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I linguaggi della narrazione

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«AGON» (ISSN 2384-9045), n. 11, ottobre-dicembre 2016

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Massimo Laganà

I LINGUAGGI DELLA NARRAZIONE

ABSTRACT. Le riflessioni che seguono si propongono di evidenziare le problematiche essenziali del romanzo Lungo la mia sottile striscia d’ombra di Salvatore De Salvo, sia per quel che concerne la struttura complessiva dell’opera, sia per quanto attiene all’articolazione dei piani tematici attraverso cui si dipana la vicenda narrata e delle questioni di senso che essa implica o che da essa emergono, in un contesto che coinvolge il lettore nella decifrazione delle ambiguità di fondo di cui la narrazione stessa si sostanzia.

Il romanzo Lungo la mia sottile striscia d’ombra1, «opera prima» di Salvatore De Salvo, si avvale di una scelta narrativa che non solo invita esplicitamente il lettore a una diversità di accessi ermeneutici alla storia raccontata, ma prospetta altresì una possibile moltiplicazione degli stessi, tale da indurlo a farsi corresponsabile con l’autore di ogni suo esito ulteriore ed eventuale.

In effetti, le tematiche del romanzo e le linee di sviluppo che ne fornisce l’autore ben si prestano a favorire e ad ampliare quella molteplicità di letture, che è comunque implicitamente contenuta in ogni testo narrativo.

L’opera, che si presenta inizialmente sotto le vesti e con l’aspetto di un romanzo di formazione, rivela ben presto l’assunzione della vicenda personale a emblema di una problematica che tocca e coinvolge la ricerca del senso da parte                                                                                                                

1 Salvatore De Salvo, Lungo la mia sottile striscia d’ombra, «Quaderno n. 7», Supplemento ad «AGON. Rivista Internazionale di Studi Culturali, Linguistici e Letterari», n. 10, luglio-settembre 2016.

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di ogni singolo essere umano, se e nella misura in cui non si trova a suo agio, bene accomodato, nei confini della visione delle cose del pensiero comune.

Primo passo in questo percorso è l’acquisizione della consapevolezza di trovarsi imprigionato nell’effimera verità del fenomeno e del pensiero limitato che lo esprime, cui fa seguito l’urgenza di demitizzare la pretesa essenzialità dell’«io sono», inteso come impedimento primario all’apertura e all’attraversamento delle «porte della percezione» che conducono alla sostanziale scoperta di una realtà altra, stabile e senza fine, e all’immedesimazione con essa.

Il protagonista della prima parte, la più corposa, del romanzo – che di essa è anche l’io narrante – si muove in un’atmosfera autoreferenziale a tratti surreale, che non riesce a separare l’esperienza soggettiva dalla «sottile striscia d’ombra» che non solo ineludibilmente l’accompagna, ma sembra anzi costituirne l’elemento a un tempo più significativo e più recondito.

La seconda parte, più breve rispetto alla prima, vede la titolarità della diegesi frantumata fra i vari personaggi che si muovono però – eccezion fatta per il protagonista, che avverte in maniera vieppiù sospettosa e consapevole la dissonanza e la separazione fra due mondi inconciliabili – in un’atmosfera realista e ordinaria.

All’uso, a volte velato, a volte più esplicito, mai soffocante e sempre moderato, del linguaggio alchemico e di alcuni aspetti della sua simbologia per

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rappresentare la possibilità di una dimensione altra rispetto a quella in cui siamo abitualmente rinchiusi fa da contrappeso e da contraltare il linguaggio della nostra quotidiana ordinarietà, delle preoccupazioni familiari, delle verità congetturali della medicina e della psicologia, tendenti a costringere qualsiasi evento in un rigoroso e inappellabile determinismo fenomenico.

E tuttavia, come, in fondo, è bene che sia, è lasciata al lettore – che, a dire di qualche eminente studioso, è il vero autore dell’opera letteraria, nel senso che con la sua lettura e con la sua interpretazione consente a essa di esistere, di rinnovarsi e di riprodursi – la parola ultima sull’esito della narrazione.

Che la realtà spazio-temporale possa trovare superamento e compimento in una realtà spirituale intemporale ed eterna, che sia possibile qualche altra fuga rispetto all’appiattimento fenomenico o che possano coesistere più dimensioni e più mondi incompatibili nella loro intima strutturazione, questa scelta è affidata al lettore, al quale è pure concessa la più ampia libertà di dare al romanzo la conclusione da lui ritenuta più idonea.

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