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PROGETTO DI UN IMPIANTO A FANGHI ATTIVI CON RECUPERO DI NUTRIENTI MEDIANTE PRODUZIONE DI STRUVITE

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SCUOLA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA IDRAULICA,

DEI TRASPORTI E DEL TERRITORIO

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

PROGETTO DI UN IMPIANTO A FANGHI ATTIVI CON

RECUPERO DI NUTRIENTI MEDIANTE PRODUZIONE DI

STRUVITE

Relatore

PROF. ING. RENATO IANNELLI

Candidata

MARIA VITTORIA MARCHETTI

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Lascio agli altri la convinzione di essere i migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare Marilyn Monroe

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A Babbo e Mamma, le mie ancore…

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1

PREMESSA ... 3

1. INTRODUZIONE AI SISTEMI DI TRATTAMENTO ... 4

1.1LADEPURAZIONEDELLEACQUEREFLUE ... 4

1.2CENNIALFUNZIONAMENTOEALLASTRUTTURADIUNIMPIANTODIDEPURAZIONE ... 4

1.3ILRIUTILIZZODELLEACQUEREFLUEDEPURATE-CENNI ... 5

1.4RIFERIMENTINORMATIVI ... 5

1.4.1 NORMATIVA EUROPEA ... 6

1.4.1.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE ... 6

1.4.1.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI ... 6

1.4.2 NORMATIVA ITALIANA ... 11

1.4.2.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE ... 11

1.4.2.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI ... 15

1.4.3 NORMATIVA REGIONALE ... 18

1.4.3.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE ... 18

1.4.3.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI ... 18

1.5AREESENSIBILIEDEUTROFIZZAZIONE ... 19

2 IL RIUTILIZZO DEI FANGHI ... 22

2.1PRODUZIONEDIFANGHI ... 22

2.2AUMENTODELLAPRODUZIONEDIFANGHIINITALIAEINEUROPA ... 24

2.3SMALTIMENTOINDISCARICACONTROLLATADEIFANGHI ... 28

2.4INCENERIMENTODEIFANGHI ... 30

2.5RIUSOINAGRICOLTURADEIFANGHIDIDEPURAZIONE ... 32

2.5.1 DIVIETI ... 33

2.5.2 PRESCRIZIONI OPERATIVE ... 33

2.6COMPOSTAGGIODEIFANGHI... 34

3. TECNICHE PER IL RECUPERO DEI NUTRIENTI: LA PRODUZIONE DI STRUVITE ... 37

3.1IMPORTANZARECUPERONUTRIENTI ... 37

3.2RECUPEROFOSFOROEINNOVAZIONE ... 39

3.3INTRODUZIONEALLASTRUVITE ... 40

3.4CHIMICADELLASTRUVITE ... 42

3.5PRECIPITAZIONESPONTANEADELLASTRUVITEINCAMPODIACQUEREFLUE... 43

3.6MECCANISMIDICRISTALLIZZAZIONEDELLASTRUVITE ... 45

3.6.1 NUCLEAZIONE DELLA STRUVITE ... 45

3.6.2 CRESCITA DEL CRISTALLO... 46

3.7RIMOZIONEDELFOSFOROERECUPEROCOMESTRUVITE ... 47

3.7.1 TRATTAMENTI CONVENZIONALI DI RIMOZIONE DEL FOSFORO ... 47

3.7.1.1 RIMOZIONE CHIMICA DEL FOSFORO ... 47

3.7.1.2 RIMOZIONE BIOLOGICA DEL FOSFORO ... 48

3.7.2 LA SOLUZIONE DELLA CRISTALLIZZAZIONE ... 50

3.7.2.1 LIMITI DELLA PRECIPITAZIONE IN REATTORI A LETTO FLUIDO O IN REATTORI CON INSUFFLAZIONE DI ARIA ... 52

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2

3.7.3 INTERESSI NEL CONTROLLO E NEL RECUPERO DEL FOSFORO COME STRUVITE ... 52

3.7.3.1 RIDUZIONE DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE ... 52

3.7.3.2 RIDUZIONE DEI FANGHI ... 53

3.7.3.3 USO DELLA STRUVITE COME FERTILIZZANTE ... 54

3.7.4 ECONOMIA DELLA STRUVITE ... 54

3.8PROGETTOEUROPEO“STRUVITE” ... 55

3.9STATODELL’ARTEINTERNAZIONALE... 56

3.9.1 OSTARA (CANADA) ... 57 3.9.2 NURESYS (BELGIO) ... 57 3.9.3 AIRPREX (GERMANIA) ... 58 3.9.4 PHOSNIX (GIAPPONE) ... 58 3.9.5 STRUVIA (FRANCIA) ... 58 3.9.6 PHOSPHOGREEN (FRANCIA) ... 59 3.9.7 ANPHOS (ITALIA) ... 60

4 PROGETTO DI UN IMPIANTO REALE A FANGHI ATTIVI ... 61

4.1CRITERIDIDIMENSIONAMENTO ... 62

4.1.1 DIMENSIONAMENTO DEL REATTORE BIOLOGICO ... 65

4.1.2 DIMENSIONAMENTO DEI SEDIMENTATORI FINALI ... 69

4.2PROGETTAZIONEDELL’IMPIANTODITRATTAMENTODELLEACQUEREFLUEDIVRANJE ... 71

4.2.1 PARAMETRI DI PROGETTO ... 71

4.2.2 DESCRIZIONE DEL PROCESSO E DELLE UNITA’ ... 74

4.2.2.1 STRUTTURE DI INGRESSO E TRATTAMENTI MECCANICI ... 74

4.2.2.2 TRATTAMENTI SECONDARI ... 79

4.2.2.3 TRATTAMENTI TERZIARI ... 84

4.2.2.4 TRATTAMENTI DEL FANGO E PRODUZIONE DI BIOGAS ... 85

4.3VERIFICADELL’IMPIANTOCONMODELLODISIMULAZIONE ... 92

4.3.1 BASI PER LA MODELLAZIONE DELLA PRECIPITAZIONE DI STRUVITE ... 95

4.3.2 SIMULAZIONI SENZA PRODUZIONE DI STRUVITE... 97

4.3.3 SIMULAZIONI CON PRODUZIONE DI STRUVITE ... 99

4.4ANALISICOMPARATIVADEICOSTI ... 101

CONCLUSIONI ... 104

APPENDICE 1A ... 105

BIBLIOGRAFIA ... 119

(7)

3

PREMESSA

Negli ultimi anni in Europa si è manifestata una sensibilità sempre più spiccata nei confronti dei problemi legati all’inquinamento delle acque e alla tutela dell’ambiente, individuando soluzioni che tendano a modificare il meno possibile gli habitat naturali.

La carenza di risorse idriche disponibili ha stimolato la ricerca scientifica favorendo una continua evoluzione delle tecnologie civili e industriali idonee alla progettazione, costruzione, manutenzione e gestione dei sistemi di drenaggio urbano e degli impianti di depurazione.

Nella Comunità Europea la progressiva attuazione della Direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, comporta un costante aumento dei quantitativi di fanghi originati dai processi di depurazione a tal punto che oggi la problematica del trattamento e smaltimento dei fanghi prodotti dai processi di depurazione delle acque reflue urbane assume sempre più importanza sia a livello nazionale che internazionale.

In particolare, le motivazioni che caratterizzano un tale interesse possono essere ricondotte ai seguenti punti:

– intensificazione delle aree urbanizzate, con conseguenti incrementi delle portate e dei volumi delle acque reflue, e quindi dei volumi prodotti;

– maggiore sensibilità nei confronti della salute dell’ambiente e quindi l’esigenza di avere centri abitati dotati di un proprio impianto di depurazione.

Scopo del presente lavoro è lo studio dei principali metodi di gestione dei fanghi e un’analisi approfondita della tecnica di recupero dei nutrienti mediante produzione di struvite.

E’ stato poi effettuato il dimensionamento processistico di un impianto di depurazione, situato a Vranje, in Serbia; per tale impianto è stato previsto, oltre alle tradizionali tecniche per la rimozione del fosforo, anche il recupero dei nutrienti mediante la produzione di struvite. Inoltre è stata eseguita una simulazione con il software BioWin per verificare il dimensionamento effettuato.

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4

1. INTRODUZIONE AI SISTEMI DI TRATTAMENTO

1.1 LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE

Le attività umane, quali quelle sociali, produttive e ricreative, principalmente in ambito urbano, richiedono e utilizzano una grande quantità di acqua. La conseguenza principale dell’utilizzo dell’acqua è la produzione di scarichi che, per poter essere restituiti all’ambiente, devono necessariamente essere sottoposti a un trattamento di tipo depurativo.

La depurazione delle acque reflue civili e industriali costituisce uno dei punti cardine delle politiche di tutela ambientale intraprese a livello europeo (Commissione Europea, 2003).

Il notevole progresso tecnologico conseguito nel settore della depurazione delle acque reflue ha permesso di mettere a punto sistemi di trattamento sempre più avanzati. Tuttavia, la depurazione delle acque rappresenta ancora un problema economico e gestionale sia in relazione a vincoli sempre più restrittivi allo scarico, imposti dalle direttive europee, che in relazione all’aumento della produzione di fanghi.

I sistemi di trattamento imitano i processi biologici che avvengono naturalmente nei corpi idrici; la depurazione risulta però molto più veloce negli impianti rispetto ai corsi d’acqua, grazie alla tecnologia impiegata. Il trattamento del refluo è tanto più spinto quanto più i corpi idrici recettori (mari, fiumi, laghi…) risultano a rischio di inquinamento permanente.

1.2 CENNI AL FUNZIONAMENTO E ALLA STRUTTURA DI UN IMPIANTO DI

DEPURAZIONE

Esiste una grande varietà di processi di depurazione, la cui applicazione dipende dalle caratteristiche dell’acqua da trattare e dal grado di depurazione richiesto.

Il processo di depurazione è condotto attraverso una successione di operazioni, combinate a costituire il ciclo di trattamento. La varietà degli inquinanti presenti nei reflui di diversa origine richiede l’adozione di processi specifici: non esistono processi e cicli di trattamento utilizzabili per qualsiasi tipologia di scarico. La quasi totalità dei cicli comprende una fase di separazione solido-liquido. Possono di conseguenza individuarsi due sezioni fondamentali del ciclo di trattamento:  Linea acque

 Linea fanghi

La linea acque consente la rimozione dei composti inquinanti dal refluo a fronte della produzione di fanghi costituiti dalla frazione sedimentabile; in particolare la linea acque si articola nelle seguenti fasi:

- pre-trattamenti e trattamenti primari: hanno lo scopo di eliminare i materiali grossolani presenti nel refluo in arrivo dalle condotte fognarie;

- trattamenti secondari: trattamenti di tipo chimico-fisico o biologico. Sono finalizzati alla conversione degli inquinanti biodegradabili disciolti in materiale sedimentabile. A valle di tale conversione si richiede una fase di separazione fisica del materiale cellulare (fango) dall’effluente depurato tramite sedimentazione;

- trattamenti terziari: trattamenti con lo scopo di affinare ulteriormente l’effluente.

La linea fanghi è finalizzata al trattamento dei fanghi di risulta dalle fasi di trattamento della linea acque (per i reflui civili sono circa 1-2% del refluo trattato). Tali fanghi sono caratterizzati da una

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5 elevata putrescibilità e da un notevole contenuto d’acqua; devono quindi essere sottoposti a una serie di fasi di trattamento (di tipo fisico, chimico e biologico) per ridurne la putrescibilità, il contenuto d’acqua e renderli più facilmente gestibili e trasportabili. I processi di trattamento cui i fanghi devono essere sottoposti dipendono dalla loro specifica natura, sebbene ispessimento, digestione e disidratazione siano generalmente presenti.

Dalla linea acque viene prodotta una grande quantità di acqua depurata al giorno, che sarà restituita all’effluente a valle dell’impianto di depurazione; analogamente, dalla linea fanghi viene prodotta quotidianamente una grande massa di fanghi che devono essere stoccati, per poi essere destinati al loro recapito finale (riutilizzo, smaltimento).

E’ evidente come risulti vantaggioso riuscire a riutilizzare e sfruttare i prodotti di entrambe le linee.

Nel successivo Paragrafo 1.3 IL RIUTILIZZO DELLE ACQUE REFLUE DEPURATE - CENNIè analizzato sinteticamente l’aspetto del riutilizzo delle acque reflue depurate, mentre i Capitoli 2 e 3 sono interamente dedicati allo studio delle tecniche attualmente disponibili per la gestione dei fanghi e per il recupero dei nutrienti, con particolare attenzione alla produzione di struvite.

1.3 IL RIUTILIZZO DELLE ACQUE REFLUE DEPURATE - CENNI

Il concetto di acqua come bene di poco valore (fonte inesauribile e di nessun costo reale) è ormai superato poiché si è compreso che l’acqua è un bene prezioso, una risorsa limitata di cui fare un uso corretto e responsabile. La continua crescita della popolazione, l’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, la disomogenea distribuzione delle risorse idriche e i ricorrenti periodi di siccità comportano la ricerca di sempre nuove fonti di approvvigionamento. Nasce quindi l’approccio evoluto del riutilizzo delle acque reflue recuperate che presenta due importanti vantaggi: riduzione del prelievo delle acque superficiali e sotterranee e tutela dell’ambiente idrico. Le acque reflue recuperate possono essere utilizzate in svariate attività e in particolare, nella normativa italiana (TU 152/2006) ne sono individuate quattro: riutilizzo agricolo, industriale, ambientale e civile. Per ciascun tipo di riutilizzo le richieste di qualità sono diverse e i limiti diventano sempre più stringenti all’aumentare del rischio di ingestione di acqua depurata da parte del pubblico, degli operatori di settore o dei consumatori. Il riutilizzo a scopo irriguo in campo agricolo costituisce la scelta più promettente perché è vantaggiosa per la disponibilità continua nel tempo della risorsa idrica e la presenza di nutrienti necessari allo sviluppo delle colture.

1.4 RIFERIMENTI NORMATIVI

Il riferimento normativo relativo alla depurazione delle acque e alla gestione dei fanghi è molto ampio. E’ riportato in seguito un quadro generale delle normative che si sono susseguite in materia di depurazione delle acque e di gestione dei fanghi, partendo da quelle emanate dall’Unione Europea e considerando poi la normativa nazionale, fino a definire sommariamente le competenze delle Regioni.

Sono state analizzate le normative relative a entrambe le tematiche in quanto il presente lavoro ha avuto come scopo uno studio sulla problematica della eccessiva produzione di fanghi dagli impianti di trattamento e su un metodo di recupero di nutrienti dai fanghi che si è poi concretizzato nel dimensionamento processistico di un impianto, in cui è prevista la produzione di struvite.

(10)

6

1.4.1 NORMATIVA EUROPEA

1.4.1.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE

La direttiva comunitaria 91/271/CEE “concernente il trattamento delle acque reflue urbane”, costituisce in questo ambito la norma di riferimento per gli Stati membri della UE; considera la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue industriali e urbane e dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione.

Il suo scopo è ovviamente quello di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di tali acque.

La direttiva, agli art.1 e 2, stabilisce uno scadenzario che gli Stati membri devono rispettare per attrezzare gli agglomerati urbani che corrispondono ai criteri stabiliti dalla Direttiva stessa, con reti fognarie e sistemi di trattamento delle acque reflue.

Definisce inoltre i requisiti che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue devono soddisfare, precisando che qualora lo scarico sia previsto in un’area sensibile, come definita dalla presente Direttiva, è necessario sottoporre le acque a un trattamento più spinto. I limiti allo scarico previsti dalla suddetta direttiva sono recepiti a livello nazionale dal Testo Unico Ambientale, con l’unica differenza che i limiti prescritti dal testo Unico distinguono due categorie di impianti in base alla loro potenzialità, mentre la Direttiva comunitaria non prevede questa distinzione. Tali limiti, per semplicità di lettura, sono riportati nel Paragrafo 1.4.2.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE.

L’altra direttiva europea di riferimento per gli Stati membri dell’UE è la 91/676/CEE, “relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”. La necessità di intervenire in questo senso è nata dalla presa di coscienza che l’uso eccessivo di fertilizzanti azotati e di concimi organici costituiva un rischio ambientale e che i nitrati di origine agricola rappresentavano una delle cause principali dell’inquinamento diffuso dei corpi idrici. Infine, un ultimo riferimento è costituito dalla Direttiva 2000/60/CEE (Direttiva Quadro sulle Acque) i cui obiettivi principali sono conformi alle finalità complessive della politica ambientale della Comunità, ovvero contribuire a perseguire salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità ambientale, nonché l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, muovendo dai principi della precauzione e dell’azione preventiva, dal principio della riduzione, soprattutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente e dal principio “chi inquina paga”. La Direttiva Acque mira ad ottenere la graduale riduzione delle emissioni di sostanze pericolose nelle acque per raggiungere l’obiettivo finale di eliminare le sostanze pericolose prioritarie. Tale Direttiva inquadra globalmente il problema ambientale connesso alla qualità delle acque ed è completata da altre norme europee più specifiche tra cui le sopracitate Direttiva sulle acque reflue urbane 91/271/CEE e Direttiva nitrati 91/676/CEE.

1.4.1.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI

La prima e attualmente vigente normativa europea in materia di riutilizzo di fanghi è la Direttiva 86/278/CEE “concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura”. Tale Direttiva, dopo aver fornito le definizioni di fanghi, fanghi trattati, agricoltura e utilizzazione, stabilisce una serie di norme per gli agricoltori relative all’impiego dei fanghi di depurazione come fertilizzanti, volte a evitare che tale pratica danneggi l’ambiente e la salute umana compromettendo la qualità del suolo e delle acque superficiali e sotterranee.

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7 A tale scopo, la Direttiva impone dei limiti sulle concentrazioni consentite nel suolo per sette metalli pesanti che potrebbero essere nocivi per piante ed esseri umani: cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio e cromo. Essa vieta l’utilizzo dei fanghi di depurazione che lasciano concentrazioni superiori a tali limiti.

I limiti specifici sono indicati nelle tabelle degli allegati della Direttiva.

 Allegato IA: valori limite di concentrazione di metalli pesanti nel suolo.

Parametri Valori limite [mg/kg di sostanza secca]

Cadmio Da 1 a 3 Rame Da 50 a 140 Nichel Da 30 a 75 Piombo Da 50 a 300 Zinco Da 150 a 300 Mercurio Da 1 a 1,5 Cromo ---

 Allegato IB: valori limite della concentrazione di metalli pesanti nei fanghi utilizzati in agricoltura.

Parametri Valori limite [mg/kg di sostanza secca]

Cadmio Da 20 a 40 Rame Da 1000 a 1750 Nichel Da 300 a 400 Piombo Da 750 a 1200 Zinco Da 2500 a 4000 Mercurio Da 16 a 25 Cromo ---

 Allegato IC: valori limite delle quantità annue di metalli pesanti che possono essere immesse nei terreni coltivati, calcolati in base a una media di 10 anni.

Parametri Valori limite [kg/ha/anno]

Cadmio 0,15 Rame 12 Nichel 3 Piombo 15 Zinco 30 Mercurio 0,1 Cromo ---

Normalmente, i fanghi devono essere sottoposti a un trattamento prima di essere utilizzati in agricoltura. Tuttavia, in alcuni paesi dell’Unione europea (UE), gli agricoltori possono essere autorizzati a utilizzare fanghi non trattati se iniettati o interrati nel suolo.

Esistono situazioni nelle quali i fanghi non possono essere utilizzati in agricoltura:

 sui pascoli o sulle colture foraggere qualora su detti terreni si proceda al pascolo o alla raccolta del foraggio prima di tre settimane;

 sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura durante il periodo vegetativo. Questa regola non si applica agli alberi da frutto;

 sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto con il terreno e vengono consumati crudi. Questo divieto si applica per dieci mesi prima del raccolto e durante il raccolto stesso.

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8 Le autorità nazionali sono tenute a garantire che l’utilizzo dei fanghi da parte degli agricoltori non superi i limiti imposti dalla legge, nonché a campionare e analizzare i fanghi e il suolo sul quale vengono impiegati, tenendo traccia di:

 quanti fanghi vengono prodotti e utilizzati in agricoltura;  la composizione e le proprietà dei fanghi;

 il trattamento a cui sono stati sottoposti i fanghi;

 il luogo in cui vengono impiegati i fanghi e l’utilizzatore di questi ultimi.

La Commissione europea pubblica una regolare relazione sull’uso dei fanghi nell’agricoltura dell’UE che raccoglie le informazioni riportate dai singoli paesi su questo argomento.

Nell’aprile 2000 nasce il “Working document on sludge 3rd Draft”, una proposta di revisione della Direttiva 1986/278 con lo scopo di regolamentare il riuso dei fanghi in agricoltura, pratica

diventata molto diffusa, e supplire laddove la precedente normativa fosse confusa.

Tale proposta, nella parte iniziale, definisce quale sia lo scopo: “Per mantenere o migliorare il tasso attuale di recupero dei nutrienti e della materia organica contenuti nel fango, sarà necessario estendere l’ambito delle normative attuali e includere la gestione del fango in uscita anche relativamente alla selvicoltura, alle aree verdi e alla terra recuperata”.

Oltre a confermare gli articoli della precedente direttiva, questo documento punta a raffinare le norme in vigore. Definisce con maggior rigore quali siano i trattamenti che devono subire i fanghi per poter essere riutilizzati, suddividendoli in advanced treatment (hygienisation) e conventional treatment (Annex I, Working document on sludge) e specifica quale tipo di trattamento è ammesso a seconda dell’uso del suolo.

Si riporta in seguito l’elenco dei trattamenti avanzati e di quelli convenzionali. Trattamenti avanzati di stabilizzazione/disinfezione

 Essiccamento termico assicurando che la temperatura delle particelle del fango sia maggiore di 80°C con una riduzione del contenuto d’acqua a un valore inferiore al 10% e mantenendo l’attività dell’acqua sopra a 0,90 pe la prima ora di trattamento.

 Stabilizzazione aerobica termofila a temperatura di almeno 55°C per 20 ore in discontinuo, senza mescolamenti e scarichi durante il trattamento.

 Digestione anaerobica termofila a una temperatura di almeno 53°C per 20 ore in discontinuo, senza mescolamenti e scarichi durante il trattamento.

 Trattamento termico del fango liquido per un tempo minimo di 30 minuti a 70°C seguito dalla digestione anaerobica mesofila alla temperatura di 35°C con un tempo medio di permanenza di 12 giorni.

 Condizionamento con calce pe raggiungere un pH maggiore o uguale a 12 e mantenere una temperatura di almeno 55°C per 2 ore.

 Condizionamento con calce per raggiungere e mantenere un pH maggiore o uguale a 12 per 3 mesi.

Il processo avanzato deve essere inizialmente validato in riferimento all’abbattimento della Salmonella Senftenberg W 775 che deve essere pari ad almeno 6 unità logaritmiche. Il fango trattato non deve contenere Salmonella spp in 50 g di peso secco ed il trattamento deve comunque essere idoneo a raggiungere un abbattimento di almeno 6 unità logaritmiche di Escherichia Coli che può essere presente in concentrazione non superiore a 500 CFU/g.

Trattamenti convenzionali

 Stabilizzazione aerobica termofila alla temperatura di almeno 55°C con un tempo di permanenza medio di giorni.

 Digestione anaerobica termofila alla temperatura di almeno 53°C con un tempo di permanenza medio di 20 giorni

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9  Condizionamento con calce assicurando un’omogeneizzazione di fango e calce. La miscela deve raggiungere un pH maggiore di 12 immediatamente aggiungendo la calce e mantenere un pH pari almeno a 12 per 24 ore.

 Digestione anaerobica mesofila alla temperatura di 35°C con un tempo di permanenza medio di 15 giorni.

 Aerazione estensiva a temperatura ambiente in discontinuo, senza mescolamenti e scarichi durante il trattamento (la durata minima del trattamento è stabilita dalla autorità competente considerando le condizioni climatiche dell’area in cui viene effettuato).  Stabilizzazione aerobica simultanea a temperatura ambiente (la durata minima del

trattamento è stabilita dalla autorità competente considerando le condizioni climatiche dell’area in cui viene effettuato).

 Stoccaggio in fase liquida a temperatura ambiente in discontinuo, senza mescolamenti o scarichi durante tale periodo.

Il trattamento convenzionale del fango deve raggiungere una riduzione di almeno 2Log10 di Escherichia Coli.

Vengono riportati in Tabella 1 i trattamenti che devono effettuati sui fanghi in base all’uso del suolo a cui sono destinati.

Pascolo Si Si, iniezione profonda e vietato il

pascolo nelle 6 settimane successive

Foraggere Si Si, vietato il raccolto nelle 6

settimane successive all’applicazione

Terreni arabili Si Si, iniezione profonda e immediato

interramento Frutta e vegetali in contatto con il

terreno

Si Si, la raccolta non è consentita nei

12 mesi successivi all’applicazione Frutta e vegetali in contatto con il

terreno e mangiarli crudi

Si Si, la raccolta non è consentita nei

30 mesi successivi all’applicazione Alberi da frutta, vigneti e vivai di

piante e riforestazione

Si Si, iniezione profonda e vietato

l’accesso al pubblico per i 10 mesi successivi all’applicazione Parchi, aree verdi, giardini, tutte le

aree urbane dove è consentito l’accesso al pubblico

Si, solo la fango ben stabilizzato e privo di odori

No

Foreste No No

Recupero dei suoli Si Si, vietato l’accesso al pubblico per

i 10 mesi successivi all’applicazione

Tabella 1 Trattamenti da effettuare sui fanghi in relazione all’uso del suolo a cui sono destinati

Altre novità introdotte nel presente documento riguardano i valori limite di concentrazione dei metalli pesanti che risultano più restrittivi rispetto a quelli attualmente in vigore (Tabella 2) e l’introduzione di valori limite di concentrazione per i composti organici (Tabella 3).

Medio termine (circa 2015) Lungo termine (circa 2025) Valori limite di concentrazione dei metalli pesanti nel fango

Valori limite delle quantità annue di metalli pesanti che

possono essere immesse nei

Valori limite di concentrazione

dei metalli pesanti nel fango

Valori limite delle quantità annue di metalli pesanti che

possono essere immesse nei

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10 per il riuso agricolo [mg/kg] terreni coltivati, calcolati in base a una media di 10 anni [g/ha/anno] per il riuso agricolo [mg/kg] terreni coltivati, calcolati in base a una media di 10 anni [g/ha/anno] Cadmio 5 15 2 6 Cromo 800 2400 600 1800 Rame 800 2400 600 1800 Mercurio 5 15 2 6 Nichel 200 600 100 300 Piombo 500 1500 200 600 Zinco 2000 6000 1500 4500

Tabella 2 Valori limite di concentrazione dei metalli pesanti

Composti organici Valori limite

Somma dei composti organici alogenati (AOX) 500 mg/kg

Alchil benzen solfonati lineari (LAS) 2600 mg/kg

Di2 (2-etilesi)ftalato (DEHP) 100 mg/kg

Nonilfenolo e nonilfenoloetossilato con 1 o 2 gruppi etossilici (NPE) 50 mg/kg

Somma dei seguenti idrocarburi policiclici aromati (PAH) acenaftene, fenantrene, fluorene, fluorantene, pirene. Benzo(b+j+k) fluorantene, benzo(a)pirene, benzo(ghi)terilene, indeno(1,2,3-c,d) pirene

6 mg/kg

Somma dei policlorobifenili (PCB) con numeri 28, 52,101, 118,138,153,180

0,8 mg/kg

Poli cloro dibenzo diossine/furani (PCDD/F) 100 ng TE/kg

Tabella 3 Valori limite di concentrazione per i composti organici

Un’altra innovazione suggerita è il riferimento di tutti i processi di trattamento dei fanghi agli standard del Comitato europeo di normalizzazione (Cen) e, se eventualmente non disponibili, dell’International organization for standardization (Iso) o di altri standard nazionali e internazionali (Annex I).

Nel settembre 2010 nasce un’altra proposta europea di revisione della Direttiva 86/278/CEE, il “Working document on sludge and biowaste”, che introduce valori più restrittivi rispetto a quelli della Direttiva e dell’analogo documento del 2000 (“Working document on sludge”).

Il documento nasce dall’esigenza di adeguare la Direttiva ai cambiamenti dei rifiuti biologici e della politica emersi dalla Comunicazione della Commissione su “Passi futuri nella gestione dei rifiuti biologici nell’Unione Europea” adottato il 18 maggio 2010. La proposta ha lo scopo di strutturare un’ulteriore discussione con gli Stati Membri e le parti interessate per preparare la Commissione in vista della revisione della Direttiva sul riutilizzo dei fanghi in agricoltura.

Lo scopo che si prefigge la Commissione è quello di stabilire dei nuovi standard minimi per il riutilizzo dei rifiuti biologici e dei fanghi in agricoltura per assicurare il massimo beneficio dal recupero dei nutrienti e limitare il rilascio di sostanze pericolose nel suolo. Vengono individuate tre classi di prodotti: compost/digestato, liberamente negoziabile (sempre in modo confinato), una classe per i fanghi e i rifiuti biologici, adatti per il riutilizzo in agricoltura e una terza classe al di sotto dei livelli minimi di qualità, che non può essere usato in alcun modo in agricoltura. I fanghi e rifiuti biologici usati in agricoltura devono essere sottoposti a controlli: vengono condotti test sul suolo e monitorate le concentrazioni di inquinanti introdotte in un periodo superiore a 3 anni. I rifiuti biodegradabili e i fanghi che non rispettano i valori limite di qualità per essere usati in agricoltura sono regolati dalle legislazioni nazionali.

(15)

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1.4.2 NORMATIVA ITALIANA

1.4.2.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE

La prima disciplina organica in materia di “Acque” nell’ordinamento italiano risale alla legge 319/1976, c.d. Legge Merli, con la quale si avverte per la prima volta l’esigenza di apprestare un’adeguata tutela alla risorsa idrica. La legge Merli indicava in maniera dettagliata le sostanze inquinanti, ponendo dei limiti al loro scarico nelle acque e alla loro concentrazione; definiva inoltre l’organizzazione dei pubblici servizi di acquedotto, di fognature e depurazione obbligando gli scarichi privati a essere dotati di un impianto di depurazione delle acque reflue entro una data stabilita. Con riferimento agli scarichi, la ripartizione degli stessi ai fini della relativa disciplina e del conseguente trattamento sanzionatorio era fondata sulla loro provenienza; si disponeva inoltre che lo scarico effettuato in assenza della necessaria autorizzazione, concessa esclusivamente agli scarichi rispettosi dei limiti di accettabilità, fosse sempre soggetto a sanzione penale.

Con la Legge n. 36 del 5 gennaio 1994, (la cosiddetta Legge Galli), relativa alle disposizioni in materia di risorse idriche, è stato avviato in Italia un profondo processo di riorganizzazione della materia. Una delle principali innovazioni introdotte dalla legge fu rappresentato dal tentativo di superare la frammentazione gestionale che caratterizzava il settore dei servizi idrici; a questo scopo si procedette all’identificazione di ambiti territoriali ottimali (ATO), all’interno dei quali pervenire ad una gestione unitaria ed integrata del ciclo idrico, inteso come l’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue.

In seguito, particolare rilievo assunse anche la direttiva CEE n. 91/271, destinata al tema del trattamento delle acque reflue urbane e successivamente divenuta punto di riferimento centrale per l’elaborazione del nuovo Testo Unico in materia di acque, il D.lgs. 152/1999, “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della Direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole”.

Questo decreto, con le sue successive integrazioni, si poneva quale obiettivo quello di tutelare tutte le acque (superficiali, marine e sotterranee) per prevenire e ridurre l’inquinamento, attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati, conseguire un miglioramento dello stato delle acque e perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, prevedendo una ripartizione delle competenze a livello centrale (Stato) e periferico (Regioni) e un sistema di sanzioni amministrative e penali per garantire il rispetto della normativa.

Per quanto riguarda gli scarichi, il decreto individuava tre tipologie di acque reflue: industriali, domestiche e urbane, fissando per ciascuna una regolamentazione differente. Gli scarichi vennero differenziati in: scarichi sul suolo, vietati salvo particolari eccezioni; scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, generalmente vietati, ma con eccezioni, previa autorizzazione; scarichi in acque superficiali, diversamente disciplinati a seconda della tipologia. Si prevedeva, comunque, che tutti gli scarichi dovessero essere autorizzati e che la competenza al rilascio delle relative autorizzazioni spettasse alle Province, ad eccezione degli scarichi in pubblica fognatura, per i quali era richiesta l’autorizzazione dell’ente gestore.

Vennero definiti, nella Tabella 1 allegata al D.Lgs, i limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane e nella Tabella 2 i limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili; tali limiti coincidevano con quelli previsti dalla Direttiva Europea 91/271, con l’unica differenza che le tabelle del suddetto D.Lgs prevedono concentrazioni in uscita e percentuali minime di riduzione diverse a seconda degli abitanti equivalenti serviti.

(16)

12 Le tabelle appena descritte, coincidenti con quelle del Testo Unico attualmente vigente, sono riportate, per semplicità di lettura, più avanti, nel presente paragrafo.

Da ultimo, la disciplina italiana ed europea in materia di tutela delle acque è in gran parte confluita all’interno del D.Lgs. n. 152 dell’aprile 2006, “Norme in materia ambientale”, il Testo Unico Ambientale, normativa di cui una sezione importante è dedicata appunto alla tutela delle acque dall’inquinamento e alla gestione delle risorse idriche. L’intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito in distretti idrografici; in ciascun distretto idrografico è istituita l’Autorità di bacino distrettuale ed adottato il Piano di bacino distrettuale, che è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato.

Il Testo Unico è il provvedimento nazionale di riferimento in materia di valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali; comporta pertanto il superamento della pregressa ripartizione di disciplina in materia di tutela e razionale impiego della risorsa idrica, in favore di un concetto onnicomprensivo della stessa, sulla base del presupposto della necessità di una normativa organica al fine di garantire una più efficace ed efficiente tutela della risorsa, intesa come bene strategico per la tutela complessiva dell’ambiente e per lo sviluppo sostenibile. Le sei parti di cui si compone il decreto sono le seguenti:

- Parte 1: Disposizioni comuni e principi generali

- Parte 2: Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)

- Parte 3: Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche

- Parte 4: Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

- Parte 5: Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera - Parte 6: Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

Dalla sua data di entrata in vigore a oggi il Testo Unico Ambientale ha subito numerose modifiche e integrazioni a opera di successivi provvedimenti che ne hanno ridisegnato il contenuto, così come numerosi sono stati i provvedimenti emanati in attuazione delle singole parti dello stesso decreto. Si riportano in seguito le tabelle del TU attualmente in vigore, presenti nell’Allegato 5 alla parte 3; in cui sono contenuti i limiti di emissione degli scarichi idrici in funzione del refluo, del corpo ricettore e delle sostanze presenti nel refluo stesso.

Potenzialità impianto in A.E. (abitanti

equivalenti)

2.000 - 10.000 >10.000

Parametri (media

giornaliera) Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione

BOD5 (senza

nitrificazione) [mg/l] ≤25 70-90 ≤ 25 80

COD [mg/l] ≤ 125 75 ≤ 125 75

Solidi Sospesi [mg/l] ≤ 35 90 ≤ 35 90

(17)

13

Potenzialità impianto

in A.E. 10.000 – 100.000 > 100.000

Parametri (media

annua) Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione

Fosforo totale P [mg/l] ≤ 2 > 80 ≤ 1 > 80

Azoto totale N [mg/l] ≤ 15 > 70 - 80 ≤ 10 > 70 - 80

Tabella 5 Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili

Numero

parametro PARAMETRI Unità di misura

Scarico in acque superficiali Scarico in rete fognaria 1 pH 5.5 – 9.5 5.5 – 9.5 2 Temperatura °C

3 Colore Non percettibile

con diluizione 1:20

Non percettibile con diluizione

1:40

4 Odore Non deve essere

causa di molestie

Non deve essere causa di molestie

5 Materiali grossolani Assenti Assenti

6 Solidi Speciali Totali mg/l ≤ 80 ≤ 200

7 BOD5 (come O2) mg/l ≤ 40 ≤ 250 8 COD (come O2) mg/l ≤ 160 ≤ 500 9 Alluminio mg/l ≤ 1 ≤ 2 10 Arsenico mg/l ≤ 0.5 ≤ 0.5 11 Bario mg/l ≤ 20 12 Boro mg/l ≤ 2 ≤ 4 13 Cadmio mg/l ≤ 0.02 ≤ 0.02 14 Cromo totale mg/l ≤ 2 ≤ 4 15 Cromo VI mg/l ≤ 0.2 ≤ 0.2 16 Ferro mg/l ≤ 2 ≤ 4 17 Manganese mg/l ≤ 2 ≤ 4 18 Mercurio mg/l ≤ 0.005 ≤ 0.005 19 Nichel mg/l ≤ 2 ≤ 4 20 Piombo mg/l ≤ 0.2 ≤ 0.3 21 Rame mg/l ≤ 0.1 ≤ 0.4 22 Selenio mg/l ≤ 0.03 ≤ 0.03 23 Stagno mg/l ≤ 10 24 Zinco mg/l ≤ 0.5 ≤ 1.0 25 Cianuri totali mg/l ≤ 0.5 ≤ 1.0

26 Cloro attivo libero mg/l ≤ 0.2 ≤ 0.3

27 Solfuri (come H2S) mg/l ≤ 1 ≤ 2 28 Solfiti (come SO3) mg/l ≤ 1 ≤ 2 29 Solfati (come SO4) mg/l ≤ 1000 ≤ 1000 30 Cloruri mg/l ≤ 1200 ≤ 1200 31 Fluoruri mg/l ≤ 6 ≤ 12 32 Fosforo totale (come P) mg/l ≤ 10 ≤ 10 33 Azoto ammoniacale (come NH4) mg/l ≤ 15 ≤ 30 34 Azoto nitroso (come N) mg/l ≤ 0.6 ≤ 0.6

(18)

14

35 Azoto nitrico (come

N) mg/l ≤ 20 ≤ 30 36 Grassi e oli animali/vegetali mg/l ≤ 20 ≤ 40 37 Idrocarburi totali mg/l ≤ 5 ≤ 10 38 Fenoli mg/l ≤ 0.5 ≤ 1 39 Aldeidi mg/l ≤ 1 ≤ 2 40 Solventi organici aromatici mg/l ≤ 0.2 ≤ 0.4 41 Solventi organici azotati mg/l ≤ 0.1 ≤ 0.2 42 Tensioattivi totali mg/l ≤ 2 ≤ 4 43 Pesticidi mg/l ≤ 0.1 ≤ 0.1 44 Pesticidi totali (esclusi i fosforati) mg/l ≤ 0.05 ≤ 0.05 45 -aldrin mg/l ≤ 0.01 ≤ 0.01 46 -dicldrin mg/l ≤ 0.01 ≤ 0.01 47 -endrin mg/l ≤ 0.002 ≤ 0.002 48 -isodrin mg/l ≤ 0.002 ≤ 0.002 49 Solventi clorurati mg/l ≤ 1 ≤ 2

50 Escherichia coli UFC/100ml nota

51 Saggio di tossicità acuta Il campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi immobili è uguale o maggiore

del 50% del totale

Il campione non è accettabile quando dopo 24 ore il numero degli organismi immobili è uguale o maggiore del 80% del totale

Tabella 6 Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura

Per i parametri di Tabella 4 il numero di campioni, ammessi su base annua, la cui media giornaliera può superare i limiti tabellari, è definito in rapporto al numero di misure indicate dalla normativa. In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i campioni che risultano non conformi, affinché lo scarico sia considerato in regola, non possono comunque superare le concentrazioni riportate in Tabella 4 oltre la percentuale sotto indicata:

BOD5: 100% COD: 100%

Solidi Sospesi: 150%

Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle Tabella 4 e Tabella 5 è fissato in base alla dimensione dell'impianto di trattamento e va effettuato dall'autorità competente oppure dal gestore qualora garantisca un sistema di rilevamento e di trasmissione dati all'autorità di controllo, in base allo schema seguente.

Potenzialità impianto Numero campioni

Da 2.000 a 9.999 Abitanti Equivalenti

12 campioni il primo anno e 4 negli anni successivi, purché lo scarico sia conforme; se uno dei 4 campioni non è conforme, nell'anno

successivo devono essere prelevati 12 campioni

(19)

15

Da 10.000 a 49.999 Abitanti Equivalenti 12 campioni

Oltre 50.000 Abitanti Equivalenti 24 campioni

Tabella 7 Numero di campioni in un anno

1.4.2.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI

Relativamente al riuso dei fanghi in agricoltura, la Normativa nazionale di riferimento è il D.Lgs 27/01/1992 n.99, “Attuazione della Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura”. Tale decreto ha lo scopo di disciplinare l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo, incoraggiandone nel contempo una loro corretta utilizzazione.

A tale normativa si è poi affiancata quella relativa alle operazioni di recupero ambientale, prevista, prima dal D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 e, successivamente dalla Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, esplicate e disciplinate, per quanto riguarda l’impiego dei fanghi in attività di recupero ambientale svolte in regime di procedura semplificata dal DM 5/02/1998. Altra normativa che disciplina l’impiego dei fanghi come ammendanti in agricoltura, è rappresentata da quella in materia di fertilizzanti, Decreto Legislativo 29 aprile 2010, n. 75 che ha riordinato e revisionato quella originaria. Tuttavia tra tutte quelle citate la normativa che resta fondamentale, anche perché richiamata da tutte le altre normative successive è il Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99. Il rispetto dei vincoli in essa previsti costituiscono perciò la condizione indispensabile per l’utilizzo dei fanghi in agricoltura, sia che tale pratica riguardi l’impiego dei fanghi da soli, che quello dei fanghi miscelati o compostati con altri componenti.

Comunque, perché l’impiego dei fanghi in agricoltura avvenga in modo corretto, esso dovrà avvenire, oltre che nel rispetto delle suddette condizioni, anche in conformità a quanto stabilito dalle diverse normative regionali e locali e a quanto stabilito dalle altre norme nazionali in materia. La legge dispone delle condizioni di come utilizzare i fanghi in modo da farli risultare un beneficio per l’agricoltura e non un danno per l’ambiente: tali condizioni sono riportate al’art.3; difatti i fanghi devono:

 essere stati sottoposti a trattamento;

 essere idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno;  essere privi di sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale;

 contenere concentrazioni di metalli pesanti conformi così come il suolo dove vengono utilizzati.

Anche i suoli devono avere determinate caratteristiche per essere destinatari dei fanghi.

Inoltre altre condizioni sono riferite ai fanghi provenienti dall’industria agroalimentare, che possono essere impiegati in quantità massima fino a tre volte le quantità indicate nell’art.2 comma 4 o ad un loro utilizzo quali componenti dei substrati artificiali di colture floricole su bancali, nel rispetto della norma, della tutela ambientale e della salute degli operatori del settore, sempre ove presentino le dovute caratteristiche.

La norma in questione dispone rigidi divieti in merito alla utilizzazione dei fanghi di che trattasi se non vengono rispettate determinate condizioni; difatti

“è vietata l'utilizzazione dei fanghi

A) sui terreni agricoli se non ricorrono le condizioni previste dall'art. 3”;

B) ... “tossici e nocivi in riferimento... a determinate sostanze, le quali sono elencate negli allegati alla Parte IV del D.Lgs.125/2006 ... e con le concentrazioni limite stabilite nella delibera del 27 luglio 1984, anche se miscelati e diluiti con fanghi rientranti nelle presenti disposizioni”;

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16 a) “allagati, soggetti ad esondazioni e/o inondazioni naturali, acquitrinosi o con falda acquifera affiorante, o con frane in atto;

b) con pendii maggiori del 15% limitatamente ai fanghi con un contenuto in sostanza secca inferiore al 30%;

c) con pH minore di 5;

d) con C.S.C. minore di 8 meg/100 gr;

e) destinati a pascolo, a prato-pascolo, a foraggere, anche in consociazione con altre colture, nelle 5 settimane che precedono il pascolo o la raccolta di foraggio;

f) destinati all'orticoltura e alla frutticoltura i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto con il terreno e sono di norma consumati crudi, nei 10 mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso;

g) quando è in atto una coltura, ad eccezione delle colture arboree;

h) quando sia stata comunque accertata l'esistenza di un pericolo per la salute degli uomini e/o degli animali e/o per la salvaguardia dell'ambiente;”

D) se sono “liquidi con la tecnica della irrigazione a pioggia, sia per i fanghi tal quali che per quelli diluiti con acqua.”

Il decreto poi differenzia minuziosamente le varie competenze, distribuendole tra i vari attori: Stato, Regione e Città metropolitane. Così se allo Stato spetta la funzione di indirizzo, coordinamento ecc, alla Regione viene attribuito il potere autorizzatorio e di emanare norme locali a corredo del D.Lgs.99/92, alla Città metropolitana spetta il delicatissimo ruolo di controllo sulle attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi. E’ necessario soffermarsi anche sull’aspetto autorizzatorio previsto dagli artt. 8 e 9 del D.Lgs.99/92; infatti all’art.8 si dispone che “Le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi sono disciplinate e autorizzate ai sensi della normativa prevista (da intendere quindi la Parte IV del D.Lgs.152/2006), e dal presente decreto”. Inoltre “Coloro che svolgono o intendono svolgere le attività sopra indicate, al fine del rilascio dell'autorizzazione di cui sopra, sono tenuti all'iscrizione all'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti. Per le attività di raccolta e trasporto, l'iscrizione all'Albo tiene luogo di autorizzazione.”

Mentre con l’art.9 si dispone che “L'autorizzazione all'utilizzazione dei fanghi in agricoltura” ha una durata di 5 anni. Tale articolo dispone inoltre che “Chi intende utilizzare in attività agricole proprie o di terzi, i fanghi di cui all'art. 2 deve:”

a) ottenere un'autorizzazione dalla Regione fornendo delle precise indicazioni;

b) notificare, con almeno 10 giorni di anticipo, alla regione, alla provincia ed al comune di competenza, l'inizio delle operazioni di utilizzazione dei fanghi ed a corredo della notifica devono esserci documenti ed informazioni su terreni, fanghi, date di utilizzo, ecc.

Relativamente all’argomento controlli ed in particolare quelli riguardanti strettamente l’utilizzazione dei fanghi, è possibile analizzare e dividere in tre macro-aree le linee di intervento e verifica:

1) analisi chimico-fisiche (su fanghi e terreni);

2) norme tecniche sulle fasi di utilizzazione dei fanghi (raccolta, trasporto, stoccaggio, condizionamento ed applicazione);

3) documentazione (registro di carico e scarico, formulario di trasporto e registro di utilizzazione dei fanghi).

Le analisi chimico-fisiche, vanno eseguite sia su fanghi da utilizzare che sui terreni sui quali verranno distribuiti i fanghi stessi; sui terreni “Le analisi ... su determinati parametri... devono essere ripetute almeno ogni tre anni e devono essere effettuate presso laboratori pubblici, ovvero presso laboratori privati i quali abbiano i requisiti indicati nell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni adottato su proposta dei Ministri della sanità, dell'ambiente e dell'agricoltura e foreste”. A questo punto entrano in gioco i rapporti di correlazione tra analisi dei fanghi e quelle dei terreni: difatti i fanghi “devono essere analizzati ogni volta che intervengano dei cambiamenti sostanziali

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17 nella qualità delle acque trattate e comunque, ogni tre mesi per gli impianti di potenzialità superiore a 100.000 abitanti equivalenti (a.e.); ogni 6 mesi per gli impianti di potenzialità inferiore a 100.000 a.e. Nel caso dei fanghi di cui all'art. 2 punto a.1., provenienti da impianti di depurazione con capacità inferiore a 5.000 a.e., si procederà ad almeno una analisi all'anno...”.

Ed inoltre “Qualora i fanghi siano stoccati, miscelati, trattati e/o additivati, essi dovranno essere sottoposti ad ulteriori analisi prima della loro utilizzazione in agricoltura, al fine della verifica del rispetto dei limiti fissati nell'allegato I B.”

Infine anche per i fanghi le analisi devono essere eseguite presso laboratori che abbiano i requisiti per le analisi dei terreni e “Copia delle analisi deve essere consegnata all'utilizzatore dei fanghi”. Si riporta in Figura 1 uno schema riassuntivo del processo decisionale per verificare la disponibilità di impiego di un fango in agricoltura.

Figura 1 Processo decisionale per verificare la possibilità di impiego di un fango in agricoltura (da L’utilizzo dei fanghi in agricoltura, Tuttoambiente)

Al Paragrafo 2.5 RIUSO IN AGRICOLTURA DEI FANGHI DI DEPURAZIONE sono descritte in modo approfondito sia le condizioni per l’utilizzazione dei fanghi che i divieti, prescritti dalla suddetta normativa.

(22)

18

1.4.3 NORMATIVA REGIONALE

1.4.3.1 NORMATIVA IN MATERIA DI ACQUE REFLUE

Le singole regioni hanno facoltà di proporre dei limiti di emissione degli scarichi inferiori rispetto a quelli proposti dalla normativa nazionale, Norme in materia ambientale, qualora, considerate le condizioni ambientali di scarico, lo ritengano opportuno.

A titolo di esempio, si riporta uno stralcio dell’art. 21 della Legge Regionale Toscana n.20 del 31 maggio 2006 “Norme per la tutela delle acque dell’inquinamento” in cui è sottolineato tale aspetto. “In applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 124, comma 10, del decreto legislativo e dell'articolo 17, comma 2, l'ente competente al rilascio dell'autorizzazione allo scarico può prescrivere limiti di emissione più restrittivi di quelli disposti dall'allegato 5 della parte III del decreto legislativo, qualora sia necessario per il mantenimento e raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione previsti dai piani di tutela. In particolare per le sostanze pericolose di cui alle tabelle 1A e 1B dell'allegato 1 alla parte III del decreto legislativo, si autorizzano limiti allo scarico tali da non compromettere il raggiungimento e mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione.”

La Normativa nazionale rimanda alle Regioni il compito di specificare quali trattamenti si rendano necessari per la depurazione delle acque reflue provenienti da centri abitati con meno di 2000 abitanti equivalenti (limite inferiore preso in considerazione dalla TU).

1.4.3.2 NORMATIVA IN MATERIA DI RIUTILIZZO DEI FANGHI

Relativamente al riuso dei fanghi prodotti da un impianto di depurazione, la Normativa nazionale 99/1992 individua quali siano le competenze delle singole Regioni e quali quelle delle Città metropolitane nell’ambito della gestione e regolamentazione di tale riutilizzo.

In particolare le Regioni:

“1) rilasciano le autorizzazioni per le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio, condizionamento, come definito dall'art. 12, ed utilizzazione dei fanghi in agricoltura, conformemente alla normativa vigente e al presente decreto;

2) stabiliscono ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per i diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento;

3) stabiliscono le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dalle strade, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dai corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza) delle condizioni meteoclimatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi;

4) predispongono piani di utilizzazione agricola dei fanghi tenendo conto

delle caratteristiche quali-quantitative degli stessi, della loro utilizzazione in atto o potenziale, della ricettività dei terreni, degli apporti ai suoli in nutrienti, in sostanza organica, in microelementi, derivanti da altre fonti, dei criteri di ottimizzazione dei trasporti, delle tipologie di trattamento, 5) redigono ogni anno e trasmettono al Ministero dell'ambiente una relazione riassuntiva sui quantitativi di fanghi prodotti in relazione alle diverse tipologie, sulla composizione e le caratteristiche degli stessi, sulla quota fornita per usi agricoli sulle caratteristiche dei terreni a tal fine destinati;

(23)

19

1.5 AREE SENSIBILI ED EUTROFIZZAZIONE

Il fenomeno dell’eutrofizzazione è una tipica manifestazione di inquinamento cronico dei bacini lacustri. Tuttavia nella stessa identica forma interessa qualsiasi bacino idrico a debole ricambio tra cui si identificano oltre ai laghi anche i bracci di mare relativamente chiusi (baie e lagune) e porzioni di fiumi.

L’eutrofizzazione è un processo degenerativo dell’ecosistema acquatico dovuto all’eccessivo arricchimento in nutrienti (in questo caso fattori limitanti - sali di fosforo e azoto) dell’ecosistema stesso tale da provocarne un’alterazione dell’equilibrio. Una delle prime definizioni di eutrofizzazione coniate risale agli anni ’70 ad opera dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): "l’eutrofizzazione è un arricchimento delle acque dei sali nutritivi che provoca cambiamenti tipici quali l’incremento della produzione di alghe e piante acquatiche, l’impoverimento delle risorse ittiche, la generale degradazione della qualità dell’acqua ed altri effetti che ne riducono e precludono l’uso". Il fenomeno, che negli ultimi decenni ha assunto dimensioni rilevanti anche in Italia, interessa gran parte dei laghi europei, alcuni corsi d’acqua e le acque marine e costiere.

Agli ecosistemi possono giungere nitrati e fosfati da diverse fonti:  fertilizzanti inorganici (PO43- e NO3-);

 acque di scolo dalle abitazioni o da allevamenti (fosfati e nitrati);  detergenti (fosfati);

 circolazione naturale degli elementi, attraverso fenomeni di erosione delle rocce o dilavamento dei suoli (fosfati e nitrati).

In ogni forma di eutrofizzazione è possibile riconoscere una sequenza tipica che si articola in alcuni passaggi caratteristici, rappresentati in Figura 2.

1. AUMENTA LA QUANTITÀ DI FOSFATI E NITRATI NELLE ACQUE

2. SI ASSISTE AD UN INCREMENTO DELLA PRODUTTIVITÀ PRIMARIA, IN QUANTO FOSFATI E NITRATI SONO IMPORTANTI NUTRIENTI PER I VEGETALI

3. SI GIUNGE ALL’EUTROFIZZAZIONE VERA E PROPRIA, CHE SI MANIFESTA SOLITAMENTE CON UNA FIORITURA ALGALE (ALGHE EUCARIOTE OLTRE CHE ALGHE AZZURRE) 4. SI HA UN INCREMENTO DEL CONSUMO DI OSSIGENO, ANCHE PER L’AZIONE DEI

MICRORGANISMI AEROBICI DELLA DECOMPOSIZIONE

5. COMPAIONO FENOMENI DECOMPOSITIVI ANAEROBICI E GLI ORGANISMI AEROBICI MUOIONO PER MANCANZA DI OSSIGENO

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20

Figura 2 Rappresentazione del processo di eutrofizzazione (Rielaborazione Feem da Arpa Umbria, 2009)

Oltre a far diminuire l’ossigenazione dei corpi idrici, alcune alghe (ad esempio Prymnesium parvum) producono sostanze tossiche che, liberate nelle acque, sono in grado di uccidere la fauna ittica. Spesso si verificano anche mutamenti nelle popolazioni degli organismi nell’ecosistema. Infatti, organismi sensibili a livelli bassi di ossigeno vengono sostituiti con altri che si adattano meglio a valori meno elevati di ossigeno disciolto, con un conseguente stravolgimento delle caratteristiche dell’ecosistema e delle catene trofiche in esso presenti.

Per contrastare l'eutrofizzazione sono necessari interventi che riducano gli afflussi di nutrienti ai corpi idrici:

• miglioramento delle performance depurative degli impianti di trattamento delle acque reflue, installando sistemi di trattamento terziario che portino all’abbattimento delle concentrazioni di nutrienti;

• realizzazione di ecosistemi filtro efficaci per la rimozione di azoto e fosforo presenti nelle acque di dilavamento (come gli impianti di fitodepurazione);

• riduzione della presenza di fosforo nei detersivi;

• razionalizzazione delle tecniche agricole mediante una corretta programmazione delle concimazioni e l’utilizzo di fertilizzanti a lento rilascio;

• utilizzo di pratiche alternative in zootecnia per limitare la produzione di acque di rifiuto.

Secondo il Survey of the State of the World's Lakes, un progetto promosso dall'International Lake Environment Committee, l'eutrofizzazione colpisce il 54% dei laghi asiatici, il 53% di quelli europei, il 48% di quelli nord-americani, il 41% di quelli sud-americani e il 28% di quelli africani (www.lescienze.it).

Tutti i corpi idrici sono soggetti a un naturale e lento processo di eutrofizzazione, che negli ultimi decenni ha subito una progressione molto veloce a causa della presenza dell’uomo e delle sue attività (la cosiddetta eutrofizzazione culturale).

La Normativa Europea 91/271/CEE, come strumento di tutela delle aree a rischio di eutrofizzazione o già in parte eutrofizzate, classifica alcune aree come “aree sensibili” e impone il rispetto di limiti più restrittivi per lo scarico in corpi idrici che si trovano in dette aree. I criteri di individuazione di tali aree sono esposti nell’Allegato II “CRITERI PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE AREE SENSIBILI E MENO SENSIBILI”:

A. AREE SENSIBILI

a) Laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi protettivi specifici.

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21 b) Acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato superiore a quella stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440/CEE del Consiglio concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati Membri;

c) Aree che necessitano di un trattamento complementare a quello previsto dall’articolo 4 al fine di conformarsi alle prescrizioni delle direttive del Consiglio.

B. AREE MENO SENSIBILI

Si considera area meno sensibile un sistema o un ambiente idrico marino in cui lo scarico di acque reflue non ha conseguenze negative sull'ambiente, per le particolari condizioni morfologiche, idrologiche o più specificamente idrauliche dell'area in questione.

Nell’individuare le aree meno sensibili, gli Stati Membri devono tener conto del rischio di un’eventuale diffusione degli scarichi in aree adiacenti in cui simile apporto può avere effetti nocivi dal punto di vista ambientale. Gli Stati Membri devono, in tal caso, individuare la presenza di aree sensibili anche al di fuori della loro giurisdizione. Ai fini dell’individuazione delle aree meno sensibili, vanno tenute in considerazione: le baie aperte, gli estuari e le altre acque del litorale con un buon ricambio idrico, non soggette ad eutrofizzazione o ad una riduzione d'ossigeno, ovvero difficilmente esposte ai suddetti fenomeni in conseguenza dello scarico di acque reflue urbane.

La Normativa italiana attualmente vigente, il Testo Unico Ambientale 152/2006, recepisce la Normativa europea e individua, all’articolo 91 le principali aree da considerarsi sensibili presenti sul territorio nazionale. E’ compito poi delle Regioni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del TU e successivamente ogni due anni, designare ulteriori aree sensibili oppure individuare all’interno delle aree indicate dal TU i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

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2 IL RIUTILIZZO DEI FANGHI

2.1 PRODUZIONE DI FANGHI

Sia in campo domestico che industriale, i processi di depurazione delle acque reflue comportano quasi sempre la produzione di fanghi costituiti dalle specie rimosse nel corso dei processi di trattamento. E’ raro infatti il caso in cui la depurazione possa essere ottenuta per gassificazione degli inquinanti o per loro solubilizzazione in una forma compatibile con il corretto smaltimento. In genere il trattamento può essere visto come una concentrazione nei fanghi di sostanze inizialmente disperse in forma sospesa e disciolta e rimosse con processi che si concludono con una fase di separazione solido-liquido (sedimentazione o talvolta flottazione, filtrazione e centrifugazione). Come risultato di una fase di concentrazione, il fango contiene parte consistente degli inquinanti originariamente presenti nel reflui; se non trattato e smaltito correttamente può quindi dare origine a nuovi fenomeni di inquinamento.

Prima di procedere con ulteriori approfondimenti sui fanghi, è opportuno precisare che la separazione solido – liquame all’interno di un impianto di depurazione può dar luogo, oltre ai fanghi, anche alla produzione di materiale grigliato e sabbia. Il primo è il materiale solido veicolato dal liquame e intercettato da apposite griglie (anche microgriglie) poste all’ingresso del liquame nell’impianto di depurazione, le sabbie sono invece separate dal liquame con apposite unità di trattamento, dette dissabbiatori, che si trovano subito a valle delle griglie. Non sempre sono presenti tali pre – trattamenti.

Nei fanghi di depurazione urbana, la componente volatile risulta prevalente, essendo costituita dal materiale organico sedimentabile all’origine nei reflui, da inquinanti organici bioflocculati e dalla biomassa di supero. Precipitati metallici (idrossidi, fosfati,…) sono presenti in misura consistente nel caso in cui i cicli depurativi comprendano fasi di natura chimico-fisica o chimica, quali la flocculazione e la precipitazione del fosforo.

I fanghi sono caratterizzati sulla base di proprietà chimiche (pH, alcalinità, sostanza organica, presenza di nutrienti e di micro-inquinanti), fisiche (umidità, peso specifico, granulometria, potere calorifico, caratteristiche reologiche) e biologiche che ne condizionano le modalità di trattamento e smaltimento. All’umidità e al peso specifico è correlato il volume; alle proprietà reologiche il comportamento idraulico; alle proprietà fisiche l’applicabilità dei diversi sistemi di disidratazione; alle caratteristiche chimiche e biologiche la necessità di processi di stabilizzazione e l’individuazione delle modalità per un corretto smaltimento. Si osserva peraltro che la caratterizzazione dei fanghi non è ancora oggetto di standardizzazione e che in molti casi permane incertezza sui parametri da considerare come indicatori e sulle metodiche di definizione.

In un impianto municipale si producono tre tipologie di fanghi:

- fanghi primari, quando sia prevista una fase di sedimentazione iniziale. Sono costituiti dal materiale sospeso sedimentabile alimentato con i reflui, separato per semplice decantazione, senza aver subito nessun processo di trasformazione. E’ pertanto sempre caratterizzato da elevata putrescibilità ed è rapidamente soggetto a fenomeni di setticizzazione;

- fanghi secondari o biologici, costituiti dalle biomasse di supero (fanghi attivi di supero, pellicole di spoglio), comprendenti colonie batteriche e materiale sospeso, inerte e volatile, in esse adsorbito o intrappolato meccanicamente. Il livello di putrescibilità dipende dalla tipologia del trattamento biologico applicato. In alcuni casi (trattamenti di

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23 aerazione estensiva, letti percolatori a debole carico) i fanghi possono risultare sufficientemente stabili da non richiedere trattamenti aggiuntivi al riguardo;

- fanghi terziari, prodotti da fasi di filtrazione, di chiariflocculazione o di precipitazione a valle dei trattamenti biologici.

Volendo dettagliare maggiormente i vari tipi di fango, si ha che quello primario ha generalmente concentrazioni di inquinanti, sia organici che inorganici, maggiori di quelle caratterizzanti i fanghi biologici. I fanghi di supero sono composti dai microorganismi viventi (principalmente batteri) che rimuovono la sostanza organica presente nel liquame e dai solidi sospesi (organici e inorganici) apportati dal liquame. Nei processi biologici a biomassa sospesa, tipicamente i fanghi attivi, è indispensabile, in un processo di depurazione a regime, provvedere alla evacuazione di una frazione di fango corrispondente alla crescita cellulare della biomassa e all’accumulo dei solidi sospesi veicolati dal liquame. Nei processi biologici a biomasse adese, tipicamente letti percolatori e biodischi, i fanghi di supero sono costituiti principalmente dalla biomassa morta che si stacca dai supporti e, ancora, dai solidi sospesi portati dal liquame.

In alcuni casi tipologie diverse di fanghi possono essere tra loro miscelate, nell’ambito della stessa filiera di trattamento delle acque, ottenendo così un unico fango in uscita dai trattamenti della linea fanghi.

Un aspetto importante relativo alle caratteristiche dei fanghi è infine legato al fatto che del volume complessivo dei fanghi soltanto una piccola porzione risulta effettivamente costituita da solidi, mentre la frazione di gran lunga prevalente è costituita da acqua.

Solitamente, infatti, l’ultimo trattamento a cui viene sottoposto il fango nella linea fanghi prima di essere raccolto e smaltito è la disidratazione. La disidratazione rappresenta un’operazione unitaria condotta per via meccanica o, in casi limitatissimi, con metodi naturali, impiegata per la riduzione del contenuto d’acqua dei fanghi al fine di:

- ridurre i volumi di fango da smaltire, con risparmio dei costi di trasporto e smaltimento; - facilitare la manipolazione dei fanghi, poiché i fanghi disidratati possono essere manipolati

in modo più semplice rispetto ai fanghi liquidi o ispessiti. Nella maggior parte dei casi i fanghi disidratati risultano palabili, movimentabili mediante trattori equipaggiati con pale e trasportabili con nastri;

- rimuovere l’eccesso di acqua, incrementando il potere calorifico dei fanghi a monte di un eventuale incenerimento;

- regolare il contenuto di acqua prima di un possibile compostaggio, così da ridurre l’impiego di agenti strutturanti e ammendanti;

- ridurre le emissioni di odori e la putrescibilità dei fanghi grazie alla rimozione dell’eccesso di acqua;

- ridurre la produzione di percolato a monte di un potenziale smaltimento discarica. In Tabella 8 sono riportati valori relativi alla produzione pro-capite di fanghi su base secca, alla corrispondente umidità e alla conseguente produzione di fanghi umidi per alcuni processi biologici di reflui urbani. Tali valori sono riferiti alle portate di fango in uscita dalla linea acque, prima di fasi di ispessimento e di disidratazione. E’ comunque opportuno evidenziare che i dati riportati in tabella devono essere riguardati come valori orientativi, dal momento che i quantitativi di fanghi prodotti risultano notevolmente variabili da impianto a impianto.

Riferimenti

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