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Il rapporto fT3/fT4 come marker predittivo di risposta alla terapia biologica di pazienti anziani affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Titolo

Il rapporto fT3/fT4 come marker predittivo di risposta

alla terapia biologica di pazienti anziani affetti da

malattie infiammatorie croniche intestinali.

Relatore: Candidato:

PROF. Santino Marchi Edoardo Pieroni

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INDICE

1. CAPITOLO 1 - Introduzione……….……….4

2. CAPITOLO 2 - Le malattie infiammatorie croniche intestinali 2.1 Definizione………...………5

2.2 Epidemiologia………...……….15

2.3 Eziopatogenesi………17

2.4 Terapia………24

3. CAPITOLO 3 - Le malattie infiammatorie croniche intestinali in età geriatrica……….38

4. CAPITOLO 4 - Il rapporto ft3/ft4………...……….48

5. CAPITOLO 5 - Studio clinico 5.1 Scopo dello studio………...………...59

5.2 Materiali e metodi………...………...60

5.3 Risultati………...………...62

5.4 Discussione……….68

5.5 Conclusione………...……….72

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CAPITOLO 1 Introduzione

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) si stanno rapidamente diffondendo a livello globale; in particolare negli ultimi anni l’aumento di incidenza delle MICI e

l’invecchiamento della popolazione generale hanno determinato un veloce incremento del numero dei pazienti anziani affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali.

Numerose problematiche cliniche tipiche dell’invecchiamento, come la malnutrizione, la sarcopenia, la terapia poli-farmacologica e l’infiammazione interagiscono nell’influenzare il decorso clinico di malattia in pazienti anziani affetti da MICI; anche in questa categoria di pazienti vengono impiegati i farmaci biologici, che sembrano avere un’efficacia e una sicurezza sovrapponibili a quelle mostrate nel trattamento delle MICI in pazienti giovani adulti.

Ad oggi non sono disponibili dei marcatori che siano in grado di predire in maniera certa e affidabile la risposta alla terapia biologica in pazienti anziani affetti da MICI: lo scopo del presente studio è stato quello di stabilire se il rapporto fT3/fT4, considerato un biomarker accurato di fragilità in pazienti anziani ospedalizzati, possa rappresentare un marcatore predittivo di risposta alla terapia biologica in pazienti anziani affetti da MICI.

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CAPITOLO 2

Le malattie infiammatorie croniche intestinali 1.1 Definizione

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o Inflammatory Bowel Disease, IBD) sono patologie idiopatiche con decorso cronico ricorrente e patogenesi immunologica che si sviluppano in pazienti geneticamente predisposti e si caratterizzano per

un’infiammazione intestinale cronica. 12

Le 2 patologie più frequenti che fanno parte di questo gruppo sono il Morbo di Crohn (MC) e la Rettocolite Ulcerosa (RCU), due condizioni solitamente ben differenziabili sulla base di caratteristiche cliniche e caratteri anatomopatologici, sia microscopici che

macroscopici. 2

Tuttavia in un 5-10% dei casi di malattia esclusivamente colica non si riesce ad ottenere una diagnosi definitiva di RCU o di MC sulla base di elementi clinici, istopatologici, radiologici ed endoscopici e la malattia viene classificata come Colite non classificata. 1

Il termine Colite indeterminata è d’impiego anatomopatologico e permette di identificare quei campioni bioptici che presentato caratteristiche istologiche sovrapponibili tra MC e RCU. 34

Morbo di Crohn

Il MC mostra eterogeneità anatomica e clinica per localizzazione, estensione e fenotipo clinico, potendo coinvolgere contemporaneamente diversi tratti del canale alimentare, dalla bocca all'ano. 2

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Nel MC il retto è generalmente risparmiato. 5

Macroscopicamente nel MC la distribuzione delle lesioni infiammatorie è tipicamente segmentaria ed è caratterizzata dall’alternanza di aree indenni ed aree di lesione. 1

Le lesioni iniziali comprendono minute ulcere aftoidi che successivamente tendono ad allargarsi e a confluire in ulcere serpiginose e lineari, che delimitando aree di mucosa edematosa conferiscono alla mucosa il caratteristico aspetto “ad acciottolato”. 25 Le stenosi che possono verificarsi nel MC dipendono dall’ispessimento parietale e

dall’esito fibrotico della flogosi 1, e possono dare luogo a un processo di fistolizzazione. Le

fistole sono un reperto comune nel MC dell’intestino tenue e possono svilupparsi in seguito a un interessamento infiammatorio della sierosa e al successivo sviluppo di aderenze.15

L’infiammazione nel MC è transmurale, con possibile coinvolgimento di tutti li strati della parete intestinale, elemento che ne giustifica le principali complicanze locali (fistole, ascessi, ostruzione o sub ostruzione, perforazione ed emorragia) 12

Il quadro istopatologico del MC mostra una flogosi granulomatosa cronica. 1

Gli elementi istologici diagnostici per il MC comprendono: 1 Aggregati linfocitari-macrofagici focali

2 Granulomi non caseosi formati da cellule epiteliodi e cellule giganti di Langhans, in assenza di necrosi. 1

Questi rappresentano un elemento specifico del MC, ma si riscontrano soltanto nel 60% dei pazienti. 1

3 Ulcere aftoidi e ascessi focali criptici, che rappresentano le lesioni iniziali. 2 4 Fissurazioni che possono approfondirsi nel contesto della parete intestinale. 1 5 Irregolarità focali delle cripte con ascessi criptici. 5

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6 Ispessimento muscolare 5

7 Infiltrati infiammatori perivascolari 1 8 Edema della mucosa e della sottomucosa. 1 9 Fibrosi per lo sviluppo di processi cicatriziali.

10 La distorsione dell’architettura dei villi, in caso di interessamento ileale. 5

Rettocolite ulcerosa

La RCU si caratterizza per lesioni infiammatorie della mucosa che interessano in modo continuo e uniforme l'intestino crasso. 1

Le lesioni colpiscono sempre il retto, ma possono risalire prossimalmente coinvolgendo il colon per un’estensione variabile, fino alla valvola ileocecale, con una netta demarcazione tra mucosa sana e mucosa infiammata. 15

Nel 40-50 % dei casi la malattia si manifesta come colite distale, sotto forma di proctite o più spesso di proctosigmoidite, in un 30-40% si ha una progressione dell'infiammazione fino alla fessura splenica, configurandosi un quadro di colite sinistra e in una minoranza dei casi (15-30%) è colpito l'intero colon, con un quadro di pancolite. 12

E‘ importante sottolineare che l’estensione del coinvolgimento infiammatorio può variare nel singolo paziente durante la storia naturale della patologia. 1

L’infiammazione nella RCU è limitata alla mucosa e alla parte più superficiale della sottomucosa. 1

L’aspetto macroscopico della mucosa può mutare a seconda della fase di malattia, se l’infiammazione è lieve apparirà iperemica e granulare, nella malattia attiva sarà ulcerata e facilmente sanguinante, potendo assumere nuovamente un aspetto normale nelle fasi di remissione. 2

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pseudopolipi. 1 5

Le caratteristiche istologiche che permettono la diagnosi di RCU comprendono

1 Infiltrato infiammatario transmucoso continuo, a differenza del MC dove le lesioni sono focali. 1

2 Danno epiteliale con perdita dell’epitelio di rivestimento, riduzione delle cellule caliciformi mucipare, distorsione e atrofia diffusa delle cripte. 1

3 Plasmocitosi basale, con presenza di plasmacellule nella lamina propria. 1

La plasmocitosi basale è l’elemento istopatologico più precoce e con il più alto valore predittivo per la diagnosi di RCU. 5

4 Metaplasia delle Cellule di Paneth.

5 Criptite e ascessi criptici per invasione neutrofilica nelle fasi di attività di malattia. 6 Edema della lamina propria con dilatazione e congestione vascolare. 1

Nei pazienti con malattia di lunga durata è possibile osservare displasia (indefinita, di basso o di alto grado), che si associa a un aumento del rischio di sviluppare

adenocarcinoma del colon (CCR) rispetto alla popolazione generale, rischio dipendente dalla durata ed estensione di malattia, familiarità per CCR e contemporanea presenza di colangite sclerosante. 1

L'incidenza di CCR nella RCU è di circa 4/1000 per anno di patologia, con una prevalenza media del 3,5%. 6

Le manifestazioni cliniche delle MICI sono sia intestinali che extra-intestinali. 2 I sintomi del MC sono variabili e dipendono per tanta parte dalle caratteristiche della malattia, in termini di sede, estensione e comportamento (malattia infiammatoria, fibro-stenosante, perforante-fistolizzante). 1

Nel MC i sintomi più comuni comprendono dolore addominale localizzato in fossa iliaca destra e mesogastrio (in un paziente su 10 la malattia ha un esordio acuto simulando

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un’appendicite acuta, per sede e caratteristiche del dolore), perdita di peso e diarrea cronica, che se presenti contemporaneamente, soprattutto in un soggetto giovane, devono indurre un sospetto ed essere indagati. 17

In particolare perdita di peso e dolore addominale sono presenti rispettivamente nel 60% e nell‘80% dei pazienti prima della diagnosi. 8

Le caratteristiche cliniche della RCU sono in parte sovrapponibili a quelle del MC e dipendono dall’estensione e dalla gravità della malattia. 7

Il sintomo più specifico di RCU è il sanguinamento rettale (proctorragia, presente in più del 90% dei pazienti con malattia attiva, la cui assenza nel corso della storia naturale della patologia può rappresentare un criterio di esclusione diagnostica. 17 Altri sintomi comuni comprendono tenesmo (espressione della flogosi rettale), diarrea cronica (della durata superiore alle sei settimane), la presenza di muco nelle feci e il dolore addominale diffuso. 27

Masse addominali dolorabili e localizzate in fossa iliaca destra sono un elemento caratteristico del MC, mentre nella RCU reperti obiettivi di rilievo sono presenti nelle forme più gravi di malattia e comprendono distensione addominale e la riduzione della peristalsi. 1

In entrambe le patologie sono comuni manifestazioni sistemiche come anoressia, febbre, malessere generale e anemia da sanguinamento. 17

Circa 1/3 dei pazienti con MICI ha manifestazioni extra-intestinali della malattia. 2 Le più comuni nel MC sono quelle osteoarticolari, con sviluppo di artrite periferica, altre sono quelle oculari (uveite) e cutanee (pioderma gangrenoso). Tutte quelle menzionate sono più comuni nel giovane con malattia localizzata al colon. 12 Anche nella RCU si hanno manifestazioni cutanee e oculari (che sono legate all’attività di malattia e tendono a

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In entrambe le patologie si ha un aumentato rischio tromboembolico, soprattutto nel paziente anziano. 2

Le complicanze del MC comprendono fistolizzazione (per sviluppo di aderenze sierose), perforazione libera (rara e più comune a livello ileale) con conseguente peritonite, sviluppo di ascessi (in circa il 10-30% dei pazienti nel decorso della malattia). L’occlusione

intestinale (nel 40% dei pazienti), la malattia perianale grave, l’emorragia massiva e il malassorbimento (in caso di malattia digiuno-ileale estesa) sono altre possibili

complicanze. 12

Nella RCU l’emorragia massiva si verifica solo nell‘1% dei pazienti, il megacolon tossico (definito da un aumento del diametro di colon destro o trasverso > 6 cm e perdita delle haustre) è una rara, ma grave complicanza della RCU, che se associata a perforazione è mortale nel 15% dei pazienti. 2

Le stenosi sono più rare nella RCU che nel MC e se presenti devono sempre porre il sospetto della presenza di una sottostante neoplasia. 2

La diagnosi delle MICI può risultare complessa per l’assenza di un preciso gold-standard diagnostico e può essere ottenuta grazie a un insieme di dati clinici, di laboratorio, di imaging e di evidenze endoscopiche e istopatologiche. 79

Le indagini di laboratorio iniziali dovrebbero comprendere l’emocromo, la valutazione della funzionalità renale (dosaggio dell’urea, della creatinina) e degli elettroliti, la valutazione della funzionalità epatica, i livelli di vitamina D, di ferro, il dosaggio della PCR e la valutazione della VES. 79

Il dosaggio della calprotectina fecale e della lattoferrina fecale sono indicati in entrambe le patologie essendo markers di infiammazione intestinale e sono caratterizzati da un alto valore predittivo nella distinzione tra MICI e disturbi funzionali. 12

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un’infezione batterica o la presenza della tossina di C.Difficile. 2

Le indagini strumentali utilizzabili per l’inquadramento del paziente con MICI sono l’ecografia intestinale, ileo-colonscopia con esecuzione di multiple biopsie, la gastro-duodenoscopia (EGDS), l’entero-TC e l’endoscopia capsulare del tenue (VCE). 7

Un esame strumentale di prima linea nell’inquadramento del paziente per le sue caratteristiche di non invasività e ripetitibilità è l’ecografia intestinale, che nel MC permette di visualizzare l’ispessimento parietale e, se presenti, stenosi, fistole e ascessi. 1

Nella RCU acuta, grave o fulminante, un esame RX diretto dell’addome senza mezzo di contrasto è indicato per identificare segni di perforazione (area libera nell’addome con falce d’aria sottodiaframmatica) o la presenza di megacolon tossico. 1

L’ileo-colonscopia resta tuttavia l’indagine di riferimento, perché permette sia una diretta visualizzazione della superficie mucosa, sia l’esecuzione di multiple biopsie, che

permettono la diagnosi istopatologica di malattia. 79

Il quadro endoscopico tipico della RCU mostra un’infiammazione continua e confluente, che progredendo risale prossimalmente a interessare il colon per un’estensione variabile, con netta demarcazione tra mucosa sana e infiammata. 9

Nel caso del MC endoscopicamente si potrà osservare una segmentarietà delle lesioni infiammatorie, con aree di mucosa sana intervallate ad aree infiammate (“skip lesions“). 7

Per una diagnosi di MICI, è l’anatomopatologo deve valutare 2 biopsie da almeno 5 aree del colon, incluso il retto e dell’ileo. 79

In caso di diagnosi di MC è attualmente fondamentale definirne l’esatta sede, estensione e l’attività di malattia mediante metodiche radiologiche quali entero-TC ed entero-RM che ne permettono un’accurata stadiazione, identificando anche la presenza di complicanze ostruttive e penetranti della patologia. 7

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MC dell’intestino tenue. La VCE è indicata nei pazienti in cui il sospetto di MC resta alto, nonostante la negatività degli esami endoscopici e radiologici. 7

Classificazioni

Il MC può essere classificato sulla base del suo fenotipo (classificazione di Montreal) o sulla base della sua attività (Chron’s disease Activity Index System, CDAI).

La classificazione di Montreal ripartisce i pazienti in base all’ età al momento della diagnosi (A1-A3), alla sede delle lesioni (L1-L4) e al comportamento della malattia (B1, B2, B3 ± p). 7

La classificazione CDAI permette di valutare l’attività della malattia (lieve, moderata, severa), attribuendo al paziente un punteggio sulla base di 8 parametri clinici e di laboratorio (numero di evacuazioni quotidiane, presenza di dolore addominale, massa addominale, benessere generale, presenza di complicanze e manifestazioni extraintestinali, assunzione di farmaci anti-diarroici, ematocrito ed entità del calo ponderale). 1011

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➢ Benessere generale (0-4) x fc di 7

➢ Presenza di complicanze e/o manifestazioni extra-intestinali (1 punto per ognuna) x fc di 20

➢ Assunzione di farmaci antidiarroici x fc di 30 ➢ Massa addominale (0-5) x fc di 10

➢ Ematocrito x fc di 6 ➢ Perdita di peso x fc di 1

Queste 8 variabili moltiplicate per un coefficiente permettono di ottenere l’indice clinico totale. 1

In base al valore di quest’ultimo è possibile dare alcune definizioni di malattia, fondamentali per l’inquadramento clinico del paziente:

- Malattia attiva se il CDAI > 220 - Malattia grave se il CDAI > 450

- Risposta se si verifica dopo la terapia una riduzione del CDAI >100 - Remissione se il CDAI < 150

- Ripresa di malattia, in caso di comparsa di nuovi sintomi dopo aver raggiunto la remissione, con CDAI aumentato di 70 – 100 punti e superiore a 150.

La ripresa è definita precoce se si presenta prima che siano passati 3 mesi dalla remissione e frequente se si verifica almeno 2 volte/anno. 712

La RCU può essere classificata sulla base dell’estensione (classificazione di Montreal), sulla base dell’attività (MAYO score) e sulla base della gravità di malattia (classificazione di Truelove-Witts). 9

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adeguato follow-up endoscopico. 9

La Classificazione di Montreal identifica tre stadi di malattia (E1 – E3) sulla base dell’estensione dell’infiammazione. 13

➢ E1 Proctite, l’infiammazione è esclusivamente rettale, senza superamento della giunzione retto-sigmoidale.

➢ E2 Colite sinistra, l’infiammazione interessa il colon discendente, ma senza superare la flessura splenica

➢ E3 Malattia estesa, la flogosi progredisce oltre la flessura splenica, colpendo anche il colon trasverso, se viene interessato il colon nella sua globalità si parla di

pancolite.

L’esatta definizione endoscopica dell’estensione di malattia permette di scegliere le migliori formulazioni e modalità di somministrazione, per esempio in caso di proctite e colite sinistra è indicata la sola somministrazione rettale (supposta o clistere), mentre in caso di malattia estesa è indicata la terapia orale, spesso in combinazione con quella topica-rettale 9

Inoltre dato che il rischio di sviluppare CCR in un contesto di RCU aumenta anche

all’aumentare dell’estensione di malattia, i pazienti con malattia estesa (E3) devono essere monitorati più frequentemente con colonscopia rispetto ai pazienti con colite sinistra e proctite. 9

Il MAYO score permette di determinare l’attività della malattia, così da poter scegliere la strategia terapeutica migliore. La peculiarità del sistema MAYO è che combina

caratteristiche cliniche ed endoscopiche del paziente, infatti esso valuta numero giornaliero di evacuazioni, l‘eventuale presenza e la gravità del sanguinamento rettale, lo stato

generale di salute dell’individuo e le caratteristiche endoscopiche della mucosa. A ognuno di 4 parametri può essere attribuito un punteggio variabile tra 0 e 3, così che

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l’indice finale risulta dalla somma dei singoli valori e al paziente viene attribuito un punteggio compreso tra 0 e 12 che identifica la malattia come

➢ Malattia in fase di attività lieve, se il punteggio MAYO è tra 3 e 5. ➢ Malattia in fase di attività moderata se il punteggio MAYO è tra 6 e 10. ➢ Malattia in fase di attività grave se il punteggio MAYO è 11 o 12.14

1.2 Epidemiologia

L'incidenza e la prevalenza delle MICI sono estremamente variabili nelle diverse aree geografiche del mondo. 15

Sono patologie più diffuse nei paesi occidentali, ad elevato sviluppo socioeconomico, dove si associano a morbilità, mortalità ed elevati costi diretti, indiretti e sociali. 15 16

Tradizionalmente considerate come malattie delle società occidentali, le MICI, a partire dal XXI secolo, hanno mostrato un costante e rapido incremento di incidenza in paesi di recente industrializzazione del Sud America, dell‘Europa dell’est e dell’Asia, assumendo sempre più i connotati di patologie globali. La prevalenza in questi paesi è ancora bassa, ma destinata a crescere. 15

Un analogo costante aumento di incidenza e prevalenza si è verificato a partire dagli anni 50 del XX in Nord America, Europa e Australia, di pari passo con il progressivo sviluppo socioeconomico della società occidentale, suggerendo che alcuni fattori ambientali non ancora completamente identificati e presenti nelle prime fasi d’industrializzazione delle società svolgono un ruolo chiave nella patogenesi di queste condizioni. 15 Sempre a partire

dal XXI secolo l’incidenza di queste condizioni sembra essersi stabilizzata in molti paesi occidentali, dove la prevalenza resta elevata. 15

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America, da 1,7 a 57,9 per 100.000 persone-anno in Nord Europa e da 7,33 a 17,4 per 100.000 persone-anno in Oceania.

La prevalenza della RCU varia da 139,8 a 286,3 per 100.000 persone in Nord America, da 90,8 a 505 per 100.000 persone in Nord Europa e da 145 a 196 per 100.000 persone in Oceania.

L'incidenza del MC è compresa tra 6,3 e 23,82 per 100.000 persone-anno in Nord America, tra 0,95 e 15,4 per 100.000 persone-anno in Sud Europa e tra 12,96 e 29,3 per100.000 persone-anno in Oceania.

La prevalenza del MC varia da 96,3 a 318 per 100.000 persone in Nord America, da 4,5 a 137,17 per 100.000 persone in Sud Europa e da 155 a 197,3 per 100.000 persone in Oceania. 15

La prevalenza complessivamente supera lo 0,3% in Oceania, Canada, Stati Uniti, Germania, Danimarca, Ungheria e Svezia. 15

Si stima che in Europa circa 2 milioni di persone siano affette da MICI, mentre in Nord America sono circa 1,5 milioni. 16

In Italia la RCU ha un'incidenza pari a 5-5,5 per 100.000 persone-anno e una prevalenza di 80/100 per 100.000 persone, mentre il MC ha un’incidenza di 3,7-4,2 per 100.000 persone-anno e una prevalenza di 50-54 per 100.000 persone. 1

Per il MC Il picco di incidenza è riportato tra i 15 e i 40 anni, con un secondo picco tardivo tra i 50 e 60, senza differenze di genere con una progressiva riduzione dell'età di incidenza negli ultimi decenni. 115

La RCU esordisce più frequentemente tra i 20 e i 40 anni, senza differenze di genere. 1

Le MICI sono malattie sporadiche in più del 90% dei casi, ma nel 5-10 % dei pazienti si riconosce familiarità, 2 Un genitore affetto da MC ha un rischio aumentato di 10 volte di

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RCU ha un consanguineo affetto da MICI. 1 La concordanza tra gemelli monozigoti è del

6 % per la RCU e del 58% per il MC. 2

Il fumo di sigaretta si associa a un aumento del rischio relativo di MC di 2,5-3 volte, mentre sembra essere protettivo per la RCU, l'appendicectomia sembra essere protettiva per la RCU mentre si associa a un rischio aumentato, soprattutto nel primo anno, di sviluppare il MC, aumento che potrebbe essere dovuto a un errore diagnostico. 1

Alcune etnie sono maggiormente colpite e la prevalenza si riduce progressivamente nelle popolazioni bianche, afroamericane, ispaniche e asiatiche. 2

1.3 Eziopatogenesi

L’eziologia delle MICI non è nota, numerosi fattori sono stati chiamati in causa nel determinare lo sviluppo e il mantenimento dei processi patologici responsabili di malattia.

17

La patogenesi di queste condizioni è legata a una alterata e abnorme risposta immunitaria nei confronti di antigeni intestinali, alimentari o più probabilmente batterici, presenti a livello di quell’insieme di microrganismi che compongono il microbiota intestinale. 17

Il modello patogenetico attualmente individuato è complesso e prevede l’interazione tra fattori ambientali in grado di influenzare l’ambiente endo-luminale intestinale (es. dieta e fumo di sigaretta), suscettibilità genetica, composizione del microbiota intestinale e risposta immunitaria, sia innata che adattativa. Tutti questi fattori cooperano tra di loro e sono funzionalmente integrati nel provocare lo sviluppo e il successivo mantenimento di patologia. 17

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1)Fattori genetici

Nei soggetti con predisposizione genetica l’interazione tra antigeni vari e il sistema immunitario intestinale determina lo sviluppo di una risposta infiammatoria che si auto-mantiene nel tempo. 2

Il coinvolgimento di fattori genetici è testimoniato da numerose evidenze: ➢ La concordanza in gemelli monozigoti per il MC è pari al 58%. 2

➢ Per queste patologie esiste una ben documentata familiarità. ➢ Alcune etnie sono maggiormente colpite.

➢ L’associazione con altre sindromi genetiche, come la Sindrome di Turner. 2

I loci genici fino ad ora identificati associati alle MICI sono 163, di cui 110 sono condivisi da entrambe le patologie, 30 sono specifici per il MC e 23 per la RCU. 18

I geni coinvolti possono essere distinti in geni associati all’immunità innata e all’autofagia, geni associati all’attività del reticolo endoplasmatico (RE) e allo stress metabolico, geni associati all’immunità adattativa e geni associati alla risposta infiammatoria. 2

Geni associati all’immunità innata e all’autofagia, che mediano la risposta nei confronti di agenti microbici, come il gene CARD15 e ATG16L1.

Il gene CARD15 (Caspase-activation recruitment domain 15), localizzato sul cromosoma 16. Codifica per la proteina NOD2 che regola la risposta immunitaria nei confronti del microbiota intestinale, impendendo un’eccessiva risposta nei suoi confronti. 1

Il gene ATG16L1 (Autophagy-related 16-like 1), sul cromosoma 2. Codifica per una proteina chiave per i processi di autofagia, la mutazione di un singolo nucleotide (T300A) correla con un maggior rischio di MC.

L'autofagia è uno dei meccanismi chiave per mantenere l'omeostasi cellulare ed è importante per garantire la difesa dell'individuo contro i microrganismi intracellulari. 17

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Geni associati all’attività del RE e allo stress metabolico, che modulano le attività

secretorie delle cellule coinvolte nella risposta ai microbi intestinali, come AGR2 (Anterior

gradient protein 2) e XBP1 (X-box binding protein 1), localizzati rispettivamente sul

cromosoma 7 e 22, codificano per proteine coinvolte nello stress del RE. 2

Geni associati all’immunità adattativa, che intervengono nel mantenimento del rapporto tra risposta infiammatoria e antiinfiammatoria, come IL-23R, IL-12B, IL-10.

Il gene IL-23R (interleukin-23 receptor), sul cromosoma 1. Codifica per una subunità del recettore di IL23, una citochina pro-infiammatoria coinvolta nella differenziazione dei Th17. La via di comunicazione mediata dall’IL-23 e dai Th17 è coinvolta nella patogenesi delle MICI. 17

Varianti del gene IL-12B (interleukin-12B) che codifica per la subunità p40 dell’IL-12 e dell’IL-23 sono state associate alle MICI. 17

Alterazioni del gene IL-10 (interleukin-10) sul cromosoma 1, codificante per l’omonima citochina infiammatoria si associano a un aumentato rischio di IBD. 17

Geni associati alla risposta infiammatoria, come MST1 (sul cromosoma 3) e PTGER4 (sul cromosoma 5)

2)Fattori ambientali

I cambiamenti dei tassi di incidenza che si sono verificati negli ultimi decenni in alcuni paesi di recente industrializzazione suggeriscono l’importanza dei fattori ambientali nello sviluppo delle MICI. 15

Tra i fattori di rischio ambientali più studiati si hanno:

Fumo di sigaretta: Il fumo di sigaretta si associa un aumento del rischio relativo di MC pari a 2,5-3, oltre che ha un decorso più grave e a una più precoce recidiva post -chirurgica. 1

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Viceversa il forte fumatore ha un minor rischio di sviluppare RCU e il tabagismo è associato a un decorso più indolente. 1

Fattori psicosociali: Lo stress è coinvolto nella patogenesi delle MICI come confermato dall’esacerbazione dei sintomi che si può verificare nei pazienti che vivono eventi stressanti e situazioni di difficoltà interpersonale. 19

Inquinamento ambientale e atmosferico: La progressiva industrializzazione della società si accompagna un progressivo aumento di incidenza. 15

Inoltre è stato dimostrato che elevati livelli atmosferici di NO2 e SO2 correlano con un rischio più elevato di sviluppare MICI. 20

Dieta: Le MICI sono patologie tipiche della società del benessere, caratterizzate da una “dieta occidentale”. 15

Un elevato apporto di grassi totali, acidi grassi polinsaturi, acidi grassi omega-6 e carne si associa a un aumentato rischio di sviluppare MC e RCU. 21

Un regime alimentare prevalentemente basato su frutta e alimenti ricchi di fibre si associa a un ridotto rischio di MC e un elevato consumo di verdura si associa a una riduzione del rischio di RCU. 21

Bassi livelli di vitamina D sono comuni nei pazienti con MICI e sembrano essere associati a un aumento del rischio. 22

Altri fattori di rischio ipotizzati, il cui ruolo eziologico è comunque ancora oggetto di discussione sono l’assunzione di contraccetivi orali, antibiotici e Fans. 1

3)Fattori microbici

Le MICI sono la conseguenza di una alterata risposta immunitaria nei confronti dei batteri commensali della flora microbica intestinale, che vengono inappropriatamente riconosciuti come patogeni. 2

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Numerosi studi hanno dimostrato che nelle MICI si ha un’alterata composizione del microbiota, in particolare è stato dimostrato che la biodiversità del microbiota fecale nei pazienti affetti è significativamente minore rispetto ai controlli. 23

Alcuni microbi patogeni potrebbero innescare una risposta infiammatoria, che nel soggetto geneticamente predisposto tenderebbe poi a cronicizzare (Salmonella, Shigella,

Campylobacter). 2 L’ipotesi infettiva nel morbo di Crohn è suggerita da fatto che probiotici e antibiotici possono modificare l’attività di malattia e che la diversione chirurgica del contenuto luminale migliora il decorso clinico. 12

Altri agenti infettivi ipotizzati sono Mycobacterium paratubercolosis (che produce un infiltrato granulomatoso simile a quello del MC) e il virus del morbillo. 1

Il coinvolgimento di fattori infettivi è suggerito anche dal fatto che molti aspetti

macroscopici e istologici delle IBD sono simili a quelli delle coliti infettive, come la colite da Campylobacter. Tuttavia, ad oggi non è stato individuato nessun agente infettivo responsabile delle MICI. 1

4) Fattori immunologici

La risposta immunitaria, sia innata che adattativa ha un ruolo chiave nella patogenesi delle MICI, come testimoniato anche dall’ottima risposta delle malattie a farmaci che modulano o sopprimono l’attività del sistema immunitario. 1

Il sistema immunitario della mucosa intestinale mantiene una fisiologica infiammazione intestinale determinata dal continuo contatto con antigeni provenienti dall’esterno, sia microbici che alimentari. 17

Nelle MICI il processo della tolleranza orale, grazie al quale il sistema immunitario della mucosa intestinale non reagisce nei confronti del contenuto luminale, risulta essere alterato, con perdita di tolleranza nei confronti di alcuni antigeni endo-luminali ignoti. 2

(22)

Disfunzioni delle risposte immunitarie innate e adattative sono responsabili dello sviluppo di una inappropriata e eccessiva risposta infiammatoria intestinale. 17

IMMUNITA’ INNATA

La risposta immunitaria innata è la prima, rapida e aspecifica linea di difesa contro gli agenti patogeni. 17 Nelle MICI una difettiva risposta immunitaria innata è responsabile del transito di batteri commensali oltre la barriera intestinale. 17

L’immunità innata comprende oltre che barriere fisiche, numerose tipologie cellulari (cellule epiteliali, neutrofili, monociti, macrofagi, cellule dendritiche e cellule NK) che grazie a diversi recettori, tra i quali i Toll-like Receptor (TLR) e i NOD-like Receptor (NLR), sono in grado di riconoscere antigeni microbici e di secernere citochine (es. IL-23) e peptidi antimicrobici. Tutti o quasi questi componenti sono alterati nelle MICI. 17

Numerosi studi hanno dimostrato che il comportamento delle cellule dell’immunità innata e l’espressione e la funzione di entrambi questi recettori (TLR e NLR) sono alterati nei pazienti con MICI. 17

Le mutazioni di NOD2 più frequentemente associate al MC determinano una ridotta risposta del sistema immunitario intestinale nei confronti degli LPS dei GRAM-; questo provoca suscettibilità allo sviluppo di malattia perché comporta una ridotta produzione di peptidi antimicrobici con conseguente invasione microbica. 24 NOD2 contribuisce anche mantenimento della tolleranza orale, che è compromessa nei pazienti con MICI. 17

IL-23 è una citochina chiave nel mediare le risposte immunitarie innate e adattative, polimorfismi di IL23R sono stati associati sia al MC che alla RCU, suggerendo che l’IL-23 possa rappresentare una molecola infiammatoria condivisa tra le 2 patologie nel

(23)

Nella patogenesi delle MICI svolgono un ruolo importante anche alterati meccanismi di autofagia (la mutazione T300A del gene ATG16L1 conferisce un aumentato rischio di sviluppare MC) e una alterazione della risposta alle proteine malpiegate (URP, unfolded

protein response), una risposta di stress cellulare legata la reticolo endoplasmatico,

intimamente connessa all’immunità innata. 17

La barriera epiteliale fisica intestinale è costituita da cellule epiteliali, unite tra di loro mediante giunzioni serrate e rivestite da uno strato di muco. Una barriera epiteliale difettosa e una conseguente maggiore permeabilità intestinale ai microbi, con loro successiva invasione, svolgono un ruolo chiave nella patogenesi delle MICI. 25 IMMUNITA’ ADATTATIVA

Nelle MICI la risposta infiammatoria iniziale che si sviluppa come conseguenza di

un’alterazione dei meccanismi dell’immunità innata viene perpetuata dall’attivazione delle cellule T, che producono numerose citochine responsabili delle manifestazioni locali e sistemiche (febbre) della malattia. 2

Le popolazioni helper T (Th) CD4+ coinvolte nella patogenesi delle MICI sono

suddivisibili in cellule Th1 (indotte dall’IL-12, producono IFN-γ), cellule Th2 (secernono IL-4, IL-5, IL-13) e cellule Th17 (secernono IL-17 e IL-21). 2

Nel MC prevale una risposta immunitaria cellulo-mediata Th1, infatti nella mucosa intestinale di questi pazienti si riscontrano elevati livelli di IFN-γ, IL-12, IL-18, IL-21 e

Tumor necrosis factor-alfa (TNF-alfa). 1

Nella RCU sembra invece prevalere una risposta immunitaria mediata dalle cellule Th2 e dalle cellule T-NK, responsabili di una infiammazione mucosa superficiale, con elevati livelli di IL4, IL-5 e IL-13. 2

(24)

Anche i linfociti Th17 sono coinvolti nella patogenesi delle MICI. Infatti è stato dimostrato che il coinvolgimento dei linfociti Th17 e in particolare della citochina IL-17A da essi prodotta è cruciale nello sviluppo dell’infiammazione intestinale. Inoltre, sono stati riscontrati elevati livelli di IL-17A nella mucosa intestinale colpita da MICI rispetto alla mucosa normale. 26 In aggiunta la mucosa infiammata affetta da MICI, se coltivata in vitro,

produce quantità più elevate di IL-17A, rispetto alla mucosa sana. 27

1.4 Terapia

Il trattamento delle MICI è prevalentemente medico, rendendosi necessaria in alcune occasioni anche la terapia chirurgica, a causa del presentarsi di complicanze o del fallimento della terapia medica. 128

Essendo disturbi idiopatici, a eziologia non nota, la terapia medica non ha lo scopo di guarire la malattia, bensì quello di indurne e mantenerne la remissione, sia clinica che endoscopica, mediante rispettivamente una terapia di induzione e una terapia di mantenimento. 28

Esistono 2 categorie principali di farmaci per il trattamento delle MICI: 1) farmaci antinfiammatori o immunosoppressori e 2) i farmaci biotecnologici (anticorpi

monoclonali), ovvero farmaci di più recente introduzione, elaborati mediante tecniche di ingegneria molecolare. 26

L’approccio terapeutico alle MICI può essere definito piramidale e il trattamento di scelta nel singolo paziente è basato sia sulla gravità della malattia che sulla risposta alle terapie, i farmaci alla base della piramide (es. 5-amminosalicilati) sono meno efficaci, ma hanno un minor rischio di provocare reazioni avverse gravi, mano a mano che si sale aumenta

(25)

Negli ultimi anni si è affermata una nuova categoria di farmaci attualmente molto utilizzati ed efficaci per il trattamento delle MICI, ovvero i farmaci biologici o biotecnologici, di cui i più impiegati sono gli anti-TNFalfa, e i farmaci anti-Integrine.

Farmaci anti-TNFalfa: Tre principali anticorpi monoclonali possono essere impiegati per il trattamento delle MICI, infliximab, adalimumab e golimumab, tutti e 3 sono in grado di bloccare specificamente la citochina pro-infiammatoria TNF-alfa, che svolge un ruolo chiave nella patogenesi e nella fisiopatologia del MC e della RCU. 29 Infliximab e adalimumab sono approvati per entrambe le patologie, mentre golimumab solo per il trattamento della RCU

TNF-alfa è una citochina prodotta da una grande varietà di cellule, sia dell’immunità innata (es. macrofagi) che adattativa (es. linfociti Th1), ma anche da cellule non immunitarie (fibroplasti e cellule muscolari lisce). 29

TNF-alfa è presente in due forme biologicamente attive, quella solubile (TNFs) e quella legata alle membrane (TNFm) e la sua attività biologica dipende dal legame a recettori specifici denominati TNFR (tumor necrosis factor receptors), che sono presenti su alcuni tipi cellulari, soprattutto linfociti Th1, cellule della risposta immunitaria innata e

fibroplasti. 29

Il legame TNF-TNFR attiva alcuni fattori, quali NF-kB, che a sua volta determina trascrizione genica, crescita cellulare e espansione clonale.

Gli effetti biologici che si hanno dopo l’attivazione del TNFR sono molti e comprendono la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte dei macrofagi, l’attivazione e

(26)

l’incrementata sintesi epatica di proteine di fase acuta e la l’apoptosi della cellula attivata.

29

Tutti questi meccanismi conducono a un quadro di infiammazione sistemica, tipico delle MICI, ma anche di altre patologie immunomediate, come quelle di ambito reumatologico.

29

Infliximab (IFX), adalimumab (ADL) e golimumab (GOL) appartengono alla sottoclasse IgG1, ma mentre IFX è chimerico (25% murino 75% umano) (-ximab), ADL e GOL sono completamente umani (-umab, cioè senza sequenze proteiche murine), il che lo rende meno immunogeni rispetto a IFX perché più simili alla molecola umana, rendendo più difficile la perdita di risposta per lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti. 29

IFX viene somministrato per via ev, mentre ADL e GOL per via sottucutanea e la loro emività è rispettivamente di 8-10, 10-20 e 14 giorni. 29

Tutti e tre gli anticorpi si legano sia a TNFs che a TNFm, neutralizzandoli e impedendone il legame con i recettori specifici TNFR.

Il legame al TNF-alfa legato alla membrana cellulare induce una riduzione della

liberazione di citochine; inoltre grazie al frammento cristallizzabile Fc della parte umana degli anticorpi, si hanno anche apoptosi anticorpo mediata e citotossicità mediata dal complemento, dei linfociti Th e dei macrofagi attivati. 29

Quindi l’effetto finale dei tre anticorpi monoclonali è una soppressione della risposta infiammatoria e immunitaria. 29

Tutti e 3 i farmaci possono essere impiegati sia come terapia di induzione, per determinare la remissione della fase acuta di RCU e MC, sia come terapia di mantenimento, per

(27)

Gli schemi terapeutici comunemente impiegati sono:

IFX 5 mg/kg in infusione IV per 3 dosi a 0, 2 e 6 settimane come terapia di induzione.

- IFX 5 mg/kg in infusione IV ogni 8 settimane come terapia di mantenimento. - ADL 160 mg, 80 mg, 40 mg per via sc, rispettivamente a 0, 2 e 4 settimane come

terapia di induzione

- ADL 40 mg per via sc ogni 2 settimane come terapia di mantenimento. 29

- GOL 200 mg e 80 mg rispettivamente a 0 e 2 settimane come terapia di induzione - GOL 100 mg ogni 4 settimane come terapia di mantenimento.

Se usati come terapia di induzione nella fase acuta questi farmaci inducono miglioramento dei sintomi e remissione della patologia rispettivamente nel 60% e 30% dei pazienti affetti da MC di grado moderato-grave; in cronico la risposta clinica e la remissione della

patologia sono mantenute rispettivamente nel 60% e nel 40% dei pazienti. 29

Se impiegati per raggiungere la remissione di RCU infliximab determina remissione clinica in 1 paziente su 3 e risposta clinica nel 70% di essi; la terapia cronica permette di mantenere la risposta clinica nel 50% dei pazienti. 29

Adalimumab sembra essere meno efficace rispetto a infliximab nel determinare risposta e remissione clinica nei pazienti con RCU di grado moderato grave (rispettivamente 55% e 20% dei pazienti). 29

Reazioni avverse gravi si verificano massimo nel 6% dei pazienti trattati con farmaci anti-TNFalfa. 29

La più importante reazione avversa di questi trattamenti è l’infezione, per la soppressione della risposta infiammatoria di linfociti Th1 e macrofagi; più facilmente si tratta di lievi

(28)

sottocutaneo, più rare e sicuramente più gravi sono la sepsi batterica e la slatentizzazione della tubercolosi (in tutti i pazienti è infatti è mandatorio lo screening per la presenza di

Mycobacterium tubercolosis prima di iniziare la terapia). In ogni caso le infezioni gravi e

pericolose per la vita sono più comuni in caso di età avanzata e concomitante terapia con corticosteroidi. 29

Le reazioni precoci all’infusione d’infliximab sono più comunemente lievi e comprendono febbre, cefalea e vertigini; più raramente sono gravi con spasmo muscolare, ipotensione arteriosa marcata e difficolta respiratoria. Sono possibili anche reazioni ritardate

all’infusione, quali mialgia e artralgia, esse si verificano in un 1% dei pazienti trattati con anti-TNFalfa, dopo 1-2 settimane e richiedono generalmente l’interruzione del trattamento.

29

Altre rare e gravi reazioni avverse degli anti-TNF-alfa comprendono insufficienza epatica acuta, demielinizzazione, reazioni ematologiche e lo sviluppo o il peggioramento di scompenso cardiaco congestizio in pazienti cardiopatici. 29

L’incidenza dei linfomi è più alta nei pazienti con MICI non trattati rispetto alla popolazione generale, gli agenti anti-TNFalfa possono contribuire a incrementare ulteriormente questo rischio (anche se il rischio relativo non è stato ancora identificato precisamente), specialmente se somministrati insieme ad altri agenti immunosoppressori. 29 Anticorpi diretti contro l’anticorpo (antibodies to the antibody, ATA) possono svilupparsi nei confronti di tutti gli agenti anti-TNFalfa e sono in grado di neutralizzare i farmaci, riducendo la risposta clinica e rendendo più comuni le reazioni acute o ritardate

all’infusione (infliximab) o all’iniezione (adalimumab e golimumab); la probabilità che si sviluppino tali ATA è tanto più elevata quanto meno la molecola è umanizzata (quindi più

(29)

immunogena), infatti la prevalenza degli ATA è dell’8% nei pazienti trattati con infliximab e del 3% in quelli trattati con adalimumab. 29

Oltre ai farmaci anti-TNFalfa si hanno anche a disposizione le terapie anti-integrine: Le integrine sono glicoproteine eterodimeriche transmembrana formate da 2 subunità alfa e beta, esse costituiscono un insieme di molecole di adesione localizzate sulla membrana leucocitaria e sono in grado di interagire in modo stabile con un’altra classe di molecole di adesione situate sulla membrana cellulare delle cellule endoteliali vasali, le selettine, per mezzo delle quali i leucociti circolanti aderiscono all’endotelio dei vasi e successivamente migrano attraverso la parete vasale nei diversi tessuti dell’organismo. 29

Nello specifico l’integrina alfa4beta7 svolge un ruolo centrale nei processi di arruolamento di alcuni sottogruppi di linfociti T circolanti nei tessuti linfoidi intestinali, attraverso il legame selettivo con la molecola di adesione MAdCAM-1 (Mucosal Addressin Cell

Adhesion Molecule-1), una selettina localizzata sulla membrana cellulare delle cellule

endoteliali intestinali, non espressa in altri distretti extra-intestinali 29

Tale arruolamento svolge un ruolo chiave nella patogenesi delle MICI, in quanto è coinvolto nello sviluppo e nel mantenimento dell’infiammazione intestinale cronica immuno-mediata che caratterizza entrambe le condizioni. 29

Sulla base di queste considerazioni è stato recentemente approvato un immunosoppressore biologico denominato vedolizumab (VDZ), un anticorpo monoclonale IGg1 umanizzato somministrato per infusione IV, in grado di riconoscere e bloccare in modo specifico e selettivo l’integrina alfa4beta7.

(30)

blocca la migrazione dei linfociti che esprimono tale integrina nel tratto gastrointestinale.

29

Il farmaco è approvato per il trattamento di pazienti con MICI di grado moderato-grave che hanno avuto una risposta insoddisfacente, una perdita di risposta o sono intolleranti alle terapie convenzionali o alla somministrazione di anti-TNFalfa. 29

Vedolizumab è somministrato secondo il seguente regime terapeutico: 29

- Vedolizumab 300 mg in infusione IV a 0,2 e 6 settimane e successivamente - Vedolizumab 300 mg in infusione IV ogni 8 settimane come terapia di

mantenimento

Negli studi clinici condotti prima della commercializzazione del farmaco, il 47% e il 17% dei pazienti con RCU, alla sesta settimana, hanno raggiunto rispettivamente l’endpoint primario indicativo di risposta o di remissione clinica (rispetto al 26% e al 5% dei pz trattati con placebo). 29

Nei pazienti con MC, alla sesta settimana, i tassi di risposta clinica nei pazienti trattati con VDZ non sono risultati significativamente differenti a quelli trattati con placebo (31% vs 26%), mentre la percentuale di pazienti in remissione clinica è stata significativamente maggiore rispetto a quelli trattati con placebo (15% vs 7%). 29

Il 57% e il 39% dei pazienti affetti rispettivamente da RCU e MC che hanno risposto al farmaco alla sesta settimana, hanno mantenuto la risposta clinica alla 52° settimana, con tassi significativamente più alti rispetto ai pazienti trattati con placebo. 29

Le reazioni avverse più comuni alla somministrazione di VDZ comprendono nausea, infezioni delle vie respiratorie superiori, tosse, astenia, febbre, artralgie e cefalea. 29

(31)

con la migrazione leucocitaria in altri tessuti e quindi non determinando

immunosoppressione sistemica; questo è un vantaggio fondamentale rispetto a un precedente anticorpo monoclonale umanizzato IGg4, natalizumab, che bloccando la subunità alfa4 delle integrine, inibisce la migrazione leucocitaria anche in altri tessuti, soprattutto nel sistema nervoso centrale, provocando in alcuni pazienti lo sviluppo di leucoencefalopatia progressiva multifocale (PML,

Progressive multifocal leukoencephalopathy), una patologia grave causata dalla riattivazione del poliomavirus JC; negli studi clinici condotti su pazienti trattati con vedolizumab non è stato osservato nessun caso di PML. 29

Le linee guide ECCO del 2017 forniscono tutte le informazioni necessarie per la gestione terapeutica della RCU e del MC:

Terapia della RCU

La strategia terapeutica da intraprendere è soprattutto basata sulla gravità di malattia, sulla sua estensione (proctite, colite sinistra e colite estesa, vedi classificazione di Montreal) e sull’andamento clinico di malattia (frequenza di recidiva, decorso, risposta a precedenti terapie e loro tollerabilità, presenza di manifestazioni extra-intestinali). 28

In generale le forme lievi-moderate di malattia sono gestibili ambulatorialmente, mentre quelle gravi richiedono ricovero ospedaliero.128

Come terapia di induzione per la malattia in fase attiva lieve-moderata i farmaci di prima scelta, per la loro efficacia e sicurezza, sono gli amminosalicilati, in particolare la

mesalazina, il cui principio attivo è l’acido 5-amminosalicilico (5-ASA), che ha un importante azione anti-infiammatoria. 129

(32)

La mesalazina può essere somministrata per via orale, per via rettale (supposte, clismi, gel e schiume), anche se la terapia combinata orale-rettale è più efficace. 1

La terapia di induzione dipende dall’estensione di malattia e dalla sua gravità: 28 1) Proctite (E1), nella malattia lieve-moderata è indicata la somministrazione di 1

g/die di mesalazina tramite supposta, come terapia di prima linea. 28

La terapia combinata orale-rettale è più efficace della monoterapia, determinando una più rapida risoluzione dei sintomi e un più marcato miglioramento del quadro endoscopico. 28

2) Colite sinistra (E2) e colite estesa (E3) la malattia lieve-moderata dovrebbe essere inizialmente trattata con una combinazione di mesalazina tramite clistere (1 g/die) e di mesalazina orale (>2,4 g/die) 28

3) Per le forme gravi, indipendentemente dall’estensione di malattia, è indicato il ricovero ospedaliero con somministrazione di corticosteroidi IV (metilprednisolone 60mg ogni 24 ore o idrocortisone 100mg 4 volte/die) e la messa in atto di misure di supporto, correttive e di profilassi antitrombotica. 28

La risposta clinica ai corticosteroidi IV deve essere valutata entro il terzo giorno e in caso di mancata risposta è indicata una terapia di salvataggio con ciclosporina, infliximab o tacrolimus.

In caso di mancata risposta alla terapia di salvataggio entro 4-7 giorni è indicata la colectomia. 28

Nelle forme di RCU lieve-moderata resistenti alla mesalazina e per le forme gravi di RCU sono indicati i corticosteroidi (tradizionali o a bassa biodisponibilità per via orale o rettale nelle forme lievi moderate, sempre per via IV nelle forme gravi).

(33)

In base alla risposta ai corticosteroidi le MICI vengono definite: - Steroido-responsive, nel caso in cui i corticosteroidi siano in grado di determinare remissione. - Steroido-resistenti, se nonostante un trattamento della durata di 4 settimane con 0,75 mg/Kg/giorno di

prednisolone, si ha la persistenza di malattia attiva. - Steroido-dipendente, nel caso in cui non sia possibile ridurre la dose di prednisolone a meno di 10 mg/giorno (o la budesonide a meno di 3mg/giorno) dopo 3 mesi di terapia senza che si verifichi una ripresa di malattia, oppure nel caso in cui la ripresa si verifichi entro 3 mesi dall’interruzione dei

corticosteroidi. 9

Nelle forme steroido-dipendenti è quindi indicata la terapia con una tiopurina, un anti-TNFalfa (infliximab, anche in combinazione con una tiopurina), vedolizumab o metotrexato. 28

Per il trattamento delle forme steroido-refrattarie è indicata la somministrazione di steroidi IV o anti-TNFalfa, vedolizumab o tacrolimus. 28

Una terapia di mantenimento volta a garantire il perpetuarsi della remissione, sia clinica che endoscopica (mucosal healing), deve essere impostata in tutti i pazienti dopo la risoluzione delle fasi acute.

La scelta della terapia di mantenimento dipende dall’estensione della malattia, dalla frequenza delle recidive, dall’eventuale fallimento di precedenti terapie di mantenimento e dai farmaci utilizzati per indurre la remissione.

Le formulazioni a base di mesalazina sono quelle impiegate come prima linea nel mantenimento della remissione nei pazienti che hanno risposto a mesalazina o steroidi 28 La dose efficace di mesalazina orale per il mantenimento di remissione è pari a 2g/die, in un’unica somministrazione giornaliera, tale terapia dovrebbe essere prolungata a lungo

(34)

Nel caso in cui la mesalazina a questo dosaggio non si sufficiente per mantenere la

remissione è indicato un approccio “step up” che prevede un iniziale aumento delle dosi di mesalazina (orale, rettale o eventuale terapia combinata che risulta più efficace) e la successiva aggiunta di una tiopurina in associazione o meno a un anti-TNFalfa o in alternativa vedolizumab. 28

Da notare che i farmaci anti-TNFalfa sono particolarmente appropriati nei pazienti in cui la remissione sia stata ottenuta con un anti-TNFalfa, da soli o in associazione con una

tiopurina, così come l’impiego di vedolizumab come terapia di mantenimento è indicato in caso di fallimento dell’anti-TNFalfa e nel caso in cui la remissione sia stata raggiunta con vedolizumab. 28

Terapia del Morbo di Crohn

Lo scherma terapeutico da adottare in un paziente con MC in fase di attività deve essere quanto più possibile personalizzato e deve essere modulato sulla base della sede, del grado di attività e del fenotipo della malattia nel singolo paziente. 7

Come regola generale prima di iniziare o modificare un piano terapeutico è necessario obiettivare la presenza di infiammazione attiva, mediante endoscopia e la valutazione di marcatori infiammatori. 7

Nel selezionare il tipo di farmaco da impiegare si devono considerare la sua efficacia e sicurezza, l’eventuale risposta a un precedente trattamento e la contemporanea presenza di manifestazioni extra-intestinali della patologia, inoltre considerando l’eterogeneità

anatomica della malattia si dovranno scegliere formulazioni che rilascino il principio attivo nelle sedi maggiormente colpite nel singolo paziente. 7

La strategia terapeutica da adottare per la gestione medica del MC, analogalmente alla RCU, si basa sul grado di attività e sulla localizzazione di malattia.: 7

(35)

1) Malattia ileocecale in fase lievemente attiva, il farmaco di prima scelta per indurre la remissione è budesonide orale, 9 mg/giorno perchè gravato da minori reazioni avverse rispetto agli steroidi convenzionali. 7

2) Malattia ileocecale in fase moderatamente attiva, dovrebbe essere trattata con budesonide o con corticosteroidi sistemici (prednisolone), anche se l’introduzione precoce di una terapia biologica con anti-TNFalfa dovrebbe essere considerata in quei pazienti precedentemente steroido-refrattari o intolleranti agli steroidi. La selezione dei pazienti adatti a ricevere una terapia biologica dipende dalle

caratteristiche cliniche, dalla precedente risposta ad altre terapie mediche e dalle comorbilità del paziente.

Vedolizumab è un’alternativa appropriata per i pazienti che non rispondo agli anti- TNFalfa.7

3) Malattia ileocecale in fase gravemente attiva, dovrebbe essere inizialmente trattata con corticosteroidi sistemici (prednisolone e idrocortisone somministrati per via IV).

Il ricorso ai farmaci anti-TNFalfa è indicato per i pazienti che non rispondono alla terapia di prima linea e in cui la chirurgia è inappropriata.

Il ricorso alla chirurgia o alla terapia con anti-TNFalfa (infliximab, adalimumab) deve essere discusso di volta in volta dal paziente, dal medico e dal chirurgo. 7 Nei pazienti refrattari agli steroidi e/o all’anti-TNFalfa vedolizumab è

un’alternativa appropriata. 7

4) Malattia colica in fase attiva, è indicato il trattamento con corticosteroidi sistemici come strategia di prima linea.

(36)

successione, in caso di mancata risposta o perdita di risposta agli anti-TNFalfa è indicata l’introduzione di vedolizumab o il ricorso alla resezione chirurgica. 7 5) Malattia estesa del piccolo intestino, si definisce tale quando la malattia coinvolge

più di 100 cm di intestino e facilmente esita in complicanze quali malnutrizione o sviluppo di stenosi.

Anche in questo caso la terapia di prima linea si basa sull’impiego di corticosteroidi sistemici, anche se deve essere presa in considerazione una precoce introduzione di anti-TNFalfa soprattutto in quei pazienti con prognosi peggiore (es. diagnosi prima dei 40 e con malattia estesa).

In queste forme è fondamentale correggere eventuali deficit nutrizionali. 7

6) Malattia esofagea e gastroduodenale, se lieve o moderata è sufficiente il trattamento con inibitori di pompa protonica, manifestandosi la malattia sotto forma di ulcera. Le forme gravi o refrattarie richiedono l’aggiunta di corticosteroidi sistemici o di anti-TNFalfa.

In caso di stenosi è indicato il ricorso alla dilatazione endoscopica o alla chirurgia. 7 Dopo l’induzione della remissione, è indicata una terapia di mantenimento.

Così come per la RCU i corticosteroidi non sono indicati per la terapia di mantenimento perché non efficaci e associati a reazioni avverse a lungo termine, in particolare a livello osseo (osteoporosi), inoltre tutti i pazienti con MC dovrebbero smettere di fumare. 7 I farmaci che possono essere impiegati per il mantenimento della remissione sono l’aziatropina (AZA), gli anti-TNFalfa (infliximab, adalimumab) e il vedolizumab. 7

Il regime terapeutico da impostare per la terapia di mantenimento si basa sul decorso della malattia, (presentazione iniziale, frequenza e gravità delle riacutizzazioni), sulla gravità della stessa e sull’efficacia e la tolleranza dei precedenti trattamenti, cercando di ottenere una terapia quanto più possibile personalizzata per il paziente. 7

(37)

Dopo la prima presentazione di una malattia localizzata, se la remissione è stata ottenuta con corticosteroidi sistemici, è indicata la terapia di mantenimento con una tiopurina, o in alternativa metotrexato, sottolineando che alcuni pazienti possono mantenere la remissione senza trattamenti. 7

Per i pazienti steroido-dipendenti è indicata la terapia con tiopurine, metotrexato o la terapia biologica con anti-TNFalfa. 7

Nei pazienti con malattia estesa è indicata una terapia di remissione con tiopurine o con anti-TNFalfa. 7

Per i pazienti che recidivano in corso di terapia con AZA, si deve considerare un aumento del dosaggio, previa valutazione dell’aderenza alla terapia o in alternativa metotrexato o farmaci biologici anti-TNFalfa. 7

Se la remissione è stata raggiunta con una terapia combinata anti-TNFalfa e tiopurine è indicata una terapia di mantenimento basata sullo stesso regime, oppure una monoterapia con tiopurina.

Se la remissione è stata raggiunta con un anti-TNFalfa o vedolizumab è appropriato continuare con rispettivamente con l’uno o l’altro farmaco. 7

Se si verifica una perdita di risposta agli anti-TNFalfa è inizialmente indicata un’ottimizzazione della dose o, se inefficace, è indicato il passaggio a un altro anti-TNFalfa o a vedolizumab. 7

(38)

Capitolo 3

Le malattie infiammatorie croniche intestinali in età geriatrica

L’aumento di incidenza delle MICI e l’aumento della percentuale di popolazione anziana, stanno determinando un incremento del numero di pazienti anziani affetti da MICI. 30

Il termine “anziano” viene impiegato per identificare tutti quegli individui con un’età superiore ai 60-65 anni. 30

La MICI può esordire direttamente in età geriatrica, oppure più frequentemente, trattandosi di malattie croniche con bassa mortalità, il paziente anziano affetto da MICI ha ricevuto una diagnosi in età giovanile. 30Anche se queste due categorie di pazienti (ovvero quelli con diagnosi di MICI dopo i 60 anni e quelli in cui la patologia è stata diagnosticata in età giovane-adulta e che successivamente hanno raggiunto l’anzianità), in molti studi non vengono esaminate separatamente, una distinzione tra le due potrebbe essere indicata per identificare quelle differenze legate all’età nel decorso clinico di malattia a esordio in età avanzata che potrebbero modificare le strategie terapeutiche e di gestione. 31

La MICI a esordio in età geriatrica viene diagnostica dopo i 60 anni di età. 30

Circa il 25-35% della popolazione con MICI ha più di 60 anni, di questa percentuale il 15% ha ricevuto una diagnosi in età relativamente avanzata e il 20% in età giovane-adulta.

3233

Tra gli anziani l’incidenza di RCU supera quella del MC. 34

Negli Stati Uniti l’incidenza nella popolazione anziana del MC e della RCU è rispettivamente di 4 per 100.000 persone-anno e 6-8 per 100.000 persone-anno, in individui con più di 60 anni. 35Circa il 10-15% delle MICI negli Stati Uniti sono diagnosticate dopo i 60 anni.35

(39)

In Europa l’incidenza del MC tra i pazienti anziani è di 3 per 100000 persone/anno, mentre per la RCU è di 3-11 per 100000 persone/anno. 36

Pazienti anziani con una nuova diagnosi di RCU sono più frequentemente maschi e hanno una colite sinistra, mentre anziani con una nuova diagnosi di MC sono più spesso donne ed hanno una patologia del colon. 34

I pazienti anziani sono spesso fragili e complessi ed è quindi indispensabile che le misure di gestione di questi individui vengano personalizzate, infatti nell’anziano affetto da MICI il decorso di malattia, l’efficacia del trattamento e le sue possibili reazioni avverse

differiscono rispetto al paziente giovane. 30

I fattori di rischio per lo sviluppo di MICI in età geriatrica sembrano essere gli stessi per lo sviluppo di MICI in età più giovane, anche se il contributo della suscettibilità genetica nella patogenesi di malattia nell’anziano sembra essere minore a quello nel giovane:3031

- Nel MC a esordio in età geriatrica soltanto il 7% dei pazienti ha familiarità per MICI, mentre questa percentuale sale al 16% dei pazienti con diagnosi prima del 17 anni.

- Nella RCU a esordio in età geriatrica il 3% dei pazienti ha anamnesi familiare positiva per MICI, mentre questa percentuale raggiunge il 13% se si considerano gli individui con diagnosi prima dei 17 anni. 36

L’alterata risposta immunitaria e la disbiosi intestinale sembrano giocare il ruolo più importante nello sviluppo di MICI nel paziente anziano; nello specifico nell’anzianità si ha una modificazione del microbioma intestinale, con riduzione degli anaerobi (es.

(40)

MICI. Disbiosi che potrebbe essere ulteriormente esacerbata dalla fragilità del paziente anziano. 31

In ogni caso ulteriori studi di approfondimento sono necessari per stabilire l’esistenza di fattori di rischio specifici per la MICI a esordio in età geriatrica. 30

La presentazione clinica delle MICI al momento della diagnosi presenta alcune differenze nel giovane e nell’anziano. 37 In generale, nonostante le manifestazioni cliniche all’esordio di patologia siano simili nell’adulto e nell’anziano, i segni e sintomi di malattia tendono ad essere meno pronunciati rispetto al paziente giovane e il carico infiammatorio intestinale sembra essere minore. 31

Nell’anziano il MC esordisce più frequentemente come malattia esclusivamente colica con presenza di fistole perianali e più raramente rispetto al giovane-adulto si ha un

coinvolgimento del piccolo intestino e del tratto gastrointestinale superiore. 36

Inoltre più frequentemente rispetto al giovane-adulto, tale localizzazione tende a

mantenersi stabile nel tempo, infatti in una coorte francese di pazienti con più di 60 anni sottoposti a follow-up di almeno 2 anni, non si è verificata estensione di malattia nel 92% dei pazienti con MC e tra i pazienti con RCU con proctite e colite sinistra soltanto il 3% e il 5% rispettivamente hanno sviluppato una colite estesa. Complessivamente soltanto lo 0,17% dei pazienti con età superiore a 60 anni ha progressione di malattia nel tempo.3637

Il più comune sintomo di presentazione nell’anziano con MC è il sanguinamento rettale, per la sua localizzazione più frequentemente colica, mentre diarrea non ematica, perdita di peso, febbre e dolore addominale sono meno frequenti rispetto al giovane affetto da MC. 37 38

(41)

Il fenotipo infiammatorio è il più comune nel MC dell’anziano e l’evoluzione a fenotipo stenosante o penetrante è più improbabile rispetto al giovane. 3738

Nella RCU dell’anziano la colite sinistra è più comune rispetto alla proctite isolata o alla malattia estesa e il sanguinamento rettale, così come il dolore addominale, sono meno frequenti e pronunciati rispetto alla malattia del giovane.3738

Durante il decorso della malattia, i pazienti anziani con RCU presentano un rischio maggiore di essere ospedalizzati, in particolare per la prima riacutizzazione di malattia, mentre il tasso di ospedalizzazione per MC è simile tra pazienti anziani e giovani adulti. 30

Il rischio di ricorso all’intervento chirurgico è maggiore nei pazienti con esordio di MC in età avanzata, al momento o subito dopo la diagnosi, mentre per quanto riguarda la RCU non ci sono sostanziali differenze rispetto al giovane. 30

Infine le manifestazioni extra-intestinali sono meno comuni nell’anziano che nel giovane. 37

L’iter diagnostico nel paziente anziano con sospetto di MICI non differisce da quello del paziente adulto, tuttavia un preciso inquadramento diagnostico nel paziente anziano può risultare più complesso, sia per la più frequente presenza di comorbilità associate che rendono meno agevole l’iter diagnostico, sia per il più ampio spettro di diagnosi differenziali (d.d.) rispetto all’individuo giovane-adulto. 30

La diagnosi differenziale si basa sui dati clinici, l’esame endoscopico ed eventualmente sull’esecuzione di biopsie. 30

(42)

di sangue nelle feci, dolore addominale, tenesmo, anemia microcitica e ipocromica e febbre). 30

Le principali patologie che entrano in diagnosi differenziale con le MICI, sia in caso di esordio di malattia, sia in caso di riacutizzazione di malattia precedentemente diagnostica sono:

1. Colite infettiva, la d.d. si basa sulla storia clinica (es. recente assunzione di antibiotici) sull’osservazione di caratteristiche pseudomembrane all’endoscopia e sulla positività degli esami coprocolturali, (es. C.Difficile).

2. Enterocolite da farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), questo paziente avrà una storia positiva per assunzione di lunga durata di FANS.

3. Colite ischemica, il pattern di localizzazione endoscopica è diverso e il paziente avrà una nota storia di malattie cardiovascolari.

4. Colite associata ai diverticoli (SCAD), il processo infiammatorio è limitato solo ai diverticoli e nelle aree immediatamente adiacenti.

5. Colite da radiazioni, la d.d. è su base clinica (storia positiva di esposizione a radiazioni dell’addome e/o della pelvi) ed istologica con teleangectasia capillare e fibrosi.

6. Colite microscopica, non si osserva nessuna anomalia all’esame endoscopico e il quadro istologico è diverso.

7. Ulcera solitaria del retto, la d.d. è soprattutto basata sul quadro istologico che mostrerà mucosa ispessita con sostituzione della lamina propria da parte di collagene e muscolatura liscia. 30

Nei pazienti anziani con MICI sono più comuni le infezioni e le complicanze gravi rispetto ai pazienti giovani adulti, suggerendo l’importanza della vaccinazione in questa categoria

(43)

di pazienti. Le linee guida per le vaccinazioni nei pazienti anziani affetti da MICI sono simili a quelle dei pazienti con più di 65 anni non affettie, come regola generale i vaccini vivi attenuati dovrebbero essere evitati nei pazienti anziani affetti da RCU o MC in trattamento con farmaci biologici o altri farmaci immunosoppressori.3031

In particolare i pazienti con più di 65 anni trattati con inibitori del TNF-alfa presentano un alto tasso di infezioni gravi e mortalità rispetto ai pazienti più giovani o ai coetanei che non hanno ricevuto questa terapia. 30

L’influenza e l’infezione pneumococcica, comuni negli anziani e associate a una significativa morbilità e mortalità, possono essere efficacemente prevenute con la

vaccinazione. 30 Per l’influenza è indicata la vaccinazione annuale iniettabile, mentre per lo pneumococco è indicata la somministrazione di una singola dose, con richiamo dopo 5 anni. 3031

I pazienti che ricevono tiopurine hanno un rischio maggiore di infezioni virali, tra cui

citomegalovirus, virus dell'herpes simplex, virus della varicella zoster [VZV] e virus di Epstein-Barr. 30 Il vaccino anti-VZV è invece indicato nel paziente sieronegativo con più di 65 anni prima di iniziare una terapia con farmaci immunosoppressori. 31

Le infezioni opportunistiche (candidosi) sono più comuni nei pazienti anziani con MICI che ricevono corticosteroidi orali e l’infezione intestinale da Clostridium difficile è una causa significativa di morbilità e mortalità nei pazienti anziani con MICI. 39 Anche le infezioni urinarie e la sepsi sono più comuni nei pazienti anziani e sono quelle correlate con la maggiore mortalità. 39

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pazienti anziani con malattia di lunga durata dovrebbero essere sottoposti a uno screening endoscopico di routine per la ricerca di CCR (colonscopia). 2

In particolare il rischio di neoplasia cresce all’aumentare della durata e dell’estensione di malattia., rendendo particolarmente a rischio di pazienti anziani con MICI di lunga durata. 30

I controlli di screening endoscopici nel paziente anziano dovrebbero essere personalizzati sulla base dell’aspettativa di vita, delle comorbilità e della gravità della patologia, sempre prendendo in considerazione il rapporto rischi benefici di una procedura endoscopica come la colonscopia. 30

Terapia medica nei pazienti anziani

Il trattamento delle MICI ha tre obiettivi principali che sono indurre e mantenere la remissione di malattia, prevenire le complicanze correlate alla malattia e migliorare la qualità della vita, minimizzando le reazioni avverse del trattamento, quest’ultimo punto è particolarmente importante per il paziente anziano fragile/complesso. 31

L'approccio e i tassi di risposta alla maggior parte dei trattamenti sono simili nei pazienti anziani con MICI rispetto a quelli con età più giovane alla presentazione o all'insorgenza della malattia. 40

Stabilire la strategia terapeutica più appropriata nel paziente anziano affetto da MICI può risultare complesso per la non completa definizione degli “endpoints clinici” nei pazienti anziani, per la più frequente presenza di comorbilità rispetto al paziente giovane-adulto che comportano l’assunzione di più farmaci, con maggior rischio d’interazione farmacologica e tossicità. 30 Inoltre la presenza di condizioni legate all’età, quali il deterioramento cognitivo

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e altre limitazioni funzionali tipiche dell’anziano, influenzano le strategie, l’aderenza e gli obiettivi del trattamento. 30

Nei pazienti anziani trattati con mesalazina esiste un aumentato rischio di nefrotossicità per la rallentata eliminazione di questi farmaci; l’uso prolungato di corticosteroidi nei pazienti determina un maggior rischio di gravi reazione avverse rispetto ai pazienti giovani adulti, cosi come l’uso di tiopurine nei pazienti anziani affetti da MICI merita attenzione e monitoraggio per le possibili interazioni farmacologiche con altri agenti sia per

l’aumentato rischio di linfoma, neoplasie della pelle e infezioni che il loro uso determina. 30

Attualmente non ci sono prove che l'efficacia del trattamento medico nei pazienti anziani con MICI differisca da quella nei pazienti adulti più giovani. 30

Efficacia e sicurezza dei farmaci biologici nei pazienti anziani

L’età avanzata è un fattore di rischio indipendente per eventi avversi nei pazienti con MICI indipendentemente dall’uso di farmaci. 30

Dati del registro EPIMAD hanno mostrato che di 841 pazienti di età superiore a 65 anni al momento della diagnosi di MICI, solo il 3% ha ricevuto terapia anti-TNFalfa. 31

Una terapia di mantenimento con anti-TNFalfa è usata soltanto nel 9% dei pazienti anziani affetti da MC e nell’1% di quelli affetti da RCU. 31

Uno studio italiano ha dimostrato che i tassi di remissione sia per la RCU che per il MC sono simili nei pazienti anziani e giovani trattatati con anti-TNFalfa. In particolare è stato evidenziato che in pazienti con più di 65 anni trattati con infliximab o adalimumab i tassi di remissione clinica dopo 2 anni di trattamento sono del 59% per la RCU e del 65% per il

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