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Sulla Rilevanza delle Emozioni Musicali: un Approccio Computazionale

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AperTO - Archivio Istituzionale Open Access dell'Università di Torino

Sulla Rilevanza delle Emozioni Musicali: un Approccio Computazionale / Acotto, Edoardo; Radicioni, Daniele P.. - In: SISTEMI INTELLIGENTI. - ISSN 1120-9550. - 27:2(2015), pp. 427-438.

Original Citation:

Sulla Rilevanza delle Emozioni Musicali: un Approccio Computazionale

Published version: DOI:10.1422/81221 Terms of use: Open Access

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Sulla Rilevanza delle Emozioni Musicali

un Approccio Computazionale

Edoardo Acotto & Daniele P. Radicioni

Dipartimento di Informatica – Universit`a di Torino edoardo.acotto@gmail.com, daniele.radicioni@unito.it

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Introduzione

L’articolo target esplora il tema delle emozioni musicali, e propone una rilet-tura di varie teorie al fine di introdurre un’ipotesi in cui le emozioni musicali sono integrate in un contesto terapeutico. Dopo aver analizzato la natura delle emozioni in musica (il rapporto della scienza cognitiva con le emozioni era stato parzialmente trattato in (Meini, 2012)), l’articolo espone la teoria della persona musicale, criticandola, e la teoria del contorno, parzialmente accogliendola e citando a suo sostegno recenti studi sperimentali. L’articolo valorizza inoltre il ruolo della voce umana all’interno della cosiddetta co-municazione musicale (Miell, MacDonald, & Hargreaves, 2005), giungendo a considerare il concetto di “forma vitale” (Stern, 2010) come un possibile fulcro dell’aspetto emozionale della musica. Dopo avere esaminato alcune dif-ficolt`a metodologiche insite nei recenti studi sperimentali, l’articolo si chiude sulla dimensione relazionale e comunicativa della natura umana e dell’ascolto musicale, con un riferimento particolare al senso del s´e e ai setting terapeutici. L’articolo di Meini ha certamente il pregio di mettere in relazione tre discipline che anche nel ristretto caso dell’indagine sulla musica non sempre si riconoscono reciprocamente: la filosofia, le scienze cognitive e la psicolo-gia clinica. Ne emerge l’immagine di un’area fertile e ancora largamente da dissodare, in cui sono presenti problemi aperti accanto a nuove, crescenti, evi-denze sperimentali; un’area nella quale sono tratteggiate nuove vie di ricerca come il nodo teorico e clinico autismo-musica-emozioni. Un altro elemento

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di interesse dell’articolo target `e nel tentativo di rilettura ‘sinottica’ di alcu-ni temi, che porta a individuare, per esempio, il rifrangersi della posizione formalista attraverso le epoche e le discipline (Hanslick, 1854; Langer, 1979; Kivy, 2002).

Lo studio delle emozioni `e un ambito di ricerca consolidato sia in campo psicologico, sia nell’ambito della musicologia e dell’estetica musicale. Anche in campo cognitivo-computazionale (Thagard, 2006; Oatley & Laird, 2014) e informatico (Picard, 1997; Cambria & Hussain, 2012) le emozioni sono pro-gressivamente diventate un oggetto di ricerca rilevante e frontiera di ricerca, tanto che negli ultimi due decenni il paradigma dell’affective computing `e cresciuto notevolmente grazie a un progressivo affinamento degli strumenti sia teorici sia analitici, e sotto una forte spinta di natura applicativa (Tao & Tan, 2005; Picard, 2010). Aree strettamente correlate come opinion mining e sentiment analysis sono divenute in questi anni fra le pi`u attive nell’ambito della comunit`a che si occupa di applicazioni di elaborazione automatica del linguaggio (Pang & Lee, 2008; Liu & Zhang, 2012).

Non sorprende quindi che il tema delle emozioni musicali, dopo essere stato oggetto di indagine e riflessione da parte di singole discipline (a par-tire dai matematici e teorici della musica della scuola pitagorica), divenga ora oggetto di interesse condiviso nell’area di intersezione della musicologia cognitivo-computazionale.

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L’Emozione nella Forma

Nel tentativo di spiegare la fascinazione che la musica esercita sull’ascolta-tore, sono stati postulati vari tipi di capacit`a mimetica della musica come veicolo di trasmissione di contenuti extramusicali, fra cui le emozioni. In questo quadro, il ruolo del contagio, menzionato da Meini, appare un mec-canismo di trasferimento delle emozioni di per s´e insufficiente a esprimere il fondo emozionale proprio della musica, a meno di non ricorrere a mecca-nismi fortemente evoluzionistici e modularisti (Sperber & Hirschfeld, 2004). Non dissimile il caso della teoria del contorno musicale, proposta da Peter Kivy, che successivamente ha preso parzialmente le distanze da essa (Kivy, 1980, 2002). In entrambe le teorie l’elemento emotigeno della musica `e la sua forma, fisica, acustica, percettiva e cognitiva. Quindi l’ipotesi di lavoro, secondo Meini, `e che l’elemento emotivo sia nella forma musicale in s´e, grazie alla nostra capacit`a di “cogliere in maniera irriflessa alcune sue dimensioni”.

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Il contenuto emotivo potrebbe essere cio`e frutto di un’integrazione da parte dell’ascoltatore che coglie alcuni elementi propriamente musicali. In questa ipotesi varie discipline e approcci potrebbero concorrere all’individuazione delle dimensioni musicali che contribuiscono alla forma: l’analisi di come al-cuni tratti percettivi sono istanziati a livello neurale, considerazioni pi`u ampie sulla teoria della percezione, e tentativi di modellazione computazionale di alcune dimensioni sonore.

2.1

La Prospettiva Computazionale

L’articolo target non propone un modello computazionale, e nemmeno un modello cognitivo completo, ma fornisce interessanti spunti per la ricerca di un simile modello. La musicologia cognitiva computazionale, non presa in considerazione nell’articolo di Meini, si avvale ormai di un approccio multi-disciplinare corroborato da esperimenti metodologicamente robusti e modelli informatici e statistici (Huron, 2006; Eerola, 2012; Pearce & Rohrmeier, 2012a). I lavori computazionali per l’analisi della componente emozionale associata alla musica possono essere divisi in due classi principali: i sistemi per la modellazione computazionale di elementi psicologici coinvolti nel rico-noscimento delle emozioni, e i sistemi per mood e emotion detection (Eerola, 2012). Nel primo caso la validazione sperimentale dei modelli cognitivamen-te fondati si `e rivelata non sempre agevole (come riporta (Eerola, 2012) a proposito di (Coutinho & Cangelosi, 2009; Eerola, Lartillot, & Toiviainen, 2009)). Il secondo insieme di lavori mira primariamente a una nozione ‘ope-rativa’ di riconoscimento delle emozioni associate alla musica, piuttosto che all’individuazione dei processi cognitivi connessi alle emozioni. Rientrano in questa classe di ricerche algoritmi e sistemi per il riconoscimento di emozioni musicali associate a vari tipi di brani, e basati sull’analisi di feature estratte da segnali audio, per i quali il rilievo cognitivo e la portata esplicativa so-no tuttavia incerti (Lu, Liu, & Zhang, 2006; MacDorman, 2007; Skowronek, McKinney, & Van De Par, 2007). Questi lavori si basano su un approc-cio mirante all’individuazione di correlazioni fra feature sonore ed emozioni. Per esempio la rabbia, caratterizzata da alto arousal e valenza negativa, ri-sulta associata a musiche con tempo veloce, imprevedibilit`a nella struttura intervallare, alto contenuto “energetico” e attacco veloce; la felicit`a, caratte-rizzata da alto arousal e valenza positiva, risulta associata a tempo veloce, livello sonoro medio, note acute, attacco veloce, modo maggiore e timbro chiaro (Eerola, 2012).

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Fra i lavori presentati in un recente volume che raccoglie varie ricerche sulla cognizione musicale (Pearce & Rohrmeier, 2012b), `e stato proposto uno studio che analizza le correlazioni fra feature audio e giudizi umani (Eerola, 2012). Si tratta di un lavoro imponente dal punto di vista sperimentale (la dimensione dei dataset utilizzati `e superiore di un ordine di grandezza rispet-to alla letteratura analoga) e solido dal punrispet-to di vista merispet-todologico: dopo avere intervistato dei musicisti sul ruolo delle caratteristiche sonore associate alle emozioni musicali, Eerola ha estratto tali feature dal dataset trovando una modesta correlazione fra valori calcolati e giudizi degli esperti. Ha quindi domandato a 116 soggetti privi di formazione musicale specifica di valutare 110 brani, associando ciascuno a una fra cinque emozioni di base. Il task sperimentale consisteva quindi nel valutare quanto l’output del programma che implementava il modello (che associa descrittori sonori ed emozioni) era predittivo della risposta umana. Questo articolo `e importante al di l`a del ri-scontro sperimentale favorevole: si tratta di un modello in cui `e stato attivato un dialogo fra musicisti, musicologi cognitivi e informatici. All’intervista ai musicisti sono seguiti un passo di analisi della risposta, una fase di feature selection, una ulteriore sperimentazione comportamentale, e l’analisi finale dei risultati ottenuti dal modello proposto.

In uno degli esperimenti descritti in (Acotto, 2014) abbiamo investigato un tema analogo: cio`e quali siano gli elementi che maggiormente contri-buiscono all’effetto della musica. Con effetto indichiamo l’impronta che la musica lascia nell’ascoltatore, come memorabilit`a e piacevolezza: si tratta dell’ampiezza (dimensione quantitativa) dell’impronta prima che di una con-notazione positiva o negativa. L’effetto musicale `e una grandezza in qualche misura grezza, a sua volta utile per studiarne altre: per esempio, pu`o essere utilizzato per selezionare i brani musicali a cui gli ascoltatori associano un qualche contenuto emotivo. Restringendo l’attenzione alla melodia, abbiamo analizzato le qualit`a che distinguono una musica ‘ad effetto’ da una di mino-re impatto. L’ipotesi sperimentale sottesa a questo lavoro era che esistesse un limitato numero di tratti sonori che sono colti ‘in maniera irriflessa’ (per usare un’espressione presa a prestito da Meini). In questo esperimento ab-biamo rivolto ai partecipanti la richiesta di valutare l’effetto prodotto da un insieme di melodie assegnando un punteggio nell’intervallo [0 − 10]. Abbiamo quindi studiato la correlazione delle risposte con quattro parametri musicali (ritmo, tempo, volume e registro). Tramite un sistema di sperimentazione online abbiamo raccolto le risposte di 61 soggetti. Sono inoltre state richie-ste informazioni su vari altri elementi potenzialmente rilevanti per l’analisi

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successiva, quali et`a, sesso, destrimano/mancino, livello di competenza musi-cale, preferenze musicali, capacit`a di suonare uno strumento, familiarit`a con la danza, con l’arte in generale, professione.

In sintesi, l’analisi dei risultati ha mostrato che esiste una correlazione positiva fra la nozione di effetto musicale e ciascuno dei quattro parame-tri considerati. In particolare, considerando un fattore modulazione (valori: High/Low) e un fattore condizione che rappresenta le quattro variabili di in-teresse, abbiamo osservato un effetto significativo per il fattore modulazione: cio`e lo stimolo con un valore High per uno dei quattro parametri indicati ha sempre effetto maggiore dello stimolo corrispondente in cui lo stesso pa-rametro ha valore Low. Anche il fattore condizione ha mostrato un effetto significativo: registro e ritmo paiono avere maggiore effetto degli altri due parametri studiati. L’esperimento evidenzia quindi che alcuni descrittori di basso livello (i quattro testati nell’esperimento, e verosimilmente anche altri) sono fra le feature melodiche fondamentali, e possono essere utilizzati da un sistema per la predizione dell’effetto musicale percepito dagli ascoltatori.

2.2

Rilevanza in Musica

Cos`ı come la letteratura citata in precedenza, anche l’ultimo lavoro conside-rato non `e sostenuto da una pi`u ampia teoria: si tratta di riscontri (poten-zialmente utili) che producono conoscenze frammentarie, ma non integrate in prospettive cognitive generali. Fondandoci sull’ormai consolidata tradizione “generativa” della musicologia computazionale che risale alla General Theo-ry of Tonal Music (Lerdahl & Jackendoff, 1983; Lerdahl, 2001; Jackendoff & Lerdahl, 2006) possiamo assumere che la musica, in quanto attivit`a cognitiva complessa e multidimensionale, sia inseribile in un modello generale di cogni-zione come quello fornito dalla Relevance Theory (RT) (Sperber & Wilson, 1986). La RT, inizialmente proposta e sviluppata come teoria cognitiva della comunicazione (Marraffa & Meini, 2010; Clark, 2013), `e stata successivamen-te essuccessivamen-tesa in una successivamen-teoria generale della cognizione umana (Wilson & Sperber, 2004; Carruthers, 2006).

Secondo la RT la rilevanza di un dato input per un individuo (o agente cognitivo) `e definita come il rapporto fra l’effetto prodotto dall’input sull’in-dividuo e lo sforzo necessario all’elaborazione di quell’input in un dato conte-sto.1 Da questa definizione discende che –ceteris paribus–, la rilevanza

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‘relevan-put cresce in maniera direttamente proporzionale all’effetto, e inversamente proporzionale allo sforzo di elaborazione.

2.2.1 Economia Cognitiva: la massimizzazione del rapporto fra effetto e sforzo di elaborazione

Se la cognizione umana tende all’ottimizzazione del rapporto tra effetto e sforzo cognitivo, anche la musica andr`a inquadrata in tale prospettiva di “economia cognitiva”. Che ne `e allora delle emozioni, e in particolare di quelle attivate dall’ascolto musicale? Se considerate da un punto di vista cognitivo ed evoluzionistico (Consoli, 2012), sia le emozioni musicali ed este-tiche, sia le emozioni tout court, si possono inserire nel quadro generale della rilevanza cognitiva, nella misura in cui le emozioni sono un tipo di effetto cognitivo. Come tali contribuiscono alla rilevanza della musica ascoltata, rapportate allo sforzo cognitivo richiesto dalla decodificazione dell’ascolto. Quanto pi`u una musica ha una struttura complessa (Lerdahl, 1985; Acotto & Viaud-Delmon, 2010), tanto pi`u la sua rilevanza dovr`a essere bilanciata da un alto effetto cognitivo, che nel nostro modello `e dato dall’impatto cognitivo della “superficie musicale” (Cambouropoulos, 2010). Viceversa, quanto pi`u la musica risulta strutturalmente semplice, tanto minore `e la necessit`a che raggiunga un alto effetto cognitivo per risultare rilevante; in questo contesto si intende per struttura essenzialmente la sintassi armonica e polifonica di un brano o sequenza musicale. Il principio di economia cognitiva spiega cio`e che un brano musicale `e rilevante quando `e in grado di ricompensare l’ascolta-tore della fatica profusa nell’ascolto (ricompensa che si sostanzia in un alto effetto); viceversa, semplicemente, non vale lo sforzo.

La RT non `e una teoria formale, e non ne sono state in precedenza propo-ste epropo-stensioni computazionali per quantificare gli elementi coinvolti (effetto, sforzo e rilevanza stessa), coerentemente con la connotazione comparativa del concetto di rilevanza. Storicamente gli studi legati alla RT hanno seguito una traiettoria divergente sia da quella delle scienze cognitive di impronta com-putazionale (Paternoster, 2010; Horst, 2011), sia da quella dell’indagine sulla teoria della mente (Sterelny, 1990; Fodor, 2000; Searle, 2004). Uno dei primi tentativi di estendere la RT in senso computazionale, ancora incompleto e

ce’ venga normalmente tradotto come ‘pertinenza’, e questo accada anche nell’ambito della Relevance Theory, che da Grice deriva, riteniamo utile utilizzare ‘rilevanza’ per indicare un concetto indissolubilmente legato al rapporto fra le due grandezze menzionate, sforzo ed effetto.

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validato solo in parte, `e stato proposto recentemente in (Acotto & Radicioni, 2012; Acotto, Geraci, & Radicioni, 2013; Acotto, 2014). Questo lavoro muo-ve dal proposito di caratterizzare la rilevanza musicale nei termini della RT, cio`e descrivendo la rilevanza musicale (MR) come rapporto fra effetto (ME) e sforzo di elaborazione (PE). Illustriamo separatamente le due componenti che consentono di determinare la MR.

2.2.2 Sforzo di Elaborazione

Lo sforzo di elaborazione PE `e una quantit`a che caratterizza i processi co-gnitivi a livello inconscio diversamente, per esempio, dallo sforzo con cui richiamiamo un elemento alla memoria (Snyder, 2001). Esistono vari model-li formamodel-li e computazionamodel-li per l’anamodel-lisi della struttura musicale (Steedman, 1984, 1996; Rohrmeier, 2007, 2011): per esempio sono state proposte gram-matiche formali o altri strumenti per descrivere le forme musicali e definire le regole che presiedono al funzionamento di dipendenze non lineari, gerarchi-che e fra elementi potenzialmente distanti nel continuum musicale. La Teoria Generativa della Musica Tonale (GTTM) fornisce una rappresentazione della musica come insieme di strutture gerarchiche (Lerdahl & Jackendoff, 1983; Lerdahl, 2001). In questa prospettiva, una struttura gerarchica `e un’orga-nizzazione di un insieme di elementi o regioni in cui un elemento o regione contiene altri elementi o regioni. Sebbene si possa distinguere fra ascolta-tore ‘esperto’ e ‘ingenuo’, entrambi comprendono la musica in termini sia sequenziali sia gerarchici (l’ascolto ingenuo tenderebbe a concentrarsi pi`u sull’elemento superficiale, mentre quello esperto tenderebbe a organizzare i suoni in strutture gerarchiche (Lerdahl, 2001)).

Il modello che abbiamo sviluppato e implementato per la riduzione della struttura musicale, e quindi per approssimare il PE, parte dal presupposto che ogni musica abbia uno scheletro nascosto sotto la superficie musicale (le note che effettivamente sono parte della melodia). Questo procedimento pu`o essere assimilato all’individuazione di soggetto, verbo e degli elementi prin-cipali nell’analisi di una frase; nel caso della musica si tratta di associare alle note un livello di importanza, in modo da ricostruire lo scheletro sot-teso alle note effettivamente udite. Il calcolo del PE si articola in due fasi: la prima `e volta all’individuazione della struttura di raggruppamento della melodia (Lerdahl & Jackendoff, 1983), mentre la seconda mira al processo di riduzione, cio`e alla selezione ricorsiva degli elementi pi`u importanti. A questo fine abbiamo sviluppato un algoritmo per potare progressivamente

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gli eventi musicali meno importanti secondo due criteri: ancoraggio tonale e allineamento alla struttura metrica. Al termine del processo, otteniamo i livelli di riduzione cui appartengono i vari elementi della melodia (e non alberi, come nella proposta di (Lerdahl & Jackendoff, 1983)): la ‘profondit`a’ di tali elementi e l’articolazione di un brano in livelli gerarchici riflettono lo sforzo mentale necessario a comprendere la musica, discriminando fra even-ti pi`u importanti ed eventi meno importanti. Questa porzione del modello, sebbene gi`a implementata, non `e ancora stata validata sperimentalmente. 2.2.3 Effetto Musicale

La definizione dell’effetto musicale `e un tentativo di modellare la successione di tensioni e distensioni all’interno della forma musicale, condotto a partire da (Lerdahl & Krumhansl, 2007). Alcune teorie spiegano l’effetto psicofisico della musica postulando l’esistenza di forze musicali, variamente denominate a partire da nozioni proprie della fisica, quali la gravit`a, il magnetismo e l’inerzia (Larson, 2004; Larson & Vanhandel, 2005; Larson, 2012; Bharucha, 1984, 1996). Per il calcolo della tensione tonale globale (cio`e la somma delle forze tensionali ed attrattive presenti in un brano musicale) `e stato proposto un insieme di regole (Lerdahl, 2001). Tali regole predicono in termini precisi le risposte degli ascoltatori sulle alternanze di tensione e rilassamento presenti all’interno del flusso musicale (Lerdahl & Krumhansl, 2007), e sono pertanto al centro della nostra proposta di formalizzazione, che semplifica il calcolo dell’effetto riducendolo (per potere isolare un primo nucleo di elementi da verificare nel contesto di un modello quantitativo) al calcolo della tensione melodica.

L’ascolto musicale `e influenzato dalla ‘dispersione’ di una melodia: questo fatto deriva dalla constatazione che il processo di composizione (cos`ı come l’esecuzione) pu`o essere pensato contemporaneamente sia come esercizio di applicazione di regole assestate all’interno di una tradizione (che garantiscono la correttezza della composizione e la sua intelligibilit`a da parte dell’ascolta-tore), e al contempo come esercizio di affrancamento da tali regole tramite un insieme di infrazioni (che prevengono la monotonia della composizione). La nozione di tensione cattura questo principio: la tensione fra due note pu`o essere vista come una misura della non prevedibilit`a di una nota rispetto al flusso melodico precedente, che quindi caratterizza una melodia. Questa componente dell’effetto musicale `e legata alla nozione di attesa: un evento sonoro causa l’attesa di altri eventi sonori (Meyer, 1956; Huron, 2006).

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L’e-lusione dell’attesa `e un principio noto come generatore di effetto (Margulis, 2005) (per una trattazione completa di questo tema si rimanda a (Rohrmeier & Koelsch, 2012)).

Per la sperimentazione sul modulo per il calcolo dell’effetto musicale ab-biamo creato un set di 36 stimoli e reclutato 37 volontari, che hanno parteci-pato all’esperimento tramite una applicazione web in cui gli stimoli venivano proposti ed ascoltati a gruppi di due. Dopo ogni ascolto, veniva richiesto di indicare se uno dei due stimoli avesse maggiore effetto (specificando quale), o se i due stimoli avessero lo stesso effetto. Lo stesso insieme di stimoli co-dificati in formato MIDI `e stato dato in input al sistema che implementa il modello descritto. L’analisi dei risultati (del grado di agreement fra le predi-zioni del modello e le risposte fornite dagli esseri umani) ha mostrato come la tensione sia un buon predittore per l’effetto musicale (per la descrizione dettagliata dell’esperimento si rimanda a (Acotto et al., 2013)).

3

Conclusioni

Questo lavoro `e partito dall’ipotesi che le emozioni associate alla musica siano riconducibili a un insieme (sfuggente, ma finito e sondabile) di elementi propri della forma musicale. Dopo avere proposto una breve rassegna di studi computazionali sulle emozioni abbiamo illustrato alcune ricerche miranti a caratterizzare la nozione di emozione musicale, argomentando come l’analisi delle emozioni di un brano musicale possa e debba essere integrata in una teoria di pi`u ampia portata, che abbiamo individuato nella RT. Assumendo che le emozioni, anche quelle estetiche e musicali, siano spiegabili nel contesto della psicologia evoluzionistica e facciano a pieno titolo parte dell’architettura cognitiva umana (Carruthers, 2006; Thagard, 2006), abbiamo illustrato in che modo la RT pu`o essere collegata a teorie musicologiche cognitive come la GTTM (Lerdahl & Jackendoff, 1983; Lerdahl, 2001).

Abbiamo sintetizzato alcune ricerche miranti a studiare la nozione di ri-levanza musicale, intesa come rapporto fra effetto e sforzo di elaborazione. Abbiamo mostrato come l’implementazione di entrambi i concetti si sia valsa di strumenti mutuati dalla GTTM e dai lavori discesi da quelle linea di ricer-ca, e costituisca uno sforzo di comprensione della musica a partire dalla sua forma, in un quadro complessivo di economia cognitiva. Sebbene tali ricerche non siano oggi complete, e sebbene i risultati ottenuti siano preliminari, ci `e parso utile introdurle perch´e mettono in luce due aspetti. In primo luogo le

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emozioni musicali sono un fatto autenticamente trasversale a varie discipline: la modellazione computazionale `e uno dei possibili strumenti di analisi. Ed `

e uno strumento naturalmente votato al dialogo con ipotesi psicologiche e le-gate a teorie filosofiche a monte, e con la psicologia sperimentale per il design dei task sperimentali e l’analisi dei risultati a valle. Inoltre difficilmente le emozioni musicali possono essere analizzate direttamente, associando musica in input e emozione in output, perch´e intervengono troppe variabili nasco-ste (l’effetto musicale potrebbe essere pensato in questi termini). Questa complessit`a ineliminabile ci pare chiamare nuovamente in causa sia la forma musicale, sia una teoria pi`u ampia della cognizione umana.

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