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Catalogo dei disegni di Antonio Marinoni

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Storia delle Arti e

Conservazione dei Beni Artistici

Tesi di Laurea

Catalogo dei disegni di Antonio

Marinoni

Relatore

Prof. Sergio Marinelli

Laureando

Lucia Berton

824516

Anno Accademico

(2)

Indice

1. Biografia

1.1. Giovinezza e primi anni di formazione 1.2. Il trasferimento a Roma

1.3. La collaborazione al Viaggio Pittorico nel Regno delle Due Sicilie 1.4. Ritorno a Roma e gli ultimi anni

2. Confronto

2.1. Pittori Veneti 2.2. Paul Flandrin

3. Introduzione al catalogo

4. Catalogo dei disegni 4.1. Accademici

4.2. Copie da altri autori 4.3. Preparatori 4.3. Paesaggi 4.4. Altri 5. Appendici 5.1. Autobiografia autografa 5.2. “Ricette” 5.3. Altri scritti 6. Conclusione Bibliografia

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1. Biografia

Le prime notizie biografiche su Antonio Marinoni furono compilate dal pittore stesso, su richiesta del conte Tiberio Roberti; l’autobiografia (vedi al capitolo 5.1.) venne scritta nel 1865 ed è piuttosto succinta, essendo all’epoca l’artista già affetto dal tremito alle mani che l’aveva costretto ad abbandonare la pittura. Su queste informazioni si basò nel 1884 lo storico Ottone Brentari per la stesura del suo profilo di Marinoni.

La partecipazione dell’artista al Viaggio Pittorico nel Regno delle Due Sicilie venne resa nota solo nel 1937, grazie a Giuseppe Ceci, che però nella Bibliografia per la storia delle arti figurative

dell’Italia meridionale lo indica erroneamente come litografo.

Il profilo steso da Brentari verrà integrato nel 1961 da Giuseppe Maria Pilo nel catalogo della mostra Pittura dell’Ottocento a Bassano grazie a notizie desunte dalle lettere autografe di Marinoni. Bisognerà aspettare gli anni ’90 per nuove biografie sull’artista: la prima, pubblicata nel 1990 a cura di Maria Elena Maimone, attingeva in massima parte dalle citate pubblicazioni; due anni dopo l’Illustre Bassanese gli dedicava una monografia, esaustiva soprattutto per quanto riguarda il ceppo familiare di provenienza del pittore¹.

Infine, nel 1996, in occasione del centenario dalla nascita di Marinoni, il Museo Civico di Bassano del Grappa gli dedicò una mostra monografica; nel catalogo dell’esposizione la biografia e la carriera artistica del pittore furono esaustivamente trattati, rispettivamente da Flavia Casagranda e Agostino Brotto Pastega.

¹ A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni: da autodidatta a paesaggista di successo,in Antonio

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2

1.1. Giovinezza e primi anni di formazione

Giovanni Antonio Marinoni – in seguito solo Antonio – nacque il 13 maggio 1796, ultimogenito di nove figli. Il padre Girolamo, negoziante di pelli, si era unito in matrimonio il 20 marzo 1775 con Daciana Berti, anch’essa appartenente ad una famiglia di commercianti (il padre Antonio aveva un negozio di alimentari e commerciava farine).

La famiglia doveva avere un certo grado di agiatezza, confermato dagli atti canonici di battesimo dei figli, in cui i genitori sono sempre presentati come “signori”, appellativo che all’epoca veniva conferito solo ai ceti abbienti ².

Nell’anno di nascita del pittore le truppe napoleoniche entravano a Bassano; l’anno seguente cadeva la Repubblica di Venezia, mentre nel 1798 i suoi territori diventavano parte dell’arciducato austriaco; questi sconvolgimenti portarono ad un crollo dei mercati, mettendo in difficoltà l’attività di famiglia ³.

Sotto il dominio austriaco vennero varate nuove istituzioni scolastiche comunali, ma il giovane Antonio aveva già superato l’età prevista; non risulta nemmeno tra gli allievi della neonata “Scuola di Elementi di Disegno, di Figura e di Ornato”, aperta a Bassano nel 1809 sotto la direzione di Carlo Paroli (1754 – 1823). Il Paroli “ era quanto di meglio potesse fornire l’ambiente bassanese:

abilissimo nel disegno e nell’anatomia umana, si era cimentato anche nell’arte incisoria” ⁴.

Dopo aver frequentato l’Accademia Clementina di Bologna e aver vissuto per un periodo a Milano, era tornato nella sua città d’origine. Prima di diventare direttore della Scuola aveva insegnato disegno privatamente, a giovani come Giovanni Bianchi, Roberto Roberti e Francesco Roberti, solo per citarne alcuni⁵.

Lo stesso Marinoni ricorda nella sua Autobiografia che fin da subito si dedicò “a far studi dal vero diligenti e promettenti”, probabilmente su indicazione del Paroli – che nella Scuola impartiva ai suoi alunni anche elementi di pratica del paesaggio – o da qualcuno già aggiornato sui nuovi indirizzi⁶.

²A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni: da autodidatta a paesaggista di successo in Antonio Marinoni

1796-1871 Milano:Electa, 1996, pag. 36

³ Ivi, pag.40

Id. Maestri e allievi della gloriosa scuola comunale di disegno di Bassano, in “Bollettino del Museo Civico di

Bassano, Bollettino del Centenario, 2004 nuova serie numero 25” pag. 115

⁵Ibidem

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3

La circolazione in città di suoi disegni provocò l’interesse di alcuni nobili famiglie, fra le quali quelle dei Roberti e dei Remondini, per tradizione aperti ad ogni forma di mecenatismo⁷.

All’epoca la pittura di paesaggio era un genere minore e pertanto non veniva insegnato nelle Accademia; l’unico modo per completare la formazione di pittore paesaggista era il trasferimento a Roma. Marinoni sapeva che nella Città dei papi avrebbe avuto degli appoggi, visto che numerosi artisti veneti e bassanesi vi risiedevano: tra tutti ricordiamo il celebre Antonio Canova (1757 – 1823) e Roberto Roberti (1786 – 1837), che sosterranno Marinoni durante il soggiorno romano. Sicuramente influirono sulla scelta di partire per Roma la serie di gravi lutti, che in breve tempo lasciarono il giovane Antonio con la sola compagnia della sorella Fabia Marina, affetta da malattia mentale, e come unico aiuto lo zio materno, Domenico Berti. Il fratello maggiore, Giuseppe Francesco, destinato a continuare l’attività di famiglia, era morto a soli 35 anni, l’11 novembre 1811, mentre nel 1815 era venuta a mancare la madre Daciana; due anni dopo il pittore perdeva anche il padre Girolamo. Secondo le volontà paterne egli era erede della metà dei suoi beni stabili, mobili, negozi, crediti e azioni e per l’altra metà eredi in parti uguali Giovanni Antonio stesso e la sorella⁸.

Sicuro di trovare appoggi nella colonia di artisti veneti, egli procedette ad avviare le pratiche per poter alienare la proprietà paterna, che venne acquistata dallo zio Domenico Berti. Col ricavato della vendita il Marinoni ripagò innanzitutto il debito che il padre aveva contratto nel 1806 coi coniugi Alberto e Antonietta Parolini; l’entità della somma era cresciuta negli anni, man mano che l’attività pellettiera andava in declino, raggiungendo la ragguardevole somma di 3100 lire italiane; del denaro rimasto 2000 lire spettavano alla sorella, e le restati 5000 al pittore⁹.

Egli non richiese alcun tipo di sovvenzione o di sussidio e, con le sole lettere di raccomandazione del conte Giambattista Roberti, al fratello Roberto Roberti – pittore prospettico in Roma – e di monsignor Giambattista Sartori–Canova, si trasferì nella capitale

¹

0.

A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni: da autodidatta a paesaggista di successo in Antonio Marinoni

1796-1871 Milano:Electa, 1996, pag. 40

Id. Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 37

⁹ Ivi, pag. 40

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1.2. Il trasferimento a Roma

Lasciata Bassano sul finire del 1821, il pittore giunse a Roma il 24 gennaio 1822; la data precisa ci è nota grazie ad una lettera che Marinoni inviò al conte Giambattista Roberti due giorni più tardi; la stessa ci permette di ricostruire i suoi primi passi nella Città dei papi: il giorno stesso del suo arrivo si era presentato a Canova, mentre il 27 veniva invitato a pranzo con il pittore Roberto Roberti, il conte Leopoldo Cicognara e la moglie di quest’ultimo¹¹.

L’ambiente culturale dei paesaggisti in cui si cala Marinoni tra il 1822 e il 1827 è principalmente quello degli stranieri. Queste internazionali colonie di artisti avevano precisi punti di riferimento: villa Medici i francesi, villa Malta i nordici, Palazzo Venezia gli austriaci; il sodalizio più stretto Antonio Marinoni lo allacciò col belga Frans Vervloet (1795 - 1872): i due rimasero in contatto per tutta la vita¹².

Marinoni legò anche con gli altri pittori veneti, che si ritrovavano all’Accademia Lombardo–Veneta istituita in Palazzo Venezia, già sede della Serenissima e, in epoca napoleonica, dell’Accademia d’Italia¹³.

Sia Canova che Roberti supportarono Marinoni: il secondo provvide a trovargli un alloggio, al numero 28 di vicolo di Gesù e Maria, fra via del Corso e via del Babbuino, che occuperà fino al 1834. Grazie a tale sistemazione il pittore era a poca distanza dall’itinerario che i ricchi viaggiatori impegnati nel tour di Roma seguivano; gli stessi studi di Roberti e di Canova si trovavano in via del Corso, a poca distanza dal suo alloggio¹⁴.

Lo studio di Antonio Canova non era meta solamente di ricchi viaggiatori e personaggi di rango, ma anche di artisti di varia estrazione che si recavano in visita, così che fu per lui facile trovare il maestro adatto per Marinoni.

La specializzazione nella pitture di paesaggio gli avrebbe consentito di seguire la sua vocazione artistica ma anche di trovare acquirenti, visto che era il genere più richiesto dalla clientela forestiera del Grand Tour.

¹¹A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni: da autodidatta a paesaggista di successo in Antonio Marinoni

1796-1871 Milano:Electa, 1996, pag. 44

¹² F. CASAGRANDA, Antonio Marinoni: per una biografia critica in Antonio Marinoni 1796-1871, pag 77

¹³ A. BROTTO PASTEGA, pag. 43 ¹⁴Ivi pag. 42

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5

La pittura di paesaggio era considerata nell’ambito classicistico un genere minore e non bisognevole di una particolare preparazione accademica: con un bravo maestro il pittore bassanese avrebbe padroneggiato rapidamente la tecnica¹⁵.

La scelta cadde su Martin Verstappen (1773 – 1852): giunto a Roma nel 1805 da Anversa, era cresciuto sullo studio dei maestri fiammingo – olandesi del Sei-Settecento e sugli esempi del Lorrain, prediligendo atmosfere marcatamente crepuscolari. Era tra i più affermati pittori paesaggisti, ma era anche noto per il carattere scontroso, come ricorda Massimo d’Azeglio (1798 – 1866), suo allievo dal 1818 al 1820:

“Quest’uomo era ottima persona, ma viveva ritirato, fuggendo non solo le compagnie allegre, ma

tutti in generale nessuno lo vedeva, non trattava nessuno, neppure i suoi scolari, che si riducevano a due, un giovane romano e io. Il detto giovane era figlio del suo padrone di casa, lo scultore cavalier Pacetti, ammesso, credo io, soltanto per la quasi impossibilità di dirgli di no. credo che ci vedesse con quel piacere che gli occhi vedono il fumo della legna verde” ¹⁶.

Ciò contrastava con la pratica abituale dei pittori residenti nella capitale, che solitamente seguivano numerosi allievi, visto che l’insegnamento privato permetteva di avere delle entrate sicure anche in caso di mancanza di commissioni.

Anche il suo modo di insegnare era insolito: sempre d’Azeglio ricorda che il maestro si faceva vedere pochissimo e misurava parole e giudizi; inoltre sosteneva che se l’allievo aveva quel qualcosa in più che fa il vero artista, non gli sarebbero certo serviti gli insegnamenti di un maestro; solo seguendo gli autentici insegnamenti della natura l’allievo avrebbe dato i risultati sperati¹⁷. In ciò egli aderiva ad una nuova tendenza che si stava sviluppando nella Roma di inizio secolo: da tutta Europa convergevano nella capitale artisti portati all’osservazione e alla resa della natura “così

com’era”, prima di renderla, nei dipinti ufficiali, “come avrebbe dovuto essere” ¹⁸.

Si trattava di un “paesaggio percepito come natura, sentito per così dire interiormente, e non più

visto come un mondo da misurare e da conoscere, secondo l’ottica razionalista del XVIII secolo”

rispetto al quale le “nuove esigenze espressive si formano strumenti diversi, che rinnovano le

¹⁵F. CASAGRANDA pag. 76

¹⁶ A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni: da autodidatta a paesaggista di successo in Antonio Marinoni

1796-1871 Milano:Electa, 1996, pag. 45

¹⁷ Ivi pag. 47

¹⁸ G. MARINI, Paesaggio d’après nature e convenzioni vedutistiche: su Antonio Marinoni e le litografie del Viaggio

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air” ¹⁹.

Questi “nuovi naturalisti” traevano schizzi dal vero quasi sempre a matita, più raramente a penna o a guazzo, su taccuini da viaggio di misure contenute, di consistente carta bianca, raramente colorata. Successivamente da tali schizzi s’impostava il lavoro in studio, che conduceva all’opera finita²0. Grazie a tali taccuini possiamo sapere quali erano le mete preferite, sia a nord - – verso Nepi, Castel Sant’Elia fino a Terni - che a sud di Roma – Castel Gandolfo, Albano, Marino, la foresta di Ariccia e il laghetto di Nemi²¹. Tali trasferte permettevano di sfuggire alla calura della capitale e nel contempo fornivano spunti per nuovi, interessanti lavori. Una volta raggiunta la meta prescelta, gli artisti si disperdevano nei luoghi più pittoreschi per ritrarre il paesaggio dal vero. Per rinsaldare l’amicizia, i vari pittori si scambiavano quadri con relativa dedica; ad esempio il Marinoni ad una sua veduta dell’isola d’Ischia, apporrà una dedica al marchese Venuti, cognato dal 1824 di Roberti²².

Ancora una volta d’Azeglio ricorda come Verstappen, benché non più giovane e già affermato “soleva tuttavia passare ogni estate 3 o 4 mesi a studiare dal vero come un principiante”; in queste sessioni di riprese sui luoghi lo seguivano gli amici Simon Denis (1755 – 1813), Abraham Teerlink (1776 -1857) Hendrik Voogd (1768 – 1839), Michelangelo Pacetti (1793 – 1855), Lodovico Venuti (1785 – 1872) e Anton Sminck Pitloo (1790 – 1837) ²³.

Antonio Marinoni rimase presso Verstappen per circa due anni, giusto il periodo di tempo allora previsto per conseguire una certa padronanza nella pittura di paesaggio.

È il pittore stesso ad aggiornare il conte Roberti sui progressi ottenuti:“dirle posso che copiai pel

tempo di circa quattro mesi quadri del mio stimatiss.mo Maestro Verstappen ed indi indefessamente studiai la natura in genere paesaggio. Veniendo questa ora a mancare nel suo bello per la fredda stagione che siamo, vo nelle giornate buone studiando li grandiosi avanzi d’antichità che addornano questa Capitale”. (lettera del 29 dicembre 1822). In ogni tipo di apprendistato

artistico, per formare il gusto ed impratichire l’occhio e la mano, era largamente consigliata la pratica del copiare i dipinti dei maestri, antichi e contemporanei, oltre che lo studio delle antichità romane²⁴.

¹⁹ Ivi, pag. 271 (citazione originale da A. OTTANI CAVINA, Paysages d’talie) ²0 Ivi, pag. 273 (citazione originale da A. OTTANI CAVINA, Paysages d’talie)

²¹ F. CASAGRANDA pag. 78 ²² A. BROTTO PASTEGA, pag 47

²³ G. MARINI, pag. 269

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parte del Marinoni e soprattutto nella stretta osservanza del modello da riprendere. Il “Paesaggio

rupestre” del museo di Bassano è un esempio esercitazioni nello studio del Verstappen²⁵, mentre altre influenze si riscontrano nel modo di placcare le fronde degli alberi nella Veduta di Bassano da

San Vito verso il Margnano e Angarano²⁶.

Dopo un breve soggiorno nella città natale – per percepire la prima rata della cifra pattuita dallo zio Domenico Berti dalla vendita delle proprietà di famiglia – il pittore risedette stabilmente a Roma.

Sicuramente aveva bisogno di denaro, visto che a Roma doveva pagare vitto, alloggio, materiale di uso corrente per dipingere e lo stesso maestro Verstappen²⁷ e le commissioni tardavano ad arrivare:

a Roma i pittori erano talmente numerosi da rimanere spesso inoperosi e c’era una grande concorrenza tra i pittori e le scuole²⁸.

Lo stesso Marinoni avrà modo di lamentarsi che “questo ano andò male di commissioni, poco ebbi

da fare e in quattro mila artisti che siamo qui, tutti sotto lo stesso caso, anche i più bravi” ²⁹. A ciò si deve aggiungere che il numero degli stranieri in visita in visita alla capitale, che aveva avuto un enorme incremento dopo il 1815, incominciò a decrescere attorno al 1822, dopo la morte di Canova. Possiamo farci un’idea dello stile giovanile grazie al Laghetto di Nemi, realizzato tra il 1822 e il 1825; l’opera risente dell’influenza de La valle di Ariccia di Voogd: nel quadro di Marinoni ritroviamo le due mucche di destra e le relative ombre sul terreno, oltre che lo stesso ammasso nuvoloso. Certamente per fare ciò doveva avere sotto gli occhi il quadro del Voogd, o a Roma, presso Canova, o a Bassano, presso Stecchini³0.

Altre opere di questo periodo sono conservate in collezioni private bassanesi: per la maggior parte si tratta di studi dal vero eseguiti durante i mesi estivi dei dintorni di Roma. In questi lavori troviamo già i suoi tratti distintivi: la giustapposizione dei piani, la resa dei “lontani” e del movimento delle acque³¹.

Solo nel 1825 le cose iniziarono migliorare per il pittore: grazie ad una lettera all’amico Vedovato sappiamo che iniziava a collocare i suoi lavori: “ ti dirò di aver venduti due quadretti: uno al marchese Busca di Milano e l’altro ad un inglese e altri ne sto facendo la sorte dei quali è

²⁵ Ibidem

²⁶ G. M. PILO Quella “riscoperta” di Marinoni trentacinque anni orsono in Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 28 ²⁷ A. BROTTO PASTEGA, pag 47

²⁸ R. BOSSAGLIA Antonio Marinoni e il paesaggismo del suo tempo in Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 13 ²⁹ bozza di lettera taccuino 6, fra il disegno 510v e 511

³0 A. BROTTO PASTEGA, pag 45

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indecisa ³²

A ciò si aggiunge la sua partecipazione alla esposizione di opere di artisti bassanesi – del passato e del presente - in occasione della visita a Bassano dell’imperatore austriaco Francesco I e del figlio³³. Il pittore presentò un’esercitazione scolastica derivata da Verstappen, una copia de “Il ponte di

Bassano” di Roberto Roberti e un paesaggio di sua invenzione, di cui purtroppo non è rimasta

traccia³⁴. Due anni dopo avrà occasione di partecipare ad una grande mostra romana, organizzata da Orazio Vernet nelle sale del Campidoglio; come ricorda nella sua Autobiografia, “vi espose cinque

quadri, che piacquero assai e furon tutti venduti” ³⁵

Nonostante questi exploit positivi, Marinoni continuava a non trovare acquirenti importanti e a vivere in ristrettezze³⁶, perciò volse la sua attenzione verso Napoli, dove moltissimi turisti si recavano nei mesi estivi; oltre che nuovi clienti Marinoni sperava di fare nuove esperienze, tentando in particolare il genere della marina³⁷.

³² Ivi, pag. 49 ³³ Ibidem

³⁴ F. CASAGRANDA pag. 78 ³⁵ A. BROTTO PASTEGA, pag 50 ³⁶ F. CASAGRANDA pag. 78

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1.3. Il soggiorno a Napoli e la collaborazione al Viaggio Pittorico nel

Regno delle Due Sicilie.

Molti pittori si trasferivano a Napoli durante i mesi estivi per seguire i turisti, loro potenziali clienti, ma nel caso di Marinoni c’era una motivazione aggiuntiva: nella capitale partenopea c’era grande interesse per la pittura di paesaggio, e in particolar modo per la stessa ripresa d’après nature che il pittore bassanese aveva già sperimentato col suo maestro Verstappen³⁸.

Tale tecnica, di origine francese, era stata introdotta negli anni ’20 dal pittore fiammingo Anton Sminck Van Pitloo – che durante il suo soggiorno romano, antecedente al suo arrivo a Napoli, aveva frequentato anche lo studio del Verstappen – ; essa prevedeva la ripresa dal vero del soggetto, che veniva fissato su carta o cartone di piccolo formato;

la mina a piombo e la penna erano utilizzati per fissare le forme del paesaggio, mentre la resa dei colori, dei volumi e del rapporto luce/ombra era data dai colori a olio, a tempera o ad acquerello³⁹. Le vedute di Van Pitloo sono caratterizzate dalla resa minuziosa dei particolari suggestivi del paesaggio e dalla presenza di uomini e donne impegnati in piccole faccende⁴0.

Il Marinoni ebbe sicuramente modo di conoscere ed apprezzare questo pittore, soprattutto grazie al comune interesse per la ripresa dal vero; anche se con punti di vista diversi entrambi realizzarono una veduta del castello aragonese dal porto di Ischia.

Tutti i pittori che si dedicarono a tale genere, dipingendo dal vero, su carta e in piccolo formato, i luoghi più suggestivi, come le spiagge, i ruderi, le isole e il Vesuvio in eruzione, ma anche soggetti più originali come le case, le strade e le scene di vita popolari, vennero raggruppati sotto la denominazione di “Scuola di Posillipo”; tale appellativo aveva inizialmente intento dispregiativo, visto che era stato affibbiato loro dai pittori della corrente accademica, favoriti dalla corte borbonica, intenti a produrre quadri di storia o di mitologia, per indicare gli artisti che si dedicavano alla produzione di “souvenir”, immagini-ricordo per turisti⁴¹.

Esponente di spicco della Scuola, insieme a Van Pitloo, fu Giacinto Gigante (1806 – 1876); grazie all’uso dell’acquerello, le sue opere erano caratterizzate da atmosfere luminose, quasi liquide⁴², che ebbero grande influenza sul Marinoni: grazie al suo esempio le sue opere del periodo napoletano sono caratterizzate da una scala cromatica più ampia e da un tocco più vibrante; il pittore presta

³⁸ G. MARINI Paesaggio d’après nature e convenzioni vedutistiche: su Antonio Marinoni e le litografie del Viaggio

pittorico nel Regno delle Due Sicilie pag. 274

³⁹ Ivi, pagg. 272-273

⁴0 R. BOSSAGLIA Antonio Marinoni e il paesaggismo del suo tempo in Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 14

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maggior attenzione alla resa dei colori e all’impianto scenografico, anche a discapito della resa dei contorni⁴³.

Come già accennato, uno degli obiettivi del viaggio a Napoli era la realizzazione di marine; il soggetto più riuscito, per il quale ricevette le lodi dei colleghi, fu la Marina vista nel tramonto del

sole, in cui il pittore seppe rendere la trasparenza dell’acqua e del cielo coi loro effetti di luce e

controluce; dedicò anche molta attenzione alla resa delle imbarcazioni e delle vele, realizzando molti schizzi dal vero di velieri, paranze e paranzelle.

A partire da questa fase Marinoni cercò sempre di rendere, nei suoi quadri, le condizioni meteorologiche e stagionali⁴⁴.

Sicuro motivo d’incontro tra Marinoni e Gigante fu il coinvolgimento di entrambi nel Viaggio

pittorico nel Regno delle due Sicilie, pubblicato tra il 1828 e il 1834 da Domenico Cuciniello e

Lorenzo Bianchi. Cuciniello e Bianchi, vista la crescente richiesta di vedute-ricordo da parte dei turisti forestieri, avevano deciso di tradurre in litografie le principali vedute di Napoli e del Regno⁴⁵; il progetto non era di certo nuovo, visto che già tra 1787 e il 1790 Giuseppe Maria Galanti aveva dato alle stampe la Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie, a cui erano seguiti il Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli, compilato da Lorenzo Giustiniani tra il 1797 e 1805, e l’Itinerario istruttivo da Roma a Napoli, stampato a Roma nel 1819 da Mariano Vasi, che sarà riproposto in lingua francese a Napoli nel 1824.

Ma il precedente più rilevante è il Voyage pittoresque de l’Abbé de Saint-Non, stampato in tre volumi a Parigi nel 1781, illustrato all’acquaforte con vedute tratte dai lavori di Hubert Robert e di Jean Honoré Fragonard; i primi due volumi riguardavano Napoli e la parte continentale del regno, il terzo le province dalla costiera a Capri, Puglia, Calabria e Basilicata.

Il Viaggio pittorico nel Regno delle due Sicilie si distingueva per alcuni elementi peculiari e innovativi: innanzitutto il termine viaggio “pittoresco”, cioè fantasioso e interessato al colore locale, venne sostituito da un “viaggio pittorico”, basato sul vedutismo topografico e abitato da studiosi e viaggiatori in cappello a cilindro. ⁴⁶

Vennero introdotte anche innovazioni dal punto di vista tecnico: le illustrazioni, realizzate secondo il metodo litografico, e non più ad acquaforte, erano accompagnate da un testo descrittivo, compilato, sia in italiano che in francese, da Raffaele Liberatore, uno studioso, critico, scrittore e saggista napoletano.

⁴² Ibidem

⁴³ G. M. PILO, Quella “riscoperta” di Marinoni trentacinque anni orsono in Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 29 ⁴⁴ F. CASAGRANDA I dipinti, in Antonio Marinoni 1796-1871, pag. 120

⁴⁵ A. BROTTO PASTEGA, Antonio Marinoni e il paesaggismo del suo tempo in Antonio Marinoni 1796-1871, pag 53 ⁴⁶ A. BROTTO PASTEGA, pag 53

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volumi; la seconda parte, formata di un solo volume, aveva come tema la Sicilia. L’opera uscì in fascicoli, ognuno comprendente tre tavole litografiche e le relative didascalie; solitamente la prima veduta era di tipo pittoresco, la seconda ritraeva un reperto archeologico o comunque antico e la terza un monumento - architettonico o scultoreo - medievale o moderno.

Il progetto coinvolse tutti gli artisti più valenti allora presenti a Napoli: i “pittori” dovevano realizzare gli studi da cui poi i “disegnatori” avrebbero tratto il disegno litografico. Le litografie potevano essere basate sia su dipinti che su semplici disegni; anche il formato del materiale di partenza non era uniforme.

Ai vari pittori vennero commissionate vedute e angolazioni in rapporto alla loro specialità; al Marinoni, che nel frattempo si era conquistata fama di buon “panoramico” si riservarono soprattutto vedute di vasto respiro. ⁴⁷

Qualche artista fu sia disegnatore che pittore, come nel caso di L. Iely, Rudolf Müller (1802 – 1855) e Giacinto Gigante, mentre soltanto disegnatori si firmano Leopoldo di Borbone (1813 – 1860), Gioacchino Forino (1797 – 1858), Karl Wilhelm Gotzloff (1799-1866), Federico Horner (1800 – 1864), Gaetano Dura (1805 – 1878) e Francesco Wenzel (in attività dal 1828 al 1860). Tra i pittori, oltre al Marinoni, ricordiamo l’architetto-scenografo siciliano Saverio Cavallari (1809 – 1896), Salvatore Fergola (1799 – 1874), Raffaele Carelli (1795 – 18684), Achille Vianelli (1803 – 1894) e Frans Vervloet. ⁴⁸

È probabile che Marinoni abbia preso parte al progetto proprio grazie a quest’ultimo: Vervloet si era trasferito a Napoli già nel 1825 e sicuramente coinvolse l’amico nel suo giro di conoscenze. L’unica veduta del belga, gli Ultimi scavi di Ercolano, precede la prima di Marinoni; sapendo che le vedute venivano pubblicate a puntate e a gruppi di tre, possiamo ipotizzare che i due lavorarono nello stesso periodo. ⁴⁹

Come lo stesso Marinoni ricorda nella sua autobiografia, “fu scritturato per eseguire cinquanta

vedute della Sicilia e ciò nell’anno ’29 e ’31. Per far studi antecedentemente fu due altre volte dal ’27 al ‘28” . ⁵0

Le prime vedute erano dedicate a Caserta e i suoi dintorni, a cominciare dal borgo di San Leucio, creato nel 1789 da Ferdinando IV come colonia agricola e manifatturiera, passando poi alla Cascata

di Caserta e a Il bosco vecchio di Caserta - in cui Marinoni ebbe modo di mostrare tutta la sua

⁴⁷ Ivi, pag. 54

⁴⁸ F. CASAGRANDA Litografie da Antonio Marinoni, in Antonio Marinoni 1796-1871 pag. 174 ⁴⁹ A. BROTTO PASTEGA, pag 53

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vegetazione. Non mancano poi le vedute della città di Caserta – di cui esiste uno studio conservato in collezione privata - e del suo palazzo reale. L’ultima veduta della provincia casertana riguarda I

ponti della Valle presso Maddaloni, esempio dell’interesse per l’architettura moderna, visto che

descrive l'Acquedotto Carolino commissionato da Carlo III al Vanvitelli e inaugurato il 2 aprile 1759.

In seguito il pittore si sposterà nelle province siciliane, dove, oltre alle vedute panoramiche di Palermo, Agrigento, Trapani e Siracusa, ritrarrà anche gli antichi templi, come quelli di Ercole (di cui fece anche uno studio), di Giunone Lucina, di Esculapio, del Tempio della Concordia (di cui anche in questo caso fece uno studio preparatorio) e del Mausoleo di Terone ad Agrigento, proseguendo poi con l’antico Teatro, la Fontana Aretusa, la grotta denominata “Orecchio di

Dionigi”, la leggendaria “Tomba di Archimede” (di cui fu eseguito anche uno studio), fino agli Avanzi del Tempio di Giove Olimpio di Siracusa, senza dimenticare gli Avanzi di un tempio di Selinunte” e quelli del Teatro di Taormina.

Altre litografie di località siciliane, attribuite a Wenzel, sarebbero state tratte da disegni di Marinoni; in particolare, due figurette incluse nella Veduta di Sala di Partenico si avvicinano molto quelle presenti nel dipinto I campi di Annibale, conservato nel Museo di Bassano. ⁵¹

Gli altri disegni del pittore vennero litografati da Giacinto Gigante, Wenzel e, in maniera molto minore, da Dura.

Molte delle vedute del Viaggio, in particolare quelle del Marinoni, verranno nuovamente litografate in versione più scadente e pubblicate a Firenze nel 1845 da Attilio Zuccagni-Orlandini nel suo poderoso Atlante Illustrativo. Solo nel 1978 vi sarà una ristampa anastatica dell’edizione originale.

⁵¹ Ibidem ⁵² Ivi, pag. 73

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1.4. Il ritorno a Roma e gli ultimi anni

Gli anni Trenta e Quaranta furono anni positivi per Marinoni: la sua fama di paesaggista si consolidò, partecipò ad esposizioni, e, come ricorda lui stesso, “ricevette commissioni da

personaggi illustri Vollero quadri da lui molti ricchi signori inglesi, americani e russi Il suo studio fu visitato da augusti e illustri personaggi, fra i quali il Re di Napoli e la duchessa di Kent, appartenne alla Società delle Belle Arti di Roma e a quella dei Virtuosi del Pantheon” ⁵³

aveva inoltre un nutrito gruppo di allievi, cui impartiva lezioni di disegno.

Il pittore entrò a far parte della Società degli Amatori e Cultori delle Belle Arti che ogni due anni

esponeva le opere dei suoi membri nel Campidoglio; l’impegno col Viaggio Pittorico gli aveva impedito di partecipare alle esposizioni del 1830 e del 1832, mentre nel 1834 tutte e cinque le opere che presentò trovarono degli acquirenti. ⁵⁴

Il fatto che Marinoni iniziasse ad essere maggiormente conosciuto e apprezzato è confermato dalla sua inclusione come “pittore di paese” nella guida dei principali Pittori, Scultori, Architetti,

Miniatori in gemme ed in rame, Scultori in metallo, Moisacisti, Scalpellini, Pietrari, Perlari, ed altri artefici di Roma, pubblicata sempre nel 1834 da Giuseppe Brancadoro. ⁵⁵

Nel 1837, in occasione dell’onomastico di Ferdinando I d’Austria, l’ambasciata austriaca presso lo Stato Pontificio organizzò una mostra, cui parteciparono molti artisti veneti,

all’epoca sudditi austriaci. Marinoni presentò due dipinti ad olio, la Veduta presa nelle vicinanze

delle cascate di Terni e la Veduta presa vicino a Marino.⁵⁶

Nello stesso anno un suo breve profilo sarà compreso nell’opera Neues Allegemeines Kunstler –

Lexicon dello storico e critico d’arte tedesco Georg Kaspar Nagler, che lo presentò come pittore

specializzato in paesaggi con architetture, cascate, marine ⁵⁷

Negli anni ’40 Marinoni compì numerosi viaggi, molti dei quali nella sua città natale, motivati forse anche dall’epidemia di colera scoppiata a Roma nel 1838. ⁵⁸

A Bassano ricevette commissioni da parte di privati, ma gli mancavano riconoscimenti pubblici; a tale scopo, a partire dal 1840, iniziò a partecipare alla rassegna estiva organizzata dall’Accademia di

⁵³ A. BROTTO PASTEGA, pag 55 ⁵⁴ F. CASAGRANDA pag. 80 ⁵⁵ A. BROTTO PASTEGA, pag 55 ⁵⁶ F. CASAGRANDA pag. 81 ⁵⁷ A. BROTTO PASTEGA, pag 58 ⁵⁸ F. CASAGRANDA pag. 82

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Belle Arti di Venezia; in quell’anno inviò quattro vedute, recensite positivamente sia da Francesco Zanotto che da Passeri–Bragadin; il primo scriverà nella “Gazzetta Privilegiata” che “ questo pittore mostrò nelle quattro vedute che espose battere un sentiero non fallevole Bellissimi punti di vista trattò, nei quali non mancano cadute d’acqua illudenti, fondi in piene vegetazione, toccate con isforzo d’arte soprana, e partiti di luce che sorprendono ”, mentre Passeri-Bragadin ne “Il

Vaglio” fu ancora più favorevole: “Chi c’invade d’entusiasmo sono le tele dei signori Marinoni e Francesco Milani fra i quadri del Marinoni, che sono tutti pregevoli, noi preferiamo la veduta del fiume Aniene di Subiaco Sono condotti con bravura, con verità, e mostrano un valentissimo artista”. ⁵⁹

L’anno seguente un suo paesaggio venne scelto come tema di concorso per gli alunni dell’Imperiale Regia Accademia di Belle Arti di Venezia. ⁶0

Nel 1843 compirà una sorta di “tour alla rovescia” visitando la Francia e l’Inghilterra, di cui però non ci sono noti né dipinti, né taccuini di viaggio.

L’anno successivo partecipò ad una rassegna milanese con Veduta della villa d’Este in Tivoli - su commissione specifica dello scultore veronese Innocenzo Fraccaroli (1805 – 1882) – e la Veduta

della Villa Mattei che riproporrà anche nell’esposizione veneziana del 1845, insieme a Vallata bassanese e il Lago di Nemi, venendo lodato come “uno dei più valenti pittori paesisti dei nostri giorni e decoro della sua patria” e le sue opere esaltate “per verità e forza del colorito” ⁶¹

Nel 1846 il pittore si trasferì a Venezia, dove, nei tre anni successivi si dedicherà allo studio della città lagunare e alla ripresa di alcune aree dell’entroterra veneto. ⁶²

L’ambiente veneziano era ovviamente più ristretto di quello romano e più incline alla pittura di genere storico e alla ritrattistica, ma nonostante ciò il Marinoni riuscì a ritagliarsi un suo spazio tra i continuatori della grande tradizione vedutistica di fine Settecento e la veramente nuova pittura di Ippolito Caffi (1809 – 1866) ⁶³, ricevendo numerose commissioni dall’aristocrazia del Lombardo -

Veneto, tra cui quelle del conte Alessandro Trissino e del marchese Busca di Milano”.

Continuò a partecipare alla rassegna estiva dell’Accademia: nel 1846 inviò “quattro vedute dei

dintorni della città eterna, quella cioè di Torre degli Schiavi, di Rocca di Papa, dagli acquedotti fuori San Giovanni e del lago di Nemi. Tre altre ne aggiunse, colla stradicciola deliziosa che

⁵⁹ A. BROTTO PASTEGA, pag 60 ⁶0 F. CASAGRANDA pag. 83

⁶¹ A. BROTTO PASTEGA, pag 61. La prima citazione è tratta dalla recensione di G. Rossi sulle pagine della “Gazzetta Privilegiata”, la seconda dalla recensione del 30 agosto de “Il Gondoliere”

⁶² Ivi, pag. 63

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ma il giornalista della “Gazzetta Privilegiata” sottolinea come ormai egli appartenga ad una scuola “dalla odierna diversa”. ⁶⁴

Il 4 marzo dello stesso anno era stato eletto “Socio corrispondente interno” dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti che era stato fondato dal poligrafo Giambattista Baseggio, da Giambattista Roberti e da Giuseppe Ferrazzi, a Bassano, nell’anno precedente. Marinoni venne chiamato anche a partecipare alla commissione preposta all’assegnazione dei premi assegnati annualmente agli allievi più meritevoli della Scuola Comunale di Disegno. ⁶⁵

Nel 1847 Marinoni parteciperà per l’ultima volta all’esposizione veneziana, ma le varie recensioni non saranno più così lusinghiere; ad esempio l’articolista de “Il Gondoliere”,

scrisse di lui: “ potrebbe fare meglio assai se lasciasse in pace il mare, i laghi e le cascate.

Fredda quella sua veduta di Napoli, morto il lago di Castel Gandolfo, umile la cascata di Terni

” ⁶⁶

Il pittore, classe 1796, apparteneva ormai alla vecchia guardia e il suo modo di dipingere non incontrava più né i gusti degli ambienti accademici, né del mercato – che richiedeva “quadretti accattivanti”- ed era lontano dalle prove sperimentali delle ultime generazioni di pittori.

Marinoni inizierà ad allontanarsi dal circuito delle esposizioni; il fallimento del tentativo di insurrezione di Venezia del 1848 lo lascerà amareggiato e deluso, portandolo ad abbandonare Venezia per tornare a Bassano del Grappa.⁶⁷

Dal settembre del 1849 Antonio Marinoni risedette stabilmente a Bassano - solo nel Natale del 1864 si allontanerà per un breve soggiorno a Padova - venendo coinvolto nella vita artistica della città; entrò infatti a far parte della commissione che doveva premiare gli alunni più meritevoli della Scuola Comunale di Disegno.

Continuerà a dipingere fino al 1853, quando un tremolio alle mani, che era peggiorato con gli anni, lo costringerà a deporre i pennelli. Nel 1869 donerà al Museo Civico la Veduta del lago di Nemi e

dintorni, I Campi di Annibale e Marina, e due e studi ad olio, la Pescheria di Palermo e L’Anfiteatro di Capua.⁶⁸

Il 20 dicembre 1871 venne a mancare; venne salutato con un imponente funerale e ricordato, oltre che come artista, anche come patriota.

⁶⁴ A. BROTTO PASTEGA, pag 62 ⁶⁵ Ibidem

⁶⁶ Ivi, pag. 63 ⁶⁷ Ivi, pag. 64 ⁶⁸ Ibidem

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Scuola Comunale di Disegno.⁶⁹

In ottemperanza delle sue ultime volontà le stampe e i disegni furono ereditati dalla nipote Maria Meneghetti – figlia della sorella Maria – che si era presa cura del pittore. La donna vendette i dieci taccuini e altri disegni al libraio–editore–antiquario bassanese Antonio Sterni che a sua volta li rivenderà al Museo Civico il 22 aprile 1872 per 50 lire, così come ricordato nel “Resoconto delle spese sostenute nel 1872 dal direttore del Civico Museo” dell’anno seguente.

I 240 dipinti di cui Marinoni era ancora in possesso furono da lui destinati al Consorzio Nazionale, istituto sorto a Torino nel 1866 per estinguere il debito pubblico.

Le opere furono spedite nella città sabauda ed esposte nella sede di Palazzo Madama sul finire del 1873; anche se ampiamente pubblicizzati dalla stampa locale, i quadri faticarono a trovare compratori. Il principe Eugenio Savoia, presidente del Consorzio, cercò di sbloccare la situazione, comprando due opere; seguirono il suo esempio

Giuseppe Fasoli - concittadino e ammiratore di Marinoni – che comprò ben 18 opere per 251 lire, e il principe Giovannelli di Venezia, che ne acquistò 13 per 1595 lire.

Ma la gran parte delle opere di Marinoni era ancora invenduta; si procedette allora inviandole ai vari comitati periferici, sperando così di trovare acquirenti. Il primo gruppo di quadri fu spedito tra il 30 luglio e il 1 agosto 1874 e il secondo tra il 17 e il 26 ottobre 1874. Grazie a tale metodo tutte le opere furono vendute, ma vennero disseminate lungo tutta la penisola. ⁷0

⁶⁹ A. BROTTO PASTEGA, pag 69 ⁷0 F. CASAGRANDA pag. 84

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2. Confronto

2.1. Pittori veneti

Come Antonio Marinoni altri pittori veneti decisero di dedicarsi alla pittura di paesaggio, con percorsi ed esiti talvolta simili e talvolta differenti dal nostro artista.

Decisamente meno innovativo di Marinoni fu Roberto Roberti (1786 – 1837), le cui opere non si discostano dalla strada tracciata dai vedutisti veneziani.

Bassanese anch’egli, di dieci anni più vecchio di Marinoni, si era trasferito a Roma nel 1800 per studiare disegno sotto la guida di Canova, decidendo poi di diventare pittore paesaggista⁷¹.

Le sue prime opere, esposte a Bassano nel 1807, furono delle copie da Canaletto e una veduta de “Il

ponte di Bassano” (fig. 2.1.), di cui Marinoni realizzerà una copia alcuni anni dopo.

Purtroppo la copia eseguita da Marinoni non è giunta fino a noi, ma alcune considerazioni si possono fare confrontando il dipinto di Roberti con un’opera di Marinoni dal soggeto simile, ovvero la “Veduta del Brenta con ponte vecchio

verso Sud” (fig. 2.2.) un olio su tela risalente agli anni

’40.

I due dipinti sono presi da punti di vista opposti: Roberti si posizionò a sud del ponte, Marinoni a nord. Nel dipinto di Roberti il soggetto è riprodotto con grande esattezza, ma con un effetto generale di appiattimento, ampliato dalla mancanza di profondità delle acque del fiume Brenta e dei caseggiati, livellati su un color rossiccio⁷².

⁷¹ PASSUELLO F., Un momento della pittura bassanese: Roberto Roberti, pag. 15 ⁷² Ivi, pag. 29

fig. 2.1. Il ponte di Bassano, Roberto Roberti

fig. 2.2. Veduta del Brenta con ponte vecchio

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L’opera di Marinoni è di respiro più ampio: dalla riva lo sguardo dello spettatore scivola lungo il fiume fino all’agglomerato cittadino; la scelta di riprendere il Brenta da nord da una maggiore profondità alla veduta. Come nelle altre sue opere Marinoni ha reso bene l’effetto della luce e le variazioni di colore del cielo e dell’acqua.

Nelle sue vedute Roberti privilegerà gli spazi urbani, da riprodurre con estrema esattezza, come accade nelle opere “Piazza del Quirinale”, “Ponte Rotto e l’isola Tiberina” e “S. Pietro dai

Giardini” ⁷³ mentre Marinoni preferiva i paesaggi profondi, dove la natura, a volte selvaggia, coi suoi burroni e le sue cascate, è la protagonista.

Maggiori affinità si riscontrano col pittore veronese Giuseppe Canella (1788 – 1847): innanzitutto anche per lui fondamentale fu lo studio après nature, come ricorda nella sua autobiografia: “col primo studio che

feci dal vero … viddi quanto era falso il mio colorito

e quanto diverso doveva essere il metodo di toco e di esecuzione. ⁷⁴

Entrambi usavano i taccuini da disegno per annotare in modo sommario oppure dettagliatamente ciò che più li colpiva del paesaggio circostante, formandosi in tal modo

un repertorio pressoché inesauribile cui attingere anche in anni successivi⁷⁵.

Come Marinoni Canella fu influenzato dalla pittura fiamminga, che ebbe modo di studiare nei suoi viaggi nel Nord Europa.

Nel 1837, anno del suo soggiorno romano, era un pittore già affermato: negli anni precedenti aveva visitato gran parte dell’Europa, riscuotendo grande successo con le sue vedute di piccolo formato dei boulevards parigini. Nelle sue vedute della campagna romana si riscontrano molte affinità con il nostro artista: entrambi i dipinti (figure 2.3. e 2.4.) presentano delle lunghe inquadrature; il cielo all’alba e al tramonto sono stati resi con grande cura, così come gli effetti luministici sul paesaggio.

⁷³ PASSUELLO F., pagg. da 33 a 38

⁷⁴ BASSI –RATHGEB R., Il pittore Giuseppe Canella (1788-1847), pag. 16 ⁷⁵ PAVANELLO G. La pittura nel Veneto: L’Ottocento, pag. 319

fig. 2.3. Il levar del sole nella campagna romana, Giuseppe Canella

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2.2. Paul Flandrin

Come già accennato nel capitolo biografico, a Roma convergevano artisti da tutta Europa che, oltre a farsi concorrenza, s’influenzavano reciprocamente.

In Marinoni più che nelle opere finite questo aspetto si evidenzia in un gruppo di disegni sciolti (catalogati dal numero 939 al numero 969), che si distinguono dai disegni dei taccuini per la grandezza ( circa 20 x 30 centimetri) e per una rifinitura maggiore. In essi il pittore ha realizzato delle vedute “ideali” caratterizzate dalla presenza di piccole figure (fig. 2.5.), che ricordano molto l’opera di un pittore francese, Paul Flandrin (1811- 1902). Soggiornò a Roma dal 1834 al 1838, ricongiungendosi al fratello Hippolyte, vincitore del Prix de Rome nel 1832.

Come Marinoni basava il suo lavoro sullo studio della natura, seguendo in ciò i precetti del suo maestro Ingres, che voleva, come ricorda Flandrin stesso “che i paesaggisti, come gli altri pittori si

basino prima di tutto sullo studio e l’imitazione della natura” e aggiunge ancora “noi cerchiamo innanzitutto la bellezza delle linee, l’armonioso bilanciamento delle masse; cerchiamo, nella rappresentazione di un sito, di rappresentarlo nei suoi aspetti più belli e più pittoreschi. Infine, la nostra scuola mette prima di tutto il culto del vero, perciò abbiamo

moltiplicato i disegni e gli studi d’après nature⁷⁷

I suoi schizzi sono pensati già in funzione dell’opera finite; spesso posizionava in essi una figura, subendo in ciò l’influenza di Poussin, con lo scopo si dare una valenza morale ai suoi studi, ma, al contrario dei pittori Neoclassici non si trattava di personaggi mitologici, storici o biblici.

Le opere finite dei due artisti sono però molto diverse: in Flandrin (fig. 2.6.) i dettagli secondari, soprattutto il fogliame sono sacrificati

a favore di una visione d’insieme e i colori sono ridotti ad un tono monocromo⁷⁸.

2.5. Disegno n. 940, Antonio Marinoni

Fig. 2.6. Paysage ideal, Paul Flandrin

⁷⁶ BASSI –RATHGEB R., ivi

⁷⁷ SCIAMA C., Hippolyte & Paul Flandrin: paysages et portraits, pag. 249. Citazione originale: “Il voulait que les

paysagistes, comme les autres peintres s’appuyassent avant tout sur l’étude et l’imitation de la nature …” e più sotto

““… nous cherchions avant tout la beauté des lignes, l’harmonieux balancements des masses; nous nous efforcions, en

représentant un site, de le représenter sous son aspect le plus beau et les plus pittoresque. Enfin, notre école ayant par-dessus tout le cult du vrai, nous avons multiplié les dessins et les études d’ après nature” Traduzione di Lucia Berton

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3. Introduzione al catalogo

Il corpus dei disegni di Antonio Marinoni conservati dal Museo Civico di Bassano del Grappa è costituito da quasi 600 disegni, la maggior parte dei quali è ancora raccolta negli album originali; ciascun album è stato numerato in copertina, probabilmente al momento dell’acquisto da parte del Museo, nel 1872, ma tale numerazione non segue l’ordine cronologico, stabilito da Mario Guderzo nel catalogo della mostra dedicata a Marinoni del 1996.

La maggior parte dei disegni risale agli anni ’20 dell’Ottocento, a partire dall’arrivo a Roma del pittore: gli album 4, 5, 9, 10 e 13 coprono un arco di tempo compreso tra il 1822 e il 1826; sono databili all’anno seguente gli album 11 e 6; l’album 8 corrisponde al 1828 e il numero 7 si può far risalire al biennio 1828-1829.

L’ultimo album, in numero 12, comprende l’ultima fase della carriera di Marinoni, dal 1848, anno del suo ritorno in Veneto, fino a quando egli smise di dipingere, nel 1853.

Oltre a questi taccuini il Museo conserva anche una cartella di fogli sciolti, risalenti a momenti diversi della vita del pittore, come si desume dai diversi soggetti e formati dei disegni; solo per alcuni di essi ho proposto una datazione agli anni ’30 (vedi capitolo 2.2.)

Dopo aver ordinato cronologicamente i disegni ho proceduto suddividendoli secondo quattro temi principali: innanzitutto troviamo i disegni accademici, cioè tutti quegli studi di figura e di panneggio che un pittore alle prime armi eseguiva per “farsi la mano”, seguono poi le copie da opere di altri autori, anche queste fondamentali per un pittore che volesse migliorare il suo stile. Si è poi distinto tra i disegni preparatori e i paesaggi: sono stati compresi nella prima categoria tutti quegli schizzi riconducibili alla realizzazione di opere finite; dove possibile è stato presentato un confronto tra i disegni ed i dipinti ad essi correlati.

Nella seconda categoria sono stati compresi i disegni di paesaggio che non hanno avuto riscontro con opere finite o il cui soggetto di allontanava dallo stile delle opere finite di Marinoni.

Il quinto e ultimo gruppo è costituito da tutti quei disegni che non rientravano in nessuna delle categorie sopracitate.

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4.1. Disegni accademici

n. 373

Studi di figura: figura panneggiata seduta e due lottatori Inventario: n. 373, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826 n. 394 Due lottatori Inventario: n. 394

(al verso del foglio), album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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22 Due figure panneggiate inginocchiate Inventario: n. 374, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826 n. 376 Figura virile panneggiata e studio di pieghe Inventario: n. 376, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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23 Figure ammantate stanti Inventario: n. 379, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 n. 380

Due figure ammantate stanti Inventario: n. 380, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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Due figure ammantate, una stante e una

inginocchiata Inventario: n. 381, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 n.382 Figura ammantata inginocchiata Inventario: n. 382, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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25 Studio di pieghe e figura ammantata inginocchiata Inventario: n. 384, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 n.387 Figure ammantate viste da tergo Inventario: n. 387, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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26 Studi di pieghe Inventario: n. 388, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 n.390

Figura orante e studio di panneggio Inventario: n. 390, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826

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27 Studi di pieghe Inventario: n. 391, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 n.741 Nudo virile Inventario: n. 741, album 11, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 117 x 180 mm Datazione: 1827 circa

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4.2. Copie da altri autori

n.401 Il salvataggio di Pirro Inventario: n. 401, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Il disegno è una copia “Il

salvataggio di Pirro”, un’olio

su tela di Poussin. Rispetto all’originale, il disegno di Marinoni è speculare, quindi possiamo stabilire che la copia venne eseguita a partire da una stampa.

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29 Figura da “La peste d’Azhot” Inventario: n. 402, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

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30 San Giovanni Battista battezza le folle Inventario: n. 422

(al verso della pagina), album 5, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Il disegno è una copia dell’opera

San Giovanni Battista battezza le folle di Poussin. È da notare come

nelle sue copie Marinoni focalizzi la sua attenzione sulla resa della figura umana, tralasciando il paesaggio o le architetture che fanno da sfondo alle vicende trasposte su tela.

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Quattro

danzatrici, due amorini e figura alata che suona. Inventario: n. 424, album 5, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Si tratta di una copia de “Il ballo

della vita umana al suono del tempo”,

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32 Studio di composizione: uomo seduto che disegna, donne piangenti e schizzo di figura sdraiata Inventario: n. 425, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

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Ratto delle Sabine Inventario: n. 426, album 5, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Il disegno è un copia dell’opera omonima di Poussin

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34 Guerrieri e famiglia romana Inventario: n. 429, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita, inchiostro e acquerello Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826 n.430

Tre putti con un’anfora, una coppa e una teca Inventario: n. 430, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita, inchiostro e acquerello Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

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35 Achille trascina il corpo di Ettore Inventario: n. 431, album 5, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826 Il disegno riprende l’incisione di Pietro Testa “Achille che trascina il corpo di Ettore attorno alle mura di Troia”

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Fregio di Palazzo Milesi. Processione per Latona Inventario:

n. 432

(al verso del foglio), album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Immagine: Marabottini A., Polidoro da Caravaggio, pag. CXLIX, “Il fregio di Niobe. Incisioni in

controparte di I. Saenredam. Roma, Gabinetto Nazionale dei Disegni e delle Stampe. (NB. Le due riproduzioni sono state modificate in modo da formare un’immagine unica)

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37

Fregio di Palazzo Milesi. Niobe interrompe la processione Inventario: n. 433 album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826 n.434

Una folla presso il simulacro di una dea

Inventario: n. 434 album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Immagine: Marabottini A., Polidoro da Caravaggio, pag. CXLVIII, Parti del fregio di Niobe.

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Fregio di Palazzo Milesi. Latona implora i figli Apollo e Diana Inventario: n. 435 album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Immagine: Marabottini A., Polidoro da Caravaggio, pag. CXLIX, “Il fregio di Niobe. Incisioni in

controparte di I. Saenredam. Roma, Gabinetto Nazionale dei Disegni e delle Stampe. (NB. Le due riproduzioni sono state modificate in modo da formare un’immagine unica)

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Fregio di Palazzo Milesi. Apollo uccide i figli di Niobe Inventario: n. 436, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 – 1826 n.423

Fregio di Palazzo Milesi. Disperazione di Niobe e delle figlie Inventario: n. 423, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 – 1826

Immagine: Marabottini A., Polidoro da Caravaggio, pag. CXLVIII, Parti del fregio di Niobe.

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40 n.488 Predica di Cristo nel bosco Inventario: n. 488, album 6, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 160 x 231 mm Datazione: 1827 n.503 Gruppo di persone in adorazione di una figura femminile Inventario: n. 503, album 6, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 160 x 231 mm Datazione: 1827

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Figura femminile, due figure sedute e busto femminile Inventario: n. 504, album 6, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 160 x 231 mm Datazione: 1827 n.505 Particolari di un sacrificio pagano Inventario: n. 505

(al verso del foglio), album 6, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 160 x 231 mm Datazione: 1827

I tre disegni (n. 503, 504 e 505) fanno parte di un unico ciclo: la figura femminile del primo disegno è presente anche nel secondo, mentre la figura maschile (un re?) compare sia nel secondo che nel terzo disegno.

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42 Irruzione di armati in un accampamento Inventario: n. 935, cartella disegni, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 242 mm Datazione: 1822-1826 ? n.936 Famiglia dell’antica Roma Inventario: n. 936, cartella disegni, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 171 x 191 mm Datazione: 1822-1826 ?

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43 Alcibiade interrompe il simposio Inventario: n. 937, cartella disegni, “Disegni Bassanesi” Dimensioni: 170 x 256 mm Datazione: 1822-1826 ?

(46)

44

4.3 Disegni Preparatori

n.351 Bosco di castagni Inventario: n. 351, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826 n.352 Alberi e rocce Inventario: n. 352, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826

(47)

45

n.361 Veduta di Subiaco

Inventario: n. 361, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita

Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826

Bibliografia: Antonio Marinoni : 1796-1871. pag. 114

Il soggetto è identificato dall’annotazione “Subiaco”, apposta dall’autore stesso nella parte alta del foglio; Flavia Casagranda identifica il disegno come preparatorio per un dipinto conservato nella collezione privata Brocchi-Colonna. Subiaco e i suoi dintorni furono più volte ritratti da Marinoni: la zona offriva una grande varietà di scenari naturali – dirupi, gole tagliate da torrenti e natura incontaminata – che mutavano al variare delle condizioni climatiche, dando al pittore innumerevoli spunti per le sue opere.

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46

n.367 Le cascate di Tivoli

Inventario: n. 367, album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita

Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826

Bibliografia: Inediti di Antonio Marinoni, pag 552 e tavola LIV

Il disegno, erroneamente inventariato come raffigurante le cascate di Tivoli, venne identificato da Flavia Casagrande come uno studio preparatorio per il dipinto “La cascata del Velino con un paese

e figure”, opera del 1837 firmata da Marinoni e oggi appartenente ad una collezione privata

vicentina.

Il disegno è rifinito nella parte sinistra – quella che raffigura la cascata e il paese arroccato sul monte, che verrà ripresa senza sostanziali modifiche nell’opera pittorica.

L’interesse di Marinoni si concentra su questa porzione del paesaggio, visto che la parte destra del disegno è meno definita: con pochi tratti di matita il pittore abbozza alcune rocce in primo piano e delle zone montuose in lontananza, vicino alla linea dell’orizzonte

(49)

47 Studio di grotta Inventario: n. 385 album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 - 1826

Dovrebbe trattarsi della grotta di Palazzuola; un dipinto con questo soggetto è compreso nel

“Riscontro dei dipinti”, un elenco delle opere realizzate da Marinoni incluso nel catalogo del 1996. Anche il disegno successivo (n. 386) potrebbe riferirsi alla stessa località.

n.386

Rovine nell’agro romano e grotte Inventario: n. 386 album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 295 x 215 mm Datazione: 1822 - 1826

(50)

48 Rovine di Roma antica Inventario: n. 393 album 4, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 215 x 295 mm Datazione: 1822 – 1826 Il soggetto è identificato dall’annotazione “Avanzi di Roma antica fuori porta S. Giovanni per

andare a Frascati” apposta da Marinoni nella parte alta del foglio.

Il soggetto è identificato dall’annotazione “Porta S. Giovanni in Roma” apposta dal pittore nella parte alta del foglio.

n.397 Porta San Giovanni a Roma Inventario: n. 397, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

(51)

49 Galleria d'Albano a Castel Gandolfo Inventario: n. 398, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 260 x 170 mm Datazione: 1822 - 1826

Il soggetto è identificato dall’appunto “Galleria

d'Albano a Castel Gandolfo” apposto da

Marinoni nella parte alta del foglio.

n.715 Viale alberato Inventario: n. 715 album 11, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 180 x 117 mm Datazione: 1827 circa

In basso si legge “Galleria tra li Capucini e La

(52)

50

Entrambi i disegni sono riferibili al “Viottolo nella selva della Fajola”, dipinto risalente al primo periodo romano dell’artista e oggi conservato in collezione privata. Il pittore ha introdotto poche modifiche dai disegni all’opera finita: l’orientamento e il punto di vista sono gli stessi; nell’opera finita Marinoni ha reso il sentiero più scosceso e ha aggiunto una figuretta vestita di bianco alla fine del viottolo.

(53)

51

Il soggetto è identificato dall’annotazione “Avanzi dell'antica Villa

Doria in Albano” apposta dal pittore nell’angolo in alto a sinistra.

Resti dell'antica Villa Doria in Albano Inventario: n. 399, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni 170 x 260 mm Datazione: 1822 – 1826

Il soggetto è identificato dalla scritta “Villa Borghese”, nella parte alta del foglio; la pagina è quadrettata, probabilmente per riportare fedelmente il disegno in formato maggiore.

n.403 Ingresso al parco monumentale di Villa Borghese Inventario: n. 403, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 – 1826

(54)

52

Il soggetto è identificato dall’annotazione “Valata che conduce

alla caduta del Velino” apposta da Marinoni nella parte alta del foglio.

Veduta della vallata che conduce alla cascata del Velino Inventario: n. 405, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826 n.412 Parco di Ariccia Inventario: n. 412, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 170 x 260 mm Datazione: 1822 – 1826

Il soggetto è identificato dalla nota “Nel parco della Riccia ” apposta da Marinoni nella parte alta del foglio.

(55)

53

L’annotazione “Vicinanze di Papinio”, nella parte alta del foglio, identifica il soggetto. Veduta nelle vicinanze di Papinio Inventario: n. 414, album 5, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni 170 x 260 mm Datazione: 1822 - 1826

Il soggetto è identificato dall’appunto “Vicino alla cascata

delle marmore” apposto dal pittore nella parte alta del foglio.

n.822

Bosco vicino alla cascata delle Marmore Inventario: n. 822, album 13, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 100 x 120 mm Datazione: 1822-1826

(56)

54 n.679 Castagno Inventario: n. 679, album 10, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 122 x 188 mm Datazione: 1822 – 1827

Il soggetto è identificato dalla nota “Castagno ” apposta da Marinoni in alto a destra.

n.682 Bosco di faggi Inventario: n. 682, album 10, “Disegni Bassanesi” Tecnica: Matita Dimensioni: 122 x 188 mm Datazione: 1822 – 1827

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