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Comprensione delle frasi relative sull’oggetto dei bambini di 5, 6 e 7 anni: come la manipolazione del tratto di numero influenza la performance

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Academic year: 2021

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(1)

Corso di Laurea Magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004)

in SCIENZE DEL LINGUAGGIO

Tesi di Laurea

Comprensione delle frasi relative sull’oggetto dei bambini di 5, 6 e

7 anni: come la manipolazione del tratto di numero influenza la

performance

Relatrice

Prof.ssa Francesca Voplato

Correlatori

Prof.ssa Anna Cardinaletti

Dott. Paolo Frugarello

Laureanda

Federica Paccanaro

matricola 838297

Anno Accademico

(2)
(3)

Indice

INTRODUZIONE

1

CAPITOLO 1

3

1.1 Comunicazione, linguaggio umano ed innatismo

3

1.1.1 Definizione di linguaggio e comunicazione 3

1.1.2 Teoria dell’innatismo 4

1.1.3 Prove a favore della Grammatica Mentale 5

1.2 Le tappe dell’acquisizione del linguaggio

9

1.3 Lo sviluppo morfosintattico

11

1.4 L’acquisizione delle frasi semplici e complesse

12

1.4.1 Le frasi semplici 12

1.4.2 Le prime produzioni delle frasi complesse 14

Conclusioni

15

CAPITOLO 2

16

2.1 Definizione di frase relativa

16

2.2 Relative sul soggetto e relative sull’oggetto

17

2.3 La produzione delle frasi relative

19

2.4 La comprensione delle frasi relative

21

2.4.1 Adani, Van Der Lely, Forgiarini, Guasti (2010) 23

2.4.2 Volpato (2012) 24

2.4.3 Frugarello (2013) 27

2.5 L’asimmetria e la Minimalità Relativizzata

28

Conclusioni

31

CAPITOLO 3

32

3.1 Presentazione dello studio, obbiettivi ed ipotesi

32

3.2 Partecipanti

33

3.3 Materiali

34

3.3.1 Il Test di Comprensione Grammaticale per Bambini (Chilosi e Cipriani, 2006) 35

3.3.2 Test di memoria con sequenze di cifre in avanti e all’indietro (TEMA - test di

memoria e apprendimento, Reynolds e Bigler, 1995) 36

(4)

3.4 Somministrazione

44

3.5 I risultati

45

3.5.1 Risultati Gruppo A

45

3.5.1.1 Risultati TCGB, prove di memoria e test delle frasi relative nel gruppo

dell’asilo 45

3.5.1.2 Confronto frasi irreversibili e reversibili nel gruppo dell’asilo 46 3.5.1.3 Risultati TCGB, prove di memoria e test delle frasi relative nel gruppo della

prima elementare 47

3.5.1.4 Confronto frasi irreversibili e reversibili nel gruppo della prima elementare49 3.5.1.5 Risultati TCGB, prove di memoria e test delle frasi relative nel gruppo della

seconda elementare 50

3.5.1.6 Confronto frasi irreversibili e reversibili nel gruppo della seconda elementare 51 3.5.1.7 Risultati test delle frasi relative nel gruppo di controllo degli adulti 52 3.5.1.8 Confronto frasi irreversibili e reversibili nel gruppo di controllo degli adulti 53 3.5.1.9 Confronto frasi irreversibili nei quattro gruppi 53 3.5.1.10 Confronto frasi reversibili nei quattro gruppi 55

3.5.2 Risultati Gruppo B

56

3.5.2.1 Risultato frasi relative nel gruppo dell’asilo 57 3.5.2.2 Risultato frasi relative nel gruppo della classe prima 57 3.5.2.3 Risultato frasi relative nel gruppo della classe seconda 58 3.5.2.4 Confronto tra Gruppo A e Gruppo B nelle frasi relative irreversibili 59

3.5.2.5 Confronto tra i due gruppi dell’asilo 59

3.5.2.6 Confronto tra i due gruppi della classe prima 61 3.5.2.7 Confronto tra i due gruppi della classe seconda 62 3.5.2.8 Considerazioni finali sul confronto tra Gruppo A e Gruppo B 63

3.6 Le frasi filler

64

3.6.1 Risultato frasi filler asilo gruppo A 64

3.6.2 Risultato frasi filler classe prima gruppo A 65

3.6.3 Risultati frasi filler seconda elementare gruppo A 66

3.6.4 Risultati frasi filler asilo gruppo B 66

3.6.5 Risultati frasi filler classe prima gruppo B 67

3.6.6 Risultati frasi filler classe seconda gruppo B 68 3.6.7 Confronto frasi filler tra gruppo A e gruppo B 69

(5)

CAPITOLO 4

71

4.1 Discussione

71

4.2 Osservazioni sul test

81

CONCLUSIONI

84

Abstract

86

BIBLIOGRAFIA

88

SITOGRAFIA

90

Appendice A: Test di comprensione grammaticale (TCGB)

91

Appendice B: Il test delle Frasi relative oggetto

94

Appendice C: Risposte test di comprensione frasi relative

98

Appendice D: Risultati test relative Gruppo A

102

Appendice E: Risultati test relative soggetti stranieri Gruppo B

105

(6)

INTRODUZIONE

Questo lavoro nasce durante il mio tirocinio presso la scuola dell’infanzia e la scuola primaria dell’Istituto comprensivo di Montebello Vicentino, per il periodo da marzo a maggio 2016.

L’obiettivo di indagare la comprensione delle frasi relative, in particolare quelle sull’oggetto, strutture di considerevole complessità sintattica e acquisite relativamente tardi rispetto ad altre strutture dell’italiano, su bambini italiani.

Nel primo capitolo vengono illustrate le caratteristiche del linguaggio umano, partendo dalle teorie innatiste di Chomsky (1981) e Jackendoff (1998). Mi sono poi soffermata sulla descrizione delle varie tappe dell’acquisizione linguistica, e delle prime produzioni di frasi semplice e complesse.

Nel secondo capitolo viene data la definizione delle frasi relative, facendo una distinzione tra tra relative sul soggettive e relative sull’oggettive. La differente complessità di comprensione e produzione viene spiegata con la teoria dell’asimmetria e della minimalità relativizzata (Rizzi, 1990, 2004). A questo proposito verranno presentati alcuni studi riguardanti la comprensione delle frasi relative sull’oggetto e sul soggetto, e verrà in particolare mostrato uno studio riguardante il tratto di numero nelle frasi relative (Volpato, 2010, 2012), variabile che è stata testata anche nel mio progetto di tesi.

Nel terzo e nel quarto capitolo espongo il mio studio. Ho testato la comprensione delle frasi relative sull’oggetto in tre gruppi con età diverse: ultimo anno della scuola dell’infanzia, primo anno della scuola primaria e secondo anno della scuola primaria.

Volevo verificare se con la manipolazione del tratto di numero la performance dei soggetti potesse influenzare la performance dei bambini.

Mi sono concentrata sull’analisi dei bambini italiani e normodotati, ma vista la percentuale non indifferente di studenti di origine straniera, ho voluto confrontare il gruppo con solo italiani con la classe al completo per verificare se la presenza di bambini di origine straniera potesse in qualche modo influenzare il risultato finale.

(7)

Inoltre, ho deciso di dedicare un paragrafo anche all’analisi delle frasi filler, cioè delle relative sul soggetto, in quanto, a differenza di ciò che mi aspettavo, hanno rappresentato anch’esse delle strutture problematiche per gli studenti testati.

I test utilizzati sono stati il TCGB (Test di Comprensione Grammaticale per Bambini, di Chilosi e Cipriani, 2006) per indagare la competenza linguistica generale, il test di memoria TEMA (Test di memoria e apprendimento, Reynolds e Bigler, 1995) per valutare le abilità mnemoniche,ed una prova di abbinamento frase-figura sulle relative sull’oggetto (Sentence-picture matching task di Frugarello, 2013) per valutare la competenza linguistica sulle relative sull’oggetto.

Per l’analisi dei dati è stata utilizzata la regressione logistica per misure ripetute, condotta con il software R, per verificare se vi fosse una differenza significativa tra le varie classi, e se la presenza di alunni di origine straniera modificasse la significatività o meno vista nel gruppo precedente (solo per le frasi relative sull’oggetto).

È stato utilizzato, inoltre, il test di correlazione SPSS per verificare se vi fosse un’associazione tra la memoria ed i risultati dei test somministrati.

L’analisi dei risultati ha mostrato una correlazione significativa tra i vari test: il TCGB correla negativamente - in quanto si tratta di punteggio d’errore - con la prova di memoria e il test sulle frasi relative. Inoltre lo span di memoria correla positivamente con il test sulle relative. I dati sono stati discussi calcolando i punteggi in percentuale e mettendo a confronto i vari gruppi: prima sono stati messi a confronto i tre gruppi di soli italiani, successivamente sono stati confrontati i tre gruppi di soli studenti italiani con i tre gruppi della classe completa. Dai risultati ottenuti, ho potuto osservare che la comprensione delle frasi relative migliora nella scuola primaria rispetto alla scuola dell’infanzia, e che vi è effettivamente una differenza di performance tra i gruppi con solo studenti italiani e i gruppi con studenti di origine straniera, anche se viene comunque confermata la tendenza, ovvero che le frasi in cui oggetto e soggetto concordano vengono meglio comprese.

(8)

CAPITOLO 1

L’acquisizione linguistica

In questo capitolo verrà data la definizione di linguaggio umano e di comunicazione, quali sono le tappe dell’acquisizione linguistica, lo sviluppo morfosintattico, l’acquisizione delle frasi semplici e di quelle complesse.

1.1 Comunicazione, linguaggio umano ed innatismo

L’acquisizione della lingua è un processo che inizia fin dai primi momenti di vita; anzi addirittura fin dal periodo di gestazione: il feto è in grado di discriminare i fonemi e di percepire la voce della madre attraverso le vibrazioni del liquido amniotico già alla 35ª settimana di gravidanza, quando l’apparato uditivo si è completamente sviluppato.

L’acquisizione della lingua sembra essere una caratteristica unica del genere umano, ed è fondamentale per il pensiero, le azioni e le relazioni sociali. (Chomsky, 1991).

1.1.1 Definizione di linguaggio e comunicazione

Il linguaggio è un codice simbolico strutturato per comunicare, è una forma di comunicazione parlata, scritta o gestuale, basata su un sistema di simboli.

Il linguaggio verbale è un tipo di linguaggio rappresentato dalla produzione di suoni e dalla loro combinazione, che permette la produzione parole o frasi.

Per comunicazione s’intende la trasmissione di informazioni, un processo per cui una persona formula ed invia un messaggio che un’altra persona riceve e decodifica.

Il linguaggio, dunque, non si deve confondere con comunicazione. Il linguaggio è un veicolo per dare delle informazioni. Secondo Sperber e Wilson (1986), il linguaggio è funzionalmente e strutturalmente autonomo rispetto alla comunicazione, e a sostegno di ciò hanno portato l’esempio del volo delle api: il loro volo è comunicazione, ma non di tipo

(9)

linguistico, si tratta di trasmissione d’informazioni, poiché in base al tipo di volo possono comunicare intenzioni diverse, come per esempio, se vi è cibo o meno nelle vicinanze.

Due principi fondamentali del linguaggio umano sono la scomposizione, o dissociazione, e la capacità combinatoria (Denes, 2013).

Si dice che il linguaggio è dissociato in quanto i suoi elementi si caratterizzano per il fatto di essere unità discrete ed isolabili nella frase; la capacità combinatoria indica invece la capacità di combinare più unità tra loro componendo parole e frasi con significati differenti, ed i modi di combinazione sottostanno a regole grammaticali.

Ulteriore proprietà del linguaggio è la ricorsività, la quale consente di produrre un numero infinito di frasi di senso compiuto a partire da un numero finito di parole e regole.

1.1.2 Teoria dell’innatismo

Chomsky (1981) appoggia l’ipotesi che il linguaggio sia del tutto autonomo rispetto alla comunicazione, ed afferma inoltre che il linguaggio è una caratteristica innata dell’uomo. Tutti i parlanti nativi di una certa lingua conoscono le proprietà strutturali specifiche di quella lingua e la padroneggiano molto bene fin dall’infanzia. Questa non può essere completamente determinata dai dati linguistici primari che si ricevono, cioè dagli input linguistici che i bambini ricevono dall’esterno, ma deve basarsi su dei presupposti precedenti all’esperienza, e quindi innati.

Si parla, dunque, di Grammatica Universale, di cui ogni essere umano è dotato geneticamente. Si tratta di un dispositivo di acquisizione della lingua, un meccanismo neurale che conferirebbe ai bambini la capacità di ricavare la struttura sintattica e le regole della loro lingua nativa rapidamente e con precisione da input impoverito fornito dagli adulti. Grazie alla Grammatica Universale, il modulo linguistico riesce a svilupparsi naturalmente e rapidamente.

Secondo questa teoria innatista promossa da Chomsky gli esseri umani sono dotati di una facoltà, determinata geneticamente, la Grammatica Universale, che permette loro di imparare la lingua e le lingue.

(10)

Imparare una lingua vuol dire sviluppare una potenzialità già presente fin dalla nascita; questa potenzialità consiste in un sistema di principi comune a tutta la specie e disponibile prima dell’esperienza (Chomsky, 1981). Anche Jackendoff (1998) riprende la teoria di Chomsky e sostiene che i bambini possiedono una grammatica mentale geneticamente innata.

1.1.3 Prove a favore della Grammatica Mentale

Jackendoff (1988), per sostenere l’ipotesi dell’esistenza di una Grammatica Mentale induce una serie di prove. La prima prova che riporta per affermare che si acquisisce una lingua tramite l'attivazione di una grammatica già insita in noi è che i bambini sono insensibili alle correzioni, continuano ad utilizzare la struttura che loro producono. I bambini, infatti, producono delle frasi sbagliate, che sono poi riprese e corrette dagli adulti, ma i bambini non accettano la correzione e continuano producendo la loro struttura.

Se prendiamo in considerazione una frase tipicamente infantile come a me mi piace, risulta abbastanza chiaro che la struttura è sbagliata e che, quindi, non può essere stata pronunciata da un adulto, perché è grammaticalmente scorretta. È dunque improbabile che un bambino l’abbia sentita da un adulto per poi poterla replicare.

I bambini producono delle forme inesistenti nella lingua adulta, per esempio forme lessicali dette protomorfemi, caratteristica di tutte le lingue infantili.

In genere, questi elementi sono vocalici e sono sempre le vocali meno marcate (a, e); essi sostituiscono elementi grammaticali come articoli, preposizioni, etc, come mostra anche l’esempio in (1).

1) a pane

Si può vedere nell’esempio (1) la presenza del protomorfema a in una posizione che precede il nome. Il bambino, dunque, ha imitato la struttura della frase, in particolare la struttura dell'italiano che prevede l’articolo che preceda il nome.

(11)

In questa fase, il bambino ha già stabilito l'ordine delle parole anche se la forma corretta non è stata imparata.

Questo vuol dire che la grammatica si sviluppa con i suoi ritmi interni e con l'imitazione di modelli sintattici.

Inoltre, i bambini producono delle forme morfologiche come romputo o aprito, dove viene applicata una regola morfosintattica corretta (costruzione del participio passato), ma viene utilizzata con verbi che prevedono una costruzione particolare del participio. Vi è un’iper-generalizzazione della regola grammaticale: i bambini applicano la regola generale anche nei casi particolari della lingua. Qui il bambino non sta imitando, perché se imitasse, produrrebbe la forma corretta.

L’acquisizione, dunque, non è mera imitazione dell’adulto ma, a partire dall’esperienza linguistica, il bambino elabora ipotesi sulla propria lingua.

Jackendoff (1988) riporta, inoltre, come vi sia una differenza nell’insegnamento di parole più concrete rispetto a quelle astratte: solitamente si spiegano parole come gatto, sedia, casa, ma difficilmente gli adulti riescono ad insegnare parole più astratte come con, qualsiasi, immaginare; queste non vengono insegnate, ma prima o poi tutti le imparano.

Possiamo, dunque, affermare che l’acquisizione non dipende dall’insegnamento diretto, o almeno non totalmente.

L’ipotesi di Jackendoff è, dunque, che i bambini possiedono una grammatica universale innata, con i principi universali della facoltà di linguaggio, e che grazie a questa ed agli input esterni che ricevono dal mondo, riescono ad apprendere le caratteristiche specifiche della propria lingua, creandosi una propria grammatica mentale.

Come afferma Pinker (1997:10):

“Il linguaggio non è un artefatto culturale che impariamo così come impariamo a leggere l’ora o a capire come funziona il governo federale. […]

Il linguaggio è un’abilità complessa e specializzata che si sviluppa spontaneamente nel bambino senza sforzo conscio o istruzione formale, che viene usato senza la coscienza della sua struttura logica. […]

(12)

Il termine “istinto”, anche se un po’ antiquato, suggerisce l’idea che l’uomo sa parlare più o meno nello stesso senso in cui il ragno sa tessere la sua tela.”

Questi principi universali di cui parla Chomsky (1981) sono principi uguali per tutte le lingue del mondo, che sono però affiancati da dei parametri di variazione che rendono una lingua diversa dall'altra. Tra i principi universali troviamo:

-

Arbitrarietà: esiste un rapporto non diretto tra la forma del significante ed il suo significato.

-

Generatività: la capacità di generare un numero infinito di frasi partendo da un numero

finito di elementi combinandoli tra loro nel rispetto di poche regole.

-

Ricorsività: la possibilità di iterare le regole combinatorie potenzialmente all’infinito.

-

Discretezza: la grammatica è scomponibile in unità separate (fonemi, morfemi, sillabe)

-

Tutte le frasi hanno un soggetto: in tutte le lingue del mondo le frasi devono avere un

soggetto.

-

Dipendenza dalla struttura: ogni lingua è dotata di regole interne che stabiliscono l’ordine e la forma delle parole e che guidano i parlanti ad emettere enunciati ritenuti grammaticali e a giudicare inaccettabili altri.

Tra i parametri possiamo trovare:

-

Realizzazione del soggetto: tutte le lingue hanno il soggetto, ma non tutte lo realizzano obbligatoriamente; per esempio l’italiano è una lingua a soggetto nullo e quindi il soggetto non deve essere necessariamente pronunciato, a differenza dell’inglese che è una lingua non a soggetto nullo e dunque la realizzazione del soggetto è obbligatoria.

-

Realizzazione della copula: in italiano, realizzare la copula è con il predicato nominale fa parte delle regole grammaticali, ma non in tutte le lingue la realizzazione è necessaria, come per esempio in russo.

-

Ordine lineare della frase: non tutte le lingue seguono l’ordine SVO, in alcune lingue come il giapponese l’ordine è SOV, quindi con l’oggetto che precede il verbo, mentre nelle lingue celtiche il verbo precede soggetto e oggetto, ottenendo l’ordine VSO.

(13)

Questa proposta di Chomsky afferma che i principi universali fanno parte della grammatica universale ed innata disponibile al bambino, mentre i parametri sono le regole che dovrà acquisire con il tempo.

In questo modo Chomsky riuscirebbe a spiegare come fanno i bambini in un arco di tempo molto breve ad acquisire la lingua a cui sono esposti, dal momento che la loro capacità di memoria è ancora molto ridotta, devono imparare tante altre cose e sono esposti ad un input che è interrotto, pieno di rumori, non sufficiente affinché si sviluppi il linguaggio.

Questa condizione viene denominata povertà dello stimolo.

Dire che c'è una base genetica del linguaggio, non significa che l'ambiente non abbia un ruolo. Affinché la facoltà di linguaggio possa attivarsi e svilupparsi, è necessario che vi sia un input linguistico sufficientemente ricco: se questo input non è adatto e non viene dato in una finestra temporale specifica, il linguaggio non riesce a farlo in modo adeguato.

Questa finestra temporale, in cui l’acquisizione di una certa abilità, come il linguaggio, avviene in maniera ottimale si chiama periodo critico.

La sua esistenza è stata dimostrata da Lennenberg (1967), il quale aveva osservato che il recupero linguistico a seguito di danni cerebrali è migliore nei bambini rispetto agli adolescenti e agli adulti.

Tra i casi più noti di deprivazione linguistica troviamo la storia di Genie (nome di fantasia) che fino all’età di tredici anni non ha avuto interazioni sociali perché segregata in un seminterrato dal padre, che la riteneva mentalmente ritardata (Curtiss, 1977). Malgrado i successivi sette anni di riabilitazione linguistica, le sue abilità linguistiche equivalevano a quelle di un bimbo di due anni.

Molteplici studi riguardanti l’acquisizione di una prima lingua in soggetti adolescenti o adulti privati di input linguistici prima di tale età (Newport, 1990; Senghas, 2003), hanno confermato ulteriormente l’ipotesi della presenza di un periodo critico.

Dopo questo periodo - tendenzialmente tra i 12 ed i 14 anni, prima della pubertà come ipotizzato da Lennenberg - la capacità di acquisire una lingua in modo naturale è sensibilmente ridotta.

(14)

Vi sono altri studi sul periodo critico, tra i più recenti quello di Friedmann e Rosou (2015). Le due autrici hanno esaminato le produzioni di bambini che non hanno avuto un input linguistico adeguato perché cresciuti in isolamento o dovuto a sordità e di bambini il cui cervello non si è sviluppato normalmente a causa di una carenza di tiamina.

Hanno trovato che l’acquisizione della sintassi nella prima lingua ha un periodo critico che termina con il primo anno divina, e i bambini che durante questa finestra temporale non ricevono input adeguati mostrano serie difficoltà sintattiche.

L’input linguistico e un cervello neurologicamente sviluppato sono una combinazione essenziale per l’acquisizione della sintassi nella prima lingua. Se questi due aspetti non sono disponibili durante il primo anno di vita, la sintassi non si sviluppa normalmente, e i bambini e gli adulti potrebbero non riuscire a capire e produrre frasi sintatticamente complesse nella loro prima lingua.

1.2 Le tappe dell’acquisizione del linguaggio

L’acquisizione della lingua avviene in modi e tempi identici per tutti i bambini, indipendentemente dalla lingua a cui essi sono esposti e procede secondo tappe specifiche uguali per tutti i bambini.

Sul piano filogenetico, è determinante l’abbassamento della laringe affinché gli esseri umani siano in grado di produrre e modulare i suoni complessi de linguaggio (Corballis 2003; 2004).

Questo processo di abbassamento avviene entro i primi 11-18 mesi. E’ chiaro, dunque, che prima di questo periodo nessun neonato o bambino potrà articolare o modulare suoni complessi.

Nel primo anno di vita il bambino presenta una progressiva maturazione dell’abilità di comunicare.

(15)

Le fasi dell’acquisizione della lingua sono:

1) Stadio prelinguistico o cooing: compare dalla nascita fino ai 3/4 mesi circa ed è il periodo durante il quale i bambini producono una serie di suoni gutturali e gridi, ma non si tratta in alcun modo di linguaggio;

2) Stadio della lallazione o babbling: a 4 mesi il bambino comincia a produrre i primi suoni intenzionali. Inizialmente questi suoni compaiono come prolungamenti volontari di emissioni spontanee, entro il 7° mese comincia la lallazione canonica, cioè la ripetizione di una stessa sillaba (da-da), mentre attorno ai 10 mesi la lallazione diventa variegata, cioè il bambino reduplica sillabe diverse (pa-ta-ta).

3) Stadio della comparsa della comunicazione intenzionale e della comprensione dei significati: durante i primi mesi di vita il bambino esercita il suo apparato fono-articolatorio, ma non si è notato l’utilizzo delle propria voce come strumento di comunicazione interattivo con gli adulti; dai nove mesi, invece, il bambino inizia a prendere consapevolezza della possibilità di comunicazione, ed è stato dimostrato che a favorire la comparsa di questa intenzionalità comunicativa nell’infante sia la capacità della madre di riconoscere i diversi comportamenti del neonato;

4) Stadio delle prime parole, definito anche periodo di transizione o delle cinquanta parole: periodo che va dai 12 ai 18 mesi, anche se il campo di variazione è molto ampio in quanto esse possono comparire durante quell’arco di tempo compreso dai 10 ai 24 mesi; tuttavia entro i 18 mesi di vita il bambino deve aver acquisito un numero minimo di parole (50-60), senza questo corpus sembra non si possa avviare la sintassi (Friedmann e Rosou, 2015);

5) Sviluppo del vocabolario: questa fase si osserva a partire dai 18 fino ai 24 mesi circa; in questo stadio nel bambino compaiono e si sviluppano abilità tali da permettergli di avere scambi verbali più diretti e ricchi di contenuto con gli adulti, in questi mesi la sua capacità di apprendimento lessicale si modifica e diventa più rapida; è stato infatti osservato che in questo periodo il bambino è in grado di produrre una media di trentasette parole nuove al mese, con un uso più ampio di parole che si riferiscono ad

(16)

oggetti, seguite dai nomi specifici di persona, ed infine dei verbi che descrivono le azioni che i bambini svolgono maggiormente;

6) Comparsa delle unità grammaticali e della pragmatica del linguaggio: a 24 mesi il bambino combina le sue prime parole con l’utilizzo di parole funzionali, avverbi, etc., arrivando a combinare fino a cinque o sei parole a 36 mesi circa. Con il passare dei mesi la lunghezza media dell’enunciato aumenta, riuscendo a produrre frasi che contengano più di un pensiero e di comunicare sentimenti ed intenzioni autonomamente, non necessitando più dell’aiuto dei genitori per trasformare in parole i suoi pensieri;

Esiste un’ampia concordanza circa l’età di comparsa della lallazione ed i due stadi successivi. Il raggiungimento di questi traguardi a queste età non è modificabile, così come non lo è l’acquisizione degli aspetti grammaticali e sintattici del lingua, quindi tutti i bambini arrivano alle varie tappe alla stessa età.

Tuttavia, nello sviluppo del linguaggio sono implicati anche fattori ambientali, in quanto l’esposizione ad un input esterno permette al bambino di sviluppare e ampliare il proprio lessico. Come detto in precedenza, se non vi sono abbastanza stimoli ed input adeguati entro la finestra temporale del periodo critico, i bambini non sono in grado di far partire il linguaggio.

1.3 Lo sviluppo morfosintattico

Lo sviluppo morfosintattico è un processo graduale ed ha inizio dalle forme più semplici, come il nome ed il verbo.

Dai numerosi studi effettuati (Pizzuto e Caselli, 1992; Antelmi, 1997; De Marco, 2005), i risultati ottenuti presentano un quadro abbastanza omogeneo, concordando che l’acquisizione dei morfemi legati precede quella dei morfemi liberi, e che quest’ultimi

(17)

generalmente sono omessi nei primi stadi linguistici, e subiscono un incremento con l’aumentare dell’età.

L’acquisizione delle categorie funzionali è fonte di numerosi errori ed omissioni. L’articolo viene appreso tra i 18 e i 22 mesi, ma la gestione dell’intero paradigma si raggiunge solo durante il terzo anno di vita, come per esempio per lo e gli. Anche gli articoli indeterminativi compaiono dopo, ed inizialmente hanno la funzione di numerali.

L’acquisizione dei pronomi è più lenta, le forme proclitiche sono più frequenti rispetto alle enclitiche, mentre i clitici accusativi sono realizzati meno rispetto ai riflessivi e ai dativi. I pronomi riflessivi e dativi però sono appresi per ultimi.

Le forme toniche dei pronomi sono apprese prima di quelle atone, ma in entrambi i casi, fin dalla prima comparsa, i pronomi son ben posizionati rispetto al verbo (io mangiato) (Antelmi, 1997).

Per quanto riguarda i morfemi legati, si può osservare che la categoria morfologica del genere precede quella del numero, e raramente è soggetta ad errori di assegnazione. L’uso di pronomi clitici e determinanti è incostante, ma subordinato all’età dei bambini.

1.4 L’acquisizione delle frasi semplici e complesse

Entro il secondo anno di vita, il bambino inizia ad utilizzare parole isolate anche per esprimere concetti complessi. Inizialmente utilizza singole parole per esprimere intere frasi, chiamate frasi semplici, mentre con il passare del tempo il vocabolario aumenta permettendogli di ampliare anche l’enunciato, iniziando a produrre frasi sempre più complesse.

1.4.1 Le frasi semplici

I primi nuclei frasali pronunciati dai bambini sono enunciati telegrafici, che esprimono una varietà di relazioni semantiche, in molti casi sono anche privi di verbo. Si notano enunciati

(18)

semplici nucleari, in cui vengono generalmente omessi sia alcuni degli argomenti che dei morfemi liberi.

Possiamo dunque parlare di olofrasi, cioè enunciati composti da una sola parola, ma che esprimono un concetto più articolato: per esempio dicono pane per dire voglio pane.

In seguito vi è la ripetizione della stessa sillaba, e soltanto tra i 18 e i 24 mesi si sviluppa il vocabolario, permettendo così ai bambini di combinare le prime parole tra loro.

Con il passare del tempo le parole presenti nell’enunciato aumentano progressivamente. Le prime forme nominali sono utilizzate, nella maggior parte dei casi, senza l’articolo, ma il numero è comunque corretto nel contesto, anche se vi è una predilezione per la forma singolare. Quando la lunghezza media dell’enunciato (LME ) cresce e oscilla tra 1,5 e 2,5 1 parole lo stesso nome viene usato correttamente sia al singolare e al plurale, ed anche l’articolo viene usato in maniera sistematica (De Marco, 2005).

Per quanto riguarda le forme verbali, invece, che compaiono quando la LME è tra 1 e 1,5 parole, le prime ad essere acquisite sono il participo passato, l’imperativo, la terza persona singolare e la copula alla terza persona singolare del presente indicativo. Cipriani et al. (1993) ritengono che queste forme in realtà non facciano ancora parte di un paradigma, ma che siano semplicemente state memorizzate.

Dopo questo periodo, l’uso della flessione verbale diventa più consapevole ed utilizzato, tanto che si parla di miniparadigmi, in cui lo stesso verbo viene usato in tre forme distinte e la stessa flessione è utilizzata con anche con verbi diversi.

Caselli e Casadio (1995), hanno rilevato come in bambini di 22 mesi la capacità combinatoria è raggiunta dall’80% dei bambini, ma solo il 37% usa frasi frequentemente. A due anni sale al 90% la percentuale dei bambini che combinano più parole, mentre quelli che la usano spesso rappresentano il 70%.

In questa fase la comprensione di queste frasi è comunque buona, i bambini sono perfettamente in grado di comprendere flessioni verbali quando il verbo compare in maniera singola e non in contesto di frase. Tuttavia preferiscono, nei compiti di comprensione di frasi,

Questa misura è determinata contando il numero di parole di un enunciato durante un’interazione e poi ne 1

(19)

attribuire il ruolo del soggetto basandosi su informazioni semantiche, ignorando le informazioni grammaticali date dalla flessione del verbo e dalle regole di accordo (Devescovi et al., 1998).

1.4.2 Le prime produzioni delle frasi complesse

Secondo Cipriani et al. (1993) le frasi di un bambino iniziano ad essere complesse quando la LME varia in media tra 2,02 - 2,3 parole e l’età tra 22 e 26 mesi. Per frase complessa s’intende due o più frasi semplici combinate assieme.

Anche queste prime frasi complesse hanno un significato ben più ampio, anche se molto spesso risultano ancora incomplete.

Le prime frasi contengono generalmente verbi modali o di movimento seguiti da un infinito:

2) Andiamo vedere treno (Camilla, 2;0) 2

In questo caso troviamo un verbo come testa di un sintagma verbale (SV) che prende come complemento un altro SV. Durante questo periodo, è molto difficile trovare frasi subordinate introdotte da un complementatore esplicito.

Nella fase successiva, quando la LME aumenta, i sintagmi nominali diventano sempre più complessi: il SN prende come complemento un sintagma preposizionale (SP) che contiene a sua volta un SN, come si può vedere nella frase seguente:

3) Questo è l’albero delle palline 3

Troviamo inoltre la produzione di frasi infinitive rette dal verbo fare e da verbi di movimento; i bambini iniziano ad usare preposizioni e connettivi di coordinazione. Sempre a questa età

Esempio preso da Guasti (2007) 2

(20)

inizia la produzione di frasi subordinate con verbo finito introdotte da perché, come o che in risposta a domande.

È proprio in questa fase che si possono osservare le prime frasi relative, o meglio delle pseudorelative dove la frase subordinata descrive un evento che vede coinvolto un individuo specifico (Guasti, 1993).

Nel periodo che va dai 30 ai 34 mesi aumentano le strutture prodotte, come le relative, il discorso diretto ed indiretto, e si consolidano quelle già emerse.

Conclusioni

In questo capitolo abbiamo visto come il linguaggio sia una capacità unica del genere umano. Fin dalla gestazione il feto è in grado di discriminare i fonemi. I bambini sono dotati di una grammatica mentale innata che permette loro di acquisire fin da subito le strutture della propria lingua. La produzione dei bambini comincia con delle semplici sillabe, che con il passare dei mesi si trasformano in parole ed olofrasi.

Entro i tre anni di vita il bambino, in condizioni di sviluppo normale, acquisisce un buon lessico e le tutte le principali strutture dell’italiano, anche se le più complesse, come le relative, sono ancora poco utilizzate.

(21)

CAPITOLO 2

Le frasi relative

In questo capitolo sarà presentata la struttura della frase relativa, distinguendo tra frase relativa sul soggetto e frase relativa sull’oggetto. Saranno presentati alcuni studi relativi alla produzione e comprensione di queste strutture e si renderà conto dell’asimmetria riscontrata in queste frasi con il principio di Minimalità Relativizzata.

2.1 Definizione di frase relativa

Le frasi relative sono frasi subordinate complesse introdotte dal complementatore che, che modificano un elemento nominale (detto antecedente o, meno spesso, testa o punto di attacco della relativa) che si trova in una frase reggente (detta frase matrice) attribuendogli caratteristiche o predicazioni che servono a identificarlo o caratterizzarlo.

La frase relativa contiene necessariamente al suo interno un argomento (che può essere implicito), interpretato come identico alla testa. Antecedente e relativa formano un unico costituente nominale.

Le frasi relative quindi hanno un SN condiviso da frase principale e frase subordinata, che svolge un ruolo sintattico autonomo in ogni frase:

1) La donna [che Mario saluta la donna] insegna latino.

L'ipotesi più accreditata per la struttura delle frasi relative è quella di Kayne (1975): esse comportano il movimento di un elemento (il soggetto o l’oggetto) dalla posizione in cui riceve interpretazione (interna a IP) ad una posizione che precede il complementatore (Spec/CP). Le frasi relative si possono distinguere tra restrittive e appositive. Le relative restrittive sono frasi subordinate che modificano l’antecedente e limitano il numero di potenziali referenti per tale referente:

(22)

2) Il mio amico che lavora in banca si chiama Giovanni

Le frasi relative appositive sono usate per fornire un’informazione aggiuntiva su un’identità già nota, già identificata.

3) Il mio amico, che lavora in banca, si chiama Giovanni

2.2 Relative sul soggetto e relative sull’oggetto

Le frasi relative restrittive si possono suddividere in frasi relative sul soggetto (4) e (5), e frasi relative sull’oggetto (6) e (7).

4) La bambina che rincorre il cane in giardino è la nipote di Maria. 5) Tocca l’uomo che pittura i muri.

6) Il cane che la bambina rincorre in giardino è di Maria. 7) Tocca il cucchiaio che l’uomo lava.

8) La gallina che beccano i pulcini.

La frase 4 è detta relativa sul soggetto, RS, in quanto il soggetto della frase principale (la bambina) è anche il soggetto della relativa. In questo tipo di frasi è il soggetto che compie il movimento dalla posizione incassata. La frase relativa si trova incassata al centro.

La frase 5, invece, è sempre una frase relativa sul soggetto, ma la subordinata si trova in posizione finale.

La frase 6 è una relativa sull’oggetto, RO, poiché è l’oggetto a muoversi dalla posizione incassata. Si tratta di una frase relativa con incassamento centrale.

(23)

La frase 7, invece, è una frase relativa sull’oggetto, ma con la subordinata in posizione finale.

La frase 8 è una frase relativa sull’oggetto, ma con soggetto in posizione post-verbale, ROp. Le frasi relative sono caratterizzate da dipendenze a lunga distanza tra la posizione interna alla frase subordinata e la posizione (esterna) nella principale e contengono un gap nella frase incassata che marca la posizione di merge (origine) dell’elemento che è stato relativizzato.

Come già detto, le relative sull’oggetto sono frasi più complesse, in quanto devono stabilire una relazione più lunga rispetto ad altre strutture tra lo stesso sintagma nominale e la sua traccia o copia, e poi con il verbo principale. Anche questa seconda relazione mette in gioco un ruolo tematico: il SN è sia agente che paziente.

Qui il SN è anche il paziente del verbo principale. Lo stesso SN entra in relazione tematica con due verbi, e questo rende le frasi relative particolarmente complesse.

Le frasi relative comportano un tipo di movimento definito A’ (non argomentale), che collega la posizione di origine occupata dalla copia non pronunciata, e la posizione di arrivo in cui il costituente mosso viene pronunciato. Comportano l’attivazione del CP (proiezione del complementatore). Tra la posizione di origine e quella di arrivo si creano delle dipendenze (catena) a lunga distanza.

Un deficit in una delle operazioni coinvolte nella derivazione delle frasi relative (creazione traccia o copia, assegnazione ruolo tematico e creazione della catena) comporta difficoltà di comprensione ad esempio di frasi semanticamente reversibili con ordine non canonico degli elementi).

Le frasi in cui l’ordine canonico è mantenuto, cioè un ordine dove il soggetto precede il verbo mentre l’oggetto lo segue, possono essere interpretate correttamente:

(24)

9) Tocca le donne che salutano le bambine

Frasi con ordine non canonico dei costituenti sono problematiche e presentano difficoltà di interpretazione in quanto l’oggetto non si trova nella posizione canonica, ma si trova in una posizione iniziale, e diviene il primo DP che si trova nella frase, creando confusione su chi sia l’agente:

10) Quella è la bambina che la donna ha salutato

Proprio perché vi sono delle relazioni a lunga distanza, le frasi relative risultano più problematiche da comprendere, produrre e processare.

Come detto nel capitolo precedente, gli studi sui bambini a sviluppo tipico hanno mostrato che le frasi relative cominciano a comparire presto, attorno ai 2 anni, però i bambini commetto degli errori in comprensione fino ai 6 anni. In realtà, si è dimostrato che questo può dipendere anche dal setting sperimentale.

L’accuratezza delle RS è maggiore rispetto alle RO. Le RS vengono acquisite all’età di 3 anni circa, mentre le RO sono acquisite tardi e sono problematiche in alcuni casi persino negli adolescenti.

Questa asimmetria tra RS e RO si è osservata in tutti gli studi e per tutte le lingue. L’acquisizione di queste proprietà sarà riportata e discussa in modo più approfondito nel paragrafo 2.5.

2.3 La produzione delle frasi relative

Tra le frasi subordinate più complesse sia per produzione che per comprensione troviamo le frasi relative, infatti sono tra le ultime strutture ad essere acquisite.

Come detto in precedenza, tra i 26 e i 29 mesi, i bambini producono delle frasi che richiamano le frasi relative, definite pseudorelative (Ecco nonna che arriva 2;0).

(25)

Sono frasi che non hanno un valore restrittivo, cioè che identificano un antecedente, ma sono usate per presentare un contesto o come complementi di verbi di percezione.

Solo successivamente compaiono, nell’ordine, le relative restrittive sul soggetto, e solo alla fine quelle sull’oggetto e sulle altre funzioni grammaticali (Guasti, 2007).

Tuttavia, queste produzioni infantili presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle degli adulti.

Come mostrato da Guasti e Cardinaletti (2003), i bambini italiani tra 5 e 10 anni producono frasi relative utilizzando, per esempio, pronomi clitici di ripresa:

11) Tocca la zebra che il bambino la lava

Inoltre, usano in maniera generalizzata il complementatore che, il quale sostituisce gli altri pronomi relativi, come mostra l’esempio (12):

12) Tocca la panca che c’è il pompiere che sta dormendo (5;3)

Le autrici ipotizzano che la struttura delle relative sia la stessa degli adulti, ma che i bambini utilizzino un solo tipo di operatore, quello nullo, fino a quando non avranno acquisito totalmente gli altri operatori e quindi siano in grado di sostituirli all’operatore nullo .4

Gli adulti, infatti, usano l’operatore nullo limitatamente alle relative sull’oggetto e sul soggetto, e non in tutti i tipi di relativa.

La differenza dipende dunque dallo sviluppo lessicale, e non dal livello strutturale. Inoltre, le frasi relative prevedono una serie di dipendenze a lunga distanza tra i costituenti della frase, e quindi, sia in produzione che in comprensione, richiedono un grande sforzo computazionale.

Per l’italiano, tra i 3;0 e i 3;11, anni la percentuale di produzione di relative soggetto è del 61%, e a 4 anni è del 90% (Belletti e Contemori, 2010).

Le teorie più recenti ipotizzano che non vi sia un operatore nullo, ma che a muoversi sia direttamente la testa 4

(26)

L’accuratezza aumenta con l’età, nell’adolescenza e nell’età adulta il livello di produzione raggiunge il 100% o si avvicina al (Utzeri, 2007; Volpato, 2010).

Per le relative sull’oggetto, invece, a 3 anni la produzione è del 37%, a 4 del 52%, a 5/6 anni è del 45%, mentre successivamente la percentuale si abbassa, infatti tra i 6;10 e i 7;10 la percentuale di produzione è del 33%, e tra i 9;4 e i 10;3 la produzione è del 10%.

A partire dai 7 anni, infatti, in produzione le relative sull’oggetto sono sostituite da frasi causative (I bambini fanno lavare il pupazzo dal papà) e frasi passive relative (Il bambino che è pettinato dal papà), in quanto risultano più economiche, cioè prevedono un movimento meno lungo rispetto alle RO e dunque richiedono un minore carico computazionale da parte del soggetto.

Guasti et al. (2012) in uno studio sull’asimmetria tra RS e RO, hanno messo a confronto un gruppo di bambini di 5 anni e un gruppo di bambini di 9 anni, evidenziando come l’asimmetria sia netta e rimanga anche con l’avanzare dell’età.

Anche Uzteri (2007) ha testato la produzione di frasi relative in due gruppi a sviluppo tipico, bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, e adulti, di età compresa tra i 15 ed i 73 anni. Ne è emerso che entrambi i gruppi evitano di produrre RO, mentre producono senza problemi le RS.

2.4 La comprensione delle frasi relative

Lo sviluppo lessicale ed il movimento a lunga distanza fanno tardare il raggiungimento di un buon livello non solo nella produzione, ma anche nella comprensione.

Tra gli autori che hanno trattato questo argomento, troviamo Ceccarelli (1998) , che ha 5 testato la comprensione delle frasi relative sul soggetto e sull’oggetto in soggetti a sviluppo tipico di età di 4, 5 e 6 anni: frase relativa soggetto incassata al centro, frase relativa sul soggetto finale, frase relativa sull’oggetto incassata al centro e una frase relativa sull’oggetto finale. Ha aggiunto anche un quinto tipo di frase, una frase relativa incassata al centro con

Citato in Guasti (2007). 5

(27)

facilitazione pragmatica, dove il bambino è guidato alla comprensione della frase dalla conoscenza del mondo.

Ai bambini è stato somministrato un test di abbinamento figura-frase. Dall’analisi dei dati è emerso che le frasi con facilitazione pragmatica in realtà non aiutano in alcun modo la comprensione delle frasi relative, questo perché le conoscenze del mondo che possiedono i bambini hanno un valore diverso rispetto a quelle degli adulti.

Un altro risultato interessante che si è visto è un miglioramento nella comprensione con l’età: a quattro anni le strutture risultano ugualmente difficili, mentre a 5 e a 6 anni la comprensione migliora sensibilmente.

L’ordine di facilità di comprensione sembra dipendere dalla funzione svolta dall’elemento relativizzato all’interno della relativa. Questo indicherebbe che le relative sul soggetto risultano più facili delle relative sull’oggetto.

Questa asimmetria riscontrata sia in produzione che in comprensione è particolarmente evidente nei bambini, ma anche nelle popolazioni a sviluppo atipico come in caso di dislessia o disturbo specifico del linguaggio.

Gli stessi risultati sono stati riscontrati anche da Adani (2011). L’autrice ha testato 116 bambini italiani a sviluppo tipico di età compresa dai 3 ai 7 anni, ed ha valutato la comprensione delle frasi relative sul soggetto, sull’oggetto e sull’oggetto con soggetto post-verbale.

Dall’analisi dei dati è stato confermato l’asimmetria delle varie… strutture relative: relativa sul soggetto > relativa sull’oggetto > relativa sull’oggetto con soggetto post-verbale. Adani mostra, inoltre, che le strutture relative sono già presenti all’età di 3-4 anni. Propone, quindi, che questi risultati siano un’evidenza della continuità delle competenze grammaticali infantili e quelle adulte, e che le risposte non target si possono interpretare come opzioni grammaticali sfruttate da un sistema immaturo.

(28)

2.4.1 Adani, Van Der Lely, Forgiarini, Guasti (2010)

Questo studio ha indagato la comprensione di frasi relative sull’oggetto incassate al

centro con la manipolazione del tratto di numero e del tratto di genere di entrambi i

DP.

Sono stati testati 50 bambini italiani a sviluppo tipico di età compresa tra 5 e 9 anni.

Nel test di comprensione delle frasi relative, le strutture erano sul soggetto o sull’oggetto, e veniva manipolato il tratto di numero in tutte le possibili combinazioni:

-

SS: sintagma nominale soggetto di entrambe le frasi;

-

SO: sintagma nominale soggetto della principale e oggetto della relativa;

-

M: match, stesso numero

-

MM: mismatch, numero diverso

Sono state testate 48 frasi in totale. Era un test di abbinamento frase e immagine, sentivano la frase e dovevano scegliere l'abbinamento corretto tra le 4 figure proposte.

Tre delle 4 figure raffigurano altre combinazione della frase, assegnano ruoli tematici sbagliati.

Sono state rilevate tre categorie di possibile errore:

-

Local: la relazione all'interno della frase relativa è corretta, ma vi è un errore d'interpretazione della frase principale.

-

Distance: la relazione nella frase principale è corretta, ma il rapporto all’interno della frase relativa è sbagliato.

-

Double Reversal: l’errore si trova in entrambe le frasi, i due SN sono in relazione con i verbi in maniera sbagliata.

Dall’analisi dei dati è emerso che la performance dei bambini più grandi (7-9 anni) è

migliore rispetto a quella dei bambini più piccoli (5 anni).

Per quanto riguarda le condizioni di match e mismatch, si è visto che la percentuale

di accuratezza più alta la si trova nella condizione di mismatch.

(29)

Nei due gruppi con bambini più grandi, il distante error è la strategia più usata nel

caso di risposta sbagliata. Nei bambini più piccoli, invece, si trovano equamente tutti

e tre i tipi di errori.

In tutti i gruppi si è visto che le condizioni di tratto di numero sono sempre più

accurate rispetto le condizioni del tratto di genere. inoltre, anche nella manipolazione

del tratto di numero, la condizione con percentuali di accuratezza è la condizione di

mismatch.

2.4.2 Volpato (2012)

Questo studio ha verificato se la manipolazione del tratto di numero sia sulla testa sia sul DP incassato potesse aiutare la comprensione delle frasi relative in bambini normoudenti e in bambini con impianto cocleare.

È stata verificata, dunque, la comprensione delle frasi sul soggetto, le frasi relative sull’oggetto con soggetto incassato pre-verbale e le frasi relative sull’oggetto con soggetto post-verbale.

Allo studio hanno preso parte 13 bambini affetti da sordità profonda congenita, tra i 7;9 e i 10;8 anni. Il campione di controllo era composto da 13 bambini tra i 5;7 e i 10;8 anni, senza deficit uditivi e linguistici, abbinati sulla base delle abilità morfosintattiche (valutati con il TCGB). Ai soggetti è stato somministrato un task di selezione d’agente (Volpato 2010) dove il bambino doveva selezionare il referente corretto tra 4 opzioni alla lettura di una frase da parte dello sperimentatore. Il test era composto da 48 frasi sperimentali e 20 frasi filler.

Dall’analisi dei risultati è emerso che le RS sono preservate in entrambe le popolazioni, e sono meglio comprese rispetto alle RO: questa asimmetria tra le RS e le RO è spiegabile, come detto in precedenza, col principio di Minimalità Relativizzata e la teoria della versione non adulta della Minimalità Relativizzata proposta da Friedmann, Belletti e Rizzi (2009). Più problematiche sono le RO, sia quelle con soggetto incassato pre-verbale sia quelle con soggetto incassato post-verbale.

(30)

Le RO con soggetto incassato pre-verbale sono quelle che distinguono un po’ di più i due gruppi, infatti mentre il gruppo dei bambini IC ha delle percentuali di accuratezza più alte nelle condizioni di match dei tratti, ossia quando i due DP sono entrambi o singolari o plurali, invece hanno più difficoltà nei casi di mismatch, ovvero quando i due DP sono uno singolare e uno plurale o viceversa.

I normoudenti, NU, hanno invece la tendenza opposta: il grado di accuratezza è migliore nel mismatch. Tra l’altro, la condizione di mismatch che risulta essere la più semplice per i bambini NU è la condizione in cui i bambini sordi hanno la percentuale più bassa.

Per quanto riguarda le frasi RO con soggetto incassato post-verbale, sono per entrambi i gruppi le strutture più problematiche, ma si può vedere che le percentuali dei bambini sordi sono di molto inferiori rispetto ai bambini NU.

La versione più raffinata della Minimalità Relativizzata sostiene che, quello che favorisce la comprensione, è l’uso di tratti distinti sui DP, quello che si muove e quello che interviene.

Quando il tratto di numero è lo stesso, la performance è meno accurata. E’ problematica per la mancata disgiunzione del set dei tratti (Vedi paragrafo 2.5).

Vi sono vari fenomeni che possono spiegare la difficoltà di comprensione delle RO riscontrata nei soggetti con IC, come per esempio la caduta dei tratti di numero ed il fenomeno dell’attrazione del verbo.

Nelle popolazioni atipiche i tratti di numero possono essere inaccessibili o sottospecificati sulle forme verbali plurali (Chesi 2006, Chinellato 2004).

La caduta di tratti di numero porta all’attrazione del verbo da una testa non marcata.

Il soggetto incassato singolare può co-occorrere con (attrarre) un verbo plurale (forma non marcata) quando la testa della relativa è plurale (non marcata). Lo stesso fenomeno non è possibile con la forma singolare (marcata) (Kayne, 1989).

(31)

L’italiano è speculare all’inglese poiché la forma non marcata è il singolare e quindi l’attrazione va nel senso opposto.

In soggetti con disturbo del linguaggio, dunque, un verbo marcato può essere attratto da una testa non marcata, quindi l’oggetto singolare (non marcato) può esercitare un’attrazione sul verbo (marcato). Questo porta il soggetto ad una interpretazione errata della frase.

Nelle frasi che prevedono questa attrazione del verbo, i bambini IC nelle risposte errate hanno selezionato principalmente il referente reversibile, perché collegano il primo DP con il verbo incassato, i tratti marcati non possono fungere da attrattore per il verbo.

Nelle frasi senza attrazione i bambini IC nelle frasi errate hanno selezionato il referente agente; il gruppo IC sembra prediligere la relazione specificatore-testa, indipendentemente dai tratti sul DP incassato e sul verbo.

Per quanto riguarda le frasi relative sull’oggetto con soggetto post-verbale, cioè frasi relative sull’oggetto con soggetto in posizione post-verbale, la comprensione risulta ancora più deficitaria.

Queste strutture, infatti, non prevedono lo spostamento del soggetto dalla posizione incassata, dove importa i tratti (Agree) ad una posizione più alta dove entra in una configurazione di specificatore e testa.

Nelle ROp, dunque, si realizza solo la relazione di AGREE, e cioè solo l’importazione dei tratti, ma manca la relazione di accordo specificatore testa.

L’accordo basato solo su AGREE è più fragile, e questo è dovuto anche all’effetto di complessità computazionale, poiché il sistema di memoria deve mantenere la morfologia di plurale sul verbo in stand-by fino a quando si incontra il soggetto post-verbale.

Le frasi relative sull’oggetto con soggetto post-verbale, infatti, hanno un ordine non canonico degli elementi:

13) La gallina [che beccano i pulcini

]

Un soggetto post-verbale è, dunque, inatteso, e questo contribuisce a sovraccaricare il sistema computazionale.

(32)

Sia i ragazzi NU che i ragazzi con IC interpretano la frase sulla base dell’ordine SVO, cioè come una RS:

14) La gallina [che becca i pulcini]

I bambini IC hanno mostrato, comunque, una performance peggiore rispetto i NU:

Un altro aspetto da considerare per spiegare la performance peggiore dei ragazzi sordi rispetto ai NU è la riabilitazione: tante volte per aiutare il bambino sordo a imparare ad acquisire le strutture della propria lingua gli viene insegnato l’ordine SVO, anche per facilitarlo. Quindi per lui un ordine non marcato è ancora più atteso, proprio perché la frequenza con cui viene esposto a questa struttura è ancora più alta rispetto ai bambini NU. Possiamo dunque concludere riassumendo che il gradiente tipico di difficoltà è RS > RO > ROp per entrambi i gruppi. La comprensione di RO e ROp distingue NU da IC.

2.4.3 Frugarello (2013)

Basandosi sugli studi che hanno indagato l’importanza del numero, nella sua tesi di laurea, Frugarello ha valutato la comprensione delle frasi relative sull’oggetto con la manipolazione del tratto di numero del soggetto e dell’oggetto in due pazienti agrammatici e due pazienti con afasia fluente, ed ha confrontato questi due gruppi con i dati di un gruppo di controllo di cinque parlanti nativi italiani e senza disturbi del linguaggio, tutti di età compresa tra i 38 e i 56 anni.

Ai soggetti è stato somministrato un test di abbinamento frase-figura, composto di 48 frasi relative sull’oggetto irreversibili, cioè dove il soggetto è animato mentre l’oggetto è inanimato, e 48 frasi relative sull’oggetto reversibili, dove entrambi i DP sono animati .6

Essendo il test che ho utilizzato nella mia tesi, il test nel dettaglio è presentato nel capitolo 3. 6

(33)

Nel test erano presenti anche 32 frasi filler, cioè frasi relative sul soggetto, che avevano l’obiettivo di alleggerire il carico computazionale del compito.

Dall’analisi dei dati, è emerso che nei gruppi sperimentali, sia le RO irreversibili che quelle reversibili presentano percentuali di accuratezza molto alte, anche se le frasi reversibili presentano più errori rispetto alle irreversibili. Il gruppo di controllo, invece, raggiunge il 100% di risposte corrette sia nelle irreversibili che nelle reversibili.

Nelle frasi filler, dunque le RS, tutti i gruppi hanno raggiunto il 100% di risposte corrette. Per quanto riguarda la condizione in cui l’accuratezza è stata superiore è risultata essere quella di match. Nella condizione di mismatch, infatti, i soggetti a sviluppo atipico hanno commesso 22 errori rispetto ai 10 nella condizione di match.

Questa predilezione per la condizione di match può essere spiegata con la proposta di Ferrari (2005), che ipotizza che la proiezione sintattica del numero si realizzi solo in presenza del tratto di numero plurale, rendendo in questo modo la frase nella condizione di mismatch con il plurale nella frase incassata più complessa dal punto di vista computazionale.

2.5 L’asimmetria e la Minimalità Relativizzata

Le frasi relative sul soggetto sono comprese e prodotte con più facilità rispetto alle relative sull’oggetto.

Questa asimmetria tra RS e RO è colta pienamente dal principio di Minimalità Relativizzata (Rizzi, 1990), il quale afferma che:

Y è in configurazione minimale con X se e solo se non esiste Z tale che: a. Z non è della medesima classe strutturale di X;

b. Z interviene tra X e Y

Secondo questa teoria, quindi, una relazione tra due costituenti (X e Y) non può stabilirsi perché Z blocca tale relazione.

(34)

Per comprendere questo principio è importante introdurre alcuni aspetti. Ciascun nodo sintattico appartiene ad una classe strutturale, ridefinita in termini di tratti. Ciascun nodo sintattico è associato, quindi, ad un set di tratti morfosintattici:

-

Argomentale (A): persona, numero, genere, caso (es. SN)

-

Quantificazionale (Q): wh-, neg, focus,R,…

La Minimalità Relativizzata si crea se l’elemento che interviene appartiene alla stessa classe strutturale degli elementi tra i quali dovrebbe stabilirsi la relazione. E’ quindi specificato in termini di identità di tratti.

15) How do you think John behaved <how>

Come possiamo vedere nell’esempio 11, l’elemento che interviene, Z, ha tratti diversi rispetto agli altri due: Y (how) possiede tratti quantificazionali e, per raggiungere l’elemento di arrivo X, oltrepassa un elemento con tratti diversi, cioè argomentali (John). Qui, dunque, non vi è identità di tratti e la relazione si può stabilire tranquillamente.

16) * How do you wonder who behaved <how>

Nell’esempio 12, invece, gli elementi che intervengono sono tutti dello stesso tipo, cioè quantificazionali. Dunque, essendoci identità di tratti, si crea Minimalità e la relazione non si può stabilire.

Sulla base di Rizzi (1990, 2004), Friedmann, Belletti e Rizzi (2009) sostengono che la difficoltà di comprensione delle RO in bambini normodotati ebraici sia dovuta ad una parziale identità di tratti, alla presenza dell’elemento lessicale, SN (restrizione lessicale) tra la testa della relativa e la posizione da cui la testa è mossa.

Q (wh) X A (SN) Z Q (wh) Y Q (wh) Z Q (wh) Y Q (wh) X

(35)

17)

In questo caso, essendo una RO, quello che si muove è il DP oggetto che raggiunge una posizione nella periferia sinistra della frase, quindi nel CP. Proprio perché si muove nel CP, oltre che dai tratti argomentali, è caratterizzato anche da un tratto quantificazionale (che qui viene indicato con R). R designa il tratto quantificazionale, mentre DP designa la restrizione lessicale.

L’elemento che interviene (the lion) è un costituente all’interno di IP, quindi caratterizzato dai tratti argomentali. Un elemento con la restrizione lessicale scavalca un altro elemento, un altro DP. Nella grammatica adulta questa frase è corretta, ma i bambini o le persone con una grammatica compromessa hanno difficoltà con questa restrizione lessicale.

Friedmann, Belletti e Rizzi (2009) propongono, quindi, che i bambini abbiano una versione non adulta della Minimalità Relativizzata. L’elemento che si muove condivide parzialmente i tratti con l’elemento che superano, e i bambini non sono in grado di operare una distinzione tra i tratti dell’elemento che si muove e i tratti dell’elemento che interviene, mostrando quindi delle difficoltà nell’interpretazione di queste frasi.

Gli elementi che intervengono, per essere compresi dai bambini, devono essere completamente diversi tra loro, non devono avere tratti comuni. Dunque per loro è necessaria la disgiunzione dei tratti, non basta che l’elemento ne condivida solo una parte. Attraverso la manipolazione delle proprietà referenziali dell’elemento che interviene (es. pro), quindi attraverso la manipolazione dei tratti argomentali dell’elemento che interviene, le percentuali di accuratezza della comprensione aumentano.

[+R + NP] NP <+R+NP>

(36)

Conclusioni

In questo capitolo abbiamo visto che cosa sono le frasi relative e la loro acquisizione. Si è visto che la RS vengono meglio comprese rispetto le RO, e questo è spiegato dalla Minimalità Relativizzata di Rizzi. Questa asimmetria è presente sia in popolazioni a sviluppo tipico che in popolazioni a sviluppo atipico.

Inoltre, sembra che la manipolazione del tratto di numero nella condizione mismatch aiuti la comprensione delle frasi relative sull’oggetto nei ragazzi a sviluppo tipico.

In altre popolazioni, compre esempio i sordi, la percentuale di accuratezza aumenta nella condizione di match dei tratti. I fenomeni che interagiscono nella comprensione delle RO sono la caduta dei tratti di numero e il fenomeno dell’attrazione del verbo.

Per quanto riguarda le frasi relative sull’oggetto con soggetto post-verbale, si è visto che la comprensione è più deficitaria sia per i NU che per i soggetti con IC, anche se quest’ultimi hanno una performance decisamente più bassa rispetto i NU.

In questo caso, questa evidenza si può spiegare con le relazione in termini di AGREE e quella nella configurazione specificatore-testa: nelle ROp, infatti, vi è solo la relazione di AGREE, una relazione più debole, che porta i soggetti, nella maggio parte dei casi, ad interpretare queste frasi come delle semplici relative sul soggetto.

(37)

CAPITOLO 3

Lo studio

In questo capitolo presenterò il mio studio, dove ho verificato la comprensione delle frasi relative, in particolare quelle sull’oggetto, in bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia, e del primo e secondo anno della scuola primaria.

Saranno presentati i partecipanti, i test usati e le procedure di somministrazione e i risultati.

3.1 Presentazione dello studio, obbiettivi ed ipotesi

In questa parte della tesi mi occupo dell’analisi e discussione dei dati raccolti presso la scuola dell’infanzia e la scuola primaria dell’Istituto Comprensivo di Montebello Vicentino, durante un periodo di tirocinio durato da marzo a maggio 2016.

In questo studio l’attenzione si è focalizzata sulla valutazione della comprensione delle frasi relative sull’oggetto con soggetto incassato preverbale in bambini normodotati e normoudenti di età compresa tra i 5 e gli 8 anni.

Ai bambini è stato somministrato un test di selezione d’immagine in cui è stato manipolato il tratto di numero sia della testa che del DP incassato utilizzando un test elaborato da Frugarello (2013).

Dallo studio di Volpato (2012) condotto su bambini italiani con ipoacusia bilaterale neurosensoriale profonda congenita, tra i 7;9 e i 10;8 anni, confrontati con un gruppo di controllo di bambini normoudenti di età compresa tra i 5;7 e i 10;8 anni è emerso che nei normoudenti il grado di accuratezza è migliore nelle condizioni di mismatch dei tratti. Tra l’altro, la condizione che risulta essere più semplice per i bambini NU (mismatch), e quindi dove presentano la percentuale più alta, è proprio la condizione in cui i bambini sordi hanno la performance più bassa.

Dagli studi condotti da Adani, Van der Lely e Guasti (2014), che hanno valutato la comprensione di frasi relative manipolando il tratto di numero in bambini italiani a sviluppo

(38)

tipico di età tra i 7 e i 9 anni, si è visto che i soggetti preferivano la condizione di mismatch, ovvero la condizione in cui soggetto e oggetto presentano numero diverso (singolare-plurale o plurale-singolare).

Nella mia ricerca ho verificato se questi dati di preferenza di mismatch fossero confermati. Inoltre, ho voluto indagare se vi fosse un miglioramento della performance mettendo a confronto tre età diverse: l’ultimo anno della scuola dell’infanzia, le classi prima e classe seconda della scuola primaria.

Lo studio, principalmente, è volto a valutare la comprensione delle frasi relative sull’oggetto in base all’età dei bambini e l’uso del tratto di numero; tuttavia, durante l’analisi dei dati, vedendo la percentuale di studenti di origine straniera, sono state condotte più analisi per controllare se i risultati potessero cambiare, se si fossero tenuti in considerazione anche i soggetti la cui lingua madre non è l’italiano.

3.2 Partecipanti

A questo studio hanno preso parte 42 bambini di due scuole dell’Istituto Comprensivo di Montebello Vicentino.

Tutti i soggetti che hanno aderito al progetto sono stati testati ed analizzati, ma al fine dello studio ne sono stati esclusi 4perché ritenuti non idonei .7

Quindi, i soggetti che sono stati presi in considerazione sono:

-

10 bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia (5;4 - 6;1);

-

15 bambini della classe prima della scuola primaria (6;0 - 7;3);

-

13 bambini della classe seconda della scuola primaria (7;2 - 8;2);

I bambini sono italiani, non mostrano alcun tipo di deficit uditivo o linguistico. Vista, però, una percentuale non indifferente di studenti italiani di origine straniera (8/38, circa il 29% degli studenti), si è deciso di fare delle analisi differenziate dividendo i gruppi. Si sono creati due

Sono stati esclusi perché o certificati o perché parlano soprattutto una lingua diversa dall’italiano. 7

(39)

gruppi distinti a seconda che nell’analisi fossero inclusi anche i bambini di origine straniera, oppure ne fossero esclusi:

-

Gruppo A, che include i soggetti che parlano italiano anche all’interno dell’ambiente familiare:

-

6 bambini dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia;

-

13 bambini della classe prima della scuola primaria;

-

11 bambini della classe seconda della scuola primaria;

-

Gruppo B, che include i soggetti italiani assieme ai soggetti nati in Italia ma che in famiglia parlano anche una lingua diversa dall’italiano:

-

10 bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia;

-

15 bambini della classe prima della scuola primaria;

-

13 bambini della classe seconda della scuola primaria;

Allo studio è stato inoltre aggiunto un gruppo di controllo composto da 10 adulti italiani di età compresa tra i 20 e i 28 anni.

3.3 Materiali

Ad ogni bambino sono stati somministrati i seguenti test:

Test di Comprensione Grammaticale per Bambini (TCGB), di Chilosi e Cipriani (2006);

Test di memoria con sequenze di cifre in avanti e all’indietro (TEMA - Test di memoria e apprendimento), di Reynolds e Bigler (1995);

Prova di abbinamento frase-figura (Sentence-picture matching task), di Frugarello (2013);

Al gruppo di controllo degli adulti è stato somministrato solo l’ultimo test, il picture matching task di Frugarello.

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