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Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare tipo 1 (FHH1): valutazione clinica di diciotto famiglie e studio funzionale in vitro di cinque diverse mutazioni del Calcium-Sensing Receptor (CaSR).

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea:

Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare tipo 1 (FHH1):

valutazione clinica di diciotto famiglie e studio

funzionale in vitro di cinque diverse mutazioni del

Calcium-Sensing Receptor (CaSR).

Relatore:

Chia.mo Prof. Claudio Marcocci

Correlatore:

Chia.ma Dott.ssa Filomena Cetani

Candidato:

Tommaso Biagioni

Anno

Accademico 2017/2018

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Sommario

Riassunto ... 5 Introduzione ... 8 Il Calcium-sensing receptor (CaSR) ... 8 CASR: il gene del CaSR ... 8 La proteina CaSR ... 9 Ruolo fisiologico del CaSR nella regolazione dell’omeostasi del Calcio ... 14 Signaling intracellulare a valle del CaSR ... 15 Patologie correlate a mutazioni del CaSR, della proteina-Ga11 e di AP2s ... 18 Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare Tipo 1 (FHH1) ... 20 Ipercalcemia ipocalciurica familiare tipo 2 (FHH2) ... 25 Ipercalcemia ipocalciurica familiare tipo 3 (FHH3) ... 27 Iperparatiroidismo neonatale severo (NSHPT) ... 28 Iperparatiroidismo primario (PHPT) ed ipercalcemia marcata dopo l’infanzia ... 29 Ipocalcemia autosomica dominante tipo 1 (ADH1) e Sindrome di Bartter tipo 5 ... 29 Ipocalcemia autosomica dominante tipo 2 (ADH2) ... 31 La ricerca dell’ipocalcemia autosomica dominante tipo 3 (ADH3) ... 32 Scopo della tesi ... 33 Materiali e metodi ... 34 Parte 1: ... 34 Valutazione clinica e biochimica di diciotto famiglie italiane affette da Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare tipo 1 ... 34 Pazienti ... 34 Analisi biochimiche e strumentali ... 35 Analisi statistica ... 36 Parte 2: ... 37 Analisi genetica del gene CASR e studio del ruolo delle diverse mutazioni del CASR dei probandi nella presentazione clinica dell’FHH1. ... 37 Analisi genetica ... 37 Analisi In Silico ... 40 Saggio funzionale con IP-One ELISA ... 45 Risultati ... 50 Parte 1 ... 50 Valutazione clinica delle famiglie FHH1 ... 50 Dati clinici dei probandi ... 56 Dati biochimici dei probandi e dei familiari ... 60 Analisi statistica dei dati biochimici ... 66 Magnesemia, fosfatemia ed UCCR ... 73 Parte 2 ... 74 Analisi genetica ... 74 Localizzazione geografica delle famiglie FHH1 e relazione con le mutazioni del CASR ... 79 Risultati delle predizioni In Silico ... 81 Studio funzionale in vitro ... 84 Discussione ... 91 Valutazione clinica e biochimica dei probandi e familiari affetti ... 91 Valutazione dei risultati delle predizioni In Silico ... 94 Analisi dei risultati degli esperimenti funzionali in vitro ... 97

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4 Conclusioni ... 99 Bibliografia ... 101 Appendice ... 113 Codice RStudio ... 113 Ringraziamenti ... 119

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Riassunto

L’ipercalcemia ipocalciurica familiare di tipo 1 (FHH1) è una condizione rara a trasmissione autosomica dominante, dovuta ad una mutazione inattivante del gene CASR, che codifica per il Calcium-Sensing Receptor (CaSR). La sua prevalenza è stata stimata a circa 1:78000. Rispetto alla forma di FHH tipo 2 e 3, la tipo 1 è la più comune, interessando il 65% circa di pazienti affetti da FHH.

Ad oggi sono state identificate più di 130 mutazioni diverse del gene CASR associate all’FHH1. Gli studi sulle mutazioni del CASR associate all’FHH1 hanno identificato relazioni critiche tra la struttura e la funzione del recettore ed hanno dimostrato la presenza di un hotspot mutazionale nel dominio extracellulare. Questi residui mutati possono essere direttamente coinvolti nel legame con il Ca2+ extracellulare (Ca2+o) e possono alterare gli

stati conformazionali del recettore a seguito del legame con il suo ligando.

L’FHH1 è una condizione benigna caratterizza da una ipercalcemia moderata persistente che non influenza le aspettative di vita ed ha un decorso stabile nel tempo, associata a livelli normali o modicamente aumentati di PTH ed a un’escrezione urinaria di calcio inappropriatamente bassa rispetto ai valori di Ca2+ o. Tipicamente i pazienti hanno normali livelli di Vitamina D ed inalterata densità minerale ossea. L’FHH1 è, solitamente, asintomatica anche se questi pazienti possono lamentare fatica, debolezza, sete eccessiva e scarsa concentrazione. L’FHH è considerabilmente più comune di quanto non si ritenga, e dovrebbe sempre essere esclusa prima di un intervento di chirurgia delle paratiroidi. La diagnosi differenziale con l’iperparatiroidismo primario avviene nella maggior parte dei casi mediante la valutazione dell’escrezione di calcio urinario nelle 24 ore rapportato alla clearance della creatinina (UCCR). Un valore di UCCR <0.01 è suggestivo di FHH.

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Per la diagnosi della malattia, quando abbiamo il sospetto clinico, rafforzato anche dal calcolo dell’UCCR compatibile con i valori tipici della malattia, dovrebbe essere valutata la calcemia dei familiari di primo grado. L’identificazione di ipercalcemia in un parente di primo grado rafforza il sospetto diagnostico e pertanto si procede al test genetico, nel quale si cercano eventuali mutazioni a livello del gene CASR, del gene GNA11 per l’FHH tipo 2 ed a livello del gene AP2S1 per l’FHH tipo 3. La prima parte della nostra tesi ha riguardato la raccolta dati clinici, biochimici e strumentali relativi a 18 probandi affetti da FHH1 e familiari affetti e non affetti di primo grado, la cui diagnosi è stata fatta dall’U.O. Endocrinologia 2 di Pisa dal 2000 ad oggi. Quindi è stata compiuta una valutazione dei dati anche con metodiche statistiche, dove necessario. La seconda parte della tesi ha raccolto tutti i dati genetici del gene CASR dei probandi e dei familiari affetti ed ha valutato come e quanto queste mutazioni influenzano i loro parametri biochimici. In particolare è stata effettuata una predizione della funzionalità di tutte le 18 mutazioni grazie all’utilizzo di due software di predizione In Silico, il PolyPhen-2 ed il Mutation Taster. I risultati ottenuti sono stati confrontati con gli studi funzionali, già precedentemente realizzati dal gruppo del Prof. Marcocci e della Dott.ssa Cetani o da altri gruppi, di sette mutazioni (Y218C, P55L, I212T, H595Y, P748H, C765W e la mutazione intronica c.185+1G>C). I risultati ottenuti con l’analisi In Silico ha confermato in tutti i casi tranne uno la natura inattivante di tali mutazioni.

Infine, è stato condotto uno studio funzionale in vitro con esperimenti di trasfezione transitoria utilizzando le cellule HEK-93 con i costrutti del recettore WT e dei recettori mutati (non ancora descritti in letteratura: R544X, E671D, P163L, C101W e c.1849_1851dupACC), opportunamente preparati in laboratorio, con la valutazione della

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produzione di IP1. I risultati ottenuti hanno confermato una perdita di funzione del recettore.

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Introduzione

Il Calcium-sensing receptor (CaSR) CASR: il gene del CaSR Il CASR è un gene in singola copia, codificante per un membro della classe C della famiglia dei recettori associati a proteina-G, il CaSR. Nel genoma umano mappa a livello del cromosoma 3 in posizione 3q13.3-211 (Fig.1).

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9 Il gene CASR si espande per circa 103 kb (kilobasi) ed ha 8 esoni (Fig.2). Gli esoni da 2 a 7 codificano per i 1078 aa (amminoacidi) della proteina CaSR2. In particolare, il dominio extracellulare della proteina è codificato dagli esoni 2-6 e dalla porzione 5’ dell’esone 7. Le sette alfa eliche transmembrana e la coda carbossiterminale citoplasmatica sono codificate dalla restante parte dell’esone 7. Sono state descritte alcune varianti proteiche del CaSR, risultato di uno splicing alternativo a livello della regione 5’ non tradotta (UTR) del gene. In tale regione sono stati identificati due promotori entro gli esoni non tradotti 1A e 1B, di questi il promotore più a monte presenta “TATA-box” e “CAAT-box” ed il promotore a valle è ricco in zone GC (guanina e citosina) (Fig.2). Gli esoni 1A e 1B possono essere trascritti alternativamente, senza alterare la regione codificante del gene, con produzione di mRNA diversi. Tale meccanismo sembrerebbe coinvolto nell’espressione tessuto-specifica e nella regolazione del gene3. Figura 2: Rappresentazione schematica del gene CASR. La proteina CaSR La struttura della proteina CaSR è quella di un recettore di classe C associato a proteina G. Il polipeptide nascente del CaSR viene diretto nel reticolo endoplasmatico grazie ad un peptide-segnale N-terminale di 19 aa, che qui verrà rimosso4. Inoltre è nel reticolo

1A 1B 2 3 4 5 6 7

ATG TAA

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10 endoplasmatico che avviene la formazione del dimero che poi verrà espresso a livello di membrana5. Il dominio extracellulare (ECD) della proteina matura ha circa 600 aa ed è costituito da un dominio bilobato Venus-Flytrap-like (VFT), connesso, tramite una regione ricca di cisteina ed un corto peptide di collegamento, ai sette domini transmembrana (TMD). La proteina si conclude con una coda intracellulare di 216 aa C-terminale6 (Fig. 3). Figura 3: Sequenza amminoacidica della proteina CaSR.

Il CaSR funziona come un omodimero: tramite legami covalenti e non covalenti si rapportano i domini VFT dei due monomeri. Dominio extracellulare 7 eliche transmembrana Coda intracellulare

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11 Il calcio ionizzato (Ca2+) si lega nella fessura tra i 2 lobi di ciascun VFT, così i lobi si chiudono l’uno sull’altro e il VFT ruota determinando un cambiamento conformazionale nella regione ricca di cisteine. Questo si traduce nel movimento delle alfa-eliche intramembranose di ognuno dei due componenti del dimero, consentendo alle proteine G di interagire con i loop intracellulari, avviando così il signaling cellulare.

Il CaSR è accoppiato con molte proteine Gq/11 e Gi, ma è stato descritto anche

l’accoppiamento con proteine Gs. Così il recettore attiva o inibisce molte vie di signaling

intracellulare7.

Ponendo l’attenzione sul VFT, osserviamo come questo sia costituito da due lobi, ciascuno con alfa-eliche e foglietti-beta collegati da una cerniera composta da tre fili proteici intrecciati (Fig.4). Questo è stato confermato dall’analisi 3D cristallografica del recettore metabotropico del Glutammato (mGluR1), che strutturalmente è molto simile al CaSR8. Ciò detto, non sono state ancora ottenute immagini cristallografiche del CaSR.

Il modello VFT prevede la rotazione di un lobo sull’altro nel momento in cui il ligando si lega negli specifici siti sul recettore, con modifica conformazionale, direttamente o indirettamente, del TMD, guidando l’attivazione recettoriale. Il Ca2+ extracellulare attiva il CaSR a concentrazioni millimolari, in accordo con il legame a bassa affinità e c’è una cooperatività positiva (coefficiente di Hill pari a 3), che suggerisce che esistano multipli siti di legame per il Ca2+. Molti studi hanno contribuito alla visione attuale, secondo la quale il VFT contiene cinque siti di legame per il Ca2+ 9.

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12 Figura 4: Rappresentazione tridimensionale del VFT del CaSR (Hendy). Nelle immagini sottostanti (tratte da Hendy1) vengono rappresentati i siti di legame numero 1, 2 e 3 (Fig.5-7), mentre il 4 e 5 sono raggruppati nella seconda metà del primo lobo del VFT. Figura 5: Il sito 1 di legame per il Ca2+ è nella regione cerniera della struttura del VFT, formato dai lobi 1 e 2 (tra il 132 ed il 300 aa).

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13 Figure 6 e 7: I siti 2 e 3 di legame per il Ca2+ sono nella prima metà del lobo 2 (tra il 215 e 253 aa).

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14 Ruolo fisiologico del CaSR nella regolazione dell’omeostasi del Calcio Il calcio extracellulare (Ca2+ o) è essenziale per la regolazione di numerosi processi biologici, tra i quali l’eccitabilità neuromuscolare, la coagulazione del sangue e la mineralizzazione della matrice ossea. Inoltre il Ca2+

o provvede al regolare apporto di Ca2+ a livello

intracellulare, dove gioca un ruolo importante dalla contrazione muscolare, fino alla sintesi ed alla secrezione ormonale10.

Proprio per questo è richiesto che il Ca2+

o sia regolato entro limiti stretti ed infatti si è

evoluto un complesso sistema omeostatico per mantenere il Ca2+

o a concentrazioni quasi

costanti11. Il sistema di regolazione omeostatica del Ca2+o comprende quattro componenti:

1) le ghiandole paratiroidi, in particolare a livello delle cellule principali, che percepiscono la concentrazione di Ca2+o e regolano l’azione degli organi

calciotropici;

2) l’intestino ed i reni, che facilitano il trasporto di calcio dai compartimenti esterni ai fluidi extracellulari;

3) lo scheletro, che rappresenta la più grande riserva di calcio nel corpo ed è determinante nelle rapide variazioni di concentrazione del Ca2+

o;

4) gli ormoni calciotropici, come il paratormone (PTH) e la 1,25-diidrossi-VitaminaD3,

che mediano le interazioni tra le paratiroidi, l’osso, i reni e l’intestino12. Quindi, una bassa concentrazione di Ca2+

o porta ad un rapido rilascio di PTH dalle

paratiroidi. Questo ormone svolge tre distinti effetti sull’omeostasi del Ca2+

o, che sono

attivare sia il riassorbimento osseo che renale di calcio ed avviare la sintesi renale di 1,25-diidrossi-VitaminaD3, quest’ultima a sua volta aumenta il riassorbimento intestinale di

calcio (Fig.8).

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15 Figura 8: Rappresentazione del sistema di omeostasi del Ca2+ 0 (Hannan13). In realtà si è osservato come basse concentrazioni di Ca2+o siano percepite dai reni, che aumentano il riassorbimento urinario di calcio anche indipendentemente dalle azioni del PTH14. La combinazione di questi eventi porta ad un innalzamento delle concentrazioni di Ca2+ o, che, insieme alla 1,25-diidrossi-VitaminaD3, porta al feedback inibitorio sulla secrezione di PTH11. Signaling intracellulare a valle del CaSR

Il signaling della Classe C della famiglia dei recettori associati a proteine-G dipende dal legame e dall’attivazione delle rispettive proteine-G a valle. Queste sono eterotrimeriche e si compongono di una subunità alfa, una beta ed una gamma15.

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16 Il CaSR regola le attività delle vie di signaling a valle di tre gruppi principali di proteine-G etereotrimeriche: •Gq/11, •Gi/o, •G12/13. Inoltre in certi contesti cellulari attiva anche la proteina Gs16. (Fig.9)

Il signaling CaSR-mediato è ligando-dipendente, concetto noto come “stimulus bias” o “signaling ligando-diretto”. Inoltre è anche un signaling specifico per il tipo di cellula in cui espresso il CaSR, dipendendo, ovviamente, dal tipo di proteina-G associata al recettore, dagli enzimi coinvolti nel meccanismo di trasduzione e dalle proteine che regolano l’assemblaggio delle varie componenti del meccanismo recettoriale15.

Generalmente le proteine-G possono attivare due diversi tipi di risposta intracellulare: la via dell’adenilato ciclasi con produzione di cAMP e la via della fosfolipasi C (PLC), con produzione di inositolo trifosfato.

L’inibizione della secrezione di PTH ad alte concentrazioni di Ca2+

o è mediata

principalmente dall’attivazione della PLC. L’attivazione di questa idrolizza i fosfatidilinositoli, un tipo di lipidi presenti nelle membrane cellulari. Nel dettaglio avviene la scissione del fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato in 1,4,5-inositolo-trifosfato (IP3) e

1,2-diacilglicerolo.

L’IP3 viene quindi fosforilato da una chinasi specifica e si ottiene

l’1,3,4,5-inositolo-tetrafosfato. Questo promuove l’ingresso di Ca2+ attraverso canali voltaggio-dipendenti o

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17 Figura 9: Schematizzazione dei meccanismi di signaling a valle del CaSR (Conigrave15). Inoltre l’IP3 si lega ad un recettore specifico a livello del reticolo endoplasmatico, favorendo il rilascio nel citoplasma di calcio dalle riserve intracellulari. Così la concentrazione di calcio intracellulare (Ca2+

i) aumenta e si forma un gradiente extracellulare di calcio dovuto

all’attivazione di pompe calcio-ATPasiche di membrana, che lavorano con un sistema di antiporto con il sodio.

Dall’altra parte, il diacilglicerolo attiva una proteina chinasi C (PKC) che fosforila, attivandole, diverse proteine. Tra queste troviamo scambiatori sodio-idrogeno, che regolano il pH intracellulare, e fattori di trascrizione che regolano l’espressione genica. Il CaSR, attivato dal legame con il Ca2+

o, nelle paratiroidi, inibisce anche l’adenilato-ciclasi,

grazie ad una isoforma di proteina Gi.

Inoltre il CaSR attiva anche la fosfolipasi-A2 (PLA2) e la fosfolipasi-D (PLD), verosimilmente

in maniera indiretta, tramite meccanismo PKC-dipendente17.

In questi vari modi, quando i livelli di Ca2+o sono alti ed il CaSR è attivato, abbiamo una

riduzione nella produzione di PTH nel tentativo di ristabilire una normale calcemia11. Al contrario, evidenziamo come, nel caso in cui i livelli di Ca2+o

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siano bassi, siano sufficienti 4-18

10 minuti perché i livelli di PTH raggiungano il loro picco e come poi le concentrazioni vadano riducendosi per arrivare a circa il 60% dopo un’ora18.

Infine ricordiamo che, sebbene il Ca2+ sia il ligando fisiologico del CaSR, esistono altre

sostanze in grado di funzionare come agonisti del recettore. Tra questi troviamo altri policationi inorganici, come Mg2+ e Gd3+, ed organici, come la spermina, la polilisina e la

neomicina, ma anche alcuni L-amminoacidi aromatici19. Patologie correlate a mutazioni del CaSR, della proteina-Ga11 e di AP2s Il CaSR ed alcune proteine coinvolte nella trasduzione del suo segnale, se mutati, possono essere responsabili di una serie di patologie nelle quali si hanno alterazioni dell’omeostasi del calcio (Tabella 1). Procediamo ad un’analisi di queste patologie, ponendo particolare attenzione all’Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare (FHH) di tipo 1 (FHH1), argomento di trattazione di questa tesi.

Figura 10: Ruolo del CaSR, Ga11 e complesso AP2 nella regolazione della secrezione

di PTH e riassorbimento renale tubulare di calcio. In rosso le sigle delle patologie dovute a mutazioni di queste tre proteine (Hannan13).

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19 Tabella 1 : Elenco delle patologie dovute a mutazioni dei geni CASR, GNA11 e AP2S1 (Hannan13). Ad oggi sono state descritte più 250 di mutazioni germinali del CASR.

Queste mutazioni possono causare una perdita di funzione del recettore ed indurre disordini ipercalcemici come l’FHH1, l’iperparatiroidismo neonatale severo (NSHPT), alcuni casi di iperparatiroidismo primario familiare (FIHP) e rari casi di iperparatiroidismo primario dell’adulto (PHPT) (Fig. 11); oppure possono portare ad una aumentata funzione del recettore, dando così disturbi ipocalcemici come l’ipocalcemia autosomica dominante tipo 1 (ADH1) e la sindrome di Bartter tipo 513 (Fig.11).

Figura 11: Organizzazione genomica del gene CASR. Sono evidenziati alcuni hotspots per mutazioni missense associate alle relative patologie (Hannan13).

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20 Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare Tipo 1 (FHH1) Epidemiologia L’FHH è una condizione rara, dovuta ad una mutazione autosomica dominante e perciò equamente distribuita tra i sessi. Sebbene la sua vera prevalenza non sia nota, questa è stata stimata a circa 1:7800020. Gli autori ipotizzano che verosimilmente l’incidenza

dell’FHH sia maggiore di quella appena menzionata, proprio perché la malattia resta subclinica in molti pazienti21.

Eziologia

L’FHH1 è una patologia benigna geneticamente trasmessa in maniera autosomica dominante ad alta penetranza, ma espressività variabile, dovuta a mutazioni a carico del gene CASR. Rispetto all’FHH tipo 2 e 3 (vedi dopo), la tipo 1 è la più comune, interessando il 65% circa di pazienti affetti da FHH.

Ad oggi sono state identificate più di 130 mutazioni diverse del gene CASR associate all’FHH1. Di queste l’85% sono mutazioni di senso, mentre il restante 15% si compone di mutazioni nonsenso, delezioni, inserzioni e mutazioni nei siti di splicing.

Gli studi sulle mutazioni del CASR associate all’FHH1 hanno identificato relazioni critiche tra la struttura e la funzione del recettore e, come mostrato in Figura 11, hanno dimostrato la presenza di un hotspot mutazionale nel dominio extracellulare. Infatti, l’analisi della localizzazione delle mutazioni ricorrenti del CASR associate all’FHH1 ha evidenziato un raggruppamento di mutazioni nel sito 1 di legame per il Ca2+

o nella regione cerniera del

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21 coinvolti nel legame con il Ca2+ o o possono alterare gli stati conformazionali del recettore a seguito del legame con il suo ligando23. Altre mutazioni responsabili dell’FHH si raggruppano nel dominio transmembrana del CaSR e possono inibire la trasmissione di segnali di attivazione al sistema intracellulare. In particolare sembrerebbero coinvolti l’interazione con le proteine-G e con altri componenti della via di trasduzione del CaSR24.

Circa il 50% delle mutazioni del CASR che portano all’FHH1 determinano una riduzione dell’espressione del recettore sulla superficie cellulare. Questo è dovuto al fatto che i CaSR mutati vengono trattenuti a livello intracellulare perché incapaci di fuoriuscire dal reticolo endoplasmatico o dall’apparato di Golgi25.

Ricordiamo che l’FHH è conosciuta come una condizione eterozigote, nella quale a livello cellulare troviamo sia recettori wild-type (WT) che recettori mutati. Numerosi studi funzionali in vitro hanno dimostrato come questa coespressione mutato-WT riduca l’entità della perdita funzionale del recettore e questo avviene per due motivi: anzitutto i recettori WT possono trasdurre il segnale normalmente, sebbene in maniera quantitativamente ridotta, inoltre è grazie ai recettori WT che aumenta anche il numero di recettori mutati portati fino a livello della membrana, probabilmente perché li aiutano a superare i meccanismi che altrimenti li tratterrebbero a livello del reticolo endoplasmatico o del Golgi26.

Clinica

L’FHH è caratterizza da una ipercalcemia persistente lieve-moderata vita natural durante associata a livelli normali (80%) o più raramente elevati di PTH (20%) e ad un’escrezione urinaria di calcio inappropriatamente bassa rispetto ai valori di Ca2+

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pazienti). Tipicamente i pazienti hanno livelli normali o modicamente elevati di magnesio, normali livelli di fosforo ed inalterata densità minerale ossea27.

L’FHH è solitamente asintomatica anche se alcuni pazienti lamentano fatica, debolezza, sete eccessiva e scarsa concentrazione. In rari casi sono riportati episodi di pancreatiti ricorrenti, condrocalcinosi e calcificazioni vascolari premature 28.

Il quadro clinico e biochimico potrebbe essere confuso con un PHPT. La differenza fondamentale sta nel fatto che nell’FHH non è presente generalmente un coinvolgimento renale ed osseo; al contrario, la densità minerale ossea può essere addirittura migliore in questi pazienti rispetto a pazienti sani della stessa età29. Diagnosi L’FHH è considerabilmente più comune di quanto non si ritenga e dovrebbe sempre essere esclusa prima di un intervento di chirurgia delle paratiroidi30.

Il sospetto clinico di FHH è più forte in quei pazienti con ipercalcemia lieve-moderata associata a livelli di PTH normali o lievemente elevati, ipocalciuria relativa e normali livelli di fosfato sierico. La diagnosi differenziale con il PHPT avviene nella maggior parte dei casi mediante la valutazione dell’escrezione di calcio urinario nelle 24 ore rapportato alla clearance della creatinina (UCCR)31. La formula è la seguente: Un valore di UCCR <0.01 è diagnostico di FHH32. Però si è osservato che non più del 65-80% dei pazienti affetti da FHH rientri in questo range e che, invece, venga incluso un 4% di

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23

pazienti come affetti dalla malattia mentre il loro è un PHPT31,33,34. Quindi si ribadisce

l’importanza di un’attenta valutazione clinica e biochimica di ogni paziente con ipercalcemia.

Inoltre, l’esclusione dell’FHH dovrebbe essere sempre considerata in quei casi di ipercalcemia persistente a seguito della rimozione chirurgica di una paratiroide lievemente iperplastica o quando si visualizzano quattro paratiroidi apparentemente sane durante l’esplorazione chirurgica del collo. Infatti nell’FHH, le paratiroidi sono normali o moderatamente iperplastiche nella maggioranza dei casi35. Ciò detto, dobbiamo ricordare

che in letteratura sono riportati casi rari di adenomi paratiroidei e di iperplasia importante delle ghiandole dei pazienti con FHH36.

Per la diagnosi della malattia, quando abbiamo il sospetto clinico, rafforzato anche dal calcolo dell’UCCR compatibile con i valori tipici della malattia, dovrebbe essere valutata la calcemia dei familiari di primo grado. In presenza di un familiare affetto da ipercalcemia, si procede al test genetico, nel quale si cercano mutazioni a livello del gene CASR.

Considerando il fatto che l’FHH1 è una malattia benigna, non sono raccomandati test prenatali.

Terapia

Visto che nella maggior parte dei casi l’FHH è asintomatica, generalmente non richiede nessuna terapia.

Inoltre si è osservato che l’ipercalcemia della malattia non risponde ai diuretici o ai bisfosfonati.

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24

I casi in cui si ricorre alla chirurgia sono rarissimi ed attentamente selezionati: si può procedere alla paratiroidectomia totale nei casi di pancreatite recidivante, in quelli con livelli di ipercalcemia persistentemente molto elevati e infine nel NSHPT29.

Una possibile opzione terapeutica per le forme di FHH1 sintomatiche e per le forme di NSHPT è rappresentata dai farmaci calciomimetici. Questi sono molecole che mimano o aumentano gli effetti del Ca2+

o sul CaSR e se ne distinguono due tipi: il primo tipo è

rappresentato da ligandi naturali come i cationi polivalenti; il secondo tipo è costituito da modulatori allosterici positivi, come alcuni L-amminoacidi ed il Cinacalcet, un composto sintetico di amminoacidi37. Studi in vitro hanno dimostrato come questi farmaci possano migliorare la trasduzione del segnale dei CaSR mutati38 e possano comportarsi come farmaco-chaperoni facilitanti la corretta composizione delle strutture proteiche e l’espressione sulla membrana dei CaSR mutati39. Gli effetti in vitro dei farmaci calciomimetici sono stati poi confermati dall’impiego clinico in pazienti affetti da FHH1 con ipercalcemia marcata o complicanze come pancreatiti recidivanti, nei quali i farmaci si sono dimostrati efficaci40.

Durante la gravidanza bisogna porre particolare attenzione alle donne affette da FHH1 perché, in un contesto di ipercalcemia severa durante lo sviluppo del feto, si potrebbe avere un’inibizione endogena della produzione di PTH, con il rischio di ipocalcemia e tetania neonatale durante i primi giorni di vita.

Inoltre nei neonati figli di due genitori affetti da FHH dovremmo monitorare i livelli di calcio per le prime settimane di vita, perché potrebbe svilupparsi un NSHPT.

Concludiamo ricordando che l’FHH è una condizione benigna, che non influenza le aspettative di vita ed ha un decorso stabile nel tempo29.

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25 Ipercalcemia ipocalciurica familiare tipo 2 (FHH2) L’esistenza di una seconda distinta forma di FHH fu ipotizzata quando in studi di linkage genetico si identificò il locus della malattia nel cromosoma 19p, che appunto contiene il gene GNA11. Questa forma fu chiamata FHH241.

Mutazioni germinali inattivanti del gene GNA11 sul cromosoma 19p13.3, sono state recentemente identificate come la causa genetica della FHH2 (Fig.12). La proteina-Ga11 codificata dal gene GNA11 si è dimostrata essere protagonista nella trasduzione del CaSR ed è ormai nota la sua importanza nel mantenimento dell’omeostasi del calcio42. Mutazioni germinali di GNA11 con gain-of-function sono associate con ADH243 (vedi dopo). Inoltre, si è osservato come mutazioni somatiche con gain-of-function della proteina-Ga11 siano responsabili della comparsa di melanoma uveale44.

Figura 12: (A) Rappresentazione schematica dell’organizzazione genomica del gene GNA11 e localizzazione delle principali mutazioni germinali associate a FHH2 ed ADH2; (B) Struttura tridimensionale della proteina-Ga11, con localizzazione dei

residui mutati nell’FHH2, in blu, e nell’ADH2 in rosso (Hannan13).

Il gene GNA11 è costituito da sette esoni. La porzione 5’ dell’esone 1 e la porzione 3’ dell’esone 7 non sono trascritte (open boxes). La porzione 3’ dell’esone 2, l’esone 3 e la

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porzione 5’ dell’esone 4 codificano per il dominio elicoidale della proteina-Ga11, connesso

da due piccoli peptidi linker (L1 ed L2) al dominio GTPasico. Questo è codificato dalla porzione 3’ dell’esone 1, dalla pozione 5’ dell’esone 2, dalla porzione 3’ dell’esone 4 e dagli esoni 5, 6 e 7. Infine abbiamo tre regioni flessibili, definite regioni switch 1, 2 e 3, che guidano i cambiamenti conformazionali della proteina durante l’attivazione. Queste ultime sono codificate dagli esoni 4 e 511.

Proprio come per il CaSR, non abbiamo ancora immagini cristallografiche della proteina-Ga11, quindi le ricostruzioni tridimensionali, come quella in Figura 12, sono ottenute

considerando la grande analogia tra la proteina in questione e la proteina-Gaq, che con

essa condivide il 90% degli amminoacidi45.

Il gene GNA11 fu da subito considerato come un buon candidato per essere il gene dell’FHH2 in quanto la proteina-Ga11 è molto espressa a livello delle paratiroidi46 ed è

coinvolta nella via di trasduzione del CaSR47. Inoltre, studi in animali hanno dimostrato come la ablazione specifica della proteina-Ga11, e della proteina-Gaq a lei associata,

risultasse in una marcata ipercalcemia, iperparatiroidismo ed ingrandimento delle paratiroidi48.

Le mutazioni responsabili dell’FHH2 si localizzano in regioni chiave della proteina-G: in particolare si sono mostrati hotspot mutazionali sia il dominio GTPasico che un piccolo dominio elicoidale, che si comporta come un “fermaglio” per rinforzare il legame di GDP e GTP49.

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Ipercalcemia ipocalciurica familiare tipo 3 (FHH3)

Per la prima volta, l’FHH3 fu identificata in due famiglie, non in relazione tra loro, dell’Oklahoma e dell’Irlanda del Nord50. Nella ricerca della posizione delle mutazioni

responsabili della patologia di queste due famiglie, venne identificata la regione 19q13.3.

Figura 13: (A) Rappresentazione schematica dell’organizzazione genomica del gene AP2S1 e localizzazione delle mutazioni associate a FHH3; (B) Struttura tridimensionale del complesso eterotetramerico AP2 (Hannan13).

Il gene AP2S1 codifica per la subunità-s del complesso eterotetramerico AP2, ubiquitariamente espresso42. Il complesso gioca un ruolo fondamentale nella formazione delle vescicole di clatrina e facilita l’endocitosi plasmatica di proteine di membrana come il CaSR51. Il gene AP2S1 è costituito da 5 esoni. La porzione 5’ dell’esone 1 e 3’ dell’esone 5 non sono trascritte. La proteina AP2s è codificata dalla porzione 3’ dell’esone 1, dagli esoni 2, 3, 4 e dalla porzione 5’ dell’esone 5 (Fig.13).

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Clinicamente l’FHH3 si manifesta con ipercalcemia , aumento del PTH plasmatico, modesta ipofosfatemia ed osteomalacia52.

L’FHH3 può anche presentarsi con ipercalcemia sintomatica, riduzione della densità minerale ossea e deficit cognitivi o disturbi comportamentali, soprattutto in età infantile. La malattia dà spesso un quadro biochimico più severo di quanto non accada nell’FHH1, caratterizzato da livelli sierici di calcio e magnesio più elevati e da una escrezione renale di calcio significativamente ridotta53.

Descriviamo ora le altre patologie descritte in Tabella 1, non direttamente coinvolte in questa tesi.

Iperparatiroidismo neonatale severo (NSHPT)

L’NSHPT è un disordine potenzialmente fatale causato da una mutazione omozigote o da una eterozigosi composta del CASR54.

L’NSHPT è caratterizzato da una ipercalcemia neonatale severa (con concentrazioni ematiche di calcio tra i 3.5 ed i 5mmol/l), aumento di 5-10 volte dei valori di PTH sierico, marcato ingrandimento delle paratiroidi, rallentamento nella crescita e malattia scheletrica iperparatiroidea che porta a fratture multiple e disturbi respiratori55. Solitamente si ricorre alla paratiroidectomia totale e, in attesa dell’intervento, si impiegano i bisfosfonati per abbassare i livelli della calcemia56. Sono state descritte più di 25 diverse mutazioni del CASR associate all’NSHPT, delle quali più del 40% sono non-sense o frameshift e possono portare ad un troncamento nella proteina CaSR57.

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Iperparatiroidismo primario (PHPT) ed ipercalcemia marcata dopo l’infanzia

Occasionalmente mutazioni del CASR con perdita funzionale possono presentarsi dopo il periodo neonatale con una marcata ipercalcemia. In particolare, mutazioni inattivanti omozigoti, localizzate nella regione N-terminale del CASR, sono state evidenziate come responsabili di ipercalcemia sintomatica nell’infanzia o nei giovani adulti. In questi casi è necessaria la paratiroidectomia58. Inoltre, in casi rari, sono state trovate mutazioni

inattivanti omozigoti ed eterozigoti del CASR in pazienti adulti con PHPT dovuto ad adenomi o iperplasia paratiroidea.

L’insorgenza di PHPT o FHH grave dopo l’infanzia può essere dovuta al grado di perdita funzionale associato alle sottostanti mutazioni del CASR. Infatti si è osservato che le mutazioni omozigoti del CASR presenti in questi pazienti comportano alterazioni più lievi del signaling intracellulare rispetto a quelle che portano al NSHPT59. Entrambi questi gruppi di mutazioni risultano localizzati nella regione ECD del recettore.

L’ipercalcemia di questi pazienti recidiva spesso dopo la paratiroidectomia, probabilmente a causa di una sottostante malattia multighiandolare. Per cui, quando si arriva all’intervento chirurgico, è sempre richiesta l’esplorazione completa del collo in questi pazienti13. Ipocalcemia autosomica dominante tipo 1 (ADH1) e Sindrome di Bartter tipo 5 L’ADH1 è una patologia causata da una mutazione germinale con guadagno funzionale del CaSR. L’ADH1 è responsabile di circa il 70% dei casi di ADH42.

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L’ADH è caratterizzato da un’ipocalcemia lieve-moderata, con livelli sierici di calcio che raramente scendono al sotto 1.50 mmol/l. In circa il 50% dei pazienti si possono sviluppare sintomi da ipocalcemia come parestesie, spasmi carpopedali e convulsioni60.

Sebbene l’ADH sia associato con aumentati livelli circolanti di fosfato e concentrazioni di PTH inappropriatamente basse o normali, è comunque considerato una condizione distinta rispetto all’ipoparatiroidismo. Questa distinzione si pone perché gli individui affetti da ADH generalmente hanno concentrazioni di PTH dosabili ed un’ipercalciuria relativa, caratterizzata da un rapporto calcio/creatinina urinari intorno ai limiti di riferimento. Inoltre, nel 35% circa dei pazienti affetti è possibile trovare calcificazioni renali e dei gangli della base42.

I pazienti con mutazioni attivanti del CASR possono anche essere affetti dalla Sindrome di Bartter tipo 5, una condizione caratterizzata da alcalosi ipocaliemica, perdita di sali a livello renale ed iperaldosteronismo secondario ad iperreninemia61.

Anche per la diagnosi di ADH è comunemente richiesta l’analisi mutazionale. Fra le numerose mutazioni associate all’ADH1 (più di 70), il 95% sono mutazioni eterozigoti di senso13. L’analisi strutturale-funzionale di queste mutazioni ha definito quali sono i residui

importanti nel mantenimento dello stato di inattivazione del CaSR. In particolare esiste un cluster di mutazioni attivanti a livello del dominio VFT extracellulare, tra i residui 116 e 13662. Inoltre, esiste un secondo hotspot di mutazioni legate all’ADH1 a livello di una

regione che comprende i domini transmembrana 6 e 7 nonché il terzo anello extracellulare del CaSR (residui 819-837)63.

L’ADH quando sintomatica è convenzionalmente trattato con calcio e preparati di Vitamina D attiva. Però queste terapie non correggono le alterazioni fisiopatologiche a livello delle paratiroidi e del tubulo renale ed il loro uso predispone questi individui allo sviluppo di

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ipercalciuria severa, nefrocalcinosi, nefrolitiasi e compromissione della funzionalità renale60.

Quindi sono stati tentati approcci terapeutici con PTH-ricombinante(1-34) in questi pazienti. Anche questi non hanno dato i risultati sperati perché questo peptide, quando somministrato tramite iniezioni in bolo una o due volte al giorno, non riesce sempre ad evitare lo sviluppo delle complicazioni renali dell’ipercalciuria64. Perciò sono i farmaci

calciolitici, modulatori allosterici negativi del CaSR, a trovare un potenziale impiego nell’ADH1. Tra questi troviamo alcuni amminoacidi ed il quinazolinone65.

Ipocalcemia autosomica dominante tipo 2 (ADH2)

Dopo l’identificazione genetica del gene responsabile dell’FHH2, si ipotizzò che una mutazione germinale attivante del gene GNA11 avrebbe potuto avere effetti opposti sull’omeostasi del calcio extracellulare, portando ad una patologia con fenotipo ADH-like. Quindi grazie al sequenziamento del DNA di otto pazienti affetti da ADH, con analisi genetica CASR-negativa, si identificarono mutazioni germinali eterozigoti di GNA11 in due di loro. Le mutazioni in questione erano le mutazioni di senso Arg181Gln e la Phe341Leu. Successivamente vennero eseguiti studi funzionali in vitro che dimostrarono come queste mutazioni comportassero un’attivazione del recettore42.

In ulteriori studi furono identificate altre mutazioni gain-of-function di GNA11 e si identificò la malattia come ADH2. Generalmente questi pazienti hanno i sintomi dell’ipocalcemia come parestesia, crampi muscolari, spasmi carpopedali e convulsioni66.

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La ricerca dell’ipocalcemia autosomica dominante tipo 3 (ADH3)

Le mutazioni germinali delle regioni codificanti dei geni CASR e GNA11 sono state identificate come responsabili di circa il 70% dai casi di ADH22. Il restante 30% dei pazienti,

che non hanno questo tipo di mutazioni, potrebbero invece avere anomalie nelle regioni regolatrici non codificanti di quei geni o mutazioni coinvolgenti altri mediatori dell’omeostasi del calcio. E’ stato quindi postulato che alcuni di questi pazienti possano avere mutazioni dell’AP2s, con aumento della sensibilità delle cellule che esprimono CaSR alle concentrazioni di Ca2+

o. Questa forma teorica di malattia è stata chiamata ADH3,

sebbene ad ora non sia stata identificata nessuna delle mutazioni suddette67.

Inoltre sono ormai numerosi gli studi che si sono occupati della ricerca di queste mutazioni senza individuarne. Sembrerebbe pertanto che mutazioni di AP2s non comportino lo sviluppo di disordini ipocalcemici come l’ADH68.

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Scopo della tesi

Gli obiettivi di questa tesi sono: 1. Presentazione di diciotto famiglie italiane affette da FHH1 e costruzione degli alberi genealogici delle stesse; 2. Costruzione di un database con i dati biochimici e clinici dei membri delle famiglie, sia malati che sani; 3. Analisi dei dati registrati nel database; 4. Descrizione del ruolo delle mutazioni prese in analisi nella patogenesi dell’FHH1 con predizione In Silico; 5. Caratterizzazione funzionale di cinque mutazioni del gene CASR identificate nelle nostre famiglie.

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Materiali e metodi

La nostra tesi si compone di una prima parte (indicata come Parte 1) di valutazione clinica delle famiglie FHH1 ed una seconda parte (Parte 2) relativa all’analisi del ruolo delle diverse mutazioni del CASR dei Probandi. Parte 1: Valutazione clinica e biochimica di diciotto famiglie italiane affette da Ipercalcemia Ipocalciurica Familiare tipo 1 Pazienti I pazienti cui si fa riferimento in questa tesi sono quelli appartenenti a diciotto famiglie italiane affette da FHH. In particolare abbiamo selezionato quelle famiglie la cui diagnosi è stata fatta dal Dipartimento di Endocrinologia dell’AOUP di Pisa, nel periodo compreso tra il 1999 ed il 2018.

Oltre agli aspetti biochimici ed alla clinica relativamente silente, i diciotto probandi selezionati per questa tesi sono stati identificati come portatori di mutazioni a livello del

CASR, quindi si tratta di pazienti affetti da FHH1.

Includendo nello studio solo i pazienti con mutazioni del CASR abbiamo escluso un buon numero di pazienti, con le relative famiglie, che hanno dati clinici e biochimici compatibili con la malattia ma con test genetico negativo. Come abbiamo visto nell’introduzione, infatti, la malattia entra in diagnosi differenziale con il PHPT, quindi l’analisi genetica risulta determinante per la diagnosi di certezza.

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Nella costruzione del database, oltre ai dati dei probandi, sono state raccolte anche informazioni riguardo i familiari affetti e sani. Più nel dettaglio, sono stati valutati i parametri biochimici dei parenti di primo grado consenzienti e, quando disponibile, anche di quelli di secondo grado. In totale sono stati raccolti dati di 61 parenti dei nostri 18 probandi.

Analisi biochimiche e strumentali

I dati acquisiti per la tesi e l’analisi statistica si riferiscono alla valutazione basale dei pazienti. Per i Probandi sono state raccolte informazioni cliniche-strumentali, quali: • età al momento della diagnosi; • interessamento renale; • interessamento osseo; • densitometria ossea a livello di terzo distale del radio, collo femorale e colonna lombare; • imaging ecografica del collo; • storia di pregressa chirurgia sul collo; • eventuale assunzione di diuretici; • eventuale assunzione di litio. Risulta di importanza fondamentale la raccolta di un’attenta anamnesi di questi pazienti. La densitometria ossea è stata effettuata con macchinario Hologic per i tre siti.

La valutazione ecografica del collo è stata seguita in casi selezionati dall’esecuzione di scintigrafia delle paratiroidi con tecnezio-sestamibi.

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36 Sia per i probandi, che per i familiari disponibili, sono state eseguite analisi biochimiche ed umorali. Sono stati valutati: • calcemia totale; • calcio ionizzato; • PTH; • 25OHD; • fosfatemia; • magnesiemia; • creatininemia; • escrezione urinaria di calcio nelle 24h; • escrezione urinaria di creatinina nelle 24h. Quando i dati erano disponibili, sono stati calcolati anche il rapporto tra la clearance renale di calcio e creatinina e l’eGFR con formula CKD-EPI. Analisi statistica Per quanto concerne l’analisi statistica dei dati, questa è stata affrontata grazie al supporto del Dott. Giacomo De Nicola ed all’impiego del software RStudio. Anzitutto sono stati calcolati i valori di calcemia, calcio ionizzato e PTH medi, con le relative deviazioni standard. Dunque è stato studiato il modello di regressione lineare semplice per valutare di quanto, in media, si innalza la calcemia totale nel paziente mutato rispetto al wild-type. Lo stesso è stato poi ripetuto sia per il calcio ionizzato che per i valori di PTH.

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Inoltre, grazie al test per due campioni di Welch (T-test), abbiamo valutato se esiste una differenza significativa nei valori di calcemia totale, calcio ionizzato e PTH tra pazienti mutati e wild-type. Infine è stato calcolato il coefficiente di correlazione lineare tra calcio totale e calcio ione. Parte 2: Analisi genetica del gene CASR e studio del ruolo delle diverse mutazioni del CASR dei probandi nella presentazione clinica dell’FHH1. In questa seconda parte della nostra tesi, vorremo indagare quale sia il ruolo giocato dalle mutazioni del CASR dei nostri pazienti nella determinazione dell’entità delle alterazioni biochimiche tipiche della malattia. Analisi genetica Anzitutto è stata condotta l’analisi genetica nei pazienti, per l’identificazione di mutazioni del gene CASR. Da campioni di sangue periferico è stato estratto il DNA e sottoposto ad amplificazione e sequenziamento del gene (cfr. Estrazione del DNA e Sequenziamento). Una volta identificata la mutazione di CASR nel probando, la ricerca della stessa mutazione è stata eseguita nei suoi familiari consenzienti, permettendo di identificare, nella famiglia, gli individui mutati (M) e quelli wild-type (WT) per quella mutazione.

Infine ricordiamo che nei pazienti esclusi perché non mutati a livello del CASR, ma con caratteristiche cliniche e biochimiche compatibili, sono stati sequenziati anche i geni

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38 Per la caratterizzazione funzionale delle mutazioni in analisi, abbiamo fatto ricorso a due diverse strategie. La prima, molto più rapida e semplice, consiste nella valutazione delle nostre mutazioni grazie all’impiego di due differenti software di In Silico Prediction Tool. Questi predicono, a partire dalla sequenza del gene CASR, quale può essere l’effetto della mutazione sulla proteina trascritta. Data la possibile discordanza dei risultati ottenuti con diversi software di predizione In Silico, bisognerebbe sempre approfondire l’indagine per capire quale possa essere l’attività della proteina mutata69. La seconda strategia è lo studio funzionale in vitro dell’effetto delle proteine alterata su cellule trasfettate con il gene mutato. Ad oggi, lo studio funzionale è stato eseguito su dodici delle diciotto mutazioni riportate nelle nostre famiglie affette da FHH. Di queste dodici, sette sono state già studiate negli anni precedenti e già pubblicate dal gruppo del Prof. Marcocci e della Dott.ssa Cetani70,71,72 o da altri gruppi, mentre lo studio delle altre cinque rappresenta la parte laboratoristica di questa tesi. Descriviamo ora le metodiche impiegate. Estrazione del DNA e PCR

Il sangue periferico dei probandi è stato conservato a -20°C fino al momento dell’estrazione, eseguita con il sistema automatizzato Maxwell®16 (Promega Corporation, Milano), che consente la purificazione simultanea di 16 campioni in tempi brevi, basandosi sulla capacità di particelle di silice magnetizzata di adsorbire l’acido nucleico in modo da separarlo dalle altre componenti cellulari. Successivamente la regione codificante del gene del CASR e delle relative regioni di splicing, sono state amplificate, suddividendole in frammenti di opportuna lunghezza, tramite la

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39 reazione a catena della polimerasi (PCR). La PCR si compone di diversi cicli sequenziali, in ognuno dei quali il numero di copie di DNA presenti nella miscela di reazione aumenta in maniera esponenziale. I vari cicli sono suddivisi in tre fasi: 1. denaturazione a 94°C del doppio filamento di DNA; 2. appaiamento di specifici primer (oligonucleotidi complementari al DNA stampo), ad una temperatura di annealing compresa tra i 50 ed i 54°C, a seconda del frammento da amplificare, che permettono l’innesco della reazione di polimerizzazione; 3. reazione di polimerizzazione a 72°C da parte dell’enzima Taq Polimerasi. I prodotti della PCR vengono fatti correre in elettroforesi su gel di 1% di agarosio, nel quale è presente bromuro di etidio che si intercala tra le basi del DNA e consente la visualizzazione degli acidi nucleici migranti, per verificarne l’avvenuta amplificazione. L’amplicone viene purificato dai residui dei sali, dagli oligonucleotidi, dai deossinucleotidi non incorporati e dall’eccesso di enzima polimerasi con PureLink PCR Purification Kit (Invitrogen).

Sequenziamento del DNA

I prodotti di amplificazione ottenuti dalla PCR e purificati sono stati sequenziati su entrambi i filamenti con tecnica di Sanger utilizzando primer opportuni. La reazione è stata eseguita con il kit commerciale BigDye Terminator Cycle Sequencing Ready Reaction Kit v1.1 (Applied Biosystems), una miscela di reazione contenente l’AmpliTaq FS, i quattro deossinucleotidi trifosfato (dATP, dCTP, dGTP, dTTP) ed i quattro dideossinucleotidi terminatori (ddATP, ddCTP, ddGTP, ddTTP) ciascuno marcato con una diversa fluorescenza. Questo prevede che durante la reazione di sequenza, avvenga l’incorporazione dei quattro

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dideossiterminatori, ciascuno legato ad un diverso fluorocromo, da parte dell’enzima AmpliTaq DNA polimerasi FS. La reazione di sequenza viene eseguita su un apparecchio termostato e procede con le seguenti fasi: 1. ciclo di denaturazione iniziale a 96°C per 1 minuto; 2. ciclo di denaturazione a 96°C per 10 secondi; 3. ciclo di annealing a 50°C per 5 secondi; 4. ciclo di allungamento a 60°C per 4 minuti; 5. ciclo di mantenimento a 4°C fino al momento della purificazione del campione. Gli step 2, 3, 4 vengono ripetuti 25 volte. Al termine della reazione, il prodotto sequenziato è stato purificato, secondo il principio della filtrazione gel, con le colonnine cromatografiche Centri-Sep (Applied), per eliminare i dideossinucleotidi fluorescenti in eccesso ed i deossinucleotidi non incorporati. I campioni purificati vengono risospesi in formammide e, dopo denaturazione, vengono sottoposti ad elettroforesi capillare su sequenziatore automatico 3130XL (Applied Biosystem). Durante la corsa elettroforetica un sensore ottico rileva il passaggio di ogni frammento, identificando la base terminatrice a seconda della diversa fluorescenza emessa da parte dei fluorocromi legati ai nucleotidi marcati. I segnali vengono quindi convertiti in picchi, grazie ad un software dedicato (Sequence Analysis), che formano un tracciato che permette la lettura della sequenza. Analisi In Silico I metodi di analisi In Silico sono stati sviluppati per predire il potenziale impatto di una sequenza mutata su struttura e attività proteica. Il probabile effetto delle mutazioni

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riportate in questa tesi, quando possibile, è stato valutato con due diversi software disponibili in rete: PolyPhen-2 (Polymorphism Phenotyping)

(http://genetics.bwh.harvard.edu/pph2) e Mutation Taster

(http://www.mutationtaster.org).

Mutation Taster analizza la mutazione inserita nella sequenza genica della proteina e, sia che la mutazione sia missense, non-sense o in-frame, definisce come la mutazione interferisce con la funzione della proteina trascritta. Questo software integra i dati contenuti in diversi database quali ExAC (Exome Aggregation Consortium) e 1000G (International Genome) riportando, per ciascuna ‘variante interrogata’ informazioni sul grado di conservazione evolutiva, possibili alterazioni dei siti di splicing ed eventuali alterazioni strutturali della proteina che potrebbero alterarne la funzione.

PolyPhen-2, invece, permette solo di valutare il ruolo di una singola alterazione amminoacidica nella sequenza proteica, quindi studia solo le mutazioni missense. L’algoritmo PolyPhen-2 tiene conto, oltre che della conservazione evolutiva e dell’impatto della mutazione a livello di sequenza amminoacidica, anche dell’eventuale localizzazione a livello di domini funzionali o strutturali noti. Della mutazione analizzata, PolyPhen-2 esprime la probabilità che questa sia dannosa, intesa come una percentuale: per valori di 1 (100%) la mutazione è sicuramente dannosa.

Tuttavia, il risultato di un’analisi In Silico non può confermare la patogenicità di una mutazione, può semplicemente supportare e/o integrare l’esito dell’esperimento funzionale in vitro.

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Mutagenesi sito-diretta

Le cinque mutazioni del CASR che verranno studiate in questa tesi sono state inserite tramite mutagenesi sito-diretta in altrettanti vettori plasmidici.

In letteratura si trovano diversi approcci a questa metodica che generalmente richiedono uno stampo di DNA a singolo filamento (ssDNA)73,74,75 e ciò comporta difficoltà tecniche. Al

contrario, il QuickChange XL Site-Directed Mutagenesis Kit (Agilent), da noi utilizzato, permette di inserire mutazioni sito-specifiche potenzialmente in qualunque plasmide a doppio filamento, eliminando la fase di sub clonaggio in un batteriofago M13. Tramite il programma QuickChange Primer Design abbiamo disegnato i primer senso ed antisenso contenenti ciascuno una delle cinque mutazioni oggetto di studio. Come plasmide di stampo abbiamo impiegato il vettore di espressione pcDNA3 (Invitrogen, CA, USA), nel quale, tramite le endonucleasi Kpnl e Xbal, è stato inserito il cDNA del CASR, denominato rHupCaR4.0 (fornito dal Prof. E.M. Brown dell’Università di Boston). La miscela di reazione contenente i primer mutagenici, i dNTP, l’enzima Pfu Turbo DNA polimerasi ed il plasmide stampo viene sottoposta, in un termociclatore, a cicli di denaturazione, appaiamento dei primer e polimerizzazione con la produzione di filamenti circolari di DNA complementari al plasmide di partenza nel quale sono inserite le basi mutate (Fig.14).

A questo punto viene eseguita la digestione del plasmide stampo metilato in modo da ottenere i plasmidi contenenti la mutazione. Questa digestione selettiva è possibile grazie all’endonucleasi Dpn I che è specifica per il DNA metilato. Infatti quasi tutto il DNA isolato da colonie di E.Coli, come il DNA parentale del nostro plasmide, è altamente metilato76,77,

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I plasmidi di dsDNA contenenti la mutazione vengono trasfettati in cellule XL10-Gold ultracompetenti.

Figura 14: Panoramica del metodo di mutagenesi sito-diretta QuickChange XL (Agilent).

L’ultima fase prevede la trasformazione del DNA plasmidico in cellule XL10-Gold ultracompetenti per l’amplificazione del plasmide che oltre alla mutazione contiene il gene per la resistenza all’antibiotico ampicillina. Un’aliquota della reazione di trasformazione

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viene seminata in piastre Petri contenenti LB agar addizionato con ampicillina per selezionare le colonie di batteri trasformati. Il DNA plasmidico viene purificato mediante mini e maxiprep e sequenziato per verificare l’inserimento della mutazione desiderata. Trasfezione transitoria del CaSR WT e mutato in cellule HEK-293 I plasmidi mutati e WT sono stati trasfettati in opportune cellule eucaristiche, le cellule HEK-293. Le cellule HEK-293 sono state coltivate nel terreno di coltura DMEM completo (100 U/ml di penicillina, 100 µg/ml di streptomicina e 2.5 µg/ml di fungizone) senza sodio piruvato, a 37°C in un’atmosfera contenente il 5% di anidride carbonica. Circa 40000 cellule, in triplicato per ogni costrutto mutato, sono state seminate in DMEM completo senza antibiotici in ciascun pozzetto di piastre da 96 wells. Dopo 24 h le cellule giunte ad una confluenza del 90-95%, sono state trasfettate con il plasmide mutato, con il plasmide WT utilizzando il protocollo Lipofectamine 2000 (Invitrogen).

Per ogni campione da trasfettare, vengono preparate una soluzione A contenente 0.2µg di DNA e Opti-MEM I Reduced Serum Medium ed una soluzione B costituita da 0.5µg di Lipofectamina 2000 e Opti-MEM I Reduced Serum Medium.

Le due soluzioni vengono incubate, separatamente, per 5 minuti a temperatura ambiente, dopodiché vengono miscelate delicatamente insieme ed incubate a temperatura ambiente per altri 20 minuti durante i quali la Lipofectamina crea un complesso con il DNA. Un’aliquota di 50µl di soluzione A più soluzione B viene distribuita, goccia a goccia, in ciascun pozzetto. Il giorno successivo il mezzo di coltura viene sostituito con mezzo fresco senza antibiotici.

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Le cellule vengono quindi incubate per ulteriori 24h a 37°C in un’atmosfera contenente il 5% di anidride carbonica. In questo periodo la fusione della porzione lipidica della Lipofectamina con la membrana cellulare consente al complesso DNA-Lipofectamina di penetrare all’interno della cellula78. Saggio funzionale con IP-One ELISA Al termine delle 48 h di incubazione con Lipofectamina e DNA mutato o WT viene eseguito il saggio funzionale con il kit commerciale IP-One ELISA (CISBIO). Questo kit è stato ideato per monitorare l’attivazione delle Fosfolipasi C (PLC) coinvolte nella trasduzione del segnale di recettori di membrana tra cui i GPCR come il CaSR. Figura 15: Schema del meccanismo di attivazione della PLC; la croce rossa evidenzia l’inibizione data dal LiCl alla degradazione dell’IP1 (Cisbio).

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46 L’attivazione della PLC promuove la scissione del fosfatidilinositolo-4,5-bisfosfato in 1,4,5-inositolo-trifosfato (IP3) e 1,2-diacilglicerolo, che risulta in un transitorio aumento di Ca2+i . L’emivita dell’IP3 nella cellula è di circa 30 secondi prima che questo sia degradato ad IP2 ed IP1. Il kit prevede l’aggiunta di cloruro di litio (LiCl) alla reazione, il cui ruolo è quello di inibire l’ulteriore degradazione dell’IP1 a mio-inositolo, così che l’IP1 possa accumularsi nella cellula. Dopo l’attivazione recettoriale, l’IP1 può essere quantificato con la tecnica ELISA (Fig.15). L’ esperimento ELISA per la determinazione quantitativa dell’IP1 è di tipo competitivo. La lettura si basa sulla competizione tra l’IP1 libero e l’IP1 coniugato con HRP (IP1-HRP, Horse-Radish Peroxidase) per il legame con un numero limitato di siti di binding dell’anticorpo monoclonale anti-IP1 (Fig. 16). Figura 16: Schema della fase di binding competitivo (Cisbio). A ciascun pozzetto di cellule trasfettate vengono aggiunti 15 µl di buffer di stimolazione (10mM di acido 4-2-idrossietil-1-piperazinil-etansolfonico, 0.5mM MgCl2, 4.2mM di KCl,

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47

146mM di NaCl, 5.5mM di glucosio, 50mM di LiCl) contenenti concentrazioni crescenti di cloruro di calcio (0, 5, 10 mM CaCl2).

Segue una fase di incubazione di 1h a 37°C e 5% di CO2, durante la quale si ha un accumulo

intracellulare di IP1 prodotto dall’attivazione del CaSR da parte del Ca2+ contenuto nel

buffer di stimolazione.

Al termine dell’ora d’incubazione le cellule vengono trattate con un opportuno reagente di lisi e incubate 30 minuti a 37°C ed al 5% di CO2. Il lisato, contenente l’IP1 che si è

accumulato, viene trasferito nei pozzetti di una piastra ELISA. C0 0nM C0 0nM C1 17nM C1 17nM C2 52nM C2 52nM C3 208nM C3 208nM C4 833nM C4 833nM C5 5000nM C5 5000nM NSB NSB Blank TA Figura 17: Rappresentazione delle colonne occupate dalle soluzioni standard (Cisbio); per ogni punto della curva standard è indicata la concentrazione di IP1-Calibrator aggiunto; NSB=Non-Specific-Binding; TA=Total Activity.

La curva standard, in duplicato, viene preparata diluendo una piccola quantità di IP1 calibrator fornito dal kit, nel buffer di stimolazione (Fig. 17). Due pozzetti della piastra ELISA saranno occupati per il Non-Specific-Binding, uno dal bianco ed uno è destinato per la misurazione della Total-Activity dell’enzima.

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48 Figura 18: Composizione pozzetti piastra ELISA (Cisbio). Al surnatante prelevato dalle cellule ed alle soluzioni standard (50 µl) vengono aggiunti 25µl di IP1-HRP e 25µl di Anti-IP1 MAb (anticorpo murino diretto contro l’IP1). Nei pozzetti per l’NSB vengono aggiunti solo IP1-HRP ed il diluente (Fig.18).

La piastra così preparata viene incubata al buio per 3h a temperatura ambiente in agitazione a 240rpm (revolutions per minute). Al termine delle tre ore di incubazione, vengono eseguiti sei cicli di lavaggi con Washing Solution fornita dal kit. La rilevazione dell’attività enzimatica viene effettuata incubando i pozzetti per 30 minuti a temperatura ambiente, al buio , in presenza di 100µl di TMB (3,3’,5,5’-tetrametilbenzidina), un cromogeno non cancerogeno. Nel pozzetto in cui verrà misurata la Total Activity dell’enzima si aggiungono, dopo il cromogeno, 5 µl di IP1-HRP. Al termine dell’incubazione la reazione viene bloccata aggiungendo 100µl di Stop Solution in ogni pozzetto. La lettura quantitativa del segnale deve avvenire entro 2 ore da questo momento.

La lettura della densità ottica della piastra ELISA viene eseguita a 450nm e a 620 nm per la correzione ottica La forza del segnale risulterà inversamente proporzionale alla quantità di antigene presente poiché l’esperimento ELISA è di tipo competitivo. Quindi, nel nostro

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caso, tanto maggiore sarà la quantità di IP1 prodotta, tanto minore sarà la densità ottica misurata.

Per ogni pozzetto la densità ottica (OD) misurata a 620 nm è stata sottratta da quella misurata a 450 nm. Sono state poi calcolate: - la media delle letture (in duplicato/triplicato) relativa ad ogni punto di stimolazione (0, 5, 10 mM CaCl2) di ciascun campione mutato e ad ogni concentrazione consigliata della curva standard; - la media delle letture relative ai pozzetti del Non Specific Binding (NSB); - la OD media netta dello standard e del campione:

OD media netta = OD media legato (standard o campione) – OD media di NSB

- percentuale del rapporto la media netta del campione e la media netta di C0.

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Risultati

Parte 1 Valutazione clinica delle famiglie FHH1 Oltre ai 18 probandi, ai quali è assegnato un numero identificativo, sono stati inclusi nella nostra analisi 61 familiari, per un totale di 79 soggetti. I parenti dei probandi sono stati ulteriormente suddivisi in tre gruppi: mutati (n=29), WT (n=17), e “non noti” (n=15) cioè soggetti che hanno rifiutato la valutazione biochimica e/o l’analisi genetica.

I probandi includevano 5 uomini e 13 donne. Estendendo questa valutazione a tutti gli individui considerati nello studio, le donne erano 51 e gli uomini 28.

Per la costruzione degli alberi genealogici sono state impiegate le informazioni raccolte nelle cartelle dei Probandi delle diciotto famiglie e negli articoli già pubblicati dal gruppo del Prof. Marcocci e della Dott.ssa Cetani71,70,72,79.

Di seguito vengono riportati gli alberi genealogici di diciassette famiglie (per una delle probande non era possibile ottenere dati sulla famiglia in quanto affetta da gravi disturbi psichiatrici) (Fig.19 I-XVII).

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51 Figura 19-I Figura 19-II

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52 Figura 19-III Figura 19-IV Figura 19-V

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53 Figura 19-VI Figura 19-VII Figura 19-VIII Figura 19-IX Figura 19-X

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54 Figura 19-XI Figura 19-XII Figura 19-XIII

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55 Figura 19-XIV: la doppia sbarra indica la separazione coniugale. Figura 19-XV Figura 19-XVI

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56 Figura 19-XVII Legenda delle figure da 19-I a 19-XVII: • cerchio= donna, quadrato= uomo; • freccia= probando; • generazioni segnate con numero romano, numeri arabi per identificare i soggetti nella stessa generazione; • simbolo pieno= mutato omozigote, simbolo mezzo pieno= mutato eterozigote, simbolo bianco= wild type; • simbolo con croce= individuo deceduto; simbolo sbarrato= individuo non valutato geneticamente. Dati clinici dei probandi In Tabella 2 riportiamo i dati clinici dei pazienti raccolti dalle cartelle degli stessi.

In linea con il fenotipo della malattia, quasi tutti i probandi sono asintomatici. Solo le pazienti 117 e 3399 sono affette da osteoporosi e interessamento renale (microlitiasi renale), rispettivamente. E’ importante sottolineare questi aspetti clinici sono rilevanti per la diagnosi differenziale con il PHPT.

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57 Ta be lla 2: d at i c lin ic i d ei p rob an di pa zi ent i

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L’età media dei Probandi al momento della diagnosi era di 50.38±28.76 anni, ulteriore conferma del fatto che spesso la malattia viene diagnosticata in maniera incidentale durante i controlli di routine, proprio perché è asintomatica. Comunque l’ampio intervallo ci mostra la grande variabilità dell’età dei pazienti al momento della diagnosi.

Nessuno dei nostri pazienti assumeva terapia con litio e/o diuretici, farmaci che potenzialmente possono alterare i livelli della calcemia e PTH. In particolare, per quel che riguarda il litio, sin dal 1973 Garfinkel ha descritto come l’impiego di questo tipo di farmaco in pazienti psichiatrici potesse comportare alterazioni nel metabolismo fosfo-calcico con elevazioni della calcemia80. Nel dettaglio il litio può interferire con i meccanismi omeostatici

che si realizzano a livello delle paratiroidi e dei reni, coinvolti nella regolazione della concentrazione del Ca2+o81. Il litio sembrerebbe responsabile di uno shift del set-point del

calcio (concentrazione di calcio alla quale la secrezione massima del PTH è inibita del 50%) verso destra, comportando un innalzamento della calcemia82.

Per quel che riguarda l’impiego di farmaci diuretici, ed in particolare dei tiazidici, sono stati descritti studi nei quali si dimostrava come questi farmaci potessero ridurre significativamente la clearance renale di Ca2+ nelle 24h e, conseguentemente, ridurre

l’UCCR, mentre la creatininemia risultava più elevata83.

Un altro aspetto degno di considerazione è quello relativo al numero di probandi che hanno subito un intervento di chirurgia al collo. Due di 18 (11.1%) probandi hanno subito un intervento di paratiroidectomia (PTX). In particolare, possiamo osservare che la paziente 578 è stata trattata con PTX superiore sinistra, mentre la 558 con PTX superiore destra. In entrambi i casi, l’imaging preoperatorio evidenziava la presenza di una lesione cervicale compatibile con una paratiroide patologica, che all’esame istologico risultava essere un adenoma paratiroideo.

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60 La paziente 72 ed il 719 sono stati sottoposti a tiroidectomia totale per Morbo di Graves e per un carcinoma papillare, rispettivamente. In entrambi i casi i livelli di calcio post chirurgia erano sovrapponibili a quelli preoperatori. Dati biochimici dei probandi e dei familiari In Tabella 3 (pagina seguente) sono riportati i dati biochimici dei probandi e dei familiari.

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61 Ta be lla 3: d at i b io ch im ic i d i p rob an di e fa m ili ar i

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