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VALUTAZIONE DEL DANNO ENDOTELIALE CORNEALE DOPO CHIRURGIA VITREO-RETINICA DEL DISTACCO DI RETINA: CONFRONTO TRA DIFFERENTI TAMPONANTI

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare

e dell'area critica

Corso di laurea in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Specialistica:

Valutazione del danno endoteliale corneale dopo chirurgia vitreo-retinica del distacco di retina:

confronto tra differenti tamponanti

Candidato: Relatore: Dr.ssa Laura Caterina Mancuso Prof. Marco Nardi

Dr. Gianluca Guidi

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“Volete sapere la verità? Per essere dei bravi medici potete scommettere che avrete dei guai, un sacco,

perché i pazienti sono stupidi, e molto spaventati. Vogliono essere tenuti per mano. Dovete farlo. Altri hanno bisogno di calci in culo, ed è vostro dovere darglieli. Ma alla fine si tratta soprattutto di capire

se avete o no il fegato di dire quello che ritenete in cuor vostro necessario dire.”

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Indice

1. Riassunto……….4

2. Introduzione………..5

2.1. Cornea ed endotelio corneale……….5

2.2. Tossicità endoteliale ………10

2.3. Distacco di retina……….……12

2.4. Classificazione……….……..13

2.5. Epidemiologia……….………14

2.6. Fattori di rischio………14

2.7. Distacco di retina regmatogeno……….15

2.8. Distacco di retina trazionale……….…20

2.9. Distacco di retina essudativo………21

2.10. Diagnosi……….………..22

2.11. Chirurgia del distacco di retina………..….……22

2.12. Mezzi tamponanti……….26

3. Scopo del lavoro……….33

4. Materiali e metodi………...33 5. Risultati………...36 6. Discussione ………...………...………..40 7. Conclusioni……….43 8. Terminologia……….44 9. Bibliografia………..45

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1. Riassunto

L’endotelio corneale è uno strato di cellule poligonali che costituisce lo strato più profondo della cornea. Le cellule endoteliali non hanno capacità rigenerative. L’ integrità e la funzionalità del mosaico endoteliale sono necessarie per mantenere la trasparenza corneale e di conseguenza una adeguata visione.

Diversi insulti possono agire sull’ endotelio corneale provocando depauperamento del numero cellulare o disfunzionalità di quest’ultimo.

È stato dimostrato che i materiali tamponanti che vengono iniettati in camera vitrea nella chirurgia del distacco di retina, e che, in parte riescono a passare in camera anteriore, possano provocare un danno endoteliale.

In questo studio abbiamo monitorato 34 pazienti che sono stati sottoposti ad intervento di vitrectomia via pars plana per distacco di retina con introduzione di differenti tamponanti in camera vitrea presso la clinica Oculistica Universitaria di Pisa dal mese di Ottobre 2017 al mese di Giugno 2018.

L’endotelio corneale di tutti i pazienti è stato studiato con microscopia speculare prima dell’intervento, dopo 3 mesi e dopo 6 mesi da questo.

I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi in base al tamponante utilizzato: olio di silicone 1000, olio di silicone Densiron 68, aria e SF6.

Sono state studiate le modifiche dell’endotelio corneale e confrontate in base ai differenti tamponanti.

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2. Introduzione

2.1 Cornea ed endotelio corneale

La cornea costituisce il sesto anteriore della tunica fibrosa oculare e si continua posteriormente con la sclera. Lo spessore corneale va dai 500 ai 700 µm. Grazie alla sua conformazione concavo-convessa e alle sue caratteristiche di trasparenza, specularità e avascolarità rappresenta un elemento fondamentale del sistema diottrico oculare a cui contribuisce con un potere rifrattivo di circa 45 D.

La cornea è costituita da 5 strati (Fig. 1)

Fig. 1: strati della cornea

 Epitelio: è stratificato, squamoso, non cheratinizzato, di spessore 50-60 µm e formato da 5-7 strati di cellule che poggiano su una membrana basale;

 Membrana di Bowman: è uno strato acellulare dello spessore di 12 µm;

 Stroma: costituisce il 90% dello spessore corneale, è composto principalmente da strati di fibre collagene, lo spazio tra queste è occupato da condroitin solfato e cheratan solfato nel cui contesto sono immersi i cheratociti;

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 Membrana di Descemet: è uno strato acellulare composto da fibrille collagene che formano un reticolato; tra lo stroma e la membrana di Descemet in realtà ci sarebbe un altro sottile strato dello spessore di 15 µm scoperto nel 2013 da Harminger Singh Dua e dalla sua equipe [1];

 Endotelio. (Fig. 2)

Fig. 2: endotelio corneale

L’endotelio è lo strato più profondo della cornea, ha spessore di 5 µm ed è costituito da cellule poligonali (soprattutto esagonali) [2].

Il foglietto endoteliale origina dalla cresta neurale in utero.

Le cellule endoteliali contengono un grande nucleo e numerosi organelli citoplasmatici tra cui mitocondri, reticolo endoplasmatico, ribosomi liberi, apparato del Golgi; questo suggerisce che siano cellule metabolicamente attive.

Queste cellule sono collegate tra loro tramite giunzioni complesse (macula adherens, macula occludens, zonula occludens) e presentano inoltre gap junctions che permettono il passaggio di piccole molecole ed elettroliti, conferendo a questo strato corneale la funzione di barriera per l’umor acqueo e di regolazione dell’idratazione corneale, gestendo il passaggio di acqua, elettroliti e nutrienti sia in maniera passiva, ma anche come pompa ionica attiva.

Alterazioni della funzione di barriera endoteliale, il blocco del meccanismo attivo di trasporto ioni e la riduzione del numero di cellule < 400 CD/mm2 determinano

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alterazioni dell’ idratazione e predispongono alla perdita di trasparenza ed edema corneale (Fig. 3) [3].

Fig. 3: edema corneale

La densità cellulare è variabile, nell’ infanzia il numero si aggira tra le 3500 e 4000 cellule/mm2, ma si riduce fisiologicamente di circa lo 0.6% ogni anno; quindi la

concentrazione delle cellule endoteliali si riduce con l’età [4] [5]. Fisiologicamente la densità cellulare sarà maggiore a livello paracentrale e periferico che non centralmente [6].

Le cellule endoteliali restano bloccate in fase G1 del ciclo cellulare e sono prive di attività mitotica, per cui un insulto a livello dell’endotelio determina una perdita cellulare che viene compensata dall’allargamento delle cellule adiacenti o dalla migrazione delle cellule dalla periferia.

Diverse metodiche ci permettono di studiare l’endotelio corneale:

 Oftalmoscopia, sfruttando il principio della riflettività endoteliale, ponendo la fessura luminosa con un’inclinazione di 30°- 40° gradi e mettendo a fuoco con piccoli movimenti latero-laterali e antero-posteriori possiamo mettere a fuoco l’endotelio corneale, più facile utilizzando ingrandimenti 25X o 40X (Fig. 4). Quando la continuità endoteliale viene a mancare possiamo essere in presenza di difetti endoteliali come guttae, che, se diffuse, conferiscono all’endotelio un aspetto a

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ferro battuto. La prima visualizzazione diretta dell’endotelio corneale fu dimostrata nel 1918 da Vogt [7]; nel 1924 Graves [8] con stesso metodo descrisse la distrofia endoteliale di Fuchs in pazienti anziani.

Fig. 4: Osservazione diretta dell’endotelio corneale con lampada a fessura

 Microscopia speculare, sfrutta la luce riflessa specularmente in cui l’angolo di incidenza è pari a quello di riflessione, questa luce viene catturata dal microscopio speculare che costruisce l’immagine che interessa (Fig.5). Permette la diretta visualizzazione del mosaico endoteliale che in cornee giovani e sane sarà costituito da cellule esagonali simili in dimensioni affiancate tra loro [9] [10] [11].

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Nasce nel 1968 dagli studi di David Maurice [12] [13] che dimostrò come fosse possibile osservare cornee espiantate; modifiche di questo strumento furono fatte più tardi da Laing [14] e poi da Bourne and Kauffman [15] . L’evoluzione è continuata portando a strumenti ad alta risoluzione che calcolano in maniera automatica o semiautomatica la concentrazione cellulare endoteliale, il coefficiente di variazione cellulare e la percentuale di cellule esagonali [16] [17] [18] [19] [20] [21] , e che permettono di fotografare in vivo l’endotelio corneale, trasformandolo quindi in un esame clinico di routine.

Oggi sono disponibili microscopi speculari sia per uso clinico che per le cornee conservate nelle banche degli occhi. Può essere confocale o non-confocale, a contatto o non a contatto (Fig. 6 a e b).

I microscopi speculari analizzano la densità delle cellule endoteliali (ECD, endothelial cell density) misurata in numero di cellule/mm2; l’area cellulare media

(AVG, dimensione cellulare media), la deviazione standard della dimensione cellulare (SD), il polimegatismo (CV, coefficient variation) misurata come deviazione standard dell’area cellulare/area cellulare media; e il pleomorfismo (HEX, coefficiente di esagonalità).

Il coefficiente di variazione in un endotelio normale dovrebbe essere del 32% (SD/AVG %), valori superiori indicano polimegatismo. Il grado di esagonalità in un endotelio normale dovrebbe essere maggiore del 60%, il 40% delle cellule invece sarebbero pentagonali o eptagonali, eccessiva variabilità nell’esagonalità (polimorfismo) conferirebbe minor stabilità all’endotelio corneale.

Alcuni autori hanno proposto il polimegatismo e il polimorfismo come unità di misura dello stress cellulare. Yee e coll. [22] hanno dimostrato come nell’invecchiamento vi sia una riduzione dell’ECD e un aumento del pleomorfismo.

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10 Fig. 6: a) microscopio speculare non a contatto b) microscopio confocale a contatto

2.2. Tossicità endoteliale

Le cellule endoteliali non hanno capacità rigenerative, per cui la perdita delle cellule endoteliali risulta nell’allargamento delle rimanenti cellule adiacenti e nell’espansione di queste per coprire l’area deficitaria (aumento dell’AVG), senza che vi sia un aumento del numero cellulare. Il solo parametro della ECD non è indice della funzionalità endoteliale, infatti anche bassi valori possono correlare con una cornea trasparente. Parametri che correlano meglio con la funzionalità sono il coefficiente di variazione, e il coefficiente di esagonalità [23] [24] [25], che è indice di progressione della guarigione della ferita endoteliale. Un coefficiente di variazione maggiore del 40% e un coefficiente di esagonalità inferiore al 50% incrementano il rischio di edema corneale dopo un intervento chirurgico oculare. Diversi fattori possono causare perdita cellulare: traumi [26] [27] [28], malattie sistemiche tra cui il diabete [29], età [30], razza [30], genere [31], fattori genetici [32], radiazioni ultraviolette [33], utilizzo cronico di lenti a contatto, ipertensione oculare [34], terapia antiglaucomatosa topica [34], alterazioni dell’umor acqueo [34], chirurgia oculare sia del segmento anteriore [28] [35] [36] [37] [38] che posteriore [39] [40] [41] [42].

La perdita cellulare è molto rapida dalla nascita ai primi anni di vita; parte di questa riduzione è dovuta allo stress meccanico della crescita del globo oculare [43]; tende a restare stabile dai 20 ai 50 anni [44] [45].

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Dopo i 60 anni l’ECD si riduce ulteriormente in molte persone, ma c’è una grande variabilità nell’entità della riduzione. In media la riduzione della concentrazione cellulare è di circa lo 0.6% l’anno [46].

L’età correla anche con un più elevato pleomorfismo e polimegatismo [47]. In molti individui l’ECD si riduce (e l’AVG aumenta) con l’età [22] [2] [4].

L’ECD può essere ridotta per la presenza di guttae (Fig. 7), ovvero accumuli focali di collagene sulla superficie posteriore della membrana di Descemet prodotti dall’endotelio disfunzionale che improntano le cellule endoteliali che vanno quindi incontro a fenomeni di apoptosi; le guttae si vedono facilmente con la microscopia speculare e l’incidenza di queste aumenta considerevolmente con l’età.

Se le escrescenze della Descemet aumentano di numero e si ritrovano a contatto le une con le altre possono rendere difficoltoso il riconoscimento dell’endotelio corneale, conferendo alla cornea all’esame con lampada a fessura un aspetto a ferro battuto. La presenza di queste lacune endoteliali predispone inoltre a scompenso endoteliale, soprattutto dopo chirurgia oculare.

Fig 7. Aspetto al microscopio speculare di endotelio sano e non.

Le guttae corneali si possono riscontrare inoltre in alcune patologie corneali come la distrofia endoteliale di Fuchs (Fig. 8), simili alterazioni endoteliali possono riscontrarsi nella distrofia polimorfa posteriore e nelle sindromi ICE.

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12 Fig. 8 Distrofia endoteliale corneale di Fuchs. Immagine acquisita con microscopia

confocale.

2.3 Distacco di retina

Il distacco di retina è la separazione della retina neurosensoriale dall’epitelio pigmentato retinico [48], provocata dal venir meno delle forze che tengono questi due strati adesi e dall’accumulo di fluido tra i due (Fig. 9).

La retina neurosensoriale e l’epitelio pigmentato retinico sono strettamente adesi tra loro solo a livello del disco ottico, della macula e dell’ora serrata; per la rimanente porzione sono giustapposte e tenute a contatto dall’effetto pompa dell’EPR. Questo foglietto oltre a fornire nutrimento e dare supporto al neuroepitelio drena costantemente il fluido che si forma tra i due strati, mantenendo questo spazio virtuale in condizioni fisiologiche.

Quando si altera questo equilibrio e si accumula eccessiva quantità di fluido questo spazio virtuale diventa reale e si realizza il distacco di retina.

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13 Fig. 9: distacco di retina, sollevamento retinico nel settore temporale.

2.4. Classificazione

Esistono 4 tipi di distacchi retinici (Fig. 10) in base alla patogenesi:

 Regmatogeno, dal greco “rhegma” che significa rottura, si verifica una soluzione di continuo a tutto spessore del neuroepitelio, che permette al fluido di insinuarsi al di sotto del neuroepitelio;

 Trazionale, si verifica a causa di trazioni centripete derivanti dalla contrazione di membrane vitreo-retiniche in assenza di lacerazioni;

 Essudativo, è un distacco di retina secondario all’essudazione di fluido dall’epitelio neurosensoriale, coroideale o da entrambi;

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14 Fig. 10 Raffigurazione dei vari tipi di distacco di retina.

2.5. Epidemiologia

Ha un’incidenza di 1:10000 abitanti per anno, senza predisposizione di sesso (anche se uno studio ha dimostrato una maggior prevalenza nel sesso maschile [49]) e, nel 10% dei casi può essere bilaterale (il rischio a 5 anni di DR nell’occhio controlaterale è del 23% [50]).

2.6. Fattori di rischio

Fattori di rischio sono la miopia [51], l’età maggiore di 50 anni, pregressi interventi chirurgici oculari (la pseudofachia chirurgica può essere considerata un fattore di rischio a causa delle modifiche a livello dei legamenti ialoido-capsulari [52], l’incidenza post-intervento per cataratta è stata stimata essere dell’1.79% [53]), traumi bulbari, glaucoma (soprattutto la forma pigmentaria), retiniti infettive [54], disordini vitreoretinici ereditari (Es. Sindrome di Stickler [55], sindrome di Marshall, sindrome di Wagner, sindrome di Marfan, sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Knobloch), lesioni retiniche predisponenti (degenerazioni a lattice, cisti vitreo-retiniche) [56].

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2.7. Distacco di retina regmatogeno

Il riscontro di rotture asintomatiche nel 5% della popolazione generale, in assenza di distacco di retina regmatogeno mostra come le rotture retiniche da sole non siano in grado di spiegare l’insorgenza di questo.

Per realizzarsi necessita infatti anche di vitreo colliquato [57].

Il vitreo è un gel costituito per il 98% da acqua e per il 2% da macromolecole strutturali [58] [59] con volume medio di 4 ml; è attaccato alla membrana limitante interna attraverso la corteccia vitreale tramite molecole di adesione [60] quali fibronectina, laminina e altri componenti [61] [62].

Il distacco posteriore del vitreo è un evento parafisiologico che consiste nella liquefazione del gel vitreale e nell’indebolimento delle adesioni vitreo-retiniche. Questo processo si completa in maniera non patologica in molti occhi. Anomalie nel processo del distacco posteriore del vitreo si avranno in presenza di adesioni vitreoretiniche anomale.

Le rotture possono essere:

 A lembo o a ferro di cavallo (Fig. 11 a), l’apice del lembo è spesso tirato verso la cavità vitreale;

 Fori retinici, che possono essere lamellari, atrofici (Fig. 11 b), con opercolo (Fig. 11

c); i lamellari non si associano a distacco di retina non essendo a tutto spessore, gli

atrofici si sviluppano lentamente e talvolta possono associarsi a distacco, quelli con opercolo si associano a DPV e possono associarsi a distacco di retina;

 Dialisi retiniche (Fig. 11 d), soluzioni di continuo lineari localizzate in prossimità dell’ora serrata, tipiche di giovani di sesso maschile, spesso bilaterali e post-traumatiche [63] [64] [65] [66], evolvono lentamente (nell’arco di anni a volte) e non si associano a DPV, tipiche dei pugili;

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 Rotture giganti (Fig. 11 e), si estendono per 90° o più, spesso derivano dell’estensione di dialisi retiniche, nel 70% sono idiopatiche, nel 20% legate a traumi, associate ad aree degenerative nel 10% dei casi.

Fig. 11 a) rottura a lembo b) fori retinici atrofici c) foro con opercolo d) dialisi

retinica e) rottura gigante.

In base alla localizzazione del distacco si può stabilire, qualora non evidenziabile, la localizzazione della rottura retinica tramite la legge di Lincoff [67] che afferma che il liquido sottoretinico diffonde per gravità e l’estensione del distacco è delimitata dai limiti anatomici dell’ora serrata e del disco ottico, dove i due foglietti non possono separarsi. I sintomi avvertiti dal paziente saranno fotopsie (che non correlano con la posizione del distacco), miodesopsie (che correlano con la posizione del distacco), fino alla percezione di uno scotoma nel campo visivo che potrà infine provocare una marcata riduzione dell’acuità visiva. Obiettivamente si potrà riscontrare all’interno del gel vitreale la “polvere di tabacco” che è un segno patognomonico di rottura retinica in quanto determinato dal passaggio di cellule dell’EPR in camera vitrea (segno di Schaffer); una modesta uveite anteriore; leucocoria qualora si tratti di un distacco di retina esteso; difetto pupillare afferente con pupilla in media midriasi e riflesso fotomotore diretto torpido; ipotonia relativa o assoluta per coinvolgimento

a b c

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del corpo ciliare; talvolta emovitreo che non permette di visualizzare dettagliatamente il fondo oculare per cui si renderà necessaria l’ecografia oculare B-scan (Fig.12).

Fig. 12 ecografia oculare B-scan che mostra distacco di retina. All’ecografia dinamica

si osserverà fenomeno di post-movimento.

Il distacco di retina regmatogeno di vecchia data rimasto localizzato, come accade più frequentemente nei settori inferiori, può presentare alterazioni come linee di demarcazione sottoretiniche pigmentate che indicano un segno di autodelimitazione cicatriziale del distacco, assottigliamento retinico, presenza di cisti intraretiniche o fibrosi sottoretiniche; nella maggior parte dei casi tende a diventare totale, si associa a uveite cronica, cataratta secondaria, marcata ipotonia bulbare e infine tisi.

La vitreoretinopatia proliferativa si caratterizza per la formazione di membrane epiretiniche e sottoretiniche che causano trazioni tangenziali con accorciamento, rigidità e conseguente distacco di retina trazionale [68]. Può verificarsi dopo un distacco di retina regmatogeno [69], di rado in seguito a chirurgia oculare o come causa primaria di un distacco. La vitreoretinopatia proliferativa rappresenta la causa più comune di recidiva di distacco di retina dopo chirurgia [70].

Si verifica in seguito a migrazione e metaplasia delle cellule dell’EPR che attraversano la rottura dopo aver invaso il vitreo.

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La vitreoretinopatia può portare alla formazione di pigmento sulla superficie retinica, arrotondamento dei margini delle rotture, aspetto plissettato e distorsione dei vasi fino a un distacco retinico totale con aspetto a imbuto. Può essere classificata in vari gradi in base alla gravità [71].

Nel 60% dei casi le rotture periferiche si localizzano a livello di aree di degenerazione retinica.

Le degenerazioni retiniche che possono predisporre al distacco di retina sono:

 Degenerazione a lattice (Fig. 13 a), si ritrova nel 6-20% della popolazione generale, più frequente in occhi miopi, bilaterale nel 60% dei casi e localizzata di solito tra l’equatore e l’ora serrata, è un’area ovalare di atrofia retinica costituita da strie biancastre e alterazioni dell’EPR, il vitreo è fortemente adeso ai margini della lesione e colliquato al di sopra. L’incidenza di insorgenza del distacco di retina in pazienti con degenerazione a lattice e miopia >-5D nell’arco della vita è del 35.9% e con miopia tra 1D e 3D del 5.3% [72] [73].

 Degenerazione a bava di lumaca (Fig. 13 b), si riscontra nella regione equatoriale e pre-equatoriale, tende ad essere bilaterale e simmetrica ed è costituita da numerosi puntini bianchi rifrangenti, è presente adesione vitreale ai margini della lesione, nel 20-30% dei casi può complicarsi con rottura in seguito a DPV.

 Aderenze paravascolari, soprattutto a livello di incroci artero-venosi nei settori supero-temporali, durante il DPV possono verificarsi rotture che coinvolgono anche i vasi con conseguente emovitreo.

 Retinoschisi acquisita (Fig. 13 c), è una degenerazione la cui prevalenza è stata riportata essere del 3.9% nella popolazione generale [74] e che si caratterizza per lo slaminamento degli strati retinici, si osserva nel 5% della popolazione oltre i 40-50 anni di età, soprattutto ipermetropi, può essere bilaterale e si localizza preferenzialmente nei settori infero-temporali, il vitreo al di sopra della schisi è

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normale, i due foglietti sono uno interno vitreale e uno esterno coroideale, si può parlare di retinoschisi piana quando la separazione avviene a livello dello strato plessiforme esterno e di retinoschisi bollosa quando la separazione avviene a livello dello strato delle fibre nervose; può complicarsi con distacco di retina nel 3-6% dei casi.

 Bianco con pressione o senza pressione (Fig. 13 d), lesioni con aspetto bianco-grigiastro traslucido, le prime degenerazioni si vedono solo dopo indentazione sclerale, si associano a rotture retiniche giganti.

Fig. 13 a) degenerazione a lattice, b) degenerazione a bava di lumaca c) retinoschisi d) bianco senza pressione.

Le degenerazioni retiniche, così anche rotture presenti nel loro contesto possono essere trattate con fotocoagulazione laser o con crioterapia transclerale.

Il trattamento profilattico delle degenerazioni retiniche periferiche tuttavia va valutato da caso a caso; in quanto la maggior parte delle aree degenerative non necessitano di trattamento [56]; ad esempio il riscontro di un distacco posteriore

a b

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del vitreo è un fattore protettivo che quindi renderebbe superfluo e non indicato il trattamento delle degenerazioni; diverso è il caso di aree di degenerazione in paziente con vitreo ancora aderente, età maggiore di 50 anni e con pregresso distacco di retina nell’occhio adelfo.

2.8. Distacco di retina trazionale

Il distacco di retina trazionale è dovuto a forze centripete che trazionano la retina in assenza di soluzioni di continuo del neuroepitelio.

Le cause più frequenti di distacco di retina trazionale sono le malattie vasoproliferative, principalmente la retinopatia diabetica proliferante [75] e la retinopatia del prematuro, condizioni in cui si verifica un’ischemia retinica che stimola la proliferazione di VEGF che vengono rilasciati nel corpo vitreo e che determinano una proliferazione fibrovascolare che potrà successivamente scollare la retina dall’EPR.

In questo tipo di distacco di retina non si avranno sintomi quali fotopsie o miodesopsie, ma soltanto uno scotoma nel campo visivo che si accrescerà lentamente e talvolta resterà stazionario per mesi.

L’aspetto del distacco sarà concavo, con ridotta mobilità retinica e senza movimenti del fluido sottoretinico (Fig. 14).

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21 Fig. 14 Distacco di retina trazionale provocato da retinopatia diabetica proliferante.

2.9. Distacco di retina essudativo

Il distacco di retina essudativo è invece provocato da un’essudazione sottoretinica determinata da malattie degenerative, infiammatorie tipo uveiti posteriori (Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada) o neoplastiche (melanomi coroideali, emangiomi e metastasi) [76] [77] [78] [79] [80] a carico della retina e dell’uvea. L’aspetto del distacco di retina in questo caso sarà convesso, la retina sarà mobile e il fluido sottoretinico sarà distribuito secondo gravità (Fig. 15).

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22 Fig. 15 Distacco di retina essudativo causato da essudazione linfomatosa.

2.10. Diagnosi

La diagnosi del distacco di retina si basa su un’accurata anamnesi, una visita oculistica completa di esame dell’acuità visiva e sull’oftalmoscopia che permette di visualizzare direttamente il distacco di retina e i segni ad esso correlati.

La tomografia a coerenza ottica (OCT) può mostrare la presenza di fluido subretinico subclinico.

Talvolta, l’opacità dei mezzi diottrici (cataratta avanzata, emorragia o torbidità vitreale) non consentono la diagnosi all’esame oftalmoscopico; in questo caso sarà fondamentale l’esame ecografico [81].

2.11. Chirurgia del distacco di retina

La terapia del distacco di retina è chirurgica.

Lo scopo della chirurgia è quello di appianare la retina facendo defluire il fluido subretinico e ostacolando l’ulteriore passaggio di fluido in questo spazio, tramite il rilascio delle trazioni vitreo-retiniche e il tamponamento delle rotture, creando un’adesione corioretinica definitiva in corrispondenza dei margini delle rotture (tramite fotocoagulazione o crioterapia).

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Disponiamo di due approcci:

 Ab externo, ovvero la chirurgia episclerale; consiste nel fissaggio alla sclera di un piombaggio sclerale che allenta le trazioni vitreo-retiniche (Fig. 16).

Permette l’accostamento della neuroretina all’epitelio pigmentato retinico, poi si effettua fotocoagulazione o crioterapia in sede di rottura/e, e, talvolta può essere necessario anche un drenaggio di fluido sottoretinico mediante una puntura evacuativa. Questo tipo di chirurgia è da prediligere qualora sia possibile, in quanto mantiene le fisiologiche strutture oculari (ovvero il fisiologico tamponante vitreale), ha minore invasività, grava di minor numero di complicanze [82], ha un più rapido recupero funzionale e costi limitati. Si predilige soprattutto in pazienti giovani, con vitreo aderente, senza opacità del cristallino, con singola rottura o rotture nei settori inferiori o rotture multiple lungo lo stesso meridiano.

Fig. 16 Posizionamento di piombaggio sclerale circonferenziale nella chirurgia

episclerale

 Ab interno, ovvero l’intervento chirurgico di vitrectomia via pars plana. Consiste nell’entrare all’interno del bulbo oculare, nel rimuovere direttamente le trazioni vitreo-retiniche e trattare le rotture retiniche. È l’approccio preferibile in caso di difficoltà di osservazione della retina, di presenza di proliferazione vitreo-retinica, di distacchi di retina combinati regmatogeno-trazionali, di paziente già precedentemente vitrectomizzato, di rotture multiple localizzate su più di un quadrante, di rotture giganti e di pazienti pseudofachici/afachici [83].

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Altra opzione terapeutica è la retinopessia pneumatica che consiste nell’iniettare aria sterile in camera vitrea e posizionare il paziente in modo tale che l’aria tamponi la rottura, può essere associata a fotocoagulazione laser o a crioterapia.

La percentuale di successo anatomico dopo un singolo intervento è di circa il 77% per la retinopessia pneumatica, dell’89% per la chirurgia episclerale e del 92% per la vitrectomia via pars plana.

Tutte le procedure sono gravate da una certa percentuale di complicanze: il fallimento dell’intervento che provoca una eventuale recidiva, pucker maculare [84] [85], edema maculare cistoide [70], endoftalmite [86] [87], occlusione vascolare e ischemia del segmento anteriore (riportati nel piombaggio sclerale), glaucoma, dislocazione della lente impiantata, ptosi, emorragia coroideale, aumento della miopia, strabismo e diplopia (possibili complicanze della chirurgia episclerale). Tuttavia la scelta chirurgica tra i diversi approcci non è facile [88], va fatta in base al singolo caso del paziente[89] e dipende soprattutto dall’esperienza del chirurgo [90].

In questo studio abbiamo seguito pazienti che sono stati sottoposti ad intervento di vitrectomia via pars plana per distacco di retina.

Per effettuare un intervento di vitrectomia saranno necessari alcuni strumenti:

• vitrectomo, ha una ghigliottina interna tagliente che oscilla migliaia di volte al minuto, tagliando il gel vitreale in piccoli pezzi e rimuovendolo contemporaneamente per suzione in una cassetta di raccolta. Sempre più spesso si utilizzano vitrectomi ad alta velocità che provocano tra l'altro una minore trazione sull'interfaccia vitreo vitreo-retinica.

• Sorgente di illuminazione intraoculare, è una sonda a fibre ottiche con sorgente luminosa di 80-150W. Esistono inoltre rendendo disponibili sorgenti luminose alogene a elevata intensità, che possono essere inserite mediante una cannula isolata attraverso una quarta via. Questo permette al chirurgo di condurre un intervento a due mani.

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• Cannula di infusione, ha di solito lunghezza intraoculare di 4 mm, anche se in circostanze particolari può esserne richiesta una di 6 mm.

• Strumentazione di ausilio, include forbici e pinze, aghini per asportare le membrane, sistemi endodiatermici e endolaser, fibra ottica luminosa accessoria.

• Sistemi di visione ad ampio angolo, sono formati da lenti indirette dietro il microscopio operatorio e una serie di prismi che reinvertono l'immagine.

La tecnica di base della vitrectomia via pars plana (Fig. 17 a e b) consiste nell’effettuare sclerotomie che possono essere di diverso calibro (20G-23G-25G-27G), una sclerotomia servirà per l’inserimento di una cannula di infusione che viene assicurata alla sclera 3,5 mm in occhi pseudofachici e 4 mm in occhi fachici, si eseguono altre tre sclerotomie, due per fonti di illuminazione, una per il vitrectomo. Si rimuovono il gel vitreale centrale e la membrana ialoidea posteriore, si procede con una vitrectomia estesa, il raschiamento della base del vitreo riduce il rischio nel postoperatorio di rotture e recidive di distacchi retinici. Si rimuovono eventuali trazioni retiniche, si può effettuare eventualmente anche il peeling della membrana limitante interna, si effettua fotocoagulazione in sede di rottura o rotture e si tampona la retina con un mezzo tamponante.

La vitrectomia può essere combinata alla chirurgia della cataratta, in USA la tendenza è quella di una chirurgia sequenziale, diversamente dall’ Europa e del Canada in cui i chirurghi prediligono associare i due tipi di chirurgia [91] [92] [93] [94] [95] [96]. Non sono state riscontrate differenze significative nella riduzione del numero della densità di cellule endoteliali tra intervento di vitrectomia eseguito da solo o in modo combinato [97].

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26 Fig. 17 a) Vitrectomia VPP con 4 sclerotomie, b) rimozione trazioni vitreo-retiniche.

2.12. Mezzi tamponanti

I mezzi tamponanti sono dei biomaterali usati nella chirurgia vitreoretinica, che servono per sostituire il vitreo e tamponare stabilmente la retina evitando che le correnti fluide infiltrino e tengano separata la retina dall’EPR.

Il sostituto perfetto sarebbe la riproduzione del corpo vitreo con acido ialuronico, fibre collagene ed elettroliti [98], ma questo potrebbe essere un risvolto futuro.

Esistono 3 classi di tamponanti:

1. Tamponati temporanei, generalmente fluidi che vengono utilizzati come

tamponanti durante l’intervento (BSS, BSS plus),

2. Tamponanti temporanei utilizzati dal chirurgo come aiuto in alcune fasi

dell’intervento e rimosse prima della fine dell’intervento (Aria ambiente filtrata, perfluorocarbonati),

3. Tamponanti che vengono lasciati dopo l’intervento e che possono riassorbirsi da sé

come i gas (aria, SF6, C3F8) o vanno rimossi chirurgicamente con un secondo intervento (oli di silicone).

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I fluidi appartenenti alla prima classe hanno lo scopo di mantenere la tonicità del bulbo oculare, tra queste rientrano la soluzione ringer (soluzione acquosa con cloruro di K-Na-Ca), soluzione citrato-bilanciata (BSS), soluzione bicarbonato-bilanciata (BSS plus, costituita da BSS + destrosio e glucagone); se vengono lasciati in camera vitrea dopo l’intervento vengono sostituiti in poche ore.

I liquidi pesanti, i perfluorocarbonati (C10F18, C8F18, C14F24) hanno un elevato peso pertanto, in camera vitrea assumono posizione declive.

Questi furono utilizzati inizialmente come sostituti del sangue e trasportatori di ossigeno in topi [99]. Nell'uomo furono utilizzati per apportare ossigeno al tessuto miocardico ischemico, e, nel 1982 per la prima volta, grazie ad Haidt come sostituti del vitreo.

I gas sono espandibili: SF6 raddoppia il proprio volume se utilizzato alla concentrazione del 100% e dura 10-14 giorni, C2F6, triplica il proprio volume alla concentrazione del 100% e dura 30-35 giorni, C3F8, quadruplica il proprio volume alla concentrazione del 100% e dura 55-65 giorni.

Gli oli di silicone, furono introdotti per la prima volta negli anni '60 [100], hanno un basso peso specifico e pertanto galleggiano. Possono essere utilizzati per un prolungato tamponamento postoperatorio.

L'olio di silicone viene utilizzato per favorire viaggi aerei dopo la chirurgia, per assicurare un tamponamento prolungato, e soprattutto in casi di recidiva.

Rispetto ai gas ha lo svantaggio della necessità di un secondo intervento per la rimozione. Per quanto riguarda i distacchi di retina associati a fori maculari miopici, il tamponamento con agenti pesanti, quali appunto oli di silicone sembra dare migliori risultati [101].

Con l'avvento della vitrectomia, l'uso dei gas intraoculari è divenuto indispensabile, una varietà di prodotti è stata investigata [102] [103] [104] [105] [106]. Furono utilizzati gas come sostituti vitreali per la prima volta negli anni '50 - '70 [107] [108]. Lo Xenon è stato utilizzato storicamente per la brevissima longevità. Il primo ad essere utilizzato fu l'aria per diversi motivi, tra cui: che la pressione intraoculare è ristorata dopo l'intervento, che la tensione superficiale dell'aria che mantiene la

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retina appiattita e attaccata, perché non è espandibile e perché è possibile viaggiare dopo l'operazione.

Il tipo di gas viene preferito in base alla necessità della durata della bolla di gas in camera vitrea per realizzare l'adesione corio-retinica.

I gas hanno differenti proprietà:

 disponibilità (prontamente disponibile, economico),

 biocompatibilità e sicurezza (non tossico, inodore, incolore, infiammabile, non causa opacità alle lenti),

 espansibilità e longevità (solubilità in acqua),  stabilità se mischiato con aria.

I gas espansibili possono essere miscelati con i non espansibili, quali l'aria, in diverse proporzioni per ridurre la loro espansibilità [109] [110].

Le precise funzioni dei gas tamponanti sono:

 Provvedere al tamponamento interno, grazie alla tensione superficiale della bolla, che può variare notevolmente in volume, una piccola bolla assume forma circolare quando iniettata.

 Appiattire la retina piegata, la tensione superficiale e la forza di galleggiamento possono spiegare la retina; questo è importante in quanto se queste pieghe sono presenti sulla macula il paziente sarà molto sintomatico e percepirà delle distorsioni visive [111].

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 Permettere la visualizzazione post-operatoria del fondo oculare, anche se l'operatore deve porsi più in basso del paziente per guardare al di sotto della superficie della bolla.

 Sostituire il volume del globo oculare.  Ridurre le correnti intraoculari.

Quando un gas espansibile è iniettato in cavità oculare va incontro a 3 fasi (Fig. 18):

1. Espansione. A causa della bassa solubilità in acqua i gas si espandono una volta iniettati, ciò avviene più velocemente nelle prime 6-8 ore. Questo implica un aumento della pressione intraoculare se la fuoriuscita non riesce a compensare il rapido aumento di volume. Una volta che la bolla raggiunge le sue massime dimensioni raggiunge l'equilibrio.

2. Equilibrio. Questo viene raggiunto per SF6 dopo 1-2 giorni dall'iniezione, per C3F8 dopo 3-4 giorni [112].

3. Dissoluzione. La durata di questa fase è variabile a seconda del gas, dipende dalla solubilità ed è la più lunga tra le tre. Per il C3F8 dura alcuni giorni. Il volume del gas diminuisce ed è sostituito da fluido. Perché il tamponamento sia efficace è necessario che le dimensioni della bolla siano almeno del 50%. Se è più piccola del 50% o si frammenta in tante piccole bolle, il tamponamento interno è inefficace, anche se rimane per un lungo tempo.

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30 Fig. 18 fasi del gas dopo l’iniezione in camera vitrea.

Il tempo impiegato per il completo riassorbimento della bolla dipende da molti fattori, quali lo stato delle lenti, il turn over dell'umor acqueo, la presenza del vitreo o di membrane peri-retiniche, il flusso sanguigno oculare, e l'elasticità oculare. L'emivita di C3F8 e di SF6 dovrebbe essere più del doppio in occhi fachici vitrectomizzati, che in occhi afachici vitrectomizzati [113].

Durante l'anestesia il gas anestetico inalato può interferire con il volume di gas intraoculare, infatti N2O è più solubile in acqua di SF6, per cui diffonde velocemente dal compartimento fluido alla bolla intraoculare.

Per questo motivo una bolla di SF6, in un paziente sotto anestesia con N2O può triplicare il suo volume e raggiungere dopo 15-20 minuti una pressione intraoculare massima, che tenderà a diminuire attraverso la ventilazione.

Per questo motivo, in tal caso, l'anestesia andrebbe interrotta 15 minuti prima dell'iniezione del gas. Una particolare attenzione va data a quei pazienti sottoposti ad altro tipo di interventi chirurgici con presenza di gas nell'occhio, in quanto sono state riportate gravi perdite visive in seguito a occlusione dell'arteria centrale della retina e ischemia coroideale [114] [115].

Se nel paziente operato avviene una variazione di altitudine, potrebbero avvenire cambiamenti significativi nelle dimensioni della bolla. Ciò riguarda soprattutto pazienti che dopo breve tempo dall'intervento prendono l'aereo, e l'altezza di 8000 piedi provoca un aumento della pressione intraoculare, a seguito della rapida espansione del gas [116]. Questi pazienti accuseranno un dolore acuto oculare in seguito ad occlusione dell'arteria centrale della retina [117].

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Studi animali sembrano dimostrare che esiste un volume sicuro per i viaggi aerei, anche se questo studio non è accettato da tutti i chirurghi oftalmici.

Infine anche nei subacquei può esservi un aumento della pressione intraoculare, in quanto il gas in tali condizioni può interferire con l'inalazione di ossigeno.

Il PDMS o polydimethilsiloxane (Fig. 19) è un liquido oleoso ad elevata viscosità che appartiene alla casse 3 dei tamponanti e che è destinato a rimanere in camera vitrea oltre 30 giorni. Fu utilizzato per la prima volta come tamponante oculare nel 1960 da Cibis , poi nel 1962 da Armaly [118] e successivamente è stato ampiamente diffuso.

Le caratteristiche degli oli sono:

 Densità,  Solubilità in acqua,  Indice di rifrazione,  Viscosità,  Peso specifico,  Tensione superficiale.

Esistono diversi tipi che si distinguono in “heavy silicon” (FSiO=olio di silicone fluorinato, PFCLs=perfluorocarbonati, SFAs=alcani semifluorinati) and “light silicone” (Oxane).

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32 Fig. 19 Caratteristiche degli oli di silicone Siluron 1000,2000, 5000, Xtra.

Dopo un intervento chirurgico per distacco di retina è necessario che il paziente assuma nei primi giorni post-operatori la “face-down position”, che permette al mezzo di tamponante di far aderire la neuroretina all’epitelio pigmentato retinico e di far quindi riassorbire il fluido subretinico residuo [119] (Fig. 20).

Fig. 20 Dispositivi che aiutano nel mantenimento della posizione “face-down”

Gli oli di silicone possono provocare diversi effetti avversi a livello oculare per la tendenza ad emulsificare (ovvero l’incapacità delle bolle di silicone di unirsi a formare un’unica bolla più grande), e questo vale soprattutto per gli oli a basso peso molecolare [120].

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Le complicanze possono interessare tutti i tessuti oculari, in particolare sono stati riportati scompenso corneale, cambiamento di pressione oculare sia acuto che cronico, cheratopatia a bandelletta, opacità lenticolare, membrana epiretinica, neuropatia ottica ed estensione extraoculare [121].

Il glaucoma secondario è dovuto all’ostruzione diretta del trabecolato da parte delle goccioline di PMDS emulsificato o per via dell’infiammazione che questo provoca in camera anteriore [122]; questa complicanza si verifica dall’11 % al 56% dei casi [123] [124] [125]; in alcuni casi la IOP si normalizza dopo la rimozione dell’olio [126], a volte persiste nonostante rimozione [127].

Infine può provocare diverse complicanze corneali.

3. Scopo del lavoro

Lo scopo di questo studio è quello di valutare le modifiche dei parametri corneali endoteliali dopo l’intervento di vitrectomia via pars plana per distacco di retina e confrontare le eventuali differenze in base al tamponante utilizzato.

4. Materiali e metodi

In questo lavoro abbiamo valutato 34 pazienti che sono stati sottoposti a intervento di vitrectomia VPP per distacco di retina presso la clinica Oculistica Universitaria Pisana dal mese di Ottobre 2017 al mese di Giugno 2018.

Tutti i pazienti sono stati operati da 2 esperti chirurghi vitreo-retinici (G.G. e G.C.) eseguendo previa esecuzione di anestesia locale, la vitrectomia è stata eseguita con 4 vie del calibro di 23G o di 25G, i tamponanti temporanei utilizzati per tutti i pazienti sono stati il PFCL, l’aria sterile e il BSS, tutti i pazienti sono stati sottoposti a fotocoagulazione laser in sede di rottura/e, una goccia di BSS è stata applicata sulla cornea del paziente ogni 60 secondi circa per prevenire il danno corneale epiteliale, i pazienti operati con calibro 25G non hanno necessitato di sutura delle sclerotomie, contrariamente a quelli operati con calibro 23G a cui sono state applicate suture in

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sede delle sclerotomie con Vycril 7-0; post-operatoriamente tutti i pazienti hanno assunto terapia locale con combinazione fissa antibiotico-cortisonica (netilmicina-desametasone o cloramfenicolo-betametasone) per 5 volte al giorno a scalare di una goccia ogni 3 giorni per la durata di 30 giorni.

Nessun paziente ha sviluppato complicanze intra o post-operatorie, non sono state osservate nel periodo di follow-up bolle di silicone in camera anteriore, ipertoni oculari nel periodo di follow-up né recidive di distacco di retina.

I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi in base al tamponante utilizzato:

 Gruppo 1, costituito da 14 pazienti che sono stati tamponati con Olio di silicone 1000,

 Gruppo 2, costituito da 3 pazienti tamponati con Olio di silicone Densiron 68,  Gruppo 3, costituito da 12 pazienti tamponati con Aria,

 Gruppo 4, costituito da 5 pazienti tamponati con SF6 20%.

Tutti i pazienti inclusi nello studio erano pseudofachici (con intervento chirurgico per cataratta eseguito almeno 6 mesi prima dell’intervento per distacco di retina). Tutti i pazienti pre-operatoriamente sono stati sottoposti a visita oculistica completa con esame dell’acuità visiva, biomicroscopia alla lampada a fessura, tonometria ad applanazione con tonometro di Goldmann, fundoscopia e microscopia speculare con Tomey EM-3000.

Criteri di esclusione dallo studio sono stati: pregressi interventi chirurgici (eccetto chirurgia della cataratta), strabismo, pregresse anomalie corneali, storia di glaucoma, di uveiti pregresse o di pregressi traumi oculari.

L’acquisizione con microscopia speculare è stata eseguita sempre dagli stessi due tecnici, al tempo 0 (prima dell’intervento), al tempo 1 (dopo 3 mesi ± 1 mese) e al tempo 2 (dopo 6 mesi ± 1 mese); ed è stata effettuata per 3 volte consecutive per

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poter calcolare la media dei parametri acquisiti nelle 3 diverse scansioni e ridurre l’errore, i parametri valutati sono stati: ECD (cellule/mm2), AVG (µm 2), CV (%), HEX

(%). Il parametro CV è stato considerato indice del polimegatismo e il parametro HEX del pleomorfismo cellulare. I pazienti tamponati con olio di silicone 1000 e olio di silicone Densiron68 sono stati sottoposti ad intervento di rimozione dell’olio dopo 1-3 mesi dall’intervento per distacco di retina. I valori mediani dei parametri analizzati nei vari tempi sono riassunti nelle tabelle sottostanti.

ECD Generale Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4

Tempo 0 2277.5 2279.0 2324.0 2302.0 2222.0

Tempo 1 2272.0 2284.5 2289.0 2269.5 2203.0

Tempo 2 2208.0 2202.5 2285.0 2258.5 2201.0

Tab.1) Mediana dei valori ECD nei vari tempi (CD/mm2).

AVG Generale Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4

Tempo 0 402.5 391.0 400.0 445.5 427.0

Tempo 1 409.5 402.0 409.0 450.5 430.0

Tempo 2 423.0 416.5 425.0 449.5 430.0

Tab.2) Mediana dei valori di AVG nei vari tempi (µm2).

CV Generale Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4

Tempo 0 44.0 41.5 54.0 55.5 40.0

Tempo 1 43.0 44.5 36.0 47.5 41.0

Tempo 2 40.5 44.5 40.0 41.0 37.0

Tab.3) Mediana dei valori di CV nei vari tempi (%).

HEX Generale Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4

Tempo 0 46.5 54.5 25.0 39.0 41.0

Tempo 1 45.0 49.5 47.0 43.5 35.0

Tempo 2 41.5 48.0 40.0 38.0 34.0

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Dopo aver osservato che i dati raccolti non seguivano una distribuzione normale (valutata con il test di Shapiro-Wilk) sono stati utilizzati test non parametrici.

In dettaglio per i confronti tra due gruppi è stato utilizzato il test U di Mann-Whitney; per i confronti a più gruppi invece il test di Kruskal-Wallis ed il test di Dunn con la correzione di Benjamini-Hochberg per comparazioni multiple.

Infine per valutare l’eventuale correlazione dell’età con i parametri in analisi è stata utilizzata la correlazione di Spearman.

Tutte le analisi statistiche sono state effettuate con il software R ( www.R-project.org).

5. Risultati

L’età mediana nei 4 gruppi di pazienti è di 61.5 anni (range 29-88 anni), non è stata riscontrata differenza significativa dell’età tra i vari gruppi.

Anche i parametri ECD, AVG, CV, HEX non hanno dimostrato al tempo 0 significativa differenza tra i vari gruppi.

In generale l’analisi statistica ha dimostrato:

 una riduzione significativa dei parametri ECD tra il tempo 0 e il tempo 1 (P =0.0004), tra il tempo 1 e il tempo 2 (P<0.0001), tra il tempo 0 e il tempo 2 (P<0.0001),

 un aumento statisticamente significativo del valore di AVG tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0026), tra il tempo 1 e il tempo 2 (0.0002), e tra il tempo 0 e il tempo 2 (P=0.0003),

 una riduzione del parametro CV statisticamente significativo tra il tempo 1 e il tempo 2 (P=0.035) e tra il tempo 0 e il tempo 2 (P=0.004), differenza tuttavia non significativa tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0673),

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 una riduzione statisticamente significativa del parametro HEX tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0006), tra il tempo 1 e il tempo 2 (P<0.0001) e tra il tempo 0 e il tempo 2 (P<0.0001).

Per quanto riguarda le differenze tra i gruppi:

 una maggior riduzione del parametro ECD tra il tempo 0 e il tempo 1 nel gruppo 1 rispetto al gruppo 3 (P=0.0257); una riduzione statisticamente significativa del parametro ECD tra il tempo 1 e il tempo 2 tra il gruppo 1 e il gruppo 3 (P=0.0085); una riduzione statisticamente significativa del parametro ECD tra il tempo 0 e il tempo 2 tra il gruppo 1 e il gruppo 3 (P=0.0020), non differenze nella riduzione del parametro ECD tra i vari tempi tra gli altri gruppi; (Grafico 1)

 non differenze statisticamente significative del parametro AVG tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.1448), tra il tempo 1 e il tempo 2 (P=0.8546) e tra il tempo 0 e il tempo 2 (P=0.5803); (Grafico 2)

 non differenze significative del parametro CV tra i vari gruppi tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.1428) e tra il tempo 0 e il tempo 2 (P=0.0543), una riduzione del parametro CV tra il tempo 1 e il tempo 2 maggiore nel gruppo 4 rispetto al gruppo 1 (P=0.0295); (Grafico 3)

 non differenze statisticamente significative per il parametro HEX tra il tempo 0 e il tempo 2 e tra il tempo 1 e il tempo 2 tra i vari gruppi, riduzione statisticamente significativa tra il tempo 0 e il tempo 1, maggiore nel gruppo 1 rispetto ai gruppi 2 (P=0.0070) e 3 (P=0.0002), e nel gruppo 4 rispetto ai 2 (P=0.0339) e 3 (P=0.0200). (Grafico 4)

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38 Grafico 1) Variazione di ECD ai vari tempi.

Grafico 2) Variazione di AVG ai vari tempi.

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39 Grafico 4) Variazione di HEX ai vari tempi.

Per quanto riguarda la correlazione con l’età dei pazienti:

 una correlazione negativa con la variazione del parametro ECD tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0223, ρ=-0.39);

 una correlazione negativa con la variazione del parametro ECD tra il tempo 1 e il tempo 2 (P=0.0119, ρ=-0.42);

 una correlazione negativa con la variazione del parametro AVG tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0384, ρ=-0.36);

 una correlazione negativa con la variazione del parametro CV tra il tempo 0 e il tempo 2 (P=0.0359, ρ=-0.36);

 una correlazione negativa con la variazione del parametro CV tra il tempo 1 e il tempo 2 (P=0.0033, ρ=-0.49);

 una correlazione positiva con la variazione del parametro HEX tra il tempo 0 e il tempo 1 (P=0.0134, ρ=0.42).

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6. Discussione

Le complicanze corneali della chirurgia vitreo-retinica non andrebbero mai sottovalutate perché possono essere spesso causa di una riduzione dell’acuità visiva in termini quantitativi e qualitativi nel post-operatorio, nonostante il successo dell’intervento [128].

Tuttavia non sono stati svolti molti studi sull’effetto della chirurgia vitreo-retinica a livello endoteliale [129].

Già dagli anni ’80 è stato riscontrato che la chirurgia vitreo-retinica provoca una riduzione della densità cellulare endoteliale [130] [131]; in molti studi è stato dimostrato essere un fattore protettivo la presenza e l’integrità del proprio cristallino [132] [133] [134] [135] [129], probabilmente perché nel paziente fachico il mezzo tamponante non riesce ad attraversare le fisiologiche strutture oculari tra cui il diaframma irido-lenticolare [132] [136]. Alcuni studi consigliavano addirittura di aspettare la fine della vitrectomia per rimuovere la capsula anteriore del cristallino qualora possibile per minimizzare il danno endoteliale [137] [131].

Per cui pazienti fachici che vanno incontro a vitrectomia VPP avranno meno complicanze corneali dei pazienti afachici a causa della tossicità del mezzo tamponante [138] [139] [140] [141] [142] [143].

Elementi che sembrano incrementare il danno endoteliale sono lo scambio fluido/gas [134] e l’associato intervento di facoemulsificazione alla singola vitrectomia VPP, anche se non è stata riscontrata differenza statisticamente significativa nella riduzione dell’ECD tra i pazienti già pseudofachici e quelli sottoposti ad intervento chirurgico combinato [97].

L’intervento di cataratta da solo è stato dimostrato ridurre il numero di cellule endoteliali [144] [145] [146] [147] [148] [149] [150] , soprattutto in presenza di nuclei duri [148]. I pazienti inclusi nel nostro studio erano tutti e 34 pseudofachici e l’intervento chirurgico di cataratta era stato effettuato almeno 6 mesi prima dell’intervento per distacco di retina.

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Le complicanze corneali post-vitrectomia sono più frequenti nei pazienti diabetici [140] [139], tuttavia non è stata dimostrata una riduzione di ECD significativamente maggiore nei diabetici che nei non [130] [131]. Dei pazienti partecipanti al nostro studio nessuno presentava in anamnesi diagnosi di diabete mellito.

Anche l’età non sembra essere un fattore predisponente per una maggiore tossicità endoteliale post-vitrectomia [134]. Nel nostro studio tuttavia è stata riscontrata una maggior variazione di ECD tra il tempo 0 e il tempo 1 e tra il tempo 1 e il tempo 2, di AVG tra il tempo 0 e il tempo 1 e di CV tra il tempo 0 e il tempo 2 e tra il tempo 1 e il tempo 2 con l’aumentare dell’età indipendentemente dal gruppo di appartenenza, contrariamente al parametro HEX che sembra avere una minore variazione tra il tempo 0 e il tempo 1 con l’aumentare dell’età.

È stato dimostrato da alcuni studi che tutti i gas provocano tossicità endoteliale [151] [152], maggiore è l’emivita del gas e maggiore sarà la riduzione di ECD [137]. Aria e SF6 probabilmente non si differenziano molto come tossicità endoteliale, contrariamente a C5F12 che è più tossico probabilmente perché presenta un più lento riassorbimento [151] [153] [154] [155] [156].

Sia SF6 [157] [158] che C3F8 [159] comunque determinano alterazioni morfologiche strutturali e riduzione della densità endoteliale in cornee di conigli e gatti, maggiori in base alla concentrazione del gas che veniva iniettato in camera anteriore.

Anche gli oli di silicone sono tossici a livello endoteliale [160] [129] [133] [134] [160] indipendentemente dalla presenza del cristallino naturale, del cristallino artificiale o dall’assenza del cristallino [136].

Possono infatti provocare scompenso corneale quando migrano in camera anteriore [161] [128] [162] ed entrano in contatto con la cornea [161], la cheratopatia olio-indotta si caratterizza per un calo nel numero delle cellule endoteliali, incrementato pleomorfismo [163], edema corneale, cheratopatia bollosa, ipercellularità stromale, calcificazione superficiale stromale e formazione di membrane retro-corneali [164] . Szaflik et al. [165] Hanno dimostrato una riduzione nel numero di cellule endoteliali nella porzione superiore della cornea in seguito a tamponamento con olio di silicone; nel nostro studio le misurazioni sono state eseguite soltanto sulla cornea centrale.

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Uno studio retrospettivo su 164 occhi con olio di silicone mostrò che lo scompenso corneale olio-indotto si verificava nel 29% degli occhi (35% degli afachici, 26% degli pseudofachici, e 20% degli occhi fachici) [166].

Un altro studio sembrerebbe invece affermare come non solo il paziente fachico ma anche quello pseudofachico sia protetto dalla tossicità endoteliale da olio di silicone, condizione che si verificherebbe solo in soggetti afachici [141].

Altri studi hanno dimostrato come la riduzione della densità cellulare endoteliale in pazienti pseudofachici non superi il 5% a 6 mesi di follow-up [132], ma, nonostante questo l’ECD non vari particolarmente, sembrerebbe che subentrino significativi cambiamenti nella morfologia cellulare endoteliale [167]. Nel nostro studio abbiamo stimato che la riduzione dell’ECD nei gruppi 1 e 2 (pazienti pseudofachici tamponati con olio di silicone 1000 e densiron 68 rispettivamente) dal tempo 0 al tempo 2 è di circa il 10%, tuttavia le percentuali di questa riduzione appaiono similari anche nei gruppi 3 e 4.

Il “Silicon Oil Study” ha riportato anormalità corneali nel 27% degli occhi con olio di silicone [168].

La percentuale di riduzione dell’ECD è notevolmente più marcata con interventi di vitrectomia ripetuti e lunghi periodi di tamponamento con olio di silicone sia nei pazienti pseudofachici (51.66 ± 28%) che afachici (66.63 ± 26.3%) [160].

Altre complicanze legate all’emulsificazione sono l’endoteliopatia a goccia e la cheratopatia a bandelletta [169] [170]. Talvolta la cheratopatia olio-indotta ha reso necessari interventi chirurgici di trapianto di cornea [171].

L’unico studio che ad oggi ha confrontato la tossicità endoteliale tra differenti tamponanti è quello condotto da Cinar et al. [129], che ha riscontrato simili valori di perdita endoteliale in pazienti pseudofachici tamponati con olio di silicone 1000 e con SF6.

La durata della chirurgia sembra correlare con alterazioni della superficie corneale, instabilità del film lacrimale e perdita di cellule endoteliali [172] [173], nel nostro studio non abbiamo valutato il parametro della durata dell’intervento chirurgico.

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7. Conclusioni

Il nostro studio ha dimostrato come nei pazienti pseudofachici sottoposti ad intervento chirurgico di vitrectomia per distacco di retina indipendentemente dal tamponante utilizzato vi sia una riduzione di ECD, di CV e di HEX tra i valori preoperatori e dopo 3 mesi dall’intervento, tra i valori riportati a 3 mesi e a 6 mesi dall’intervento, e tra quelli preoperatori e a 6 mesi dall’intervento; e un aumento dei valori di AVG tra quelli preoperatori e a 3 mesi, a 3 mesi e a 6 mesi, e tra quelli preoperatori e a 6 mesi dall’intervento.

Questo suggerisce che in seguito ad un intervento di vitrectomia VPP indipendentemente dal tamponante utilizzato vi sia una perdita di cellule endoteliali compensata da un aumento di dimensioni delle cellule rimanenti.

Nel confronto tra i vari gruppi è emersa inoltre una riduzione statisticamente significativa di ECD maggiore nel gruppo 1 che nel gruppo 3 nei diversi tempi studiati, il che suggerirebbe una maggior tossicità endoteliale da parte dell’olio di silicone 1000 rispetto all’aria.

Non sono emerse differenze nei vari tempi studiati tra i 4 gruppi per quanto riguarda il parametro AVG.

Per quanto riguarda il parametro CV questo studio ha mostrato come vi sia una maggior riduzione dalle scansioni effettuate 3 mesi dopo l’intervento e quelle eseguite dopo 6 mesi dall’intervento nel gruppo 4 tamponato con SF6, rispetto al gruppo 1 tamponato con olio di silicone 1000.

I valori del parametro HEX tra il tempo 0 e il tempo 1 hanno dimostrato una maggior riduzione nel gruppo 1 rispetto ai gruppi 2 e 3, e una maggior riduzione nel gruppo 4 rispetto ai gruppi 2 e 3.

Questo suggerisce che l’olio di silicone 1000 e SF6 provochino maggiori alterazioni morfologiche sul mosaico endoteliale rispetto all’aria e all’olio di silicone Densiron. Il razionale della minor tossicità endoteliale dell’olio di silicone Densiron 68 rispetto all’olio di silicone 1000 potrebbe essere legato all’elevato peso molecolare e viscosità del Densiron, che ridurrebbe la sua tendenza ad emulsificare.

Nonostante la meticolosa selezione dei pazienti e l’accurata esecuzione della microscopia speculare, questo studio presenta dei limiti legati all’imprecisione delle

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acquisizioni con la microscopia speculare [174], che si è cercato di ridurre al minimo eseguendo 3 scansioni consecutive; e dal ridotto campione di pazienti, per cui potrebbe essere interessante per eventuali risvolti futuri ampliare il campione di pazienti.

8. Terminologia

ECD: endothelial cell density, densità delle cellule endoteliali; AVG: area cellulare media delle cellule endoteliali;

CV: coefficient of variation, coefficiente di variazione nelle dimensioni delle cellule endoteliali;

HEX: coefficiente di esagonalità;

EPR: epitelio pigmentato retinico, strato più esterno della retina; DPV: distacco posteriore di vitreo;

OCT: tomografia a coerenza ottica; VPP: via pars plana;

G: gauge, indica il calibro di strumenti chirurgici; C3F8: perfluoropropano;

SF6: esafluoruro di zolfo; N2O: diossido di azoto; PDMS: polimetilsilossano; PFCL: perfluorocarburi; C5F12:perfluoropentano.

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9. Bibliografia

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