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Il museo partecipativo: il valore emozionale degli oggetti come forma d’inclusione sociale

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex

D.M.270/2004) in

Economia e Gestione delle Arti e delle attività

culturali (EGArt)

Tesi di Laurea

Il museo partecipativo:

il valore

emozionale degli oggetti come forma

d’inclusione sociale

Relatore

Prof. Daniele Goldoni

Laureando

Federica Benvenuto

Matricola 846453

Anno Accademico

2015 / 2016

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INDICE Introduzione

Capitolo 1 - Impatto e responsabilità sociale del museo: il museo come agente di trasformazione sociale

1.1 Il museo nel mondo contemporaneo: una breve introduzione 1.2 Il museo come agente di trasformazione sociale

1.2.1 Barriere alla rappresentazione, alla partecipazione e all’accesso 1.2.2 Responsabilità sociale del museo: obbligo o scelta?

1.3 Il valore e l’impatto sociale del museo 1.3.1 Impatto sociale del museo

1.4 La valutazione dell’impatto sociale dei musei: problematiche e sviluppi futuri

1.5 Modelli e frameworks adottati

1.5.1 Metodologie utilizzate: un breve cenno              

Capitolo 2 - L’approccio partecipativo come forma d’inclusione: strumenti e modalità utilizzate nelle attività del museo

2.1 Audience Development

2.2 Forme di partecipazione: Contribution, Collaboration, Co - creation, Hosted 2.2.1 Contribution

2.2.2. Collaboration 2.2.3 Co-Creation 2.2.4 Hosted

2.3 La memoria delle cose e il loro uso nelle pratiche museali

Capitolo 3 – L’uso di oggetti personali all’interno di attività partecipative: quattro casi studio

3.1 Museum of Broken Relationships 3.2 Object Stories al Portland Art Museum

3.3 Object Stories al National Museum of Australia  

4 6 6 8 11 13 15 18 20 23 29 32 32 38 43 45 47 48 49 57 57 62 69

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3.4 MooP – Museo degli oggetti ordinari di Parma Capitolo 4 – Interviste

4.1 Intervista a Ivana del Museum of Broken Relationships

4.2 Intervista a Kristin Bayans del Portland Art Museum sul progetto Object Stories

4.3 Intervista ad Angela Casey del National Museum of Australia su progetto

Object Stories

4.4 Intervista a Flavia Armenzoni del Museo degli oggetti ordinari di Parma   Conclusioni Bibliografia – Sitografia   73 77 77 87 93 96 102 105  

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Introduzione

La tesi presenta come “modelli” di progetti museali, quattro casi studio di attività che richiedono la partecipazione del pubblico attraverso l’uso di oggetti personali e dal particolare valore emotivo.

Il lavoro vuole mettere in luce la necessità da parte dei musei di agire responsabilmente nei riguardi della società, attraverso l’uso di pratiche inclusive che richiedono il coinvolgimento attivo delle persone e propone come efficace mezzo di partecipazione l’utilizzo del valore sentimentale degli oggetti.

Il lavoro nasce dal mio interesse per i Museum Studies, gli studi sui musei inglesi. Da sempre quest’ambito di ricerca si è dimostrato fortemente impegnato in progetti culturali inclusivi e nella valutazione dei benefici generati da questo tipo d’iniziative. Negli ultimi anni in particolare, l’interesse per l’argomento sembra essere percepito con più forza a livello internazionale, come dimostrano programmi e studi lanciati dalla Commissione Europea e da ICOM (International Council of Museums).

È ormai confermato che oggi, per essere e rimanere rilevanti, i musei devono rispondere responsabilmente alla società e ai singoli individui, coinvolgendo e avvicinando le proprie comunità.

La scelta degli oggetti personali come forma di partecipazione è legata invece a un interesse personale. Nel tempo ho iniziato a comprendere l’importanza di custodire e onorare tutti quegli oggetti che carichiamo emotivamente di valore.

L’idea che questi oggetti possano essere usati all’interno di attività museali inclusive nasce a seguito della visita al Museo dell’Innocenza di Istanbul, la cui collezione è costituita interamente da oggetti della memoria di un amore perduto e che si riferiscono allo stesso tempo alla storia della nazione. Il carico di emozioni percepite all’interno dello spazio mi ha spinto a ricercare altri progetti dello stesso tipo e a considerarne la rilevanza in ambito di progettazione museale.

La tesi si compone in quattro parti. Nel primo capitolo è presentato il concetto di responsabilità sociale del museo e delle istituzioni culturali, sviluppato principalmente da Richard Sandell in ambito dei Museum Studies. L’autore afferma che musei e organizzazioni culturali possono agire da agenti d’inclusione sociale, influendo in

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maniera positiva su individui, comunità e società. Le istituzioni hanno dunque il dovere di agire in maniera responsabile.

Segue poi una ricostruzione degli studi sugli impatti sociali delle istituzioni culturali che iniziano a diffondersi dagli anni Novanta e che confermano una correlazione tra attività culturali e benefici generati dalla partecipazione. Sono presentati frameworks e modelli comunemente accettati nell’ambito della valutazione dell’impatto sociale (Categorizzazione di Matarasso, Generic Social Outcomes, Generic Learning Outcomes, Social Return on Investment) insieme alle varie problematiche connesse all’argomento.

Nel secondo capitolo sono presentate modalità e mezzi utilizzati per rendere le istituzioni culturali socialmente inclusive e rilevanti. Partendo dalla definizione degli strumenti dell’audience development, l’attenzione è in seguito posta su tipologie di progetti che si basano sulla partecipazione e l’interazione di pubblici e comunità. Attività di questo genere si stanno affermando con sempre più forza nel settore museale, con diversi gradi d’intensità e secondo modalità molto differenti.

Con la pubblicazione The Participatory Museum (2010), Nina Simon propone una nuova visione della progettazione museale, basata principalmente sul dialogo e l’avvicinamento dell’istituzione al pubblico attraverso pratiche partecipative che l’autrice distingue in: contribution, collaboration, co-creation e hosted.

La partecipazione può avvenire nei modi più svariati, nello specifico, la tesi si concentra sull’importanza dell’uso di oggetti con un particolare valore affettivo appartenenti al pubblico, all’interno di attività e progetti istituzionali.

Il terzo capitolo propone dunque quattro casi studio nei quali è stata utilizzata questa modalità di partecipazione: il Museum of Broken Relationships, il progetto Object Stories del Portland Art Museum, il progetto Object Stories del National Museum of Australia e il Museo degli oggetti ordinari di Parma.

Infine, l’ultimo capitolo riporta delle interviste effettuate allo Staff che ha curato i diversi progetti e che mi hanno permesso di confermare l’esistenza di benefici generati dalla partecipazione del pubblico, attraverso questa particolare tipologia di contributo personale.

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Capitolo 1 - Impatto e responsabilità sociale del museo: il museo come agente di trasformazione sociale

1.1 Il museo nel mondo contemporaneo: una breve introduzione

L’idea che i musei debbano rispondere in modo attivo e responsabile alle esigenze della società e delle comunità di riferimento non è affatto nuova, sebbene negli ultimi anni risulti particolarmente in linea con le tematiche affrontate all’interno del dibattito culturale.

Già agli inizi del ‘900, John C. Dana1parla in maniera pioneristica di come sia fondamentale per il museo prestare la giusta attenzione alla propria comunità, in una forte critica verso i musei contemporanei giudicati autoreferenziali, intimidatori e distanti dai cittadini e dalla loro identità storica.

Tuttavia, solo successivamente alla seconda metà del secolo inizia un processo di apertura verso il pubblico, che farà emergere un nuovo modello di museo concepito come servizio verso la società e i suoi visitatori. L’attenzione inizia a spostarsi sui diversi significati e scopi che queste istituzioni possono ricoprire nella società e organi istituzionali come l’Association of American Museum (AAM), la Museum Association (UK) e ICOM prendono una forte posizione al riguardo, sviluppando nuove definizioni e codici etici. Pubblicazioni come Museum in a New Century (1984) ed Excellence and Equity (1992) edite dall’AAM, confermano che l’educazione rientra tra gli scopi primari del museo e che l’impegno verso la dimensione pubblica deve essere centrale in ogni sua attività.

In una riflessione sulla storia dei musei, Kenneth Hudson osserva come la più grande trasformazione avvenuta alla fine del XX secolo consista nell’ormai assoluta convinzione che i musei esistano allo scopo di servire il pubblico. Come afferma Stephen Weil nel 1999 il cambiamento avviene «From being about something to be for somebody2». Il vecchio modello basato esclusivamente sulla collezione e sul sapere gestito e controllato da un’élite di professionisti museali ha ormai perso credibilità.

Come hanno affermato più di recente Mary Ellen Munley e Randy Roberts:                                                                                                                

1 John C. Dana fu il direttore del Newark Museum dal 1909 al 1920, un’istituzione basata sui principi di

educazione, accessibilità al pubblico e sull’inclusione di artisti americani all’interno della collezione.

2 Stephen E. Weil, “From Being sbout Something to be for Somebody: The Ongoing Trasformation of

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The once familiar ‘collect, peserve and interpret’ mission that dominated the twentieth-century museums shifted towards a new audience-centered focus. Accross the field, museums have increasingligly identified themself as community-oriented, outwardly focus centers of education dedicated to reflecting and serving broad and diverse audiences3.

Questo cambiamento ha permesso una più profonda comprensione dei modi attraverso i quali il pubblico si relaziona e apprende all’interno del museo e ha creato un clima nel quale, almeno alcune organizzazioni, hanno iniziato a passare da un approccio passivo ai visitatori (secondo il quale le porte sono aperte e tutti sono i benvenuti) a un approccio nel quale si sente una maggiore responsabilità rispetto all’abbattimento di barriere che ostacolano diversi gruppi alla partecipazione.

Le ragioni del cambiamento vanno attribuite a un insieme di fattori che si sviluppano e influenzano a vicenda. Dal secondo dopoguerra si è registrata la diffusione e diversificazione di nuovi musei a livello internazionale; questo ha portato inevitabilmente a una maggiore specializzazione delle professioni museali. Allo stesso tempo i bisogni del pubblico e delle comunità sono cambiati radicalmente e i modi di fruire la cultura sono diventati più variegati soprattutto grazie alla tecnologia, influendo notevolmente sulla possibilità di visitare il museo o meno.

In questi ultimi anni in particolar modo, questo settore sente con urgenza la necessità di giustificare la propria esistenza e rivedere i propri ruoli. Oggi, infatti, gli operatori museali insieme a tutto il comparto culturale sono sottoposti a una forte pressione proveniente dall’esterno, che li porta a confrontarsi con questioni di natura sociale, politica, ambientale e con la crisi economica e la necessità di trovare sempre nuove fonti di finanziamento.

I programmi promossi dalla Commissione Europea come Europa Creativa 20204o il

Discussion Paper Museum20205 della Museum Association, insieme alle altre

iniziative sostenute da ICOM come Museum For Social Harmony6, testimoniano una

forte risposta positiva alla questione e dimostrano come nel settore culturale, una                                                                                                                

3 Mary E. Munley and Roberts Randy, “Are Museum Educators Still Necessary?”, Journal of Museum Education, Volume 31, no. 1, (2006): p. 31.

4 Europa Creativa 2014-2020, Sottoprogramma Cultura, Commissione Europea,  

http://cultura.cedesk.beniculturali.it/programma-europa-creativa.aspx

5 Museum Association, “Museum 2020 Discussion Paper”, accessed 25 November 2012,

http://www.museumsassociation.Org/download?id=806530

6 An Laisuhum, “How Museums can promote and contribute to social Harmony”, accessed 23

February 2013, http://icom.museum/fileadmin/user_upload/pdf/ICOM_News/2009-2/ENG/p4_2009-2.pdf.

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presa di posizione sia necessaria per rimanere socialmente rilevanti e non fallire nel futuro.

Di fatto, anche se spesso si è sostenuto che il modello del museo socialmente responsabile potesse aver deviato quello che normalmente è considerato il loro “tradizionale” lavoro, diversi autori e professionisti del settore hanno ormai riconosciuto che «it is within the capacity of museum to be responsive to society and to tackle social inequality that lies the significance of these institutions in the 21 century7».

Ciò che risulta necessario per la sopravvivenza delle istituzioni museali è quindi una revisione di significati e valori del museo verso una dimensione sempre più legata alla sfera dell’inclusione sociale e al benessere dell’individuo e delle comunità. “Being responsive to be responsible”, ovvero secondo Claudia B. Ocello «being responsive is the most responsible way to stay relevant, sustainable and to demonstrate the worth of the museum to communities and societies at large8».

1.2 Il museo come agente di trasformazione sociale

La Gran Bretagna appare tra le nazioni più attive rispetto al dibattito sulla responsabilità sociale di musei e organizzazioni culturali, sia attraverso pratiche e politiche d’inclusione sociale e abbattimento delle barriere, sia per quanto riguarda la vasta letteratura proveniente dai Museum Studies.

In particolare, il concetto di museo come agente di trasformazione sociale, è affrontato negli studi di Richard Sandell e Jocelyn Dodd che articolano la questione partendo dalla nozione di esclusione/inclusione sociale all’interno del settore museale. Sandell evidenzia come sia innanzitutto necessario riconoscere che la dimensione culturale è parte attiva del fenomeno dell’esclusione. All’interno del dibattito accademico e dell’ambiente politico, infatti, ha continuato a perpetuarsi nel tempo la convinzione che l’esclusione fosse collegata alle questioni riguardanti propriamente il settore politico, economico e sociale. Prima di tutto, è necessario cercare di spiegare cosa s’intende per esclusione, un termine che tuttora rileva pareri discordanti, molto spesso associati al concetto di povertà e di degrado sociale.

                                                                                                               

7 Richard Sandell, “Museum and the combating of social inequality: roles, responsibilities, resistance”,

in Museum, Society, Inequality, ed. Richard Sandell (New York, Routledge, 2002): p. 3.

 

8 Claudia B. Ocello, “Being responsive to be Responsible” in The Routledge Companion To Museum Ethics: Redefining Ethics for the Twenty-First-Century Museum, ed. Janet Marstine, (New York,

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Dal suo primo utilizzo in Francia nella metà degli anni '709, il termine si è sviluppato

nel tempo assumendo svariati significati in relazione ai diversi ambiti di applicazione e ai contesti nazionali di riferimento. Tra i diversi significati attribuiti al fenomeno, ricorrono due elementi comuni a tutte le definizioni che si riferiscono alla natura multidimensionale e interdipendente dell’esclusione (Figura 1).

Per spiegare questo concetto può essere utile riferirsi alla definizione di Walker che Sandell riprende nei suoi studi sull’inclusione sociale. Una definizione che non solo propone un’articolazione più ampia e aperta all’interpretazione, ma che offre anche un confronto e una distinzione rispetto al concetto di povertà. Mentre quest’ultimo riguarda principalmente una carenza di risorse materiali, monetarie in primo luogo, l’esclusione «is   a more comprehensive formulation which refers to the dynamic process of being shut out, fully or partially, from any of the social, economic, political and cultural systems which determine the social integration of a person in society10». Una definizione che non solo permette di riconoscere la natura multidimensionale dell’esclusione, ma che consente di inserire all’interno del fenomeno il settore culturale, troppo spesso considerato in maniera marginale.

1 - Le quattro dimensioni dell’esclusione (Fonte: Richard Sandell)

                                                                                                               

9 Nel 1974 il termine è utilizzato per identificare una fascia di popolazione che non rientrava all’interno

dell’assicurazione dello stato francese.  

10 Alan Walker, C. Waker, Britain Divided: the Growth of Social Exclusion in the 1980s and 1990s,

(Londra: CPAG, 1997) p.3.   POLITICA   ECONOMICA     SOCIALE   CULTURALE  

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Le quattro aree dell’esclusione sono inoltre fortemente interconnesse tra loro, tanto da non poter essere considerate singolarmente. Ciascuna di esse può influenzare e ampliare una o più dimensioni del fenomeno.

Sandell parte da questo presupposto per ampliare ulteriormente il concetto di esclusione, inserendo il museo quale soggetto fortemente esclusivo (Figura 2). Ormai da tempo è riconosciuto che musei e in senso più comprensivo istituzioni culturali, hanno contribuito fin dalle loro origini alla formazione di barriere e di gruppi sociali elitari, identificati come superiori dall’uso della cultura.

In many ways, museums can be seen to represent institutionalised exclusion. They operate a host of mechanisms which may serve to hinder or prevent access to their services by a range of groups. They might also be viewed as institutions which reinforce exclusionary practices within the economic, political and social dimensions11.

2 – Il museo come agente esclusivo (Fonte: Richard Sandell)

                                                                                                               

11 Richard Sandell, “Museums as Agents of Social Inclusion”, Museum, Management and Curatorship,

Vol. 17, no. 4 (1998): p. 407, http://dx.doi.org/10.1080/09647779800401704. ECONOMICA   SOCIALE  

POLITICA   CULTURALE   MUSEO  

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1.2.1 Barriere alla rappresentazione, alla partecipazione e all’accesso

In che modo dunque, i musei e le istituzioni culturali tendono a creare delle barriere verso i diversi pubblici? Sandell identifica tre principali forme di esclusione culturale: la rappresentazione, la partecipazione e l’accesso.

La rappresentazione include tutte quelle problematiche riguardanti una disuguale e sbilanciata inclusione di alcune tipologie di gruppi e sottogruppi, spesso associati a etnie, razze, generi e in generale a soggetti svantaggiati.

L’accesso, che può ricomprendere la rappresentazione e la partecipazione al suo interno, costituisce il cuore del problema riferendosi all’opportunità dell’audience di godere dei diversi servizi culturali. Troppo spesso le attività di sviluppo dell’accesso si sono mascherate dietro una forma passiva unidirezionale, basata sul “lasciare le porte aperte” ai pubblici non abituali. Per questo risulta importante lavorare sulla partecipazione, in altre parole su tutte quelle attività e modi attraverso i quali il pubblico diventa produttore o co-produttore dell’attività o evento culturale. Questo presuppone una forte volontà da parte dei professionisti museali di diventare meno autoreferenziali, in modo da avvicinarsi alla vita delle comunità servite e prestare attenzione alle loro esigenze.

Le barriere all’accesso “tradizionali” si riferiscono a barriere di tipo fisico e finanziario, ovvero tipologie di gruppi caratterizzate da disabilità fisiche e fasce di popolazione a basso reddito o che soffrono del fenomeno della disoccupazione.

Recentemente, si è dato maggior riconoscimento a differenti forme di esclusione più difficilmente riscontrabili per via della loro natura “immateriale”. Si parla in questo caso di barriere12:

- cognitive e intellettuali;

- culturali (gli interessi, le esperienze di vita, le culture della comunità di riferimento sono riflesse e rappresentate nell’istituzione culturale?);

- emozionali e attitudinali (la cultura e l’atmosfera complessiva di un’istituzione)

- tecnologiche (mancato utilizzo delle ICT per potenziare l’accesso all’offerta culturale);

- mancanza di coinvolgimento nel decision-making; - mancanza di accesso alle informazioni;

                                                                                                               

12 Simona Bodo, Cristina Da Milano, Silvia Mascheroni (a cura di), “Periferie, Cultura e Inclusione

Sociale”, in Quaderni dell’Osservatorio, n. 1 (Milano: Osservatorio Fondazione Cariplo, 2009): p.15, http://www.fondazionecariplo.it/portal/upload/ent3/1/quaderno1periferieweb.pdf

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- le percezioni dei “non pubblici” (es. percezione delle istituzioni culturali come luoghi

esclusivi, riservati a persone colte e sofisticate; rifiuto di determinate forme di espressione culturale, ritenute di scarso interesse o offensive; bassa priorità accordata alla partecipazione culturale, intesa come un lusso da non potersi permettere o come una perdita di tempo).

Con la volontà di non togliere importanza alle barriere di tipo fisico e finanziario (che continuano a rappresentare un forte problema al quale si rivolgono numerose politiche culturali), appare in ogni caso indicativo il recente interesse posto su tipologie di barriere legate maggiormente alla sfera emozionale e conoscitiva del pubblico.

Non sorprende come, secondo i dati dell’Eurobarometer 201313la causa principale di non partecipazione alle attività culturali e la scelta di non visitare il museo risieda nella mancanza d’interesse o di tempo. L’analisi conferma inoltre la consueta maggioranza nella partecipazione da parte dei profili socio-demografici più istruiti. Questi fattori, almeno in parte, rimandano a delle cause legate alla percezione del museo e delle istituzioni culturali quali luoghi ostili e poco accoglienti. Appare dunque evidente la necessità di un impegno nell’avvicinarsi al pubblico e rendere l’ambiente museale più familiare e confortevole.

 

                                                                                                               

13 “Special Eurobarometer 399. Cultural Acces and Partecipation”, Commissione Europea, Novembre

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1.2.2 Responsabilità sociali del museo: obbligo o scelta?

Stabilito che il museo e le istituzioni culturali tendono a creare svariate forme di esclusione, può ritenersi opportuno pensare alla possibilità di trasformare il potere esclusivo in forza inclusiva.

In che modo i musei e le istituzioni culturali possono effettivamente ricoprire un ruolo attivo rispetto alla trasformazione sociale?

Sandell propone un tentative model14 (Figura 3) secondo il quale i musei possono esercitare un impatto positivo rispetto ai singoli individui, alla comunità e alla società.

Community Society

Individual

Figura 3: Tentative Model Process-Impact (Fonte: Richard Sandell, Jocelyn Dodd)

Individui: a livello individuale o personale, il coinvolgimento nelle attività museali può

generare dei benefici positivi come un accrescimento dell’autostima, della sicurezza di sé, l’acquisizione di nuove abilità e l’opportunità di esplorare il senso d’identità e di appartenenza. Questi risultati si raggiungono generalmente attraverso l’interazione personale e diretta con gli individui, spesso in occasioni di attività e workshop programmati.

                                                                                                               

14 Jocelyn Dodd, Richard Sandell, Including Museums: Perspectives on Museums, Galleries and Social Inclusion, (Leicester: RCMG, 2001): p.25, http://hdl.handle.net/2381/34

PROCESS   IMPACT   Personal/face to face interaction (e.g outreach) Community development (e.g. regeneration renewal) Comunication (e.g. collection, exhibition, promotion)

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Comunità: a livello comunitario, il museo può servire da catalizzatore per la

rigenerazione sociale, per incoraggiare le comunità a incrementare la loro autodeterminazione e sviluppare sicurezza e abilità per esercitare un maggiore controllo sulle proprie vite e sullo sviluppo dei quartieri di appartenenza.

Società: a un livello più ampio e difficile da controllare i musei possono agire da

promotori di tolleranza e rispetto tra le comunità e contrastare stereotipi e pregiudizi radicati nel pensiero comune.

L’impegno nel promuovere società più coese, inizia prima di tutto dagli oggetti presenti nella collezione, dalla loro selezione, interpretazione e dall’uso che ne viene fatto nei progetti espositivi.

Questa tipologia di approccio ha inevitabilmente generato delle reazioni negative al suo seguito. Le critiche si riferiscono alla sottomissione delle arti e delle istituzioni culturali alla politica e al controllo governativo, deviando perciò il museo dai suoi scopi e obiettivi primari. L’accusa è dunque di una strumentalizzazione della cultura focalizzata sui riscontri sociali piuttosto che sui valori intrinseci delle arti.

Altre disapprovazioni provengono direttamente dal mondo dell’arte secondo il quale l’inclusione sociale equivale a un’operazione di “dumbing-down”, in altre parole comunicare il contenuto artistico in maniera semplicistica ed elementare per avvicinarsi a un’audience più vasta e meno educata.

Un atteggiamento del genere, che esclude a priori un qualsiasi coinvolgimento in attività inclusive, sembra nascondere la volontà di perpetuare una visione della cultura e dei musei elitaria e accessibile ai pochi. A tale proposito Adele Z. Silver del Cleveland Art Museum ha ricordato come i musei siano invenzioni degli uomini «not inevitable, eternal, ideal, nor divine. They exist fot the things we put in them, and they change as each generation chooses how to see and use those things15».

Secondo Sandell ogni istituzione dovrebbe sentire la responsabilità di poter contribuire a un miglioramento a livello sociale, senza per questo tralasciare le funzioni primarie e tipiche del museo riguardo alla conservazione delle collezioni. Non è pensabile in questo senso che tutte le istituzioni siano pronte a rivoluzionare la propria mission in funzione di pratiche sociali, né tantomeno è utile trasformare la lotta all’esclusione sociale come unico obiettivo della cultura.

                                                                                                               

15 Adele. Z. Silver, Barbara Y. Newson, The Art Museum as Educator. A Collection of Studies as Guides to Practice and Policy, Council on Museums and Education in the Visual Arts, (Los Angeles:

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In maniera meno radicale i sostenitori di questa visione affermano che «musei e altre istituzioni culturali hanno il dovere di riflettere sull’impatto che essi, di fatto, già esercitano sulla società, contribuendo alla costruzione e alla diffusione di valori e narrative dominanti, e di fare in modo che questa riflessione, informandone le politiche, sia acquisita a livello istituzionale16».

1.3 Il valore e l’impatto sociale del museo

L’ampliamento della portata di scopi e ruoli del museo, richiede sforzi maggiori per sviluppare consapevolezza e per riuscire a comunicare che il valore generato nella società è sfaccettato e multidimensionale. Capire e gestire questo nuovo significato del valore, sta diventando sempre più importante in questo campo. Infatti, se da un lato c’è il crescente bisogno di sostenere il lavoro del museo informando i vari stakeholder su come esso agisce e contribuisce a livello sociale, dall’altro i policy maker necessitano di sistemi di valutazione adeguati e trasparenti per supportare politiche basate su prove concrete e per cogliere tutta la ricchezza dei contributi generati.

I diversi significati e ruoli del museo possono essere considerati come una combinazione tra valori specifici dell’istituzione stessa e valori culturali che esso porta con sé nel suo operare.

Holden17propone un’interessante categorizzazione sul valore della cultura, concetto che secondo l’autore può essere concepito in un triplice senso: intrinseco,

strumentale e istituzionale. I tre punti di vista non si escludono reciprocamente, ma

devono essere considerati come complementari.

Valore intrinseco: è strettamente legato al contenuto artistico e può essere

considerato la parte essenziale dell’esperienza culturale. E’ inoltre usato per descrivere l’effetto soggettivo dell’arte sulle persone a livello intellettuale, emozionale e spirituale. Questo particolare aspetto del valore è notoriamente difficile da valutare e non può essere misurato attraverso indicatori quantitativi standard o metriche.  

Valore strumentale: si riferisce a un concetto utilizzato per descrivere situazioni nelle

quali la cultura è usata come uno “strumento” per raggiungere determinati obiettivi, generalmente con finalità economiche e sociali. Non a caso i policy makers sono interessati in modo specifico a quest’aspetto, cercando di capire se è possibile                                                                                                                

16 Bodo, Da Milano, Mascheroni, “Periferie, Cultura e Inclusione Sociale”, p.15.

17John Holden, Capturing Cultural Value. How culture has become a tool of government policy,

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raggiungere determinati risultati a livello collettivo attraverso dei progetti culturali e secondo quali costi.  

Valore istituzionale: rappresenta il modo in cui l’istituzione si comporta, in particolare

quando interagisce con il pubblico. Nei loro rapporti e relazioni con diverse audiences, i musei sono in grado di rafforzare la possibilità di crescere, imparare e diventare parte di una comunità.  

Per quanto riguarda il museo, l’obiettivo da perseguire risiede nel raggiungimento dell’equilibrio dei tre punti di vista. In tal modo sarà possibile evitare la predominanza di un aspetto su un altro e soprattutto sottrarsi al facile pericolo di investire un’eccessiva enfasi sul ruolo strumentale della cultura. Holden afferma, infatti, che: If too much emphasis is placed on intrinsic value, art ends up as precious, captured by an elite few [...] When too much emphasis placed on instrumental value, the artists and professionals are alienated and find themselves being used as a means to an end to correct social deficits. When too much emphasis is placed on institutional value, you can lose sight of the art. But put all three together and you have a robust mixed economy of value, a stable three-legged stool to validate culture18.

In modo da evidenziare la multi dimensionalità del valore generato dai musei, la Netherlands Museums Association19ha identificato cinque valori che insieme costituiscono il significato sociale di questa istituzione.  

Collection Value: è il fulcro dell’esistenza stessa del museo e comprende una vasta

gamma di valori che si riferiscono alle attività di collezione, conservazione, gestione ed esposizione.

Connecting Value: dipende dalla capacità del museo di agire come connettore e

mediatore tra diversi gruppi all’interno della società e di diventare una sorta di forum per la comunicazione e i dibattiti e per entrare in collaborazione con differenti stakeholder.

Education Value: consiste nell’abilità del museo di presentarsi come un ambiente di

apprendimento formale e informale per diverse tipologie di utenti.

Experience Value: si riferisce alla capacità del museo di fornire opportunità di

                                                                                                               

18John Holden, “How We Value Arts and Culture”, Asia Pacific Journal of Arts and Cultural Management, Vol 6, no. 2 (2009): p. 455, http://apjacm.arts.unimelb.edu.au/article/viewFile/18/14. 19DSP-groep, More Than Worth It. The Social Significance of Museums, Netherlands Museums

Association, April 2011,

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divertimento e conoscenza. Un luogo fonte d’ispirazione, rilassatezza e azione, dove le persone possano essere stimolate sia fisicamente sia intellettualmente.

Economic Value: dipende dal contributo economico del museo rispetto un

determinato territorio: il numero di turisti che il museo attrae, il lavoro che si crea direttamente e indirettamente, il capitale rappresentato dai volontari, l’appeal rispetto altri business e i molteplici effetti sul reddito e le entrate locali.

Quest’approccio evidenzia come nella società contemporanea il significato sociale del museo è il risultato della loro capacità di generare nello stesso tempo differenti valori, all’interno di svariati ambiti.

Appare chiaro che i concetti di valore e impatto sono interconnessi e possono essere considerati come due lati della stessa moneta.

Nello specifico, l’impatto può essere inteso come «the positive and negative, intended and unintended, direct and indirect, primary and secondary effects produced by an intervention20». Rappresenta quindi il cambiamento percepito da un individuo oppure da un gruppo, a seguito dell’esperienza vissuta, nel nostro caso attraverso “l’utilizzo” del museo. Proprio nel cambiamento può essere individuato il valore, che possiamo definire come l’importanza del museo attribuita dai vari stakeholders e legata alla percezione di un beneficio reale o potenziale.

Per definire meglio l’impatto è utile fare riferimento a determinati elementi che è opportuno distinguere:

- gli input;

- le attività svolte;

- la quantità misurabile di beni e servizi prodotti (output); - i risultati nei beneficiari diretti (outcome);

- i cambiamenti generati nei beneficiari indiretti e nella collettività (impatto)

Questo modello21comunemente noto come schema logico, teoria del cambiamento o

catena del valore dell’impatto, risulta essenziale per una chiarificazione terminologica

e processuale. Esso rappresenta, infatti, il percorso effettuato dall’istituzione nel generare impatti rispetto diversi ambiti.

Gli input rappresentano le risorse necessarie all’ordinario funzionamento del museo,                                                                                                                

20 OECD, Glossary of Key Terms in Evaluation and Results Based Management, (Paris: OECD

Publications, 2002): p. 24, https://www.oecd.org/dac/evaluation/2754804.pdf  

21 Il modello è tratto da Lisa Hehenberger, Anna-Marie Harling, Peter Scholten, A PRACTICAL GUIDE TO MEASURING AND MANAGING IMPACT, Published by the European Venture Philanthropy

(18)

riferendosi principalmente a fonti di sostentamento finanziarie e alle risorse umane. Le attività si riferiscono nel concreto a progetti, programmi e interventi messi a punto dall’istituzione e rappresentano lo “strumento” attraverso il quale ottenere dei benefici.

Se con gli output ci riferiamo a prodotti/servizi derivati dalle attività svolte, con gli outcome identifichiamo i risultati ottenuti in termini di beneficio e cambiamento. I risultati possono essere di breve o lungo termine e generalmente si distinguono in diretti e indiretti. In fase di valutazione è molto importante distinguere tra output e outcome per poter concentrarsi sui risultati ottenuti e non sull’attività stessa. Molto spesso, infatti, le istituzioni cadono nel comune errore di focalizzarsi sugli elementi che costituiscono l’azione intrapresa, come per esempio il numero di partecipanti, invece di basare la valutazione sui cambiamenti avvenuti, come per esempio la capacità di socializzare e interagire con altri durante il programma.

Gli impatti, misurati dalla valutazione degli outcome di specifiche azioni, progetti o programmi, vengono suddivisi generalmente in impatto economico, sociale e ambientale. L’impatto, dunque, rappresenta una nozione dinamica che presuppone una relazione causa-effetto misurabile generalmente nel breve o nel lungo termine (anche se risulta più difficile e complesso da valutare). Se i musei sono in grado di misurare questi benefici dimostrando di essere coerenti con i valori desiderati, essi saranno in una posizione favorevole per fornire prove che giustificano il loro significato sociale.

1.3.1 Impatto sociale del museo

Tra i diversi impatti generati dal museo, quello sociale risulta il più ambiguo e difficile da definire e misurare per via della sua stessa natura, tanto da essere concepito e usato in modi differenti da ricercatori, accademici, agenzie governative e altri stakeholders.

Nel tentativo di restringerne il campo d’azione, l’impatto sociale è spesso visto come l’aspetto strumentale delle istituzioni culturali, allo stesso tempo, esso assume un significato prettamente legato alla sfera personale dell’individuo che entra in relazione con il museo.

Charles Landry lo descrive come «those effects that go beyond the artefacts and the enactment of the event […] and have a continuing influence upon, and directly touch,

(19)

people’s lives22». In una definizione più comprensiva e ampia, possiamo riferirci

all’impatto sociale come «the ‘if and how’ a museum can play a role in both personal and societal development23»  

Come già detto, se l’impatto riguarda il cambiamento, l’impatto sociale dovrebbe esplorare le conseguenze sociali (rispetto ad aree quali l’educazione, la salute, l’inclusione sociale, la rivitalizzazione urbana) di differenti tipologie d'interventi e azioni e il range di possibili benefici generati nell’individuo a seguito dell’interazione con il museo (apprendimento, divertimento, identità, ecc.).  

Nella seguente mappa elaborata da LEM Project, sono riportati i principali impatti sociali delle arti e della cultura (con uno specifico focus sui musei), ricavati da diversi studi e ricerche svolte principalmente in ambito inglese. La mappa integra e fa comunicare effetti che ricadono sull’individuo e sulla società (o comunità d’interesse), congiuntamente alla prospettiva intrinseca e strumentale del museo.  

4 - The social impacts map24

Mentre gli impatti principali a livello individuale si basano sull’apprendimento, lo sviluppo e l’accrescimento personale inteso in un senso ampio e generale, gli effetti                                                                                                                

22 Charles Landry, F. Bianchini, M. Maguire, K. Worpole, The social impact of the arts: A discussion document, (Bounes Green, Stroud: Comedia, 1993).

23Alessandro Bollo, Report vol.3. Measuring Museum Impacts, The Learning Museum Network

Project, Bologna, IBACN, 2013, p.21,

http://www.lemproject.eu/WORKING-GROUPS/audience-research-learning-styles-and-visitorrelationmanagement/3rdreportmeasuringmuseumimpacts/view?searchterm=%22alessandro%20 bollo%22

(20)

che si riversano sulla società riguardano la coesione, l’inclusione e l’integrazione sociale. All’interno di questa distinzione è interessante notare come alcuni effetti non si collochino esattamente in una frazione dello schema, ricomprendendo invece, più di una prospettiva.

Adottando una concezione così inclusiva, valori e impatti culturali possono essere compresi all’interno della macro categoria dell’impatto sociale. Di fatto, la distinzione tra impatto sociale e culturale in ambito museale risulta alquanto ambigua. Se Selwood25considera quest’ultimo come distinto dalla sfera economica e sociale, la mappa suggerisce come esso rientri in una particolare area dell’impatto sociale, legata all’essenza, mission, e vision del museo e alle sue attività principali. Gli effetti culturali, dovrebbero essere associati a particolari outcomes come una migliore comprensione del mondo, l'ampliamento della partecipazione a forme particolari di arte/cultura e la crescita del capitale culturale.  

1.4 La valutazione dell’impatto sociale dei musei: problematiche e sviluppi futuri  

La questione riguardante il come valutare le istituzioni e le attività culturali, è rimasta per molto tempo al centro di un acceso dibattito culturale. Nell’ultimo ventennio in particolare, essa ha assunto sempre più importanza sollecitando la ricerca di metodologie e strumenti per configurare azioni valutative indirizzate a misurare l’efficacia di attività e progetti. Il tema è affrontato per la prima volta negli anni 60’ nell’ambito del comunità Arts Movement26;   ciò nonostante la bassa priorità attribuita alla misurazione dell’impatto all’interno dell’agenda politica, sommata alla mancanza di una base sistematica di prove, ha portato i policy maker a non finanziare altri studi sui benefici di arte e cultura a livello sociale.

Solo dalla metà degli anni '80 nasce un reale interesse sugli impatti del settore artistico e culturale, che porta a una serie di studi volti a stabilire prove empiriche consistenti. In particolare, le ricerche si focalizzarono sull’impatto economico e finanziario del settore culturale e lo studio di Myerscough, The economic importance

of the Arts in Britain del 1988 può essere considerato una pietra miliare in questo

frangente. Il testo dà il via a una serie di studi e successive analisi sugli impatti, commissionate da autorità locali e da altre agenzie per il finanziamento pubblico.                                                                                                                  

25 Sara Selwood, Making a difference: the Cultural Impact of Museums, National Museum Directors'

Conference (NMDC), 2010,

http://www.nationalmuseums.org.uk/media/documents/publications/cultural_impact_final.pdf

26 Ci si riferisce ad attività e programmi artistici e culturali promossi e sviluppati all’interno di una

comunità dai suoi stessi membri, in collaborazione con artisti e attori. Il termine fu definito alla fine degli anni sessanta, dando vita a un movimento sviluppatosi principalmente nei paesi anglofoni.

(21)

Dopo un’intera decade riservata agli studi sugli impatti economici, dalla metà degli anni novanta, soprattutto in Gran Bretagna e Stati Uniti, si è osservato come fosse riduttivo il tentativo di dimostrare il valore culturale attraverso lo studio esclusivo degli impatti economici.

It is agreed that economic value cannot fully capture cultural value as there are specific characteristics of cultural value, particularly the social aspects, which cannot be reduced to a monetary form. In turn, cultural value can be deconstructed into aesthetic, spiritual, social, historic, symbolic and authenticity value, each of wich contributes to a different facet of the overall value subsisting in a cultural object, institution or experience27.

Gli impatti sociali furono studiati e identificati da molti autori come Charles Landry e Françoise Matarasso28. Use or Ornament? di Matarasso fu probabilmente il primo tentativo su larga scala nel Regno Unito di raggruppare prove sugli impatti sociali nel settore artistico e culturale. La ricerca fu utile non solo per confermare un nesso tra agenda politica e benefici prodotti dalle arti, ma anche per stabilire un framework metodologico di lavoro per la misurazione degli impatti sociali, attraverso l’uso di diverse tecniche qualitative e una corposa lista d’indicatori. Nello stesso periodo, l’ascesa di Tony Blair e l’affermazione del partito laburista determinano una forte spinta al programma politico di lotta all’esclusione, di cui viene riconosciuta anche la dimensione culturale. Da allora, la lotta all’esclusione sociale è diventata il fulcro delle politiche culturali, contribuendo tuttavia a porre un’eccessiva enfasi sui benefici generati dalla cultura e accendendo una vasta critica sull'eccessiva strumentalizzazione delle arti, tanto da portare il Department for Culture, Media and Sport a chiedere ai politici di abbassare i toni e di non parlare della cultura solo in termini strumentali29.

L’ultimo decennio è caratterizzato dalla ricerca di approcci maggiormente olistici, ampliando il raggio della questione valutativa attraverso l’inclusione di nuovi fattori                                                                                                                

27 David. C. Throsby, Economics and Culture, (Cambridge: Cambridge University Press, 2001), citato

in Bollo, Report vol.3. Measuring Museum Impact, 11.

28 Françoise Matarasso, Use or Ornament? The Social Impact of Participation in the Arts, (Stroud:

Comedia 1997).

29 Di particolare importanza le critiche rivolte da Eleonora Belfiore e Oliver Bennett sull’eccessiva

strumentalizzazione della cultura, ripercorrendo la questione dalle sue origini nel mondo occidentale E. Belfiore, “Art as a Means of Alleviating Social Exclusion: Does it Really Work? A Critique of Instrumental Cultural Policies and Social Impact Studies in the UK”, International Journal of Cultural

Policy, Vol.8, No.1 (2002); E. Belfiore, O. Bennett, “Rethinking the social impacts of the arts: A

(22)

connessi al tema della sostenibilità. Nel settore museale in particolare è presente l’insorgere di interesse per gli impatti ambientali e i cosiddetti protocolli “verdi”. L’idea stessa di sostenibilità, si è spostata verso un più dinamico e ampio concetto che ha come basi gli elementi economici, sociali, culturali e ambientali.

La letteratura sviluppata negli ultimi anni sull’argomento è molto corposa e può essere suddivisa in: studi sulla valutazione dell’impatto sociale (oltre alle analisi di F. Matarasso e C. Landry già citate, si ricorda RCMG, Museums and Social Inclusion:

the GLLAM Report, 2000; RCMG, A Catalyst for Change: The Social Impact of the Open Museum, 2002; H. Jermyn, The Art of Inclusion, Arts Council of England,

2004); rassegne bibliografiche (M. Reeves, Measuring the Economic and Social

Impact of the Arts: A Review, Arts Council of England, 2002; H. Jermyn, The Arts and

Social Exclusion: A Review Prepared for the Arts Council of England, 2001); manuali (toolkit, destinati ai musei e alle istituzioni culturali per la valutazione dei propri progetti e delle attività programmate), statistiche culturali e studi accademici (una serie di studi volti alla ricostruzione storica, politica e critica del ruolo della cultura nella lotta all’esclusione sociale).  

Nonostante la mole di ricerche e studi sull’argomento, la questione su come definire e misurare gli impatti che derivano dall’attività museale e più in generale dall’ambito culturale, rimane tuttora contestata per svariate motivazioni.

Di seguito sono riportate le problematiche più comuni rilevate in questo frangente che possono essere interpretate come delle sfide future nella ricerca dell’impatto sociale:  

- mancanza di una terminologia comune per quanto riguarda definizioni e concetti; - bisogno di una valutazione sistematica, di prove più robuste e metodologie e modelli comuni;

- mancanza di chiarezza da parte delle organizzazioni culturali nel definire degli outcomes consistenti;

- difficoltà nello stabilire un nesso causale diretto tra azioni intraprese e benefici sociali raggiunti30.  

- bisogno di utilizzare approcci multipli per la misurazione dell’impatto tali da riconoscere dati quantitativi, informazioni qualitative e narrative;

                                                                                                               

30 Wendy Stone suggerisce come ciò che è più plausibile fare è mostrare come i musei contribuiscono

a uno specifico impatto e non se l’hanno generato o meno. W. Stone, Measuring social capital:

Toward a teorethically informed measurement framework for researching social capital in family and community life, (Melbourne: Australian Institute of Family Studies, 2001).

(23)

- necessità di distinguere tra outcomes intermedi (a breve termine) e strategici (a lungo termine)31;

- bisogno di ricerche longitudinali e di monitoraggio per fornire prove a supporto degli effetti a lungo termine nella partecipazione delle arti (molto spesso la misurazione si limita al breve periodo, tuttavia alcuni effetti possono essere misurati efficacemente solo a distanza di un intervallo considerevole);  

- necessità di maggiori analisi in dettaglio, casi studio, documentazioni per incrementare la comprensione dei processi progettuali e le best practice e massimizzare gli outcome di successo;  

1.5 Modelli e frameworks adottati

La fase della misurazione è necessaria per dare consistenza e credito a teorie e studi che riconoscono una connessione tra il lavoro di musei e istituzioni culturali e i benefici positivi generati. Valutare significa dunque dimostrare il valore dell’attività o del progetto sottoposto a giudizio, ricevere consenso e giustificare il finanziamento da parte dei relativi stakeholders.

A prescindere dalla natura dell’impatto sociale che la ricerca intende valutare, ogni misurazione dovrebbe seguire delle fasi obbligatorie che costituisco un processo comune di valutazione32. Il processo è costituito da cinque fasi:

• Definire gli obiettivi, gli outcomes e i targets;

• Identificare gli stakeholders: riconoscere tutti i soggetti interessati per definire gli elementi chiave del processo di misurazione;  

• Definire le misurazioni pertinenti

:

elaborare i metodi di misurazione più adatti e utili al procedimento;

• Misurare, convalidare e valutare: verificare se i risultati attesi sono stati effettivamente raggiunti;

• Elaborare rapporti, apprendere, migliorare: trasformare i dati monitorati in elaborati rilevanti per i diversi stakeholders che avranno così la possibilità di apprendere le informazioni e modificare i propri servizi.  

                                                                                                               

31 A tale proposito Carol Scott propone una lista comprensiva d’impatti museali distinguendo tra

outcome intermedi e impatti a lungo termine. Per esempio se “ispirazione e piacere” sono outcome intermedi, lo “sviluppo della prospettiva” (la capacità di aiutare le persone a scoprire possibilità oltre ai loro orizzonti abituali), dovrebbe essere concepito come impatto a lungo termine. Carol A. Scott, “Museums, impact and value”,Cultural Trends, Vol. 15, No. 57, (2006): pp. 45-75.

32 Il modello è tratto da L. Hehenberger, A. Harling, P. Scholten, A PRACTICAL GUIDE TO MEASURING AND MANAGING IMPACT, p. 16.  

(24)

Come già sottolineato, misurare l’impatto sociale significa focalizzarsi sui risultati di un’attività e non sull’attività stessa. La definizione dei risultati (outcomes) diventa dunque cruciale. La categorizzazione di Matarasso del 1997, i Generic Social Outcomes e i Generic Learning Outcomes per musei biblioteche e archivi possono essere delle utili guide in questo step.

I modelli non devono essere considerati esaustivi, né tantomeno applicabili in modo assoluto alle diverse realtà. I musei dovranno identificare i propri outcomes partendo da questi framework comunemente accettati, rifinendoli in accordo con la loro mission, gli obiettivi generali, i target principali e la natura dei progetti proposti. Molti degli approcci, infatti, usano metodologie combinate che integrano tecniche differenti in modo da collezionare dati quantitativi e qualitativi.

Nel 1997 Matarasso identifica una lista di cinquanta outcomes33estrapolati attraverso lo studio sugli effetti della partecipazione nelle arti. I novanta progetti esaminati si sviluppano all’interno del Regno Unito, fino ad arrivare a Helsinki e New York. Oltre 1500 partecipanti hanno contribuito attraverso interviste, focus group, osservazioni, colloqui informali e questionari.

L’autore raggruppa gli impatti in sei aree maggiori, ognuna con specifici outcomes: • Personal developement

- Increase people’s confidence and sense of self-worth - extend involvement in social activity

- give people influence over how they are seen by others - stimulate interest and confidence in the arts

- provide a forum to explore personal rights and responsibilities - contribute to the educational development of children

- encourage adults to take up education and training opportunities - help build new skills and work experience

- contribute to people’s employability

- help people take up or develop careers in the arts

• Social cohesion

- Reduce isolation by helping people to make friends - Develop community networks and sociability

- Promote tolerance and contribute to conflict resolution - Provide a forum for intercultural understanding and friendship - Help validate the contribution of a whole community

                                                                                                               

(25)

- Promote intercultural contact and cooperation - Develop contact between the generations

- Help offenders and victims address issues of crime

- Provide a route to rehabilitation and integration for offenders

• Community empowerment and self-determination

- Build community organizational capacity

- Encourage local self-reliance and project management - Help people extend control over their lives

- Be a means of gaining insight into political and social ideas - Facilitate effective public consultation and partecipation - Help involve local people in the regenaration process - Facilitate the development of partnership

- Build support for community projects

- Strengthen community cooperation and networking

• Local image and identity

- Develop pride in local traditions and cultures

- Help people feel a sense of belonging and involvement - Create community traditions in new towns or neighborhoods - Involve residents in environmental improvements

- Provide reasons for people to develop community activities - Improve perceptions of marginalised groups

- Help transform the image of public bodies - Make people feel better about where they live

• Immaginationa and vision

- Help people develop their creativity

- Erode the distinction between consumer and creator - Allow people to explore their values, meanings and dreams

- Enrich the practice of professionals in the public and voluntary sectors - Transform the responsiveness of public service organizations

- Encourage people to accept risk positively

- Help community groups raise their vision beyond the immediate - Challenge conventional service delivery

- Raise expectations about what is possible and desirable

• Health and well-being

- Have a positive impact on how people feel - Be an effective means of health education

- Contribute to a more relaxed atmosphere in health

- Help improve the quality of life of people with poor health - Provide a unique and deep source of enjoyment

(26)

Generic Social Outcomes - GSOs34

Le ricerche finanziate dal Museums, Libraries and Archives Council (MLA) portarono alla crezione dei Generic Social Outcomes, un framework nazionale sviluppato e pilotato nel 2005 dalla Burns Owen Partnership (BOP). I GSOs Insieme ai Generic Learning Outcomes fanno parte di Inspiring Learning for All. An improvement

framework for the arts and culture sector35. L’iniziativa è stata lanciata nel 2008

dall’Arts Council of England per aiutare musei, biblioteche e archivi a descrivere e misurare l’impatto del loro lavoro nelle comunità di riferimento. Questo programma offre numerosi strumenti e consigli per le organizzazioni culturali a partire dalla programmazione della valutazione fino all’acquisizione e gestione dei dati raccolti. Il modello identifica tre macro aree (first tier):

• Stronger and Safer Communities, • Strengthening Public Life

• Health and Well-Being

Ogni macro categoria è articolata in altri specifici outcomes (second tier):

1 - Stronger and Safer Communities 2 - Strengthening Public Life 3 - Health and Well-Being

                                                                                                               

34 GSOs, http://www.artscouncil.org.uk/sites/default/files/S3D29_GSO_Indicator_Bank.pdf

35 Per informazioni più dettagliate sui GSOs, GLOs e Inspiring Learning for All Framework, si rimanda

al sito dell’Art Council of England, http://www.artscouncil.org.uk/measuring-outcomes/generic-social-outcomes.

1.1 Improving group and inter-group dialogue and understanding

1.2 Supporting cultural diversity and identity 1.3 Encouraging familial ties and relationships    

1.4 Tackling the fear of crime and anti-social behaviour

1.5 Contributing to crime prevention and reduction    

2.1 Encouraging and supporting awareness and participation in local-decision making and wider civic and political engagement 2.2 Building the capacity of community and voluntary groups

2.3 Providing safe, inclusive and trusted public spaces  

2.4 Enabling community empower- ment through the awareness

of rights, benefits and external services behaviour

2.5 Improving the

responsiveness of services to the needs of the local

community, including other stakeholders  

3.1 Encouraging healthy lifestyles and

contributing to mental and physical well-being 3.2 Supporting care and recovery

3.3 Supporting older people to live

independent lives  

3.4 Helping children and young people to enjoy life and make a positive contribution

(27)

Generic Learning Outcomes - GLOs36

I GLOs sono stati sviluppati in occasione del Learning Impact Research Project (LIRP), una ricerca commissionata dal Museums, Libraries and Archives Council (MLA) al Research Center for Museum and Galleries (RCMG) come parte dell’iniziativa Inspiring Learning for All. La ricerca condotta dal 2001 al 2003 fu guidata dai Professori Eilean Hooper-Greenhill e Jocelyn Dodd e portò alla definizione dei Generic Learning Oucomes. Il framework si basa su una definizione più ampia del concetto di apprendimento, in contrasto con gli specifici obiettivi normalmente raggiunti in un ambiente di educazione formale. I GLOs si riferiscono piuttosto alle nozioni costruttiviste sull’apprendimento come parte attiva dei processi di costruzione del significato, coinvolgimento dell’esperienza e sviluppo personale. Quest’approccio risulta particolarmente importante per quei musei e quelle istituzioni culturali che considerano l’apprendimento in modo più inclusivo e che aspirano a diventare luoghi decisivi per il lifelong learning. L'approccio del framework rispetto all'apprendimento è basato sul fatto che il processo di valutazione non è direttamente indirizzato a misurare l'apprendimento in sé, ma mira a raccogliere informazioni su cosa i visitatori affermano di aver imparato attraverso l'esperienza museale.  

Secondo questo modello il processo di apprendimento dei visitatori può essere raggruppato all’interno di una delle cinque categorie rilevate:

• Knowledge and Understanding • Skills

• Attitudes and Values

• Enjoyment, Inspiration and Creativity • Activity, Behaviour and Progression

Ognuna di queste categorie si articola in successivi outcomes.

                                                                                                               

(28)

The GLO’s framework

Social Return on Investment (SROI)37

SROI rappresenta un’altra possibile metodologia di valutazione dell’impatto sociale, che affronta il problema adottando una prospettiva differente rispetto a molti altri modelli. Le caratteristiche chiavi consistono nell’assegnare un valore monetario ai benefici sociali o anche ambientali prodotti da un’istituzione. Può essere considerata una particolare analisi costi-benefici usata per scopi di rendicontazione sociale, in grado di fornire una robusta metodologia e degli indicatori consistenti.

I principi di questo sistema si articolano in sette punti:

- Coinvolgere gli stakeholder; - Comprendere il cambiamento;                                                                                                                

37 “Guida al Ritorno Sociale sull’Investimento”, The SROI Network, tradotto da Human Foundation,

2012, http://www.socialvalueuk.org/app/uploads/2016/03/SROI-Guide_ITA_completa.pdf.  

Knowledge and Understanding  

Knowing what or about something   Learning facts or information   Making sense of something   Deepening understanding  

How museums, libraries and archives operate   Making links and relationships between things    

Enjoyment, Inspiration, Creativity  

Having fun   Being surprised   Innovative thoughts   Creativity  

Exploration, experimentation and making  

Being inspired    

Attitudes and Values  

Feelings   Perceptions  

Opinions about ourselves (eg self esteem)   Opinions or attitudes towards other people   Increased capacity for tolerance  

Empathy  

Increased motivation  

Attitudes towards an organisation (eg a museum, archive or library)  

Positive and negative attitudes in relation to an experience  

 

Skills  

Knowing how to do something   Being able to do new things   Intellectual skills  

Information management skills   Social skills  

Communication skills   Physical skills  

 

Activicty, Behaviour, Progression   What people do  

What people intend to do   What people have done   Reported or observed actions  

A change in the way that people manage their life    

(29)

- Valutare ciò che conta;

- Includere solo ciò che è materiale; - Non sovrastimare;

- Essere trasparenti; - Verificare il risultato.

Condurre un’analisi SROI prevede sei fasi:

1. Stabilire il campo d’analisi e identificare i principali stakeholder. 2. Mappare gli outcome.

3. Dimostrare gli outcome e attribuire loro valore 4. Definire l’impatto.

5. Calcolare lo SROI.

6. Restituire, utilizzare e integrare

Pur offrendo l’opportunità di tradurre gli outcome in valori monetari dando l’opportunità alle organizzazioni culturali di fornire dati consistenti, quest’approccio risulta poco applicabile al settore museale. SROI, infatti, potrebbe essere uno strumento non adatto, in quanto la maggior parte del lavoro eseguito dalle organizzazioni culturali molto spesso non è direttamente indirizzato al raggiungimento di benefici sociali.

 

1.5.1 Metodologie utilizzate: un breve cenno  

La raccolta dei dati rappresenta il momento della verità dell’intero processo, perché permette di catturare i benefici percepiti a seguito dell’attività in questione, fornendo dunque dei feedbacks basati su prove concrete.  

La scelta tra approcci di tipo qualitativo rispetto a metodi di misurazione quantitativa, molto spesso prevale nell’analisi dell’impatto sociale data la presenza di una forte componente soggettiva nella valutazione. Tuttavia, uno strumento quantitativo come il questionario rimane una delle tecniche più utilizzate anche in questo caso. Il questionario è uno mezzo molto potente se elaborato e utilizzato nel modo giusto. Si compone di una serie di domande che possono essere chiuse e in alcuni casi aperte. L'elaborazione delle domande richiede uno studio considerevole per rendere l’elaborato efficace e scorrevole; esse devono risultare chiare, dirette e poste in modo tale da non condizionare la risposta. Ciò che contraddistingue questa tecnica è l'alta percentuale di standardizzazione delle procedure adottate nella rilevazione dei

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