento di condizionalità, e poiché non esiste una definizione comune del termine, in questo elaborato di ricerca prendiamo in considerazione la seguente definizione “condizione inerente l’adozione di determinati comportamenti , e talvolta l’ottenimento di determinanti risultati, posta a singoli e/o famiglie percettori di trasferimenti monetari per il contrasto della povertà”.

Le misure che contengono un elemento di condizionalità concentrano il ruolo sull’agency attivo della persona, per questo richiedono al beneficiario una modifica del comportamento.

Quando il comportamento della persona risponde alla condizionalità del programma, con modalità e scadenze predefinite, si verifica una compliance. Nel caso in cui la persona decide di non rispettare gli impegni sottoscritti ricorre ad una riduzione parziale o ad una perdita completa (sanzione) del beneficio economico o di altri benefit non economici.

Mentre i trasferimenti monetari servono a ridurre le barriere finanziarie sperimentate dalle famiglie in condizioni di povertà e di esclusione sociale e migliorarne gli standard di vita, le condizionalità si suppone servano a trattare le barriere comportamentali che impediscono alle famiglie di migliorare la propria condizione e uscire dalla povertà. (Libera trad. Shüring, 2010)

Non esiste un modello unico di programma TMC perché ogni Paese ricorre ad uno schema differente in base agli obiettivi che decide di raggiungere.

Per raggiungere gli obiettivi di medio e di lungo periodo si ricorre a differenti schemi che integrano strumenti quali:

-trasferimenti monetari alla famiglia per l’integrazione dei redditi;

-trasferimenti monetari al minore per assolvere l’obbligo di istruzione e incentivare le performance scolastiche;

-vincolo di uso di servizi sociali, sanitari e per l’istruzione; -focus sulle famiglie indigenti.

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pag. 27 Durante la costruzione del disegno delle misure di TMC si possono fare diversi errori in fase di targeting.

I trasferimenti monetari che operano come meccanismi di incentivazione sul lato della domanda (demand-side) hanno lo scopo di aumentare la domanda ai servizi abbattendo le barriere che ne impediscono l’ingresso. Questi schemi di solito sono indirizzati ai servizi di istruzione e di salute.

Gli schemi di TM che operano sul lato dell’offerta (supply-side) mirano ad aumentare il numero e la qualità dei servizi.

Ai fini dell’efficacia della misura gli errori in fase di targeting possono riguardare: l’inclusione di persone che non hanno un reale bisogno o l’esclusione di persone che hanno realmente un bisogno.

Per errori di esclusione durante il disegno della misura si intendono famiglie che il TMC intende raggiungere ma che sono escluse a causa di un processo di targeting, ad esempio non superano il test dei mezzi.

In fase di take-up l’errore di esclusione comprende famiglie che pur possedendo i criteri di eleggibilità non vengono arruolate a causa di: (a) propria volontà, (b) mancanza di conoscenza e informazioni della possibilità di fare domanda.

Durante il disegno della misura possono verificarsi anche errori di inclusione che comprendono famiglie non dovrebbero far parte del target poiché non aventi un reale bisogno ma sono arruolate a causa del modo in cui sono costruiti i criteri e gli strumenti di verifica.

Possono verificarsi anche errori di inclusione in fase di take-up in cui vengono arruolate famiglie che non possiedono i criteri di esigibilità, è il caso di soggetti che superano il limite di età e non escono dal programma.

I.2.2 Le politiche di contrasto alla povertà in Italia che prevedono condizionalità La legge di Stabilita 2016, ai sensi della Legge 28 dicembre 2015 n. 208 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”

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pag. 28

(commi 386-390) ha previsto alcuni provvedimenti legislativi di riordino della normativa in materia di integrazioni al reddito, assegni di natura assistenziale o sottoposti alla prova dei mezzi, finalizzati all’introduzione di un’unica misura di contrasto alla povertà, calcolata sulla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta.15

La legge di stabilità 2016 ha previsto la definizione di un Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all’esclusione, l’istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, l’avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà denominata SIA e lo stanziamento di risorse per la lotta alla povertà.

Il 1 Gennaio 2018 ai sensi del d.lgs. 147/2017, l’Italia per la prima volta nella sua storia si dota di una legge sulla povertà definita Reddito di Inclusione (REI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale identificata come livello essenziale delle prestazioni (LEA).

Il REI è una misura di contrasto alla povertà condizionata alla prova dei mezzi (mediante somministrazione dell’Isee) e all’adesione a un progetto personalizzato finalizzato all’attivazione e all’inclusione sociale e lavorativa del beneficiario.

Tra i beneficiari della misura rientrano i cittadini comunitari, il familiare di un cittadino italiano o comunitario che non ha la cittadinanza di uno Stato membro che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. Il beneficiario deve essere residente in Italia per almeno due anni consecutivi e il beneficio è concesso per un periodo non superiore a 18 mesi.

Il nucleo familiare del richiedente per accedere alla misura deve essere in possesso di: un valore ISEE non superiore a 6.000€, un valore ISRE16 non superiore a 3.000€, un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa abitazione, non superiore a 20.000€. Il valore del patrimonio mobiliare non deve superare la soglia di 6.000€

15 Sono considerate in povertà assoluta o in extreme poverty i nuclei familiari e le persone che non possono permettersi

le spese minime quali: spese per i generi alimentari, per la salute e per il vestiario ai fini di una conduzione di vita accettabile.

16 L’ISRE si ottiene dividendo l’indicatore della situazione reddituale (ISR), per il parametro della scala di equivalenza

corrispondente alla specifica situazione familiare. La sogna è fissata ai sensi della L.33/2017, per un singolo, a 3.000€. Il beneficio non può eccedere , in sede di prima applicazione, il limite dell’ammontare su base annua dell’assegno sociale, il cui valore annuo al 2017, è pari a 5.824€ suddivisi in 485€ mensili per 12 mensilità.

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pag. 29 (accresciuta di 2.000€ per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo componente, fino ad un massimo di 10.000€).

Inoltre, nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo di autoveicoli o motoveicoli o barche, fatta eccezione per il possesso di autoveicoli ed i motoveicoli per i quali è prevista un’agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità. Fino al 1 luglio 2018 venivano aggiunti anche alcuni requisiti transitori riferiti alla composizione del nucleo familiare quali: la presenza di un minore, la presenza di una persona con disabilità e di almeno un suo genitore, in assenza di figli minori la presenza di una donna in stato di gravidanza accertata e presenza di almeno un lavoratore di età <55 anni in stato di disoccupazione per licenziamento, anche collettivo o dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale ed abbia cessato da almeno 3 mesi di beneficiare dell’intera prestazione per la disoccupazione.

Dal 1 luglio 2018 il REI diventa di natura universale e gli unici requisiti che permangono sono quelli economici.

Il Rei è articolato in due componenti: un beneficio economico erogato su 12 mensilità, con un importo che varia a seconda dei componenti del nucleo familiare (da 190€ circa mensili per una singola persona fino a 490€ circa per un nucleo composto da 5 o più componenti) e una componente relativa ai servizi alla persona attraverso la creazione di un progetto personalizzato.

Questa seconda fase viene identificata mediante la valutazione multidimensionale del bisogno del nucleo familiare in relazione alla situazione lavorativa e il profilo di occupabilità, all’istruzione e alla formazione, alla condizione abitativa e infine, alla presenza di reti familiari o di prossimità ai fini della creazione ad hoc (personalizzata) del progetto personalizzato volto al superamento della condizione di povertà.

Il progetto sottoscritto dalla persona o dal nucleo che ne beneficia, contiene gli obiettivi generali e i risultati specifici da raggiungere attraverso specifici interventi e servizi individuati, di cui il nucleo necessita, e gli impegni a svolgere specifiche attività, a cui il beneficio economico è condizionato pena la decadenza del diritto di usufruire della misura.

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pag. 30 Ai sensi del d. lgs. 147/2017 è stata istituita anche la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali per garantire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni sociali.

Per fare ciò sono stati elaborati Piani programmatici per l’utilizzo delle risorse dei Fondi sociali (Fondo nazionale politiche sociali, Fondo non autosufficienza e Fondo povertà) della durata di 3 anni per individuare lo sviluppo degli interventi in relazione alle risorse finanziate dai Fondi sopra citati, con l’obiettivo di raggiungere progressivamente i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali su tutto il territorio nazionale.

L’attuazione, il monitoraggio e la valutazione della misura è rimessa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

I soggetti attuatori sono i Comuni, in forma singola o associata, e l’IMPS.

I primi sono responsabili dell’efficienza della gestione integrata degli interventi e dei servizi sociali con l’operato degli Enti od organismi competenti per l’inserimento lavorativo, l’istruzione e la formazione, le politiche abitative e la salute.

Le Regioni e le Province autonome, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, adottano un Piano regionale per la lotta alla povertà contenente la programmazione dei servizi necessari all’attuazione del REI.

Sempre il d.lgs. 147/2017 per promuovere l’integrazione tra i vari soggetti attuatori del REI e rispondere alle caratteristiche socio-demografiche delle persone esposte al rischio povertà ed esclusione sociale, ha previsto anche l’istituzione del Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS) articolato in due componenti: Sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali e Sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con le Regioni (Capofila la Regione Toscana) ha avviato in via sperimentale il Sistema informativo su interventi e servizi sociali finalizzati a contrastare povertà ed esclusione sociale (SIP).

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pag. 31 Il REI è finanziato con il Fondo povertà il quale ha destinato 1,845 miliardi di euro nell’anno 2018 per il rafforzamento dei servizi.

L’Italia prima del Fondo povertà ha varato anche il PON inclusione per rafforzare i servizi di contrasto alla povertà, con risorse di oltre 1 miliardo di euro a valere sul Fondo sociale europeo 2014-2020.

Con il Testo del decreto Legge 28/01/2019 n.4 coordinato con la successiva legge 28/03/2019 n.26 recanti “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni”, è stato introdotto il Reddito di cittadinanza (RdC) e la Pensione di Cittadinanza (PDC)- nel caso in cui i beneficiari siano persone di età pari o superiore a 67 anni- quali politiche attive del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale.

Il Reddito di cittadinanza, consiste in un beneficio economico erogato ogni mese attraverso una carta elettronica denominata Carta Reddito di Cittadinanza.

Per godere del beneficio devono sussistere condizioni stringenti rispetto alla residenza e al soggiorno; tutti i richiedenti devono risiedere nel territorio italiano da almeno 10 anni (di cui gli ultimi due in modo continuativo) e se il richiedente è uno straniero esso deve essere titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

Rispetto al precedente Rei, i limiti reddituali e patrimoniali ammettono una soglia di accesso Isee da 6.000€ a 9.360€ e da 20.000 a 30.000€ il valore massimo del patrimonio immobiliare.

L’ammontare del beneficio per un individuo singolo può raggiungere anche i 750€ mensili.

La normativa, come vedremo qui di seguito, ammette anche la possibilità del godimento da parte di famiglie senza che essi siano obbligate a rispettare il vincolo della condizionalità.

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pag. 32 -famiglie non soggette agli obblighi relativi alla sottoscrizione di un percorso lavorativo o di inclusione;

-famiglie soggette all’obbligo di sottoscrivere un patto per il lavoro;

-famiglie con almeno un componente vincolato all’obbligo e nessun componente occupabile.

Per quanto riguarda il primo gruppo ci si riferisce a nuclei formati da componenti occupati o che versano in una condizione di non occupabilità ad es. minorenni, studenti , anziani, disabili o persone con carichi di cura, i quali percepiscono senza vincoli il sussidio economico.

In riferimento al secondo gruppo intendiamo nuclei familiari che contengono almeno un componente che può essere attivato ad es. soggetto con un’età inferiore a 26 anni, essere inoccupato da non più di 2 anni, essere beneficiario della NASPI o di un altro ammortizzatore sociale o soggetto che ha già sottoscritto un Patto di servizio presso i Centri per l’impiego.

L’ultimo gruppo di famiglie vengono inviate ai servizi sociali dei Comuni i quali effettuano la presa in carico con condizionalità meno restringenti di quelle previste per il percorso lavorativo.

I.3 Come e perché funzionano le politiche di contrasto alla povertà che prevedono condizionalità

Nel capitolo precedente abbiamo già anticipato il funzionamento delle politiche di contrasto alla povertà che contengono elementi di condizionalità.

L’obiettivo alla base della programmazione e dell’implementazione delle politiche di contrasto alla povertà che prevedono elementi di condizionalità è duplice: ridurre gli attuali livelli di povertà trasferendo risorse monetarie ai poveri e ridurre la povertà futura (evitare il trasferimento intergenerazionale della povertà) attraverso investimenti in capitale umano.

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pag. 33 Per comprenderne il funzionamento dobbiamo riprendere il significato del concetto di condizionalità.

La condizionalità utilizzata nelle politiche di contrasto alla povertà, è uno strumento che pone un vincolo al beneficiario e contribuisce a raggiungere gli effetti attesi come (ad es. la riduzione di meccanismi di dipendenza dal welfare nell’ambito di strategie di welfare-to-work o il miglioramento dell’istruzione dei minori attraverso l’aumento del numero di iscrizioni alla scuola dell’obbligo) e allo stesso tempo, a prevenire alcuni effetti indesiderati.

La condizionalità di una politica di contrasto alla povertà, presenta alcune dimensioni specifiche che, sulla base della loro presenza o meno nel programma, possono far ottenere risultati differenti nel contesto in cui viene attuata.

Queste dimensioni sono: la dimensione temporale, gli obiettivi del programma, il grado di esplicitazione delle regole stesse, la presenza di eccezioni, l’ammontare del beneficio economico che ne risulta influenzato, le performance previste e la frequenza richiesta e infine, il modo in cui sono monitorate e con quale intensità vengono fatte rispettare.17

La condizionalità presenta anche due modalità differenti di influenza: il beneficiario della misura prevista dalla politica di contrasto alla povertà si impegna a rispettarla modificando il proprio comportamento (diretta) o il beneficiario si impegna a modificare il comportamento di un membro della famiglia (indiretta).

Gli schemi di Trasferimento monetario condizionato rivolti a famiglie povere con minori sono indirizzati ai fattori demand-side e generalmente si basano principalmente sulla mancanza di reddito e mancanza di lavoro quali condizioni che generano l’impossibilità ai figli di assolvere l’obbligo di istruzione o di garantirgli adeguate cure.

L’utilizzo nel programma di condizionalità sottoforma di incentivi positivi o negativi permette allo stesso di orientare i comportamenti dei beneficiari verso gli outcome attesi.

17Fonte: Shuring, 2010.

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pag. 34 Le politiche di contrasto alla povertà che prevedono condizionalità includono tre componenti chiave: il progetto personalizzato, la previsione di condizionalità comportamentali e l’integrazione tra politiche sociali e servizi per l’impiego.

Il progetto personalizzato è “una sorta di vestito che si adatta bene alla persona”, viene stipulato dal servizio sociale professionale insieme al beneficiario/i della misura,

in risposta a bisogni complessi (come quelli legati all’occupazione, la mancanza di reddito etc.).

Il servizio sociale incaricato realizza un’analisi preliminare dei bisogni della persona o del nucleo familiare e effettua una valutazione multidimensionale per identificare le condizioni abitative, lavorative e sociali di tutti i membri.

Il progetto personalizzato dovrà essere sottoscritto dalla persona e ha lo scopo di superare la condizione di povertà attraverso il reinserimento nel mercato del lavoro.18 Una seconda componente chiave sottostante ai meccanismi di funzionamento delle politiche di contrasto alla povertà è la previsione di condizionalità comportamentali. Il beneficiario o il nucleo familiare sono obbligati, pena la decadenza dalla misura TMC a svolgere azioni di ricerca attiva del lavoro assicurando disponibilità alle attività proposte (art.20-23 d. lgs. 150/2015), a mantenere il contatto con i servizi competenti e responsabili dell’attuazione del progetto.

Infine, non si deve sottovalutare l’integrazione tra politiche sociali e servizi per l’impiego per la promozione di forme di coordinamento tra servizi e tra politiche sociali e politiche attive del lavoro quali: formazione, tirocini lavorativi, attività di tutoraggio e accompagnamento al lavoro.

Se prendiamo in considerazione come esempio la misura del Reddito di Inclusione (REI) e il Reddito di Cittadinanza (RdC) riflettendo sull’ultimo elemento chiave che caratterizza le politiche di contrasto alla povertà, si può dire che il rafforzamento dei

18 Secondo il d. lgs. 147/2017 (art.5) se viene valutato che la povertà è connessa esclusivamente alla situazione

lavorativa il Comune si impegna a contattare il Centro per l’Impiego (CPI) competente affinché convochi gli interessati alla sottoscrizione di un Patto di servizio.

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pag. 35 servizi per l’impiego è una condizione imprescindibile per la presa in carico dei beneficiari del REI.

Tali mix di interventi dovrebbe evitare effetti transitori e i meccanismi di trappola della povertà (Barlett, Carter, Munenobu Ikegami, 2008) con il passaggio di un triste testimone alle nuove generazioni.

I.3.1 La condizionalità e l’importanza che ha l’agency nel raggiungimento della

compliance

L’uso delle condizionalità nelle politiche di contrasto alla povertà in Italia ha avuto inizio già con l’introduzione della Carta acquisti sperimentale durante gli anni 2013-2015, con l’evoluzione del Sostegno per l’Inclusione Attiva fino all’introduzione del REI e del Reddito di Cittadinanza.

Abbiamo già ampiamente discusso sul concetto di condizionalità, ma per comprendere l’importanza che ha l’agency della persona (beneficiaria) nel raggiungimento della compliance è opportuno parlare dei diversi meccanismi che sottostanno alle condizionalità.

Le politiche di contrasto alla povertà si basano su principi fondamentali quali: l’uso di condizionalità e le sanzioni, i quali vengono concepiti come strumenti in grado di modificare e prevenire i comportamenti anti-sociali.

Alla base di quasi tutti i programmi di TMC possono operare tre tipi di meccanismi: condizionalità con incentivo positivo, condizionalità con incentivo negativo e sanzione, condizionalità legata alla fruizione obbligatoria di servizi di counseling. Ognuna di queste condizionalità può generare nei beneficiari di una politica di contrasto alla povertà delle reazioni diverse:

(1). Le condizionalità con incentivo positivo. Il beneficiario/i si impegna a rispettare le condizioni previste dal programma poiché spinto dal desiderio di ricevere un incentivo positivo. L’incentivo positivo orienta i comportamenti delle persone coerenti con le condizionalità. L’incentivo può essere erogato

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pag. 36 sulla base del raggiungimento di determinati risultati o performance (ad esempio tasso di frequenza scolastica o aumento del voto). In questa situazione ci si aspetta che al crescere del vantaggio economico, cresca il rispetto della condizionalità.

(2). Le condizionalità con incentivo negativo. Le persone spinte dal timore di perdere il sussidio o altri benefici economici cambiano i loro comportamenti. Qui, ci si aspetta che le persone che traggono maggiori vantaggi economici dalla policy hanno la tendenza ha fare domanda per accedere al programma e a rispettare maggiormente le condizionalità. L’incentivo produce degli effetti quando vi è una comprensione delle regole contenute nel programma della misura, per questo motivo le persone che non possiedono una chiarezza di informazioni tendono meno a rispettare le condizionalità e a ricevere le sanzioni.

(3). Le condizionalità legate alla fruizione obbligatoria di counseling. I programmi che contengono la partecipazione ad attività di counseling con operatori o interviste focalizzate alla ricerca di occupazione possono spingere le persone a rispettare gli impegni.

Per tutte queste ragioni qui, durante la fase di progettazione di una politica sociale, in particolar modo quando si tratta di politiche di contrasto alla povertà che prevedono elementi di condizionalità, è opportuno che i policy maker e gli altri attori prestino attenzione alla creazione della struttura della misura.

I.3.2 Coordinamento e integrazione dei servizi nelle misure di inclusione attiva In questo paragrafo si cercherà di comprendere quali modelli di coordinamento e fattori implementativi permettono alle politiche di contrasto alla povertà di avere

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pag. 37 successo, cioè, di rispondere all’obiettivo di inclusione sociale. In questa sezione prenderemo in considerazione il contesto italiano.

Nel contesto italiano, la governance delle politiche sociali volte a contrastare la povertà e realizzare obiettivi di inclusione sociale coinvolge una pluralità di soggetti pubblici, i quali intervengono in diversi livelli di programmazione e attuazione.

A seguito della modifica del Titolo V della Costituzione Italiana, la definizione delle politiche sociali è affidata alle autorità statali nazionali e territoriali.19

Allo Stato è stato affidato il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni, le Regioni hanno acquisito la competenza legislativa sugli interventi e servizi (legislazione concorrente), mentre i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alle funzioni proprie.

Nello specifico, le Regioni, sulla base delle proprie competenze, attuano una programmazione regionale di interventi in linea con gli obiettivi contenuti nel Piano nazionale di contrasto alla povertà, nel rispetto del principio dell’integrazione socio-sanitaria e di sussidiarietà orizzontale.

In questo processo di decentramento delle funzioni dall’alto (dallo Stato alle Regioni e ai Comuni), si è passati da un’ottica di top-down ad un’ottica di bottom-up in cui risulta importante sottolineare il punto di partenza della costruzione degli interventi: dai bisogni delle persone.

In questo quadro, definito anche di welfare mix, è necessario citare il ruolo che svolge il settore non profit, il quale supporta le necessità assistenziali dei singoli territori italiani mediante l’offerta di interventi e servizi addizionali a quelli previsti dal settore pubblico.

A livello nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha il compito di progettare, realizzare e coordinare gli interventi di politica del lavoro, di politica sociale e in particolare modo, nelle politiche per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale.

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